Richard Nikolaus di Coudenhove Kalergi (non è A.Spinelli)

Richard Nikolaus di Coudenhove Kalergi (non è A.Spinelli)

Messaggioda Berto » gio apr 11, 2019 7:27 pm

Ecco il capitoletto tra i vari costituito da considerazioni antropologiche sul futuro dell'umanità che contiene le frasi che estrapolate e manipolate hanno dato origine alla fola del Progetto Kalergi


Il Piano Kalergi per annientamento dei popoli europei in atto con la complicità di chi ci governa

Buongiorno amici. Nel 1925 il conte Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi (1894 – 1972), fondatore dell’Unione Paneuropea da cui è nata l’Unione Europea, nel suo libro «Praktischer Idealismus» (Idealismo pratico), scrisse che gli abitanti dei futuri “Stati Uniti d’Europa non saranno i popoli originali del Vecchio continente, bensì una sorta di subumanità resa bestiale dalla mescolanza razziale (…) È necessario incrociare i popoli europei con razze asiatiche e di colore, per creare un gregge multietnico senza qualità e facilmente dominabile dall’elite al potere. L’uomo del futuro sarà di sangue misto. La razza futura eurasiatica-negroide, estremamente simile agli antichi egiziani, sostituirà la molteplicità dei popoli, con una molteplicità di personalità”. In Italia il cardinale Angelo Scola teorizza da anni la bontà del “meticciato culturale”, concetto caro all’ex ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge.


???

https://www.youtube.com/watch?v=yOgCcFp ... e=youtu.be



Ecco le pagine del capitoletto con il testo:


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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ertina.jpg

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... /04/38.jpg

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... /04/40.jpg


Come si può arguire leggendo questo capitoletto esso non contiene alcun progetto alcuna programmazione eugenetica dell'umanità né positiva né negativa e demoniaca.
Si tratta solo di una serie di previsioni sullo sviluppo dell'umanità che naturalmente tende a mescolarsi per effetto degli spostamenti delle merci, dei lavoratori, dei commerci, delle persone, del turismo, dei matrimoni, delle adozioni e di altre relazioni tra le genti e le persone.




Ecco dove si può acquistare il testo:
https://www.amazon.it/s?k=idealismo+pra ... agkbbmls_e



Questa nuova pubblicazione con la traduzione dell'opera di Kalergi "Idealismo Pratico" è veramente un testo che merita di essere letto attentamente, l'unica nota stonata in questo volume è la presentazione dello "storico" Franco Cardini:
il quale prendendo lo spunto dalla falsità della leggenda complottista sul Progetto Kalergi cerca di far passare come frutto del complottismo antiamericano la menzogna che a distruggere le torri gemelle siano stati i maomettani e che al-Qaeda e l'Isis siano invenzioni dei servizi deviati americani se non dello stesso governo USA e della forte lobbi ebraica statunitense;
il suo evidente antiamericanismo e il suo demenziale e sinistro complottismo contro il presunto nuovo colonialismo economico-politico delle multinazionali occidentali, del capitalismo e dell'Europa che provocherebbero i gravi disagi/problemi africani e sarebbero la causa prima delle migrazioni dal continente nero al vecchio continente bianco (in verità le cause prime sono altre e totalmente endogene e indigene: la sovrappopolazione (in Somalia 6 figli e in Nigeria 5 figli per coppia), i conflitti intertribali e interetnici, il colonialismo imperialista terrorista e guerrafondaio maomettano, talune tradizioni superstiziose e incivili come la magia nera vodù, l'infibulazione e la schiavitù, l'arretratezza culturale, l'ignoranza, la prepotenza e la corruzione).
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Richard Nikolaus di Coudenhove Kalergi (non è A.Spinelli

Messaggioda Berto » ven apr 19, 2019 8:12 pm

Pietro Marinelli e Kalergi

https://www.facebook.com/pietro.marinel ... ment_reply

Cari amici, dal vivace incontro di ieri sera a Magenta è emerso ancora più chiaramente che l'Unione europea è stata pensata per "superare l'oscurantismo dei nazionalismi": rimane l'impostazione del "Manifesto di Ventotene" di Altiero Spinelli, il quale già aveva in mente gli Stati Uniti d'Europa come strumento per abolire la sovranità nazionale! Ne ho avuto ulteriore conferma dall'esultanza con la quale Valerio Onida,citò, sempre nell'incontro allo IULM di pochi giorni fa, la sentenza del 1984 della Corte di Giustizia europea che stabiliva la prevalenza del diritto comunitario sul diritto nazionale! Però quando Onida estese tale prevalenza anche alla Costituzione mi venne il dubbio che esagerasse: sono andato a verificare e difatti ho avuto conferma che le norme del testo costituzionale sono più importanti dei regolamenti e delle direttive U.E.! Anzi, se gli atti normativi comunitari fossero in contrasto con i Principi fondamentali (artt. 1-12) o con i diritti e doveri dei cittadini (artt. 13-54) potrebbero essere annullati dalla Corte Costituzionale italiana.


Alberto Pento
Io preferisco il Manifesto del liberale e federalista Kalergi "Paneuropa" (che fu uno dei primi ispiratori dell'unione europea dei popoli e delle libertà a cui dobbiamo anche il Canto della Gioia) a quello comunista sovietizzante del sinistro ventoteniano Spinelli.

Pietro Marinelli
Posso capire le preferenze di "stile", ma ricordiamoci che nel 1922, Koudenove-Kalergi fonda la Paneuropa (o Unione Paneuropea) con lo scopo apparente di impedire un nuovo conflitto continentale, tuttavia nel 1925 in una relazione presentata alla Società delle Nazioni, i fini dell’austro-giapponese si manifestano chiaramente. Il suo obiettivo primario era quello di unificare l’Europa, al fine di integrarla all’interno di un’organizzazione mondiale politicamente unificata, in poche parole un governo mondiale, che a sua volta federasse nuove federazione continentali (“continenti politici”, proprio come la “Paneuropa”). Inoltre nel suo libro «Praktischer Idealismus» pubblicato nel 1925, Kalergi espone una visione multiculturalista e multi-etnicista dell’Europa, dichiarando che “gli abitanti dei futuri Stati Uniti d’Europa non saranno i popoli originali del Vecchio continente, bensì una sorta di subumanità resa bestiale dalla mescolanza razziale”, e affermando senza mezzi termini che “è necessario incrociare i popoli europei con razze asiatiche e di colore, per creare un gregge multietnico senza qualità e facilmente dominabile dall’elite al potere. L’uomo del futuro sarà di sangue misto. La razza futura eurasiatica-negroide, estremamente simile agli antichi egiziani, sostituirà la molteplicità dei popoli, con una molteplicità di personalità”.

Alberto Pento
Pietro Marinelli stai sbagliando, quando rientrerò stasera ti spiegherò perché.


Alberto Pento
Gentile Pietro
siccome hai la responsabilità come insegnante della formazione dei giovani uomini mi permetto di sottoporti il capitoletto di Idealismo Pratico di Kalergi dove vi è la famosa frase che estrapolata e manipolata ha dato origine alla leggenda negativa del Progetto Kalergi,
leggendo queste paginette si può arguire come non contengano alcun progetto, alcuna programmazione eugenetica dell'umanità né positiva né negativa e demoniaca.
Si tratta solo di una serie di previsioni sullo sviluppo dell'umanità che naturalmente tende a mescolarsi per effetto degli spostamenti delle merci, dei lavoratori, dei commerci, delle persone, del turismo, dei matrimoni, delle adozioni e di altre relazioni tra le genti e le persone.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Richard Nikolaus di Coudenhove Kalergi (non è A.Spinelli)

Messaggioda Berto » gio ott 24, 2019 3:16 am

Ecco il Progetto di Bergoglio sul Meticciato Mondiale, un progetto demenziale e imperiale, disumano, violento e criminale che viola i nostri diritti umani, civili e politici


Anticipazione. Spadaro: «Così Francesco sta cambiando il mondo»
Antonio Spadaro giovedì 25 gennaio 2018

https://www.avvenire.it/agora/pagine/mo ... 29da523d00

Il direttore della «Civiltà Cattolica» spiega in un saggio la strategia della Chiesa in uscita e la logica rivoluzionaria della misericordia

Spadaro: «Così Francesco sta cambiando il mondo»

“Marxista” o “populista”, “profetico” o “rivoluzionario”: sono tante le definizioni che sono state date dell’operato di papa Bergoglio. Qualunque giudizio si esprima, è innegabile che la sua figura sia ormai quella di un leader in grado di esercitare un’enorme influenza sulla politica internazionale. Nell’intricato schema della geopolitica globale, i suoi decisi – e spesso poco convenzionali – interventi hanno cambiato il tono del dibattito, generando entusiasmo e stupore, oltre a numerose critiche. La diplomazia di Francesco sa essere “profetica”. Antonio Spadaro, direttore della “Civiltà Cattolica”, accanto ad autorevoli commentatori delle vicende politiche vaticane e non (fra i quali la giornalista di “Avvenire”, Lucia Capuzzi), ricostruisce le strategie attraverso cui Francesco e la sua “Chiesa in uscita” stanno mutando radicalmente il confronto sugli equilibri mondiali in un libro intitolato “Il nuovo mondo di Francesco. Come il Vaticano sta cambiando la politica globale” (Marsilio, pagine 240, euro 17,00) da oggi in libreria. In questa pagina anticipiamo una parte del saggio introduttivo di padre Spadaro intitolato “Sfida all’apocalisse”.

