Trump sei ancora la nostra speranza di bene

Re: Trump sei ancora la nostra speranza di bene

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2021 7:39 pm

9) Demenzialità contro Trump e i suoi elettori.
Trump ha invitato i suoi elettori a manifestare il 6 gennaio a Washington e poi ad andare al Campidoglio per farsi sentire dal Congresso ma non certo per invaderlo e impedire lo svolgimento dei lavori e magari per devastarlo.



Durante la sua trasmissione giovedì sera su Fox News, Tucker Carlson, il giornalista più seguito d'America, ha dichiarato che il Presidente Trump è arrivato ormai alla sua "data di scadenza", che non è salutare per l'America concentrarsi così implacabilmente su un solo uomo e che Trump ha agito "sconsideratamente'' nell'incoraggiare i suoi sostenitori a marciare sul Campidoglio.
L'Osservatore Repubblicano
7 gennaio 2021

https://www.facebook.com/elezioniusa202 ... 1056518646

Carlson ha affermato che Trump ha una "data di scadenza" e ha suggerito che non è più "degno di tutto questo tempo ed attenzione".
"Siamo passati dall'essere questo grande paese continentale con un'enorme gamma di preoccupazioni ed interessi a una sudata chat room di 300 milioni di persone tutte concentrate su un solo uomo, Donald Trump. Non è salutare, non importa di cosa pensi su Trump", ha detto Carlson.
"Ad un certo punto devi chiederti dove il nostro Paese stia spendendo tutte le sue energie. C'è un solo Presidente, qualcuno che merita tutto questo tempo e attenzione?" Tucker ha osservato, aggiungendo "Tutti i politici, che tu sia d'accordo o meno con loro, hanno una data di scadenza, sono persone".
"Non durano per sempre, nessuno di noi lo fa. Nel caso di Trump, la data di scadenza arriva tra 13 giorni e dopo di che non sarà più presidente", ha continuato il conduttore, aggiungendo che "le libertà sono più importanti di ogni singolo politico".
"Donald Trump potrebbe diventare immortale e vincere le prossime 40 elezioni presidenziali e sua figlia le successive 40, ma se l'America diventa un luogo in cui devi violare la tua coscienza per mantenere un lavoro, non ti è permesso proteggere la tua famiglia dalla violenza della folla, dove i tuoi figli non possono permettersi di sposarsi e crescere i tuoi nipoti perché ai datori di lavoro non piace il colore della loro pelle, allora qual è il punto di tutto questo?”, ha chiesto Carlson.
Tucker ha criticato l'establishment del GOP per aver continuamente ignorato la base di Trump per difendere la "reputazione personale dei suoi leader".
"Tra tredici giorni, questi elettori non avranno Donald Trump a proteggerli, non avranno nessuno a meno che il partito repubblicano non decida di svegliarsi e di respingere le bugie ed il progressismo e di riconoscere lo scopo di quelle bugie che sono un fatto senza precedenti, un giro di vite sul modo in cui vivi", ha esortato.
“Donald Trump pensa esclusivamente a Donald Trump, ma lo fa anche quasi ogni singolo Democratico al Congresso così come ogni singolo Repubblicano. Tutti loro sono ossessionati da Trump", ha sottolineato Carlson.
"Chi ha in mente le tue preoccupazioni? Chi si sveglia nel cuore della notte pensando alla tua famiglia?" si chiese apertamente.
“L'unico pensiero del Partito Repubblicano è quello di proteggere i suoi elettori. In pratica, ciò significa proteggere la carta dei diritti, le libertà più basilari e le promesse fondamentali della vita americana - senza di esse non vorresti più vivere qui".
Il conduttore ha descritto gli incidenti al Campidoglio come una "protesta politica sfuggita di mano dopo che il presidente l'ha incautamente incoraggiata".
Carlson ha aggiunto, tuttavia, chiamare gli eventi "insurrezione" o "terrorismo interno", come hanno fatto molti democratici e testate giornalistiche dei media di Sinistra è un'esagerazione.
Carlson ha accusato i Democratici di voler utilizzare la tempesta che si è abbattuta sul Campidoglio come un "pretesto per una repressione senza precedenti delle libertà civili".
"Solo nelle ultime ore abbiamo sentito persone in posizioni di potere e autorità chiedere che coloro che sostengono Donald Trump non debbano più essere autorizzati a pubblicare libri o a utilizzare Internet o a volare sugli aerei", ha denunciato il conduttore.
"La CNN la descrive come un'insurrezione, Chuck Schumer l'ha paragonata a Pearl Harbor, era l'11 settembre della nostra generazione e, inutile dirlo, era la 'supremazia dei bianchi'", ha osservato Carlson.
“Sanno come usare il linguaggio, non semplicemente per descrivere ciò che sta accadendo, lo usano per fini politici. Non è stata un'insurrezione, basta con le bugie".



La disinformazione della CNN
Usa, Cnn: Trump minaccia di non lasciare la Casa Bianca
22 dicembre 2020

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/c ... 002a.shtml

Il presidente avrebbe confidato a consiglieri esterni la sua intenzione di non lasciare il palazzo presidenziale il giorno del giuramento di Biden

"Ci sono scenari che fanno davvero paura", avrebbe ammesso un funzionario dell'amministrazione, ribadendo come Trump, col sostegno di alcuni deputati e senatori, sarebbe comunque determinato a creare il caos in Congresso il 6 gennaio, quando si dovranno contare ufficialmente i voti dei grandi elettori che hanno dato la vittoria a Biden.

Da venerdì e per tutto il weekend il presidente uscente avrebbe quindi ricevuto più volte nello Studio Ovale o sentito al telefono personaggi come l'avvocatessa cospirazionista Sidney Powell, il suo ex consigliere per la sicurezza nazionale (appena graziato) Michael Flynn, il suo ex stratega politico Steve Bannon, il falco consigliere al commercio Peter Navarro e l'eccentrico fondatore ed ex Ceo del sito di commercio online Overstock.com Patrick Byrne.

Sarebbe proprio loro a fomentare in queste ore Trump, insieme all'immancabile Rudy Giuliani, puntando il dito contro i consiglieri ufficiali del presidente come il capo dello staff della Casa Bianca Mark Meadows o il consigliere legale della Casa Bianca Pat Cipollone. Intanto su Facebook c'è già chi organizza un "Inauguration Day" alternativo e in contemporanea a quello ufficiale del 20 gennaio, per dare inizio a quello che viene descritto come il secondo mandato presidenziale di Trump. Migliaia le adesioni.


"Incitement" Timeline Debunked as Ex-Capitol Police Chief Says Pelosi, McConnell's Sergeants-at-Arms Refused Security Measures - The National Pulse
Raheem Kassam
11 gennaio 2021

https://thenationalpulse.com/breaking/e ... ims-bogus/

The Washington Post has reported that the outgoing Capitol Police Chief, Steve Sund, believes his efforts to secure the premises were undermined by a lack of concern from House and Senate security officials who answer directly to Speaker Nancy Pelosi and Senate leader Mitch McConnell. The National Pulse can also report the Washington Post’s timeline proves it was impossible for Trump speech attendees to have made it to the Capitol in time for the breach.

In addition to the fact that Trump openly called for the “cheering on” of Congressman, and “peaceful” protests, the timeline as established from numerous, establishment media reports simply doesn’t stack up.

The admission that House and Senate security leaders failed to provide Capitol Police with resources on the day will raise questions over their role in the day’s events.

WaPo reported late Sunday night:

Two days before Congress was set to formalize President-elect Joe Biden’s victory, Capitol Police Chief Steven Sund was growing increasingly worried about the size of the pro-Trump crowds expected to stream into Washington in protest.

To be on the safe side, Sund asked House and Senate security officials for permission to request that the D.C. National Guard be placed on standby in case he needed quick backup.

But, Sund said Sunday, they turned him down.

In his first interview since pro-Trump rioters stormed the U.S. Capitol last week, Sund, who has since resigned his post, said his supervisors were reluctant to take formal steps to put the Guard on call even as police intelligence suggested that the crowd President Trump had invited to Washington to protest his defeat probably would be much larger than earlier demonstrations.

House Sergeant at Arms Paul Irving said he wasn’t comfortable with the “optics” of formally declaring an emergency ahead of the demonstration, Sund said. Meanwhile, Senate Sergeant at Arms Michael Stenger suggested that Sund should informally seek out his Guard contacts, asking them to “lean forward” and be on alert in case Capitol Police needed their help.

Irving could not be reached for comment. A cellphone number listed in his name has not accepted messages since Wednesday. Messages left at a residence he owns in Nevada were not immediately returned, and there was no answer Sunday evening at a Watergate apartment listed in his name. A neighbor said he had recently moved out.

Sund recalled a conference call with Pentagon officials and officials from the D.C. government. He said on the call: “I am making an urgent, urgent immediate request for National Guard assistance… I have got to get boots on the ground.”

But the request was apparently denied over optics.

“I don’t like the visual of the National Guard standing a police line with the Capitol in the background,” an Army official replied.

John Falcicchio, chief of staff for D.C. Mayor Muriel E. Bowser admitted: “Literally, this guy is on the phone, I mean, crying out for help. It’s burned in my memories.”
The Dodgy Timeline.

And while the Washington Post clumsily attempts to blame President Trump for the violence – despite the President calling for “peaceful” protests and the “cheering on” of Congressmen – their own article admits the “first wave of protesters arrived at the Capitol about 12:40pm.”

President Trump’s speech didn’t conclude until 1:11pm, and with at least a 45-minute walk between the two locations with crowd-related delays, that would put the first people from Trump’s speech at Capitol Hill no earlier than 1:56pm – a full hour and sixteen minutes after troublemakers arrived.

In fact, rioters who breached the perimeter would have had to leave before Trump’s speech even began (at 12pm precisely) to make it in time for the events as they are detailed by authorities.

The Washington Post also states: “Sund’s outer perimeter on the Capitol’s west side was breached within 15 minutes,” meaning the Capitol was breached over an hour before Trump speech attendees could have even begun to arrive.

This correlates with Sund’s interview, where he admits: “I realized at 1pm, things aren’t going well… I’m watching my people getting slammed.”

Again, 1pm would have been a full 56-minutes before any Trump speech-attendees could have begun arriving, let alone breaching the perimeter and clashing with police. Downtown Washington, D.C. roads were closed. There was no way of arriving faster, let alone before the President had finished speaking.

At 1:09pm, still before the President had finished speaking, Sund called the Sergeants-at-arms of the House and Senate. He told them it was time to call in the National Guard. He even said he wanted an emergency declaration. Both, however, said they would “run it up the chain” and get back to him.

At 1:50pm the Capitol itself was breached. Still before most Trump speech attendees could have arrived.

What happened after this point was a back and forth over hours between D.C. officials, Army officials, and Capitol police.

Eventually – at past 5pm – the National Guard arrived.

And while Sund is quoted in the Washington Post as blaming President Trump’s speech for the violence that ensued – the timeline means that makes no sense.

The President’s fans are not known for leaving his speeches 5 or 10 minutes in. And by the time the Capitol was breached, those who had stayed to listen to even the first 15 minutes would not have even made it there in time.


Tradotto con http://www.DeepL.com/Translator (versione gratuita)


La cronologia dell'"incitamento" è stata smentita come dice Pelosi, ex capo della polizia di Capitol, sergenti di McConnell, che ha rifiutato le misure di sicurezza - L'impulso nazionale
Raheem Kassam
11 gennaio 2021

https://thenationalpulse.com/breaking/e ... ims-bogus/

Il Washington Post ha riferito che il capo della polizia uscente del Campidoglio, Steve Sund, ritiene che i suoi sforzi per rendere sicuri i locali siano stati compromessi dalla mancanza di preoccupazione da parte dei funzionari della sicurezza della Camera e del Senato, che rispondono direttamente al presidente della Camera Nancy Pelosi e al leader del Senato Mitch McConnell. Il National Pulse può anche riferire che la linea temporale del Washington Post dimostra che era impossibile per i partecipanti al discorso di Trump arrivare in Campidoglio in tempo per la violazione.

Oltre al fatto che Trump ha chiesto apertamente il "tifo" del deputato, e le proteste "pacifiche", la linea temporale, come stabilito da numerosi rapporti dei media dell'establishment, semplicemente non si accumula.

L'ammissione che i leader della sicurezza della Camera e del Senato non hanno fornito risorse alla Polizia del Campidoglio nel corso della giornata solleverà interrogativi sul loro ruolo negli eventi della giornata.

WaPo ha riferito di aver fatto tardi domenica notte:

Due giorni prima che il Congresso formalizzasse la vittoria del Presidente eletto Joe Biden, il capo della polizia del Campidoglio Steven Sund era sempre più preoccupato per le dimensioni della folla pro-Trump che si prevedeva si sarebbe riversata a Washington in segno di protesta.

Per andare sul sicuro, Sund chiese ai funzionari della sicurezza della Camera e del Senato il permesso di richiedere che la Guardia Nazionale di Washington fosse messa in standby nel caso in cui avesse avuto bisogno di rapidi rinforzi.

Ma, ha detto Sund domenica, hanno rifiutato.

Nella sua prima intervista da quando la settimana scorsa i rivoltosi pro-Trump hanno preso d'assalto il Campidoglio degli Stati Uniti, Sund, che da allora ha rassegnato le dimissioni, ha detto che i suoi supervisori erano riluttanti a prendere misure formali per mettere la Guardia di guardia di guardia anche se l'intelligence della polizia ha suggerito che la folla che il presidente Trump aveva invitato a Washington per protestare contro la sua sconfitta probabilmente sarebbe stata molto più grande delle precedenti manifestazioni.

Il sergente d'armi Paul Irving ha detto di non essere a suo agio con l'"ottica" di dichiarare formalmente un'emergenza prima della manifestazione, ha detto Sund. Nel frattempo, il sergente del Senato alle armi Michael Stenger ha suggerito a Sund di cercare informalmente i suoi contatti della Guardia, chiedendo loro di "sporgersi in avanti" e di stare in allerta nel caso in cui la polizia di Campidoglio avesse bisogno del loro aiuto.

Irving non ha potuto essere raggiunto per un commento. Un numero di cellulare a suo nome non accetta messaggi da mercoledì. I messaggi lasciati in una residenza di sua proprietà in Nevada non sono stati immediatamente restituiti, e non c'è stata risposta domenica sera in un appartamento del Watergate a suo nome. Un vicino ha detto che si era trasferito da poco.

Sund ha ricordato una teleconferenza con funzionari del Pentagono e del governo di Washington. Ha detto durante la chiamata: "Sto facendo una richiesta urgente, urgente e immediata per l'assistenza della Guardia Nazionale... Devo mettere gli stivali per terra."

Ma la richiesta è stata apparentemente negata per via dell'ottica.

"Non mi piace l'immagine della Guardia Nazionale in linea con il Campidoglio sullo sfondo", rispose un ufficiale dell'Esercito.

John Falcicchio, capo di stato maggiore del sindaco di Washington Muriel E. Bowser ha ammesso: "Letteralmente, questo tizio è al telefono, voglio dire, a chiedere aiuto. E' impresso nella mia memoria".
La linea temporale di Dodgy.

E mentre il Washington Post cerca maldestramente di incolpare il presidente Trump per le violenze - nonostante il Presidente chieda proteste "pacifiche" e il "tifo" dei deputati - il loro stesso articolo ammette che "la prima ondata di manifestanti è arrivata al Campidoglio verso le 12:40".

Il discorso del presidente Trump non si è concluso prima delle 13.11, e con almeno 45 minuti di cammino tra i due luoghi con ritardi dovuti alla folla, il che metterebbe le prime persone del discorso di Trump al Campidoglio non prima delle 13.56 - un'ora e sedici minuti dopo l'arrivo dei manifestanti.

Infatti, i rivoltosi che hanno violato il perimetro avrebbero dovuto andarsene prima ancora che il discorso di Trump iniziasse (alle 12:00 in punto) per arrivare in tempo per gli eventi in quanto dettagliati dalle autorità.

Lo afferma anche il Washington Post: "Il perimetro esterno di Sund sul lato ovest del Campidoglio è stato violato entro 15 minuti", il che significa che il Campidoglio è stato violato più di un'ora prima che i partecipanti al discorso di Trump potessero anche solo cominciare ad arrivare.

Questo è in correlazione con l'intervista di Sund, dove egli ammette: "Mi sono reso conto all'una del pomeriggio che le cose non stanno andando bene... sto guardando la mia gente che viene sbattuta".

Anche in questo caso, all'una del pomeriggio ci sarebbero voluti ben 56 minuti prima che qualsiasi discorso di Trump potesse cominciare ad arrivare, figuriamoci irrompere nel perimetro e scontrarsi con la polizia. Le strade del centro di Washington D.C. erano chiuse. Non c'era modo di arrivare più velocemente, figuriamoci prima che il Presidente avesse finito di parlare.

Alle 13:09, ancora prima che il Presidente avesse finito di parlare, Sund chiamò i sergenti d'armi della Camera e del Senato. Disse loro che era il momento di chiamare la Guardia Nazionale. Disse anche che voleva una dichiarazione d'emergenza. Entrambi, però, hanno detto che avrebbero "fatto un passo avanti" e che gli avrebbero fatto sapere.

Alle 13:50 il Campidoglio stesso è stato violato. Ancora prima che la maggior parte dei partecipanti al discorso di Trump potesse arrivare.

Quello che è successo dopo questo punto è stato un avanti e indietro di ore tra funzionari di Washington, dell'esercito e della polizia del Campidoglio.

Alla fine - alle 17:00 passate - è arrivata la Guardia Nazionale.

E mentre Sund è citato dal Washington Post come accusatore del discorso del presidente Trump per la violenza che ne è seguita - la linea temporale significa che non ha senso.

I fan del Presidente non sono noti per aver lasciato i suoi discorsi per 5 o 10 minuti. E quando il Campidoglio è stato violato, quelli che erano rimasti ad ascoltare anche i primi 15 minuti non sarebbero nemmeno arrivati in tempo.


DIAGNOSI
Niram Ferretti
11 gennaio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Finalmente è arrivata anche l'expertise "scientifica", non poteva mancare. Ma c'è poco da fare dell'ironia. Secondo la psichiatra Bandy X. Lee, intervistata su "Scientific Amercan", psichiatra forense alla scuola di medicina di Yale, Trump e i suoi sostenitori sono soggetti da curare.
"Le ragioni sono molteplici e varie, ma nel mio recente libro di servizio pubblico, Profile of a Nation, ho delineato due principali pulsioni emotive: la simbiosi narcisistica e la psicosi condivisa. La simbiosi narcisistica si riferisce alle ferite dello sviluppo che rendono magneticamente attraente la relazione leader-seguace. Il leader, affamato di adulazione per compensare una mancanza interiore di autostima, proietta una grandiosa onnipotenza, mentre i seguaci, resi bisognosi dallo stress sociale o dalle lesioni dello sviluppo, desiderano una figura genitoriale. Quando a tali individui feriti vengono assegnate posizioni di potere, suscitano patologie simili nella popolazione che creano una relazione "serratura e chiave. 'Psicosi condivisa' - che è anche chiamata 'folie à million' quando si verifica a livello nazionale o "illusione indotta" - si riferisce alla contagiosità dei sintomi gravi che va oltre la normale psicologia di gruppo. Quando un individuo altamente sintomatico è posto in una posizione influente, i sintomi della persona possono diffondersi nella popolazione attraverso legami emotivi, aggravando le patologie esistenti e inducendo deliri, paranoia e propensione alla violenza, anche in individui precedentemente sani. Il trattamento è la rimozione dall'esposizione".
Chiaro no? Lo psicotico, in questo caso, Trump che con la sua patologia narcisistica compensatoria, ha indotto una psicosi generale nei suoi elettori tutti, ovviamente, alla ricerca di una figura genitoriale, deve essere rimosso.
Riassumiamo. Trump e i suoi seguaci sono tutti affetti da psicosi. Per il primo è auspicabile la rimozione, e di fatto, Twitter ha già provveduto insieme a Facebook. "Per la guarigione, di solito raccomando tre passaggi: (1) Rimozione dell'agente offensivo (la persona influente con sintomi gravi)...
Possiamo, credo, fermarci al primo passaggio...
A parte il livello diremmo amatoriale della "diagnosi", nulla del genere era venuto alla luce quando venne eletto Barack Obama. I suoi elettori, infatti, erano, evidentemente, tutti adulti e nessuno aveva bisogno della "figura genitoriale".
La Lee è contraria alla linea guida dell'American Psychiatric Association introdotta negli anni Settanta, la quale scoraggia il parere degli psichiatri relativamente a personalità pubbliche che non abbiano esaminato in prima persona.
"Tutte le volte che viene citata la regola Goldwater bisognerebbe riferirsi alla Dichiarazione di Ginevra che autorizza gli psichiatri a predere una posizione nei confronti di governi distruttivi. Questa dichiarazione venne creata in risposta al nazismo".
Il nazismo, ecco...Insomma, perché non creare una bella commissione psichiatrica che stabilisca se un candidato alla presidenza degli Stati Uniti, sia idoneo a ricoprirla con la Lee come presidente?
Se ci fosse stata già Trump non sarebbe mai passato, Obama sicuramente e anche Joe Biden, non ci sono dubbi.
La Lee, nell'ex Unione Sovietica, avrebbe avuto una carriera folgorante.


SEGNO DEI TEMPI
Niram Ferretti
12n gennaio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Giuliano Ferrara, uno che non ne ha mai azzeccata una e per il quale Silvio Berlusconi era come Churchill, uno per il quale Donald Trump è il "cilatrone in chief", uno che sosteneva a spada tratta Cesare Previti e Marcello Dell'Utri, nonchè il tangentaro in contumacia Bettino Craxi, il grande statista che fece scappare gli assassini di Leon Klingoffer e definiva Arafat come Mazzini, Giuliano Ferrara, alle battute finali della sua parabola elefantiaca, striglia sul Foglio, giornale da lui fondato, Giulio Meotti perchè non ha ritenuto giusto non plaudire alla rimozione di Trump da Twitter.
Giulio Meotti e, va detto, Massimo Cacciari (anche lui reo di avere condannato la cosa) rappresenterebbero il "segno dei tempi". Detto da chi, nella sigla di un programma televisivo di parecchi anni fa, emergeva da un cumulo di immondizie, ci dice che, quando non si ha più alcuna dignità, ci si riduce all'abiezione di compiacersi di non averla mai avuta.



La negazione dell'autoritarismo di Trump è finita.
Di Jonathan Chait

https://www.facebook.com/groups/2097364 ... 0512860324

Fin dall'inizio, il pericolo che Donald Trump presentava era così palesemente ovvio che non avrebbe dovuto richiedere un'analisi particolare: ecco un leader inadatto guidato dal disprezzo per le regole e le norme democratiche.
Da questa osservazione, la conclusione è stata altrettanto semplice: sostenere l'opposizione politica - cioè il Partito Democratico - era l'unica linea d'azione responsabile.
La logica era abbastanza chiara per un numero sufficiente di americani in un numero sufficiente di stati per porre fine all'esperimento Trump dopo un solo mandato. Ma una delle cose sconcertanti era quante persone altrimenti intelligenti non sono state in grado o non hanno voluto cogliere l'ovvio. Ciò che questi scettici condividevano era il disgusto per la soluzione di sostenere i Democratici, anche temporaneamente, che li ha motivati a negare la patologia sottostante. Se volevano sostenere Trump, o almeno non dare ai Democratici un sostegno incondizionato, allora dovevano dimostrare che Trump non rappresentava alcun pericolo particolare per la Repubblica.
Anche dopo quattro anni in cui Trump ha abusato del potere, fomentato la violenza e tentato attivamente di manipolare il voto sostenendo che qualsiasi prospettiva di sconfitta non può che essere fraudolenta, i suoi sostenitori hanno negato ogni pericolo. "Ho molta più preoccupazione che i democratici accettino i risultati di una rielezione di Trump che Trump accetti i risultati di una perdita", ha affermato il consigliere repubblicano Josh Holmes , ignorando il fatto che l'unico candidato che aveva messo in dubbio il risultato delle elezioni del 2016 era Trump stesso. "Di 'quello che vuoi riguardo a Trump che viola le norme, non ha mai provato a ricostruire un assetto del potere con mezzi irregolari", ha insistito Ari Fleischer in una colonna di ottobre in appoggio a Trump.
Il dibattito si è improvvisamente concluso la scorsa settimana, quando Trump ha ordinato a una folla di prendere d'assalto il Campidoglio, nel tentativo di far pressione su Mike Pence e il Senato per portare avanti un piano selvaggio finalizzato ad annullare i risultati delle elezioni. George Orwell una volta scrisse: "Siamo tutti capaci di credere in cose che sappiamo essere false, e poi, quando finalmente ci viene smentito, distorcendo sfacciatamente i fatti in modo da dimostrare che avevamo ragione", ma "prima o poi un la falsa credenza si scontra con la solida realtà, di solito su un campo di battaglia ". In questo caso, la battaglia non si è svolta su un campo ma nelle sale di marmo del Congresso.
Alcuni degli intellettuali che hanno messo in dubbio la serietà della deriva autoritaria di Trump, come Ross Douthat e Shadi Hamid, hanno candidamente confessato il loro errore. Altri sono sgattaiolati via in silenzio. Ora che la maggior parte dei difensori di Trump si è dichiarata debitamente dispiaciuta, vale la pena rivisitare il dibattito prima che scompaia nella storia. Cosa hanno sbagliato di tanto gli anti-anti-Trumper?
Il motivo dell'autocompiacimento consisteva in due temi principali. In primo luogo, è stato definito quel pericolo come "fascismo", un termine iperbolico usato da alcuni degli avversari più spericolati di Trump, che ha oscurato la minaccia più sottile che rappresentava. ("Così tanto per Donald Mussolini", ha deriso un editoriale del Wall Street Journal del 2017 ). In secondo luogo, ha insistito sul fatto che Trump fosse troppo pigro e incompetente per fare seri danni al sistema democratico. "Se l'autoritarismo si profila negli Stati Uniti, come mai Donald Trump sembra così debole?" ha chiesto l'editorialista di sinistra Corey Robin , il cui argomento consisteva in un ampio e favorevole confronto del clima di dissenso nell'America di Trump nel 2018 con quello della Germania intorno al 1934.
Ciò che ha spaventato tanti analisti politici riguardo a Trump è stato il pericolo di erodere la salute del sistema su una vasta gamma di fronti, dall'incoraggiare la violenza politica al minare la legittimità delle elezioni. La loro paura era meno un tuffo improvviso nella dittatura rispetto ad un lento processo di arretramento democratico del tipo progettato da leader autoritari in luoghi come l'Ungheria e la Turchia. Agli anti-anti-autoritari, al contrario, piaceva immaginare il governo come un interruttore con due modalità: "democrazia" e "Germania nazista". E poiché Trump ovviamente non aveva un controllo del governo come quello di Hitler, allora lo spavento per l'autoritarismo doveva essere un'invenzione della fantasia liberale.
Il più grave errore di valutazione degli anti-anti-autoritari riguardava il carattere di Trump. Il presidente era sfortunato, incompetente e facilmente soggiogato dal Congresso. Questo ha reso più facile deridere la paura che Trump potesse costruire un'autocrazia. La versione più intelligente di questa affermazione scettica è stata avanzata da Douthat , che ha sostenuto che Trump "non vuole autorità" e quindi non può essere un autoritario.
In effetti Trump amava la sua autorità, ma non il tipo di autorità cui i presidenti tradizionali prestavano molta attenzione. Chiedeva autorità sul governo federale, sparando senza sosta contro i muri per confondere i suoi interessi personali con quelli dello stato. Il suo (primo) impeachment era incentrato su una versione di questi desiderata: Trump ha svilito la politica statunitense nei confronti dell'Ucraina operando pressioni per diffamare un rivale politico. Ciò era in linea con la sua convinzione generale che ogni dipendente del governo federale, dal procuratore generale al Pentagono alla tipografia del Dipartimento del Tesoro, dovesse soddisfare i suoi bisogni in modo servile come se fossero i portieri della Trump Tower.
Trump ha chiesto e ricevuto dal suo partito un livello di deferenza personale che a nessun presidente è mai stato concesso. I suoi subordinati lo coprivano con manifestazioni di lode che ricordavano quelli nordcoreani. Ha posto fine bellamente alle carriere di numerosi repubblicani, sia in politica che nei media, colpevoli di averlo sfidato. Ogni volta che Trump attraversava una nuova linea, i repubblicani dovevano decidere se manifestare dissenso perche ciò sarebbe valsa la probabilità che non avrebbero mai più lavorato in politica.
Per quanto Trump possa essere stato indifferente al funzionamento, diciamo, del suo Dipartimento, ha prestato un'attenzione ossessiva all'apparato mediatico di destra. La sua ossessione per la televisione e i social media poteva essere elementare , ma rifletteva anche un'innata comprensione degli strumenti di cui aveva bisogno per controllare quelli che erano, in effetti, i media statali per l'America rep. Trump ha lusingato e manipolato il mondo dei media conservatori con la cura e l'abilità di Lyndon Johnson che ha presentato un disegno di legge al Congresso. Dedicava ore a chiacchierare con le personalità di Fox News e i suoi rivali, in onda e fuori, mettendoli l'uno contro l'altro e costringendo una competizione senza fine per la sua approvazione.
A sua volta, è stato ricompensato con un culto la cui devozione intimidiva qualsiasi repubblicano che potesse pensare di uscire dalla linea tracciata. Il rappresentante Peter Meijer, un repubblicano del Michigan occidentale, ha detto a Reason che alcuni dei suoi colleghi alla Camera si sono rifiutati di certificare il risultato del Collegio Elettorale - ciò nella notte dopo che la prepotenza di Trump ha saccheggiato il Campidoglio - perché "pensavano che quel voto avrebbe messo le loro famiglie in pericolo." Il rappresentante Kevin Brady ora avverte i democratici di non mettere sotto accusa Trump perché così facendo egli infiammerebbe i suoi sostenitori e "potrebbe incitare a ulteriori violenze". Sei giorni dopo la rivolta, Brian Kilmeade sarebbe apparso in Fox & Friends avvertendo il Congresso che offendere i sostenitori più arrabbiati di Trump con un impeachment rischiava uno spargimento di sangue: "Vediamo cosa sta succedendo in questo paese, come 50 sedi istituzionali sono minacciate il giorno dell'inaugurazione, questa è l'ultima cosa che si deve fare".
Tieni a mente questa dinamica quando ricordi l'argomento secondo cui i repubblicani al Congresso avevano davvero il controllo sin dall'inizio. Quando temono di alienarsi i sostenitori di Trump non solo rischieranno le loro carriere, ma forse metteranno in pericolo le loro vite e quelle della loro famiglia, si sentono come se fossero al comando?
Alla fine, Trump non è riuscito a ribaltare la sconfitta elettorale. Ma più rivelatore del suo fallimento è quanto sia arrivato vicino al successo. Se la gara fosse stata solo qualche decimo di punto più vicina, sarebbe potuta cambiare nell'intervallo in cui le sue accuse alle schede in ritardo per corrispondenza - accuse che la Corte Suprema sembrava aperta a sostenere - avrebbero potuto rivelarsi decisive. Le sue pressioni per costringere la Georgia a "trovare" i voti necessari per ribaltare lo stato è naufragata sulla sorprendente volontà di Brad Raffensperger di sacrificare le sue ambizioni politiche per principio. La folla del 6 gennaio di Trump non avrebbe mai occupato e ottenuto il Campidoglio, ma è arrivata in pochi secondi mettendo i fanatici militanti nella stessa stanza dei membri indifesi della leadership del Congresso.
Il pericolo rappresentato dal disprezzo di Trump per i valori democratici era quello delle probabilità. I peggiori risultati possibili non si sono verificati. Anche così, le menti che hanno passato quattro anni a scartare l'ipotesi del pericolo, spesso per giustificare il fatto che stessero dando a Trump ancora più potere, difficilmente ora lo guardano di buon occhio. Abbiamo affidato a un sociopatico istintivo autoritario la carica più potente del mondo. Cosa pensavamo sarebbe successo

