"Una guerra nell'Egeo sarebbe la fine della Nato"
12 agosto 2020
https://www.agi.it/estero/news/2020-08- ... o-9403144/
"Una guerra nel Mar Egeo significherebbe la fine della Nato e spingerebbe la Turchia definitivamente nell'orbita russa". Non ha dubbi Cem Gurdeniz, che nella Marina turca ha rivestito il grado di contrammiraglio ed ora dirige il centro studi marittimi della Koc University. Laico, nazionalista, in un'intervista all'AGI specifica subito che la dottrina da lui teorizzata della "Patria blu" (Mavi Vatan in turco) non ha nulla a che vedere con l'Islam e con il partito Akp al potere del presidente Recep Tayyip Erdogan, che però ne trae ispirazione per le proprie politiche.
La teoria della Patria blu
"Mavi Vatan descrive il ritorno della Turchia al mare, l'unione tra Anatolia e Mediterraneo orientale, si tratta di una dottrina con cui la Turchia persegue i propri diritti nel Mediterraneo", specifica l'ammiraglio. Un ritorno di ottomana memoria, per realizzare il quale la Turchia si trova da sola contro Grecia, Egitto, Israele, Cipro, Usa e Ue, secondo Gurdeniz "esattamente come a Sevres nel 1920", quando l'impero ottomano fu smembrato per volere delle altre potenze in gioco.
"Oggi come allora la Turchia si trova da sola a combattere per la propria mappa. In passato l'obiettivo delle potenze occidentali era quello di rinchiudere la Turchia nei confini anatolici, ma ora i tempi sono cambiati e dal 2002 che Mavi Vatan ci consente di farci valere, attraverso la diplomazia delle navi da guerra e delle trivelle".
Dopo alcuni giorni di quiete, seguiti all'annuncio di Erdogan di sospendere le trivellazioni nel Mediterraneo (su pressione della Germania), la situazione è nuovamente precipitata con l'accordo sulla giurisdizione marittima tra Grecia ed Egitto, siglato in risposta all'intesa dello scorso novembre tra Ankara e Tripoli. Tuttavia l'ammiraglio Gurdeniz ha le idee chiare sulla validità dell'accordo greco-egiziano.
"La Grecia vive nel mondo dei sogni. Un confine marittimo tra Grecia ed Egitto è impensabile, contrario al diritto internazionale marittimo. Il Cairo non è un interlocutore della Grecia perché non ci sono isole greche che guardano verso le coste egiziane e le sentenze delle corti internazionali sono chiare".
"Gli Usa usano la Grecia come sicario"
Tuttavia le polemiche tra Ankara e Atene sono all'ordine del giorno. "Da un lato vediamo la violenza con cui la Grecia respinge i migranti, in chiara violazione del diritto marittimo, dall'altro assistiamo a continui tentativi di Atene di usurpare i diritti della Turchia, grazie al sostegno di altre potenze come gli Usa, che usano la Grecia come sicario per colpire la Turchia", afferma Gurdeniz, in riferimento alla disputa sulla piattaforma continentale.
"La Grecia è andata nel panico dopo l'accordo con la Libia. Atene non ha mai reso nota la propria piattaforma continentale e ora pretende di estenderne la superficie per 50 mila km quadrati per Castellorizo, un'isola di pochi km quadrati distante 580 km dalla Grecia e due km dalla costa turca. Ankara non farà alcun passo indietro ed è pronta a mettere in campo la propria marina militare. Sia chiaro a Usa e Ue".
La questione cipriota
Madre di tutte le dispute nel Mediterraneo orientale rimane però la questione di Cipro, crisi che va avanti dal 1974, su cui Gurdeniz ha le idee chiarissime."Se la Turchia avesse voluto avrebbe preso il controllo di tutta l'isola in pochi giorni. Ora l'unica soluzione è quella di due Stati indipendenti, il federalismo condurrebbe inevitabilmente al conflitto, ma il primo fondamentale passo è che Cipro greca riconosca i diritti della parte turca dell'isola e la coinvolga nella gestione dei proventi delle risorse energetiche, invece di agire di nascosto utilizzandole solo a proprio beneficio".
Secondo l'ammiraglio le parti devono riavvicinarsi il prima possibile, perché un conflitto finirebbe inevitabilmente per coinvolgere interessi russi. "Il 75% dei proventi russi derivanti dal commercio marittimo passano dall'Egeo e un conflitto tra Turchia e Grecia spingerebbe definitivamente Ankara nell'orbita russa con gli Usa che perderebbero le proprie basi in Anatolia, la fine della Nato".