Integrare, dialogare, generare sono i tre verbi che Francesco ha usato per lanciare «la sfida di “aggiornare” » l’idea stessa di Europa alla luce di un «nuovo umanesimo». Tre verbi, tre processi. Questa dinamica inclusiva allarga «l’ampiezza dell’anima europea». Francesco sa che quest’anima nasce dall’incontro di civiltà e di popoli. Sa dunque che l’Europa è «più vasta degli attuali confini dell’Unione»: gli oltre cinquecento milioni di europei, rappresentati dai ventotto paesi membri dell’Unione europea, non esauriscono l’Europa, che è chiamata a diventare luogo vitale di «nuove sintesi». Perché l’Europa non è una «cosa», ma un «processo». Non è un sostantivo, ma un verbo. L’Europa non «è», ma «si fa». A questo punto è chiaro, con assoluta evidenza, perché il papa abbia scelto l’Albania e la Bosnia come prime tappe dei suoi viaggi nel vecchio continente: non ha scelto il luogo dell’anima definita dal centro. Per Francesco la definizione viene dalle richieste di accesso, dalle possibilità aperte nel futuro, dalle pressioni ai lati e ai fianchi. «L’identità europea è, ed è sempre stata, un’identità dinamica e multiculturale», ha detto il papa. Le radici sono sempre meticce e sporche di terra. Quello della purezza delle origini è un mito cieco e sordo.

L’Europa non è il frutto di un «laboratorio» diplomatico, ma di incontri e scontri, guerra e pace, sangue sparso e olio versato sulle ferite. Le radici si sono consolidate nel corso della storia, integrando culture più diverse e persino «senza apparente legame tra loro». Dunque, il volto dell’Europa non si distingue «nel contrapporsi ad altri, ma nel portare impressi i tratti di varie culture e la bellezza di vincere le chiusure». L’integrazione trova poi nell’essere solidali «il modo in cui costruire la storia»: essa non ha nulla a che fare con l’elemosina, ma è la «generazione di opportunità». Dialogare è ciò che permette di ricostruire il tessuto sociale, perché riconosce l’altro da sé – lo straniero, il migrante, l’appartenente a un’altra cultura – come un interlocutore valido, un soggetto da ascoltare, che sia considerato e apprezzato. Il papa sogna un nuovo umanesimo europeo che si costruisca avendo un «vivo senso della storia » e della memoria. L’opposto di questo umanesimo sono la paura, l’esclusione, il sospetto, che producono «viltà, ristrettezza e brutalità» e soprattutto un senso di vischiosa «meschinità». Essere «meschini » è quanto di peggio possa accadere per Francesco che ama l’anima ampia e amplia le anime strette. «La creatività, l’ingegno, la capacità di rial- zarsi e di uscire dai propri limiti appartengono all’anima dell’Europa»: ecco nel suo discorso subito affiorare il riferimento all’eccentricità, al superamento dei limiti e dei confini. L’Europa è se stessa perché sa andare oltre se stessa. La sua «casa » si costruisce andando oltre le ceneri dei «tragici scontri, culminati nella guerra più terribile che si ricordi». Questa visione dunque è profondamente legata al divenire, al superamento dialettico di muri e ostacoli. L’Europa è un «processo» tuttora in atto all’interno di «un mondo più complesso e fortemente in movimento».

I suoi padri hanno «architettato» un «illuminato progetto» che è sempre in costruzione. Occorre dunque verificare non se la casa regge, ma se la sua realizzazione segue quel sapiente progetto. Ecco il parere del papa: «Quell’atmosfera di novità, quell’ardente desiderio di costruire l’unità paiono sempre più spenti; noi figli di quel sogno siamo tentati di cedere ai nostri egoismi, guardando al proprio utile e pensando di costruire recinti particolari». Perché questo è accaduto? Perché – ha affermato il papa, coerente con il suo approccio alla realtà – l’Europa è «tentata di voler assicurare e dominare spazi più che generare processi di inclusione e trasformazione; un’Europa che si va “trincerando” invece di privilegiare azioni che promuovano nuovi dinamismi nella società; dinamismi capaci di coinvolgere e mettere in movimento tutti gli attori sociali (gruppi e persone) nella ricerca di nuove soluzioni ai problemi attuali, che portino frutto in importanti avvenimenti storici; un’Europa che lungi dal proteggere spazi si renda madre generatrice di processi». Se l’Europa considera se stessa come uno «spazio», allora prima o poi verrà – ed è già venuto – il momento della paura, del timore che lo spazio sia invaso. Lo spazio va innanzitutto difeso. Se invece l’Europa è da considerarsi come un processo in fieri, allora si comprende come esso metta in movimento energie, accettando le sfide della storia. Allora anche difficoltà e contraddizioni «possono diventare promotrici potenti di unità».

Ragionamenti analoghi andrebbero fatti per ogni continente, tenendo conto delle specificità e particolarità che il papa ha dimostrato di saper riconoscere e rispettare. Certo è che il «nuovo umanesimo» di cui egli ha parlato in contesto europeo rappresenta un punto di riferimento più largo rispetto ai confini di quell’area geografica. Integrare, dialogare e generare nuovi processi: questi tre verbi sembrano sottesi a quanto il pontefice va dicendo in tutti i quadranti della terra – specialmente quelli più periferici. [...] La speranza è quella di aver chiarito in quale senso non debba scandalizzare il ruolo politico incarnato da papa Francesco: esso è in ogni sua parte esplicazione di un compito, della tensione religiosa che deve percorrere la Chiesa. Allo stesso tempo non si deve aver timore a parlare di Bergoglio nei termini di «leader rivoluzionario », perché «rivoluzionario» è colui che porta nel mondo la logica della misericordia.



Il cristianesimo globalista–egalitario di Bergoglio e quello sovranista–identitario della Lega, nostalgico di Giovanni Paolo II
14/12/2018

https://www.huffingtonpost.it/piero-sch ... _23618169/

Separati in casa, sotto il cielo di Roma. I due cristianesimi, globalista - egalitario di Francesco e sovranista - identitario della Lega, non si erano trovati mai così vicini e così lontani come l'8 dicembre 2018: il giorno in cui "l'interesse nazionale" dell'Italia e della Chiesa si separarono pubblicamente, platealmente in due distinte "annunciazioni". Alternati e alternativi, nel raggio e assaggio di ottocento metri appena, troppo corto per contenerli entrambi, a contendersi l'Urbe dopo l'Orbe. A dividersi garbatamente la piazza e la terrazza. La sera e la mattina. La Madonna e la preghiera. Lo share e le fasce orarie. Badando bene di non sovrapporsi, tanto meno incontrarsi.

Vangelo apocrifo, al rovescio e vagamente scismatico. Dove il Matteo di turno non riscuote le tasse: le abolisce. E al passaggio del Vicario di Cristo non lascia ogni cosa per seguirlo, conforme al copione. Bensì proclama il nome, e arruola il nume, di un altro pontefice, Giovanni Paolo II. Assumendone programmatico il messaggio e facendolo riecheggiare, ieratico, tra le piazze del Popolo e di Spagna. Politicamente scorretto ma d'effetto.

Ai limiti dell'incidente diplomatico. Poiché il segretario di partito, che in campagna elettorale un anno fa esibiva spensierato la maglietta con lo slogan "Il mio Papa è Benedetto", nel frattempo ha ricevuto l'upgrade, unitamente alle consegne, di uomo di governo, Vicepresidente del Consiglio, pronunciando parole che impegnano il Paese, al di là delle intenzioni, e risuonano de facto a delegittimazione di un capo di stato, sull'altra riva del Tevere (come se Francesco, di rimando, cimentandosi nel remake della resurrezione di Lazzaro, evocasse a modello Renzi e Gentiloni, Mario Monti e la Fornero).

Sliding door spazio - temporale, che attraversa la storia e la stravolge, nella luce tersa e intensa, fredda e vivida, cinematografica e caravaggesca di un meriggio d'inverno. Inverando alla stregua di un presagio il jingle e refrain dell'evento leghista: "lui non ci sarà".

Già, lui non c'è stato. Più dei poteri forti, l'attuale successore di Pietro è divenuto all'istante il convitato di pietra e grande assente, stridente, della kermesse all'ombra della Cupola, quando Matteo Salvini, "nel giorno di Maria Vergine", ha scelto a mani giunte d'imprimere un taglio religioso, quasi omiletico al discorso e dedicare a un papa segnatamente, non però a quello regnante, la più lunga, poetica, pittorica delle sue citazioni.

Additando il celebre, dilatato affresco di Giovanni Paolo II del 5 ottobre 1982, "dall'Atlantico agli Urali", ed esaltando in Wojtyla il protagonista dell'ultimo, eroico e romantico tentativo dell'Europa di estroflettersi, alla stregua di una carica di Piłsudski, e proiettare fuori di sé universalmente la propria influenza, prima di riavvolgere il nastro, su se stesso, in modalità stretch-back ed essere risucchiata da una repentina quanto anodina involuzione.

