L'Ouropa fiłoxlamega e antisemita ła boicota Ixraełe, mi no!

L'Ouropa fiłoxlamega e antisemita ła boicota Ixraełe, mi no!

Messaggioda Berto » mar nov 24, 2015 7:37 am

L'Ouropa fiłoxlamega e antisemita ła boicota Ixraełe, mi no!
viewtopic.php?f=92&t=2010

L'Europa antisemita e filonazimaomettana boicotta Israele, io no!


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... Israel.jpg
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

L'Ouropa fiłoxlamega e antisemita ła boicota Ixraełe, mi no!

Messaggioda Berto » mar nov 24, 2015 7:38 am

Boicottiamo i boicottatori. Firmate il nostro appello
Stellette di Davide no grazie. Il Foglio apre un comitato di solidarietà anti boicottaggio per promuovere la vendita di prodotti israeliani e invitare ad acquistare ciò che l’Europa vuole invece follemente marchiare. Si firma qui
di Redazione | 13 Novembre 2015

http://www.ilfoglio.it/cronache/2015/11 ... e_c401.htm

Per la prima volta in settant’anni, l’Europa marchia i prodotti del popolo ebraico. La Commissione di Bruxelles ha intrapreso il primo passo verso il boicottaggio delle merci israeliane prodotte al di là della Linea Verde del 1967. Ci sono duecento contese territoriali nel mondo, dalla Crimea invasa dalla Russia al Tibet sotto dominio cinese fino a Cipro. Ma soltanto Israele subisce questo folle trattamento che mira ad aumentarne l’isolamento nell’opinione pubblica internazionale. Il danno che oggi Israele subisce è economicamente limitato, anche se a lungo andare ci potrebbero essere delle ripercussioni importanti sulla vita e la tenuta di alcune aziende, ma quello simbolico si può dire già che sia immenso. Si tratta di una forma di emarginazione, di intolleranza e di ostracismo che prende di mira Israele proprio mentre quel piccolo paese, unica vera democrazia in medio oriente, è alle prese con una campagna terroristica contro i suoi civili: la Terza Intifada dei coltelli. Questo boicottaggio è inoltre anche un ostacolo verso il raggiungimento di una pace stabile e duratura fra israeliani e palestinesi. Mira, invece, a trasformare Israele in uno stato paria. Per questo tutte le persone civili e coloro che hanno a cuore la sopravvivenza di Israele, pegno dell’Europa dopo la Shoah, dovrebbero mobilitarsi contro questo odioso boicottaggio.

Il Foglio, da oggi, darà vita a un’iniziativa di solidarietà per combattere la discriminazione antisionista acquistando prodotti israeliani e istituendo un comitato anti boicottaggio. Hanno dato le prime adesioni al Comitato promotore Claudio Cerasa, Giuliano Ferrara, Giulio Meotti, Paolo Mieli, Angelo Panebianco, Anita Friedman, Dario Nardella, Marco Pannella. Domani pubblicheremo le firme all’appello.




“Atto politico contro Israele”. Il deputato Massimo Parisi scuote il governo sulle etichettature
Riccardo Ghezzi
28/11/2016

http://www.linformale.eu/atto-politico- ... chettature

Massimo Parisi, deputato di Ala, ha presentato un’interpellanza – discussa venerdì mattina – sull’etichettatura dei prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani. “Un atto politico contro Israele”, l’ha definito Parisi, che ha fortemente criticato la scelta dell’Ue chiedendo anche una presa di posizione da parte del governo italiano. “Un provvedimento che avrà conseguenze negative più che positive perché penalizzerà tutti i prodotti israeliani, penalizzerà gran parte dei 500mila israeliani che abitano i territori, e penalizzerà soprattutto le decine di migliaia di palestinesi impiegate nelle aziende di quelle aree”.
Cosa farà il governo? Non applicherà la norma in quanto l’atto non è vincolante? Si attiverà per chiedere l’etichettatura anche dei prodotti provenienti da tutte le altre aree contese nel mondo?
Alla fine, dal governo non sono arrivate le parole chiare e nette auspicate nell’interpellanza.

Ne abbiamo parlato con l’onorevole Parisi.

Onorevole Parisi, cosa ha chiesto nella Sua interpellanza?
L’interpellanza è un atto chiaramente politico, essendo quella delle etichettature dei prodotti degli insediamenti israeliani una normativa interpretativa di una direttiva della Commissione Europea. Ho posto tre domande: innanzitutto quale fosse l’opinione del governo italiano, ma era una domanda retorica, visto che anche se non è emerso né è stato pubblicizzato, pure il governo italiano ha chiesto l’etichettatura. Nella lettera inviata all’Alto Rappresentante Ue per gli Affari Esteri c’era la firma di 15 ministri degli Esteri, tra cui quella dell’italiano Gentiloni. Quindi non tutti i Paesi Ue hanno firmato quella lettera, ma l’Italia sì.
La seconda questione che ho posto, siccome l’Ue ha dato indicazioni marginali, verteva su come l’Italia avrebbe recepito la direttiva. Ho chiesto cosa intendesse fare il governo.
La terza domanda è stata la più provocatoria: ho voluto chiedere se il governo italiano fosse intenzionato ad attivarsi per chiedere l’etichettatura dei prodotti provenienti dal Sahara Occidentale, dal Tibet e dai territori contesi di tutto il mondo.

Lei ha detto anche che quello dell’etichettatura non va minimizzato perché non è un atto tecnico-burocratico, ma un atto politico contro Israele. Spieghi meglio.
Non si tratta del solito atto tecnico-burocratico dell’Ue perché risponde ad una richiesta di carattere prettamente politico. Nella lettera che spiega le motivazioni secondo cui i prodotti provenienti dai territori contesi andrebbero etichettati si fa riferimento a concetti quali “Israele comportandosi così minaccia la pace”.
Purtroppo la politica estera europea, che si divide su tutto, ha trovato un accordo solo contro Israele. E l’ha fatto con un rappresentante italiano. Le firme italiane sono quindi due: prima quella di Gentiloni nella lettera, poi quella di Mogherini che l’ha accettata.
Nel 2013 era stata inviata la stessa lettera, ma Catherine Ashton, Alto Rappresentante degli Affari Esteri prima della Mogherini, l’aveva rifiutata.

L’Ue è in emergenza, dopo gli attentati in Francia. Potrà finalmente capire la posizione e il ruolo di Israele?
Non sembra proprio, visti i risultati. Mi sembra evidente che nella sinistra non solo italiana, ma anche europea, scatti un riflesso condizionato quando si parla di Israele.
In un momento in cui si tenta un riavvicinamento tra Usa e Russia, tra Ue e Russia, si tiene invece lontano Israele. Una follia.

Come valuta quindi in generale l’atteggiamento dell’occidente nei confronti di Israele?
I rapporti sono ai minimi termini, come ha ammesso persino la sottosegretaria allo Sviluppo economico Simona Vicari dicendo l’unica cosa che ho condiviso della sua risposta alla mia interpellanza. Sono ai minimi termini i rapporti tra Usa e Israele e tra Ue e Israele, ma non per scelta o per colpa di Israele.
Questo è pericoloso, perché Israele è un Paese che deve restare agganciato all’occidente, anche e soprattutto per i valori che rappresenta. La situazione in quell’area è pericolosa ed è ancora più pericoloso isolare Israele, unica democrazia del Medio Oriente.

