Russia, Europa, USA e Cina

Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » gio mag 02, 2019 4:03 am

???

Assistente di Putin: la Russia ambisce ad una grande Eurasia
28.04.2019

https://it.sputniknews.com/mondo/201904 ... de-eurasia

La Russia ambisce alla creazione di una grande Eurasia, che comprende l'Unione Europea, l'Unione Eurasiatica e varie iniziative cinesi, che rappresenti un vantaggio per tutte le parti. Lo ha dichiarato oggi ai media russi l'assistente del presidente russo Yury Ushakov.

"È vantaggioso per noi, e crediamo che dobbiamo impegnarci ad ambire ad una grande Eurasia, che includa l'Unione Europea, la nostra Unione Eurasiatica e varie iniziative cinesi", ha detto Ushakov.

Egli ha aggiunto che la Russia prende con filosofia le opinioni dei media relative al fatto che la Nuova Via della Seta sia una sorta di assorbimento della Cina dell'intero pianeta.

"Siamo filosofici su tali pensieri, perché anche noi abbiamo le nostre preferenze e le nostre idee, incluso questo forum, che rappresenta un'ottima piattaforma per discutere dell''integrazione di tutte le integrazioni': lo slogan è molto buono; lo sosteniamo", ha spiegato.
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » gio mag 02, 2019 7:45 pm

La Russia si sgancia dal www: ecco l'internet "sovranista" di Putin
Roberto Vivaldelli
2 maggio 2019

http://www.occhidellaguerra.it/russia-i ... ista-putin

Russia internet

È nato l’internet russo. Come riporta l’agenzia russa Tass, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato la legge approvata in via definitiva dal Parlamento “per garantire un funzionamento stabile e sicuro di internet” (Runet) qualora il Paese venga disconnesso dall’infrastruttura globale del World Wide Web.

Come spiega l’Agi, secondo quanto previsto dalla legge, il Roskomnadzor, l’agenzia statale che controlla connessioni e comunicazioni, può prendere il controllo di internet e filtrare tutto il traffico on line del Paese, in caso di cyberattacco che possa compromettere l’accesso a internet. Saranno per questo installati sistemi di sorveglianza consegnati gratuitamente dal Cremlino ai fornitori di servizi internet.
Putin inaugura l’internet russo

Secondo la legge, nel caso in cui vi siano minacce a internet sul territorio russo, il Servizio federale per la vigilanza delle comunicazioni, delle tecnologie dell’informazione e dei mass media del governo sarà in grado di “centralizzare le comunicazioni della rete”.

La nuova legge ha come scopo primario quello di “proteggere la Russia dalle restrizioni online straniere” creando ciò un Internet locale “sostenibile, sicuro e pienamente funzionante”. La legislazione entrerà in vigore a novembre, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa Ria-Novosti. Secondo la Cnn, gli attivisti temono che un Internet russo indipendente implichi la creazione di un firewall nazionale in stile cinese al fine di monitorare e censurare i contenuti che entrano ed escono dal paese. Comunque la si pensi in merito, la creazione di un “internet russo” rappresenta però una vera e propria rivoluzione.
Sfuggire al controllo degli Stati Uniti

Le difficili relazioni fra Federazione Russa e Stati Uniti hanno costretto il Cremlino a cercare un’alternativa percorribile all’internet che tutti conosciamo. Obiettivo del governo russo è quello di sfuggire al controllo dell”Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) , ente di gestione internazionale con sede a Los Angeles che ha l’incarico di assegnare gli indirizzi Ip e d identificatore di protocollo e di gestione del sistema dei nomi a dominio di primo livello.

I deputati che hanno presentato la legge al fine di rafforzare il controllo statale su Internet, inoltre, citano la necessità di rispondere a una strategia di sicurezza informatica nazionale “aggressiva” da parte degli Stati Uniti. Il Ministero delle Comunicazioni russo ha accennato per la prima volta del progetto di creare un internet russo nel 2017, quando ha dichiarato di voler indirizzare il 95% del traffico web del Paese entro il 2020. Il progetto inizialmente costerà 38 milioni di dollari, secondo il Mit Technology Review.
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » ven mag 03, 2019 1:03 pm

Petrolio, armi e 17 miliardi: il dittatore è il "tesoro" di Putin
Roberto Fabbri - Ven, 03/05/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... wTolJRvQvQ

La Russia non vuole perdere gli enormi crediti maturati con Caracas. Che col regime può essere un suo avamposto

Dietro la tragica confusione in cui si dibatte l'impoverito Venezuela è sempre più evidente il braccio di ferro in perfetto stile guerra fredda tra gli Stati Uniti di Donald Trump e la Russia di Vladimir Putin.