"Lui non ci sarà": dall'America di Trump al Brasile di Bolsonaro, dall'Austria – Ungheria di Kurz e Orbán alla Russia di Vladimir Putin, l'impero d'Occidente risorge cristiano. Ma esclude il Papa, questo papa, dal proprio disegno di "Reconquista".

Di fronte ai "barbari" che avanzano senza incontrare resistenza non c'è per il Pontefice, contraddicendo la sequenza storica, un re dei Franchi, erede carolingio a cui appellarsi e offrire solenne la corona, la notte di Natale, come Leone III a Carlo Magno, nell'anno del Signore 2018. Anch'egli sotto assedio, e sotto gli occhi del mondo, Macron si è fatto "micro" e non sarà l'Emmanuel d'Oltralpe, a dispetto del nome, a recitare il ruolo dell'Emanuele.

In tale cornice Bergoglio ancor più che assediato appare insidiato: non solo il trono, bensì l'altare. Poiché la presa di Roma in versione sovranista, diversamente da Porta Pia, non si limita 150 anni dopo alla capitale politica. Punta orgogliosamente, strategicamente alla cattedra etica.

Tutti e due, papato e impero, convergono devotamente sul simbolo dell'Immacolata e ambiscono a restaurare la civiltà cristiana nella sua integrità perduta, restituendole la purezza che fu e che coincide, per il Papa, con l'eguaglianza primigenia, globalizzata e idealizzata, meticcia e mediterranea della comunità primitiva. Mentre per Salvini & Co., al contrario, riafferma i tratti e i connotati eurocentrici, somatici e gotici, del continente delle cattedrali, da Notre Dame a Marienplatz, dalla Madonnina a St. Mary the Great.

Anche se poi, occorre chiarirlo e bisogna evidenziarlo, nei termini del diritto costituzionale comparato e della scienza politica strettamente intesa, il modulo autonomista, bolivariano di Francesco si mostra di gran lunga più idoneo, fungibile all'impianto concettuale della Lega che non il federalismo di Wojtyla: il quale, al pari dei padri fondatori e ispiratori, credenti e non, da Spinelli a Schuman, sognava invece gli Stati Uniti d'Europa, sic et simpliciter, al punto da elevarli a comandamento aggiuntivo e target distintivo del magistero.

Pure sul piano del linguaggio - a prescindere dal messaggio, conservatore di Via Bellerio e progressista del Vaticano – gli strappi elettrizzanti, trasgressivi e le movenze irregolari, peroniste di Salvini, sonoramente insofferenti di protocolli e partiture, riconducono al tango di Astor Piazzolla, nelle milonghe di Buenos Aires, piuttosto che al passo, brioso ma composto, di mazurche polacche o danze Schützen, su piazze bavaresi o cracoviensi.

Mentre la Weltanshauung e il giudizio di fondo sulla globalizzazione, positivo in Bergoglio, negativo nei sovranisti, va ribadito e sottolineato, divarica tuttavia irrimediabilmente la direttrice Sudest, afroasiatica, della barca di Pietro - che intravede o vagheggia persino una rievangelizzazione per via migratoria del Settentrione secolarizzato - dalla rotta Nordovest, restauratrice, della flotte populiste, sospinte dal vento dei sondaggi: strategie antitetiche in cui ciascun ammiraglio considera quella dell'altro una "deriva". Per non dire una eresia.

Ora, volendo laicizzare con paragone estremo il ragionamento, è indubbio che qualunque tycoon o manager di holding multinazionale procederebbe senza esitare a un riposizionamento dell'azienda "Chiesa" sui mercati del futuro, dove i battezzati crescono a due cifre. Ma ciò introduce con altrettanta incidenza, per quanto ci riguarda, un dato di novità e instabilità sulla carta nautica, che per la prima volta diversifica e oppone, lungo la traiettoria della politica estera repubblicana, l'interesse del Belpaese (ancorato a Nord, seppure con margini di scostamento, del "2 - 2,4 - 2,04" per cento) e della Sede Apostolica.

"Sliding doors" o piattaforme continentali che al momento si sono soltanto sfiorate, rimandando la collisione, tra lo struscio e i marciapiedi, gaudenti e inconsapevoli, dello shopping festivo. Innestando però sottopelle, nel cuore di Roma, l'epicentro sismico del confronto.

Ad onta dei luoghi comuni sul secolarismo, da molto tempo l'Urbe non si presentava, per Natale, in conclusione, così "cristiana". Esuberante al punto che, di cattolicesimi, ne mette in scena e fa nascere, o rinascere, due. Tonici e ad ampio seguito in Orbe. Inaugurando una coabitazione inedita, senza precedenti, e lasciando presagire, a breve termine, l'insorgere di problemi da derby e condominiali.




Il Papa a Napoli: "Mediterrano mare del meticciato"
Giuseppe Aloisi - Ven, 21/06/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 14675.html

Papa Francesco, concludendo un convegno teologico a Napoli, ha parlato ancora di accoglienza dei migranti, dialogo interreligioso e società inclusiva. Il pontefice si è augurato la predisposizione nelle facoltà teologiche di corsi di lingua araba e di corsi di lingua ebraica

L'attesa è finita: papa Francesco ha concluso la due giorni di lavori promossa a Napoli dalla Facoltà teologica dell'Italia meridionale, richiamando tutti alla necessità dell'accoglienza.

Il canovaccio dell'intervento era annunciato, ma il Santo Padre ha approfondito anche molti altri aspetti correlati. Il virgolettato più forte, forse, è quello che ha riguardato il mar Mediterrano, che per il pontefice argentino è quello "del meticciato". Il vescovo di Roma ha argomentato nel dettaglio, sostenendo che: "Non è possibile leggere realisticamente tale spazio (Il Mediterraneo, ndr) se non in dialogo e come un ponte - storico, geografico, umano - tra l'Europa, l'Africa e l'Asia". Così come riportato dalla Lapresse.

L'incontro tra civiltà diverse, quindi, non può che avvenire pure per mezzo di un luogo fisico intercontinentale. Poi gli altri due oggetti centrali del discorso tenuto dall'ex arcivescovo di Buenos Aires: la dialettica interreligiosa e la "teologia dell'accoglienza". Rispetto al primo, Jorge Mario Bergoglio - come si apprende sempre sull'agenzia citata - ha citato soprattutto la necessità di una "società inclusiva" e scevra da chiusure di sorta. In relazione al dialogo con la religione ebraica e quella musulmana, ha rimarcato l'obbligatorietà della dialettica ai fini della "convivenza pacifica".

Il papa regnante ha domandato pure un incremento dei corsi di lingua araba e di lingua ebraica. I teologi del domani, insomma, devono poter confrontarsi meglio possibile, con confessioni religiose che presentano "radici comuni" con quella cristiano-cattolica. C'è stato pure modo di esplicitare in maniera più consistente la questione del vivere comune: il vertice della Chiesa cattolica ha chiesto ai musulmani di essere "partner" di questa "convivenza pacifica", definendo invece "nemici del dialogo" coloro che sono solito promuovere estremismi fanatisti. Queste dichiarazioni sono state riportate dall'Adnkronos.

Il viaggio di Papa Francesco a Napoli, insomma, si conclude come si prospettava: con un rilancio sull'accoglienza dei migranti, con un'apertura al mondo islamico e con un monito lanciato nei confronti di chi, predicando rigorismi ideologici di vario tipo, rema in direzione contraria rispetto a tutto questo.




Papa Francesco contro i sovranisti: "Portano alle guerre, salviamo l'Europa"
Sergio Rame - Ven, 09/08/2019

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/pap ... 38337.html

Bergoglio attacca populisti e sovranisti: "Mi spaventano". E sentenzia: "I migranti vanno accolti"

Papa Francesco scende in campo contro i partiti sovranisti. "Il sovranismo è un atteggiamento di isolamento", attacca in una lunga intervista alla Stampa nella quale si dice "preoccupato" per certi discorsi che, a suo dire, "assomigliano a quelli di Hitler nel 1934".

Non nomina mai la Lega, ma dice chiaramente che lo slogan "Prima noi" è un pensiero che fa paura.

"Il sovranismo è chiusura", tuona Bergoglio nell'intervista alla Stampa spiegando che "un paese deve essere sovrano, ma non chiuso". Pur difendendo la sovranità, infatti, il Santo Padre propone di promuovere e proteggere anche i rapporti con gli altri paesi dell'Unione europea. Il sovranismo, invece, è visto dal Pontefice come "un'esagerazione che finisce male sempre" e che "porta alle guerre". Un attacco violentissimo che non fa sconti nemmeno al populismo che, a detta del Papa, rientra nello stesso calderone del sovranismo. Rifacendosi agli studi di teologia e alla teoria del popolarismo, cioè la cultura del popolo, sottolinea la differenza tra il popolo che si esprima e l'imposizione dell'atteggiamento populista. "Il popolo è sovrano (ha un modo di pensare, di esprimersi e di sentire, di valutare) - incalza - invece i populismi ci portano a sovranismi: quel suffisso, 'ismi', non fa mai bene".