Lei è stato molto critico nei confronti di Federica Mogherini e della politica estera europea. Qual è la Sua opinione?
Dando un giudizio di ordine generale, posso dire che la scelta di Federica Mogherini a mio avviso è stata sbagliata. I fatti lo stanno confermando. Bisogna anche dire che non c’è una politica estera dell’Unione: il presidente francese Hollande dopo gli attentati di Parigi fa il giro delle capitali ma non va dalla Mogherini.
Poi c’è la questione Pd: molti esponenti del partito hanno firmato l’appello del Foglio contro l’etichettatura dei prodotti. Ma bisogna anche guardare quello che fanno le alte sfere. Gentiloni poteva sicuramente evitare di firmare quella lettera.

Torniamo alla Sua interpellanza: è soddisfatto della risposta del governo?
Mi sono dichiarato insoddisfatto. La risposta è stata totalmente burocratica, con le solite argomentazioni preparate ad hoc. E’ stato fatto riferimento ad un “inesistente impatto pratico” di queste etichettature.
Il governo si è dichiarato contrario al boicottaggio dei prodotti israeliani, e ci mancherebbe altro. Neppure alla provocazione sulle etichettature dei prodotti provenienti da altri territori contesi è stata data una risposta. O meglio, la risposta è stata “Intanto non importiamo nulla da lì”.
Ma il vino che prendo da un negozio kosher a due metri da casa avrà come etichetta “made in Israel” o “made in settlement”?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

L'Ouropa fiłoxlamega e antisemita ła boicota Ixraełe, mi no!

Messaggioda Berto » mar nov 24, 2015 7:39 am

Il vero volto del boicottaggio d’Israele
Capire l’odio per gli ebrei spulciando sulla pagina Facebook del Bds
di Redazione | 21 Ottobre 2015
http://www.ilfoglio.it/esteri/2015/10/2 ... e_c319.htm

"Boicotta Israele”. Gruppo pubblico su Facebook con ben 3.822 membri. Un autentico fiume d’odio si è riversato sugli ebrei italiani dopo la bellissima manifestazione in solidarietà con Israele che la comunità ebraica ha organizzato domenica scorsa a Roma.

Parte l’utente Scintilla Rossa: “Lo stato nazista di Israele va cancellato dalla carta geografica”. Fino a qui lo scrivono anche tanti giornalisti e intellettuali. Prosegue Vito Introna: “Si fottano queste merde ebree”. Tale “Kox Ludwig”: “Guardate il lato positivo, centinaia di sionisti per strada tutti insieme vogliono la Palestina? Cominciamo dall’odore di carne bruciata”. Allora Emanuele Dionisio propone una soluzione pratica: “Portate il napalm”. Nizar Bhiri: “Fanno anche le vittime ipocriti assassini ladri e vigliacchi”. Nino Brigante de Cristofaro vuole una soluzione più rapida: “Basta con i forni… al rogo direttamente”. Marasciuolo Nicola: “Sicuramente la stampa e tv faranno pubblicità a questi maiali, del resto il tumore sta dilagando”. Cipollone Gianluigi fa l’elogio della Terza Intifada: “I palestinesi si stanno difendendo dai carri armati con pietre e coltelli! Mi sembra sia legittimo, no?”. Chiude in eleganza tale Sandro Odorico: “Se continuano così prima o poi avranno un’altra diaspora”. L’ayatollah Ali Khamenei sta gettando ponti nella nutrita e schizzata comunità di Facebook.

Ieri il premier israeliano Netanyahu ha detto che l’incitamento palestinese all’odio è “Bin Laden che incontra Mark Zuckerberg”. Questi forum sono la dimostrazione che il vero volto del Bds, il boicottaggio di Israele, non è quello interessato alla “pace”, ma quello che vive e vibra di un odio patologico e trasversale nei confronti del popolo ebraico.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

L'Ouropa fiłoxlamega e antisemita ła boicota Ixraełe, mi no!

Messaggioda Berto » mar nov 24, 2015 7:39 am

La guerra dell’Europa a Israele
La Commissione marchia i prodotti ebraici per la prima volta in settant’anni. Il primo passo di una più ampia campagna per strangolare Gerusalemme. Come nasce e cosa vuole il boicottaggio
di Giulio Meotti | 13 Novembre 2015

http://www.ilfoglio.it/esteri/2015/11/1 ... e_c115.htm

L’11 novembre 2015 sarà ricordato come una data speciale nelle relazioni fra Europa e Israele. Il giorno dopo la commemorazione della Kristallnacht, la Notte dei cristalli nazista, a ridosso della visita in Europa del presidente iraniano Hassan Rohani, che proprio ieri si è augurato la scomparsa dell’“illegittimo” stato ebraico, in occasione del quarantesimo anniversario della risoluzione Onu che ha equiparato sionismo e razzismo, nel bel mezzo della “Terza Intifada” dei coltelli che ha già causato undici vittime fra gli israeliani, la Commissione europea ha approvato una speciale marchiatura dei prodotti dello stato ebraico. Non accadeva dai tempi di Hitler che le merci degli ebrei venissero discriminate con uno speciale stigma, un simbolo distintivo che ne ricorda un altro ben più sinistro.

Siamo al punto più basso delle relazioni fra Bruxelles e Gerusalemme. L’ex ambasciatore israeliano a Washington, Michael Oren, si è recato in un supermercato della capitale israeliana e, in segno di protesta, ha incollato stelle di Davide sulle merci israeliane e “made in Europe” su quelle del Vecchio Continente. L’azienda vinicola Bazelet sul Golan ha deciso di spedire le sue bottiglie in Europa avvolte da una bandiera israeliana, in segno di sfida. Studenti israeliani hanno assediato al grido di “never again” la casa di Lars Faaborg-Andersen, l’inviato Ue a Gerusalemme. Il presidente israeliano, Reuven Rivlin, intanto cancellava un viaggio in Europa, il ministro Uri Ariel vendeva la sua Citroën per una Mazda giapponese e il premier, Benjamin Netanyahu, tacciava gli europei di essere senza “vergogna”.

L’11 novembre è stata una data storica per il movimento Bds: “Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni”. Cos’è, come si è sviluppato, quali obiettivi si pone questa campagna globale per trasformare Israele in un paria? Ieri lo ha spiegato Ngo Monitor: “Dopo la marchiatura, passeranno all’esclusione dei prodotti israeliani”. La decisione della Commissione Ue è il frutto della precedente di tre paesi che avevano iniziato a marchiare i prodotti israeliani (Belgio, Danimarca e Inghilterra) su pressione del Bds. Come spiega Ohad Cohen, che dirige la sezione commercio estero del ministero israeliano dell’Economia, la marchiatura Ue riguarda cento compagnie israeliane.

“E’ soltanto il primo passo” ha detto Oded Eran, ex rappresentante d’Israele all’Unione europea: “Il prossimo passo sarà che i parlamenti nazionali non consentiranno la circolazione delle merci dagli insediamenti”. Ieri, il parlamentare della sinistra israeliana, Itzik Shmuly, ha ben spiegato che “gli abitanti di Amburgo o di Copenaghen non hanno idea di dove inizi e dove finisca la Linea Verde, per cui la decisione della Commissione finirà per tradursi in un boicottaggio generalizzato contro Israele in quanto tale. Purtroppo l’Europa ha vergognosamente deciso di rafforzare in questo modo coloro che conducono la campagna per il boicottaggio di Israele, il cui obiettivo è cancellare Israele dalla carta geografica e non certo promuovere la pace”.