Gino Quarelo
Trump è amato da almeno la metà degli americani statunitensi e da tutti gli uomini liberi e di buona volontà della terra che non vedono il lui alcun dittatore o autocrate autoritario, malvagio, disumano e demenziale, anzi tutti costoro vedono il lui un uomo buono e giusto, un uomo di buona volontà, di grandi e saldi principi umani e democratici e un argine al male dilagante del politicamente corretto, del suprematismo internazi comunista, nazi maomettano e nero, antisemita e anticristiano.
Trump resterà in carica fino al 20 di gennaio. Celebra ad Alamo nel Texas, il completamento di 724 chilometri di muro sul confine con il Messico. Parallelamente e indipendentemente un parlamentare texano inizia Texit, il progetto per fare uscire il Texas dall’Unione.

https://rumble.com/vcqg9j-12-1-2021-tex ... mn-78.html



DIAGNOSI
Niram Ferretti
11 gennaio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Finalmente è arrivata anche l'expertise "scientifica", non poteva mancare. Ma c'è poco da fare dell'ironia. Secondo la psichiatra Bandy X. Lee, intervistata su "Scientific Amercan", psichiatra forense alla scuola di medicina di Yale, Trump e i suoi sostenitori sono soggetti da curare.
"Le ragioni sono molteplici e varie, ma nel mio recente libro di servizio pubblico, Profile of a Nation, ho delineato due principali pulsioni emotive: la simbiosi narcisistica e la psicosi condivisa. La simbiosi narcisistica si riferisce alle ferite dello sviluppo che rendono magneticamente attraente la relazione leader-seguace. Il leader, affamato di adulazione per compensare una mancanza interiore di autostima, proietta una grandiosa onnipotenza, mentre i seguaci, resi bisognosi dallo stress sociale o dalle lesioni dello sviluppo, desiderano una figura genitoriale. Quando a tali individui feriti vengono assegnate posizioni di potere, suscitano patologie simili nella popolazione che creano una relazione "serratura e chiave. 'Psicosi condivisa' - che è anche chiamata 'folie à million' quando si verifica a livello nazionale o "illusione indotta" - si riferisce alla contagiosità dei sintomi gravi che va oltre la normale psicologia di gruppo. Quando un individuo altamente sintomatico è posto in una posizione influente, i sintomi della persona possono diffondersi nella popolazione attraverso legami emotivi, aggravando le patologie esistenti e inducendo deliri, paranoia e propensione alla violenza, anche in individui precedentemente sani. Il trattamento è la rimozione dall'esposizione".
Chiaro no? Lo psicotico, in questo caso, Trump che con la sua patologia narcisistica compensatoria, ha indotto una psicosi generale nei suoi elettori tutti, ovviamente, alla ricerca di una figura genitoriale, deve essere rimosso.
Riassumiamo. Trump e i suoi seguaci sono tutti affetti da psicosi. Per il primo è auspicabile la rimozione, e di fatto, Twitter ha già provveduto insieme a Facebook. "Per la guarigione, di solito raccomando tre passaggi: (1) Rimozione dell'agente offensivo (la persona influente con sintomi gravi)...
Possiamo, credo, fermarci al primo passaggio...
A parte il livello diremmo amatoriale della "diagnosi", nulla del genere era venuto alla luce quando venne eletto Barack Obama. I suoi elettori, infatti, erano, evidentemente, tutti adulti e nessuno aveva bisogno della "figura genitoriale".
La Lee è contraria alla linea guida dell'American Psychiatric Association introdotta negli anni Settanta, la quale scoraggia il parere degli psichiatri relativamente a personalità pubbliche che non abbiano esaminato in prima persona.
"Tutte le volte che viene citata la regola Goldwater bisognerebbe riferirsi alla Dichiarazione di Ginevra che autorizza gli psichiatri a predere una posizione nei confronti di governi distruttivi. Questa dichiarazione venne creata in risposta al nazismo".
Il nazismo, ecco...Insomma, perchè non creare una bella commissione psichiatrica che stabilisca se un candidato alla presidenza degli Stati Uniti, sia idoneo a ricoprirla con la Lee come presidente?
Se ci fosse stata già Trump non sarebbe mai passato, Obama sicuramente e anche Joe Biden, non ci sono dubbi.
La Lee, nell'ex Unione Sovietica, avrebbe avuto una carriera folgorante.


Questi del Messaggero sono tra i più demenziali bugiardi che vi siano in giro.
Se la Russia avesse veramente una spia come Trump la terrebbe come il segreto più segreto che vi sia, più di quello di Fatima.
E vi è gente che spende soldi e perde tempo a leggere simili idiozie!


Trump, agente Kgb rivela: «È un nostro uomo da 40 anni, salvato più volte dalla bancarotta»
Flavio Pompetti
30 gennaio 2021

https://www.ilmessaggero.it/mondo/trump ... 33479.html

NEW YORK I servizi segreti russi hanno coltivato relazioni con Donald Trump nell'arco di quarant'anni. Il Kgb aveva puntato sull'ambizioso e vanaglorioso imprenditore fin dagli anni della gioventù, fidando che un giorno il loro investimento avrebbe pagato con gli interessi. Questo è quanto sostiene il giornalista investigativo Craig Unger nel libro American Kompromat, da alcuni giorni nelle librerie degli Stati Uniti. Il volume è il seguito del best seller: House of Bush, House of Saud, and House of Trump, House of Putin, nel quale l'autore ha denunciato i legami con le potenze straniere che avrebbero condizionato le scelte di politica estera dei due presidenti.

Il nuovo libro di Unger è uno scritto a tesi, nel quale i fatti elencati sono inanellati per allinearsi all'ipotesi iniziale. Qualche volta in modo più convincente, altre in una connessione logica più arbitraria. Lo scrittore parte dall'acquisto per un semplice dollaro dell'Hotel Commodore di Manhattan, un palazzo fatiscente gravato da debiti e da costi di manutenzione, che permise a Trump nel 1976 di fare il salto dalla periferia al cuore di New York. L'edificio ristrutturato divenne il moderno Hotel Hyatt, costruito sopra la stazione ferroviaria di Grand Central. Al momento di scegliere i televisori da installare nelle camere, Trump optò per una scelta curiosa: evitò i maggiori negozi di elettronica, e andò a comprare l'intero lotto da Joy Lud Electronics, un anonimo magazzino sulla 23ma strada che aveva all'esterno la scritta: «Si parla russo».

Uno dei proprietari era Semyon Kislin, un ebreo ucraino emigrato quattro anni prima che si era specializzato nella vendita di macchine fotografiche e registratori dei quali era vietata l'esportazione verso la Russia, a beneficio dei funzionari diplomatici che transitavano a New York.


L'ex agente del Kb Yuri Shvets ha raccontato a Unger che Kislin era a sua volta un uomo dei servizi russi e ha insinuato che dietro la strana installazione all'Hyatt di televisori dotati di doppio standard di trasmissione, e quindi capaci di trasmettere immagini di cassette magnetiche riservate al mercato russo, ci fosse stato il primo contatto di quello che con il tempo è divenuto il Kompromat. Di fatto i rapporti tra Trump e gli oligarchi russi è divenuto fiorente negli anni successivi. I possidenti moscoviti, ma anche noti malavitosi e capimafia russi sono divenuti grandi clienti delle operazioni immobiliari del gruppo newyorkese, alcune delle quali sono state finanziate con triangolazioni su banche estere che avevano rapporti con quelle russe.

Shvets, e Unger tramite le sue parole, collega alcuni degli acquisti ad operazioni di riciclaggio di denaro sporco. La stessa fonte riporta poi il giudizio corrente negli anni '90 tra gli agenti dell'intelligence russa negli Usa nei confronti di Trump: «Non c'è niente di complicato in questo ragazzotto avrebbe detto a Shvets una spia russa . E' una persona di basso intelletto e con un ego ipertrofico; due componenti ideali per renderlo un soggetto manipolabile».

La triangolazione

Unger con l'aiuto di Shvets stabilisce poi un'altra triangolazione sospetta: quella che ha legato Trump e l'amico Jeffrey Epstein a fonti russe con le quali l'ambiguo finanziere newyorkese era in contatto. L'amicizia tra i due tycoon si era spezzata nel 2004 quando Epstein aveva chiesto un parere su una proprietà che intendeva comprare a Palm Beach in Florida e Trump l'aveva bruciato con un offerta di 41 milioni per lo stesso contratto, per poi rivendere la villa poco dopo a 125 milioni di dollari. Epstein era offeso e battuto, ma aveva i mezzi per vendicarsi. Lui e la partner Ghislaine Maxwell avevano un voluminoso archivio di filmati e registrazioni degli incontri sessuali che i due avevano propiziato negli anni tra l'harem di ragazze minorenni sotto il loro controllo e personaggi di alta visibilità.

Negli scaffali c'erano anche foto di Trump circondato da ragazze in topless, e una in particolare che mostrava tracce di sperma fresche sui suoi pantaloni, mentre le giovani lo eccitavano. Quelle foto secondo Shvets sono state consegnate da Epstein ad alcuni russi suoi clienti, e hanno trovato la strada del Cremlino. Tutto questo secondo Unger spiega perché i russi abbiano avuto interesse a facilitare l'ascesa di Trump alla Casa Bianca, un fatto confermato dall'inchiesta Muller, anche se, e vale la pena ricordarlo, il procuratore speciale non ha trovato prove di concussione tra il presidente e i servizi moscoviti.




Dichiarazione di Donald J. Trump sulle scuse del Washington Post in merito al rapporto pubblicato mesi fa che aveva accusato Trump di aver fatto pressioni su un funzionario della Georgia affinchè trovasse una frode per vincere le elezioni presidenziali nello stato: "La storia originale era una bufala"
L'Osservatore Repubblicano
17 marzo 2021

https://www.facebook.com/ORepubblicano/ ... 7644235572

La dichiarazione di Trump:
"Il Washington Post ha appena pubblicato una correzione sul contenuto della telefonata erroneamente riportata che ho avuto riguardo alla frode elettorale nel Grande Stato della Georgia. Mentre apprezzo la correzione del Washington Post, che rende immediatamente la caccia alle streghe in Georgia una non-storia, la storia originale era una bufala, fin dall'inizio. Apprezzerei inoltre una forte indagine sulla contea di Fulton, in Georgia, e sulla macchina politica di Stacey Abrams che, credo, cambierebbe totalmente il corso delle elezioni presidenziali in Georgia.
La contea di Fulton non è stata adeguatamente controllata per la verifica dei voti o delle firme. Hanno esaminato solo aree dello Stato dove probabilmente ci sarebbero stati pochi problemi, e anche lì hanno trovato un gran numero di errori. Stiamo cercando di trovare e rivelare la frode elettorale su larga scala che ha avuto luogo in Georgia. Molti residenti sono d'accordo, e la loro rabbia li ha portati a non andare a votare per due senatori repubblicani nelle elezioni di gennaio.
Il decreto di consenso firmato tra Raffensperger e Stacey Abrams non è stato approvato dalla legislatura dello Stato della Georgia, e quindi dovrebbe essere considerato non valido, e il risultato elettorale cambiato. Perché il governatore e Raffensperger avrebbero mai approvato questo decreto di consenso è una delle grandi domande? Attendiamo con ansia una risposta.
Noterete che gli errori, le omissioni, gli sbagli e le vere e proprie bugie dei dell'establishment dei media sono sempre a senso unico: contro di me e contro i repubblicani. Nel frattempo, le storie che danneggiano i Democratici o minano le loro narrazioni sono insabbiate, ignorate, o ritardate fino a quando il danno che potrebbero arrecare sia minimo - per esempio, dopo che le elezioni sono finite. Non guardare oltre la copertura negativa del vaccino che ha preceduto le elezioni e la celebrazione in ritardo del vaccino una volta che le elezioni si sono concluse. Una democrazia forte richiede una stampa giusta e onesta. Quest'ultima farsa mediatica sottolinea che il sistema dei media dovrebbe essere considerato come delle entità politiche, non come imprese giornalistiche. In ogni caso, ringrazio il Washington Post per la correzione."
Le scuse del Washington Post recitano: "Il Post ha citato erroneamente i commenti di Trump sulla chiamata telefonica, sulla base di informazioni fornite da una fonte", e che "Trump non ha detto all'investigatore di 'trovare una frode' o che abbia detto che sarebbe stato 'un eroe nazionale' se lo avesse fatto".
"Invece, Trump ha esortato l'investigatore a controllare le schede elettorali nella contea di Fulton, in Georgia, affermando che avrebbe trovato 'disonestà' lì", ha proseguito la pubblicazione, notando anche: "Lui [Trump] le ha anche detto che aveva 'il lavoro più importante del paese in questo momento'".
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Trump sei ancora la nostra speranza di bene

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2021 7:40 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Trump sei ancora la nostra speranza di bene

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2021 7:41 pm

10) Scontro epocale tra il bene incarnato da Trump e il male da Biden


Se Trump non sarà più presidente degli USA, la vedo brutta!
Questo è un uomo imperfetto ma sempre teso a migliorare, un uomo di buona volontà, onesto e giusto, un vero democratico, tra i migliori presidenti che gli USA abbiano mai avuto. Una benedizione per l'umanità intera.
viewtopic.php?f=102&t=2932
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674



Nel 2016
TRUMP HA VINTO CONTRO TUTTO IL SISTEMA. MA NON VUOL DIRE CAMBIAMENTO

GERARDO COCO
2016

https://www.miglioverde.eu/trump-ha-vin ... mbiamento/

Le ultime elezioni americane passeranno alla storia per due motivi: il feroce attacco sferrato dal potere oligarchico statunitense a un candidato e la vittoria dello stesso candidato senza l’appoggio del suo partito.
Nel passato era indifferente se chi vinceva le elezioni appartenesse al partito repubblicano o democratico perché il potere riusciva a controllare entrambi i candidati.
Ma non era mai accaduto che un outsider minacciasse il sistema con parole incendiarie che rimarranno famose: “L’establishment politico di Washington e chi lo finanzia esiste solo per un motivo: proteggere e arricchire se stesso… La nostra campagna rappresenta una minaccia esistenziale mai vista prima d’ora..Questa non è semplicemente una sfida elettorale, siamo a un crocevia della storia della nostra civiltà dove si determinerà se il popolo riprenderà il controllo sul governo… L’establishment che tenta di fermarci è quello stesso responsabile della disastrosa politica economica ed estera… Questa è la lotta per la sopravvivenza del nostro paese e l’elezione deciderà se diventeremo una nazione libera o illusa di esserlo mentre siamo guidati da interessi specifici e lobbistici”.
Chi sono gli oligarchi? Coloro che a Washington hanno il controllo della politica economica ed estera, i militari, i think tank, i gruppi di pressione, i media, le mega banche troppo grandi per fallire e la Federal Reserve che ha indirettamente finanziato tutti quelli che hanno sostenuto Hillary Clinton, quella che dopo Obama, doveva diventare la nuova garante dello status quo.
Così gli oligarchi, democratici e repubblicani, hanno ordito un piano per scippare le elezioni al candidato sovversivo. Gli oligarchi fanno parte del famoso Un per Cento rappresentato da Hillary Clinton esponente anche di quella ideologia espansionistica che voleva guidare gli Stati Uniti e i suoi vassalli verso il conflitto con la Russia e la Cina a costo di scatenare una terza guerra mondiale.
L’opzione atomica è sul tavolo aveva detto Hillary, chiamando Putin il nuovo Hitler. Meritatasi l’appellativo di “regina della corruzione”, ha all’attivo una lunga lista di scandali, dai fatti di Bengasi, alla destabilizzazione della Libia, dalla violazione dei protocolli di sicurezza nazionale, ai fondi raccolti dalla famigerata Clinton Foundation, destinati ad Haiti ma finiti nelle sue tasche e di quelle del marito e che sono serviti pure a pagare i 3 milioni di dollari del matrimonio della figlia Chelsea. Forse il fatto più grave è aver ricevuto fondi dagli stessi paesi finanziatori dell’Isis, Arabia Saudita e Quatar.
Eppure i manifestanti anti Trump si rammaricano che questo soggetto criminale, accreditato dai mezzi di informazione corrotti, non sia diventata la rappresentante ideale e qualificato di We the People.

Per fortuna ha perso e non solo lei. Hanno perso il suo partito che non ha più il controllo del senato, i mezzi di informazione concentrati in poche mani, immuni, chissà perché, dalla severa legge antitrust e a cui l’oligarchia aveva ordinato di distruggere mediaticamente Trump. Hanno perso le società di sondaggi trasformatisi in insidiosa propaganda finalizzata a indirizzare le masse nella direzione voluta o a scoraggiare gli elettori dal votare. Hanno perso economisti, accademici, intellettuali, opinionisti, insomma tutte le eleganti teste vuote sovietico- harwardiane che ispirano la politica statunitense.
Chi ha vinto, al momento, è stata la classe lavoratrice che ha dato il mandato politico a Trump quasi attraverso un urlo: Per favore liberaci da questi corrotti al potere che continuano a rapinarci. Otto anni prima Obama aveva lo stesso mandato ma ha tradito i suoi elettori diventando l’esponente dello status quo voluto dagli oligarchi.
L’elezione è stata soprattutto un referendum sull’economia e Trump ha capito che quella americana è un disastro. Le élites non l’hanno capito perché, come tutte le élites vivono in un sistema creato da loro e unicamente per loro e tendono a vedere gli eventi che le sconfessano come aberrazioni populiste e non come sintomi del male fatale da esse stesse prodotto. Invece di prendere atto dei problemi reali demonizzano pure le vittime della loro corruzione delegittimandone le proteste per liberarsi della responsabilità di capirle e affrontare. Così è accaduto per la Brexit ed è questo che Trump lo ha afferrato in pieno.
Tuttavia la sua vittoria non significa che gli Stati Uniti siano sulla strada del vero cambiamento. Trump ha avuto la perspicacia di interpretare le paure e le speranze dell’elettorato ma che abbia il coraggio e la forza di fare ciò che ha promesso per fare ritornare grande l’America è tutto da vedere. Le sfide che deve affrontare sono immense e non deve dimenticare che se ha sconfitto Hillary non ha eliminato l’oligarchia che come l’Idra mitologica ha numerose teste e se ne tagli una ne rispuntano due.
Se Trump mantiene le promesse in politica estera, dovremmo aspettarci la fine del conflitto orchestrato da Washington contro la Russia, la rimozione dei missili al confine con la Polonia e la Romania, la fine del conflitto in Ucraina, la fine dei tentativi di rovesciare il governo siriano e la fine dell’ossessivo Assad must go della coppia Obama/Clinton. Ma questo progetto implica uno scontro con il potere militare statunitense a cui la Clinton aveva promesso un budget di un trilione di dollari per mantenere l’impero d’oltremare e ricreare la minaccia russa per rinfocolare la guerra fredda. Trump ha affermato che, dopo 25 anni dal collasso della Russia sovietica, non esistono più i presupposti di una Nato. Il suo smantellamento significherebbe la definitiva cessazione dell’ostilità verso la Russia e un mutamento epocale nella politica con gli stati vassalli europei i quali a loro volta dovrebbero radicalmente cambiare la loro politica estera. Tutto questo sarà possibile?
Per quanto riguarda l’economia le sfide non sono da meno ma in questo campo le sue idee sono molto meno chiare. Mentre potrà facilmente smantellare la famigerata Obamacare che ha messo in ginocchio migliaia di piccole e medie aziende, non si capisce come voglia affrontare il problema del debito pubblico completamente fuori controllo e ridurre le tasse. Perché se Trump vuole mandare ad effetto un gigantesco piano infrastrutturale per rilanciare l’economia da dove proverranno i soldi per attuarlo e per finanziare allo stesso tempo la riduzione delle tasse? L’operazione riuscì a Ronald Reagan negli anni ’80, ma allora gli Stati Uniti erano il più grande creditore mondiale e il debito era il 50% del Pil e si trovavano creditori per finanziare il deficit emettendo bond a lungo termine con il 14% di interesse mentre l’inflazione era del 5%. Ma oggi gli Stati Uniti sono il più grande debitore e il debito è il 105% del Pil. Chi acquista bond a lungo termine con un rendimento del 2% (dieci anni) e del 3% (trent’anni) quando il mercato in questi giorni sta già anticipando, con il crollo dei bond e l’aumento dei tassi, il ritorno dell’inflazione? Com’è possibile, in questo contesto, aumentare in modo massiccio la spesa e ridurre le tasse quando è già problematico pagare l’attuale servizio del debito?
Trump può riuscirci solo facendo un patto col diavolo, cioè richiedendo alla Federal Reserve che aveva dichiarato di voler riformare, di monetizzare il deficit. Ed è quello che secondo noi accadrà perché è impossibile aumentare la spesa e ridurre le tasse senza l’accomodamento della banca centrale. Ma accadrà, anche, che il deficit esploderà provocando il collasso del dollaro e un’inflazione incontrollabile che sfocerà in una crisi valutaria. Si dovrà passare per la latino-americanizzazione degli Stati Uniti che porterà ad una crisi acuta solo dopo la quale l’America potrà rinascere.
Trump avrebbe dovuto dichiarare lo stato di emergenza. Ma non lo ha fatto perché l’elettorato non è mai preparato ai sacrifici necessari al drastico cambiamento o ad accettare il fatto che prima di stare meglio dovrà stare molto peggio. Per tale motivo chi vuol farsi eleggere fa promesse assicurando di avere soluzioni pronte. Ma queste non esistono, specialmente dopo anni di accumulazione di deficit e di bolle finanziare. Comunque meglio un Trump a gestire la crisi che verrà piuttosto che una Clinton che per uscirne non avrebbe scrupoli nello scatenare una terza guerra mondiale.



Gli Usa nel caos, scontro totale tra Trump e le élite

https://www.youtube.com/watch?v=h4ldNvQ ... ture=share


Eduard Topol | By-den, America! O di come i Democratici abbiano trasformato gli Stati Uniti
7.01.2021
Marina Chernova
https://www.facebook.com/marina.chernov ... 7465913439

Sì, i Democratici hanno bloccato gli Stati Uniti e Nancy Pelosi, chiunque Harris non abbia fatto, ha fottuto il Congresso. Quindi Bai-den, America!
Eppure Warren Delano, il nonno del presidente Franklin Delano Roosevelt, ha detto: "Non insisto sul fatto che tutti i democratici siano ladri di cavalli, ma, a quanto pare, tutti i ladri di cavalli sono democratici". E poi, 110 anni fa, “uno di loro, L. Pan, nella contea di Chatham, durante le elezioni, inserì i nomi dei morti nelle liste elettorali. Quando l'inganno è stato rivelato, ha spiegato che non ci vedeva niente di male: sapeva come avrebbero votato se fossero stati vivi ".
Puoi leggerlo in qualsiasi biografia del presidente Roosevelt, incluso un bel dettaglio: l'11 ottobre 1910, quando il giovane Franklin D. Roosevelt passò da repubblicani a democratici, il quotidiano Pugkeepsie Eagle osservò: "I democratici hanno fatto una nuova e preziosa scoperta - hanno scoperto Franklin D. Roosevelt ... Si ritiene che il suo contributo alla campagna elettorale superi significativamente la cifra a quattro cifre ... "Infatti, F. Roosevelt ha donato $ 2.500 al fondo elettorale del Partito Democratico e quindi si è comprato il diritto di candidarsi a Senatore nella Legislatura dello Stato di New York.
Non sapremo quasi mai quanto sia costata la vittoria del suo attuale successore alla guida del Partito Democratico, ma credo che questa cifra sia già più di una cifra a dieci cifre. Tuttavia, quando sono in gioco tutti gli Stati Uniti con il loro colossale reddito nazionale e il loro potere, chi conta ?!
Oggi i Democratici hanno battuto Trump a titolo definitivo - ammettilo, mi sono detto. Ma come è potuto succedere ?!
Ho guardato le fotografie dei "Trumpisti" che hanno fatto irruzione nel palazzo del Congresso e sono rimasto sbalordito: questi mummers con le bandiere rosse sono i redneck americani e i "Proud Boys"? Tutti i media americani - di quelli che mi sono imbattuto in fretta - mi hanno assicurato: sì, ecco la tua profonda America, su cui tu (e Trump) avete fatto una grande scommessa.
E solo Vladimir Ovchinsky, maggiore generale del Ministero degli affari interni della Federazione Russa, dottore in giurisprudenza ed ex capo dell'Interpol russo, nel suo articolo di oggi "Trap for Trump" mi ha aperto ancora una volta gli occhi. Mi affretto a rivelarvi:
“Trump ha riposto le sue speranze il 6 gennaio. Sperava di interrompere in modo legittimo il processo di certificazione delle elezioni. Per fare questo, ha ottenuto il sostegno dei suoi colleghi repubblicani al Congresso ... Trump ha deciso che la decisione di ricontare i voti sarebbe stata più probabile se fosse stata sostenuta dalla pressione di protesta dei suoi sostenitori. Per fare ciò, li ha esortati a venire a Washington da diversi stati ed esprimere indignazione per la frode elettorale. L'appello di Trump è stato ascoltato. Decine di migliaia di Trumpisti hanno riempito le strade di Washington e si sono diretti verso il Campidoglio. E qui iniziano a succedere cose strane.
I loro avversari di Antifa e BLM non sono in strada. Ma attenzione! Questi oppositori, noti per i disordini estivi, vengono notati da giornalisti e polizia tra le fila dei "sostenitori" di Trump!
Poi inizia la fantasmagoria: l'assalto dei "sostenitori" dell'attuale presidente del Campidoglio! La polizia, che il presidente ha costantemente sostenuto per tutta l'estate e l'autunno del 2020 nella lotta contro gli estremisti di Obama e Biden, deve combattere i "trumpisti"!
Poi una svolta nel Campidoglio, un'urgente evacuazione dei legislatori, fatti di vandalismo sotto il video, sparatorie, feriti e persino una donna assassinata. Si ritiene che siano localizzati ordigni esplosivi disattivati. Tutto è secondo lo scenario delle rivoluzioni "colorate", elaborate in tutto il mondo sotto i presidenti Clinton e Obama!
E questi stessi ex presidenti accusano immediatamente quello attuale - Trump di "attaccare la democrazia", "il risultato di elezioni libere ed eque"! E i governatori e i membri del Congresso - Democratici vanno oltre e chiedono che Trump sia immediatamente rimosso dal potere, immediatamente accusato di terrorismo e messo in prigione.
I membri del partito di Trump, spavenrati, incluso il suo vicepresidente Pence, borbottano parole che "la violenza non vince mai". Altri repubblicani incolpano direttamente non i veri organizzatori della provocazione, ma il proprio presidente.
Con un'unica grande provocazione abilmente organizzata, Obama e Biden hanno annullato tutti i tentativi di Trump di raggiungere la verità, rimanere il presidente legalmente eletto e ... in generale, rimanere in politica!
È vero, se non sei un maestro delle provocazioni politiche, allora non hai niente da fare né nella politica americana né in quella mondiale! "
Sì, chiamami plagio: ho quasi interamente citato l'articolo di V. Ovchinsky - la mia mano non si alzata per accorciarlo nemmeno di un paragrafo . Ma ora è tutto chiaro e semplice: l'unico combattente per l'ex America e la vera democrazia era Donald Trump, che voleva rimanere presidente in modo legittimo. E i cosiddetti democratici, gli eredi genetici dei ladri di cavalli, Biden, Obama e soci si sono rivelati provocatori migliori del padre di Gapon e dei banditi Lenin, Trotsky e Stalin. Dopotutto, introdurre i loro antifa nella colonna trumpista, dotarli di bandiere rosse con il nome di Trump e promuoverli in prima fila per l'assalto al Congresso è una nuova parola nelle battaglie politiche dopo il cavallo di Troia, anche il mio brillante connazionale Garry Kasparov deve togliersi il cappello!
Oggi, noi e Donald Trump dobbiamo morderci i gomiti e altre parti , ricordando il consiglio vecchio di un mese del generale Michael Flynn di dichiarare la legge marziale, di arrestare tutti i falsificatori del voto, compreso l'ex presidente, e processarli in tribunale . Oh, come avrebbe gridato la stampa, ma i vincitori non vengono giudicati, vero?
Ma ora i vincitori giudicheranno coloro che non li hanno messi sotto processo in tempo. E poi me e voi.



Se la "Cancel Culture" sta cancellando l'America Michele Marsonet
7 gennaio 2021

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... -lamerica/

Ormai non passa giorno senza leggere notizie che stravolgono le idee correnti sull’America e sulla sua cultura. In altre parole, il politically correct, la gender theory e la cancel culture stanno cambiando radicalmente il Paese e la sua immagine internazionale, tanto da indurci a chiedere se davvero gli Stati Uniti riusciranno a conservare in futuro il ruolo di nazione-guida dell’Occidente.

Ammesso, ovviamente, che l’Occidente liberaldemocratico tuttora esista, e che gli americani – o, almeno, la loro maggioranza – siano ancora interessati a conservare quel ruolo. Domande tutt’altro che peregrine, e alle quali non è per nulla facile rispondere.

Tre notizie recentissime confermano che la crisi culturale e ideologica che ha colpito al cuore gli Stati Uniti minaccia di essere epocale, e non transitoria. Parlo di crisi culturale e ideologica perché essa è nata, cresciuta e maturata in primo luogo nel mondo scolastico e universitario.

È stata innescata dalla presenza sempre più massiccia di insegnanti delle scuole superiori e delle università che hanno diffuso tra gli studenti modelli culturali e letture della storia alternativi, svilendo il sistema valoriale americano e occidentale per esaltarne altri.

Veniamo dunque alle notizie di cui sopra. In una High School del Massachusetts gli insegnanti, adottando lo slogan “Disrupt Texts”, sono riusciti a far passare l’idea che Omero fosse un bieco razzista e sessista, ragion per cui Iliade e Odissea sono state “purgate” ed eliminate dai programmi, pare con il consenso di moltissimi studenti.

Stessa sorte toccherà ad autori più vicini temporalmente come Nathaniel Hawthorne e Francis Scott Fitzgerald, ma in questo caso l’impressione è un po’ minore. Grande sconcerto desta invece il fatto che alla Brown University, nel Rode Island, gli studenti chiedano di abbattere le statue degli imperatori romani Augusto e Marco Aurelio poiché sarebbero “suprematisti bianchi”, mentre al New York Times alcuni redattori propongono di cancellare ogni riferimento ad Aristotele poiché “giustificava lo schiavismo”.

La seconda notizia è, se possibile, ancor più gustosa. Emanuel Cleaver, un deputato democratico del Missouri, nonché pastore protestante e importante esponente della comunità afroamericana, ha concluso il suo discorso inaugurale del nuovo Parlamento del suo Stato con la frase “Amen and Awoman”. Omaggio evidente alla parità di genere.