Nell'intervista alla Stampa, papa Francesco ribadisce più volte l'importanza della Comunità europea. "L'Europa non può e non deve sciogliersi", sentenzia ricordando che ci troviamo davanti a "un'unità storica e culturale oltre che geografica". Poi rifacendosi al "sogno" dei Padri Fondatori, che "ha avuto consistenza perché è stata un'attuazione di questa unità", invita tutti i leader del Vecchio Continente a "non perdere questo patrimonio". Bergoglio ammette che l'Unione europea si è indebolita con il passare degli anni, anche a causa dei dissidi interni continui, eppure non ammette altra soluzione se non quella di salvarla. Dopo le ultime elezioni spera, quindi, che tutti gli Stati membri intraprendano "un processo di rilancio".

Parlando di Unione europea, papa Francesco non può poi esimersi dal trattare l'emergenza immigrazione. E nell'intervista alla Stampa ribadisce, ancora una volta, quello che a suo avviso è il diritto più importante di tutti: quello alla vita. "Gli immigrati arrivano soprattutto per fuggire dalla guerra o dalla fame, dal Medio Oriente e dall'Africa", incalza il Santo Padre invitando l'Occidente a "lottare per la pace". Una parte della soluzione proposta da Bergoglio è investire in Africa "per aiutare a risolvere i loro problemi e fermare così i flussi migratori". Questo, però, non esime i Paesi dell'Unione europea dall'accogliere i disperati che arrivano. Per il Pontefice "ricevere" è, infatti, "un compito cristiano". "Le porte vanno aperte, non chiuse", fa notare pungendo nuovamente il ministro dell'Interno Matteo Salvini che, quando è arrivato al governo, ha immediatamente chiusi i porti azzerando gli sbarchi in Italia. "Chi amministra - conclude - è chiamato a ragionare su quanti migranti si possono accogliere".



Papa Francesco attacca i populisti: "Vogliono bloccare il meticciato e sterilizzare la razza"
25 Settembre 2019

https://www.liberoquotidiano.it/news/it ... iglia.html

"Si vuole bloccare quel processo così importante che dà vita ai popoli e che è il meticciato. Mescolare ti fa crescere, ti dà nuova vita. Sviluppa incroci, mutazioni e conferisce originalità". Papa Francesco, in una intervista a La Repubblica, insiste sull'importanza dell'immigrazione che porta al meticciato appunto: "Il meticciato è quello che abbiamo sperimentato, ad esempio, in America Latina. Da noi c'è tutto: lo spagnolo e l'indio, il missionario e il conquistatore, la stirpe spagnola e il meticciato". Invece, continua il Pontefice, "costruire muri significa condannarsi a morte. Non possiamo vivere asfissiati da una cultura da sala operatoria, asettica e non microbica".

Poi l'attacco al sovranismo: "La xenofobia e l'aporofobia (la paura per la povertà, ndr) oggi sono parte di una mentalità populista che non lascia sovranità ai popoli. La xenofobia distrugge l'unità di un popolo, anche quella del popolo di Dio. E il popolo siamo tutti noi: quelli che sono nati in un medesimo Paese, non importa che abbiano radici in un altro luogo o siano di etnie differenti". Oggi, sottolinea Bergoglio, "siamo tentati da una forma di sociologia sterilizzata. Sembra che si consideri un Paese come se fosse una sala operatoria, dove tutto è sterilizzato: la mia razza, la mia famiglia, la mia cultura, come se ci fosse la paura di sporcarla, macchiarla, infettarla".



Papa Francesco: "La xenofobia distrugge anche il popolo di Dio"
"Si vuole bloccare quel processo così importante che dà vita ai popoli e che è il meticciato. Costruire muri significa condananrsi a morte"
ANTONIO SPADARO
25 settembre 2019

https://www.repubblica.it/vaticano/2019 ... 236862828/

Giovedì 5 settembre, durante il suo viaggio in Mozambico, Papa Francesco ha incontrato in maniera privata un gruppo di 24 gesuiti. Il colloquio è avvenuto in Nunziatura, al termine della giornata di impegni del Pontefice.

All'arrivo, i gesuiti hanno applaudito Francesco, che ha chiesto ai presenti di formare un cerchio con le sedie. Il Papa ha successivamente invitato i gesuiti a porre le domande. Repubblica anticipa parte del colloquio, la cui versione integrale verrà pubblicata domani sul sito della rivista La civiltà cattolica.

I poveri si fanno affascinare da alcune sètte protestanti e sperano di diventare ricchi aderendovi. Come fare affinché la nostra evangelizzazione non sia proselitismo?
"Ci sono sètte che non si possono davvero definire cristiane.
Predicano Cristo, sì, ma il loro messaggio non è cristiano. Nulla a che vedere con la predicazione di un luterano o di un altro cristiano evangelico serio. Questi cosiddetti "evangelici" predicano la prosperità, promettono un Vangelo che non conosce la povertà, ma cercano semplicemente di fare proseliti. È proprio quello che Gesù condanna nei farisei del suo tempo. Oggi una signora mi ha avvicinato con un giovane e una giovane. Mi è stato detto che facevano parte di un movimento un po' fondamentalista. Mi ha detto: "Santità, vengo dal Sud Africa.
Questo ragazzo era indù e si è convertito al cattolicesimo. Questa ragazza era anglicana e si è convertita al cattolicesimo". Me lo ha detto in maniera trionfale, come se avesse fatto una battuta di caccia con il trofeo. Mi sono sentito a disagio e le ho detto: "Signora, evangelizzazione sì, proselitismo no"".

Come è cambiata la sua esperienza di Dio da quando è stato eletto Papa?
"Credo che la mia esperienza di Dio non sia cambiata. Resto sempre lo stesso di prima. Avverto un senso di maggiore responsabilità, senza dubbio. La mia preghiera di intercessione poi si è fatta molto più ampia di prima. Ma anche prima vivevo la preghiera di intercessione e avvertivo la responsabilità pastorale. Parlo al Signore come prima. E poi commetto gli stessi peccati di prima. L'elezione a Papa non mi ha convertito di colpo, in modo da rendermi meno peccatore. Sono e resto un peccatore. Per questo mi confesso ogni due settimane. Mi conforta molto sapere che Pietro, l'ultima volta che appare nei Vangeli, è ancora insicuro come lo era prima. Leggere dell'ipocrisia di Pietro mi conforta tanto e mi mette in guardia. Soprattutto mi aiuta a capire che non c'è alcuna magia nell'essere eletto Papa. Il conclave non funziona per magia".

Come si fa a evitare di cadere nel clericalismo nel corso della formazione al ministero sacerdotale?
"Il clericalismo è una vera perversione nella Chiesa, pretende che il pastore stia sempre davanti, stabilisce una rotta, e punisce con la scomunica chi si allontana dal gregge. Insomma: è proprio l'opposto di quello che ha fatto Gesù. Il clericalismo condanna, separa, frusta, disprezza il popolo di Dio. Il clericalismo confonde il "servizio" presbiterale con la "potenza" presbiterale. Il clericalismo è ascesa e dominio. In italiano si chiama "arrampicamento". Il clericalismo ha come diretta conseguenza la rigidità. Non avete mai visto giovani sacerdoti tutti rigidi in tonaca nera e cappello a forma del pianeta Saturno in testa? Dietro a tutto il rigido clericalismo ci sono seri problemi. Una delle dimensioni del clericalismo è la fissazione morale esclusiva sul sesto comandamento. Una volta un gesuita mi disse di stare attento nel dare l'assoluzione, perché i peccati più gravi sono quelli che hanno una maggiore "angelicità": orgoglio, arroganza, dominio. E i meno gravi sono quelli che hanno minore angelicità, quali la gola e la lussuria. Ci si concentra sul sesso e poi non si dà peso all'ingiustizia sociale, alla calunnia, ai pettegolezzi, alle menzogne".

Cosa pensa di questa xenofobia dilagante?
"La xenofobia e l'aporofobia - fobia che rappresenta la paura per la povertà o per i poveri, ndr - oggi sono parte di una mentalità populista che non lascia sovranità ai popoli. La xenofobia distrugge l'unità di un popolo, anche quella del popolo di Dio. E il popolo siamo tutti noi: quelli che sono nati in un medesimo Paese, non importa che abbiano radici in un altro luogo o siano di etnie differenti. Oggi siamo tentati da una forma di sociologia sterilizzata. Sembra che si consideri un Paese come se fosse una sala operatoria, dove tutto è sterilizzato: la mia razza, la mia famiglia, la mia cultura, come se ci fosse la paura di sporcarla, macchiarla, infettarla. Si vuole bloccare quel processo così importante che dà vita ai popoli e che è il meticciato. Mescolare ti fa crescere, ti dà nuova vita. Sviluppa incroci, mutazioni e conferisce originalità. Il meticciato è quello che abbiamo sperimentato, ad esempio, in America Latina. Da noi c'è tutto: lo spagnolo e l'indio, il missionario e il conquistatore, la stirpe spagnola e il meticciato.
Costruire muri significa condannarsi a morte. Non possiamo vivere asfissiati da una cultura da sala operatoria, asettica e non microbica".
Ho sentito che i missionari francesi usavano dare come penitenza per i peccati di far piantare alberi. Cosa ne pensa?
"Mi sembra un'intuizione pastorale molto creativa! Da quel che mi dici si è trattato di una penitenza sociale, ambientale, che si prende cura di costruire la società. Quando sono andato alla Città dell'amicizia, padre Pedro mi ha fatto vedere alcuni pini. Mi ha detto che li aveva piantati proprio lui 20 anni fa.
Questo è davvero molto bello".