Il maggiore quotidiano israeliano, Israel Hayom, sostiene che “il proprietario di un negozio di Tolosa non si preoccupa di distinguere fra un prodotto fabbricato a Beit El e uno fabbricato a Tel Aviv: per non avere rogne, semplicemente scarterà entrambi a favore di un prodotto fatto a Lisbona. Moralmente parlando, questo tipo di etichettatura dei prodotti è simile alla stella gialla di Davide dei tempi bui. E’ il primo passo su una strada che non si sa fin dove può portare”.

Gli effetti pratici della marchiatura si sentono già. “Il danno è immenso” ha detto David Elhayani, capo del Consiglio della Valle del Giordano. “Oggi non spediamo quasi più nulla verso l’Europa occidentale”. Edom, un importante produttore di frutta israeliana, ha detto al giornale economico The Marker: “Gli importatori europei ci dicono che non possono vendere prodotti israeliani. Tutti hanno paura di vendere frutta israeliana”.

Il primo caso di boicottaggio di Israele si registrò nel 1980 con l’Oreal, che aveva acquistato la Helena Rubinstein. Aveva floridi commerci in Israele, ed era suo interesse difenderli. Ma i regimi arabi minacciavano di troncare le lucrose relazioni con la multinazionale, se questa non avesse tagliato con gli ebrei. Anzichè rifiutare il ricatto, l’Oreal si piegò. Oggi non sono più gli stati arabi a guidare il boicottaggio, ma la società civile, le università, i sindacati, le ong, le chiese, le aziende. L’effetto è quello di una delegittimazione internazionale. Ufficialmente il Bds è stato lanciato a seguito della Conferenza mondiale delle Nazioni Unite contro il razzismo nel 2001. Fu lì che furono gettate le basi della “strategia Durban”, una campagna condotta attraverso gli organismi delle Nazioni Unite, le organizzazioni non governative, il Forum Sociale Mondiale e l’Unione Europea, appunto.
Fu allora che le ong e i militanti filopalestinesi decisero di marchiare Israele con l’accusa, falsa e demonizzante, di “apartheid” e di “occupazione”. Fu lanciato allora lo slogan “Bds”. Tre lettere capitali per indicare tre parole e piani di azione ben precisi. Esiste anche una app per Android, “Buy no evil”, che guida il consumatore al boicottaggio delle merci israeliane.

Ieri la ong palestinese Al Haq, che riceve finanziamenti da parte dei governi di Gran Bretagna, Germania, Svezia, Belgio, Olanda, Svizzera, Danimarca, Irlanda, Norvegia, Spagna e Nazioni Unite, ha dichiarato che l’etichettatura delle merci israeliana è un “misura temporanea” prima del completo divieto di tutti quei beni. Prima si etichetta, poi si boicotta.

Il Bds sostiene di essere un movimento pacifico il cui obiettivo è quello di utilizzare “mezzi economici punitivi” per fare pressione su Israele e correggere i torti subiti nei Territori palestinesi. In realtà, Bds è una guerra asimmetrica per coordinare la strategia violenta dei “negazionisti” palestinesi, arabi e musulmani, che si sono rifiutati di fare la pace con Israele per settant’anni. Più e più volte, quando e dove è emerso, il Bds ha rapidamente espulso qualsiasi critica moderata delle politiche israeliane.

Natan Sharansky ha scritto che il Bds non supera il test delle “tre D”, usato per capire quando le critiche diventano odio: doppio standard (si prende di mira soltanto Israele fra oltre 200 contese territoriali nel mondo, dal Tibet all’Ucraina); demonizzazione (si distorcono le azioni dello stato ebraico per mezzo di paragoni con il nazismo e l’apartheid); delegittimazione (si nega il diritto di Israele ad esistere, unico fra tutti i popoli del mondo).

Un anno fa l’Unione Europea ha siglato un accordo con il Marocco che sancisce il suo diritto di sfruttare le risorse del Sahara occidentale. Nessuna accusa, in questo caso, di “occupazione” o marchiatura speciale. Lo stesso accade con Cipro settentrionale, invaso dalla Turchia. Così, nessun Bds è stato lanciato contro la Cina che imprigiona gli accademici dissidenti; contro l’Iran, che condanna a morte gli accademici dissidenti; contro Cuba, le cui università non hanno accademici dissidenti; contro l’Autorità Palestinese, la cui università non permettono un dibattito libero e aperto sul conflitto israelo-palestinese. No: c’è un Bds unicamente contro lo stato ebraico, che vanta uno dei più alti livelli di libertà accademica del mondo.

Il Bds vuole apparentemente correggere gli errori specifici compiuti da Israele nei confronti dei palestinesi, ma attacca le fondamenta di tutto Israele: tutti gli israeliani sono collettivamente colpevoli. Si boicotta l’unica società del medio oriente dove gli arabi leggono una stampa libera, manifestano quando vogliono, mandano i propri rappresentanti in parlamento e godono degli stessi diritti di tutti gli altri cittadini. Il Bds alimenta una narrazione storica unilaterale che nega ogni responsabilità dei palestinesi per la distruzione di possibilità di pace e di riconciliazione, dalla fondazione di Israele nel 1948, per gli accordi di Oslo del 1993, per i colloqui di Camp David nel 2000, per il ritiro di Israele da Gaza nel 2005, fino ad oggi.

Non solo, ma la decisione della Commissione colpisce anche le alture del Golan, che non hanno nulla a che fare con il contenzioso israelo-palestinese. Non c’è un solo palestinese che viva sulle alture del Golan. Ci sono invece numerose milizie di tagliatori di teste di là dal confine.

Poiché il desiderio di punire Israele rappresenta economicamente una minoranza dell’opinione pubblica, il Bds collega il suo messaggio a università, chiese, aziende straniere, municipi. Storicamente, questa campagna usa strumenti come le petizioni (firmate da studenti, docenti e personale amministrativo) che invitano un college o una università a uscire da imprese che beneficiano Israele; incontri con gli amministratori del campus e i manager per suggerire il disinvestimento; picchetti.
Nel mondo accademico, la sequenza del Bds è familiare: gruppi di studenti e professori organizzano una conferenza come la “Israeli Apartheid Week”, demonizzando Israele come il principale problema del medio oriente, usano parole d’ordine come “ampliare la gamma del dibattito accademico” e spesso si finisce con il boicottare un prodotto israeliano all’interno dei campus, come le macchine per l’acqua minerale Sodastream.

Il Bds è una violazione dei più basilari valori che stanno alla base della convivenza civile: la libera circolazione delle idee e delle persone, la libertà religiosa e di coscienza, il rispetto della dignità della persona. Inoltre, il Bds si basa sulla falsificazione di un grande principio che anima Israele: la libertà di ricerca. L’ironia è che il Bds colpisce Israele la cui fame di cultura ne ha fatto il primo paese al mondo per numero di lauree pro capite, il primo paese al mondo per numero di musei pro capite e il secondo paese al mondo per numero di libri pubblicati pro capite.

I docenti israeliani pro-palestinesi possono esprimere liberamente le loro opinioni sia nella didattica sia sui mass media. Lungo è l’elenco di centri universitari israeliani apertamente attivi nella cooperazione con i palestinesi. All’Università di Haifa, il venti per cento degli studenti appartiene alle minoranze israeliane, senza considerare che molti degli stessi capi del Bds, come Omar Barghouti (che mesi fa ha compiuto un tour delle università italiane), si sono formati nelle università israeliane. E i palestinesi costituiscono il 75 per cento dei lavoratori nelle “colonie” prese di mira dall’Unione Europea. Sono loro adesso a rischiare il proprio posto di lavoro.