Tuttavia Cleaver è uomo di Chiesa e avendo 76 anni (è nato nel 1944) dovrebbe pur sapere che la parola amen è ebraica, e ha vari significati, tra i quali i più importanti sono “in verità” e “così sia”. Insomma nulla a che fare con sesso e genere e, soprattutto, niente a che fare con la lingua inglese. Si è quindi scatenata, giustamente, una bufera. Il buon Cleaver conosce, da pastore evangelico, l’etimologia di amen? Parecchi ne dubitano, ma ciò getta un’ombra sinistra sulla qualità dei politici Usa che amano definirsi “progressisti”.

Terza e ultima notizia. Dopo mesi di proteste e petizioni della locale comunità afroamericana, il sindaco democratico di Boston ha infine accolto la richiesta di rimuovere dalla metropoli del New England la statua di Abraham Lincoln. Sembra che per ora non sia stata abbattuta, ma solo trasferita nel vicino District of Columbia, in attesa di conoscere la sua sorte.

Strano destino per il presidente che dichiarò guerra alla Confederazione Sudista e la vinse ponendo così termine alla vergogna dello schiavismo. Odiato per questo dai razzisti bianchi, uno dei quali lo assassinò. Ebbene, gli autori della richiesta leggono la storia in modo alternativo, giacché per loro anche Lincoln era uno sporco razzista, che in effetti agì solo per opportunismo.

In realtà mise in gioco, rischiando molto, l’unità della nazione scatenando una guerra civile lunga e sanguinosa pur di porre termine alla schiavitù. Tuttavia i fautori della cancel culture, tra cui si collocano fior di accademici, non esitano a insistere e senza dubbio in breve tempo Lincoln finirà tra gli obiettivi degli abbattitori di statue, al pari dei generali che servirono la Confederazione Sudista.

Si rammenti, infine, che la pervasività del politically correct ha toccato persino i cartoni animati più classici della Disney, da Peter Pan a Lilli e il Vagabondo, da Gli aristogatti a Il libro della giungla. Difficile ormai vederli in tv perché la Disney si è adeguata alle regole della correttezza politica facendoli precedere da note informative. Vi si spiega, per esempio, che gli indiani di Peter Pan forniscono una rappresentazione derisoria dei nativi americani, mentre ne Il libro della giungla la scimmia King Louie canta in stile “dixieland” e sarebbe pertanto un’altra rappresentazione razzista e caricaturale degli afroamericani, aggravata pure dalla pigrizia del personaggio animato.

Che dire, è davvero difficile tornare indietro quando si tocca un livello così basso. Cos’altro dovremmo attenderci? Forse che qualche fanatico della cancel culture imiti quanto fecero i talebani distruggendo le statue di Buddha in Afghanistan. Qualcuno potrebbe raggiungere il Monte Rushmore e distruggere con la dinamite i volti di George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt e dello stesso Abraham Lincoln. Nessuno di essi, a ben guardare, si salverebbe dalla mannaia del politically correct.




Di padri della patria americana ce ne sono svariati ma alla fine se ne possono individuare due in particolare: Benjamin Franklin e Thomas Jefferson, che in realtà erano due tipi molto diversi tra loro.
Dario Berardi
7 gennaio 2021

https://www.facebook.com/dario.berardi. ... 7920320054

Di padri della patria americana ce ne sono svariati ma alla fine se ne possono individuare due in particolare: Benjamin Franklin e Thomas Jefferson, che in realtà erano due tipi molto diversi tra loro.
Il primo di cultura illuminista inglese, istrionico, un po cazzone, aveva come amore della sua vita la birra e sempre pronto allo scherzo. Jefferson invece era taciturno, profondamente idealista, sempre col fucile in mano, di cultura liberale classica ma contemporaneamente popolare, nato e legato allo stato principe del Sud degli Usa, la Virginia, la sua Country Mama.
Jefferson nella sua lunga carriera politica so sporcò le mani più di una volta : abolì i padroni della terra nel suo stato di appartenenza, teorizzò il concetto di libertà politica come "la difesa della minoranza rispetto alla tirannia della maggioranza", incoraggiò le donne e gli amerindi a coltivare e fare impresa vendendo nel libero mercato il frutto dei suoi raccolti.
Fu alla fine un liberale classico di estrema sinistra, un anarchico ante litteram quindi, sempre al servizio del suo popolo, quello della Virginia, che ha amato senza compromessi perché il suo legame con quella terra era indissolubile.
Jefferson inoltre fu il teorizzatore del confederalismo americano, perché da uomo del Sud sapeva bene che il governo federale di Washington era una minaccia per tutti gli stati americani e non voleva assolutamente che il governo federale divenisse padrone degli Stati costituenti della federazione.
Per questo enunciò la famosa massima: "l'albero della libertà deve venire annaffiato periodicamente dal sangue dei patrioti e da quello dei tiranni, perché soprattutto quest ultimo ne è il concime naturale".
Un concetto forte, elaborato da un uomo che conosceva solo pensieri forti.
La lotta contro il governo federale di Washington è da sempre una prerogativa degli stati americani, addirittura in Texas vi è un movimento indipendentista forte che mira alla secessione.
In questo senso chi vede gli scontri di ieri solo come una questione Biden contro Trump sbaglia, perché quello di ieri è in primis il popolo che non vuole ingerenze da Washington anche perché sa che il distretto federale è una entità a sé stante. Questo fatto è dimostrato dall'esito delle elezioni che nel centro della Capitale, chiamato Columbia, ha visto un risultato molto chiaro e che dovrebbe far riflettere in molti : 95% Biden, 3% Trump, 2% altri candidati.
Ieri si è schierata in primis l'America stanca di vedere sempre le stesse trasmissioni, con al tavolo radical chic pronti a pontificare sull'inferiorita degli stati meno ricchi ( 14 su 15 hanno votato Trump), sull'ignoranza dei contadini e sull'incivilta dell'America profonda, quella vera, quella popolare, quella repubblicana ed ha assediato l'america dei ricconi, dei sacerdoti del bene assoluto, dei banchieri e dei pistolotti su quanto è bello vivere in un attico e sputare dall alto sulle persone comuni.
Non so come andrà in futuro ma sono sicuro che i veri Stati Uniti saranno sempre quelli di Jefferson, del contadino della Virginia ed anche perché no di chi va in giro in pelliccia mentre fuma Marlboro rosso e si beve il Jack mentre gioca a fare centro coi tappi di bottiglia appena finita.
L' albero ieri è stato annaffiato, in primis con la morte di una donna disarmata,a cui un poliziotto ha sparato a sangue freddo sulla gola per difendere quel 95%.
Un albero che, volenti o nolenti, non finirà mai di crescere.


Risultati votazioni presidenziali a Washington DC 2021
https://www.google.com/search?q=risulta ... AHoECAEQAA

Joe Biden Democratic Party 93% 317.323
Donald Trump Republican Party 5,4% 18.586
Jo Jorgensen Libertarian Party 0,6% 2.036
Howie Hawkins Green Party 0,5% 1.726

2016 e 2012
https://www.repubblica.it/static/specia ... ti/DC.html
2016
Hillary Clinton 92,8% (260.223)
Donald Trump 4,1% (11.553)
Altri 3,0% (8.496)

2012
Obama 91,4%
Romney 7,1%
Altri 1,5%



Grazie Trump
di Stefano Magni

Alla fine dei quattro anni di Trump, compresi i fuochi d'artificio finali (che a me sono pure piaciuti), che dire? Quale bilancio trarre? Sempre ricordando che sono un osservatore straniero, non un elettore o un politico direttamente interessato, posso dire apertamente che Trump è stato un ottimo presidente, meglio delle mie migliori aspettative. Per questi motivi:
1. ha tagliato le tasse e deregolamentato, dando il via al più grande periodo di crescita economica dai tempi di Reagan
2. ha riconosciuto finalmente la realtà del Medio Oriente e ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele
3. ha mediato con successo accordi di pace nel Medio Oriente, che ora coinvolgono Israele, Emirati, Bahrein, Sudan, Marocco, dimostrando che era possibile "l'impossibile"
4. ha mediato con successo il primo accordo di pace fra Kosovo e Serbia
5. ha riconosciuto l'inutilità e il danno di un'agenzia come l'Unesco
6. ha ritirato i fondi da un'altra agenzia inutile, dannosa e pure pericolosa quale è l'Oms
7. ha ritirato gli Usa dagli accordi di Parigi, il peggior veicolo della decrescita
8. in compenso negli Usa le emissioni di CO2 sono calate ed è stata raggiunta l'indipendenza energetica, un sogno fino agli anni di Obama
9. ha sostenuto politicamente i veri alleati europei degli Usa, cioè il Regno Unito e la Polonia
10. è stato praticamente l'unico (assieme a Johnson) a difendere Hong Kong dalle mire di Pechino
11. è stato anche praticamente l'unico a difendere i democratici in Venezuela dalla repressione di Maduro
12. ha perorato la causa della libertà di religione nel mondo, più dei suoi predecessori (sicuramente più di Obama)
13. ha fatto sua la battaglia per la difesa del diritto alla vita del nascituro, contro l'aborto, battendosi più di tutti i suoi predecessori
14. ha fatto quanto era in suo potere per difendere le libertà civili ed economiche anche in tempo di pandemia
15. ha sfidato apertamente tutti i cliché del politically correct (compresa la difesa di statue e monumenti del passato americano) che attualmente sono la sfida più insidiosa alla libertà di espressione.
Per almeno questi 15 buoni motivi (e me ne verranno in mente altri in seguito) io sono convinto che Trump sia stato un ottimo presidente. Voglio precisare che non ho mai cambiato idea. Le battaglie di Trump che ora ho approvato sono le stesse cause che peroravo, nel mio piccolo, anche 20 anni fa e che speravo veder realizzate da George W. Bush. L'unica cosa che mi lascia personalmente perplesso e che considero un problema esistenziale negli ultimi 4 anni è l'aver assistito all'insorgere di un anti-trumpismo fazioso, viscerale e a tratti patologico in tanti miei amici, compagni di strada e punti di riferimento intellettuali (Giuliano Ferrara, per dirne uno). Avrebbero dovuto essere i primi a gioire per le politiche di questa amministrazione, mentre hanno passato quattro anni a vomitare bile e insulti, contro le loro stesse idee a questo punto.
Comunque: grazie per questi quattro anni. Il futuro, temo, sarà duro.



Gli americani rimpiangeranno per molto tempo monsieur Trump
Corinne CHARBY
Dei 4 anni di presidenza di Donald Trump, oltre 4 milioni di americani sono usciti dalla soglia di povertà trovando un lavoro. Quelli che ne hanno beneficiato di più sono i latini e i Blacks.
In 2 anni Donald Trump è stato nominato tre volte per il premio Nobel per la pace, non ha fatto nessuna guerra!
Nei suoi 4 anni della sua presidenza:
Rinuncia al suo stipendio da presidente (400 $ annuali) e dona all'America l'intero stipendio
Ha riformato la fiscalità e ha abbassato in massa le tasse di imprese e privati
Ha ottenuto il tasso di disoccupazione di minoranze, neri, latini, disabili, ex combattenti e donne più basso di tutta la storia degli USA.
Ha ridotto la disoccupazione grazie al numero di assunzioni nei settori dei servizi alle imprese, della sanità e dell'assistenza sociale...
Ha moltiplicato l'importo delle pensioni per due o tre con i record storici della Borsa.
Ha soppresso gli aiuti all'Autorità palestinese finché non rinuncia al salario a vita ai terroristi e alle loro famiglie.
Ha rilanciato progetti di costruzione di due oleodotti, Keystone XL (dal Canada agli USA), bloccati da Barack Obama per motivi ambientali,
Ha sostituito il NAFTA che favorisce le imprese straniere a scapito dei costruttori americani con USMCA.
Trasferita l'ambasciata USA a Gerusalemme.
Ha cacciato lo stato islamico dal suo stato ed eliminato i due principali terroristi al mondo tra cui Abou Bakr al-Baghdadi
Ha tassato gli Stati approfittatori della NATO che non pagavano la loro tassa obbligatoria
Ha abbandonato il terribile accordo nucleare con l'Iran
Ha autorizzato i gasdotti Keystone e Dakota
Realizzato l'accordo di normalizzazione economica tra Serbia e Kosovo.
Ha permesso all'America di diventare il primo produttore di petrolio al mondo, ed esportatore per la prima volta nella sua storia.
Prende misure nel 2018 per estendere notevolmente la trivellazione in mare nelle acque americane.
Messo al frantoio delle montagne di regolamentazioni federali che brillavano le imprese
Lancia una rinegoziazione dell'Accordo di libero scambio nordamericano. Il nuovo accordo, entrato in vigore il 1° ottobre 2018, contiene in particolare disposizioni per la protezione dell'industria automobilistica americana
Terminata la guerra al carbone, il carbone è ′′ Re ′′ negli USA
Ha finanziato le pattuglie di frontiera
Finanziato parchi nazionali
Ha finanziato i Black College
Ha sbloccato 100 milioni di dollari per l'alloggio a basso reddito
Sbloccato 100 milioni di euro per Flint, Michigan
mposto tariffe doganali bilanciate alla Cina comunista. sta istituendo per quattro anni tasse doganali sulle lavatrici, sui pannelli solari, tra cui la Cina è una grande esportatrice!
Nel 2017 ha attirato il ritiro degli USA dall'accordo di partenariato transpacifico, che definisce trattato per avvantaggiare la Cina.
Ha messo fine alla stupida politica sull'immigrazione ′′ Cattura e Liberazione "!
Distrugge l'obbligo prepotente di sottoscrivere Obamacare
Ha annullato il suicidio partenariato transpacifico! (TPP)
Ingaggiato discussioni con i nemici nucleari senza preesistenti condizioni
Ha ristabilito il Consiglio Nazionale Spaziale e creato la forza spaziale.
Ha fatto il più grande progresso per la pace in Medio Oriente con l'accordo di Abramo.
Ha raddoppiato i finanziamenti per la lotta contro gli incendi boschivi
Riformata la legge che penalizza le minoranze nel mantenimento in carcere per legge per una ′′ seconda possibilità "!
Ha nominato 53 giudici nei 13 corsi di circuito USA
Installati 205 giudici presso la Corte Federale
Ottenuto 2 (presto 3) giudici della Corte Suprema
Ha scatenato una caccia a MS-13, la peggiore gang degli USA.
Ha fatto riconoscere i media come l'industria della menzogna e delle Fake News!
Ha affrontato le finanze della mafia farmaceutica internazionale che rovina i popoli e avvelena le popolazioni
Ha imposto massicci riduzioni dei prezzi dei farmaci su prescrizione medica.
Non ha usato il Covid-19 come scusa per approfittare dei cittadini USA.
Ha dato 100.000 dollari per finanziare una cura Covid
Ha combattuto per salvare i bambini da un immenso traffico internazionale di esseri umani che portava miliardi di dollari allo stato profondo. Donald Trump ha condotto apertamente questa lotta contro questi traffici dalla sua elezione nel 2016 ed è per questo che è così descritto dai media al saldo dello stato profondo. Dappertutto, gli articoli escono su pedofili e vendite di bambini su internet, e la gente comincia a scoprire gli orrori. Per 4 anni l'amministrazione Trump ha proceduto alla stesura di decine di migliaia di fascicoli giudiziari sigillati! L ' arresto di Epstein e Guilaine Maxwell hanno aiutato molto a smontare le reti!
La lista è lunga...
Comunque i media, i democratici, gli anti Trump, Donald Trump è stato un buon presidente che ha mantenuto le sue promesse ai suoi elettori. Grazie Signor Trump e tutti coloro che lottano con questi fratelli soprattutto per i nostri bambini. Grazie. Che Dio ti protegga.




Il mondo occidentale che verrà con Sleepy Joe Biden assomiglierà alla California
Ecco la California dei democratici, dei progressisti, dei liberal, di Silicon Valley, dei social media censori, delle Big Tech, dei pro Cina e pro invasione, degli antitrumpiani e sostenitori di Biden, lo stato di Kamala Harris e di Arnold Schwarzenegger il falso repubblicano antiTrump, e della Hollywood politicamente corretta che si inginocchia per la morte del delinquente abituale George Floyd e che giustifica le violenze crimonali dei BLM e degli antifa internazi comunisti e nazi maomettani.

Tucker Carlson: La lenta e dolorosa morte della California
Le politiche che hanno distrutto lo stato più grande ed economicamente importante d’America.
12 gennaio 2021
https://osservatorerepubblicano.com/202 ... alifornia/

Questo articolo è adattato dal monologo di apertura di Tucker Carlson nell’edizione del 23 dicembre 2020 di “Tucker Carlson Tonight”.

Avrete notato come spesso prendiamo in giro la California in “Tucker Carlson Tonight“, ma non stiamo davvero scherzando.

La California è importante, e non solo perché è il nostro Stato più grande. Quello che succede lì è, fino ad un certo punto, quasi certo che accadrà dove vivi. Trovate una sola tendenza nazionale che non sia iniziata in California. Potrebbero essercene alcune, ma di sicuro non ce ne sono molte. Se volete conoscere il futuro, o se volete prevenirlo, guardate ad ovest.

Con questo in mente, ecco la conclusione: la California sta cadendo a pezzi. Nel corso degli ultimi decenni, la California è passata da essere uno dei luoghi più ricchi del mondo allo Stato più povero del nostro paese. Più di un terzo della sua popolazione si aggira intorno alla soglia di povertà. Anche prima del COVID, più di quattro milioni di californiani collezionavano buoni pasto. Più di 150 mila persone in California sono senzatetto. Vivono per strada, nei parchi, sotto i cavalcavia, nelle tende sui marciapiedi.

Questa è una tragedia umana causata dall’egoismo e dalla stupidità dei cattivi leader e dalle loro cattive politiche. Se questi leader fossero giudicati dalle loro performance, nessun politico di una grande città nello stato della California avrebbe un lavoro. Loro lo sanno, quindi stanno lavorando duramente per assicurarsi di non essere giudicati secondo degli standard razionali. Invece, infiammano le ferite razziali per cercare di mantenere la popolazione distratta e divisa, per tenere lontana l’attenzione da loro e dai loro fallimenti.

Ecco il vergognosamente incompetente Sindaco di Los Angeles, Eric Garcetti, a giugno:

GARCETTI: “Quando ho parlato di assassini, e ho detto che il nostro fardello collettivo qui, in questa società, è che lasciamo morire uomini e donne di colore… ho indicato me stesso. Abbiamo collettivamente una scelta se saremo quelli che guariscono o se continueremo ad essere gli assassini”.

Si scopre che ci sono assassini nella città di Garcetti, ma non sono collettivi. Sono individui, sono criminali e ce ne sono molti.

Sotto Eric Garcetti, il crimine a Los Angeles è salito alle stelle e molte persone innocenti sono morte a causa di questo. Ma non li piange. Non sta tenendo discorsi in loro memoria né si scusa per le politiche che ha sostenuto che hanno portato alla loro morte. Nemmeno il nuovo procuratore capo della città, George Gascón. Ha annunciato che utilizzerà il pretesto del COVID per rilasciare ancora più criminali nella città di Los Angeles.

“Il piano che abbiamo è che stiamo lavorando per liberare rapidamente quante più persone possibile, in particolare quelle che hanno dimostrato di essere ad alto rischio, persone vulnerabili ed ovviamente le persone che non rappresentano una minaccia per la società”, Gascón ha detto a MSNBC la scorsa settimana. “Quindi proveremo a rimuovere quante più persone da quella prigione… La giustizia riguarda davvero la salute pubblica e la sicurezza della nostra comunità”.

Capito? La giustizia non è punire i colpevoli, tenere il pericoloso lontano dai tuoi figli o far rispettare le leggi. No, la giustizia sta assicurando che i criminali ottengano servizi governativi essenziali prima di te o dei tuoi genitori.

Questo atteggiamento distilla poi questa politica emergente della California, una politica di cui dovreste avere molta paura, perché quando arriveranno nella tua città, ti rovineranno la vita. Se dovessimo metterlo in una frase, sarebbe questa: chi contribuisce di meno otterrà il massimo. Ma non osare lamentarti. Taci e odia te stesso in silenzio, questo è un ordine.

Nel frattempo, i leader eletti della California si dividono il bottino. Questo è il loro lavoro, prendere ciò che gli altri hanno costruito e darlo a se stessi e ai loro sostenitori. Come è ora consuetudine nella politica ufficiale dello Stato, lo fanno nel modo più controverso e immorale possibile: il colore delle pelle.

Guardate alla controversia sulla scelta del governatore Gavin Newsom per sostituire Kamala Harris al Senato degli Stati Uniti. Ecco la rappresentante Maxine Waters, della California, che spiega che tipo di persona dovrebbe scegliere Newsom…

WATERS, 12 DIC.: “[Newsom] Ha una decisione che deve prendere, e penso che sarà una donna nera. Penso che lo capisca. Sai, quando Kamala Harris lascia il Senato, quella era solo una donna nera che stava servendo per il suo mandato. E certamente sarebbe, sai, un po’, sai, ingiusto non avere almeno un’altra donna nera che la sostituisca”.

Questo è davvero il punto più alto della stupidità nella storia di questo paese. A chi importa di che colore o sesso sono i tuoi senatori? Vuoi un buon governo. Vuoi dei responsabili che siano saggi e competenti. Ma non è quello che ottieni, perché quelli non sono i criteri. Alla fine, Newsom ha nominato il Segretario di Stato della California Alex Padilla in sostituzione della Harris. Quando lo ha fatto, nessuno si è messo a discutere se Padilla potesse essere un buon Senatore, se potesse migliorare le scuole o abbassare il costo degli alloggi o riportare i posti di lavoro. Invece, hanno discusso della sua razza.

Ecco London Breed, sindaca di San Francisco, una buffona assoluta, molto famosa per aver sfidato le sue stesse restrizioni per cenare al The French Laundry di Napa, spiegare che Padilla è una cattiva scelta perché è del colore sbagliato.

BREED: “Quando si pensa alla storia di questo paese ed alle sfide che esistono per gli afro-americani, in particolare le donne afro-americane al Senato, sicuramente questo è un vero colpo per la comunità afro-americana, per le donne afro-americane, per donne in generale. È stata sicuramente una sorpresa ed è una situazione sfortunata perché stiamo cercando di far progredire questo paese e assicurandoci che la vita dei neri sia davvero importante”.

Prima di tutto, il risultati di Breed come sindaca sono così terribili che si è squalificata da qualsiasi commento sul governo per il resto della sua vita. Secondo, pensare in questo modo è veleno, e chiunque lasci passare commenti come questo senza alzarsi in piedi e dire: “Aspetta un secondo, il colore ed il sesso sono irrilevanti per il buon governo e non sopporteremo più questa spazzatura” è complice della distruzione di questo paese.

Ancora una volta, la California è un luogo abitato da 40 milioni di persone. È il nostro Stato più bello ed economicamente più importante. La rete elettrica non funziona. La tensione va e viene come in un paese del Terzo Mondo. Le foreste dello stato sono così mal gestite che continuano a prendere fuoco e a bruciare in modo incontrollabile. Questo non è il cambiamento climatico, è una cattiva gestione. Le donne non possono fare jogging nei parchi pubblici per paura di essere aggredite dai senzatetto malati di mente. Per avere il privilegio di tutto questo, i residenti della California pagano le tasse più alte ed onerose del paese.

Nessuno al potere sta prestando attenzione perché stanno discutendo sul colore della pelle del nuovo Senatore. Allora cosa sta succedendo? Conoscete la risposta: le persone che possono andarsene lo stanno facendo.

Le più grandi esportazioni della California erano costituite da prodotti aerospaziali avanzati. Quello, e i film di Hollywood, erano l’economia della California meridionale. Oggi, la principale esportazione dello Stato è la popolazione. Più del 40% dei residenti della Bay Area (la baia di San Francisco, n.d.r.) dice ai sondaggisti che vogliono andarsene, e questo è anche uno dei posti più felici nello Stato. Non c’è da meravigliarsi che il prezzo medio dell’affitto di un appartamento con una camera da letto a San Francisco sia diminuito del 20% nell’ultimo anno. Perché? Perché nessuno vuole vivere lì.

Le stime più recenti mostrano che la California ha perso più di 135 mila persone nell’ultimo anno. Tra queste persone, a proposito, c’è Kamala Harris. Adesso è a Washington e sta portando la governance in stile californiano a tutti quanti noi. Dovreste prestare attenzione a questo.



GOVERNO BIDEN/ Luttwak: è un esecutivo di centrodestra, trumpiano senza Trump
https://www.ilsussidiario.net/intervist ... d-luttwak/
12 gennaio 2021

https://www.ilsussidiario.net/news/gove ... p/2097361/

“In tanti in America, ma anche in Europa, pensavano che con la vittoria del Partito democratico il paese si sarebbe risvegliato socialista. Ma non è così, lo vediamo dal governo che Biden sta formando: è un governo come quello di Trump, ma senza Trump”. Ficcante e preciso come sempre, il saggista ed economista americano Edward Luttwak precisa: “Quello di Biden è un governo di centrodestra”. Non si può dargli torto, visto che l’esponente più agguerrita della sinistra democratica, la senatrice Elizabeth Warren, che aveva mire personali sul Tesoro, è stata bellamente fatta fuori a favore di Janet Yellen, ex presidente della Federal Reserve, che anche se è la prima donna a ricoprire tale incarico, non è certo di sinistra. Il malumore nella sinistra democratica è evidente, a giudicare dalle parole di Alexandra Ocasio-Cortez, che sembrava un astro nascente del partito, che rivolgendosi al nuovo presidente ha addirittura commentato: “Dovete smetterla di considerarci dei nemici (noi della sinistra, ndr) ”.

Biden sta presentando la sua squadra di governo, che giudizio si sta facendo al proposito?

Scegliendo Biden, gli americani hanno scelto la figura più conservatrice, più moderata del Partito democratico. Biden sta scegliendo le persone più conservatrici, anche loro tra quelle che volevano queste posizioni all’interno della nuova amministrazione. C’erano altri candidati, ma lui ha scelto quelle meno estremiste. Ad esempio, Janet Yellen al Tesoro: è molto lontana dalle proposte estremiste che circolavano durante la campagna elettorale e che furono prese sul serio da molti anche all’estero. Si pensava che gli Stati Uniti si sarebbero svegliati socialisti, ma non è stato così.

Quali pensa possano essere le maggiori differenze con lo staff dell’amministrazione Trump?

Ci saranno pochissime differenze, ad esempio a livello internazionale. L’unica grande novità in politica estera che Trump aveva portato è stato il conflitto con la Cina, che Biden si guarderà bene dal ridurre.

Questo si sapeva, l’unica politica in cui democratici e repubblicani sono sempre stati d’accordo è il rapporto con la Cina. Ma per il resto?

Ben poco. Si è fatto molto rumore, molte parole, ma il risultato è un governo di centrodestra.

La sinistra democratica come prenderà queste scelte? La senatrice Elizabeth Warren ambiva in modo palese al Tesoro ed era un po’ la paladina della sinistra democratica, ma è stata fatta fuori. Che significa?

Non ha importanza come la prenderanno. I membri della Camera che hanno manifestato simpatia per personaggi come la Warren hanno perso i loro seggi. Le quattro donne elette vengono tutte da ambienti etnici: somali, palestinesi, portoricani. Personaggi come Elizabeth Warren non avranno nessun ruolo in questa amministrazione.

Di Tony Blinken, segretario di Stato, che dice?

E’ una persona di mestiere, in campo da più di vent’anni. E’ una figura convenzionale. Ripeto: con Biden i democratici hanno scelto il candidato più vicino ai repubblicani, e lui sta nominando gente vicina anch’essa a Trump. E’ un’amministrazione molto trumpiana senza Trump.

Gino Quarelo
Se così fosse, come ipotizza Luttwak, questo infimo presidente mezzo rintronato, avrebbe preso in giro buona parte dei suoi elettori.



Dietro la rivolta dei "deplorables" il malessere della democrazia Usa: la delegittimazione di mezza America
Simone Zuccarelli - Atlantico Quotidiano
13 gennaio 2021

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... a-america/

Su quanto avvenuto negli Stati Uniti è già stato scritto e detto molto, forse troppo. Una questione, però, rimane sottotraccia nel vortice di emozioni e recriminazioni: quella della legittimità. Episodi come quelli visti il 6 gennaio sono indicatori importanti dello stato di salute del sistema, in particolare della liberal-democrazia. Quando milioni di persone ritengono truccato un risultato elettorale e arrivano a occupare il centro del potere politico (con l’approvazione del 45 per cento degli elettori repubblicani, secondo un sondaggio YouGov), forse è il momento di fare una riflessione seria e obiettiva sulla situazione.

Una premessa: chi guarda a Trump come responsabile primario di quanto avvenuto il 6 gennaio e negli scorsi quattro anni non ha compreso come si generano determinate dinamiche sociali e non fa altro che alimentare il circolo vizioso che ha portato alle violenze. La retorica di Trump ha sicuramente peggiorato il clima generale, e favorito indirettamente i disordini dell’Epifania, ma il malessere della società civile statunitense ha radici antiche e precede di molti anni l’ascesa di Trump. La prima domanda da farsi dovrebbe essere, dunque: quali sono le cause di tale malessere? Ma soprattutto, per quale motivo milioni di persone credono di non avere più voce in capitolo per quanto concerne la gestione del sistema? Perché qui risiede la ragione principale di quanto successo a Capitol Hill.

Milioni di persone sentono di non essere più legittime componenti del sistema. L’insieme è eterogeneo: da maschi bianchi, le cui vite sono state distrutte dalla globalizzazione, alla “destra religiosa”, passando per semplici repubblicani “classici”. A questo gruppo è stato detto, ripetutamente, negli anni scorsi, che le loro posizioni sono sbagliate, inaccettabili in una società civile; è stato detto che dovevano trovarsi un nuovo lavoro, magari in un bel settore green, o che dovevano abbandonare le loro concezioni bigotte della vita. È quell’insieme che l’allora candidata alla presidenza Hillary Clinton chiamò, infelicemente, basket of deplorables, inserendo in esso la metà dei sostenitori di Trump, decine di milioni di americani.

Tutto ciò è stato progressivamente alimentato non solo da alcuni politici, ma anche da media ed esperti, rendendo l’insieme di “deplorabili” sempre più incattivito. Non vedendo alcuna via per la riconciliazione con accettazione, né alcuna via per la fuga, di fronte all’opzione della sottomissione hanno preferito l’opzione Trump. La vittoria del tycoon nel 2016 avrebbe dovuto mostrare i rischi di una certa strategia politica e di una interpretazione del mondo manicheistica, ma ciò non è successo. Al contrario, la presidenza Trump è stata segnata da continui attacchi fondati proprio sulla presunta illegittimità dello stesso e delle sue visioni: prima era una presidenza illegittima in quanto la vittoria di Trump sarebbe dipesa dall’intervento russo, poi a causa di una telefonata ritenuta inadeguata al presidente ucraino. In generale, le posizioni di Trump – e di moltissimi repubblicani – sono state etichettate come non accettabili, ignoranti, razziste, illegittime.

Nello stesso momento, gli accusatori si sono mostrati, per fare un esempio, molto più timidi con riguardo alle devastazioni provocate per mesi da Black Lives Matter e militanti di estrema sinistra nelle città statunitensi. Fare notare, oggi, che mesi di violenze non adeguatamente condannate possono aver ulteriormente convinto un gruppo di fomentati a ritenere possibile l’assalto al Campidoglio è, naturalmente, impensabile. Anzi, addirittura provare a spiegare le ragioni per quanto successo l’Epifania viene considerato alla stregua di un tentativo di giustificazione, pertanto da condannare assolutamente. Lo spazio per il dialogo è ridotto al minimo.