É evidente l'intenzione della Casa Bianca di impedire che Caracas si trasformi irreversibilmente in un'altra Avana, scalzando dal potere lo screditatissimo Nicolàs Maduro con l'appoggio della quasi totalità dei Paesi latinoamericani. Più interessanti e complesse sono le motivazioni che spingono il Cremlino a legarsi al regime chavista-castrista e a ingaggiare per il controllo del Venezuela una sfida con Washington che davvero sembra rimandare indietro le lancette della Storia di oltre mezzo secolo.

In sintesi, le ragioni di Mosca sono di tre ordini: geopolitico, economico e di politica interna, strettamente connesse tra loro. Riguardo al primo punto, è evidente fin dai tempi della presidenza Obama che la Russia ha cercato di cogliere ogni occasione concessa da un rivale in fase di ripiego geostrategico per guadagnare spazi insperati. Da anni Putin tesse una rete globale che prevede intese con una serie di regimi che Ronald Reagan avrebbe con buone ragioni accomunato sotto l'etichetta di Impero del Male: dalla Cina all'Iran, dalla Siria a Cuba, dalla Bolivia fino appunto al Venezuela oggi nelle mani brutali di Maduro e dei suoi corrotti generali. É un gioco simile a quello che negli anni Settanta e Ottanta giocava l'Unione Sovietica di Leonid Brezhnev in Paesi come l'Angola, il Mozambico, l'Etiopia, l'Egitto, l'Algeria, il Vietnam, l'Afghanistan e tanti altri: l'obiettivo era allora ed è oggi il contrasto all'egemonia mondiale degli Stati Uniti. Il Venezuela non solo galleggia sul petrolio, ma ha anche una posizione strategica nel continente sud americano, affacciato sul Mar dei Caraibi che Washington pretende sia considerato cosa sua. Per affermare il suo ruolo di garante del traballante Maduro, Putin non esita a giocare carte militari, come l'invio a Caracas di un centinaio di uomini delle forze speciali e specialisti di cybersicurezza, arrivando nel dicembre scorso alla mossa che più di tutte ha suscitato la reazione americana: l'invio di due super bombardieri Tupolev-160 in grado di trasportare testate atomiche. Il messaggio era inequivocabile: non solo intendiamo difendere Maduro, ma vogliamo trasformare il Venezuela in un nostro avamposto.

Il secondo punto, quello economico, ha chiari legami con il primo. La Russia di Putin ha venduto a Chavez prima e a Maduro poi interi arsenali: sistemi anti aerei e missili russi proteggono i cieli venezuelani da eventuali attacchi americani o dei loro alleati, e le forze armate fedeli al dittatore di Caracas possono contare su aerei da combattimento, carri armati e kalashnikov made in Russia. Maduro paga i suoi conti in petrolio, ma i suoi debiti sono di gran lunga superiori alle disponibilità: solo tra il 2016 e il 2017 la Russia ha concesso prestiti per 17 miliardi di euro. Rosneft, la compagnia petrolifera russa gestita dal socio di Putin, Igor Sechin, ha oggi crediti per 10 miliardi, mentre il monopolista russo delle armi Rosoboronexport attende ancora il saldo di 11 miliardi di dollari per merce venduta a credito.

Il terzo e ultimo punto non è il meno importante. Consapevole della natura autoritaria del proprio sistema politico, Putin cerca sempre di impedire la caduta di simili regimi amici all'estero: teme l'effetto contagio, specialmente dopo quanto accaduto in Ucraina dopo la cacciata del suo fedelissimo Viktor Yanukovich. Le pressioni della piazza contro Maduro non devono riuscire a farlo cadere, perché un domani lo stesso potrebbe accadere a lui: anche Chavez, qualche anno fa, era molto popolare, poi il vento è girato.


Venezuela
viewtopic.php?f=144&t=598
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » sab mag 04, 2019 9:01 pm

Trump mette a tacere i falchi. E conferma l'asse con Putin
Lorenzo Vita
4 maggio 2019

http://www.occhidellaguerra.it/venezuel ... rump-putin

Donald Trump frena i falchi della sua stessa amministrazione. Con la telefonata di ieri al presidente russo Vladimir Putin, il capo della Casa Bianca ha impresso un’impronta molto netta sull’escalation diplomatica di questi giorni fra Mosca e Washington riguarda al Venezuela. The Donald, da sempre un fermo sostenitore del dialogo con il Cremlino, ha telefonato al leader russo per discutere proprio di quanto stesse avvenendo a Caracas e, in un clima che ha ricordato a molti la Guerra Fredda, le parole del leader repubblicano suono risuonate come veri e propri annunci di pace mentre dalla sua amministrazione si levano grida di guerra.