La prima volta accadde in Francia durante la Seconda Intifada. Mentre in Israele gli ebrei saltavano in aria sugli autobus e nei centri commerciali, al campus Pierre e Marie Curie dell’Università VI di Parigi, gli accademici adottarono una mozione che prevedeva la fine di ogni legame e cooperazione accademica con i centri di ricerca israeliani. Ventidue accademici francesi votarono a favore, sei si astennero e soltanto quattro votarono contro. Il premio Nobel per la Fisica, Claude Cohen Tannoudji, espresse la propria “vergogna per questi colleghi che osano gettare un anatema su degli altri colleghi a causa della loro nazionalità”. Siamo alla terza di Intifada e il Bds è dilagato nelle università europee (alcuni giorni fa, 350 docenti inglesi hanno lanciato il boicottaggio accademico).

Un ostracismo “silenzioso” che ha conseguenze pratiche terribili: impedire che ricercatori israeliani ottengano fondi di ricerca, fare pressione sulle facoltà per interrompere le relazioni con i dipartimenti israeliani, convincere i docenti europei a non visitare Israele, non invitare gli israeliani alle conferenze, prevenire la pubblicazione all’estero di articoli di ricercatori israeliani, negare raccomandazioni agli studenti che intendono fare ricerca in Israele e creare un cordone sanitario attorno alle riviste accademiche israeliane.

L’accusa allo stato ebraico come “nuova apartheid” è la più efficace, in quanto evoca il precedente delle sanzioni contro il regime del Sudafrica. Nel settore delle ong e dei forum globali, sui media occidentali e nei suoi parlamenti, è quotidianamente stabilita l’equazione fra Israele e l’apartheid del Sud Africa. Famose personalità pubbliche, come l’arcivescovo e Nobel Desmond Tutu e l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, basano la loro campagna contro Israele su questa accusa di apartheid.

L’analogia è ovviamente immorale e perfida. L’apartheid era un sistema totalitario di governo, in cui una minoranza bianca soggiogava la popolazione nera e ne violava tutti i diritti. In Israele, ebrei e arabi condividono spazi pubblici, autobus e scuole. In Israele, tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Gli arabi israeliani attualmente siedono alla Corte Suprema, anche i partiti arabi più ostili a Israele hanno dei saggi al Parliamento israeliano. In tutti gli ospedali di Israele, medici e infermieri, ebrei e arabi, lavorano fianco a fianco curando pazienti arabi ed ebrei.

Il Bds può già vantare numerosi “successi”, che non sono in grado da soli di piegare l’economia israeliana, ma che stanno alimentando un clima di sospetto e ostilità verso Israele in Europa. E’ come se il “made in Israel” sia diventato un agente patogeno. Un infettante. Sodastream, il cui business principale sono le bibite gassate, ha chiuso la sua fabbrica in un insediamento. Agrexco, il più grande esportatore israeliano di prodotti agricoli, è entrato in liquidazione anche a seguito di una campagna di manifestazioni, lobbying dei supermercati e dei governi, boicottaggi popolari e l’azione legale in più di tredici paesi in tutta Europa. La più grande cooperativa in Europa, il Co-operative Group nel Regno Unito, ha introdotto una politica discriminante verso i prodotti provenienti dagli insediamenti. Ahava, la società di cosmetici israeliana, ha dovuto chiedere il suo flagship store e alcuni rivenditori a Londra, in Norvegia e Canada e la famiglia Disney ne ha dismesso gli investimenti. Una catena di supermercati irlandese, Supervalu, ha smesso di distribuire le carote israeliane. McDonald’s si è rifiutata di aprire un fast food nella città israeliana di Ariel nei Territori. L’Università di Johannesburg ha reciso i legami con la Ben-Gurion University di Israele. Campagne contro la collaborazione finanziata dalla Ue con aziende israeliane private e le università israeliane sono spuntati nei campus di tutta Europa. Sindacati accademici nel Regno Unito e Canada, dai medici agli architetti, hanno votato per sostenere varie iniziative di boicottaggio. Decine di artisti – soprattutto musicisti e cineasti – e scrittori si sono rifiutati di esibirsi in Israele o hanno annullato le loro performance in seguito alle pressioni del Bds. La multinazionale francese Veolia è stata preso di mira in molti paesi a causa della sua fornitura di servizi a Israele. Il fondo pensione norvegese ha disinvestito da Israele.

Alcune importanti organizzazioni sindacali in Europa stanno tagliando i legami con Histadrut, il sindacato israeliano. Deutsche Bank, la più grande banca tedesca, ha incluso la Poalim Bank israeliana in una lista di compagnie riguardo le quali gli investimenti sollevano “questioni etiche”.?Lo stesso ha fatto la più grande banca danese, la Danske Bank. Vitens, azienda olandese leader dell’erogazione dell’acqua, ha tagliato con l’omologa israeliana Mekorot. E i casi non si fermano qui. E se in Norvegia i due maggiori importatori di verdure, Bama e Coop, non importano più frutta e verdura prodotte negli insediamenti, la Unilever, che realizza prodotti casalinghi come lo shampoo Sunsilk e la vaselina, ha venduto la propria quota del 51 per cento nelle fabbriche degli insediamenti.

Le linee pre o post 1967, a cui fanno riferimento le etichettature previste dalla Commissione, sono soltanto un alibi. I sostenitori del Bds considerano Israele un’entità intrinsecamente illegale anche all’interno delle linee armistiziali del 1949. Una delle immagini simbolo del movimento mostra tutta la Palestina, pre e post 1967, circondata da filo spinato, come se fosse un unico gigantesco insediamento da abbattere.

Gruppi e attivisti pro-boicottaggio non ne fanno mistero. Basta dare un’occhiata ai loro siti web, alle loro conferenze su YouTube, a tutto il loro materiale di propaganda contro Israele. In un’intervista fu chiesto a Omar Barghouti, uno dei fondatori del Bds: “La fine dell’occupazione porrà fine alla campagna?”. “No”, fu la sua risposta senza mezzi termini. In un’intervista lo storico americano Norman Finkelstein, grande sostenitore del movimento Bds, ha affermato che Israele ha ragione quando dice che il movimento vuole distruggerlo: “Si parla proprio di distruggere Israele, non intendo mentire”. Finkelstein aggiunse: “Vengono chiamati i tre livelli: vogliamo la fine dell’occupazione, vogliamo il diritto al ritorno di milioni di profughi e discendenti di profughi dentro Israele e vogliamo la parità per gli arabi in Israele. Si sa benissimo qual è il risultato dell’attuazione di tutti e tre questi obiettivi: Israele non esiste più”.

Il Bds si basa su una serie di slogan politici molto semplici, come “stato di apartheid”, “regime di occupazione”, “violatore del diritto internazionale” e “repressivo”. La natura della campagna è tale da fare appello ai sentimenti umanitari dei gruppi di base a cui indirizzare i loro sforzi – giornalisti, intellettuali, studenti nei campus, charities, dipendenti pubblici, partecipanti agli eventi culturali, enti commerciali che hanno rapporti con Israele. L’obiettivo è manipolare queste persone, instillando nelle loro menti un intrinseco pregiudizio contro Israele. Questo pubblico mirato può facilmente e sinceramente identificarsi nelle battaglie Bds contro la discriminazione, l’ineguaglianza, e il colonialismo.

Questo movimento è composto da un numero relativamente piccolo di attivisti a tempo pieno e ben finanziati, come Omar Barghouti e Nabil Sha’att. Organizzano eventi per lo più in Europa e in Nord America, raccolgono fondi e organizzano seminari, conferenze e dimostrazioni a sostegno del movimento per isolare e boicottare Israele in ogni modo possibile.