È naturale che in questo genere di clima era impensabile aspettarsi che decine di milioni di persone che avvertono una progressiva esclusione dal dibattito pubblico avrebbero semplicemente accettato la vittoria di Biden. E non conta solo la realtà oggettiva ma anche, e soprattutto, l’immagine che ogni singola persona si costruisce della realtà, in anni o addirittura decenni. Il primo a capirlo è stato Biden stesso, che ha cercato di mandare timidi messaggi di riconciliazione. Tuttavia, l’assalto al Campidoglio mostra come sia diventata quasi impossibile una discussione obiettiva e pacata della situazione. Da una parte, la colpa viene data esclusivamente a Trump e ai Repubblicani; dall’altra, viene duramente attaccato chiunque provi a sostenere che la strategia adottata da Trump negli ultimi due mesi si è rivelata sbagliata o che parte della responsabilità di quanto accaduto e della crescente polarizzazione è anche sua.

Come si può uscire da una simile situazione? Non certo cancellando Trump da tutti i social network, un atto di censura non degno di una democrazia liberale, né promuovendo un nuovo tentativo di impeachment ora, a meno di due settimane dall’insediamento di Biden. Ciò contribuisce unicamente a gettare benzina sul fuoco. I rappresentanti democratici, però, chiedono a gran voce la rimozione di Trump dalla carica: anche in questo caso, è lo stesso Biden a essere contrario, ben consapevole di quanto una simile (inutile) mossa servirebbe solo a incattivire ulteriormente gli avversari politici, soprattutto ora che Trump ha concesso e assicurato una transizione ordinata.

A complicare ulteriormente il quadro, occorre rilevare che le dinamiche sopra presentate si collocano in un più ampio insieme di profonde trasformazioni sociali, economiche e politiche. In particolare, negli ultimi decenni si è assistito al progressivo scollamento tra élite e cittadini che ha portato alla crisi del sistema di rappresentatività e alla sfiducia diffusa nei confronti delle principali istituzioni democratiche. La fiducia nei governi e nei partiti è ai minimi storici sostanzialmente in tutto il mondo occidentale. In aggiunta, si assiste all’indebolimento dei corpi intermedi della società e alla deformazione della realtà, che assume sempre più i tratti di un reality show o si tinge di dinamiche settarie esplose anche grazie ai social network. Questi ultimi, in particolare, spingono sempre più le persone a chiudersi in bolle ideologiche, alimentando un processo di radicalizzazione costante delle posizioni, l’incapacità di discussione e la frammentazione della società civile. Se ancora all’epoca di Bush padre gli americani avevano un’opinione indulgente nei confronti degli avversari politici, negli ultimi tre decenni, e in particolare dall’elezione di Obama, il dato è crollato. Oggi il punteggio assegnato al “gruppo” avverso è 26/100 (contro quasi 50/100 di trent’anni fa). In Italia la situazione è perfino peggiore, con un voto medio assegnato agli avversari politici che si situa intorno a 15/100, con quasi il 50 per cento che assegna 0/100.

Anche nel caso italiano, dunque, è possibile rilevare una crescente polarizzazione con un malessere diffuso che sta radicalizzando sempre più le posizioni. Ciò non è dovuto, in prima istanza, a motivi economici, ma a motivi politico-ideali. Per fare un esempio banale, ma di immediata comprensione: come possono reagire milioni di italiani di fronte alla scelta di Netflix di suggerire, nella descrizione di Via col Vento, di cercare Black Lives Matter per comprendere meglio la situazione dei neri in America? Magari dopo aver visto scene di violenza causate dallo stesso movimento? Naturalmente, se fosse un singolo caso non si avrebbe alcuna reazione: ma anche in Italia, da tempo, alcune posizioni vengono marginalizzate e ritenute illegittime, altre vengono innalzate alla stregua di verità religiose.

Un noto opinionista italiano, ad esempio, ha approfittato di quanto successo negli Stati Uniti per scagliarsi contro il “privilegio bianco”. In risposta, è sempre più forte anche a destra la convinzione che l’avversario sia un nemico, qualcuno con cui non si può e non si deve discutere. La naturale conseguenza è un dibattito politico che assume più l’aspetto di un’arena di scontro tra fedi differenti, o tra gruppi sempre più portati a ritenere eretico e malvagio il pensiero altrui. È il motivo per cui molti, adottando spesso toni millenaristici, hanno dipinto Trump come l’ultima speranza e, pertanto, sostenuto la necessità di una lotta senza quartiere.

Per concludere, il primo passo verso la necessaria riconciliazione sarebbe il riconoscimento di tutte le posizioni che restano nell’ambito della legge come legittime e degne di attenzione e comprensione. Considerare chi ha assaltato il Campidoglio come una massa di “poveracci poco istruiti, marginali, facilmente manipolabili, junk food e fake news, marionette nelle mani di uno sciagurato”, sicuramente non aiuta né la comprensione di quanto accaduto né la riconciliazione. La questione, comunque, può essere ridotta a una semplice considerazione: tanto più il sistema è ritenuto legittimo, tanto più è solido. Al contrario, tante più persone si sentono escluse dal sistema, tanto più si rischia di assistere a episodi ben più gravi di quanto avvenuto a Washington. L’auspicio, pertanto, è che si torni a rispettare le posizioni di tutti, anche quando non sono gradite, evitando di ergersi a detentori della primazia morale o della Verità. Questo è l’unico modo, nel medio-lungo termine, per garantire la stabilità e la sopravvivenza stessa del sistema.


Gli incendiari
Niram Ferretti
14 gennaio 2021

http://www.linformale.eu/gli-incendiari/

Con una decisione senza precedenti nella storia degli Stati Uniti, ieri la Camera ha votato per sottoporre a impeachment una seconda volta, il presidente uscente Donald Trump.

Il voto è stato rimandato al Senato, dove sono indispensabili i due terzi dei senatori affinchè la procedura di messa sotto accusa del presidente passi. Sono stati necessari dieci senatori repubblicani perchè passasse alla Camera. Capeggiati da Liz Cheney, hanno votato contro Trump. Al Senato ne serviranno sette in più.

In un discorso tenuto il 7 novembre, l’allora presidente eletto Joe Biden, ora presidente proclamato, che avrà pieni poteri il 20 gennaio prossimo, disse che era arrivato il tempo della riconciliazione. “It’s time to heal”. L’irruzione di un manipolo di esagitati, il 6 dicembre in Campidoglio a Washington durante la sessione in corso atta a confermare l’assegnazione dei collegi a Joe Biden, era ancora da venire.

La responsabilità dell’episodio increscioso è stata addossata interamente a Donald Trump, nonostante, durante il comizio tenuto lo stesso giorno, il presidente in carica avesse esortato tutti i manifestanti a comportarsi in modo pacifico.

Si può imputare a Trump una retorica incendiaria fondata come è stata, successivamente all’esito del voto, sulla delegittimazione di questo esito e sulle accuse reiterate della sua fraudolenza, ma certamente non di avere incoraggiato o legittimato quanto è accaduto.

A pochi giorni dal fatto, presentato iperbolicamente dalla stampa come una sorta di tentato golpe, nei confronti del presidente uscente si sta consumano una vendetta che non è altro se non il finale della accanita e forsennata delegittimazione cominciata il giorno stesso della sua vittoria nel 2016.

Nancy Pelosi, presidente della Camera dei Rappresentanti, la quale ancora nel 2017 scriveva su Twitter, “Le nostre elezioni sono state dirottate. Non ci sono dubbi”, oggi, è in prima linea nell’attaccare Trump, accusandolo grottescamente di “incitamento all’insurrezione” e chiedendo la sua testa.

L’esortazione novembrina di Joe Biden, che si è voluto presentare come il pacificatore, non ha avuto alcuna presa sul partito che lo ha espresso candidato, e nelle ultime ore, da parte sua, non risulta nessun tentativo di calmare gli animi. Nel partito ha preso il sopravvento l’ala radicale, di cui la Pelosi è una delle punte di lancia.

Se in questa circostanza la voce di Joe Biden non si sente, ci sono solo due inevitabili conclusioni da trarre, o anche lui è d’accordo sul mettere sotto impeachment Donald Trump per una accusa che sarà molto difficile dimostrare, e giusto un giorno prima della fine del suo mandato presidenziale, oppure il radicalismo del suo partito è in grado di smorzarne la voce.

L’accanimento in corso trova la sua ragione d’essere unicamente nel tentativo di distruggere Trump politicamente, di consegnarlo alla damnatio memoriae. Come ha evidenziato Jason Miller, capo stratega della sua campagna elettorale, “Desiderano cancellare completamente la presidenza Trump e con essa i suoi 75 milioni di sostenitori”.

Tutto questo avviene in un momento in cui la divisione nel paese è enorme, ed è causato dall’oltranzismo di chi, del nemico, vuole il completo annichilimento.

Chiedere la pacificazione e invitare alla cessazione della violenza e poi gettare benzina sul fuoco incardinando il voto al Senato per un impeachment che non ha altro scopo, vista la sua assai dubbia costituzionalità, se non quello di marchiare di infamia il presidente uscente, non sanerà alcuna ferita, contribuirà solo ad esacerbare gli animi.

Le conseguenze, non c’è bisogno di essere Cassandra per prevederlo, non tarderanno a manifestarsi.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Trump sei ancora la nostra speranza di bene

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2021 7:42 pm

Il mondo orrendo di Sleepy Joe e della sua banda Biden Biden.
Il mondo orripilante di Joe Biden e della sua corte dei miracoli.
Gli USA di Joe Biden, della Kamala Harris e della Pelosi, un incubo infernale per il mondo intero!


viewtopic.php?f=92&t=2941
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6616063933
https://www.facebook.com/groups/2097364 ... 470682628/
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Trump sei ancora la nostra speranza di bene

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2021 7:43 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Trump sei ancora la nostra speranza di bene

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2021 7:43 pm

11) Resistere al male con Trump

Mettiamo l'immagine di Trump nelle nostre pagine social.

Boicottiamo Facebook e Twitter e proviamo queste alternative
Abbandonare WhatsApp per Signal e Facebook e Twitter per MeWe o altre piattaforme
Un cambiamento urgente per proteggere voi stessi e le vostre informazioni
9 gennaio 2021
https://rumble.com/vclpsj-9-1-2021-perc ... n-75a.html

https://signal.org/it/



Telegram, Signal e non solo: le più valide alternative a WhatsApp
Alessandro Vinci
8 gennaio 2021

https://www.corriere.it/tecnologia/what ... 7a24.shtml

Le nuove condizioni d’uso di WhatsApp hanno fatto storcere il naso a molti. Obbligatorie, sanciscono infatti la definitiva ritrattazione della promessa fatta agli utenti nel 2014, all’indomani dell’acquisizione del servizio da parte di Facebook: «In base all’accordo raggiunto – era stato annunciato – WhatsApp continuerà a operare in modo indipendente». Dall’8 febbraio non sarà più così, in quanto dall’informativa sulla privacy verrà eliminata la possibilità di «scegliere di non condividere le informazioni del proprio account WhatsApp con Facebook per migliorare le proprie esperienze con le inserzioni e i prodotti di Facebook». Sui social c’è dunque chi si è detto pronto ad abbandonare l’app in favore di altre piattaforme di instant messaging. Una scelta legittima, ma destinata a riguardare solo una residuale minoranza di iscritti. Con i suoi oltre due miliardi di utenti attivi in tutto il mondo, infatti, WhatsApp vanta un «effetto rete» incredibilmente più ampio rispetto alla concorrenza, e ciò le garantisce un’elevatissima fedeltà da parte della user base. Perché per quanto un’app di messaggistica possa incontrare il nostro gusto, se non vi troveremo che pochi contatti risulterà quasi del tutto inutile. Si prenda il caso dell’Italia: su WhatsApp gli iscritti sono oltre 34 milioni. La seconda in classifica, Telegram, non ne ha nemmeno la metà: 13 milioni. Facile dunque comprendere come sia a dir poco improbabile che una fetta significativa di utenti decida di abbandonare il network principale semplicemente in segno di protesta contro i nuovi termini. Tanto più se, come sempre accade in questi casi, troppo spesso l’autorizzazione viene fornita senza nemmeno approfondire quanto riportato nell’avviso. Conoscere le principali alternative a WhatsApp disponibili negli store digitali, comunque, può sempre tornare utile.

Come anticipato, Telegram (link Google Play – link App Store) è la seconda app di messaggistica più diffusa in Italia. Lanciata nel 2013 dai fratelli Nikolaj e Pavel Durov e parzialmente open source, al pari di WhatsApp è del tutto gratuita. Tuttavia per archiviare i dati non si appoggia alla memoria dei dispositivi degli utenti, ma si serve di un cloud con sincronizzazione istantanea. Ciò consente di utilizzarla su più dispositivi e di inviare un numero illimitato di contenuti (fino a 2 giga ciascuno) all’insegna della massima versatilità. Importante poi sottolineare come per accedere al servizio non sia necessario esporre il numero di telefono: un grande vantaggio in termini di riservatezza. Le chat sono di due tipi: classiche (con cifratura client-server) e segrete (con cifratura end-to-end). Le prime possono essere visualizzate su tutti i device, le seconde – più sicure – invece solo da quello da cui sono state avviate. Queste ultime prevedono poi la possibilità di inviare messaggi che si autodistruggono. Oltre ai gruppi, in grado di contenere fino a 200 mila membri, ci sono poi i canali, introdotti nel 2015 e dalla capienza illimitata. Possono essere sia pubblici che privati e sono pensati per consentire agli amministratori di diffondere aggiornamenti in modalità uno-a-molti. Presenti anche le chiamate e le videochiamate, ma per il momento solo one-to-one. L’ultima novità è invece cronaca di questi giorni: l’imminente arrivo di annunci pubblicitari nei canali pubblici. «Un progetto delle nostre dimensioni – ha spiegato Pavel Durov – ha bisogno di alcune centinaia di milioni di dollari all’anno per andare avanti». Telegram sta infatti per raggiungere i 500 milioni di utenti attivi nel mondo, il che comporta elevatissimi costi di gestione della piattaforma. Prevista anche l’introduzione di alcune funzionalità Premium ancora da definire.

Dell’assoluta sicurezza delle conversazioni fa il suo punto di forza Signal (link Google Play – link App Store), software gratuito e open source gestito da una fondazione no-profit. In aggiunta all’end-to-end, infatti, si serve di ulteriori protocolli di crittografia, tutti all’avanguardia. A differenza sia di WhatsApp che di Telegram, inoltre, memorizza pochissimi metadati (ossia informazioni su data e ora di invio e ricezione delle conversazioni, di una chiamata, dell’ultimo accesso all’app e via dicendo). Non stupisce dunque che tra i suoi principali fan figurino la gola profonda del Datagate Edward Snowden, Elon Musk e perfino la Commissione Europea. Disponibili anche in questo caso le chiamate e le videochiamate (one-to-one), nonché chat segrete e messaggi a tempo. Il grande svantaggio è invece costituito dall’ancora ridotta base utenti. Pur non essendo mai stati resi noti dati precisi, infatti, si stima che Signal venga utilizzato da non più di 10-20 milioni di persone in tutto il mondo.

Altra possibile alternativa gratuita a WhatsApp è Viber (link Google Play – link App Store). Fondata in Israele nel 2010, quattro anni più tardi è stata acquisita dai giapponesi di Rakuten. Dotata di crittografia end-to-end, permette di effettuare chiamate e videochiamate in alta qualità, inviare messaggi, foto e video e condividere luoghi con altri iscritti Viber a costo zero, ma anche di contattare utenti esterni all’app tramite la funzione a pagamento Viber Out (utile specialmente per le chiamate internazionali). Gruppi fino a 250 persone. Oltre un miliardo gli account attivi in tutto il mondo, soltanto 700 mila circa però in Italia (peraltro in calo da tempo).

Negli anni si è fatta apprezzare anche Wire (link Google Play – link App Store), app gratuita creata nel 2014 dagli svizzeri di Wire Swiss GmbH. Totalmente open source, utilizza anch’essa la crittografia end-to-end. Consente agli iscritti di scambiarsi messaggi di testo e vocali, inviare file ed effettuare chiamate e videochiamate sia one-to-one che di gruppo (fino a cinque persone) tramite guest room. Per questo è adatta anche a un utilizzo aziendale. In più ogni singolo account funziona su un massimo di otto dispositivi. Come Telegram, inoltre, non richiede l’inserimento del numero di telefono per completare l’iscrizione. Non è però noto quanti utenti utilizzino l’app sia in Italia che nel mondo.

Chiude la rassegna delle migliori alternative a WhatsApp una piattaforma a pagamento: Threema (link Google Play – link App Store). Altro servizio made in Svizzera, costa 3,99 euro e protegge conversazioni, chiamate e videochiamate con ben due livelli di crittografia: l’end-to-end e un protocollo aggiuntivo dedicato alla salvaguardia della connessione tra l’app e i server. Come Signal non conserva i metadati, mentre al pari di Wire e Telegram non obbliga a inserire il numero di telefono. Complici le rigide norme svizzere, insomma, privacy e sicurezza si collocano in questo caso su livelli d’eccellenza. Curiosa infine la presenza di una funzione per lanciare sondaggi tra amici. Non essendo gratuita, tuttavia, Threema resta ancora un’app piuttosto di nicchia.


https://www.wired.it/internet/web/2021/ ... at-gruppo/

https://mewe.com/



17-1-2021 L’America riparte dal Texas ?
https://rumble.com/vcx4dp-15-1-2021-lam ... mn-80.html



La base di Trump si sta ``rafforzando'' da quando ha lasciato l'incarico, l'impeachment lo rafforzerebbe ancora di più.
L'Osservatore Repubblicano
30 gennaio 2021

https://www.facebook.com/ORepubblicano/ ... 7535187998

"Penso che ci sia un enorme scollamento tra Washington e il resto del paese"
L'ex presidente Donald J. Trump ha effettivamente guadagnato, non perso, influenza politica da quando ha lasciato l'incarico, ha affermato venerdì un osservatore politico.
L'osservazione della giornalista di Politico, Tara Palmeri è contraria alle ipotesi che circolano nell'establishment di Washington DC e nei media mainstream.
"La gente non vuole sentire nulla contro Trump", ha detto Palmeri durante un'apparizione su MSNBC.
"In realtà, più rimane fuori dai media, più diventa come un martire, una figura incombente sul GOP".
In effetti, ora c'è una "crociata" condotta per conto dell'ex presidente in luoghi come il Wyoming, dove Trump è "molto più popolare" del repubblicano congressuale di alto rango dello stato, la rappresentante degli Stati Uniti, Liz Cheney, ha detto Palmeri.
Palmeri ha tratto queste conclusioni dopo aver parlato con la gente del posto nello Stato dei Cowboy, sul voto di Cheney per mettere sotto accusa Trump mentre seguiva una manifestazione anti-Cheney guidata dal rappresentante Matt Gaetz, R-Fla.
"In realtà ho fatto di tutto per cercare qualcuno che la difendesse e non ci sono riuscito", ha detto Palmeri a MSNBC . "Non c'era apprezzamento o stima dopo che la nominavo, e questo considerando che è una Cheney ... Voglio dire, ho detto il suo nome in un negozio di ferramenta e qualcuno mi ha gridato una minaccia."
Il consenso "schiacciante" che Palmeri ha sentito dagli elettori era che il voto di Cheney per l'impeachment "non era un voto del Wyoming" e "quindi lei deve andarsene".
Ha poi descritto un'apparente disconnessione tra ciò che è percepito come verità in DC e ciò che è percepito come verità a Cheyenne, Wyoming. Palmeri ha menzionato la gente del posto che non indossava maschere, esprimendo sfiducia nei confronti del vaccino contro il coronavirus, sostenendo sia che il numero di morti segnalate dalla pandemia era "gonfiato", sia che le elezioni presidenziali del 2020 non fossero legittime, e che la rivolta del 6 gennaio a Capitol Hill è stato "messo in scena" dagli Antifa.
"Odio che siano così diffidenti", ha detto Palmeri. "Sembra un altro mondo, ma è quello che è stato riscontrato sul terreno e non penso che possiamo ignorarlo e sono davvero felice di essere andato là fuori e aevrlo visto perché penso che ci sia un enorme disconnessione tra Washington e il resto del paese."
In Wyoming, ha aggiunto: "Molte persone hanno detto di non essere realmente repubblicani, che, tipo, sono per Trump. È così ... Penso che la base si stia rafforzando, davvero. Penso che un impeachment lo farebbe diventare ancora più potente"
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Trump sei ancora la nostra speranza di bene

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2021 7:44 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Trump sei ancora la nostra speranza di bene

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2021 7:45 pm

12)
Contro la censura criminale dei social media, un ottimo esempio da seguire.

In certi casi gli amministratori andrebbero arrestati.
Aveva ragione Trump a voler abolire la sezione 230 che consente ai socila media certi comportamenti criminali che violano i diritti umanio, civili e politici delle persone, delle istiruzioni e delle autorità.

POLONIA: MULTE A FACEBOOK SE CENSURA.
26 dic 2020

https://www.patreon.com/posts/45448716

"In Polonia è prevista l'approvazione di una nuova legge che multerà alle aziende Big Tech una cifra sbalorditiva di 2,2 milioni di dollari ogni volta che censureranno in modo incostituzionale la libertà di parola online.
"Secondo le sue disposizioni, i servizi dei social media non saranno autorizzati a rimuovere i contenuti o a bloccare gli account se il contenuto su di essi non viola la legge polacca.
In caso di rimozione o blocco, è possibile inviare un reclamo alla piattaforma, che avrà 24 ore di tempo per esaminarlo".
"Entro 48 ore dalla decisione, l'utente potrà presentare una petizione al tribunale per la restituzione dell'accesso. Il tribunale prenderà in considerazione i reclami entro sette giorni dal ricevimento e l'intero processo dovrà essere elettronico".
Il Ministro della Giustizia polacco Zbigniew Ziobro ha chiarito che l'iniziativa legale è stata progettata per combattere la censura e che non avrà avuto alcun impatto sul diritto delle persone che sono state calunniate o diffamate a perseguire la giustizia.
"Spesso le vittime delle tendenze alla censura ideologica sono anche i rappresentanti di vari gruppi che operano in Polonia, il cui contenuto viene rimosso o bloccato, solo perché esprimono opinioni e fanno riferimento a valori considerati inaccettabili dal punto di vista del social", ha dichiarato Ziobro.


Coloro che si ergono a giudici universali senza averne diritto dovranno renderne conto alla storia dell’umanità. Ci pensino (ammesso che sappiano pensare oltre a come fare soldi) i padroni di Facebook, Amazon, Google, Apple, che diffondono il verbo di pericolosi dittatori come Khamenei, Maduro, Kim Jong-un e via dicendo, senza farsene problema, ma che hanno condannato al silenzio eterno colui che aveva capito il pericolo posto dalle loro aziende. Ha ragione Nikki Haley che ha considerato la decisione di Twitter di cancellare per sempre Trump degna del Partito Comunista Cinese.
Emanuel Segre Amar
10 gennaio 2021

Dall'elenco mancano le dittature, le autarchie e i regimi totalitari e violenti: turca, russa, bielorussa, cubana, palestinese nazi maomettana, siriana, ...



I padroni di Facebook e di Twitter che spingono gli USA e il Mondo verso la Cina in Cina sarebbero già scomparsi come è scomparso Jak Ma il fondatore di Alibaba


Cina, Jack Ma è sparito e Pechino ordina ai media di non parlare di Alibaba
Biagio Simonetta

https://www.ilsole24ore.com/art/cina-ja ... a-ADmu7QCB


Jack Ma, nella sua ultima apparizione in pubblico, ad ottobre 2020, aveva tenuto un discorso molto duro contro le banche statali e le autorità di regolamentazione finanziaria cinesi

Di Jack Ma, patron di Alibaba e uomo fra i più ricchi della Cina, non si sa nulla da giorni. Ma soprattutto non si deve parlare. È questo l'ordine giunto ai media cinesi da parte del governo di Pechino. Ne dà notizia il Financial Times, che spiega come il regime abbia ordinato ai media del Paese di censurare ogni notizia riguardante il colosso tecnologico Alibaba e l'indagine antitrust in corso. E anche di non dare eco alle notizie provenienti dai media internazionali. La vicenda, insomma, deve essere circondata da un inquietante silenzio. E ora questa scelta delle autorità cinesi di esercitare un controllo asfissiante sulla copertura mediatica delle notizie riguardanti il gruppo di Ma, dimostra forse che la faccenda è diventata una questione di sensibilità politica nazionale in Cina.

Negli ultimi mesi, Pechino ha imposto un giro di vite sull'impero commerciale di Jack Ma. A cominciare dall'offerta pubblica iniziale di 37 miliardi di dollari dell'affiliata per i pagamenti di Alibaba, Ant Group, che è stata annullata dalle autorità all'ultimo minuto nello scorso mese di novembre. Qualche settimana dopo, le autorità di regolamentazione della concorrenza hanno annunciato un'indagine antitrust su Alibaba.

Una vicenda che ha avuto eco internazionale e che, per la prima volta negli ultimi anni, pone la Cina in un ruolo diverso rispetto ai suoi colossi tecnologici: non più Paese volano, ma zavorra per bloccare la crescita incontrollata di alcune aziende e di alcuni imprenditori (Jack Ma su tutti). Proprio Jack Ma, nella sua ultima apparizione in pubblico, ad ottobre 2020, ha tenuto un discorso molto duro contro le banche statali e le autorità di regolamentazione finanziaria cinesi. Alla fine di dicembre, il braccio propagandistico del governo cinese ha ordinato ai media di rispettare rigorosamente la linea ufficiale di Pechino circa l’indagine antitrust su Alibaba e di non apportare modifiche o impegnarsi in un'analisi della vicenda senza autorizzazione.

Perché questo silenzio è importante

Il silenzio su Alibaba e su Jack Ma, imposto dal regime ai media statali, non è un fatto secondario. Anzi, si tratta di una direttiva abbastanza insolita. E c'è chi ricorda che questa imposizione ricorda quelle disposte per eventi politici molto importanti, come il processo a Bo Xilai, ex politico condannato all'ergastolo con l'accusa di corruzione. «Gli investimenti delle società di Jack Ma sono direttamente associati ad alcune delle famiglie politiche più potenti della Cina. Il fatto che questa volta si stia mettendo nei guai con lo Stato cinese ha probabilmente un'eco politica molto importante, non solo perché ha fatto un discorso che potrebbe aver colpito Xi Jinping, ma anche qualche altro funzionario del Partito Comunista», ha detto Xiao Qiang, un ricercatore dell'Università della California al Financial Times. Proprio Xi Jinping, pare sia stato coinvolto nella decisione di fermare l'IPO di Ant. E le azioni Alibaba hanno perso circa il 30% nelle settimane successive.

La leadership si sente sfidata

L'impressione più diffusa, fra gli analisti internazionali, è che col suo discorso di ottobre Jack Ma abbia in qualche modo sfidato Pechino. O almeno la leadership cinese e il partito a quanto pare hanno inteso le parole del fondatore di Alibaba come un guanto di sfida. Da quel giorno, non solo è stata bloccata l'IPO di Ant, ma l'intero impero di Ma è stato messo a soqquadro dalle autorità di regolamentazione. E le azioni per nascondere, mettere a tacere ogni informazione riguardante Alibaba e il suo fondatore si sono moltiplicate. Il mese scorso, le attività del sito di informazione Huxiu, sostenuto da Alibaba, sono state sospese dopo la pubblicazione di un editoriale che metteva in guardia contro un'eccessiva punizione dei gruppi tecnologici cinesi. L'editoriale sosteneva che i monopoli commerciali statunitensi avevano aiutato il Paese a conquistare il predominio del mercato globale, mentre le aziende tecnologiche cinesi non erano abbastanza grandi da giustificare le crescenti indagini antitrust. «Quando si tratta di aziende cinesi che si affacciano al mondo, non si può fare affidamento solo su Huawei, ma è giusto tenere in considerazione Tencent, Alibaba, ByteDance, Baidu, Xiaomi, BYD», era scritto in quel pezzo. Ma il regime non ha gradito. E Huxiu è stato sospeso. Perché oggi di Alibaba e di Jack Ma, in Cina, è meglio non parlare.



I social internazi demo comunisti Facebook e Twitter non hanno mai oscurato le pagine dei criminali BLM e antifa durante il periodo delle incivili sommosse:

Black Lives Matter ha messo in moto la più grande, violenta e distruttiva serie di linciaggi della storia americana. Piromani, saccheggiatori e vandali hanno assediato 633 città, provocato danni per miliardi di dollari e ucciso decine di persone, principalmente neri, compresa una bambina di otto anni.
La giustificazione offerta a copertura della loro violenza è che stavano protestando contro un sistema razzista.
Niente di più falso.
Nella città in cui morì George Floyd, Minneapolis, in Minnesota, il procuratore generale dello stato era nero; il capo della polizia era nero; il vicepresidente del consiglio comunale era nero, la deputata del distretto era nera, e il sindaco e il governatore erano bianchi democratici.
In tutti gli Stati Uniti non esiste più una discriminazione sistematica dei neri, una minoranza che ha eletto un presidente e continua a esprimere sindaci, sceriffi, procuratori, giudici, parlamentari...
Il cosiddetto "razzismo sistematico" è una fuffa sociologica che affascina i marxisti riciclatisi nell'antirazzismo militante.
Si persevera nel confondere la comunità nera con un movimento violento ed estremista, col solo fine di incriminare i bianchi come portatori del "privilegio della pelle bianca" - un termine coniato dai Weathermen, un'organizzazione terroristica degli anni Sessanta.