Ieri, dopo il colloquio telefonico fra i due leader, è stato lo stesso Trump a dichiarare all’interno dello Studio Ovale che Putin “non sta cercando di essere coinvolto in Venezuela, a parte il fatto che vorrebbe vedere accadere qualcosa di positivo”. Parole che sono state ribadite anche poche ore fa in un tweet cristallino del presidente americano: “Uno straordinario potenziale per una buona/grande relazione con la Russia, nonostante quello che leggete e guardate sui media delle fake news”. E Trump è tornato a parlare della telefonata avuta, definendola “molto buona” e accusando i media di aver “ingannato sulla ‘collusione’ con la Russia”.

È un Trump diverso rispetto a quelli di pochi mesi fa. Segno che la bolla del Russiagate, rivelatasi uno dei più grandi flop giudiziari della recente storia americana, ha avuto da subito un esito estremamente positivo nei rapporti diplomatici fra Casa Bianca e Cremlino. E il Venezuela, che poteva essere un terreno di scontro durissimo con il presidente russo, rischia invece di diventare un campo di battaglia tutto interno agli Stati Uniti, con una divisione evidente fra i falchi dell’amministrazione Usa e il presidente. Perché gli Stati Uniti non sono per nulla compatti sulla questione-Maduro. E la telefonata di Trump con Putin appare decisamente in controtendenza rispetto alle parole di fuoco che esponenti di spicco del governo Usa riversano nei confronti del coinvolgimento russo in Venezuela.

La spaccatura è netta. E visti i precedente, non è detto che il presidente degli Stati Uniti non abbia serbo qualche cambiamento all’interno del suo governo. Mike Pompeo, John Bolton, Lindsey Graham e altri vertici della Difesa americana hanno accusato Mosca di ingerenze in Venezuela. Ma la smentita totale resa dal presidente non è certamente un segno di sinergia tra Casa Bianca e governo. E Trump ha dimostrato di non avere grandi problem a cambiare la sua squadra se questa è contraria all’agenda della Casa Bianca.

E in questa escalation a Caracas, non solo è fallito totalmente il piano di Bolton e dell’opposizione venezuelana, ma è soprattutto evidente che i la parte più radicale del governo statunitense è in totale contraddizione con il capo della Casa Bianca. Ieri, il senatore Lindsey Graham, uno dei stretti consiglieri di Trump, ha pubblicato un tweet senza possibilità di interpretazioni: “Dov’è la nostra portaerei?” si domandava furioso facendo riferimento a Cuba e Russia che, a detta del senatore, inviano militari in Venezuela.

Lo stesso dicasi per John Bolton, che, messo a capo della Sicurezza Nazionale proprio dal The Donald, ha accusato apertamente Mosca di ingerenze in Sud America. “Senza le interferenze straniere, il processo democratico in Venezuela oggi sarebbe in corso” ha scritto il capo del Nsc su Twitter. E lo stesso ha continuato: “Solo il popolo venezuelano può determinare il futuro del Venezuela. Maduro si aggrappa al potere grazie al sostegno di Russia e Cuba, le uniche forze militari straniere in Venezuela”. E poco prima aveva definito “teppisti stranieri” gli alleasti di Maduro. Parole non troppo diverse da quelle pronunciate da Pompeo nella conversazione con l’omologo russo, Sergei Lavrov.

La domanda nasce spontanea: come potranno convivere le logiche dei falchi con quelle del presidente? L’idea è che Trump, liberatosi dal fardello del Russiagate, possa dare un colpo decisivo alla sua amministrazione. E oggi, ribadendo la sua sinergia con Putin e la volontà di avere rapporti sempre migliori con la Russia, la strada sembra essere tracciata. Probabilmente qualcosa cambierà all’interno della Casa Bianca. Ma una cosa è certa: è Trump il freno ai falchi.
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » sab mag 04, 2019 9:35 pm

Trump mette a tacere i falchi. E conferma l'asse con Putin
Lorenzo Vita
4 maggio 2019

http://www.occhidellaguerra.it/venezuel ... rump-putin

Donald Trump frena i falchi della sua stessa amministrazione. Con la telefonata di ieri al presidente russo Vladimir Putin, il capo della Casa Bianca ha impresso un’impronta molto netta sull’escalation diplomatica di questi giorni fra Mosca e Washington riguarda al Venezuela. The Donald, da sempre un fermo sostenitore del dialogo con il Cremlino, ha telefonato al leader russo per discutere proprio di quanto stesse avvenendo a Caracas e, in un clima che ha ricordato a molti la Guerra Fredda, le parole del leader repubblicano suono risuonate come veri e propri annunci di pace mentre dalla sua amministrazione si levano grida di guerra.

Ieri, dopo il colloquio telefonico fra i due leader, è stato lo stesso Trump a dichiarare all’interno dello Studio Ovale che Putin “non sta cercando di essere coinvolto in Venezuela, a parte il fatto che vorrebbe vedere accadere qualcosa di positivo”. Parole che sono state ribadite anche poche ore fa in un tweet cristallino del presidente americano: “Uno straordinario potenziale per una buona/grande relazione con la Russia, nonostante quello che leggete e guardate sui media delle fake news”. E Trump è tornato a parlare della telefonata avuta, definendola “molto buona” e accusando i media di aver “ingannato sulla ‘collusione’ con la Russia”.