Il modo di operare del Bds include lo stalking del pubblico, le minacce di azioni legali contro aziende straniere che investono in Israele, manifestazioni di fronte a fornitori e negozi, la pressione nelle istituzioni accademiche, finché essi non si saranno dissociati da qualsiasi legame con Israele. L’istigazione, l’incoraggiamento e il sostegno attivo di questa campagna diretta alla delegittimazione di Israele nella comunità internazionale attraverso l’uso di strumenti legali, civili e politici è un’arma considerata ormai sempre diffusa e più accettabile per generare un più ampio sostegno nella comunità internazionale.

Daniel Levy, direttore della sezione mediorientale allo European Council on Foreign Relations, ieri ha sintetizzato così quanto approvato dalla Commissione Europea: “Come minimo è un mal di testa, ma potrebbe avere un effetto devastante”. Dopo l’approvazione della marchiatura da parte di Bruxelles, a cosa punta il Bds? Ecco alcune misure pratiche già al vaglio della Commissione Europea: le banche israeliane che offrono mutui ai proprietari di case in Cisgiordania potrebbe esporsi a ripercussioni; le catene di vendita al dettaglio che detengono negozi negli insediamenti potrebbero essere escluse dal mercato europeo; i produttori che utilizzano parti realizzate nelle fabbriche israeliane potrebbero anche loro subire speciali marchiature o sanzioni; gli israeliani che vivono negli insediamenti potrebbero perdere il privilegio che consente oggi ai cittadini israeliani di viaggiare in Europa senza visto; le università israeliane nei Territori si vedrebbero private del riconoscimento di Bruxelles e le squadre di calcio israeliane nei Territori (Ma’aleh Adumim, Ariel, Kiryat Arba, Bik’at Hayarden e Givat Ze’ev) potrebbero essere escluse dalla Uefa. E la lista delle misure europee contro Israele non si ferma qui.

L’11 novembre 2015 si è passati dal nazista “Kauft nicht bei Jüden”, non comprate dagli ebrei, al “Kauft nicht beim Jüdenstaat”, non comprate dallo stato ebraico. Allora lo slogan era “Geh nach Palästina, du Jud”. Ebrei, andate in Palestina! Oggi il motto del boicottaggio è: “Ebrei, fuori dalla Palestina!”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

L'Ouropa fiłoxlamega e antisemita ła boicota Ixraełe, mi no!

Messaggioda Berto » mar nov 24, 2015 7:42 am

“Bisogna capire che Israele è democrazia. Chi sgozza sta dall’altra parte”
Walker Meghnagi, ex presidente della comunità ebraica di Milano, contro il boicottaggio: “Dov’era l’Europa quando si stupravano le yazide?”
di Matteo Matzuzzi | 14 Novembre 2015

http://www.ilfoglio.it/esteri/2015/11/1 ... e_c217.htm

Roma. Quel che è accaduto giovedì sera a Milano, il ferimento di Nathan Graff, “è un segnale che va ben al di là della strategia islamica degli accoltellamenti. La questione è tutta politica”. Walker Meghnagi è stato presidente della comunità ebraica di Milano prima di essersi dimesso per contrasti con la “sinistra” interna su questioni di bilancio. Non vuole parlare di Intifada, sia perché “non siamo in Francia o nei paesi della Scandinavia e qui gli episodi sono sporadici” sia perché – come spiegato dagli inquirenti del pool anti terrorismo e reati politici ieri pomeriggio – “è presto per parlare di eventuali collegamenti con l’Intifada dei coltelli”.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... C3%A01.jpg

Il premier Matteo Renzi ha sottolineato, al termine del Consiglio dei ministri di ieri, “tutto il nostro affetto, amicizia e vicinanza alla comunità ebraica”. Non ci si deve stupire però, dice Meghnagi al Foglio, “se gli ebrei vengono presi di mira come secoli fa, attaccati da uomini incappucciati con il coltello in mano”. L’episodio dell’altra sera non è che la coda di una sequela sempre più corposa della caccia all’ebreo: Parigi, Amsterdam, Copenaghen, perfino oltreoceano, a Brooklyn. Cambiano solo le modalità, le armi usate, ma il canovaccio e gli obiettivi sono i medesimi. “La responsabilità è di questa politica fatta a caso, senza considerare le conseguenze delle decisioni che si prendono. Penso al boicottaggio deciso in questi giorni dall’Unione europea”, dice Meghnagi: “Ma di cosa stiamo parlando? L’Europa ha aperto all’Iran, permettendogli di fare tutto ciò che vuole, e si mette a marchiare i prodotti israeliani? Quando in Africa, tra il Sudan e i paesi circostanti, è scomparso un milione di cristiani, l’Europa dov’era? E quando venivano stuprate le donne yazide, cosa diceva François Hollande, dai suoi uffici all’Eliseo? E la Libia invasa da Nicolas Sarkozy senza tener conto di quel che sarebbe accaduto dopo?”. “Io – dice l’ex presidente della comunità ebraica di Milano – non voglio parlare di Shoah. E’ una ferita ben presente, che rimane, ma è il passato. Io voglio guardare al presente e al futuro. E non vedo nulla, in questa Europa. Il boicottaggio incide sull’1,4 per cento del prodotto interno lordo israeliano. Cosa si pensa di ottenere, con questa misura? E’ solo ideologia, pura e vergognosa ideologia. Nient’altro. Azioni come queste fomentano i cani sciolti, siano o no musulmani”. Proprio come accadde nell’ottobre del 1982, pochi giorni prima dell’attentato al Tempio di Roma che avrebbe causato la morte di Stefano Gay Taché, bimbo di tre anni: “Ricordo bene – e non lo dimenticherò – che Luciano Lama passò con una bara vuota davanti alla sinagoga”. La colpa, quindi, “è solo politica. E’ fondamentale capire che Israele è una democrazia, mentre il mondo non democratico sta dall’altra parte della barricata. Chi sgozza la gente – uomini e donne e vecchi e bambini – non è Israele, ma sta sempre dall’altra parte”.

Ragionamenti simili in passato hanno portato le autorità a rafforzare la sicurezza di Meghnagi, in particolare quando chiese pubblicamente agli imam residenti in Italia di prendere posizione contro chi decapita gli infedeli: “Non ho mai detto una parola contro la presenza di moschee in Italia, ma rimango convinto che esse debbano essere case di vetro, trasparenti, dove si sa quel che accade dentro”. L’importante, anche davanti agli accoltellamenti, dice, “è andare avanti a testa alta. Uscire, non chiudere le scuole. Noi, come comunità, siamo tutti uniti. Pur nel timore. Non bisogna dargliela vinta”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

L'Ouropa fiłoxlamega e antisemita ła boicota Ixraełe, mi no!

Messaggioda Berto » mar nov 24, 2015 7:53 am

Salvare Israele per salvare l'Europa dal terrore
L’Europa marchia i coloni israeliani, 24 ore dopo i terroristi ne uccidono due. Quali sono le ong responsabili dello stigma sulle merci israeliane
di Giulio Meotti | 13 Novembre 2015

http://www.ilfoglio.it/cronache/2015/11 ... e_c357.htm

Roma. Quando una ong riceve una parte consistente del suo budget dai governi, non è più un’organizzazione non governativa, apolitica e della “società civile”. Si deve parlare, invece, di intromissione da parte di governi esterni negli affari interni di un altro stato democratico.