Blackout Tuesday: i social si oscurano in omaggio a George Floyd
Il mondo dei social si ferma per 24 ore in segno di solidarietà alla comunità afroamericana che in questi giorni sta scendendo in piazza per affermare l'importanza dei propri diritti di Alessandro Mancini - 02.06.2020
https://www.artwave.it/cultura/cultura- ... rge-floyd/



INTIMIDAZIONE ED EPURAZIONE
Niram Ferretti
11 gennaio 2021

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

L'offensiva di stampo sovietico contro chi supporta Trump sta proseguendo a tutto spiano. I giganti della Silicon Valley, l'oligarchia digitale, hanno deciso l'eutanasia di Parler, l'applicazione che, a giudizio insindacabile di Apple, Google e Amazon avrebbe legittimato il "golpe" da vaudeville del 6 gennaio.
Il Parler CEO di Parler, John Matze ha dichiarato che le compagnie si sono riunite in modo da “Essere sicure che nello stesso momento perdessimo l'accesso non solo alle nostre applicazioni, ma che venissero chiusi anche tutti i nostri servers online. Hanno tentato non solo di eliminare le app, ma addirittura di distruggere l'intera azienda. Ma non sono solo queste tre società; tutti i fornitori, dai servizi di messaggi di testo, ai provider di posta elettronica ai nostri avvocati, ci hanno abbandonato, lo stesso giorno, e stanno cercando di affermare falsamente che siamo stati in qualche modo responsabili degli eventi del 6 gennaio".
Non sono previste difese. Nessun appello. Nemmeno un processo farsa. Nulla. Si agisce subito. A Norimberga i gerarchi nazisti ebbero la possibilità di difendersi, ma oggi non è più così. Twitter elimina l'account di Trump, Amazon, Google, Apple eliminano Parler.
Questa sì che è vera democrazia. Decidono loro cosa si può vedere o no. Tanta tanta buona pornografia, incitazioni alla distruzione di Israele, tanto buon suprematismo islamico, negazionsimo, antisemitismo, ecc. Tutto questo è ok, ma Trump e un sito che lo sostiene sono da togliere di mezzo.
Quello che sta accadendo negli Stati Uniti non ha precedenti nella storia delle democrazie moderne, ma era già annunciato. Lo ha annunciato la santificazione di George Floyd, l'esaltazione di BLF come organizzazione portatrice di giustizia, lo ha annunciato la distruzione delle statute di militari della Confederazione e di personaggi storici, tra cui Cristoforo Colombo, accusati di essere razzisti e quindi simboli del male, lo ha annunciato l'isteria delle vaiasse fallocastranti di "Metoo", lo ha annunciato la crociata contro opere fondamentali della cultura occidentale, come "L'Odissea" considerare anche esse razziste, per non parlare di film di vera propaganda razzista come "Via col Vento".
Questo radicalismo è ora scatenato contro l'unico uomo politico che, a livello mondiale, rappresentava ciò che lo contrastava, Donald Trump.
E Joe Biden, l'incolore travet della politica, che se non ci fosse stato il Covid 19 e la possibilità di un massiccio voto postale, avrebbe continuato a fare il nonno, Joe Biden, qualcuno pensa veramente che potrà arginare questa onda micidiale?
Risum teneatis.
La speranza è che Trump tenga duro e si riorganizzi velocemente, che con lui restino i 75 milioni di americani che lo hanno votato. Qui è in gioco la possibilità stessa di esprimere il dissenso, perchè quanto succede negli USA, si riverbera sempre alle periferie dell'impero, Italia inclusa.


Trump doveva muoversi contro i mostruosi social media fin dal primo anno del suo mandato e pretendere subito l'abolizione della sezione 230.
Ha sbagliato una seconda volta prendendo le loro difese quando in Europa si è incominciato a parlare di tassare Google, Facebook, Amazon.


Trump ora minaccia Francia e Italia: "Stop a tasse su Google, Fb e Amazon, o dazi"
03 dicembre 2019

https://europa.today.it/lavoro/webtax-usa-dazi.html

Per ora, tra i grandi Paesi Ue, l'ha introdotta solo la Francia. Ma anche l'Italia e l'Austria sono pronte ad applicarla, in attesa che a livello europeo si raggiunga un'intesa per una imposta comune. Ed è proprio questa prospettiva, che potrebbe portare a una web tax dell'Ue che colpirebbe giganti (statunitensi) del calibro di Google, Facebook e Amazon, a preoccupare il presidente Usa, Donald Trump. Che adesso minaccia una nuova guerra commerciale con Bruxelles.

La minaccia, per la precisione, è arrivata dall'Ufficio del rappresentante del commercio americano, al termine di un'indagine durata un mese sulla digital tax introdotta dalla Francia. L'indagine è arrivata alla conclusione che questa imposta "discrimina le società statunitensi, è incoerente con i principi prevalenti della politica fiscale internazionale e rappresenta un onere insolitamente gravoso per le società colpite". Per questo, l'ufficio del rappresentante del commercio raccomanda dazi del 100% su alcune importazioni francesi, per un valore di 2,4 miliardi di dollari, tra cui borse, vini e formaggi, e l'apertura di indagini simili sulla web tax proposta da Italia e Austria (fuori dall'Ue, anche la Turchia sta pianificando una simile tassazione).

L'annuncio Usa ha mandato su tutte le furie Parigi: il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, ha promesso una "forte" risposta della Ue alle minacce di nuovi dazi, dopo quelli elevati da Trump per la questione Airbus. "Siamo stati in contatto, ieri, con l'Unione europea per assicurare che in caso di nuove tariffe americane, ci sarà una forte risposta europea", ha detto Le Maire a Radio Classique. "Il semplice progetto, che potrebbe essere applicato entro 30 giorni di nuove sanzioni contro la Francia, è inaccettabile", ha ammonito il ministro. "Questo non è il comportamento che ci aspettiamo dagli Stati Uniti nei confronti di uno dei suoi principali alleati, la Francia e in generale l'Europa".

Sulla questione, anche Bruxelles ha preso posizione: l'Unione europea "agirà e reagirà con una sola voce e rimarrà unità, ci stiamo coordinando con le autorità francesi sui prossimi passi", ha riferito Daniel Rosario uno dei portavoce della Commissione Ue.



Twitter dopo aver bannato Trump ha perso cinque miliardi di fatturato in un giorno dopo che decine di milioni hanno eliminato il loro profilo.
Dario Berardi
11 gennaio 2021

https://www.facebook.com/dario.berardi. ... 2326729280

Una vera e propria moria di profili in tutto il mondo, tutte persone che hanno abbandonato la piattaforma social, tra cui nel mio piccolissimo anche io che non conto un benemerito cazzo, ma che se unito ad altre decine di milioni di persone iniziamo a pesare, e pure tanto.
La cosa più interessante è che gli account cancellati sono in primis da paesi africani ed asiatici, a dimostrazione di quanto il Presidente Trump sia stato apprezzato in tutto il mondo perché ha promosso la pace tra i popoli, chiudendo nei suoi quattro anni di presidenza, che secondo me verranno rimpianti anche e soprattutto da chi lo ha contestato in maniera aproristica, solo per partito preso perché i media mainstream hanno fatto una campagna diffamatoria e faziosa nei suoi confronti.
Grazie a Trump alcuni paesi arabi hanno riconosciuto finalmente Israele, la Korea del Nord non ha più fatto minacce nucleari e last but not least Il Kossovo e la Serbia hanno iniziato a dialogare.
A riguardo dell'ultimo fatto, che ci riguarda da molto vicino in quanto europei, l'atteggiamento della UE fa capire molte cose: sia il governo serbo che quello kossovaro hanno riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele ma Bruxelles ( o meglio Berlino) ha diffidato i rappresentanti dei due paesi balcanici di presenziare all'incontro ufficiale dove si sanciva l'accordo, pena il blocco degli accordi di partenariato con della UE con la Serbia ed il Kosovo.
A volte sento dire o scrivere che "la UE ha garantito 70 anni di pace in Europa". Questo è falso per una serie di motivi tra cui, il più banale, è che la UE è iniziata ad esistere nel 1991 con Maastricht e che prima l'Europa era solo una organizzazione di libero scambio senza dazi, una unione commerciale, la CEE, cioè quello che sarebbe dovuta rimanere se non fosse successo che qualche centinaia di persone avessero preso il potere su tutto il continente, senza neanche essere votati da nessuno e senza alcuna legittimazione popolare, cosa indispensabile se si parla di Democrazia.
La realtà è che Trump ha fatto molto più per la pace nel mondo di Ursula Von Der Cazzemberg o come si chiama, dei padri fondatori della UE e di tutti quelli che sventolano la bandiera blu con le stellette.
Di sicuro ha fatto molto di più di Obama, insignito col nobel per la Pace, che ha pianificato col suo governo le guerre civili in Libia, Siria e Yemen.
Siamo in tanti ad aver capito ormai che la realtà, quella vera, è un bel po diversa da quella raccontata dai media generalisti e dai canali TV che parlano ormai di un mondo che non esiste più.
In realtà non so neanche se sia mai esistito questo mondo di cui parlano, ma poco importa.
Quello che importa è che il buonismo, le falsità e le censure hanno rotto i coglioni e che questo concetto qualcuno lassù lo deve intendere, in un modo o nell'altro.



Trump tacciato da Twitter: anche Francia e Germania si uniscono alla critica
Nik Cooper
11 dicembre 2021

https://avantilive.it/trump-tacciato-da ... a-critica/

Anche la Francia condanna la decisione presa da Twitter di tacciare il presidente uscente degli Stati Uniti, Donald Trump, sottolineando che regolamentare la rete non spetta ai colossi del web. “Ciò che mi sciocca è che sia Twitter a decidere di chiudere” il profilo di Trump, ha dichiarato il ministro francese dell’economia, Bruno Le Maire, intervistato ai microfoni di Radio France inter.

“La regolamentazione dei colossi del web – aggiunge Le Marie – non può avvenire attraverso la stessa oligarchia digitale”. La decisione presa da Twitter ha suscitato aspre polemiche in tutto il globo, anche la cancelliera tedesca Angela Merkel ritiene “problematica” la chiusura da parte di diversi social network, tra cui Twitter, degli account del presidente uscente degli Stati Uniti Donald Trump: lo ha riferito il suo portavoce. “E’ possibile interferire con la libertà di espressione, ma secondo i limiti definiti dal legislatore, e non per decisione di un management aziendale”, ha spiegato in conferenza stampa Steffen Seibert. “Questo è il motivo -ha aggiunto- per cui il Cancelliere ritiene problematico che gli account del presidente americano sui social network siano stati chiusi in maniera definitiva”.



Perché c'è da avere paura della guerra di Big Tech alla libertà di espressione
Marco Faraci
11 gennaio 2021

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... pressione/

La sospensione degli account di Donald Trump sui maggiori social network e il parziale oscuramento della piattaforma Parler rappresentano dei fatti enormi per come si configura e sviluppa la politica ai nostri giorni, probabilmente più importanti degli stessi fatti di Washington del 6 gennaio.

È in atto una partita importantissima sulla libertà di espressione che potrebbe avere una valenza fondamentale per il futuro della nostra democrazia.

Gli eventi del Campidoglio hanno probabilmente rappresentato solo il “casus belli” per avviare un’ampia strategia di de-platforming della destra americana che era in preparazione da tempo.

Il blocco di Trump su Facebook e Twitter è stato giustificato da una presunta sua violazione delle regole di tali piattaforme. Tuttavia, è difficile ritenere che siano posizioni sopra le righe da parte di Trump a giustificare la sospensione dell’account del presidente, nel momento in cui i maggiori social network ospitano senza problemi Hamas, Khamenei, Erdogan o le fonti ufficiali cinesi che in questi giorni disinvoltamente indoravano campi di concentramento e pulizia etnica come opportunità di sviluppo e di emancipazione civile.

Particolarmente significativa è, del resto, la posizione assunta dall’importante dissidente russo Alexey Navalny che ha duramente stigmatizzato l’oscuramento di Donald Trump pur essendo notoriamente un suo feroce critico.

“A mio modo di vedere, la decisione di bannare Trump è stata basata su emozioni e su preferenze politiche di parte. Non ditemi che è stato bannato per aver violato le regole di Twitter. Io ricevo da anni minacce di morte ogni giorno e Twitter non ha mai bannato nessuno. Tra le persone che hanno account Twitter ci sono assassini (Putin e Maduro), bugiardi e ladri (Medvedev). Da molti anni Twitter, Facebook e Instagram sono stati usati come base dalla troll factory di Putin e da gruppi simili in paesi autoritari. Certo Twitter è una società privata, ma abbiamo visto tanti esempi in Russia e in Cina di come questo tipo di società private divengono i migliori amici dello Stato e gli effettivi attuatori delle politiche di censura. Se sostituisci la parola Trump con la parola Navalny nel dibattito di oggi, ottieni un buon 80 per cento dell’argomentazione del Cremlino sul perché io non debba essere menzionato sui media e non mi debba essere consentito di partecipare alle elezioni”.

Se si pensa all’uso libero delle piattaforme fatte dai movimenti di sinistra radicale che nell’ultimo anno hanno messo a ferro e fuoco le città americane, appare chiaro che la decisione di silenziare Trump non è giustificabile secondo nessun criterio “oggettivo” di preservazione di un dibattito politico democratico e pacato.

Il ban di Trump è semplicemente funzionale alla partita del progressismo per conseguire una incontrastata egemonia culturale e mediatica sugli Stati Uniti e, più in generale, sull’Occidente. Niente altro interessa. Xi Jinping o Putin non sono un pericolo perché sono fuori dall’ambito di azione del progressismo occidentale e quindi con loro una convivenza, basata su una sorta di “cujus regio, ejus religio”, non è assolutamente problematica – anzi in qualche modo dalle collaudate strategie cinesi di controllo sociale e di “purificazione” del dibattito pubblico c’è persino da imparare.

C’è chi finora ha sottovalutato le implicazioni di tutto questo, anche sulla base di argomentazioni strettamente “liberiste”. In fondo le piattaforme sono private e quindi dovrebbero avere il potere di decidere le proprie politiche di moderazione, fossero anche apertamente discriminatorie. E se a qualcuno non sta bene, che si fondi la propria piattaforma! Tuttavia, questi giorni hanno segnato una profonda escalation della strategia censoria. Non solamente Donald Trump è stato allontanato dai social media tradizionali, ma subito dopo gli app store di Google e di Apple hanno rimosso l’applicazione della piattaforma alternativa Parler, in modo che non possa più essere scaricata, mentre Amazon sta minacciando di rimuovere lo hosting del sito web della stessa Parler.

Questo viene a determinare uno scenario gravissimo, in cui non solamente politici sgraditi vengono rimossi dai social network “di massa”, ma viene anche impedita la possibilità di far ricorso a strumenti di comunicazione indipendenti alternativi.

Siamo, forse per la prima volta nella storia, in una condizione di effettivo oligopolio e di effettivo cartello nel campo dei mezzi di comunicazione e, per molti versi, è ironico come questa condizione abbia la totale benedizione proprio di quella sinistra che per decenni si è scagliata contro il pericolo per la libertà rappresentata dalle “concentrazioni di mercato”.

Quello che maggiormente fa paura oggi è il movimento sostanzialmente coordinato di tutti i principali player che sarebbe difficilmente spiegabile in una chiave prettamente “economicistica”. In effetti, nel caso in cui un’azienda compia una scelta controversa che si ponga fortemente contro i desideri di parte importante del pubblico, il comportamento normale che ci si aspetterebbe dalle altre imprese sarebbe quello di andare a controbilanciare quella scelta con dei posizionamenti che coprano gli spazi di mercato lasciati scoperti. In altre parole, se l’azienda A sceglie di non dare più voce al politico più popolare di metà dell’America, l’azienda B concorrente dovrebbe logicamente muoversi per offrire un prodotto diverso e strappare alla prima gigantesche fette di mercato.

L’assoluto coordinamento tra i principali attori (Facebook, Twitter, Google, Amazon) fa chiaramente intravedere come le scelte emergano da quella che è de facto una regia politica, che nasce da una saldatura manifesta tra Big Tech e Big Government. E purtroppo è una dinamica molto simile a quella a cui assistiamo nei paesi autoritari.

In questo conteso limitarsi a dare una lettura esclusivamente “privatistica” delle scelte dei giganti dei nuovi media appare poco convincente. Sembra evidente che ci troviamo di fronte ad uno scenario che non è minimamente paragonabile alle scelte editoriali “partigiane” di un giornale o di una singola televisione.

Siamo in una fase storica in cui la nostra “identità digitale” rappresenta una parte importante di noi. Vale per i maggiori politici, ma vale anche per ogni singolo cittadino. Nel mondo di oggi, cancellare un’identità digitale vuol dire, di fatto, condannare ad una morte civile. Il fatto che Big Tech con pochi click possa spegnere dei cittadini o interi gruppi e i loro rappresentanti è qualcosa, per molti versi, di agghiacciante.

Il peggio che si possa fare è non comprendere il carattere assoluto del pericolo che stiamo correndo e ridurre la questione a un tifo a favore o contro Trump – o comunque di ricondurre la vicenda solo ad una “risposta” a specifici atteggiamenti del presidente uscente. La questione è molto più importante e ci parla del futuro della libertà di espressione, anche perché se accettiamo di buon grado che Trump sia silenziato dobbiamo prepararci a vedere ridotta sempre più nel tempo la finestra di Overton delle opinioni accettabili sui “social”.

Non importa amare Trump e non importa essere particolarmente “di destra”, per comprendere la gravita della situazione. Per parafrasare la famosa poesia di Martin Niemöller – e senza nessuna volontà di trivializzare la tragedia della Seconda Guerra Mondiale – “prima cancellarono gli account dei fascisti ed io feci salti di gioia perché hanno idee ignobili, poi cancellarono quelli della Religious Right ed io tutto sommato fui contento perché in fondo sono solo bigotti e omofobi, poi cancellarono quelli di Donald Trump e dei suoi e penso che fecero bene perché in fondo Trump era uno sbruffone e uno screanzato, poi cancellarono quelli dei leader del centro-destra italiano e me ne feci una ragione perché sognavo un centro-destra migliore, poi cancellarono il mio e non c’era rimasto più nessuno su internet che potesse difendermi”.



"UCCIDI L'ANGELO, COSI' GLI UOMINI CAPIRANNO CHE NON HANNO SPERANZA"
Paolo Bardicchia:

Per chi non lo sapesse, Ron Paul è un ex membro del Congresso, un Repubblicano di idee libertariane, una delle persone più colte e pacifiche del mondo, un veterano, un eccellente medico noto per la sua attività gratuita nei confronti dei poveri, e che si è guadagnato il soprannome di Custode della Costituzione per le sue posizioni sempre a favore dei diritti tutelati nella Carta.
In coerenza con le sue posizioni personali, pagò di tasca sua tutte le spese per l'educazione dei suoi figli e ha rinunciato alla pensione da parlamentare.
È stato apertamente detestato dai media e dalle agenzie statali per la sua coerenza cristallina, al punto di oscurarlo quando si candidò alla Presidenza nel 2012.
È in pensione dal 2012, guida una Fondazione con il suo nome che diffonde i valori liberali della Scuola Austriaca e partecipa a uno show radiofonico settimanale in cui discute di attualità politica con il suo modo pacato e signorile.
Suo figlio Rand Paul, anch'egli medico e Senatore, porta avanti le stesse istanze libertariane e il 6 gennaio non esitò a dire che il suo giuramento alla Costituzione gli impediva di votare contro la ratifica della vittoria di Biden.
Trumpiani arrabbiati e pericolosi? Certamente no.
Nonostante questo, Facebook ha bloccato la pagina di Ron Paul per aver "violato la policy".
Un'accusa tanto assurda e pretestuosa che farebbe ridere se non si inserisse in un ormai evidente azione di distruzione di ogni forma di opposizione, anche quella più corretta e pacifica.
Il nuovo terrore passa attraverso il buio ed il silenzio social.



Donald J. Trump
ha aperto un suo profilo ufficiale su Gab.com, piattaforma speculare a facebook indipendente dalle big tech che hanno finanziato Biden. Sembra che The Donald abbia deciso di acquistare la piattaforma che nasce per essere 100% senza censura.
Attualmente Gab funziona solo andando sul sito internet, non ha ancora un'app da scaricare sul cellulare.
Ieri sono andato su Gab.com e ho aperto una pagina, il sito era molto lento perché soprattutto negli USA c'è stata una vera e propria transumanza verso questo social network.
Da Gab fanno sapere di avere acquistato nuovi server e nuove infrastrutture per rendere la app più performante e adatta a reggere traffico di milioni di persone. Gab non usa server Amazon.
L'attuale proprietario di Gab fa sapere che sono al lavoro per sviluppare un sistema operativo, sicuramente linux-based come Android, per Smartphone.
Con questa mossa si aggira lo strapotere e il monopolio di Google.
La guerra digitale è iniziata, presto ci vediamo su Gab!

https://gab.com/



Ma cosa ha davvero detto Trump a Washington? Riforma elettorale e dei Social al centro del dibattito politico Usa Musso
12 gennaio 2021

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... itico-usa/

Dei fatti del Campidoglio abbiamo sentito tutti. Ma li conosciamo? Essi ruotano intorno a sei interventi: il primo di Trump, il secondo ed il terzo di Biden, il quarto breve di Trump, il quinto del capo della comunicazione di quest’ultimo, il sesto ancora di Trump. Parliamo qui del primo. Dal discorso è chiaro che non è stato Trump ad indicare alla folla di fare irruzione in Campidoglio, tanto meno ad incitarlo. Ed è altrettanto chiaro che il nucleo della sua proposta politica per il futuro, della sua piattaforma, è la riforma elettorale, incluso intervento sui Social Network: chi ignora tale piattaforma, ignora la sostanza del dibattito politico americano prossimo venturo.

Trump sul pratone del parco dell’Ellisse in Washington DC, la mattina dell’Epifania, ha pronunciato un lungo discorso alla folla dei propri simpatizzanti: “our movement”, il nostro movimento. La manifestazione è affollata: “arrivate sino al monumento a Washington”.

Qua e là descrive le sciagure che, secondo lui, perpetreranno i Democratici al governo (per esempio “loro volevano eliminare il Jefferson Memorial … con questa nuova amministrazione potrebbe accadere”, oppure “avete visto, l’altro giorno, Joe Biden dire: io voglio eliminare la politica di America First”, infine uno sberleffo ad Hillary Clinton), ma solo per cenni: non è quello lo scopo del discorso. La parte centrale è dedicata ad una elencazione dei brogli asseritamente subiti, lunghissima (“ma potrei continuare per un’altra ora”). Elencazione necessaria – dice – perché e i media “sono silenti. Si chiama soppressione ed è ciò che accade nei Paesi comunisti”. Il riferimento non è alla vecchia URSS, ma alla nuova Cina: è “usando il pretesto del virus cinese (China virus)” che i Democratici avrebbero fatto ciò di cui il discorso li accusa.

A causa di tali asseriti brogli, la nomina di Biden non può essere certificata: “ora spetta al Congresso affrontare questo grave assalto alla nostra democrazia” … quello portato dai Democratici, si intende, perché lui, Trump, la Costituzione la sta difendendo. “Dicono che contestare le elezioni non è americano”, ma è in realtà vero il contrario: “noi, insieme, siamo determinati a difendere e preservare il governo del Popolo, dal Popolo e per il Popolo”, che è la cosa più americana che ci sia. Non americana è l’elezione di Biden: “basta dare un’occhiata ai Paesi del terzo mondo, le loro elezioni sono più oneste di quelle alle quali abbiamo assistito in questo Paese. È una vergogna”.

Deputati e senatori repubblicani che si oppongono “sono guerrieri, sono lì dentro [nel Campidoglio] lavorando come mai si è visto prima, studiando le radici della Costituzione perché essi sanno che abbiamo il diritto di respingere un voto illegalmente raccolto”; mandarlo indietro agli Stati perché compiano un nuovo processo di certificazione: “recertify”. Dovrebbe farlo il suo vicepresidente, Mike Pence, che è pure presidente del Senato e della cerimonia di ratifica: “Ho parlato con Mike. Ho detto, Mike, non ci vuole coraggio, quello per cui ci vuole coraggio è far nulla … [E Pence:] la Costituzione non mi permette di rimandarli agli Stati. Ebbene, direi di sì, lo fa perché la Costituzione dice che devi proteggere il nostro Paese, e devi proteggere la nostra Costituzione, e non puoi votare con la frode, e le frodi distruggono tutto, no? Quando cogli un frodatore, puoi seguire regole molto diverse. Quindi spero che Mike abbia il coraggio di fare quello che deve fare, e spero che non ascolti i RINOs (Republicans in name only) e le sciocche persone che sta ascoltando”.

Dopo Pence, la Corte Suprema: “Sapete, vedete, io non sono contento della Corte Suprema. Amano governare contro di me. Ho scelto tre persone. Ho combattuto come un inferno per loro. Per una in particolare ho combattuto … L’abbiamo fatto passare e, sai una cosa, a loro non potrebbe fregarne di meno … la leggenda è che sono i miei burattini … e, ora, l’unico modo per uscirne – loro la odiano, non va bene nel circuito sociale – l’unico modo per uscirne è sentenziare contro Trump, quindi diamo torto a Trump, e lo fanno”; lo stesso il procuratore generale Bill Barr: “improvvisamente Bill Barr è cambiato, se non l’aveste notato. Mi piace Bill Barr, ma è cambiato perché non voleva essere considerato il mio avvocato personale”.

Tutti costoro, cosa sono? Li ha appena chiamati RINOs (Republicans in name only), una volta li chiama “Washington swamp”, la palude di Washington come da gergo tradizionale. Ma l’espressione che preferisce è “weak Republicans”: “Repubblicani deboli, e questo è, lo credo veramente. Penso li chiamerò così. Repubblicani deboli … ce n’è molti di loro. Hanno chiuso gli occhi. Anche quando i Democratici facevano politiche che mandavano lontani i nostri posti di lavoro, indebolivano le nostre Forze Armate, spalancavano i nostri confini, e mettevano l’America per ultima (America Last)”. Ebbene no, “voi dovete avere gente che si batte. E, se non si batte, anzitutto dobbiamo cacciare quelli che non si battono … I Repubblicani costantemente fanno come un boxeur con una mano legata dietro la schiena. È come un boxeur. E vogliamo essere così carini. Vogliamo essere così rispettosi di chiunque, pure della gente cattiva. E noi dovremo combattere con molta maggiore difficoltà”. Repubblicani deboli come Romney: “quando venne battuto, rispose col più tipico: beh, vorrei congratularmi con il vincitore. Il vincitore. Chi è stato il vincitore [questa volta], Mitt? Vorrei congratularmi. Non entrano nei fatti e non li guardano: oh, non so. È stato massacrato. Forse era giusto, forse sì – ecco cosa è successo”. Repubblicani deboli che oggi a Trump dicono: “non lasceremo che accada mai più … cercano di ottenere che io desista, dicono: tra quattro anni sei garantito”.

Trump non è d’accordo: “perché voi non riprenderete mai il nostro Paese con la debolezza. Dovete mostrare forza e dovete essere forti”. Perciò, “siamo venuti a chiedere al Congresso di fare la cosa giusta e di contare solo gli elettori legittimamente iscritti. So che tutti qui presto marceranno verso il Campidoglio per far sentire pacificamente e patriotticamente le vostre voci … dopo questo, ci incamminiamo – e io sarò lì con voi, chiunque voglia, ma penso sia giusto – ci incamminiamo verso il Campidoglio. E faremo il tifo per i nostri coraggiosi senatori e membri del Congresso e probabilmente non faremo così tanto il tifo per altri di quelli”. E poi ancora, in chiusura:

“Quindi ci incammineremo lungo Pennsylvania Avenue (io amo Pennsylvania Avenue) e andremo al Campidoglio, e proveremo a dare (i Democratici sono senza speranza, non votano mai per niente, nemmeno un voto, ma proveremo) daremo ai nostri Repubblicani (i deboli perché i forti non hanno bisogno del nostro aiuto), ci proveremo, proveremo a dare loro quel tipo di orgoglio ed audacia dei quali hanno bisogno per riprendere il nostro Paese. Quindi, ci incamminiamo lungo Pennsylvania Avenue”.

A che fine? “Oggi vedremo se abbiamo leader grandi e coraggiosi o se abbiamo leader che dovrebbero vergognarsi di se stessi per i secoli a venire, per l’eternità (…) Se fanno la cosa sbagliata, non dovremmo mai, mai dimenticare che l’hanno fatto”. Cioè, sapranno chi sono i Repubblicani forti. Questo è lo scopo della marcia: non convincere i Democratici, ma selezionare i Repubblicani. I Repubblicani forti, va bene, ma per farci che? Beh … per arruolarli nel movimento: “le nostre emozionanti avventure e le nostre imprese più audaci non sono ancora iniziate. Miei concittadini americani, per il nostro movimento, per i nostri figli e per il nostro amato Paese (e lo dico nonostante tutto quello che è successo) il meglio deve ancora venire … Oggi non è la fine, è solo l’inizio”.

Il nostro movimento. Quale movimento? “Oggi, oltre a contestare la certificazione delle elezioni, chiedo al Congresso e alle legislature statali di approvare rapidamente ampie riforme elettorali”. Riforme elettorali. Quali?

“Approveremo finalmente forti requisiti per l’identificazione dell’elettore. Hai bisogno di una carta d’identità per incassare un assegno, hai bisogno di una carta d’identità per andare in una banca, per comprare alcolici, per guidare un’auto; ogni persona dovrebbe avere bisogno di mostrare un documento d’identità per poter esprimere la cosa più importante: il voto”.
“Richiederemo anche una prova di cittadinanza americana per poter votare nelle elezioni americane”.
“Vieteremo la raccolta delle schede elettorali (ballot harvesting) e vieteremo l’uso di cassette di raccolta delle schede postali (drop box) non sicuri, usati per commettere dilaganti frodi elettorali. Queste caselle di posta sono fraudolente. Raccolgono, scompaiono, e poi, all’improvviso, si presentano. È fraudolento”.
“Interromperemo la pratica del voto universale per corrispondenza non richiesto dall’elettore”.
“Puliremo le liste elettorali e garantiremo che ogni singola persona che ha espresso un voto sia un cittadino del nostro Paese, un residente dello Stato in cui vota, e il loro voto sia espresso in modo lecito e onesto”.
“Ripristineremo la vitale tradizione civica del voto di persona il giorno delle elezioni, in modo che gli elettori possano essere pienamente informati quando fanno la propria scelta”.
Infine, una questione solo apparentemente non elettorale: “i monopoli tecnologici abusano del proprio potere ed interferiscono nelle nostre elezioni”, perciò debbono rispondere delle loro azioni, come un qualunque editore.

Questo il programma del movimento. Un programma radicale? Beh, forse sì, avendo a mente il putrefatto presente del sistema elettorale americano; assai meno radicale per un italiano od un altro europeo, trattandosi di replicare negli Stati Uniti le condizioni minime, sotto le quali nessuno di noi considererebbe le elezioni nel proprio Paese come legittimamente svolte. Ovviamente, Trump lo dice con parole sue: “Penso che uno dei nostri più grandi risultati sarà la sicurezza delle elezioni (election security), perché nessuno, fino a quando sono arrivato io, aveva idea di quanto fossero corrotte le nostre elezioni. Quasi chiunque altro, sarebbe rimasto lì, alle 9 di sera [il giorno delle elezioni, ndr], avrebbe detto ‘voglio ringraziarvi molto’ e se ne sarebbe andato a condurre qualche altra vita. Ma io ho detto che qui qualcosa non funziona, qualcosa è veramente sbagliato, non può essere successo e noi lottiamo, lottiamo come leoni (we fight like hell). E, se non combattete come dei leoni, non avrete più un Paese”, “non lasceremo che silenzino le vostre voci. Non lasceremo che accada”.

Sin qui Trump. Dopodiché la manifestazione si è mossa verso il Campidoglio, come lui aveva chiesto, dove poi è tracimata dentro il Campidoglio, come tutti sappiamo. Dal discorso è chiaro che non è stato Trump ad indicare alla folla quest’ultimo passo, tanto meno ad incitarlo; ancorché ciò sia fieramente dibattuto, come vedremo nel prossimo articolo. Ed è altrettanto chiaro che il nucleo della sua proposta politica per il futuro, della sua piattaforma, è la riforma elettorale, incluso intervento sui Social Network: chi ignora tale piattaforma, ignora la sostanza del dibattito politico americano prossimo venturo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Trump sei ancora la nostra speranza di bene

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2021 7:45 pm

Caccia alle streghe: le corporazioni-stato, al servizio dell'ideologia progressista, censurano quel che sa di "destra"
Atlantico Quotidiano
Enzo Reale Da Barcellona
12 gennaio 2021

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... di-destra/

Big Tech ha ceduto alle pressioni della parte politica cui si sente più affine per diventare il braccio esecutivo della censura che i governi non possono attuare direttamente: tutto quello che sa di “destra” diventa automaticamente passibile di riprovazione, assimilabile all’eversione sotto le etichette ormai inflazionate di “fascismo” e “hate speech”, mentre dominano quasi indisturbati apologeti di regimi anti-democratici e anti-occidentali, fanatismi religiosi e terzomondismi. La sgradevole sensazione è che il contenitore onnicomprensivo dell’hate speech altro non sia, a questo punto della storia, che l’ultima e più sofisticata formula di soppressione delle opinioni non omologate, un’etichetta che chi mantiene il controllo del discorso pubblico si riserva di applicare a piacimento a chiunque pensi in modo differente…

Sulla vicenda Trump-Twitter (ma anche Facebook-Instagram, Snapchat, TikTok) si delineano essenzialmente tre posizioni relativiste o giustificazioniste. La prima: non è un problema di censura ma di ordine pubblico; la seconda: si tratta di un caso eccezionale, da cui non si può estrapolare una lezione generale; la terza: non possiamo metterci a sindacare i criteri con cui un operatore privato decide di escludere o ammettere i suoi utenti e la selettività del criterio non inficia le ragioni di fondo (le ultime due sono strettamente collegate, vedremo fra poco perché). Forse ce ne sono anche altre ma queste mi sembrano le più frequenti e rilevanti.