È un Trump diverso rispetto a quelli di pochi mesi fa. Segno che la bolla del Russiagate, rivelatasi uno dei più grandi flop giudiziari della recente storia americana, ha avuto da subito un esito estremamente positivo nei rapporti diplomatici fra Casa Bianca e Cremlino. E il Venezuela, che poteva essere un terreno di scontro durissimo con il presidente russo, rischia invece di diventare un campo di battaglia tutto interno agli Stati Uniti, con una divisione evidente fra i falchi dell’amministrazione Usa e il presidente. Perché gli Stati Uniti non sono per nulla compatti sulla questione-Maduro. E la telefonata di Trump con Putin appare decisamente in controtendenza rispetto alle parole di fuoco che esponenti di spicco del governo Usa riversano nei confronti del coinvolgimento russo in Venezuela.

La spaccatura è netta. E visti i precedente, non è detto che il presidente degli Stati Uniti non abbia serbo qualche cambiamento all’interno del suo governo. Mike Pompeo, John Bolton, Lindsey Graham e altri vertici della Difesa americana hanno accusato Mosca di ingerenze in Venezuela. Ma la smentita totale resa dal presidente non è certamente un segno di sinergia tra Casa Bianca e governo. E Trump ha dimostrato di non avere grandi problem a cambiare la sua squadra se questa è contraria all’agenda della Casa Bianca.

E in questa escalation a Caracas, non solo è fallito totalmente il piano di Bolton e dell’opposizione venezuelana, ma è soprattutto evidente che i la parte più radicale del governo statunitense è in totale contraddizione con il capo della Casa Bianca. Ieri, il senatore Lindsey Graham, uno dei stretti consiglieri di Trump, ha pubblicato un tweet senza possibilità di interpretazioni: “Dov’è la nostra portaerei?” si domandava furioso facendo riferimento a Cuba e Russia che, a detta del senatore, inviano militari in Venezuela.

Lo stesso dicasi per John Bolton, che, messo a capo della Sicurezza Nazionale proprio dal The Donald, ha accusato apertamente Mosca di ingerenze in Sud America. “Senza le interferenze straniere, il processo democratico in Venezuela oggi sarebbe in corso” ha scritto il capo del Nsc su Twitter. E lo stesso ha continuato: “Solo il popolo venezuelano può determinare il futuro del Venezuela. Maduro si aggrappa al potere grazie al sostegno di Russia e Cuba, le uniche forze militari straniere in Venezuela”. E poco prima aveva definito “teppisti stranieri” gli alleasti di Maduro. Parole non troppo diverse da quelle pronunciate da Pompeo nella conversazione con l’omologo russo, Sergei Lavrov.

La domanda nasce spontanea: come potranno convivere le logiche dei falchi con quelle del presidente? L’idea è che Trump, liberatosi dal fardello del Russiagate, possa dare un colpo decisivo alla sua amministrazione. E oggi, ribadendo la sua sinergia con Putin e la volontà di avere rapporti sempre migliori con la Russia, la strada sembra essere tracciata. Probabilmente qualcosa cambierà all’interno della Casa Bianca. Ma una cosa è certa: è Trump il freno ai falchi.
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » lun mag 20, 2019 9:17 pm

Aleksander Dugin, l'antisionismo come necessità e l'egemonia Russia in eurasia
Niram Ferretti
3 Marzo 2017

http://www.linformale.eu/aleksander-dug ... -necessita

Apprendiamo da Alexander Dugin, filosofo e intellettuale osannato dai rossobruni e propugnatore di un grande blocco euroasiatico a guida russa, ontologicamente antiamericano e antioccidentale ciò che segue:

“Sono assolutamente contro il Sionismo. In primo luogo, questo movimento contraddice l’ideologia stessa del Tradizionalismo Ebraico, dato che il dogma basilare del sionismo è in contraddizione con i tre principi talmudici primari: 1) Non ergersi contro i popoli, fra i quali gli ebrei vivono; 2) Non ritornare in Terra Santa prima della venuta del Messia; 3) Non accelerare la fine dei tempi. Chiunque infranga questi principi non può essere considerato un ebreo nel senso religioso, mistico del termine. I libri del rabbino Meyer-Schiller di New York danno maggiori informazioni su questo tema. Meyer-Schiller non è soltanto la più alta autorità del Giudaismo contemporaneo, ma porta il titolo di Maggid Shiur, qualcosa che agli ebrei dirà molto.