In questo caso a intromettersi sono i governi europei e lo stato democratico è Israele. Un caso da manuale è stata l’etichettatura e l’inizio del boicottaggio delle merci israeliane prodotte oltre la Linea Verde. Di tutte le regioni del mondo soggette a un conflitto di sovranità, l’Unione europea ha scelto di etichettare in modo discriminatorio soltanto i prodotti fabbricati in una zona di conflitto che riguarda lo stato ebraico. Il boicottaggio è una guerra politica, in cui Bruxelles non è imparziale o si limita a “etichettare”, come pretende, bensì gioca attivamente. Sempre contro Israele. La decisione della Commissione Ue dell’11 novembre è il frutto della campagna di 22 organizzazioni non governative che dal 2012 hanno perorato la marchiatura dei prodotti israeliani, definita una “misura temporanea” prima di altre iniziative contro lo stato ebraico. Una politica di esclusione che non si limita ai prodotti oltre la linea del 1967. Nel mirino di queste ong ci sono Teva, società fondata nel 1901 a Gerusalemme e una delle più grandi società farmaceutiche del mondo; L’Oréal, presente in Israele già prima del 1967; Delta Galil, la più grande industria tessile manifatturiera israeliana; Sabra, la seconda industria alimentare in Israele che rifornisce anche l’esercito, fino ad aziende straniere come Hewlett Packard e Motorola.

Il ministero degli Esteri israeliano calcola che ogni anno i governi europei stanziano 200 milioni di euro a queste organizzazioni antisraeliane.

Il principale strumento dell’Unione europea per incanalare denaro è la “Partnership for Peace”. Una delle più attive di queste ong è la svedese Diakonia, che riceve il novanta per cento del budget dal governo di Stoccolma. Questa ong ha fatto una campagna contro i rapporti commerciali fra Bruxelles e Gerusalemme, compreso l’utilizzo e la minaccia di azioni legali verso le aziende svedesi che fanno affari con Israele.

Fondata dalla chiesa protestante svedese, Diakonia ha finanziato i programmi “per commemorare la Nakba”, il termine palestinese per “catastrofe”, che indica la fondazione di Israele nel 1948. Il suo programma “International Humanitarian Law” paragona la politica di Gerusalemme alla “apartheid” e al “genocidio”. Il suo “Position Paper on Israel and Palestine” promuove, fra le altre cose, il “diritto a resistere” dei palestinesi, esattamente come fanno Hamas e le altre sigle del terrore islamico. C’è la ong Christian Aid, che nel 2015 ha ricevuto 14 milioni di sterline dal governo inglese. Sei milioni le sterline che la ong ha ricevuto dall’Ue negli ultimi due anni. La ong cattolica Cordaid ha ricevuto 357 milioni di euro dal governo olandese dal 2011 al 2015 e ha fatto pressione perché gli investitori del suo paese abbandonassero le partnership con gruppi israeliani. La sezione olandese di Pax Christi ha ricevuto sei milioni di euro dal governo dell’Aia e fa parte della “United Civilians for Peace”, la principale iniziativa a favore del disinvestimento da Israele nei Paesi Bassi. La Interchurch Organization for Development Cooperation, creata in Olanda nel 1964 per iniziativa delle chiese locali, riceve per il novanta per cento del proprio budget fondi da entità governative: 82 milioni dal governo e cinque milioni dall’Ue. La ong Norwegian People’s Aid è finanziata dal governo di Oslo e dall’Ue. Trocaire, la ong della chiesa cattolica irlandese, ha ricevuto 18 milioni di euro dal governo di Dublino nel 2013.

Dietro la decisione della compagnia francese di telefonia Orange di lasciare Israele entro due anni c’è il rapporto di una ong francese, il Comité catholique contre la faim et pour le développement. Di 27 milioni di euro il finanziamento europeo anche a 24 organizzazioni non governative registrate in Israele e nei Territori palestinesi.

“Una vasta gamma di queste ong e un certo numero di governi europei sono impegnati in un’impresa volta a diffamare e distruggere lo stato ebraico”, scrive Denis MacEoin in un rapporto per il Gatestone Institute. “Utilizzano le questioni dei diritti umani per promuovere una visione costantemente negativa di Israele, del suo governo, delle sue leggi e delle sue forze di difesa”.

Shylock di Shakespeare e la sua libbra di carne hanno causato brividi a numerose generazioni di ebrei. Finanziando questa discriminazione e boicottaggio, l’Europa sta imponendo a Israele una nuova libbra di carne. Imbrattano di sangue le arance Jaffa. Ieri, islamisti palestinesi hanno assassinato due israeliani, padre e figlio, mentre viaggiavano in auto. Per l'Europa, due “coloni” da boicottare e marchiare. Per i terroristi, due ebrei da eliminare.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

L'Ouropa fiłoxlamega e antisemita ła boicota Ixraełe, mi no!

Messaggioda Berto » mar nov 24, 2015 9:05 am

2022, addio Israele
Mancano sette anni alla distruzione dello stato ebraico. Non è un fantaromanzo, è l’ossessione apocalittica che unisce Isis e Iran
di Giulio Meotti | 10 Ottobre 2015
http://www.ilfoglio.it/gli-inserti-del- ... e_c375.htm

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... sraele.jpg


Di fronte all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il premier israeliano Benjamin Netanyahu la scorsa settimana non ha soltanto fissato negli occhi per quaranta secondi i rappresentanti degli altri paesi, mentre li accusava di essere rimasti in silenzio di fronte alla promessa iraniana di distruggere Israele. Netanyahu ha anche tirato fuori un libro in farsi, la lingua iraniana. L’autore è la Guida suprema Ali Khamenei: “Quattrocento pagine che illustrano in dettaglio il suo piano per distruggere lo stato di Israele”, ha detto Netanyahu. “Ha promesso, cito testualmente, che ‘entro 25 anni non ci sarà più nessun Israele’”. Khamenei iniziò a predicare la fine dello stato ebraico nel 1991, quando disse che “la questione palestinese è come un osso rimasto di traverso nella gola degli oppressori e non sarà risolta se non con l’eliminazione di Israele”. Il minuscolo stato israelitico da allora è al centro della sua guerra messianica, metafisica, che ne fa una preda prelibata per ogni disegno di conquista.

C’è una data che ricorre in maniera ossessiva nei proclami e nei discorsi dei leader del mondo arabo-islamico: il 2022. E’ l’anno della fine di Israele. “Entro il 2022, forse anche prima, Israele sarà distrutto”, ha appena declamato Hassan Rahimpour Azghadi del Consiglio supremo iraniano per la rivoluzione, il braccio destro di Khamenei. E’ come quando si guarda un vulcano che fuma e ancora non si sa che cosa succederà. Se e quando erutterà. E’ questo che accade quando posi lo sguardo sullo stato di Israele. Nel libro di Khamenei, di cui è stata appena pubblicata un’edizione in inglese, Israele viene definito “un albero malefico”, un “tumore di corruzione”, un “cancro”. Poi ci sono le previsioni sul fatto che l’entità sionista non supererà i quindici anni di vita.

Un anno fa il ministro dell’Interno di Hamas, Fathi Hamad, dichiarò che i palestinesi avrebbero liberato tutta la Palestina “entro otto anni”. Dunque nel 2022. Hamad ha fatto riferimento a “Hittin”, la cittadina in Galilea dove le forze islamiche del Saladino sconfissero i cavalieri crociati di Guido di Lusignano. Il movimento islamico palestinese ricorda tutti gli anni presso Tiberiade la storica vittoria del Saladino nei “Corni di Hittin”, quando il 4 luglio 1187 i suoi fiday (volontari della Guerra santa) letteralmente bruciarono il terreno sotto i cavalieri cristiani, già assetati ed esausti per una lunga marcia sotto il torrido sole estivo. I Crociati governarono senza sosta Gerusalemme, per 88 anni. Con la truce profezia del 2022, e partendo dalla sua fondazione nel 1948, Israele non supererebbe i 74.