Non portarti la morte in casa, non hai colpe né responsabilità
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 194&t=2624

Non deprediamo e non uccidiamo la nostra gente con l'irresponsabile accoglienza indiscriminata e scriteriata a spese delle scarse risorse pubbliche, dei nostri figli e nipoti e dei nostri compaesani e concittadini
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 196&t=2605

A ciascuno la sua casa, il suo paese e il suo continente.
L'Africa agli africani, l'America agli americani, l'Asia agli asiatici, l'Europa agli europei, l'Oceania agli oceaniani
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Richard Nikolaus di Coudenhove Kalergi (non è A.Spinelli)

Messaggioda Berto » ven giu 19, 2020 9:00 am

Che cos'è – o sarebbe – il "Piano Kalergi"
Il Post
16 gennaio 2018


https://www.ilpost.it/2018/01/16/piano- ... 0w6Hva5S8I

Nei circoli dell’estrema destra europea e italiana circola da qualche tempo una spiegazione complottista della crisi dei migranti. Secondo questa tesi, completamente infondata, l’arrivo di centinaia di migliaia di persone in Europa sarebbe parte di un piano segreto architettato dalle élite politiche ed economiche del continente per importare milioni di potenziali lavoratori a basso costo, mischiarli con le “razze europee” e creare così un meticciato debole e facilmente manipolabile. A ideare questo piano sarebbe stato un eccentrico filosofo aristocratico austro-giapponese del primo Novecento: Richard Nikolaus Eijiro. Più di dieci anni fa uno scrittore complottista e negazionista ne usò il titolo nobiliare (conte di Coudenhove-Kalergi) per battezzare il complotto che prevederebbe la sostituzione etnica dei bianchi europei. Nacque così il “Piano Kalergi”.

Come ha raccontato un lungo e documentato articolo di Vice, sono diversi anni che il Piano Kalergi è uscito dagli ambienti ristretti dei cospirazionisti per entrare a pieno titolo nel dibattito pubblico italiano. Di recente anche il candidato alla presidenza della Lombardia, il leghista Attilio Fontana, ha fatto riferimento a qualcosa che somiglia al Piano Kalergi. Nel corso di un’intervista a Radio Padania, ha parlato del rischio di sostituzione etnica da parte dei migranti che corre la “razza bianca” (Fontana si è poi scusato per l’utilizzo del termine). Fontana, in realtà, ha ripetuto quella che è oramai la linea non ufficiale del suo partito sull’immigrazione: non è un fenomeno economico e sociale di portata secolare, ma un preciso piano organizzato dall’alto.

A sostenere questa tesi è lo stesso segretario della Lega, Matteo Salvini, che da almeno tre anni ripete che quello in corso in Italia ed Europa non ha nulla di spontaneo. La prima volta in cui Salvini suggerì qualcosa del genere fu nel febbraio del 2015, quando disse che ci trovavamo di fronte a «un’operazione di sostituzione etnica coordinata dall’Europa». Non è chiaro se Salvini abbia preso ispirazione da un libro pubblicato da una piccola casa editrice proprio all’inizio del 2015 – “La verità sul Piano Kalergi. Europa, inganno, immigrazione” di Matteo Simonetti – che è il primo libro in italiano dedicato al tema. Da allora il segretario della Lega ha ripetuto il concetto più volte: l’immigrazione sarebbe voluta e organizzata da una misteriosa “élite europea” con lo scopo di eliminare la popolazione autoctona del continente. In alcune circostanze, Salvini ha utilizzato anche l’espressione “genocidio”.

Google Trends mostra che fu proprio nel periodo a cavallo tra 2015 e 2016 che l’interesse per il Piano Kalergi cominciò a diffondersi. Nell’estate del 2016 la storia divenne definitivamente mainstream quando la trasmissione di La7 “La Gabbia” gli dedicò alcuni servizi. Nel corso degli anni, la tesi è stata raccontata di nuovo da tutti i principali cospirazionisti italiani, come il più famoso tra loro, l’ex responsabile della comunicazione del Movimento 5 Stelle Claudio Messora.

Ironicamente, se non fosse per i cospirazionisti Kalergi sarebbe stato oramai dimenticato dal grande pubblico. Kalergi, che nacque a Tokyo nel 1894, non è infatti uno dei padri politici dell’Europa unita, come Altiero Spinelli o Konrad Adenauer. Appartiene piuttosto alla famiglia degli idealisti utopici che, nel periodo tra le due guerre mondiali, si opposero all’avanzata del fascismo e del nazionalismo con la loro difesa dell’integrazione e della pacificazione tra i popoli. Nel 1923, mentre l’Europa era in subbuglio e in Italia Mussolini aveva già preso il potere, Kalergi divenne famoso pubblicando il suo “Manifesto Pan-Europeo” in cui proponeva la creazione degli Stati Uniti d’Europa, un superstato dove le differenze tra i singoli popoli europei sarebbero state messe da parte in nome della reciproca collaborazione. Kalergi ottenne fondi con cui creare un giornale, raccolse alcune adesioni di personaggi importanti, ma non riuscì mai a creare un movimento popolare. A raccogliere voti e a guidare il dibattito dell’epoca erano i partiti nazionalisti di estrema destra e quelli socialisti e comunisti dell’estrema sinistra. Gli aderenti al “Manifesto Pan-Europeo” rimasero sempre un piccolo gruppo di utopisti e intellettuali, molto noti nell’alta società, ma praticamente ininfluenti sul piano concreto.

Per le sue idee Kalergi era osteggiato dai nazisti e Hitler gli dedicò alcune righe sprezzanti nel suo “Secondo libro” (mai pubblicato), definendolo «quel bastardo di Coudenhove-Kalergi». Negli anni Trenta, Kalergi divenne uno dei bersagli favoriti della loro propaganda. Fu accusato di essere ebreo, di essere un massone (in realtà aveva lasciato la loggia di Vienna nel 1926) e di voler “annacquare” la purezza delle razze europee, indebolendole così di fronte ai loro nemici: l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti. Quando i nazisti occuparono l’Austria, nel 1938, Kalergi fu costretto a fuggire in Francia e dovette fuggire nuovamente due anni dopo, nel 1940, durante l’invasione nazista. Secondo alcuni, la sua fuga rocambolesca attraverso Svizzera e Portogallo per arrivare negli Stati Uniti ha fornito l’ispirazione del personaggio di Victor Laszlo che nel film Casablanca è il leader politico idealista che i nazisti vogliono arrestare.

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, con l’inizio del processo di integrazione europea, Kalergi fu celebrato come uno dei grandi padri ideali dell’Europa e ricevette il primo premio “Carlo Magno”, da allora assegnato ogni anno dalla città di Aachen a coloro che contribuiscono alla creazione di un’Europa unita. Senza una carriera politica o amministrativa alle sue spalle, Kalergi fu però lasciato sostanzialmente fuori dai processi politici e decisionali che portarono alla creazione di quella che oggi si chiama Unione Europea. Nel 1955, per esempio, suggerì di adottare l’Inno alla gioia di Beethoven come inno ufficiale europeo, ma la sua idea fu accolta solo 16 anni dopo, poco prima della sua morte nel 1972. Oggi non ci sono palazzi dell’Unione a suo nome (come invece ci sono per Schumann, Spinelli e Adenauer), i suoi libri e il suo manifesto sono stati in gran parte dimenticati e, a parte la recente fama, il suo nome è ricordato soprattutto dagli storici dell’integrazione europea.

Le ragioni per cui Kalergi è tornato a essere uno spauracchio dell’estrema destra sono abbastanza evidenti rileggendo cosa scriveva Hitler di lui più di 80 anni fa. Kalergi sosteneva la necessità di stemperare le differenze tra i popoli in nome di una comunità collettiva, più ampia del singolo stato, una ricetta che non può che essere accolta con fastidio dai nazionalisti degli anni Trenta come da quelli degli anni Duemila. Kalergi, inoltre, è stato un massone e ha ricevuto finanziamenti dalla famiglia Rothschild, due dei nemici scelti con più frequenza dai teorici del complotto. Ma il motivo per cui, tra tutte le colpe, gli è stata attribuita proprio quella specifica della “sostituzione etnica” degli europei con i migranti è probabilmente dovuto al caso.

Kalergi non ha mai fatto sostanzialmente alcun cenno alle migrazioni extra-europee che alla sua epoca, sostanzialmente, non esistevano: erano semmai gli europei a migrare all’interno del continente o verso gli Stati Uniti. L’aggiunta dell’immigrazione alle idee di Kalergi si deve a Gerd Honsik, il neonazista e negazionista austriaco che con il suo libro del 2005 ha sostanzialmente inventato il “Piano Kalergi”. Honsik mise insieme diversi libri di Kalergi e ci aggiunse del suo. Da un testo prese l’idea di Kalergi secondo cui l’uomo di città, cosmopolita e meticcio, sarebbe superiore per spirito ma inferiore per volontà all’uomo di campagna. Da questo trasse la conclusione che l’uomo di città fosse debole e facile da governare.