“In secondo luogo, lo stato di Israele è stato sin dall’inizio una base strategica per l’Atlantismo militante (prima l’Inghilterra, ora gli Stati Uniti) nel Medio Oriente. Questo stato è sia ideologicamente che politicamente orientato al capitalismo ed occidentalizzato per quanto riguarda il sistema di valori. Questi valori sono in completa contraddizione con la visione nazionale russa del mondo, così come l’intera idea di Geopolitica Eurasiatica”.

Dugin informa tutti gli ebrei sionisti che in base alla propria concezione e a quella di Rav Meyer Schiller, il quale è a favore dell’etnonazionalismo ebraico,

Israele non è “kosher”. Addirittura viene data la scomunica. Gli ebrei sionisti non sarebbero propriamente ebrei. Per Dugin il controverso rabbino antisionista newyorkese sarebbe niente di meno che “la più alta autorità del Giudaismo contemporaneo”, il che equivale a sostenere che il Mago Otelma è la più alta autorità sull’ermetismo cristiano.

Israele, per Dugin è macchiato dalla colpa di atlantismo. Naturalmente, essere antiamericani è indispensabile per essere filoputiniani e anche, filoiraniani. Come è noto il Grande Satana, per Teheran sono gli Stati Uniti, e il Piccolo Satana è Israele.

Dugin non usa questi termini, ma è chiaro il suo pensiero. “I valori” rappresentati da Israele sono in COMPLETA contraddizione con la visione nazionale russa e anche con l’ebraismo essenzialistico e ultraortodosso propugnato da Meyer Schiller. Interessante no, che uno degli uomini più vicini a Putin la pensi in questo modo?

Permette di fare luce su alcune cose. Vediamole.

L’antiatlantismo russo è una costante dall’Unione Sovietica ad oggi. La Russia di Putin è fortemente sovranista, etnonazinalista e alfiera di un cristianesimo mistico tipicamente slavo insufflato di nazionalismo. Questa Russia, è animata da uno spirito neoimperiale euroasiatico con al centro se stessa in opposizione agli Stati Uniti. Il vasto impero euroasiatico è un’idea ottocentesca radicata nel cuore del conservatorismo russo e poi ritornata in auge negli anni ’60 in virtù dell’ex SS e antiamericano al cubo, Jean Thiriart. Non c’è dunque da sorprendersi se la Russia sia alleata con un’altra potenza neoimperiale e, quest’ultima, dichiaratamente antisionista e antisemita, l’Iran. Gli sciiti da sempre considerano se stessi l’aristocrazia dell’Islam. Non va dimenticato, anzi va tenuto ben presente, che per la mistica fascista e ultranazionalista l’Iran fa parte della costellazione indoiranica.
La riscossa suprematista, bianca caucasica russa contro la “decadenza occidentale” si sposa perfettamente con quella neoimperiale iraniana. Gli Stati Uniti e Israle sono nello stesso calderone per i Dugin e i suoi accoliti di estrema destra europei. Non a caso, per modo di dire, qui il caso c’entra poco, Marine Le Pen, in perfetta consonanza con questa costellazione di idee, propugna sia l’euroasianesimo a livello geopolitico sia l’alleanza con lo stato più antisemita del Medioriente, l’Iran.

Non può dunque meravigliare che nel 1992, Aleksander Dugin redigerà il manifesto del Partito Nazional Bolscevico, ora considerato fuorilegge. Il vessillo del partito amalgama falce e martello al centro della bandiera nazionalsocialista tedesca. Il nazionalismo come fusion tra nazismo e comunismo.

Quello che va tenuto presente è come, tutto questo rigurgito zombico di vecchie idee ultrareazionarie, il nazionalismo misticheggiante, il purismo etnico, il tradizionalismo antimoderno che hanno infiammato il Novecento totalitario, sono in opposizione radicale con il sionismo che non si fonda su alcuna mistica razziale o sulla convinzione messianica del ritorno a Sion, ma sulla necessità laica per il popolo ebraico di avere un proprio stato che potesse garantirne la salvaguardia.

Il progetto egemonico restaurativo russo propugnato da Dugin va di pari passo con quello egemonico iranico. In questo progetto antiamericano e necessariamente antiliberale e antidemocratico, Israele non può essere vocazionalmente se non sulla sponda opposta.
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » mar mag 21, 2019 7:04 pm

Nave Usa entra nel Mar Cinese Meridionale e scatena l'ira di Pechino
Articolo di Federico Giuliani
21 maggio 2019

https://it.insideover.com/guerra/mare-c ... chino.html


Il Mar della Cina è un ginepraio di acque contese sui quali Pechino fa la voce grossa forte della sua importanza geopolitica. Ma il Dragone ha dei vicini molto rumorosi perché Malaysia, Vietnam, Filippine e perfino Brunei ritengono che le pretese del gigante asiatico ricadano oltre le rispettive frontiere marittime. Ad alimentare la tensione, già in precario equilibrio, c’ha pensato una nave degli Stati Uniti che ha effettuato un’operazione in un tratto di mare conteso nei pressi delle rocce Scarborough Shoal.

