LE ORIGINI DELLA CULTURA EUROPEAdel fiłołogo pujexe Giovanni Semerano
[studioxo de łe łengoe vece e moderne (it.)/studioxo de łe łengoe vecie e moerne (ven.)]
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 1/kw-4.jpgLIGURI E BRITANNI SI RITROVANO VICINIQuando la sovrana d'Inghilterra, Elisabetta II, tornò in Italia, nel suo incontro con le massime autorità le parole più sagge le pronunziò Lei. A chi ricordava recenti contese, Ella disse che duemila anni di storia ci univano più che potessero dividerci eventi ormai trascorsi.
Realmente, i nomi delle nostre terre sono testimonianze perenni.
La voce Britannia, che è affine all'etnico Brentios, dato da Esichio per l'Italia, deriva da una base mediterranea antichissima, che ha filtrato la sua origine antica dall'accadico
beritu, e significa " terra circondata dalle acque " e anche " penisola "; il nome dei Liguri Ambroni, che è anche quello di un popolo germanico abitante in zone paludose, torna nel nome del fiume inglese Ambar e dei fiumi toscani Ambra, Ombrone, per ricongiungersi attraverso remoti spazi di tempo e di luoghi al sumero
ambar "palude"; Albion, Albione, che originariamente denotò la Terra del Canale, richiama, com'è noto, gli idronimici liguri
Albium, Ingaunum, Albenga, Albium, Intemilium, Ventimiglia, e Albis, il fiume germanico; ma se questo è noto, si ignorarono le connessioni lontane che si ritrovano nell'antichissimo sumero
halbia, accadico
halpiu " specchio d'acqua ", " sorgente ".
Il nome
Tina di un fiume occidentale della Britannia del Nord (Ptolem. Il, 3, 4), il nome
Tyne, e così Tynemouth, riemerge in quello del fiume etrusco-umbro
Tinia, affluente del Tevere, e ricorda Tinia il Giove Pluvio etrusco: Tinia è il greco Zen: questi nomi come lunghi echi su oceani deserti si rincorrono sino a ritrovarsi nella voce accadica
zinnu,
zinu “pioggia”, qui per denotare acqua.
Il paludoso
Avenza, Aventia e i britannici Avon (antico Abona), Avil, Avening, come Avenio, Avignone, alla sinistra del Rodano, si identificano nel nome che corrisponde alla parola accadica
amum (leggi awum),
hammu, ammu " stagno "; e dalla stessa origine risultano gli idronimi britannici
Hamin, Ham, al sud dell'Inghilterra: chi immaginerebbe che al coro si associ anche l'etrusco-toscano Erna?
Così, attraverso il ligure, il nome britannico
Uxellum si accosta al sardo
Usellis e si salda con accadico
usallum, siriaco
usallà " zona irrigua ", " costa ", " prato " (Uferland, Wiese, Aue, Oberflutungsland).
Il britannico
Pen "altura", e Penni, come l'apuana
Pania, si ritrovano nel semitico, ebraico
pinna " pinnacolo ", e in accadico
panu " parte superiore ".
La base
Nar di
Narborough, Narford, non è lontana dal nome Nar: questo fu a torto ritenuto un derivato da antico inglese nearu " luogo angusto ", ma si ritrova invece nel nome del nostro fiume
Nera, antico Nar, semitico
nahr, accadico
nāru " fiume " e nel nome del popolo germanico dei Naharvali, tribù dei Lygii, sulla Vistola.
Il britannico
Lugg, che torna in nomi di fiumi limacciosi come Llugwy, Lligvy del Galles, riaffiora nel ligure, Lucca, nel latino Ligus (v. Ambroni), come in Liger, la Loira, in Ligii o Lygii, popolazione germanica affacciata ai fiumi : deriva dalla stessa base di Lug-dunum, Lione, Lu(c)tetia, Parigi: accadico
luhmu, lihmǔ " limo ", calcato forse su
l-úgja cioè "al canale ", l- preposizione semitica col senso di " su, al, accanto " (ebr. li-, to, in, for ') e aramaico-ebraico
ūgja, siriaco accadico
igu, iku (canale, ` Canal ').
Ganarew, Genoreu (c. 1150) rinviato a gallese gen " mento ", dalla base di Genua, Genova, Genava, Ginevra, affine a latino gene (parti rilevate del volto), risale alla base di accadico
gennû, ginù " montagna " (mountain).
Il bretone ros, l'irlandese ros promontorio, ha la stessa base dell'etrusco Rusellae, Roselle, come di Rosignano, e dell'etnico stesso degli Etruschi, Rasenna, " i capi ": corrisponde ad accadico
rāśum, cananeo
rāš, ebraico
rōš " capo ", " altura " (chief, top, head ), anche come « caput fluminis », " sorgente ".
Il fiume britannico Savick, Safok che riproduce la base di accadico sapaku " versare acqua " (to pour out), richiama una base affine a quella di Savona, Savo, Sabatia (Vada) : accadico
sapû, sabû " irrigare ", " inondare " (to flood).