Per quanto sembri incredibile, c’è chi continua a pensare che il fatto che Zuckerberg o Dorsey tolgano la parola al presidente in carica degli Stati Uniti (loro non eletti da nessuno, lui sì) sia un problema che riguarda solo le parti in causa. Purtroppo le cose sono un po’ più complicate di così.
Chi si richiama a ragioni di ordine pubblico dopo l’assalto al Campidoglio dimentica che la guerra di Twitter (per comodità mi riferisco solo a questa piattaforma) al presidente non comincia il 6 gennaio 2021. La sospensione dell’account è solo l’atto finale di una serie di avvertimenti e procedure di infrazione che hanno costellato la maggior parte delle esternazioni presidenziali negli ultimi mesi. Quando Twitter, che – ricordiamolo – è ancora ufficialmente uno spazio pubblico di diffusione di contenuti e non un editore degli stessi, decide che esiste un “rischio di incitazione alla violenza” e per questo chiude il canale presidenziale, rinuncia implicitamente alla garanzia della sezione 230 del Communications Decency Act che la esonera da responsabilità per i contenuti di soggetti terzi.

Il criterio di Twitter diventa allora politico e va valutato come tale: se, come sostengono i difensori della censura presidenziale, la piattaforma aveva il diritto di “proteggersi” dalle conseguenze di un presunto tentativo insurrezionale orchestrato attraverso le sue pagine, sarà difficile non ritenere la piattaforma responsabile di tutti i contenuti potenzialmente nocivi che non vengano rimossi. Il richiamo all’ordine pubblico si rivela quindi una trappola, non solo per l’utenza ma anche per la stessa piattaforma, a meno di non voler ritenere che solo alcuni tipi di esternazioni siano suscettibili di alterarlo e non altri.

Il che ci porta direttamente al secondo e al terzo punto: ideologia e discrezionalità. Aleksei Navalny, in un thread semplice ma pedagogico sul caso Trump, ha fatto sapere di considerare la decisione di sospendere l’account il risultato di “emozioni e preferenze politiche personali”, aggiungendo che, fatta salva la differenza fra censura di Stato e scelte di soggetti privati, esistono “molti esempi in Russia e in Cina di società private che sono diventate le migliori alleate dell’apparato statale in materia di censura”. È significativo, al riguardo, che proprio mentre infuriava la polemica, il South China Morning Post di Hong Kong informasse dell’aggiornamento delle procedure previste dal Partito Comunista Cinese per il controllo di Internet e la “lotta alle fake news”. Sostituite fake news con hate speech e il concetto risulterà subito più chiaro.

No, quello di Trump non è un caso eccezionale, ma solo il più clamoroso di una tendenza presente da tempo nei mezzi di comunicazione tradizionali, all’interno del mondo accademico e ormai predominante a livello di opinione pubblica occidentale, di cui Silicon Valley si è fatta braccio esecutivo: una lettura della realtà conforme ai criteri di un supposto progressismo che indica non solo quel che si può dire e quel che è conveniente tacere ma soprattutto chi può esprimersi in un certo modo e chi non è autorizzato a farlo.

Non si tratta ovviamente di permettere a terroristi o bande armate di proclamare l’insurrezione attraverso la rete – siamo perfettamente in grado di percepire la differenza fra libertà di espressione e apologia della violenza – ma delle conseguenze a cascata di proibire certi tipi di discorsi e di salvarne altri: mentre tutto quello che sa di “destra” diventa automaticamente passibile di riprovazione, assimilabile all’eversione sotto le etichette ormai inflazionate di “fascismo” e “hate speech”, dominano il discorso pubblico quasi indisturbati apologeti di regimi anti-democratici e anti-occidentali, fanatismi religiosi di Stato e terzomondismi bolivariani approvati dall’establishment.

Non vale affermare che il compito delle democrazie liberali è quello di salvaguardare gli strumenti che favoriscono la libertà d’espressione dall’interferenza dell’autocrate di turno se contemporaneamente viene permesso agli autocrati di turno di usare Twitter praticamente senza interferenze. Non è benaltrismo far notare che, mentre si ci si dimostra implacabili con le intemperanze verbali di un presidente Usa chiaramente finito dal punto di vista politico, non si reagisce di fronte a un capo di Stato nel pieno esercizio delle proprie funzioni che nega l’Olocausto o incita alla distruzione di Israele, o a una rappresentanza diplomatica di una superpotenza dittatoriale che esalta le politiche di sterilizzazione forzata della popolazione uigura. È proprio su questi aspetti, invece, che si gioca la credibilità di chi pretende di agire in difesa dei valori democratici, assumendosi senza esserne stato richiesto un incarico così gravoso e controverso come quello di limitare la libertà d’espressione a seconda delle circostanze.

Ammesso e non concesso che si possa e si debba bandire dal dibattito pubblico l’hate speech, resta il fondamentale e probabilmente irrisolvibile problema della sua definizione: chi decide cosa sia discorso d’odio e in base a quali criteri? Jack Dorsey, Mark Zuckerberg, un gruppo di moderatori che filtrano le conversazioni dall’altra parte del pianeta o i solerti compilatori delle liste di proscrizione contro l’estrema destra? In base a quale principio il contestare la regolarità di un’elezione diventa automaticamente fake news mentre il definire i votanti di Trump come bifolchi esponenti di una sottocultura da debellare è solo la libera espressione di un’opinione politica?

Questioni troppo grandi per essere lasciate all’arbitrio e all’improvvisazione di corporazioni-stato al servizio dell’ideologia dominante o in grado di condizionarla. Questioni che, in assenza di risposte convincenti, non possono che confermare la sgradevole sensazione che il contenitore onnicomprensivo dell’hate speech altro non sia, a questo punto della storia, che l’ultima e più sofisticata formula di soppressione delle opinioni non omologate, un’etichetta che chi mantiene l’iniziativa si riserva di applicare a piacimento a chiunque pensi in modo differente. Questioni, infine, che suggerirebbero di astenersi prudentemente dal promuovere o dall’approvare qualsiasi limitazione della libertà di espressione che non sia contemplata dalla legislazione vigente che, anche nelle democrazie liberali, si incarica già di isolare determinate fattispecie di reato (apologia del terrorismo, sedizione, incitazione alla rivolta, minacce e così via secondo i rispettivi codici penali e le rispettive costituzioni) in base al salutare e fondamentale principio secondo cui tutto ciò che non è espressamente sanzionato dev’essere consentito.

In fondo quel che più sconcerta di tutta questa vicenda è la facilità con cui anche chi non esita a definirsi democratico e liberale ha accettato di delegare la ridefinizione di concetti essenziali della nostra tradizione politica a chi non ha né la capacità, né la legittimazione, e alla fine forse neppure l’interesse a farlo.



FTC Sues Facebook for Illegal Monopolization
9 dicembre 2020

https://www.ftc.gov/news-events/press-r ... polization

The Federal Trade Commission today sued Facebook, alleging that the company is illegally maintaining its personal social networking monopoly through a years-long course of anticompetitive conduct. Following a lengthy investigation in cooperation with a coalition of attorneys general of 46 states, the District of Columbia, and Guam, the complaint alleges that Facebook has engaged in a systematic strategy—including its 2012 acquisition of up-and-coming rival Instagram, its 2014 acquisition of the mobile messaging app WhatsApp, and the imposition of anticompetitive conditions on software developers—to eliminate threats to its monopoly. This course of conduct harms competition, leaves consumers with few choices for personal social networking, and deprives advertisers of the benefits of competition.

The FTC is seeking a permanent injunction in federal court that could, among other things: require divestitures of assets, including Instagram and WhatsApp; prohibit Facebook from imposing anticompetitive conditions on software developers; and require Facebook to seek prior notice and approval for future mergers and acquisitions.

“Personal social networking is central to the lives of millions of Americans,” said Ian Conner, Director of the FTC’s Bureau of Competition. “Facebook’s actions to entrench and maintain its monopoly deny consumers the benefits of competition. Our aim is to roll back Facebook’s anticompetitive conduct and restore competition so that innovation and free competition can thrive.”

According to the FTC’s complaint, Facebook is the world’s dominant personal social networking service and has monopoly power in a market for personal social networking services. This unmatched position has provided Facebook with staggering profits. Last year alone, Facebook generated revenues of more than $70 billion and profits of more than $18.5 billion.

Anticompetitive Acquisitions

According to the FTC’s complaint, Facebook targeted potential competitive threats to its dominance. Instagram, a rapidly growing startup, emerged at a critical time in personal social networking competition, when users of personal social networking services were migrating from desktop computers to smartphones, and when consumers were increasingly embracing photo-sharing. The complaint alleges that Facebook executives, including CEO Mark Zuckerberg, quickly recognized that Instagram was a vibrant and innovative personal social network and an existential threat to Facebook’s monopoly power.

The complaint alleges that Facebook initially tried to compete with Instagram on the merits by improving its own offerings, but Facebook ultimately chose to buy Instagram rather than compete with it. Facebook’s acquisition of Instagram for $1 billion in April 2012 allegedly both neutralizes the direct threat posed by Instagram and makes it more difficult for another personal social networking competitor to gain scale.

Around the same time, according to the complaint, Facebook perceived that “over-the-top” mobile messaging apps also presented a serious threat to Facebook’s monopoly power. In particular, the complaint alleges that Facebook’s leadership understood—and feared—that a successful mobile messaging app could enter the personal social networking market, either by adding new features or by spinning off a standalone personal social networking app.

The complaint alleges that, by 2012, WhatsApp had emerged as the clear global “category leader” in mobile messaging. Again, according to the complaint, Facebook chose to buy an emerging threat rather than compete, and announced an agreement in February 2014 to acquire WhatsApp for $19 billion. Facebook’s acquisition of WhatsApp allegedly both neutralizes the prospect that WhatsApp itself might threaten Facebook’s personal social networking monopoly and ensures that any future threat will have a more difficult time gaining scale in mobile messaging.

Anticompetitive Platform Conduct

The complaint also alleges that Facebook, over many years, has imposed anticompetitive conditions on third-party software developers’ access to valuable interconnections to its platform, such as the application programming interfaces (“APIs”) that allow the developers’ apps to interface with Facebook. In particular, Facebook allegedly has made key APIs available to third-party applications only on the condition that they refrain from developing competing functionalities, and from connecting with or promoting other social networking services.

The complaint alleges that Facebook has enforced these policies by cutting off API access to blunt perceived competitive threats from rival personal social networking services, mobile messaging apps, and other apps with social functionalities. For example, in 2013, Twitter launched the app Vine, which allowed users to shoot and share short video segments. In response, according to the complaint, Facebook shut down the API that would have allowed Vine to access friends via Facebook.

The lawsuit follows an investigation by the FTC’s Technology Enforcement Division, whose staff cooperated closely with a coalition of attorneys general, under the coordination of the New York State Office of the Attorney General. Participating Attorneys General include: Alaska, Arizona, Arkansas, California, Colorado, Connecticut, Delaware, the District of Columbia, Florida, Guam, Hawaii, Idaho, Illinois, Indiana, Iowa, Kansas, Kentucky, Louisiana, Maine, Maryland, Massachusetts, Michigan, Minnesota, Mississippi, Missouri, Montana, Nebraska, Nevada, New Hampshire, New Jersey, New Mexico, New York, North Carolina, North Dakota, Ohio, Oklahoma, Oregon, Pennsylvania, Rhode Island, Tennessee, Texas, Utah, Vermont, Virginia, Washington, West Virginia, Wisconsin, and Wyoming.

The Commission vote to authorize staff to file for a permanent injunction and other equitable relief in the U.S. District Court for the District of Columbia was 3-2. Commissioners Noah Joshua Phillips and Christine S. Wilson voted no.

NOTE: The Commission issues a complaint when it has “reason to believe” that the law has been or is being violated, and it appears to the Commission that a proceeding is in the public interest.

The Federal Trade Commission works to promote competition, and protect and educate consumers. You can learn more about how competition benefits consumers or file an antitrust complaint.



Alla Duma un disegno di legge per bloccare Twitter, Facebook e YouTube se limitano media russi
19 novembre 2020

https://www.rainews.it/dl/rainews/artic ... ffa06.html

Alla Duma, la camera bassa del Parlamento russo, è stato presentato un disegno di legge da un gruppo di deputati e di membri del Consiglio della Federazione che prevede sanzioni, fino al blocco totale, per i portali web che "limitano l'accesso al materiale informativo dei media russi" e "violano la libertà di ricevere informazioni in lingua russa". Lo riporta Interfax. La 'tagliola' scatta su indicazione del procuratore generale, con il consenso del ministero degli Esteri. L'autorità per le telecomunicazioni, Roskomnadzor, potrà limitare l'accesso a tali portali web in tutto o in parte, utilizzando l'hardware dei provider Internet. La legge potrà essere applicata a social come Twitter, Facebook e YouTube.

Gli autori del ddl hanno scritto nella nota esplicativa di accompagnamento che Twitter, Facebook e YouTube sono stati tra i portali che hanno bloccato informazioni dei media russi nel 2020. "Dall'aprile 2020, le autorità russe hanno ricevuto lamentele da parte delle redazioni dei media per la censura dei loro account da parte dei portali web stranieri Twitter, Facebook e YouTube", si legge. Il disegno di legge consente lo sblocco del portale dopo che il gestore cessa di limitare l'accesso al materiale informativo dei media russi o ad altre informazioni socialmente significative per motivi discriminatori. In tal caso il Roskomnadzor informerà il procuratore generale che il portale ha smesso di violare la legge e il procuratore generale potrà avviare la revoca delle restrizioni.



Feltri, sulla questione del blocco dell'account Twitter di Libero, ripete la litania "è un'azienda privata e quindi può fare quello che vuole".
12 gennaio 2021
Ma è una sciocchezza. Se un social censura chi non ritiene gradito, allora si comporta come un editore. Esempio pratico: se Repubblica vuole ospitare o meno il contributo di un intellettuale sulle sue pagine è liberissima di farlo. MA - questo il punto fondamentale - se agisce in questa maniera, cioè se seleziona preventivamente i suoi collaboratori, allora è implicitamente responsabile di tutto ciò che viene pubblicato sul giornale. Lo stesso, a questo punto, dovrebbe valere per Twitter. Si immagini che accadrebbe se in prima pagina su Repubblica comparissero pesanti insulti e diffamazioni di personaggi pubblici o conclamate istigazioni alla violenza o qualunque altra violazione della legge italiana. Repubblica riceverebbe così tante denunce e richieste di risarcimento da fallire. Si applichi lo stesso ragionamento a chi, scegliendo chi può utilizzare Twitter e chi no, si rende responsabile - essendoci una selezione iniziale - di contenuti violenti e/o pesantemente discriminatori. In questo senso gli Stati dovrebbero agire. Selezioni contenuti e utilizzatori? Ok, benissimo, ma per ogni post che viola la legge italiana dovrai risponderne in tribunale. In un paio di giorni Twitter chiuderebbe bottega o smetterebbe di censurare arbitrariamente.



Il presidente Donald J. Trump "La libertà di parola è sotto attacco come mai prima d'ora. Il 25 ° emendamento non ha rischi per me, ma tornerà a perseguitare Joe Biden e l'amministrazione Biden. Come dice l'espressione, fai attenzione a ciò che desideri.
"La bufala dell'impeachment è la continuazione della più grande e feroce caccia alle streghe nella storia del nostro paese, e sta causando un'enorme rabbia, divisione e dolore, molto più grandi di quanto la maggior parte delle persone possa mai capire".

https://www.facebook.com/watch/?ref=sav ... 6450915900

President Trump Delivers Remarks in Alamo, TX at the 450th Mile of New Border Wall 1/12/21
https://www.youtube.com/watch?app=deskt ... e=youtu.be





Ci tolgono la libertà
I social network e i motori di ricerca ci condizionano da sempre. E vogliono pure dirci chi può parlare e cosa possiamo leggere
Andrea Indini
12 gennaio 2021

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/pe ... 16011.html

Smettiamola pure di preoccuparci di un futuro senza più libertà. Quel futuro è presente, e non come realtà distopica alla George Orwell ma come grossolana quotidianità drammaticamente abituata senza battere ciglio a cedere porzioni di privacy e di indipendenza.

Ce le stanno portando via, senza neanche troppi sforzi, concedendoci servizi gratuiti o garantendoci sempre più comodità. Così, appena abbiamo iniziato a chiederci qual è il prezzo di questo nuovo mondo iperconnesso, ecco che ci siamo accorti che forse è già troppo tardi per fare qualcosa.

Ci aspettavamo un incubo dai contorni avveniristici come in Blade Runner o Matrix. Invece è qualcosa di più simile a un episodio di Black Mirror. E così un giorno ci siamo svegliati e ci siamo resi conto che è già tutto segnato. Troppo tardi per tornare indietro. Nessuna pillola blu per risvegliarsi dall'incubo, nessuna pillola rossa per sganciarci dalle catene. La realtà è molto più banale. È tale e quale a quella di cinquant'anni fa (niente macchine che volano, per intenderci), ma con una grande differenza: un mondo etereo, internet, che conta molto pù di quello tangibile. Ed è lì dentro che ci stiamo affossando. Per colpa nostra. Perché il mezzo non è mai il male, dipende tutto dall'uso che se ne fa. Tanto per intenderci: se prendiamo una scopa, è più importante la chioma o il bastone? Alla maggior parte delle persone verrebbe probabilmente da rispondere la prima perché anche senza manico si riesce a pulire ugualmente. A fatica, ma si riesce. Scopare, invece, solo con il manico è impossibile. Ma David Foster Wallace butta la palla oltre e in La scopa del sistema (Einaudi) fa notare che dipende tutto dall'uso che se ne vuole fare: "Se la scopa ci serve per spaccare una finestra, allora la parte fondamentale è chiaramente il manico". Internet permette a tutti di essere connessi. Accorcia le distanze. Un bene, no? I social servono proprio a questo. Ma attenzione: cosa succede se regaliamo le nostre vite (i desideri, i gusti, i segreti, i sentimenti, le fotografie, la localizzazione nel mondo) a società private il cui unico scopo è generare profitti? Cosa succede se i servizi che ci offrono sono gratuiti e quindi devono trovare un altro modo per arricchirsi? Mark Zuckerberg e compagnia bella, per quanto ci tengano talvolta a passare per filantropi, non sono certo enti caritatevoli. Ma soprattutto non sono neutrali.

Negli ultimi giorni abbiamo assistito, in un pericoloso silenzio anestetizzato, alla cacciata di Donald Trump da Facebook, Twitter e Instagram. Era nell'aria da mesi. Probabilmente in molti lo agognavano dal giorno in cui il tycoon ha iniziato a marciare verso la Casa Bianca. Zuckerberg ha colto l'occasione dopo gli scontri dello scorso 6 gennaio (l'assalto a Capitol Hill tra pagliacci vestiti da sciamani, assurde teorie cospirazioniste e morti vere) per spianare gli account dell'ormai prossimo ex presidente degli Stati Uniti. Il giro di vite non si è fermato lì. Molti sostenitori dell'alt right hanno fatto la stessa fine. Hate speech l'accusa. Incitamento all'odio e alla violenza. Ma non solo: in 70mila sono saltati perché paladini della teoria cospirazionista Qanon. E, quando questi "profughi" sono sbarcati su Parler, Google e Apple hanno estromesso l'app dai propri negozi digitali mentre Amazon l'ha cacciata dai propri server rendendo in questo modo la piattaforma, che si stava imponendo come il Twitter di estrema destra, irraggiungibile. Nelle ultime ore le purghe dei big della Silicon Valley si sono abbattute anche su Ron Paul, figura di riferimento del movimento libertario statunitense che nell'ultimo mese aveva già ricevuto uno strike da YouTube per aver video pubblicato un comizio di Trump.

Dovrebbe essere chiaro a tutti il fatto che il problema sia molto più imponente di quello che potrebbe anche non apparire in primissima battuta. Chi si trincera dietro al fatto che le big tech sono aziende private, e che quindi possono fare quello che vogliono, rischia di prendere una grandissima cantonata. Anche colossi come Facebook o Twitter sono, infatti, chiamati a rispettare i principi costituzionali. E la libertà di espressione è un diritto costituzionale da difendere sempre e comunque. Per questo nelle ultime ore sta facendo rumore anche la temporanea limitazione dell'account di Libero su Twitter. Al di là di chi è coinvolto nella stretta, il giro di vite dovrebbe spingere tutti a un'attenta riflessione. "La possibilità di interferire nella libertà di espressione – ha dichiarato Angela Merkel – è data solo nei limiti stabiliti dalle leggi e non può venire dalla decisione autonoma di un’impresa privata". Che cosa significa togliere il diritto di parola? Quali sono i rischi e le conseguenze di questa limitazione? Le big tech si limiterà all'oscuramento dei profili o troveranno il modo di stringere ulteriormente i cordoni? Da sempre, per esempio, i motori di ricerca hanno il potere di "premiare" o nascondere una notizia. Quali sono i principi che sottendono l'algoritmo che regola cosa possiamo leggere e cosa no? E ancora: chi controlla i censori delle nostre libertà?

Quest'ultimo punto non è certo meno importante degli altri. Dobbiamo tenere, infatti, presente che mentre questi colossi decidono cosa farci leggere o comprare, mentre plasmano i nostri gusti, mentre indirizzano le nostre scelte, ingrassano anche grazie ai dati che noi stessi diamo loro. Se da una parte ci mostrano quello che vogliamo vedere (azzeccando sempre quello che ci piace), dall'altra compiono un soft power che con il passare del tempo permette loro di intervenire attivamente sui nostri interessi pilotando in questo modo le nostre scelte e, quindi, i nostri acquisti. È soprattutto dalla predizione dei nostri comportamenti futuri che traggono il loro vero potere. Il punto è che siamo noi stessi a permetterglielo. Lo facciamo non appena mettiamo piede in un social network e continuiamo a farlo ogni volta che flagghiamo una casella in più nelle sfilza di criteri che regolano l'utilizzo dei dati personali. Spuntiamo la casella "accetto" senza farci troppi problemi (e probabilmente senza nemmeno leggere quello che ci viene proposto) e gli consegniamo la nostra anima. Lo faremo anche con WhatsApp (anche questa di proprietà dell'onnipresente Zuckerberg) quando nei prossimi giorni ci chiederà di vidimare l'ultimo aggioramento dei diritti sulla privacy. D'altra parte è già così con tutti i social network che, oltre a immagazzinare miliardi di fotografie e video, stipano nei loro server un'infinità di terabyte di chat private. I big data sono la materia prima su cui si fonda quel "nuovo ordine economico" che, come spiega Shoshana Zuboff in Il capitalismo della sorveglianza (Luiss Edizioni), concentra "ricchezza, sapere e potere" in pochissime società. "Alcuni di questi dati – scrive la docente di Harvard – vengono usati per migliorare prodotti o servizi, ma il resto diviene un surplus comportamentale privato, sottoposto a un processo di lavorazione avanzato noto come ‘intelligenza artificiale’ per essere trasformato in prodotti predittivi in grado di vaticinare cosa faremo immediatamente tra poco e tra molto tempo".

Da sempre la tecnica punta a dominare la persona per concentrare nelle mani di pochi quante più ricchezze. Mai come oggi, però, c'è in gioco la nostra libertà. Non tanto quella che ci permettere di fare quello che vogliamo o di andare dove vogliamo. Quanto quella che ci permette di pensare e pertanto di agire come vogliamo. Per questo la cacciata di Trump dai social network ha in qualche modo a che fare anche con la nostra libertà.


Parler, il bavaglio dei social silenzia chi sta con Donald Trump
Giovanni Sallusti
12 giugno 2021

https://www.liberoquotidiano.it/news/co ... I.facebook

Anni a strillare l'allarme fascismo e infine il fascismo è qui. Non, però, dove ci avevano detto di guardare i professionisti dell'antifascismo permanente, religioso, novecentesco, non tra le barbare truppe della destra sovranista (che certo a volte sfornano folklore e idiozia politica, ma è farsa, è l'opposto della tragedia). No, per scovarlo bisogna andare molto più lontano, e allo stesso tempo molto più vicino. Bisogna viaggiare fino alla Silicon Valley, o limitarsi a frugare nelle tasche, alla ricerca del proprio cellulare Apple, su cui tutti compulsivamente scorriamo i nostri profili Facebook, Twitter, Instagram e facciamo le ricerche su Google. È un fascismo tascabile, digitale, infingardo, perché dietro l'apparenza appetitosa della libertà a portata di touch, cela un risultato che non solo il fascismo, ma nessun totalitarismo è mai stato in grado di raggiungere: la Censura Planetaria. È qualcosa che arrivò a descrivere soltanto George Orwell in "1984", ma appunto era fantascienza capovolta. Oggi, la distopia è realtà quotidiana, cresce a colpi di pagine chiuse, follower cancellati, vita virtuale negata.

GERARCHI
I gerarchi di questo nuovo fascismo (usiamo il termine per ribaltare sui compagni la loro stessa retorica, ma andrebbe bene e forse perfino meglio anche "tecno-comunismo", sia chiaro) sono giovani, plurimiliardari, geniali nell'informatica e ignorantissimi in tutto il resto, a partire dal diritto costituzionale. Si chiamano Mark Zuckerberg, Jack Dorsey (ceo di Twitter), Sunday Pichai (ad di Google), Tim Cook (ad di Apple). In questi giorni, stanno provando l'accelerata definitiva per l'instaurazione del Gran Consiglio Online. Dapprima tutti i social "dominanti" (Facebook, Instagram, Twitter) hanno silenziato, o addirittura eliminato, i profili dell'attuale presidente americano Trump, e parecchie pagine a lui vicine. "È il libero mercato", squittiscono questi censori gentili che sono l'opposto antropologico del libero mercato, trattandosi di una banda di monopolisti al servizio di un'unica piattaforma politica. Volete sostenere idee dissonanti dal verbo liberal della Silicon Valley? Andate altrove.

L'AMERICA ALTERNATIVA
Peccato che questo altrove esistesse già, si chiamava Parler, ed era un social network dove, pensate un po', si potevano ancora diffondere idee favorevoli a Trump, o al Partito Repubblicano, o comunque a una visione conservatrice dell'America alternativa a quella in voga negli aperitivi di San Francisco. Insomma, era un luogo dove vigeva ancora quella democrazia sostanziale immaginata da quegli strani tizi, i Padri Fondatori. Usiamo l'imperfetto, perché da ieri Parler (cui si era iscritto anche Matteo Salvini) è sparito dal web: Google ed Apple impediscono di scaricare l'applicazione dagli store, e Amazon l'ha rimosso dal server su cui veniva caricato. L'ad della piattaforma John Matze ha definito l'operazione «un attacco coordinato da parte dei giganti della tecnologia per annientare la concorrenza sul mercato».

Il tutto perché «abbiamo avuto successo troppo velocemente»: in tantissimi, dopo aver assaggiato il manganello di Zuckerberg e camerati hi-tech, si erano infatti riversati su Parler per continuare ad esercitare la libertà di parola garantita dal Primo Emendamento della Costituzione Usa. Nessun problema, basta negare a Parler il diritto di esistere, e l'unanimismo social è ripristinato. Decidono chi parla e chi no nella principale agorà contemporanea, decidono chi può viverci e chi deve morire, decidono chi può utilizzare e chi no lo strumento di gran lunga più potente della propaganda politica del nuovo millennio. Non li ha votati nessuno (zero libertà politica), non duellano ad armi pari con nessun concorrente (zero libertà economica), sono un unico grande cartello di autocrati nerd che gestisce il dibattito mondiale. "Fascismo", chiaramente, è un'approssimazione per difetto.


Trump e la sezione 230

Che cos'è la sezione 230 di Trump?
https://www.degg.it/degg-talk/sezione-230/


Ventisei parole. Solo 26 parole racchiudono il senso stesso di Internet per come lo abbiamo conosciuto finora.
Stiamo parlando delle ventisei parole di un comma, inserito nella ‘Sezione 230‘ del Communications Decency Act.
Il Communications Decency Act è la legge contro cui Donald Trump ha scagliato una poderosa offensiva, arrivando a minacciarne l’eliminazione.

“Nessun fornitore e nessun utilizzatore di servizi Internet può essere considerato responsabile, come editore o autore, di una qualsiasi informazione fornita da terzi”
Su questa legge, come affermato da molti, si è costruita la fortuna dei social network e ha dato forma a Internet, nel bene e nel male.

Ed è questa regola che Trump ha deciso di abolire dopo uno scontro durissimo con le piattaforme, colpevoli a suo dire di avere un innato pregiudizio verso i politici di destra.

L’IMPORTANZA DI 26 PAROLE

La Sezione 230 per molti è la legge più importante su Internet. Il comma è stato inserito nel 1996, agli albori dell’ascesa globale della rete.
È opinione diffusa che sia proprio questo comma l’origine della fortuna di molti dei paperoni della rete.
La 230 di fatto sancisce che le piattaforme non sono responsabili di ciò che viene pubblicato da altri su di loro. Non solo: dà anche alle società che le gestiscono ampia discrezione nel modo in cui moderano i post e gli altri contenuti.
Finora nessuno poteva citare in giudizio Facebook, Twitter o YouTube in caso di post controversi, o rimossi.
Ora, venuto meno lo scudo della 230, sarà possibile farlo.

LA NASCITA DELLA SEZIONE 230

L’origine di questa sezione lo racconta Jeff Kosseff nel suo ‘26 words that created the Internet‘.

Nel 1956 un libraio vende un libretto erotico a due agenti sotto copertura. Viene denunciato e portato in tribunale perché ritenuto colpevole di diffusione di materiale osceno. In tribunale la sua difesa fu: “Io quel libro non l’ho mai letto, non sapevo di che trattasse, come non so di cosa trattano centinaia di libri nel mio negozio”.
Venne assolto, e il principio stabilito: chi distribuisce contenuti non ha responsabilità sui contenuti stessi, altrimenti si violerebbe il primo emendamento della Costituzione americana oltre ad arrecare un notevole danno economico all’indotto dell’editoria.
Da allora è cambiato un po’ tutto, ma il principio che regola i distributori di contenuti di terze parti è tutto sommato lo stesso, anche oggi che sono per lo più digitali.
Ed è lo stesso principio che finora ha regolato i social.