La furia di Pechino

Il governo cinese non ha affatto gradito la mossa statunitense di inviare un cacciatorpediniere nel mare del sud della Cina. Le forze armate Usa hanno denominato l’operazione, avvenuta domenica, Libertà di navigazione, quasi come per lanciare un segnale di forza a Pechino, irato per questa scellerata azione che potrebbe rappresentare la scintilla perfetta per far scoppiare un incendio in una zona caldissima.

Gli artigli del Dragone sul Mar Cinese Meridionale

Stuzzicare la Cina sul tema del Mar Cinese Meridionale può essere molto pericoloso. Già, perché la Cina ha definito la sovranità del Paese su quelle acque nel 2010 e non intende accettare compromessi con nessuno, a costo di scatenare una guerra. Pechino non ha accettato alcun accordo multilaterale con gli altri Stati asiatici, e anzi ha rivendicato il controllo esclusivo di una curva a U che copre circa l’80% della regione contesa; figuriamoci se Xi Jinping intende farsi mettere i piedi in testa dagli Stati Uniti.

L’atollo conteso

La Scaraborough Shoal, vicino al quale ha transitato la nave americana, è un gruppetto di isole conteso da Cina e Filippine. Manila inserisce l’atollo nella municipalità di Masinloc Zambales ma Pechino non ci sta e afferma che quelle isole siano affar suo. Perché il Dragone vuole imporsi su alcune rocce prive di apparente valore? Perché controllare la Scaraborough Shoal consente di controllare anche le 200 miglia nautiche circostanti alle stesse isole, ricche di risorse naturali e ittiche.
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » ven ago 09, 2019 6:59 am

???

SENZA LA RUSSIA L’EUROPA NON SI SALVERÀ
Carta di Laura Canali
14/05/2019
Il Vecchio Continente può sopravvivere se si riunirà a Mosca. Ma dovrà abbandonare arroganza e padrone americano, ricalibrare il concetto di democrazia e riscoprire la valenza di famiglia e fondamenta cristiane. Ecco alcuni suggerimenti costruttivi.

di Vitalij Tret’jakov

http://www.limesonline.com/cartaceo/sen ... E&prv=true

1. L’Europa e la civiltà europea si trovano a un passo dalla morte; sono in pochi oggi a dubitarne.
Purtroppo, le ricette per il salvataggio che si sentono risuonare più forte nella stessa Europa (vale a dire, l’Europa meno la Russia) sono o lacunose o prive di prospettive nella loro dogmaticità neoliberale, ovvero nella loro essenza antipopolare.
A mio avviso, è evidente che la Russia sopravvivrà anche senza questa Europa. Tuttavia, non isolo così deliberatamente l’Europa dalla Russia, o la Russia dall’Europa, come fanno gli europei più illustri, da poter rimanere impassibile davanti al destino di questa nostra parte di mondo.
Certamente, se l’Europa non rinsavisce da sé, la Russia non riuscirà a salvarla: la sindrome suicida di questa Europa si è fatta troppo potente. Tuttavia, mi sembra che la chance non sia ancora andata perduta. Provare a far rinsavire l’Europa è possibile e necessario.
Questa Carta per il salvataggio dell’Europa che ho steso è un tentativo. Se a qualcuno risulterà un tentativo timido o, al contrario, sfrontato, a me non interessa. Sono cosciente che questo è un tentativo sincero e ponderato accuratamente. Chi è in grado di proporre qualcosa di migliore, che lo faccia. Ma tacere non è più possibile. Si deciderà tutto nei prossimi 10-15 anni.
2. In nome della salvezza dell’Europa (intesa come civiltà europea) così come la conosciamo, stimiamo e amiamo, è necessario rivedere …
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » ven ago 09, 2019 7:00 am

Georgia, scontri davanti al Parlamento, 240 feriti. Il governo: "Dietro c'è la Russia". Si dimette il presidente dell'assemblea
21 Giugno 2019

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/0 ... ci/5271913

Scontri violenti tra manifestati e forze dell’ordine davanti al Parlamento della Georgia, a Tbilisi. Si contano circa 240 feriti, tra cui 80 poliziotti. La scorsa notte, migliaia di dimostranti hanno tentato due volte di fare irruzione nelle sede dell’assemblea nazionale. La polizia li ha respinti verso il viale Rustaveli utilizzando pallottole di gomma, gas lacrimogeni e idranti. A seguito delle richieste dei manifestanti si è dimesso il presidente del Parlamento Irakli Kobakhidze, accusato di aver accolto il parlamentare russo Sergei Gavrilov alla riunione dell’assemblea dei deputati dei paesi cristiano-ortodossi. Gavrilov, politico vicino a Putin, è un sostenitore dell’indipendenza di due regioni secessioniste della Georgia, l’Abkhazia e l’Ossezia meridionale. Ciononostante gli è stato consentito di intervenire in aula in lingua russa e di sedersi sullo scranno del presidente dell’assemblea. I leader dell’opposizione hanno promesso nuove proteste stasera.