I fiumi inglesi Tavy, Taw, latino Tavus, nel Galles Taf, Taff si identificano nel nome del ligure Tavia, Taggia: accadico, assiro
tabā'um " tuffarsi ", " immergersi " (to immerse, to sink down ).
Gli idronimi britannici Severn, antico “Sabrina”, Seuerne, Sabrann richiamano la base precedente di Savo, col senso di " inondazione " e le basi di Rhenus, come accadico
rehum "scaturire" e "
ènu " sorgente ".
E così moltissimi nomi che testimoniano le nostre antiche affinità e frequentazioni.
Molti di questi attestati di remote identità si registrano in questa opera, molti altri avrei potuto aggiungere.
Il ligure
Caburrum, capoluogo dei Liguri Caburriates (Plin., N. hist., III, 7, 47), odierna Cavour (Torino), nella pianura, a destra del torrente Pellice (cfr. siciliano Belice: ebr. peleg : " fiume "), richiama inglese
Cabourn, Caburne, Caburna (c. 1115), la cui base
Ca- si fa a torto derivare da maschile inglese
ca-, co- (cornacchia, ` jackdaw ') ed è come in
Caecina, fiume, antico irlandese
cae «spazio chiuso », francese
quai: ebraico
gaj (
gé valle, bassura, “depression, lowland, valley”) con la componente che corrisponde ad accadico
bùrum (plurale bùràni), ebraico
bōr (stagno, specchio d'acqua, “pool, well”).
In questi giorni sappiamo l'Augusta Sovrana regalmente sollecita, oltre che del Suo, anche degli avviamenti sociali e delle inquietudini di altri popoli, di altri paesi; e in tempi in cui si è più sensibili al computo del dare e dell'avere, è ovvio che non tutti ne condividano le nobili attese, che danno alla Sua anima le dimensioni di una grandezza più vasta di quella del Suo antico impero.
È il suo modo regale di tutelare la civiltà e la pace.
POPOLI E PAESI NEL SEGNO DEL LORO NOME
È ormai pacifico che i problemi onomastici sono innestati alla lessicologia normale e che i nomi, iscritti sulle ascisse e ordinate del tempo e dello spazio, investono una vasta realtà preistorica, storica, geografica. La metodologia che opera a questo livello si arricchisce di discipline sempre più affinate, specie la geografia antropica, l'archeologia, la proto-storia, la storia: queste ultime senza la linguistica sono discipline cieche. Tale metodologia di ricerca scientifica fu affermata nel settimo congresso di scienze onomastiche tenuto a Firenze, pilotato da Carlo Battisti e C. A. Mastrelli. Ma l'indagine su come i nomi di sostrato siano assorbiti da un soprastrato è guidata qui, in queste pagine, dalla sorprendente rivelazione che gli strati più profondi consistono di elementi così detti mediterranei, se volete prevalentemente semitici, svelati anche in zone europee ritenute immerse in una pacifica unità indeuropea. La base mediterranea di Umbria, Ambroni, ad esempio, con valore originariamente idronimico, ci accosta al nome, con prefisso originariamente "s- >t (pro-nome determinativo), Thymbrius, fiume della Troade, « il fiume della palude »; Thymbria, località sul fiume Meandro, in Caria; Thymbrium, in Frigia, con la sua fonte, detta di Mida. Così il celtico -dunum « fortezza » richiama i Thyni, Traci, Thynia, la loro terra; Bi-thynia e Thynias, piccola isola del Mar Nero. Le basi di sumero ambar " palude " e di accadico dūnum, " fortezza " sono trasparenti. (Si vedano pagg. 378 sgg.).
Dopo il Fick, lo strato preellenico in Grecia e in Asia Minore fu ricercato, com'è noto, dal Kretschmer nella celebre Einleitung, ma senza rilevarne le reali connessioni. Il Dauzat ha generosamente accordato agli Italiani meriti particolari ... « ce sont les Italiens qui ont fait faire un pas décisif à cette questìon, en reconstituant tout un ensemble de « bases » pour l'Europe sud-occidentale » (La toponymie française, p. 71). Uno spirito genialmente aperto « à toutes les orientations nouvelies », come sanno essere solo le menti superiori, il Meillet, trovò arditezze sconcertanti in alcune pagine del Terracini. Ma poi, dovette riconoscere nei Problemi di sostrato del Bertoldi il manifesto di una nuova scuola e si affrettò a pubblicare quel lavoro nel « Bulletin de la Société de linguistique » (1931).
I Kurgan e la loro antica cultura vengono segnalati come operatori dinamici alle origini baltiche. Si ricercano in voci indeuropee comuni conferme a quadri archeologici singolarmente interpretati. Ma l'antico pruss. syrne (grano), lit. zirnis (ora " pisello "), slav. tzruno derivano da basi corrispondenti ad accadico erānu (cereali, granaglie), plurale di zéru (seme, seed of cereals and of other plants'); allo stesso titolo il sanscrito javah " orzo " rientra nell'ambito del lessico assiro: apu>apa (originariamente " stipula "), e quindi orzo (` Gerste '), lituano javai.