Un libretto distribuito in tutto il mondo arabo e pubblicato in Siria porta il titolo “I nuovi Crociati in Palestina”. Recita così: “Se la storia si ripete non dobbiamo temere, avendo espulso l’occidente nei tempi antichi, gli arabi non avranno difficoltà a espellere questo assortimento di stranieri oggi”. E ancora quella data, il 2022.

Lo scorso maggio, in un’intervista sul canale libanese Nbn Tv, lo ha detto anche l’imam della moschea di al Quds a Sidone, Maher Hamoud: secondo i calcoli basati sul Corano, “la fine di Israele sarà nel 2022”. Della stessa opinione era lo sceicco Ahmed Yassin, il fondatore di Hamas, che al massimo aggiungeva cinque anni di vita allo stato ebraico, collocandone la fine nel 2027, quarant’anni dopo la prima Intifada. Il giornalista Huda al Husseini ha scritto che “da un incontro con i leader di Hamas sono stato sorpreso di scoprire che la maggior parte dei suoi membri sostiene che nel 2022 sarà fondato uno stato islamico in Palestina”. Un altro libro iraniano, pubblicato qualche mese fa, basandosi su scienze occulte, interpretazione del Corano e calcoli matematici, prevede che Israele sarà distrutto, sempre nel 2022.

Di recente anche lo Stato islamico ha pubblicato un libro di duecento pagine, in cui si afferma che “l’inizio della fine di Israele avverrà nel 2022”, due anni dopo la presa di Roma, il simbolo della cristianità. “Nel 2022 avranno fine i quarant’anni di pace e sicurezza di Israele, e contro di esso inizieranno le grandi guerre”. Il testo chiave di questa allucinazione islamica, dal titolo “Il crollo dell’impero israeliano nel 2022”, è stato scritto da un religioso palestinese, Bassam Nihad Jarrar, e spiega che Israele rappresenta “l’apice della corruzione e della barbarie”. Calcoli numerologici portano gli studiosi islamici a prevedere che Israele governerà per settantasei anni islamici (lunari), che equivalgono a settantaquattro anni solari. Dividono questo periodo in quattro quarti da diciannove ciascuno: il primo, fino alla Guerra dei sei giorni (diciannove anni dopo la fondazione dello stato) ha visto l’ascesa di Israele, conclusasi nel 1986, quando è iniziata l’ascesa musulmana che culminerà nella distruzione di Israele nel 2022. Il libro di Jarrar, pubblicato in arabo nel 1990, è stato ripreso da un editore di Londra, tradotto in inglese e ampiamente distribuito in Malesia nei primi anni Duemila. Da allora è un bestseller nel mondo arabo-islamico. Una data, quella del 2022, diventata quasi leggenda. Un giornalista siriano intervistato dalla televisione dell’Autorità palestinese ha affermato di essere venuto a conoscenza di un rapporto della Cia che aveva informato l’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton che Israele non sarebbe esistito dopo il 2022. “Quello che sto per dire nessuno lo ha mai sentito, si tratta di una relazione presentata dalla Central Intelligence Agency all’allora presidente degli Stati Uniti Clinton. La Cia dice che ‘se le cose continuano così come sono, non pensiamo che Israele continuerà ad esistere dopo il 2022’”.

E’ questa la “dark obsession” del leader iraniano Khamenei in copertina sul settimanale Weekly Standard, con un articolo a firma di Ali Alfoneh e Reuel Marc Gerecht.

Si dice che l’ayatollah Khamenei abbia un appetito vorace per la trota e il caviale, che soffra di attacchi di depressione, che sia un un appassionato collezionista di pregiati bastoni da passeggio, che due dei suoi palazzi – Niavaran e Vakilabad – siano dotati di bunker nucleari in cemento in grado di sopportare un attacco nucleare. Ma Khamenei ha una passione quasi patologica verso Israele e gli ebrei. In gioventù divenne un devoto ammiratore di Sayyid Qutb, il teorico del jihad egiziano. E tuttavia le radici della sua antipatia per gli ebrei e Israele si trovano nella biografia della sua città natale, Mashhad. Nei salotti islamici che Khamenei frequentava al tempo, le correnti marxiste e nazionaliste che ritraggono Israele come strumento dell’imperialismo occidentale erano comuni; contemporaneamente, l’ayatollah Ruhollah Khomeini attaccava l’“influenza ebraica” nella corte reale Pahlevi. Nel maggio del 1963 il giovane Khamenei ricevette una lettera scritta a mano da Khomeini, da consegnare alle autorità religiose a Mashhad. Il messaggio diceva: “Preparatevi per la lotta contro il sionismo”. La principale fonte è una raccolta di citazioni nei discorsi di Khamenei dal 1979 al 2011. “Khamenei ha sempre evitato qualsiasi contatto personale con gli ebrei, trattandoli in pratica come se fossero intoccabili”, scrivono Gerecht e Alfoneh.

Nel marzo del 1973, Khamenei è un docente a Mashhad. Lì presenta la sua interpretazione di al Baqara (la mucca), la seconda e più lunga Sura del Corano, in cui il profeta Maometto discute il rapporto tra musulmani, ebrei e cristiani in un sistema politico musulmano. Khamenei attacca “l’opposizione degli ebrei al profeta”, “l’avidità degli ebrei” e “la magia nera dei rabbini”.

Il 5 Agosto 1980, Khamenei tiene uno dei suoi più famosi sermoni. “La nazione iraniana è l’avanguardia della lotta per la liberazione della Palestina… La rivoluzione iraniana ha raggiunto la vittoria entro i confini, ma fino a quando una piaga contagiosa, un tumore sporco chiamato Stato di Israele usurpa le terre arabe e islamiche, non possiamo sentire la vittoria e non possiamo tollerare la presenza del nemico nelle terre usurpate e occupate”. Khamenei aggiunge che “se ogni membro della grande comunità islamica di un miliardo di fedeli getta un secchio d’acqua contro Israele, Israele sarà annegato dal diluvio e sarà sepolto”.

L’appuntamento è fra sette anni a Gerusalemme. Per avere un assaggio di quello che la umma ha in mente per Israele, ad agosto Khamenei ha ordinato alle Guardie della rivoluzione di diffondere un video in cui si vedono soldati musulmani che guardano Gerusalemme e si preparano a conquistarla. La sequenza si apre con dei primi piani di quattro soldati dal volto coperto mentre si allacciano gli stivali e preparano le armi. Sulle divise sono visibili gli stemmi delle Guardie rivoluzionarie iraniane, di Hamas e di Hezbollah. L’inquadratura si allarga e mostra il gruppo di combattenti su una collina mentre scrutano Gerusalemme e la Moschea di al Aqsa in attesa dell’attacco. La clip porta il titolo “Preparazione alla completa distruzione di Israele da parte delle Guardie rivoluzionarie islamiche in Iran”.