La presidente georgiana Salomé Zurabishvili, che stamattina ha interrotto la sua visita in Bielorussia, ha accusato la Russia “nemica e occupante” e una non meglio specificata “quinta colonna filorussa” di aver fomentato gli scontri. La presidente ha dichiarato che “solo la Russia trae beneficio da una divisione nel Paese”, aggiungendo che la “quinta colonna che essa gestisce potrebbe essere più pericolosa dell’aperta aggressione”. Ha concluso affermando che le divisioni all’interno della nazione sono oggi “l’arma più potente” di Mosca.

Immediata la risposta del vice ministro degli Esteri russo Grigory Karasin, secondo cui a provocare i disordini sono state “le forze politiche radicali georgiane che fanno tutto il possibile per ostacolare la normalizzazione delle relazioni bilaterali tra Georgia e Russia”. Karashin ha ribadito poi che “la Russia persevererà nel suo impegno per la normalizzazione e il miglioramento dei rapporti tra Mosca e Tbilisi”. I due Paesi hanno rotto le relazioni diplomatiche dopo la guerra in Ossezia del sud del 2008 per il controllo di quella regione e dell’Abkhazia, e anche se passi sono stati compiuti per un riavvicinamento, i sentimenti anti-russi restano forti in Georgia.

La protesta che ha scatenato il tentato assalto al Parlamento è stata innescata dalle immagini televisive in cui Gavrilov era seduto sul seggio del presidente dell’assemblea. Non appena la notizia è circolata, circa 10mila persone sono scese in piazza, sventolando bandiere della Georgia e cercando poi di sfondare le barriere della polizia. Gavrilov ha infiammato ulteriormente gli animi dell’opposizione filo occidentale intervenendo in aula in lingua russa.

Le tensioni non sembrano destinate a spegnersi, i leader dell’opposizione georgiana hanno infatti promesso una nuova manifestazione in serata. “Ci incontreremo di nuovo stasera alle 7 in viale Rustaveli. Dovremo concordare un piano d’azione con la gente”, ha detto George Vashadze, a capo del partito Nuova Georgia. “La manifestazione sarà del tutto pacifica”, ha annunciato il leader di Georgia Europea Giga Bokeria. L’opposizione, oltre a chiedere le dimissioni – ottenute – di Kobakhidze, vuole quelle del ministro dell’Interno Gakharia, ed “anche l’introduzione di emendamenti alla legge elettorale, tra cui quelli per il passaggio al sistema proporzionale”.




La Russia comincia a fare sul serio con la Georgia
sabato 22 giugno 2019

https://www.ilpost.it/2019/06/22/russia ... a-proteste

Putin ha vietato a tutte le compagnie aeree russe di volare da e verso il paese del Caucaso: c'entrano alcune proteste contro un deputato russo, ma non solo

Vladimir Putin (AP Photo/Alexander Zemlianichenko)

Venerdì il presidente russo Vladimir Putin ha approvato un decreto per vietare a tutte le compagnie aeree russe di volare da e verso la Georgia, paese del Caucaso con cui la Russia combatté una guerra nel 2008. Nel decreto, adottato formalmente per proteggere «la sicurezza nazionale della Federazione Russa», è anche previsto il ritorno dei cittadini russi attualmente in Georgia e la raccomandazione ai tour operator russi di non mandare i propri clienti nel paese.

La mossa di Putin, definita dal giornalista Andrew Roth del Guardian «una seria escalation di tensione tra i due paesi, è arrivata il giorno dopo le proteste antirusse tenute al Parlamento di Tblisi, la capitale della Georgia, contro il deputato russo Sergei Gavrilov.

Le proteste erano iniziate su invito dei parlamentari dell’opposizione georgiana, filoeuropeisti, che avevano ritenuto inappropriato lo spazio concesso a Gavrilov nel Parlamento: il problema è che Russia e Georgia sono ancora in conflitto in merito allo status dell’Abkhazia e dell’Ossezia, due regioni la cui indipendenza è riconosciuta da alcuni stati membri dell’ONU – soprattutto dalla Russia, che nel 2008 le occupò militarmente – ma che la Georgia rivendica come parte integrante del proprio stato. Durante il discorso di Gavrilov, fuori dal Parlamento c’erano stati scontri tra polizia e manifestanti: la polizia aveva usato gas lacrimogeni, proiettili di gomma e cannoni ad acqua per disperdere la folla, e circa 200 persone erano state ferite.