La remota antichità preellenica non premia solo i nomi dei fiumi, dei mari, dei luoghi, ma a poco a poco si scopre che reca anche le voci del linguaggio comune, e per quelle che si credevano portate dalle cosidette genti indeuropee o indogermaniche sopravvenute si vede che le radici indeuropee o indogermaniche non sono produttive.
Provate a cercare l'etimologia di greco ouranôs " cielo " che fu accostato al sanscrito Varuna, foneticamente insostenibile, come vide il Wackernagel; ci si accontentò poi dell'immancabile sanscrito vársati " piovere " o del greco ourhéo " orino " per convincersi poi che potrebbe essere derivato da altra lingua antica (Chantraine). E si ignorò che gli antichi concepirono il cielo come un tetto o un baldacchino e i Sumeri dissero ùr-an " volta del cielo " e accadico ūru è " tetto " e anu è " dio del Cielo "; che si tratti dell'idea di tetto, cupola le riprove abbondano: accadico samû (cielo, baldacchino); il Genesi (I, 6) viene tradotto « 'Elōhim fece il firmamento », ma il testo dice rāqîa' " cupola, volta solida ", e il latino coelum significa anch'esso il concavo: per intendere rāqîa' biblico con l'accezione della voce accadica šamû pioggia bisognerebbe pensare a uno scambio con una voce come accad. rāhium col significato " che si riversa ".
E stato recato a migliore intelligenza il problema delle origini fenicie fuori dagli schemi semplicistici che tolsero in passato coerenza e affidabilità critica alle sue enunciazioni: in una protostoria mediterranea, i così detti Fenici possono inquadrarsi in centri che appaiono talora disarticolati e chiusi in superba autonomia, sino al calcolo egoistico di Cartagine che non soccorre Tiro in procinto di cedere agli assalti di Alessandro. Ma il nome Poeni, Phoinikes poté denotare in una certa epoca le genti della costa « davanti al mare », e deriva da una voce corrispondente ad accadico pànu (` front '), ebraico panim, pane before '), arabo finā, dalla stessa base di accadico pānu (principe, ` friiher: v. Personen, Keinig '). Questo poté denotare nel greco φοιυιξ" la palma ", come vedremo, il segno dei " primi ", dei vittoriosi. Ma alle origini l'etnico deve aver significato i "più antichi ": erano le genti che inconsapevolmente possedevano un elemento che avrebbe potuto caratterizzare e polarizzare le loro presenze : il fondo semitico dei loro linguaggi e con esso i richiami alle antiche civiltà cananee e mesopotamiche. Poi il loro nome denotò le genti che si aggiravano per il mare dedite ai traffici e il loro nome si polarizzo sui significati di una voce omofona semitica: accadico panù, ebraico pānû (andare attorno, ` to turn, to flee, to turn away '), col significato che avrà la voce egizia Turusu, dalla base corrispondente ad accadico târu, ebraico tūr (` to go about: as merchant ').
Questa ricerca, che oggi fa vacillare antiche fedi senza certezze e senza attese, solo qualche decennio fa avrebbe provocato un tribunale di inquisizione; per molto meno un tempo si riuscì a far tacere Graziadio I. Ascoli. Occorre porre la linguistica storica, se non al ritmo delle conquiste scientifiche che hanno violato i misteri siderei e spiano l'essenza dei quark, almeno al passo delle scoperte archeologiche che hanno dilatato e arricchito gli spazi della storia.
Alcuni anni or sono, a testimoniare la tenacia di certe idee fisse che resistono all'evidenza, persino davanti alle rivelazioni dei documenti del passato, un dotto di oltralpe recensendo un'opera nuova, mostrava di ignorare tutto dell'influenza semitica su Tebe di Beozia, a due anni dalla scoperta della Cadmea, di cui l'autore recensito dava notizia in due pagine del suo libro. B. Hemmerdinger scrivendo “De la méconnaissance de quelques étymologies grecques”, in relazione al dizionario etimologico della lingua greca prodotto dallo Chantraine, trascrive la perentoria sentenza: « La recherche de l'étymologie devient un jeu parfaitement gratuit, tant les langues sémites semblent riches en possibilités ».
Tant'è : la logica di questi ` hommes savants ' si adombra dinanzi alla realtà antica e sempre viva di una ricchezza incomparabile offerta dalle lingue semitiche, ed essi preferiscono raccontarsi la favola inamena della pecora indeuropea tosata da August Schleicher e ritosata da Hermann Hirt.
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Nota Mia:
entel testo orijnario 'e bocai e 'e consonandi de 'e vecie paroe acadeghe, sumere, ebraeghe, cananee, ecc., 'e gà tute dei segni particolari ke endega dei soni on fià difarenti da i nostri, col me Word no poso far sti segni, me dovì scuxar, prasiò ciàpei co 'e pinse.