Kalergi, sostenne quindi Honsik, voleva che gli uomini di città si diffondessero per rendere la popolazione più facile da governare. Ma come era possibile creare questi uomini meticci di città? Per Kalergi era necessario aumentare gli scambi, le comunicazioni e gli spostamenti all’interno dell’Europa. Honsik, invece, che scrisse il suo libro quando in Austria si parlava molto della potenziale immigrazione dai paesi balcanici, scrisse che Kalergi e i suoi alleati avevano in mente un altro mezzo: l’immigrazione di massa. Così le idee utopiche e probabilmente ingenue di un eccentrico aristocratico del Novecento si sono fatte strada nel dibattito interno all’estrema destra europea per anni. Da lì sono arrivate in Italia e, negli ultimi giorni, sono riuscite a sfiorare persino la campagna elettorale per la regione Lombardia.
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Richard Nikolaus di Coudenhove Kalergi (non è A.Spinelli)

Messaggioda Berto » ven giu 19, 2020 9:49 am

Un'altro demenziale antisemita (antisionista e antisraeliano) è un tal Matteo Simonetti che ha fatto propria la Teoria cospirazionista del Piano Kalergi



Intervista: Matteo Simonetti
19 aprile 2012
Fiorenza Licitra

http://www.ilribelle.com/mensile-on-lin ... netti.html

La Sua opera riporta testualmente passi tratti da fonti ebraiche dimostrazione che i “pregiudizi antisemiti” trovano piena corrispondenza negli stessi autori da Lei citati, tanto che si potrebbe tacciarli di antisemitismo

In effetti il titolo del libro a questo allude. Se si dovesse accusare oggi di antisemitismo chi sostiene che certi pregiudizi non sono poi del tutto pregiudizi, si dovrebbe condannare la stessa Hannah Arendt e con lei Sigmund Freud, Gershom Scholem, Ernst Bloch e tutti gli altri protagonisti del mio saggio. Sono gli stessi pensatori ebrei a comunicarci che la fondatezza di tali posizioni è plausibile, e lo fanno in due modi: il primo è denunciare essi stessi i lati negativi dell'ebraismo e del sionismo, come fa la Arendt con il nazionalismo ebraico e l'attaccamento al denaro; il secondo è avvalorare i giudizi negativi espressi dai Goym sugli ebrei con la rivendicazione di certi comportamenti e certe posizioni. Questo secondo punto vale per l'accusa di separatismo, di odio nei confronti degli altri, per l'asserito senso di superiorità ebraico che Freud, ad esempio, conferma. In questo testo la mia presenza è davvero minima e lascio volentieri il campo esclusivamente ad autori ebrei, limitandomi a raccogliere in maniera sensata e organica il loro pensiero e a trarne a volte delle conclusioni logiche che rimarrebbero celate. Ricordo comunque, a scanso di equivoci, che il tema del saggio è la cultura ebraica in generale e ciò che emerge non può essere in nessun caso addossato, come colpa, responsabilità eccetera, a singoli individui di etnia o religione ebraiche. È come operare una critica sulla cultura americana o sulla visione del mondo tedesca: questo è possibile mentre se lo si fa con gli ebrei si incorre in minacce di scomunica, quando va bene. Questa anomalia deve cessare.

La definizione di “antisemitismo”, fatta erroneamente equivalere ad antiebraismo, non fa che confondere fino a emarginarne la reale comprensione. È in qualche modo voluta tanta imprecisione semantica?

Bisognerebbe prima dire che si può essere contrari ad un'idea o ad alcuni suoi aspetti, senza essere per questo “anti”quell'idea, nutrire cioè un'avversione a priori. Utilizzare il suffisso “anti” come la particella “fobia”, come si fa nei concetti di omofobia e xenofobia, è già un mettersi al riparo da critiche che potrebbero essere fondate. È un comportamento questo che Theodor Adorno adopera continuamente e teorizza apertamente. Detto questo, sì, l'equivalenza di antisemitismo ed antiebraismo è in gran parte voluta ed ha una triplice finalità: da un lato impedire la ricerca storica su fatti essenziali del '900; dall'altro fungere da copertura geopolitica ai misfatti israeliani nel Vicino Oriente e da ultimo impedire che venga alla luce la trama dell'elite ebraica che opera nell'occidente. D'altronde, una delle caratteristiche dell'ebraismo, come Scholem testimonia, è il culto dell' “attore dietro le quinte”, vero protagonista dell'attualità politica, economica e militare che ci investe come cittadini occidentali. Nel mio libro, tra l'altro, do ampio spazio alla critica di un testo di Pierluigi Battista, che incorre continuamente nell'errore di confondere antisemita ed antiebraico.

L’Olocausto, vissuto come evento pseudo-teologico, diviene incontestabile proprio perché capovolge il consueto revisionismo storico in contraffazione ideologica?

Non sono né uno storico né tanto meno uno storico dell'Olocausto, pur essendo conoscitore dell'argomento, quindi non sono in grado di pronunciarmi sull'esattezza della ricostruzione uscita dal processo di Norimberga. Mi sembra però che, come tutte le verità uscite da luoghi ove il diritto della forza si sostituisce alla forza del diritto, difficilmente possa avvicinarsi al vero. Credo che sia importante però, rilevare come, sia idealmente che,purtroppo, giuridicamente, la “verità indubitabile” dell'Olocausto, unica certezza rimasta in piedi in un mondo relativista (che proprio i pensatori relativisti ebraici hanno forgiato) sia un pessimo unicum. Come rileva Mutti nel saggio introduttivo che apre il mio libro, l'Olocausto non è mai entrato nella storia ma è rimasto nel mito, nel dogma se vogliamo, e questo è certamente un male. È vero che, così come l'accettazione acritica dei dogmi olocaustici ha finalità politiche, allo stesso modo il revisionismo può essere, e spesso lo è, arruolato agli stessi fini da chi intende rivalutare l'operato nazionalsocialista. È per questo, per pura fame di conoscenza, che aspetto con impazienza che uno degli storici “sterminazionisti”, ad esempio la Pisanty, accetti di confrontarsi in un dibattito-fiume, ovviamente pubblico, con uno dei “negazionisti”, ad esempio Mattogno.

Yahweh si rivela storicamente e, a dire dello stesso Bloch, sarà proprio il popolo eletto il “gran manovratore della storia”. Ècosì che il messianismo ebraico si svela ineluttabilmente legato al progresso universalista che renderà il mondo come “deve essere”?

I nessi tra progressismo rivoluzionario ed ebraismo sono tanti e si intrecciano tra loro. Uno dei cosiddetti pregiudizi antisemiti recita che dietro ad ogni rivolta verso ogni ordine ci sia l'anima ebraica e devo dire che proprio tale indagine è il tema cruciale del mio libro, sia a livello storico che filosofico, e che ad essa sono dedicate molte pagine. Qui vorrei sottolineare solamente che alla base del messianismo c'è la mancata accettazione del reale e della gioia che lo pervade, nei suoi aspetti anche tragici. La contrapposizione tra la visione del mondo greca fino a Platone, che fa di tale accettazione il punto chiave, come Nietzsche insegna, e quella ebraica della Torah intera, è totale. L'ebreo dell'antichità soffre e nell'impotenza della lotta allo scoperto, elabora due strade: una è la certezza “religiosa” del riscatto futuro,l'altra è la tecnica del dominio occulto, attraverso il quale realizzare il riscatto già su questa terra. Nel potenziamento di quest'ultima strada, giocano un grande ruolo le correnti mistiche frankiste e sabbatiane.

L’ereditario complesso di colpa nei confronti della Shoah fa sì che l’Europa acconsenta passivamente a ogni violazione commessa dallo Stato di Israele. Crede che riusciremo mai a elaborare il lutto e come?

Qui non si tratta né di senso di colpa né di lutto, per lo meno non per quanto riguarda la mia generazione e quelle ad essa successive. Ormai la Shoah è un'entità cristallizzata e al suo posto, se fosse sottolineato con la stessa insistenza ed univocità, con la stessa puntualità enfatica, avrebbe lo stesso effetto qualsiasi altro simbolo. Si tratta esclusivamente di potere, che si concretizza nel rapporto con il suo suddito attraverso il controllo mediatico e la manipolazione della informazione. Lei dice bene “ereditario” ma a passare di generazione in generazione non è il tema della Shoah ma la tendenza a credere alla facciata, a non approfondire per proprio conto, a non riflettere sulla legittimità di ciò che ci viene “gentilmente proposto” dall'elite che ci sovrasta, che sia esso la natura della moneta o la finzione della democrazia. Questo è stato il tema del mio precedente saggio,“Demonocrazia”, edito per la Solfanelli. Per quanto riguarda Israele non c'è dubbio che, anche a detta degli stessi ebrei, quello stato nasca “come risposta all'antisemitismo” e che la Shoah,l'unicità di essa soprattutto, minimizzi la Nakba palestinese e renda improbabili, agli occhi degli sprovveduti, comportamenti di sopraffazione da parte del popolo perseguitato per eccellenza.

Il sionismo è un’ideologia messianica e colonialista non semitica, ma occidentale?