Venerdì sera c’è stata una nuova manifestazione a Tblisi, per chiedere elezioni anticipate e le dimissioni immediate del ministro dell’Interno, ritenuto responsabile dell’invito a Gavrilov. Il governo russo ha reagito con rabbia alle proteste, definendo quello che era successo «una provocazione antirussa». L’obiettivo del decreto approvato da Putin venerdì è di colpire pesantemente l’industria del turismo della Georgia, che nel 2018 ha inciso per il 7,6 per cento sul PIL nazionale.
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Re: Russia, Europa, USA e Cina

Messaggioda Berto » ven ago 09, 2019 7:01 am

Huawei, 3,1 miliardi di euro e 3mila posti di lavoro in Italia. Il Ceo Thomas Miao: "Ci aspettiamo regole trasparenti sul 5G"
15 Luglio 2019

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/0 ... 5g/5325542

Huawei, la società cinese leader delle telecomunicazioni, ha annunciato investimenti per più di 3 miliardi di dollari in Italia nell’arco dei prossimi tre anni. Si prevede la creazione di 3mila posti di lavoro. L’annuncio del ceo in Italia della compagnia cinese, Thomas Miao, ceo di Huawei Italia, è arrivato lunedì mattina insieme alla richiesta di certezze di “regole trasparenti” sul 5G. Nello specifico, gli investimenti prevedono “1,9 miliardi di dollari in acquisto di forniture, 1,2 miliardi in marketing e operations e 52 milioni in ricerca e sviluppo”, per un totale di 3,1 miliardi di dollari, corrispondenti a 2,75 miliardi di euro.

L’investimento, secondo il ceo cinese, porterà circa mille posti di lavoro diretti e 2.000 nell’indotto entro il 2021. Tra i progetti c’è anche quello di creare a Pavia un laboratorio, il Microelectronics Innovation Lab, collegato all’Università e al centro di ricerca di Milano, con un investimento di 1,7 milioni. L’intenzione che spinge il colosso delle telecomunicazioni in questa direzione è quella di restare in Italia, dove Huawei è presente da 15 anni, cercando poi “alleanze” anche con altri Paesi europei.





La Cina avverte Taiwan: "Siamo pronti all'uso della forza per la riunificazione"
24 luglio 2019

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/l ... DMKOWypzT8

Pechino pubblica lʼaggiornamento del "libro bianco sulla difesa nazionale". Nel mirino anche i separatisti del Tibet
La Cina avverte Taiwan: "Siamo pronti all'uso della forza per la riunificazione"

La Cina ha dichiarato che non rinuncerà all'uso della forza per riunificare Taiwan e ha promesso di adottare tutte le misure militari necessarie per sconfiggere i "separatisti". Nel libro bianco sulla difesa nazionale pubblicato mercoledì, e che a distanza di anni non precisi viene aggiornato, la Cina ha elencato tra le sue massime priorità la volontà di contenere "l'indipendenza di Taiwan" e combattere le forze separatiste in Tibet e nello Xinjiang.

Il documento traccia la linea della politica di difesa nazionale della Cina. Nel rapporto, Pechino ha messo in evidenza l'approccio "difensivo" della Cina, ma promette anche di "contrattaccare se attaccato". Il portavoce del ministero della Difesa Wu Qian ha affermato che la minaccia del separatismo di Taiwan sta crescendo e ha avvertito che coloro che cercano l'indipendenza di Taiwan incontreranno un vicolo cieco. "L'esercito cinese combatterà chiunque osi separare Taiwan dalla Cina. Difenderemo l'unità sovrana del Paese e l'integrità territoriale", ha detto Wu.

Taiwan si è divisa dalla Cina continentale durante la guerra civile nel 1949, nel pieno del dominio del Partito Comunista. La Cina sostiene che Taiwan fa parte del suo territorio e cerca la "riunificazione completa". Gli Stati Uniti, pur non riconoscendo formalmente lo Stato di Taiwan, hanno ripetutamente sollevato l'ira di Pechino vendendo armi a Taipei fornendo loro "strumenti di difesa". Nelle scorse settimane, gli Stati Uniti hanno approvato provvisoriamente una vendita di armi a Taiwan per 2,2 miliardi di dollari: proposta che aveva spinto la Cina a minacciare sanzioni contro il ministero della Difesa statunitense di Taiwan.

Il libro bianco indicava anche che le mosse statunitensi, giapponesi e australiane per rafforzare la loro presenza militare e le alleanze nell'Asia-Pacifico hanno portato incertezze nella regione. Per Pechino, lo spiegamento da parte degli Stati Uniti di un sistema di difesa antimissile nella Corea del Sud ha gravemente compromesso l'equilibrio strategico regionale.
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