C'est fini pour Zuckerberg! La Pologne va garantir la liberté d'expression sur les réseaux sociaux
15 gennaio 2021

https://fl24.net/2021/01/15/cest-fini-p ... x-sociaux/

Ce vendredi, le gouvernement polonais a annoncé un projet de loi pour pouvoir empêcher les réseaux sociaux comme Facebook et Twitter de devenir Big Brother 2.0, et d’effacer des contenus et fermer des comptes. Ces sanctions ne pourront s’appliquer que si les publications violent la loi polonaise.

La loi prévoit la création d’un “conseil de la liberté d’expression” comprenant cinq membres pour examiner les plaintes d’utilisateurs des réseaux sociaux dont les comptes ont été fermés ou les contenus censurés. “La loi fournira des outils pour garantir les libertés fondamentales des citoyens polonais sur internet”, a assuré le ministre de la Justice.

La nouvelle loi prévue pour janvier 2022, exigera de ces géants de la censure qu’ils “respectent la loi polonaise” alors qu’“aujourd’hui les réseaux sociaux décident seuls quel contenu est censuré”, a-t-il ajouté. Les membres du conseil, qui ne pourront être des hommes politiques, seront nommés par le Parlement pour six ans.

“Le conseil protégera le droit constitutionnel à la liberté d’expression sur tous les réseaux sociaux opérant en Pologne”, a affirmé le ministre qui honore ainsi la promesse du Premier ministre polonais Mateusz Morawiecki, qui s’est insurgé contre la censure du Président Donald Trump et annoncé sa volonté de protéger la liberté d’expression sur Internet.


Il video di Trump censurato dal Cartello di Silicon Valley
Gennaio 11, 2021
https://voxnews.info/2021/01/11/il-vide ... on-valley/

“Sono elezioni rubate, ma ora andate a casa in pace”. E’ l’appello che Donald Trump, con un video su Twitter, invia ai manifestanti che hanno invaso il Congresso. La clip viene rimossa dopo alcune ore da Twitter, che imita il provvedimento preso anche da Facebook e Youtube. “So che state soffrendo, le elezioni ci sono state rubate. E’ stata una elezione” vinta “a valanga, lo sanno tutti e specialmente dall’altra parte. Ma ora dovete andare a casa, dobbiamo avere pace, ordine e dobbiamo rispettare le forze dell’ordine. Non vogliamo che nessuno si faccia male, è un periodo duro”, dice Trump nel video, di circa un minuto, che rimane online per ore prima della rimozione. “Non c’è mai stato un periodo come questo in cui sia accaduta una cosa del genere. E’ stata un’elezione fraudolenta ma non possiamo cadere nei tranelli di questa gente, dobbiamo avere pace. Andate a casa, siete persone speciali. So come vi sentite, ma andate a casa e andate in pace”.




La Germania si muove per prima (e fa una legge) contro "lo strapotere" dei giganti del web
Redazione Agi.it
16 gennaio 2021

https://www.agi.it/economia/news/2021-0 ... -11050537/

La Germania ha varato una legge bipartisan sulla concorrenza per frenare lo strapotere sui mercati dei giganti di internet, a partire da Amazon, Apple, Google e Facebook. L'emendamento alla legge sulla concorrenza è stato deciso con una maggioranza più ampia della coalizione di Cdu e Spe che governa e anche i verdi hanno votato sì. La modifica della normativa antitrust entra in vigore subito.

"La concorrenza deve essere protetta, qui si tratta proprio di una legge fondamentale, di una 'costituzione' per la nostra economia sociale di mercato per il digitale". Così Falko Mohrs, deputato socialdemocratico ha spiegato il senso della legge, il cui obiettivo è quello di tenere a bada i cosiddetti 'Gafa', ovvero Google, Apple, Facebook e Amazon. "Vediamo la tendenza di creare monopoli, una concentrazione di potere dei grandi nei mercati digitali, e' un processo sempre più veloce", ha dichiarato Mohrs, secondo il quale con la nuova legge la Germania può "contrastare il comportamento improprio di aziende digitali che hanno un peso eccessivo sul mercato".

Come? Due le misure immediate: l'Antitrust tedesca (Bundeskartellamt) avrà più poteri d'indagine nei confronti delle aziende e potrà controllare meglio le fusioni sul mercato digitale e per rendere più veloce i processi l'unica e ultima istanza sarà della Corte federale di giustizia di Karlsruhe (Bundesgerichtshof). Il governo tedesco spiega che tra l'altro in futuro si potrà vietare alle aziende digitali di trattare sulle proprie piattaforme le offerte di altri concorrenti peggiori delle proprie.

La nuova legge, secondo il portavoce di politica economica della Cdu, Joachim Pfeiffer, è "il progetto più importante della legislatura" ed è unica in Europa, "si tratta di un lavoro pionieristico". Il governo tedesco vuole accompagnare e portare avanti i tentativi dell'Europa di creare un quadro normativo europeo, con il 'Digital Markets Act', una proposta di legge portata avanti dalla zarina dell'Antitrust Ue, Margrethe Vestager e dal capo del digitale Ue, Thierry Breton, che stabilisce un elenco di cose da fare e da non fare, nonché una serie di pesanti sanzioni per i giganti di Internet.

Tra queste: che le aziende con oltre 45 milioni di utenti dell'Ue diventino "gatekeeper" digitali, rendendole soggette a normative più rigorose. Inoltre, le imprese potrebbero essere multate fino al 10% del loro fatturato annuo per violazione delle regole di concorrenza; potrebbe anche essere richiesto di vendere una delle loro attività o parti di essa (inclusi diritti o marchi); le piattaforme che rifiutano di conformarsi e "mettono in pericolo la vita e la sicurezza delle persone" potrebbero avere il loro servizio temporaneamente sospeso "come ultima risorsa".

E ancora: le aziende dovranno informare l'Ue prima di eventuali fusioni o acquisizioni pianificate; alcuni tipi di dati devono essere condivisi con le autorità di regolamentazione e i concorrenti; le aziende che favoriscono i propri servizi potrebbero essere bandite; le piattaforme devono essere maggiormente responsabili dei contenuti illegali, inquietanti o fuorvianti.

La legge tedesca anticipa quella europea e prevede che ogni anno il Bundestag sia informato con un rapporto ufficiale sulle sue applicazioni. Le esperienze tedesche con la nuova legge saranno poi comunicate alle istituzioni Ue e agli Stati membri. Berlino si prepara dunque a fare da apripista a Bruxelles.




Il governatore Ron DeSantis firma una legge per fermare la censura dei Floridiani da parte di Big Tech
L'Osservatore Repubblicano
24 maggio 2021

https://www.facebook.com/ORepubblicano/ ... 8899205446

MIAMI - Oggi 24 maggio 2021, il governatore Ron DeSantis ha firmato il Senate Bill 7072 per ritenere Big Tech responsabile promuovendo la trasparenza e salvaguardando la capacità dei Floridiani di accedere e partecipare alle piattaforme online.
" In questa sessione, abbiamo agito per assicurare che 'We the People' - i veri Floridiani in tutto il Sunshine State - sia garantita la protezione contro le élite della Silicon Valley", ha detto il governatore Ron DeSantis. "Molti nel nostro stato hanno sperimentato la censura e altri comportamenti tirannici in prima persona a Cuba e in Venezuela. Se i censori di Big Tech applicano le regole in modo incoerente, per discriminare a favore dell'ideologia dominante della Silicon Valley, ora saranno ritenuti responsabili."
"Quello a cui abbiamo assistito in tutti gli Stati Uniti è uno sforzo per mettere a tacere, intimidire e cancellare le voci dissenzienti da parte dei media di sinistra e delle grandi aziende. Oggi, firmando la legge SB 7072, la Florida si riprende la piazza pubblica virtuale come luogo dove le informazioni e le idee possono fluire liberamente. Molti dei nostri elettori conoscono i pericoli di essere messi a tacere o sono stati loro stessi messi a tacere sotto il dominio comunista. Fortunatamente in Florida abbiamo un governatore che combatte contro i grandi oligarchi della tecnologia che escogitano, manipolano e censurano se si esprimono opinioni contrarie alla loro narrativa radicale di sinistra", ha detto il vice governatore Jeanette Nuñez.
"Sono lieta di vedere che la Florida dà l'esempio facendo tutto ciò che è in nostro potere per fermare gli abusi che sono possibili quando le grandi tecnologie non sono controllate. Le persone hanno il diritto di esprimere opinioni opposte. Questa buona legge protegge i candidati a cariche elettive, i media e gli altri dalla discriminazione ingiusta e arbitraria sulle piattaforme dei social media. Grazie, Governatore DeSantis e Speaker Sprowls, per la vostra leadership su questo tema importante", ha detto il presidente del Senato Wilton Simpson.
"Le piattaforme dei social media si sono trasformate nella piazza della città", ha detto lo Speaker Chris Sprowls. "Se la nostra democrazia vuole sopravvivere, dobbiamo resistere a questi oligarchi tecnologici e ritenerli responsabili. Questa legislazione protegge la libertà di parola dei Floridiani e richiede trasparenza. Basta con gli algoritmi segreti, gli standard incoerenti, lo shadow banning e il de-platforming. In Florida, la luce del sole è il miglior disinfettante - ed è il momento di portare questi grandi monopoli tecnologici fuori dal buio. Mi congratulo con il governatore Ron DeSantis, il presidente Simpson e il Senato per aver agito mentre il nostro governo federale sta pigramente seduto e mi congratulo con il Capo del Commercio Blaise Ingoglia per aver portato questo alla Camera".
"Big Tech ha la responsabilità di essere leale e trasparente verso tutti i suoi utenti, indipendentemente dalla nostra ideologia politica. Richiedere a Big Tech di definire i comportamenti che porteranno qualcuno ad essere de-platformed è una vittoria significativa per la libertà di parola e sono grato per la leadership del nostro governatore su questo tema", ha detto il senatore Ray Rodrigues.
"Giorno dopo giorno, la nostra libertà di parola come conservatori è sotto attacco da parte degli oligarchi "big tech" della Silicon Valley. Ma in Florida, abbiamo detto che questo egregio esempio di silenziamento di parte non sarà tollerato. E' stato un onore portare questo storico pezzo di legislazione al governatore DeSantis per assicurare che le nostre voci siano ascoltate mentre salvaguardiamo la libertà di parola", ha detto il rappresentante Blaise Ingoglia.
Sotto SB 7072:
- Tutti i Floridiani trattati ingiustamente dalle piattaforme Big Tech avranno il diritto di citare in giudizio le aziende che violano questa legge - e ottenere danni monetari. Questa riforma salvaguarda i diritti di ogni floridiano, richiedendo alle aziende di social media di essere trasparenti sulle loro pratiche di moderazione dei contenuti e di dare agli utenti un adeguato preavviso delle modifiche a tali politiche, il che impedisce ai burocrati di Big Tech di "spostare i pali della porta" per mettere a tacere i punti di vista che non gli piacciono.
- Il procuratore generale della Florida può intentare un'azione contro le aziende tecnologiche che violano questa legge, secondo la legge sulle pratiche commerciali sleali e ingannevoli della Florida. Se si scopre che le piattaforme di social media hanno violato la legge antitrust, sarà loro impedito di stipulare contratti con qualsiasi ente pubblico. Questa lista nera di "violatori antitrust" impone conseguenze reali per i profitti degli oligopoli di Big Tech.
- A Big Tech è proibito il de-platforming dei candidati politici floridiani. La Commissione elettorale della Florida imporrà multe di 250.000 dollari al giorno a qualsiasi azienda di social media che de-piattaforma qualsiasi candidato per l'ufficio statale, e 25.000 dollari al giorno per la de-piattaforma di candidati per uffici non statali. Ogni floridiano può bloccare qualsiasi candidato che non vuole sentire, e questo è un diritto che appartiene ad ogni cittadino - non spetta alle aziende Big Tech decidere.


Scoop: Donald J. Trump farà causa a Mark Zuckerberg, Jack Dorsey
L'Osservatore Repubblicano
7 luglio 2021

https://www.facebook.com/ORepubblicano/ ... 8202721182

L'ex presidente Donald Trump, che si è lamentato della censura da parte dei giganti dei social media, intende annunciare oggi una class action contro il CEO di Facebook Mark Zuckerberg e il CEO di Twitter Jack Dorsey, dicono le fonti ad Axios.
Perché è importante: È l'ultima escalation nella battaglia di anni di Trump con Twitter e Facebook sulla libertà di parola e la censura. Trump è completamente bandito da Twitter ed è bandito da Facebook per altri due anni.
Dettagli: Trump dovrebbe fare un annuncio in una conferenza stampa oggi alle 11 del mattino.
- Lo sforzo legale di Trump è sostenuto dall'America First Policy Institute, un non-profit focalizzato sul perpetuare le politiche di Trump.
- Il presidente e l'amministratore delegato del gruppo e il presidente del consiglio, gli ex funzionari di Trump Linda McMahon e Brooke Rollins, lo accompagneranno durante l'annuncio.
- La class action gli permetterebbe di citare in giudizio i due CEO del settore tecnologico per conto di un gruppo più ampio di persone che lui sostiene siano state censurate da politiche di parte.
- Fino ad oggi, Trump e altri critici conservatori non hanno presentato alcuna prova sostanziale che entrambe le piattaforme siano prevenute contro i conservatori nelle loro politiche o nella loro attuazione.
Il quadro generale: I dati mostrano che il megafono di Trump è stato significativamente ammutolito alla luce dei divieti delle piattaforme Big Tech, in particolare Twitter e Facebook.
- Il presidente e i suoi alleati hanno ripetutamente criticato i divieti come censura. I giganti tecnologici sostengono che sono stati messi in atto per motivi di sicurezza dopo l'assedio del Campidoglio a gennaio.
- Anche durante la sua presidenza, Trump ha cercato di prendere di mira sia i CEO che le aziende tecnologiche. Nel 2020, ha firmato un ordine esecutivo che aveva lo scopo di limitare le protezioni legali che proteggono le aziende di social media dalla responsabilità per i contenuti pubblicati dagli utenti sulle loro piattaforme. Il presidente Biden ha revocato quell'ordine esecutivo a maggio.
Le cause e le azioni contro le piattaforme Big Tech serviranno come munizioni per la base conservatrice di Trump. I candidati repubblicani al ballottaggio si sono concentrati sul tema della censura come parte delle loro campagne e tattiche di messaggistica.


Donald J. Trump farà causa a Facebook, Twitter e Google per la presunta censura, affermando che hanno 'cessato di essere privati'.
L'Osservatore Repubblicano
7 luglio 2021

https://www.facebook.com/ORepubblicano/ ... 4666042869

L'ex presidente Donald Trump ha annunciato mercoledì che condurrà una causa per presunta censura contro Twitter, Facebook e Google - le tre aziende tecnologiche che lo hanno rimosso dalle loro piattaforme dopo l'attacco del 6 gennaio al Campidoglio da parte di una folla di suoi sostenitori.
La causa sarà una class-action, con Trump come attore principale, sostenendo che è stato censurato dalle aziende. Ha parlato dell'azione legale dal suo golf club a Bedminster, New Jersey.
"Sono davanti a voi questa mattina per annunciare uno sviluppo molto importante... per la nostra libertà e la libertà di parola", ha detto Trump. "In collaborazione con l'America First Policy Institute, sto presentando, come rappresentante principale della class action, una grande causa collettiva contro i grandi giganti della tecnologia, tra cui Facebook, Google e Twitter, così come i loro CEO".
"Non c'è prova migliore che la grande tecnologia è fuori controllo dal fatto che hanno bandito il presidente degli Stati Uniti in carica all'inizio di quest'anno", ha aggiunto Trump. "Se possono farlo a me, possono farlo a chiunque".
Twitter, YouTube e Facebook hanno bandito ciascuno Trump per le sue false affermazioni che le elezioni presidenziali sono state rubate, sostenendo che ha contribuito alla violenza al Campidoglio il 6 gennaio. YouTube è di proprietà di Google.
"Dopo un attento esame dei recenti tweet dell'account @realDonaldTrump e il contesto che li circonda - in particolare il modo in cui sono stati ricevuti e interpretati su e fuori Twitter - abbiamo sospeso definitivamente l'account a causa del rischio di ulteriori incitamenti alla violenza", ha scritto Twitter in un post sul suo blog in merito alla sua decisione.
Ma i repubblicani e lo stesso Trump hanno sostenuto che queste aziende stanno ingiustamente censurando i conservatori, sottolineando che i dittatori internazionali possono ancora postare su Twitter.
Trump ha detto che la causa sarà depositata nel Distretto meridionale della Florida, cercando "sollievo ingiuntivo" contro "la vergognosa censura del popolo americano".
"Mentre le società di social media sono ufficialmente entità private, negli ultimi anni hanno cessato di essere private con la promulgazione e il loro uso storico della Sezione 230, che li protegge profondamente dalla responsabilità", ha detto Trump. "È in effetti un massiccio sussidio governativo, queste aziende sono state cooptate, costrette e armate da attori governativi per diventare gli esecutori di una censura illegale e incostituzionale".
Trump ha definito le aziende di social media "il braccio di censura de-facto del governo degli Stati Uniti".
Ha aggiunto che "questo è stato particolarmente chiaro durante la pandemia", citando le politiche contro il contraddire gli esperti di salute e il fatto che queste aziende hanno soppresso le informazioni che affermavano che il coronavirus ha avuto origine nell'Istituto di virologia di Wuhan.
Shoshana Weissmann del libertario R Street Institute, che sostiene una robusta interpretazione della sezione 230 che fornisce ampie protezioni alle aziende tecnologiche, ha respinto i commenti di Trump. Weissmann ha detto che l'idea che le aziende tecnologiche "beneficiando di una legge impedisce loro di essere private è asinina".
"Il governo non può sventolare una bacchetta e dire 'ora sei pubblico'", ha aggiunto. "L'idea che questo sia un sussidio è anche lontana dalla verità... E infine, il governo che fa pressione sulle aziende o le aziende che prendono spunti da entità governative non le trasforma magicamente in attori governativi".
"Questo è un completo fraintendimento di come funziona la legge", ha detto Weissmann.
La causa di Trump sarà condotta dall'America First Policy Institute (AFPI), una no-profit gestita da diversi alleati ed ex allievi dell'amministrazione Trump. Il presidente e amministratore delegato dell'AFPI, Brooke Rollins, ha presentato Trump prima delle osservazioni di mercoledì.
"Non è una sorpresa quindi che vogliano che il Primo Emendamento sparisca", ha detto la Rollins dei "progressisti" e delle "élite".
"Non sostengono l'abolizione... ma sostengono la riduzione del suo significato. Da nessuna parte questo è più evidente che nella soppressione dei diritti del Primo Emendamento online", ha continuato.
Pam Bondi dell'AFPI, nel frattempo, ha detto che la causa non è solo per i conservatori che sentono di aver subito un torto, ma anche per proteggere gli altri.
"Questo non è solo per i conservatori, questo è per i nostri media... questo è per i democratici e anche per i progressisti il cui discorso dovrebbe essere protetto dal primo emendamento", ha detto. "Vi ricordate che Tulsi Gabbard è stata censurata quando era in corsa per la presidenza?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Trump sei ancora la nostra speranza di bene

Messaggioda Berto » sab gen 30, 2021 7:45 pm

Donald J. Trump: Perché sto facendo causa alle Big Tech
“Per ripristinare la libertà di parola per me e per ogni americano, sto facendo causa alle Big Tech…” – Donald J. Trump.
Il presidente Donald Trump ha appena pubblicato un editoriale su come lui e l’America First Policy Institute stanno affrontando Big Tech insieme al popolo americano.
9 luglio 2021

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... -big-tech/

Di seguito la traduzione integrale dell’articolo.
Se Facebook, Twitter e YouTube possono censurare me, possono censurare anche te – e credimi, lo stanno facendo.

Una delle più gravi minacce alla nostra democrazia oggi è un potente gruppo di società Big Tech che si sono alleate con il governo per censurare la libertà di parola del popolo americano. Questo non è solo sbagliato, è incostituzionale. Per ripristinare la libertà di parola per me e per ogni americano, sto facendo causa alle Big Tech per fermarle.

I social media sono diventati centrali per la libertà di parola come lo erano le assemblee cittadine, i giornali e le reti televisive nelle generazioni precedenti. Internet è la nuova piazza pubblica. Negli ultimi anni, tuttavia, le piattaforme Big Tech sono diventate sempre più sfacciate e senza vergogna nel censurare e discriminare le idee, le informazioni e le persone sui social media – bannando gli utenti, rimuovendo le organizzazioni e bloccando aggressivamente il libero flusso di informazioni da cui dipende la nostra democrazia.

I giganti delle Big Tech non si limitano più a rimuovere minacce specifiche di violenza. Stanno manipolando e controllando il dibattito politico stesso. Considerate i contenuti che sono stati censurati l’anno scorso. Le aziende Big Tech hanno bannato gli utenti dalle loro piattaforme per aver pubblicato prove che dimostravano che il Coronavirus è emerso da un laboratorio cinese, che anche i media aziendali ora ammettono che potrebbe essere vero. Nel mezzo di una pandemia, Big Tech ha censurato i medici che discutevano i potenziali trattamenti come l’idrossiclorochina, che gli studi hanno ora dimostrato che funziona per alleviare i sintomi del Covid-19. Nelle settimane prima di un’elezione presidenziale, le piattaforme hanno bannato il New York Post – il più antico giornale d’America – per aver pubblicato una storia critica sulla famiglia di Joe Biden, una storia che la campagna di Biden non ha nemmeno contestato.

Forse più eclatante, nelle settimane dopo le elezioni, Big Tech ha bloccato gli account dei social media del presidente in carica. Se possono farlo a me, possono farlo a te – e credimi, lo stanno facendo.

Jennifer Horton, un’insegnante del Michigan, è stata bannata da Facebook per aver condiviso un articolo che metteva in dubbio che l’obbligo di indossare le mascherine ai bambini piccoli fosse salutare. Più tardi, quando suo fratello è scomparso, non è stata in grado di usare Facebook per diffondere la notizia. Il medico del Colorado Kelly Victory è stato espulso da YouTube dopo aver fatto un video per la sua chiesa che spiegava come tenere le funzioni in modo sicuro. Kiyan Michael della Florida e suo marito, Bobby, hanno perso il loro figlio di 21 anni in una collisione fatale causata da uno straniero illegale espulso due volte. Facebook li ha censurati dopo che hanno postato sulla sicurezza dei confini e l’applicazione della legge sull’immigrazione.

Nel frattempo, i propagandisti cinesi e il dittatore iraniano vomitano impunemente minacce e bugie odiose su queste piattaforme.

Questo flagrante attacco alla libertà di parola sta facendo un danno terribile al nostro paese. Ecco perché, in collaborazione con l’America First Policy Institute, ho presentato un’azione legale collettiva per costringere Big Tech a smettere di censurare il popolo americano. Le cause richiedono danni per scoraggiare tale comportamento in futuro e ingiunzioni che ripristinino i miei account.

Le nostre cause sostengono che le aziende Big Tech vengono usate per imporre la censura illegale e incostituzionale del governo. Nel 1996 il Congresso ha cercato di promuovere la crescita di internet estendendo le protezioni di responsabilità alle piattaforme internet, riconoscendo che erano esattamente questo: piattaforme, non editori. A differenza degli editori, aziende come Facebook e Twitter non possono essere ritenute legalmente responsabili per il contenuto pubblicato sui loro siti. Senza questa immunità, le aziende di social media non potrebbero esistere.

I Democratici al Congresso stanno sfruttando questa leva per costringere le piattaforme a censurare i loro avversari politici. Negli ultimi anni, abbiamo tutti visto il Congresso trascinare gli amministratori delegati di Big Tech davanti alle loro commissioni e chiedere loro di censurare notizie “false” e la “disinformazione” – etichette determinate da un esercito di fact-checkers di parte, fedeli al Partito Democratico. Come dimostrano i casi dei colleghi querelanti Ms. Horton, Dr. Victory e la famiglia Michael, in pratica questo equivale a sopprimere il discorso che non piace a chi è al potere.

Inoltre, Big Tech e le agenzie governative si stanno attivamente coordinando per rimuovere i contenuti dalle piattaforme secondo le indicazioni di agenzie come i Centers for Disease Control and Prevention. Big Tech e le entità dei media tradizionali hanno formato la Trusted News Initiative, che essenzialmente prende istruzioni dal CDC su quali informazioni devono “combattere”. Le aziende tecnologiche stanno eseguendo gli ordini del governo, colludendo per censurare le idee non approvate.

Questa coercizione e coordinazione è incostituzionale. La Corte Suprema ha affermato che il Congresso non può usare attori privati per ottenere ciò che la Costituzione gli proibisce di fare da solo. In effetti, Big Tech è stata delegata illegalmente come braccio di censura del governo degli Stati Uniti. Questo dovrebbe allarmarvi a prescindere dalla vostra convinzione politica. È inaccettabile, illegale ed antiamericano.

Attraverso queste cause, intendo ripristinare la libertà di parola per tutti gli americani – democratici, repubblicani e indipendenti. Non smetterò mai di combattere per difendere i diritti costituzionali e le sacre libertà del popolo americano.




Trump fa causa a Big Tech – prima parte – MN #119
Roberto Mazzoni
Lug 9, 2021 |

https://mazzoninews.com/2021/07/09/trum ... ch-mn-119/

Donald Trump ha citato in giudizio Facebook, Twitter e Youtube per violazione della libertà di espressione a seguito della chiusura dei suoi account su queste piattaforme dopo l’incidente del 6 gennaio scorso. Nella causa sono anche coinvolti individualmente Mark Zuckerberg (amministratore delegato di Facebook), Sundar Pinchai (amministratore delegato di Google) e Jack Dorsey (amministratore delegato di Twitter).

La causa è stata presentata in Florida presso il distretto meridionale dello stato e vede coinvolto anche l’America First Policy Institute, un’organizzazione senza fini di lucro formata di recente da ex-componenti dell’amministrazione Trump.

Trattandosi di una class action, vale a dire una causa collettiva, altre persone e altre aziende possono aggiungersi e condividere i benefici del risultato. Ce ne sono già diverse, ma hanno anche allestito un sito web per raccogliere donazioni e i nomi di chi è ha interesse a unirsi.

Grazie, signor Presidente. Salve a tutti, il mio nome è Brooke Rollins. Vedo molte facce amichevoli tra la folla e altre facce. Sono il presidente e l’amministratore delegato dell’America First Policy Institute. Prima di fondare, insieme al nostro Presidente, Linda McMahon e Larry Kudlow, l’America First Policy Institute, ho avuto l’onore e il privilegio di lavorare per il Presidente Donald Trump come suo consigliere di politica interna alla Casa Bianca. Il mio titolo più importante, però, non è nessuno di questi.

Qualunque sia il mio ruolo, sono prima di tutto un’americana, una moglie, una madre, una figlia, una sorella, una vicina e un’imprenditrice con tutto ciò che significa essere un’americana. È questo imperativo della cittadinanza che ci porta qui oggi. La post-presidenza è di solito un periodo rilassante per un Presidente. Ci si prende un po’ di pausa, si scrivono le proprie memorie, magari si firma un contratto con Netflix. Questo è quello che fa la maggior parte dei presidenti. Ma naturalmente, quello che fa la maggior parte dei presidenti non ha mai descritto Donald J. Trump.

Le persone che amano Donald Trump e quelle che non lo amano sono tutte d’accordo su una cosa: lui fa la storia e la sta facendo anche oggi, come sentirete da lui tra poco. Ma il Presidente sarebbe d’accordo con me quando dico che se oggi ci concentrassimo su di lui mancheremmo l’obiettivo. Durante la sua presidenza, mi ricordo che ha detto più di una volta che in realtà, non vogliono colpire me, vogliono colpire voi e l’America che conosciamo e amiamo. E io sono solo un ostacolo sul loro percorso.

Non c’è nessun argomento su cui loro, le élite, le grandi imprese, i progressisti, i titolari di uffici pubblici e i burocrati, non c’è nessun altro argomento al di là del Primo Emendamento che loro vedono come l’ostacolo più grande per realizzare le loro ambizioni. Il Primo Emendamento, il baluardo delle nostre libertà, è ciò che ci permette come cittadini di resistergli ad ogni passo. Il Primo Emendamento sta veramente tra loro e noi. Quando cercano di dirci cosa leggere, il Primo Emendamento si mette sulla loro strada.

Quando cercano di dirci cosa pensare, il Primo Emendamento li ostacola. Quando cercano di dirci cosa credere, il Primo Emendamento li ostacola. E quando cercano di dirci con chi adorare, con chi associarci, con chi riunirci e con chi essere amici, il Primo Emendamento li ostacola. Non è una sorpresa quindi che essi vogliano che il Primo Emendamento sparisca. Non ne chiedono l’abolizione, ovviamente, sanno bene che non funzionerebbe, ma invece spingono affinché sia ridotto al punto da diventare privo di significato.

Da nessuna parte questo è più evidente che nella soppressione dei diritti del Primo Emendamento online. Tra un minuto, il Presidente parlerà di questo e di ciò che intende fare al riguardo. Mi basta dire questo, ciò che solo un decennio fa era una mera versione romanzata di una distopia paranoica, dove una manciata di aziende tecnologiche effettivamente prendevano il controllo della pubblica piazza americana, è ora la nostra realtà attuale. Contro di loro, questo Presidente combatte per voi, come ha sempre fatto e come sempre farà.

In definitiva, la questione in questione è la stessa che ha attanagliato la nazione dal giorno in cui quasi esattamente sei anni fa Donald Trump ha fatto la sua famosa discesa sulla scala mobile verso la storia, diventando il candidato Trump e poi il nominato Trump e poi il Presidente Trump. La questione è semplicemente questa, lo era allora e lo è oggi: chi governa in America? È forse una manciata di élite non responsabili e non elette che inventano e applicano standard arbitrariamente? Se è così, è tempo di archiviare l’esperimento americano.

Dichiarare il sogno americano finito. Rilasciare titoli aristocratici e farla finita con la farsa.

Oppure chi governa questo Paese è ancora il popolo? La cittadinanza democratica, gli uomini e le donne che fanno un lavoro onesto ogni singolo giorno e chiedono solo un trattamento giusto ed equo in cambio? Abbiamo bisogno di questa risposta. Questo Paese ha appena terminato la celebrazione del giorno dell’indipendenza in cui abbiamo parlato e celebrato tutto ciò che siamo stati e tutto ciò che abbiamo significato come Paese. Per il bene dei futuri giorni dell’indipendenza, per il bene delle future generazioni americane, dobbiamo lottare per il governo del popolo.

Questo è ciò che Donald Trump è qui per fare, ed è ciò che ha sempre fatto. Per favore aiutatemi a dare il benvenuto al Presidente Donald J. Trump.

Grazie mille Brooke, lo apprezzo molto. Grazie a tutti. Voglio solo dire che mi trovo davanti a voi questa mattina per annunciare uno sviluppo molto importante e molto bello, credo, per la nostra libertà e la nostra libertà di parola. E questo vale per tutti gli americani. Oggi, in collaborazione con l’America First Policy Institute, sto presentando come rappresentante principale della causa, una grande azione legale collettiva contro i giganti della Big Tech, tra cui Facebook, Google e Twitter.

Alla pari dei loro amministratori delegati, Mark Zuckerberg, Sundar Pichai e Jack Dorsey, tre veri bravi ragazzi.