Così ad esempio ritiene la Arendt, la quale sostiene che la parte “buona” del sionismo, quella socialista, sia ad un certo punto della storia di Israele, capitolata a vantaggio del bieco nazionalismo,tanto più violento quanto sostenuto dai potentati economici trasferitesi negli Usa. Non a caso il sionismo ammirava nazionalismo e fascismo, con i quali collaborò e ai quali si rifece,anche stilisticamente, per il loro nazionalismo e statalismo. Per altri versi però il sionismo affonda le sue radici in elementi del tutto presenti nella cultura ebraica più antica, come il tema del Grande Israele, l'idea della Terra Promessa, del Popolo Eletto ed altri squisitamente ebraici. Ora, come prima accennavo a proposito delle correnti mistiche e cabalistiche, il Messia che Israele attende non vi è dubbio che si sia incarnato nello stesso Stato d'Israele,il quale quindi diventa il punto di riferimento supremo, in una sorta di secolarizzazione della cultura ebraica che mantiene saldi Talmud e Cabala, dimenticando quanto nella Torah scritta poteva opporsi a tale visione esclusivista dell'universo.

Ritiene che il cosiddetto antisemitismo sia un fenomeno utile al sionismo?

Già esponenti del sionismo lo ammisero, dichiarando i cosiddetti antisemiti i loro principali alleati nella realizzazione dello Stato di Israele. Entrambi infatti erano interessati alla fuoriuscita degli ebrei dai paesi ospitanti. Oggi lo è senz'altro perché contribuisce a mantenere Israele al riparo da qualsiasi critica, rivestendolo del ruolo di eterna vittima sacrificale. Ma cosa significa davvero antisemitismo? Si tratta di un'avversione alla razza, alla religione o alla cultura degli ebrei? Il mio libro spiega appunto questo cruciale quesito, con le parole degli ebrei stessi.

http://blog.ilgiornale.it/iannone/2020/ ... simonetti/





Il prof sospeso: «L'Anpi ora fa dossieraggio. La nuova accusa? Antisemitismo»

lunedì 10 febbraio 2020

https://www.secoloditalia.it/2020/02/il ... semitismo/

Il prof sospeso che aveva osato criticare un’iniziativa Anpi su Mussolini va all’attacco. «La situazione è talmente grave per tutti noi che si impone una riflessione urgente. Avendo sentore di perdere su tutta la linea circa le accuse che all’inizio mi si erano rivolte. Ovvero il mio supposto attacco alla Costituzione, l’apologia di fascismo e simili scemenze, l’Anpi sceglie di fare dossieraggio. E mi accusa di antisemitismo e di negazionismo per un post di quattro anni fa. Quando ancora ufficialmente non ero nemmeno docente. Lo fa quindi con una strategia ributtante, che tradisce la violenza costante che oggi si riversa contro la libertà di pensiero». Lo scrive sulla sua pagina Facebook Matteo Simonetti, professore di storia e filosofia nella scuola Leonardo Da Vinci, a Civitanova Marche. Il professore aveva criticato l’Anpi e contestato un incontro a scuola. Si è beccato un mese di sospensione e lo stipendio dimezzato. Non solo, poi su di lui sono piovute accuse di antisemitismo.

Il prof sospeso, replica alle accuse dell’Anpi

«Io non sono antisemita», scrive nel lungo post pubblicato sulla sua pagina Fb. «Sfido chiunque a trovare nei miei 5 libri una mia frase dalla quale traspiri odio razziale. Se io scoprissi che mia nonna fosse ebrea, così come turca, musulmana o Romanì, non mi farebbe né caldo né freddo. Io non sono in grado di riconoscere un ebreo né mi interessa farlo. Sono fortemente contrario ad affibbiare al singolo responsabilità di suoi correligionari o compatrioti o di qualsiasi altra provenienza che non siano le sue Azioni. Se critiche ho portato ad alcuni personaggi chiave dell’ebraismo l’ho fatto in maniera circostanziata. D’altronde, se critico Stalin o la politica bolscevica sono antirusso? Se critico Arthur “bomber” Harris sono antibritannico?».

«Se critico Mao…»

E poi ancora: «Se critico Mao sono anticinese? O se critico Morgenthau o Roosevelt sono antiamericano? Se critico Cirino Pomicino o Starace o Salvini o Oliviero Toscani o Savonarola sono antiitaliano? Perché allora se critico Jabotinski, Zevi o Frank o Netanyahu o Soros o Warburg o Golda Meir sarei antisemita? Inoltre, perché se critico un precetto del Corano o uno degli Hadith o una posizione della dottrina cattolica sull’omosessualità, lo posso fare e nessuno mi considera anti qualcosa, mentre se solo riporto un passo controverso del Talmud o sottolineo un altro passo del Deuteronomio sono antisemita? Perché ebrei ortodossi possono criticare le politiche israeliane verso i palestinesi e se lo faccio io sono antisemita?»

Il prof sospeso: l’ebraismo nei suoi saggi

In tre dei miei saggi mi sono occupato in chiave storico-filosofica dell’ebraismo. L’ho fatto analizzando il pensiero di personaggi come Kalergi, Arendt, Adorno, Scholem, Freud, Heidegger ed altri, perché studio la storia delle idee del ‘900. Sono essi che parlano, io riporto e metto in relazione, interpreto e giustappongo. Nel pieno rispetto del procedimento logico e storiografico. I miei testi, dopo dieci anni, aspettano una minima confutazione, nonostante i tentativi grossolani e patetici di Rai3 e La7, che hanno reso ridicoli i loro autori, i quali sono riusciti ad infilare bufale su bufale in pochi minuti di video o in poche righe di testo. I miei libri sono stati oggetto di lezioni universitarie, sono citati da professori universitari e su di essi è stata discussa ed approvata una tesi di laurea».

«Io non nego l’Olocausto»

«Io non nego l’Olocausto. Nessuno che io conosca o abbia mai letto, tra l’altro, nega che siano morti ebrei innocenti nella storia, prima e durante l’Olocausto. Se anche fosse stato uno solo, il mio giudizio dal punto di vista etico non cambierebbe. Alcuni dubitano di come le vicende, in alcune loro specifiche dinamiche, ci sono state raccontate. Io non ho preso una posizione su queste idee revisioniste perché avrei bisogno di un’altra vita per approfondire la questione. Il mio post, che è causa della sanzione a mio carico, dice espressamente che io non faccio mie le posizioni dei revisionisti. Dico solo che non dovrebbero andare in galera, essere mobbizzati, ostracizzati, malmenati e mostrificati per le loro idee, come invece succede. Auspico un confronto con loro, invece, che magari finalmente ne metta in luce i limiti e gli errori. Un confronto diretto, si intende. Invece si preferisce metterli fuorilegge, con un atteggiamento da Santa Inquisizione. Nel post, colpevolmente tagliato e ricucito in una maniera che farebbe sorridere uno studente di terza liceo… come ad esempio i miei studenti, ciò emerge senza ombra di dubbio. A patto che si abbia la capacità di intendere la lingua italiana. In quel post io scrivevo per 8 volte “io non penso che” e nel documento che mi accusa questo inciso è stato ogni volta tagliato. Pensate: se io dicessi” non penso che si può violentare un bambino di tre anni” e qualcuno riportasse le mie parole come “si può violentare un bambino di tre anni”. Come giudichereste questo atteggiamento se non come criminale? Nel mio post io concludo dicendo che quello che hanno subito gli ebrei è un colossale e colpevole abominio. Ebbene, anche questa frase è stata tagliata. Se sono negazionista come posso scrivere di qualcosa di colpevole e colossale? Devo ulteriormente commentare?».

Il prof sospeso: «La mia carriera scolastica…»

Nella mia carriera scolastica inoltre, non ho mai riportato una frase, dico una, di questi revisionisti sull’Olocausto. Mai una volta in una sola classe. Ovviamente avrei voluto farlo, come faccio per ogni situazione storica che prendo in esame con i miei allievi. Non certo prendendo le parti di questo o di quest’altro, ma esattamente come quando affrontando la Rivoluzione Francese parlo della Vandea o quando affrontando l’unità di Italia parlo di Nino Bixio.

Come vengono trattati i ragazzi di 18 anni

I ragazzi di 18 anni sono considerati capaci di intendere e di volere quando gli si sottopone ogni cosa, quando li si giustifica per le manifestazioni pro Greta, quando li si sottopone ad ogni modello omosessualista e globalista… in quei casi addirittura si vorrebbe che votassero a 16 anni! Ma quando si tratta di farli riflettere su certe fasi della storia allora no, divengono magicamente degli incapaci, dei cinquenni, dei decerebrati, e come tali sono effettivamente trattati nella scuola di oggi.

Ora, pur colpendo con durezza le effettive manifestazioni di odio, di discriminazione, di rozza argomentazione, così come la “legge antinegazionismo” giustamente ed effettivamente impone, come si può non rendersi conto che vietare di pensare un fatto, uno solo tra tutti i fatti storici di tutti i tempi e accaduti in qualsiasi luogo, di pensarlo sottolineo, di esercitare il dubbio su alcune narrazioni di esso, di prevedere una verità per legge solo per esso, è ingiusto, incostituzionale, miserabile e tradisce la storia della cultura occidentale?».