La Francia invia le navi: la Turchia infiamma il Mediterraneo
Lorenzo Vita
13 agosto 2020
https://it.insideover.com/guerra/franci ... -navi.html
Il Mediterraneo orientale si infiamma e lo scontro tra Grecia e Turchia si alza a livello critico. Le ultime mosse turche, con la decisione del governo di Recep Tayyip Erdogan di inviare la Oruc Reis scortata da alcune navi militari davanti le acque di Castelrosso, ha scatenato l’ira della Grecia che ha chiesto immediatamente un intervento degli alleati europei. L’Unione europea ovviamente latita, ma nel frattempo la Francia su muove. Emmanuel Macron, annunciandolo con un messaggio su Twitter scritto in lingua greca, ha inviato nell’area contesa la porta elicotteri Tonnerre e la fregata La Fayette, e intanto due caccia Rafale sono atterrati nella base di Souda, a Creta, la stessa usata dalle forze degli Stati Uniti. Dopo l’arrivo dei mezzi francesi, le forze di Parigi e quelle di Atene – rappresentate dalle fregate Spetsai, Aegeon, Limnos e Kountouriotis – hanno dato via a un’esercitazione militare congiunta che ha il significato di un vero e proprio avvertimento nei confronti della Turchia. E il messaggio di Macron non lascia dubbi: “Le decisioni unilaterali della Turchia in materia di esplorazione petrolifera provocano tensioni. Queste devono cessare per permettere un dialogo pacificato fra paesi vicini e alleati in seno alla Nato. Ho deciso di rafforzare temporaneamente la presenza militare francese nel Mediterraneo orientale nei prossimi giorni, in cooperazione con i partner europei fra cui la Grecia”. Post a cui ha replicato il premier greco Kyriakos Mitostakis con un messaggio in francese in cui ha ringraziato Macron per il sostegno alla Grecia. Ieri lo stesso primo ministro aveva segnalato il rischio molto alto di un incidente sul fronte del gas.
La tensione è ovviamente alle stelle. La guerra del gas, se ancora non combattuta col fuoco vivo delle armi, è comunque una realtà con cui è doveroso fare i conti. Erdogan, dopo l’arrivo della flotta francese, ha fatto una sorta di marcia indietro affermando che la via del dialogo è l’unica per raggiungere un’intesa sull’esplorazione dei fondali marini dell’Egeo e del Mediterraneo orientale. Ma è evidente che i piani turchi siano ben altri e passano proprio da questi atti di forza con cui il Paese impone la sua agenda. È stato fatto per anni con Cipro, sopratutto sfruttando la Repubblica del Nord che è gestita de facto dalla Turchia. Ed è un procedimento utilizzato anche in Siria settentrionale e in Libia, dove Erdogan si è inserito per via militare con atti di forza, molto spesso anche solo propagandistici, ma che hanno reso impossibile escludere Ankara dal tavolo delle decisioni. E il percorso sembra essere lo stesso con la Grecia, che da un lato si vede ricattata sul lato dei flussi migratori ma dall’altro vede il rischio di un dinamismo turco dai lati ancora oscuri.
In un’intervista ad Agi, Cem Gurdeniz, ammiraglio turco che ha teorizzato la dottrina del Mavi Vatan, la “Patria blu”, ha spiegato che il “ritorno al mare” previsto dalla sua strategia con l’unione tra Anatolia e Mediterraneo orientale non ha nulla a che vedere né con il partito di Erdogan né con l’islam. Ma è chiaro che questa dottrina esiste ed è anzi confermata proprio dal fatto che Erdogan sia solo uno degli esecutori materiali – il principale – di un’idea che esula dalle decisioni contingenti. Mavi Vatan, la Turchia che si espande di nuovo nel Mediterraneo orientale sfidando Grecia, Israele, Cipro ed Egitto, basandosi sulla memoria dell’Impero ottomano, è più di un sogno: è un obiettivo strategico a lungo termine. Gurdeniz, nazionalista laico, ha spiegato le intenzioni turche in termini molto chiari: “La Turchia si trova da sola a combattere per la propria mappa. In passato l’obiettivo delle potenze occidentali era quello di rinchiudere la Turchia nei confini anatolici, ma ora i tempi sono cambiati e dal 2002 che Mavi Vatan ci consente di farci valere, attraverso la diplomazia delle navi da guerra e delle trivelle”. In questo senso, le navi militari spedite davanti alle coste greche a poche ore dall’accordo sui confini marittimi tra Grecia ed Egitto, è una conseguenza quasi naturale. E l’impressione è che da parte turca non potranno esserci deroghe a questa strategia.
La questione è di importanza vitale non solo per il Mediterraneo orientale, ma anche per la stessa Nato. L’Alleanza atlantica vede al suo interno sia la Grecia che la Turchia ed entrambi i Paesi sono pilastri fondamentali per la vita del Patto atlantico. Le mosse di Erdogan degli ultimi anni hanno scalfito la fiducia statunitense nella partnership con Ankara (soprattutto con l’acquisto degli S-400 russi) ma nessuno a Washington pensa allo stato attuale di poter fare definitivamente a meno della Turchia cedendola al fronte orientale: ovvero a Cina e Russia. Un timore che però non significa cedimento su tutta la linea, perché il Pentagono ha già rafforzato la sua presenza militare in Grecia proprio per evitare di dover fare troppo perno sulle basi turche. Mentre l’alleanza con Israele – sfidato a più riprese da Erdogan – oltre alla volontà di colpire gli interessi di Mosca, fa si che da parte di Washington siano stati mandati già diversi segnali: a cominciare da quello più subdolo, il crollo della lira.