Stiamo chiedendo alla Corte Distrettuale degli Stati Uniti per il distretto meridionale della Florida di ordinare la cessazione immediata della censura illegale e vergognosa del popolo americano da parte delle compagnie di social media, ed è esattamente quello che stanno facendo. Chiediamo la fine dello shadow banning (oscuramento invisibile), la fine del silenziamento e la fine della compilazione di liste nere, dei bandi e delle cancellazioni che voi conoscete così bene. Il nostro caso dimostrerà che questa censura è illegale, è incostituzionale, ed è completamente anti-americana.

Lo sappiamo tutti. Lo sappiamo tutti molto, molto bene. La nostra causa chiede anche un provvedimento ingiuntivo per consentire una pronta restituzione, un vero e proprio restauro, e si possono nominare circa 20 altre cose che devono essere ripristinate prontamente perché stanno distruggendo il nostro Paese, dei miei account. Inoltre, stiamo chiedendo alla Corte di imporre danni punitivi a questi giganti dei social media. Chiederemo a Big Tech di rendere conto fino in fondo. Questa è la prima di numerose altre cause, presumo, che seguiranno, ma questa è la causa guida, e penso che segnerà un cambiamento molto, molto importante per il nostro Paese.

Sarà una battaglia cruciale nella difesa del Primo Emendamento. E alla fine, sono fiducioso che otterremo una vittoria storica per la libertà americana e allo stesso tempo, la libertà di parola.

Quindi voglio ringraziare tutta l’eccezionale squadra legale dietro questo sforzo, in particolare John Coale, abbiamo ingaggiato molti degli avvocati che si sono occupati delle cause sul tabacco. Sapete, ho detto, chi sono i migliori avvocati? Beh, gli avvocati che si sono occupati del tabacco sembrano fare un ottimo lavoro.

Così ho pensato, vediamo se vogliono farlo e volevano davvero farlo. Abbiamo un grande, grande talento. Voglio anche ringraziare Brooke Rollins, una persona e un’amica eccezionale. Sta portando [il progetto] ad un livello che nessuno aveva mai visto. E l’ha fatto molto rapidamente, insieme a Linda McMahon, una donna di enorme successo che ha fatto un lavoro incredibile nell’amministrazione, una delle migliori, e tutti gli altri dell’America First Policy Institute per il loro sostegno a questa iniziativa vitale.

Fin dall’inizio della nostra nazione, la libertà di parola è sempre stata intesa come un fondamento della nostra libertà, della libertà e della nostra forza. In America, riconosciamo che la libertà di dire quel che pensiamo e di esprimere la verità, che è il nostro cuore, davvero, è davvero una grossa fetta del nostro cuore, è davvero il cuore della nostra Nazione, non ci è concessa dal Governo, bensì ci viene dato da Dio, e nessuno dovrebbe avere il potere di toglierci questo diritto.

I Padri Fondatori hanno iscritto questo diritto proprio nel Primo Emendamento della nostra Costituzione perché sapevano che la libertà di parola è essenziale per la prevenzione, per prevenire l’orrore e per conservare la nostra Repubblica.

Ma ricordate le parole [della Costituzione], la prevenzione dell’orrore, perché siamo molto vicini a vederlo ora nel nostro Paese, non siamo mai stati in una posizione come questa ed è successo tutto molto rapidamente. Nelle parole del Padre del nostro Paese, anche se alcuni vorrebbero togliergli questo titolo, George Washington, non sarà cancellato.

Se la libertà di parola, se la libertà di parola può essere tolta allora, muti e silenziosi, possiamo essere condotti come pecore al macello, frase piuttosto nota e così vera. Purtroppo oggi questo diritto fondamentale e questa libertà americana fondamentale sono incredibilmente minacciati e attaccati da molte parti diverse. Ma noi siamo la parte maggioritaria di molto. Credo che siamo la parte maggioritaria molto più di quanto chiunque possa capire. Basta dare un’occhiata a quello che è successo nelle ultime elezioni e sommare i numeri giusti.

Vedrete una maggioranza come non credereste mai, perché nessuno può credere alle cose che si dicono. Nessuno ci crede. I social media hanno dato un potere straordinario a un gruppo di giganti della Big Tech che stanno lavorando con il governo, con i media mainstream e un con largo segmento di un partito politico per mettere a tacere e sopprimere le opinioni del popolo americano. E hanno avuto molto, molto successo in questo. Non in tutti i casi, ma in molti casi con pieno successo.

Mentre le aziende di social media sono ufficialmente entità private, negli ultimi anni, hanno cessato di essere private con la promulgazione e il loro uso della sezione 230 nel tempo, che le protegge profondamente dai rischi legali. Una volta ottenuta la sezione 230 non sono più state aziende private. Sono passati molti anni. Nessun’altra azienda nel nostro Paese, e nemmeno nella storia del nostro Paese, ha avuto una protezione come questa. In effetti, equivale a un massiccio sussidio governativo. Queste aziende sono state cooptate, costrette e armate dal governo.

E da parte di attori governativi per diventare gli esecutori della censura illegale, incostituzionale, e questo è ciò che è al più alto livello di censura e tante altre cose che forse sono anche peggiori. E lo vedrete in questa causa mentre si fa strada attraverso i tribunali. Abbiamo visto tutti i democratici al Congresso, tutti gli amministratori delegati di queste aziende davanti ai loro comitati, un tentativo di minacciarli, intimidirli come mai nessuno era stato intimidito. Ma hanno raggiunto un compromesso, e ora vanno tutti molto d’accordo.

Grazie mille.

Il Congresso ha ripetutamente e minacciosamente ordinato a Big Tech che deve mettere a tacere gli oppositori politici del partito Democratico, di bandire le voci conservatrici di spicco, e immaginate chi possa essere, e di limitare qualsiasi cosa che la sinistra etichetti come disinformazione, e è proprio la sinistra il più grande gruppo di disinformatori che sia mai esistito al mondo. Per esempio, proprio di recente, hanno cominciato a dire di non aver mai chiesto di de-finanziare la polizia, adesso dicono di voler sostenere la polizia finanziariamente. Hanno guardato i numeri dei sondaggi che sono all’85% contro di loro.

No, no, no. “Vogliamo, vogliamo occuparci della polizia” [dicono i Democratici]. No, non è così. Volevano togliere i soldi alla polizia, e lo diranno migliaia e migliaia e migliaia di volte. E alla fine dei 12 mesi, direte tutti: oh, amano la polizia. Non amano la polizia. In realtà odiano la polizia per qualsiasi motivo. Ed è una cosa terribile.

E tante altre cose, stanno cambiando le loro opinioni su tante altre cose. E dicono solo il contrario [di quello che hanno detto prima]. Semplicemente tutti all’unisono. Molte delle persone sedute davanti a me capiscono esattamente quello che sto dicendo. Lo dicono proprio davanti a voi che vogliono fare questo, vogliono fare quello. L’esatto opposto di quello che hanno detto prima, oppure, il caso molto forse più famoso di tutti, Russia, Russia, Russia.

Trump ama la Russia. Ama la Russia. Ama Putin. Ama la Russia. E questo è andato avanti per due anni e alcune persone ci hanno creduto. Ma guarderemo così da vicino e ci assicureremo che le protezioni dalla responsabilità legale di cui godono sotto la Sezione 230 siano, come minimo, cambiate e possano essere, al massimo, rimosse. La Corte Suprema ha reso estremamente chiaro che il Congresso non è autorizzato a costringere entità private a fare ciò che il Congresso fa e non gli è permesso farlo.

Semplicemente non ne hanno l’autorità legale. Non possono farlo. Fanno i prepotenti e costringono. Eppure questo è esattamente ciò che sta accadendo ogni singolo giorno. È una flagrante violazione della Costituzione che avviene sotto i nostri occhi. E odio dirlo, ma lo fanno anche con la Corte Suprema, fanno pressione sugli arbitri. Fanno pressione sugli arbitri. Parlano di ogni sorta di cose che intendono fare ai giudici della Corte Suprema. Li metteremo sotto impeachment, li metteremo sotto impeachment, li metteremo sotto impeachment.

E poi, ecco, all’improvviso, vengono fuori decisioni diverse [da quelle attese]. Oppure minacciano di ampliare la Corte ad un livello incredibile. Prenderanno la Corte e la amplieranno. Avranno 16 [giudici]. Ne avranno 20. Ho visto una dichiarazione l’altro giorno: “avremo 24 giudici”. E credo che qualcosa succeda, perché all’improvviso [dalla Corte] escono decisioni [inaspettate]. Fanno pressione sugli arbitri, fanno pressione sugli arbitri meglio di quanto Bobby Knight (famoso allenatore di basket) abbia mai fatto.

E non possiamo lasciare che questo accada e speriamo che i nostri giudici della Corte Suprema e altri giudici e magistrati, difendano i nostri valori e non lascino che questo accada. Inoltre, negli ultimi anni, abbiamo anche visto un crescente coordinamento tra i giganti di Big Tech e le agenzie governative come i Centers for Disease Control (centro per il controllo delle malattie), dove tante cose erano sbagliate, tante cose avrebbero potuto essere diverse, ma Big Tech ha scelto la parte sbagliata e ha bandito la parte giusta. Per esempio, la politica di YouTube vieta esplicitamente di contraddire le “autorità sanitarie”.

Conoscete le autorità sanitarie. Fortunatamente, le ho scavalcate un bel po’di volte. Abbiamo preso molte buone decisioni. Se non l’avessi fatto, saremmo stati in guai molto più grandi. Come vedete, altri Paesi in questo momento sono ancora in guai molto, molto grandi. Attraverso tale coordinamento, il Governo Federale ha essenzialmente nominato le piattaforme di social media come braccio di censura de facto del governo degli Stati Uniti, che è esattamente quello che è successo.

Questo è stato particolarmente chiaro durante la pandemia, quando i giganti dei social media hanno iniziato a censurare le informazioni, secondo le indicazioni della CDC, che, come ora sappiamo, erano molto spesso errate o sbagliate.

Questa particolare censura è un’altra palese violazione della Costituzione. Ci sono così tante violazioni della nostra Costituzione e lo vedrete nella causa, a cui si aggiungeranno anche [altri elementi] perché altre cose stanno accadendo su base giornaliera che saranno aggiunte man mano che andiamo avanti. Considerate solo alcune delle informazioni che sono state censurate in America nell’ultimo anno. Fino a poco tempo fa, Facebook aveva la politica di eliminare qualsiasi post che condividesse le prove che l’orribile virus fosse emerso dalla Cina. Hanno detto che non è emerso dal laboratorio cinese, Wuhan, ricordate, ho detto Wuhan ed è stato come se fosse scoppiata una bomba, Wuhan.

Veniva dal laboratorio di Wuhan. Naturalmente c’erano sacchi per cadaveri ammassati davanti al laboratorio. Nessuno ne parla mai. Mi chiedo perché? Hanno detto che è arrivato a migliaia di chilometri di distanza da un pipistrello o che veniva da un altro Paese. Hanno cercato d’incolpare l’Italia. Hanno cercato di incolpare noi. Ma hanno rinunciato a quella versione, anche quella era disinformazione. Ma poi alla fine è stato rivelato che molto probabilmente questa era la verità, che veniva dal laboratorio. Ed è stato pubblicato come un artitolo minuscolo, ma quando l’ho detto, è stato come se avesse sparato un’arma di grosso calibro.

Non userò la parola arma, perché non uso mai la parola nucleare, ma dobbiamo stare attenti alla nostra leadership, perché se non abbiamo una leadership adeguata, siamo in una condizione molto pericolosa. Quindi non usiamo la parola nucleare. Io non la uso mai, ok? Non la uso mai. Non l’ho mai detto. Questa si chiama disinformazione. Google e YouTube hanno cancellato innumerevoli video che hanno osato mettere in discussione il giudizio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha sbagliato così spesso.

È stata una vera e propria macchina di propaganda per la Cina, come molti di voi sanno, definnendo quei video disinformazione, compresi i video che consistono in chiari fatti scientifici. Medici e gruppi medici sono stati banditi da queste piattaforme per aver postato notizie su famaci terapeutici come l’idrossi clorochina. Ah. Questo è un nome familiare. Che ora gli studi più recenti dicono essere efficace nel combattere il virus. Tre centesimi a pillola, le compagnie farmaceutiche non amano i tre centesimi a pillola.

Tre centesimi a pillola è quello che costa.

Ma recenti studi sono venuti fuori molto forte, a favore. Twitter ha censurato gli utenti semplicemente per aver usato il termine “illegal alien” (immigrato illegale). Che ha etichettato come contenuto odioso. E semplicemente disattivandovi per qualsiasi motivo. Dovete vedere la frase per cui mi hanno tolto l’accesso, è la frase più amorevole. È davvero incredibile. Avrebbero potuto fare di meglio perché ho detto molto di peggio. Non potevo credere che fosse quello il motivo. Diamo un’occhiata. Sapete esattamente di quale frase sto parlando.

È diventata molto famosa.

La gente dice: davvero? Anche l’altra parte ha detto: davvero? E naturalmente, non c’è prova migliore che Big Tech sia fuori controllo del fatto che hanno bandito il Presidente in carica degli Stati Uniti all’inizio di quest’anno. Un divieto che continua ancora oggi, continua. Quindi facciamo [comunque] girare la voce [anche senza i social media], ma non è una situazione equa. Molto, molto negativa per questo Paese, molto negativa per il mondo. Se possono farlo a me, possono farlo a chiunque, e infatti è esattamente quello che stanno facendo.

Stanno disattivando persone che non si rendono nemmeno conto di essere state disattivate. Non hanno idea del perché siano state disattivate. Ma quello che stanno facendo è incredibile e incredibilmente pericoloso. Si uniscono a noi questa mattina solo alcuni dei molti americani che sono stati illegalmente banditi o messi a tacere sotto il regime corrotto della censura. Questi coraggiosi patrioti sono inclusi nella causa e altre migliaia si stanno unendo mentre parliamo, altre migliaia. Tutti vogliono unirsi. Questa passerà alla storia, credo, la più grande class action mai presentata perché migliaia di persone vogliono unirsi.

Jen Horton è un’insegnante di Fenton, Michigan. All’inizio di quest’anno. È stata cacciata da Facebook per aver condiviso un post in cui si chiedeva se i bambini piccoli dovessero indossare maschere. Aveva una domanda, e presentava entrambe le versioni [pro e contro] e in realtà non era un post negativo, citava solo entrambe le versioni. Questo è stato abbastanza. Allo stesso tempo, mentre Jen veniva bloccata dalla piattaforma, suo fratello era scomparso e lei non era in grado di diffondere la notizia a nessuno dei suoi follower. Aveva molti follower.

Non poteva spargere la voce.

E Jen, voglio ringraziarti molto per essere qui e per esserti fatta avanti. Ci vuole molto coraggio. Vuoi salire a dire qualcosa, Jen? Dov’è Jen? Jen, prego. Grazie.

Apprezzo solo l’opportunità di essere qui con tutti questi incredibili patrioti. E la ringrazio, Presidente Trump, per tutto quello che sta facendo per noi.

Grazie mille, Jen. Lo apprezzo molto. Grazie Jen.

Dottoressa Kelly Victory. Adoro quel nome. Avrei scelto quel nome se avessi potuto scegliere. E’ una specialista di traumi e di emergenze certificata dal Colorado. Una persona fantastica. A cui è stato chiesto dal Pastore di una chiesa di preparare un video su come mitigare i rischi del virus cinese per consentire la ripresa sicura dei servizi in chiesa, solo una domanda. Potrebbe darci qualche informazione? Il video è stato scandalosamente rimosso da Facebook, Twitter e YouTube, con dichiarazioni orribili da parte loro.

Kelly, grazie per il tuo coraggio, di’ qualche parola, grazie. Facebook ha ritardato il volo. Il volo è ritardato di quattro ore, mi chiedo. Non posso crederci. È terribile. Che cosa sono disposti a fare. Va bene. Grazie ovunque tu sia. Eccola che atterra, sta andando a Newark, sta atterrando a Newark. Kiyan e Bobby Michael sono angel parents (genitori i cui figli sono vittime di immigrati illegali). Il loro prezioso figlio, Brandon, è stato ucciso a soli 21 anni da un clandestino due volte deportato e molto violento.

Ha causato una collisione molto fatale. Qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere. Da allora, hanno eroicamente lanciato la loro lotta profondamente personale per attirare l’attenzione sui pericoli dell’immigrazione illegale. Hanno aiutato a far passare il divieto della Florida sulle mortali città santuario, e sono davvero mortali, e continuano ad essere forti sostenitori della sicurezza dei confini e dell’applicazione delle leggi sull’immigrazione, ma sono stati crudelmente e ingiustamente banditi da Twitter. Volete dire qualche parola? Dove siete? Prego.

Kiyan Michael: Grazie, signor Presidente. La lotta contro la censura deve continuare. Noi ci siamo dentro. Non permetteremo che la nostra nazione venga messa a tacere. Siamo uniti e la ringraziamo, signor Presidente.

Grazie mille. Vedo qualcuno che si candiderà molto presto. È stato fantastico. Voglio ringraziarvi molto. E’ davvero fantastico. Quindi siamo in una battaglia. Siamo in una battaglia che vinceremo. Siamo in una battaglia che la gente vuole che affrontiamo. Così tante persone mi hanno detto: per favore, signore, faccia qualcosa per Big Tech. Gli faccia causa, signore, gli faccia causa. E me lo dicono da molto tempo, ma non c’è mai stato un momento migliore per farlo.

Un sondaggio pubblicato da Scott Rasmussen, molto rispettato, mostra che quasi due terzi degli americani credono che le aziende Big Tech dovrebbero essere obbligate a rispettare la garanzia del primo emendamento sulla libertà di parola. E penso che questi numeri siano bassi, molto bassi. Il sessantotto per cento degli americani crede che le aziende di social media dovrebbero dare la priorità al trattamento equo di ogni cittadino rispetto alla protezione di se stesse. Vogliono che le persone siano protette. Vogliono che le persone abbiano la loro voce e una maggioranza schiacciante crede che i giganti della tecnologia siano diventati troppo potenti.

Hanno superato il limite molte, molte volte e di gran lunga. Il diritto di libertà del popolo americano deve prevalere contro Big Tech e altre forze che cercano di distruggerlo. Attraverso questa causa, stiamo difendendo la democrazia americana, difendendo i diritti di libertà di parola di ogni americano, democratico, repubblicano, indipendente, chiunque esso sia. Questa causa è solo l’inizio. È una causa molto grande, con grandi avvocati. Vi farò sapere tra circa un anno, magari cambierò idea, ma non credo.

Hanno un’enorme storico di vittorie per buone cause. Porteremo anche questa battaglia nelle legislature statali, al Congresso e infine alle urne. E sarà molto popolare alle urne. Non smetterò mai di combattere per difendere i diritti costituzionali e le sacre libertà del popolo americano. Non mi fermerò mai. Ora chiederò a John Coale e Pam Bondi, due persone fantastiche che amano tanto il nostro Paese, di farsi avanti e discutere la causa.

E poi risponderemo a qualche domanda. Grazie mille.

John Coale: Salve. È più alto di me. Questa causa riguarda davvero la libertà di parola e ciò che è, è fondamentale che la libertà di parola dipenda da certe cose. Una è chi decide cosa è odio, chi decide cosa è disinformazione. Non è un paio di ragazzi in California. È sempre stata la Corte Suprema per oltre duecento anni. E direi che hanno fatto un ottimo lavoro. Noi stiamo, stiamo portando avanti questa causa, dimostreremo che sono attori governativi, quindi il Primo Emendamento si applica e pensiamo che saremo vittoriosi su questo.

Pensiamo di essere nella zona giusta, che è il sud della Florida. E dovete capire che non possiamo lasciare che questo accada perché, sapete, per tutti voi là fuori che siete democratici e liberali o qualunque cosa siate, sarete i prossimi. Ora tocca ai conservatori, ma come la storia ci mostra, si rivolgerà contro di voi forse tra cinque anni, forse tra tre mesi, forse tra 10 anni. Ma sarete i prossimi. Quindi esorterei le persone dall’altra parte del partito politico del Presidente Trump a unirsi a noi, perché non si può lasciare che continui.

E un’ultima cosa. La cosa più odiata da tutte le Corti Supreme nel corso degli anni si chiama restrizione preventiva. Significa che non si può parlare. Il Pentagon Papers è il caso famoso. Non potete farlo perché lo diciamo noi. Quindi la Corte Suprema odia questo. Pensano che sia il peggior tipo di censura che abbiamo. E quando questo signore non può andare avanti e dire quello che vuole dire, questa è una limitazione preventiva ogni minuto di ogni giorno fino a quando questa cosa non viene risolta.

Grazie.

Pam Bondi: E sono qui non come parte di quella grande squadra legale laggiù, ma sono molto orgoglioso di far parte del team che si occupa di contenziosi costituzionali all’interno di America First Policy. Quindi sono qui solo per spiegare alcune cose. E sapete cosa ha detto John? Si tratta della nostra Costituzione. Questo non è solo per i conservatori. Questo è per i nostri media. Questo è per tutti quelli che sono là fuori riguardo alla censura. Questo è per i democratici e anche per i progressisti la cui libertà di parola dovrebbe essere protetta dal Primo Emendamento.

Se vi ricordate, Tulsi Gabbard ha fatto causa. Vi ricordate che Tulsi Gabbard è stata censurata quando era in corsa per la presidenza? E così ha fatto causa. E, sapete, la gente dice che hanno l’immunità. Loro, cioè YouTube, Facebook, Twitter, sotto la Sezione 230. Beh, ecco dove è cambiato. La sezione 230 è nata nel 1996. Ed era una propaggine del Decency Act (Legge sulla decenza) per proteggere, in realtà per proteggere contro lo sfruttamento dei bambini online.

Ecco di cosa si trattava. Quindi torniamo al ’96. Quanti utenti c’erano allora? Probabilmente circa 20 milioni su AOL, giusto, Presidente? 1996. Ora cosa abbiamo? Facebook, Twitter? Abbiamo miliardi in tutto il mondo, quindi i tempi sono cambiati. Internet sta fiorendo, ma il Primo Emendamento deve ancora essere protetto. Nessuno poteva immaginare quello che stava per accadere con Internet nel nostro Paese ora con miliardi, miliardi di utenti in tutto il mondo.

Ecco perché questo è così importante. E quando Mark Zuckerberg e altri sono stati chiamati di fronte al Congresso e sono stati sottoposti a coercizione e interrogati da tutti questi membri del Congresso, poi c’è anche Mark Zuckerberg che scrive e-mail con il dottor Fauci su COVID. E infatti, molte delle loro e-mail che abbiamo ricevuto sono state censurate, non solo per la presenza di numeri di telefono, ma perché stavano scambiando segreti commerciali.Ecco com’è andata: una società privata sta comunicando con il Governo Federale e parti di questo sono state censurate.

Quindi questo li rende, non sono più immuni. Non sono più immuni. È stata coercizione, collusione, collaborazione, e non possono nascondersi dal Primo Emendamento. Ecco perché questo è molto, molto importante. Anche l’Oversight Board di Facebook (comitato di supervisione), che Mark Zuckerberg ha creato, l’Oversight Board ha risposto dicendo che c’erano problemi, c’erano problemi [nel bando di Trump], e mancava l’applicazione coerente degli standard a tutti i membri della comunità. Ecco perché questo è così importante per noi, per il nostro futuro, per tutti i partiti politici, per tutti gli esseri umani nel mondo.

Crediamo nel Primo Emendamento e America First Policy si batterà per difenderlo. Grazie.

Trump ha subito chiarito che intende andare fino in fondo quindi non accetterà eventuali offerte di risarcimento preventivo.

Come team di attacco ha ingaggiato John Coale e il suo team, un avvocato che ha gestito cause importanti con centinaia di miliardi di danni.

Il punto chiave della causa è dimostrare che Big Tech non è composta solamente da aziende private, ma che ciascuna di essere svolge anche un ruolo governativo.

Negli Stati Uniti, la censura è infatti considerata tale solo quando viene attuata da un governo oppure da forze collegate al governo. Un’azienda privata può limitare la comunicazione a proprio piacimento all’interno della propria piattaforma esercitando la propria libertà di espressione.

In condizioni normali, spetta alla magistratura oppure alle leggi vigenti stabilire che cosa sia incitamento all’odio oppure alla violenza e che cosa sia considerato inaccettabile. Ma nel momento in cui i giganti di Big Tech hanno ricevuto protezione dal governo federale attraverso la Sezione 230 della legge sulla decenza online approvata nel 1996, sono diventati di fatto un’estensione del governo secondo la posizione di Trump e dei suoi legali. Di conseguenza devono garantire la libertà di espressione secondo il Primo Emendamento (articolo) della costituzione degli Stati Uniti.

Inoltre, Trump mette in evidenza come gli amministratori delegati di Facebook, Twitter e Google siano stati trascinati nel Congresso e sottoposti a interrogazioni e contestazioni fino a quando hanno capitolato offrendo la propria collaborazione al partito democratico.

Sono diventati parte integrante del sistema di censura governativo statunitense al servizio di vari dipartimenti, tra cui la Centers for Disease Control che ha gestito molto male la pandemia e che ha impedito il diffondersi di terapie preventive.

Descrive anche il sistema di propaganda oggi diffuso nel mondo dove informazioni false e spesso contrastanti con quelle diffuse poco prima, vengono ripetute alla nausea fino a che alla fine la gente ci crede per semplice effetto del martellamento continuo sui media tradizionali e sui social media.

Infine ricorda come, durante la pandemia, Big Tech abbia sposato le tesi spesso sbagliate della CDC (Centers for Disease Control – Centri per il controllo delle malattie) e di Anthony Fauci impedendo il diffondersi di notizie vitali su cure preventive efficaci, come ad esempio l’idrossiclorochina che è stata attaccata perché proposta come cura da Donald Trump e in seguito ha dimostrato la propria efficacia attraverso diversi studi.

Trump rimarca che il costo dell’idrossiclorochina è troppo basso per essere interessante per le case farmaceutiche che invece preferiscono vendere medicinali molto più costosi e molto meno efficaci, oppure i vaccini.

Si fa vanto di aver spesso scavalcato le cosiddette autorità sanitarie e dipinge uno scenario profondamente disfunzionale del governo degli Stati Uniti dove burocrati spesso incompetenti o compromessi hanno un potere maggiore rispetto a quello del presidente.

Riconferma il suo convincimento che il virus del COVID-19 abbia avuto origine nel laboratorio cinese della città di Wuhan e riporta la notizia inedita che dopo lo scoppio dell’epidemia c’erano sacchi per i cadaveri ammassati proprio all’esterno del laboratorio.

Nella prossima parte del video vedremo la parte domanda-risposta della conferenza.


Alan Dershowitz: la causa di Trump contro Twitter «scuoterà notevolmente le cose»
Jack Phillips
9 luglio 2021

https://www.epochtimes.it/news/alan-der ... tera-cose/

L'avvocato Alan Dershowitz, membro del team legale del presidente Donald Trump, parla alla stampa nella sala di ricevimento del Senato, durante il processo di impeachment al Senato del Campidoglio degli Stati Uniti, a Washington, il 29 gennaio 2020. (Mario Tama/Getty Images)

Mercoledi il giurista Alan Dershowitz ha dichiarato che le class-action legali dell’ex presidente Donald Trump contro Facebook, Google e Twitter sono «molto, molto importanti» per il futuro della libertà di parola negli Stati Uniti. Inoltre, sostiene che i giganti della tecnologia, le cosiddette Big Tech, usufruiscano di esenzioni speciali da parte del governo e che non siano quindi delle normali società private.

L’ex presidente americano, durante una conferenza stampa nel New Jersey, ha annunciato che sono state depositate varie cause legali presso la Corte Distrettuale degli Stati Uniti del Distretto Meridionale della Florida. I querelanti stanno chiedendo al tribunale di ordinare l’immediata sospensione dei presunti shadowbanning, censure, liste nere e della cancellazione delle persone da parte dei social media. Trump sta anche chiedendo il pagamento dei cosiddetti danni punitivi.

Dershowitz, professore emerito di giurisprudenza ad Harvard, ha dichiarato a Newsmax che le recenti azioni intraprese dai giganti dei social media sono «incoerenti con lo spirito di libertà di parola che è alla base del nostro Primo Emendamento». Secondo lui, la causa «scuoterà notevolmente le cose, anche se alla fine non posso prevedere come andrà a finire».

Il professore ha anche spiegato che la causa di Trump è «un caso complicato perché, come ha sottolineato il presidente, [l’avvocato, ndr] Pam Bondi, ed altri, queste non sono solo normali società private: hanno uno scudo speciale […] e quindi sono partecipi a una sorta di azione del governo e i tribunali dovranno analizzare questo problema».

Facebook, Twitter, Google e altre piattaforme, ai sensi della Sezione 230 del Communications Decency Act del 1996, sono generalmente protetti dalla responsabilità per i contenuti pubblicati sulle piattaforme dagli utenti. La legge consente anche alle società di social media di moderare le proprie piattaforme rimuovendo i post che violano i loro termini e condizioni, purché agiscano in «buona fede».

Mercoledi l’avvocato Bondi ha suggerito che la Sezione 230 è attualmente obsoleta perché è stata redatta a metà degli anni ’90 con l’intenzione di proteggere i bambini da contenuti dannosi online. Il modo in cui le aziende Big Tech attualmente usano la legge come uno scudo – ha dichiarato l’avvocato – va ben oltre l’intento originale del legislatore.

Twitter, Facebook e YouTube (di proprietà di Google) hanno sospeso gli account di Trump a gennaio, sostenendo che l’ex presidente avesse incitato alla violenza il 6 gennaio e che avesse violato i termini e le condizioni delle società in merito alle accuse di brogli elettorali. «Quello che non vogliamo è che il governo dica alle aziende private cosa possono dire e cosa possono fare», ha detto Dershowitz. «Sarebbe sbagliato, ma non vogliamo che queste società folli, pubbliche, enormi e monopolistiche limitino la nostra libertà di parola. La situazione attuale è inaccettabile e questa causa, penso, scuoterà notevolmente le cose, anche se alla fine non posso prevedere come andrà a finire».

Dershowitz ha anche fatto notare che le aziende private dovrebbero avere la possibilità di regolamentare i contenuti sui loro siti, un argomentazione comunemente usata per giustificare la sospensioni di Trump e molte altri, ma ha precisato: «d’altra parte c’è il fatto che non sono veramente aziende private, e i tribunali dovranno risolvere questa questione». «C’è un precedente a riguardo, c’è un caso chiamato Marsh v Alabama, in cui una città aziendale, una città di proprietà di una società, ha proibito la libertà di parola e la Corte Suprema ha dichiarato: ‘No, sebbene sia di proprietà di una società, riguarda il pubblico e quindi si applica il Primo Emendamento’».

Il professore ha infine aggiunto: «Chiaramente ciò che sta accadendo qui è una restrizione preventiva. Cioè, stanno dicendo all’ex presidente degli Stati Uniti, ‘non ti vogliamo sulle nostre piattaforme, non importa quello che dici, te lo impediremo’. Quindi, la questione non è tanto se si tratti di restrizione preventiva o meno. Penso che tutti riconosceranno che si tratta di una restrizione preventiva. La questione è se la restrizione preventiva sia soggetta o meno al Primo Emendamento o se [Trump, ndr] stesso abbia diritto al Primo Emendamento. Ecco cosa c’è di così complicato in questo, ecco perché la chiamo la nuova censura. La vecchia censura riguardava il puro governo. Il maccartismo. Il Congresso. Oggi abbiamo queste aziende che sono i nuovi censori»
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Europa e America

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 2 ospiti