Se si accosta l’orecchio a Israele come a una conchiglia di mare, si sente il rumore della solitudine. La sopravvivenza dello stato ebraico non è certa. Ma tutto per adesso indica il contrario. I cittadini israeliani vivono in media ottant’anni, quanto nella placida e pacificata Norvegia. Gli omicidi pro capite in Israele sono un terzo di quelli commessi negli Stati Uniti. La popolazione israeliana oggi è nove volte superiore a quella del 1948, l’anno della creazione dello stato e della guerra per l’indipendenza. Israele cresce annualmente più di qualunque paese industrializzato. E’ uno degli stati più ricchi, più liberi e meglio istruiti del mondo, dove la durata media della vita è più alta di quella della Germania e dell’Olanda, nazioni che hanno conosciuto l’ultimo conflitto settant’anni fa, mentre Israele è da settant’anni in guerra. La cosa più significativa è che gli israeliani sembrano amare la vita e detestare la morte più di qualsiasi altra popolazione del mondo.

Per il 2022, il mondo islamico sogna Israele come una nazione di case vuote e di tegole rovesciate. Ma, per adesso, le case di Israele sono piene di gioia e di bambini.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

L'Ouropa fiłoxlamega e antisemita ła boicota Ixraełe, mi no!

Messaggioda Berto » lun nov 30, 2015 12:44 pm

La ritorsione di Israele sulla Ue: "Niente più contatti diplomatici"
Il pugno duro di Netanyahu contro la decisione di Bruxelles di etichettare i prodotti israeliani
Sergio Rame - Dom, 29/11/2015 - 21:51

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/rit ... ok+Interna

Sospensione dei contatti diplomatici con le istituzioni Ue e riesame del loro coinvolgimento per quanto riguarda il processo di pace con i palestinesi.
Il pugno duro del premier israeliano Benyamin Netanyahu con l'Unione europea arriva a quasi tre settimane dalla decisione di Bruxelles di dare avvio alle etichettature dei prodotti israeliani degli insediamenti ebraici in Cisgiordania e sulle Alture del Golan.

La mossa di Netanyahu era stata già annunciata lo scorso 11 novembre e comunicata in un colloquio burrascoso al ministero degli esteri al rappresentante europeo Lars Faaborg Andersen che in quella occasione difese la scelta dell’etichettatura definendola "tecnica e non politica". La dura reazione è stata formalizzata alla vigilia della partecipazione di Netanyahu al vertice di Parigi sul clima. "In base alla decisione di oggi - ha spiegato il portavoce del ministero Emmanuel Nahshon - Israele continua a mantenere contatti diplomatici con i singoli Paesi europei come Germania, Francia e Gran Bretagna, ma non con le istituzioni europee". A rimaner coinvolti saranno soprattutto i rapporti nel campo dei diritti umani e delle organizzazioni internazionali. Ma non solo. L'incontro su progetti di sviluppo dell’Area C della Cisgiordania, quella sotto controllo amministrativo e militare israeliano, sarà molto probabilmente congelato a data da definirsi.

Ricordando che oggi sono 68 anni dalla decisione dell’Onu di riconoscere Israele e che subito dopo lo Stato fu attaccato, Netanyahu ha voluto lanciare un messaggio netto agli euroburocrati di Bruxelles. "Il terrorismo - ha detto - è stato con noi per quasi 100 anni e lo abbiamo sconfitto più volte. Lo sconfiggeremo anche questa volta".

Quindi ha sottolineato che il combustibile del terrorismo è l’opposizione "all’esistenza di Israele come stato nazionale del popolo ebraico" e che a questo si è aggiunto "l'islam radicale che attualmente colpisce nel mondo: Parigi, Londra, Mali, dove ovviamente non ci sono colonie e territori". Anche se fino ad oggi sia i vertici dell’esercito sia quelli dello Shin Bet e lo stesso Netanyahu hanno respinto gli inviti della destra israeliana a ripetere nei Territori un’operazione militare su larga scala come quella compiuta nel 2002 durante la Seconda Intifada, difficilmente si potrà sostenere a lungo una situazione come quella attuale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

L'Ouropa fiłoxlamega e antisemita ła boicota Ixraełe, mi no!

Messaggioda Berto » ven dic 11, 2015 8:41 pm

Ixlam, pałestinexi, ebraixmo, ebrei, Ixraełe
viewtopic.php?f=188&t=1924

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... eliani.jpg

Basta darghe aio e skei ai palestinexi ke i li dopara par farghe la goera e li ixraeliani e par copar li ebrei, basta farse conpleçi de sti sasini.

I ebrei li xe tornà caxa sua e li fa ben a defendarse co le onje e co i denti, li xe anca màsa boni. Palestina o Ixraele la xe tera de ebrei e de ebrei cristiani e no de arabi e de musulmani.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

L'Ouropa fiłoxlamega e antisemita ła boicota Ixraełe, mi no!

Messaggioda Berto » mar dic 22, 2015 9:32 am

Il Parlamento Ceco respinge l’etichettatura dei prodotti provenienti dagli insediamenti
dicembre 20, 2015

http://middleeastnews.report/il-parlame ... israeliani

Il Parlamento ceco ha approvato una risoluzione chiedendo al governo di non applicare la decisione dell’Unione europea di etichettare i prodotti israeliani esportati dalla Cisgiordania, Gerusalemme est e le alture del Golan.
I Leader cechi hanno denunciato la risoluzione UE, con i media cechi che citano il Ministro della Cultura Daniel Herman : “assolutamente necessario per respingere i tentativi di discriminazione contro l’unica democrazia del Medio Oriente”.
Il provvedimento contro la decisione UE approvato con una maggioranza schiacciante.
La Repubblica Ceca è uno dei più forti alleati europei di Israele. L’ambasciatore israeliano Gary Koren ha ringraziato i legislatori cechi per la loro decisione.
Il Parlamentare Robin Boehnisch del Partito Social Democratico ha definito assurdo che l’Unione europea sostenga che delle etichette avrebbero beneficiato i consumatori.
Frantisek Laudat, un altro deputato ceco, ha detto che la decisione “può evocare il ricordo imbarazzante di marcatura del popolo ebraico durante la Seconda Guerra Mondiale.”
Zdenek Soukup del partito ANO: ”Israele l’unica democrazia del Medio Oriente.”
“Se lo Stato di Israele cade, l’Europa farebbe la stessa fine “, ha detto Marek Benda dei democratici civici , che ha definito la decisione UE, una versione moderna dell’Antisemitismo.
I parlamentari comunisti hanno difeso la decisione UE.
Jiri Valenta dice che i consumatori hanno il diritto di conoscere l’origine dei prodotti che hanno acquistato.
“La Repubblica Ceca è acriticamente pro-israeliana nel suo approccio”, ha detto Valenta.
A Parigi,il vice ministro degli Esteri Tzipi Hotovely ha discusso la questione dell’etichettatura con Jacques Audibert, un consigliere diplomatico verso il presidente francese Francois Hollande.
“Gli sforzi per imporre una soluzione su di noi, non produrrà il risultato desiderato, Hotovely dice. “La decisione di marchiare i prodotti proprio in questo momento dà una al terrorismo.”
Ha accusato i palestinesi di incitare il terrorismo contro Israele e ha detto che è giunto il momento per la comunità internazionale di monitorare da vicino come centinaia di milioni di euro inviati all’Autorità palestinese vengono usati.
“Stanno costruendo scuole e che tipo di scuole con questo denaro?”, Chiede Hotovely.
“Il denaro è usato per educare i bambini anche di 11 anni ad accoltellare gli ebrei”
Hotovely ha detto che la comunità internazionale ha fatto molte richieste a Israele , ma nessuno ha chiesto ai palestinesi di fermare la violenza contro Israele.

Fonte:http://www.jpost.com/Israel-News/Politics-And-Diplomacy/Czech-Parliament-rejects-labeling-of-products-from-Israeli-settlements-437688
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Prossimo

Torna a Europa e America

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 3 ospiti

cron