«Il compito della filosofia è fare domande»

Il pro sospeso scrive ancora: «Come si può non rendersi conto che così facendo si mandano immediatamente al macero, o meglio, ai Bucherverbrennungen, in un colpo solo, Socrate, Bruno, Galileo, Cartesio, tutta la filosofia empirista, gran parte dell’idealismo tedesco, e i principi di ogni costituzione liberale? Come si può continuare ad insegnarli nelle scuole se poi li si sconfessa ogni giorno? Si torni indietro nel tempo e si dica a Cartesio che può dubitare dei suoi sensi, di tutto se stesso, ma non della vulgata norimberghiana!».

E poi ancora: «Si vada a dire a Galileo che può mettere in dubbio il racconto dominante del geocentrismo ma non il numero di morti ad Auschwitz! Si dica a Home che il principio di causalità che mette in dubbio è una quisquilia di fronte al Diario di Anna Frank! Ribadisco: parlo di pensare, di dubitare, di fare domande, non di dare risposte. La filosofia è fare domande. Vogliamo far fuori due millenni e mezzo di storia del pensiero? Lo si faccia fuor di ipocrisia, dunque: eliminate dalle scuole le discipline Storia e Filosofia e sostituitele con “apologia del pensiero unico”, “come compilare bene un curriculum”, “Bon ton del perfetto cittadino succube”. Fatelo, forza!».

Certi spauracchi vengono tenuti in vita…

«In nome di cosa si vorrebbe far questo? In nome di una emergenza fascismo che non esiste? Di una emergenza antisemitismo che lo stesso Osservatorio per l’antisemitismo sconfessa? O piuttosto certi spauracchi vengono tenuti in vita solo per legittimare l’esistenza di certe associazioni e per colpire meglio, per legge, alcune posizioni politiche? Quali sono queste posizioni è presto detto: il cosiddetto sovranismo, la contrarietà alla globalizzazione, il sostegno alla famiglia naturale, la lotta allo strapotere del libero mercato, il sostegno alla liceità della forma Stato-Nazione, l’avversione al multiculturalismo… potrei andare avanti per anni. Di colpo, soltanto associando queste istanze al “mostro nazifascista”, si fa piazza pulita del possibile accoglimento di tali tematiche. E quale strumento migliore da affiancare a questa Reductio ad Hitlerum se non il più atroce dei delitti, l’olocausto? Quindi in virtù delle leggi razziali, nelle ricostruzioni storiche del pensiero unico, gli italiani, in maggioranza fascisti convinti prima del ’43, divengono tutti mostri, anche se i più scaltri dei mostri fanno il salto della quaglia a guerra finita divenendo i guru dell’antifascismo. Quindi i tedeschi, padri della più alta filosofia, della letteratura e della musica di ogni tempo, divengono in maniera antistorica, nel giro di un paio d’anni, tutti barbari sanguinari, incolti e abominevoli incivili. I mostri tutti di là e i buoni tutti di qua. Foss’anche che i mostri erano i nostri bisnonni, che importa? Questa non è storia, è dogma manicheo…».

«Non giustifico mai la violenza»

Il professore nel suo lungo appello ribadisce «fino allo sfinimento: non c’è alcun odio da parte mia né verso gli ebrei né verso alcuna persona. È un sentimento che per fortuna non conosco. Non giustifico mai la violenza in ogni sua forma. Non credo poi che riflettendo su tali questioni possano sentirsi offesi i sopravvissuti all’Olocausto e i loro familiari. Così come non ci si preoccupa dell’offesa che evidentemente non si reca a quelli degli infoibati. dei morti nei gulag, ai discendenti dei pellerossa, ai figli dei morti causati dal comunismo cinese… ».

E infine: «Tutta questa questione è eminentemente filosofica, per come io la pongo, ed attiene ad esempio anche alla differenza tra atto e potenza, intese come azione e pensiero, e ai concetti di necessità e possibilità. Ma di tutto questo l’Anpi e i funzionari degli uffici scolastici probabilmente non ne sanno assolutamente nulla, né interessa loro».



"L'IGNORANZA E' FORZA", PROFESSOR SIMONETTI
11 febbraio 2020

https://www.maurizioblondet.it/lignoran ... simonetti/

Matteo Simonetti, docente di storia e filosofia al liceo Leonardo Da Vinci di Civitanova Marche, aveva criticato “evento” dell’ANPI nella sua scuola (la presentazione di un libro partigiano su “i processi ai fascisti e collaborazionisti”), definendolo “un comizio senza contraddittorio”: fatto oggettivo, al punto che gli studenti delle quinte convocati ad ascoltare, avevano cominciato a lasciare per protesta l’auditorium. Era accaduto il 28 novembre.

Davanti a tematiche così delicate, è fondamentale garantire “una pluralità di opinioni e fonti, in linea con un vero approccio storiografico”. Il docente infatti ha affermato che “il valore di una democrazia sta proprio nel garantire la libera espressione del proprio pensiero, trascendendo ogni forma di componente politica”.

I relatori hanno ribattuto: “ “In una democrazia non tutte le opinioni possono essere accettate”; “Quando si parla di Resistenza non occorre una controparte”. “Lei è un fascista”. “Nazista!”. Una, con gli studenti a prendere le difese del professore.

Risultato. Il professore è stato sospeso dall’insegnamento per un mese, con stipendio dimezzato. Su esposto dell’ANPI alla direzione scolastica.

Siccome il docente impugna la decisione, “ la Direzione Scolastica Regionale, sua sponte richiede all’Anpi altra documentazione non strettamente riferita ai fatti del 28 novembre”. Insomma di fare un dossier a carico dell’insegnante con capi d’accusa più tosti. I ricercatori dell’ANPI spulciano i suoi post e liberi cazzeggi su Facebook (abbandonate Facebook!) e trovano che lo sciagurato, nel 2016, ha “fatto riferimento alla Shoah, alla libertà di pensiero, alle piscine presenti ad Auschwitz e al Piano Kalergi”.

Abbastanza per elevare contro di lui l’accusa di “antisemitismo e negazionismo”. A questo punto, Simonetti ha paura a buon titolo (carriera stroncata) e scrive una lunga difesa: “Io non sono antisemita, sfido chiunque a trovare nei miei cinque libri una frase da cui spiri odio razziale”…. “Io non nego l’Olocausto…” “Nella mia carriera scolastica non ho riportato una, dico una frase dei revisionisti dell’Olocausto….Il compito della filosofia è di fare domande”:

Ciascuno può vedere come faccia riferimento a sapere e cultura – di cui i suoi accusatori sono totalmente ignoranti. L’ignoranza è anzi la cosa che dà forza alle loro accuse e le rende invincibili: ha parlato d i Kalergi, ha protestato contro la legge che commina il carcere ai negazionisti, in nome della libertà di pensiero”… Questo anzi dice addirittura che ad Auschwitz c’era una piscina!

C’era, (probabilmente per il personale) ed è questo il problema. Loro non lo sanno, e quindi gli sembra una uscita oltraggiosa di un antisemita negazionista.,..da espellere dalle scuole, da togliergli lo stipendio. Così come non sano nulla di Kalergi, di Adorno e di Scholem, che invano il professore si affanna a dire di aver studiato.

Quando dice “il compito della filosofia è di fare domande”, è patetico: la nuova democrazia è accaratterizzata dal divieto di far domande, possibile che non lo capiate ancora? Non solo al potere costituito non importa che i ragazzi imparino la filosofia del far domande e sviluppino lo spirito critico , ma nemmeno sanno aggiustare una scala mobile della metropolitana della capitale, gestire una rete di alta velocità senza lasciare uno scambio in posizione sbagliata , né far prosperare una compagnia area nazionale, né criticare il sistema economico vigente imparando le altre idee e teorie.

MM Roma, 11 mesi dopo.

Questo è un Paese dove chi comanda è culturalmente indietreggiato di mezzo secolo, e tecnicamente incapace di essere all’altezza della modernità complessa. Essenzialmente, ha perso ogni capacità critica ed autocritica, ogni desiderio di far domande – e ogni senso di responsabilità verso la nazione.

Non all’altezza della modernità tecnica.

Se uno statale dice cose che non piacciono al Potere ignorante, ecco il metodo che sua: gli toglie lo stipendio e lo affama. L’ha fatto anche con la professoressa di inglese che a Firenze ha detto che non sopporta la senatrice Segre. Sta diventando un metodo molto efficace, ovviamente, di questi tempi di disoccupazione di massa, per mettere a tacere. S’intende, lo usano con gli statali di basso rango, insegnanti, guardie carcerarie, carabnieri; ai Palamara, ai giudici che incarcerano innocenti, e ai Visco di Bankitalia, mica gli dimezzano lo stipendione per gli errori, che spesso configurano reati gravissimi.

E’ bene che gli insegnanti, d’ora in poi, capiscano che siamo entrati nelle Nuove Disposizioni. Non dicano le loro idee e opinioni – specie su Facebook. Una frase buttata lì tre anni prima può essere usata contro di voi e farvi licenziare. Devono imparare a dissimulare, a rendersi inafferrabili intellettualmente, come si faceva in URSS.

Questo metodo è sovietico. Ma non lo sanno, per ignoranza.

SI può leggere la sua appassionata apologia qui sul Secolo d’Italia (il che non migliorerà la sua situazione).
https://www.secoloditalia.it/2020/02/il ... semitismo/
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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