Lessico venetico, da Lingua Venetica di Prosdocimi e Fogolari, da p 411http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ntighi.jpg6. LA POSIZIONE DEL VENETICO
6.1. IL LESSICO
Si offre qui solo una scelta, in quanto pertinente alla classificazione o comunque caratterizzante;
questo schizzo presuppone la trattazione sotto le singole iscrizioni, cui si rimanda.
Si organizza la materia in modo latamente concettuale (campi semantici per paradigma o solidarietà sintagmatica) c/o categorie (verbo, etc.).
...
*teuta: «Le nom
*teutà- du «peuple» en tant qu’unité politique a una aire englobant le messapien, l'osco-ombrien, le vénète (163, etc.), le gaulois, le celtibère, le brittonique, le gaélique, le germanique et le baltique, mais ne comprenant pas le latin» (Lejeune 1974 ‘Manuel’).
Anche qui l’importante non è la conservazione lessicale ma la configurazione semantico-istituzionale (sul concetto Prosdocimi 1978 ‘Lessico’) e il sistema in cui entra.
Come semantica istituzionale è il nome della comunità che agisce quale persona giuridica (soggetto di un verbo votivo: Ca 13), in nome di cui si agisce (
u teuta [ : Ca 24), e arriva a coprire il concetto politico (in senso stretto e non generico) di ‘pubblico’, come è supposto dal denominale
teuters ‘publice statuerunt’ (Pa 14, § 2.2.4) e dall'abbreviazione
te(utike?) `publice’ apposta a cippi terminali (inediti da Oderzo: v. ad *Pa 14 cit.);
teuta forma nell’Italia antica un microsistema tipico (Prosdocimi 1978 ‘Lessico’ cit., da correggere per un presunto valore ‘nomen’ secondo Prosdocimi 1982 ‘Safini’).
L’importante non è la conservazione, ma il sistema in cui entra:
– nelle istituzioni italiche entra con
ocri-/ocar;
– in latino vi è assenza ma per sostituzione recente della coppia italica; vi è rimasto come spazio semantico (riadattato) ma non come lessema:
urbs – arx nella coppia canonica ‘salva
urbe arceque’; il lessico – eccetto
arx che va con
acri- ne rimpiazza uno precedente: urbs è imprestito, e civitas derivato, successivo all’elaborazione istituzionale di civis;
– in venetico il tipo ocri- sembra escluso da *poli-‘πόλις’; in Pilpotei è trasparente: *p°li-poti- ‘signore dell’arx’.
La vocalizzazione di -l- è indipendente, come altrove, dall’esito di “l̥”(cfr. § 4..1.2); qui dipenderà dal colorito della vocale successiva (i); cfr., ma la situazione non è identica,
Silis < *selis < *selio- + -s (v. sopra § 4.2).
A parte il valore per questa onomastica ‘aristocratica’, è di grande importanza il dato istituzionale: la cittadella ha il nome non italico di ocri- (cfr. s.v. teuta) ma quello del greco, lituano, etc. *p°li-; come panindeuropeo è meno significativo, ma è comunque un dato acquisito.
Da questo punto di vista il venetico sembra appartenere al tipo greco con
πόλις, cui però non è ignoto il lessema corrispondente a ocri e arx, cfr. il tipo Þró-polij.
Tuttavia il tipo
ocri- è attestato dal toponimo Ocra (e, forse, nella variante akr- in Acerra: § 5.3.3 e ghe xonto mi in Trinacria), il che propone una situazione lessicale non difforme da ‘quella dell’italico e del latino, che pure conosce il termine ocri- ma nel senso di ‘mons confragosus’ (Livio Andronico in Festo, cfr. Walde-Hofmann s.v. e Prosdocimi 1978 ‘Lessico’ cit.), il che permette per il venetico la sopravvivenza di un termine come poli: sopravvivenza a che titolo istituzionale? Fossile onomastico o vitale e significante, così da dare un nome trasparente?
Nel caso estremo che
*poli- fosse in venetico il corrispettivo di
ocri- nella coppia istituzionale ‘comunità’ (teuta) e ‘centro munito’ (di riferimento), non si avrebbe ancora una diversità dall’italico significativa a fini classificatori, ma solo una diversa utilizzazione lessicale per spazi semantico-istituzionali comuni: non diversamente il latino ha
urbs al posto di
teuta.
Se questa è una spiegazione per l’ipotesi più contraria a quel tipo di unità storico-culturale latino(-italo)-venetica presupposta da termini come
louko-(appresso e § 2.2.4), la verisimiglianza diacronica porta a una ricostruzione per cui vi è un primo stadio comune nel quale c'è una terminologia comune poco fissata e mobile, nel senso non di vaghezza (che non avrebbe senso istituzionale)
[-]edios: (Pa 14, § 2.2.4) nome di magistrati e sicuro nominativo plurale in -os (
termonios deivos in Vi 1 è più probabilmente accus. plurale) come l’italico contro il latino. La parola non è restituibile: pare escluso dallo spazio un
[es]edios < *en-sedios; [us]edios < *upsedio-, *uposedio- (attestati); è probabile un
(h)edios < *ghedh- ‘vereiningen’, cfr-, sscr.
gádhyah ‘festzuhalten’ etc., anglosassone
(ge)gada ‘Genosse’, ‘Gatte’; gotico
gadiliggs ‘Vetter’; (a.s.) antico sassone
gaduling ‘Verwandter’ etc.
Si tratterebbe dei ‘confratelli’, il corrispondente locale di latino ‘Fratres’ (
Arvales).
Se questa è la corretta etimologia, la posizione semantica deve trovare posto rispetto a f(r)ater(e)s di un testo (ora in Prosdocimi-Frescura 1986), probabilmente dal santuario di Reitia e con verbo al plurale, donasa[ (alla fine di § 2.1.2.1): la premessa per questo è una fraternità giuridica e non di sangue (cfr. Benveniste 1969 `Voc.' p. 212 sgg., con alcune diversità), esattamente parallela alla paternità giuridica di ie. *pətēr, così da essere epiteto che qualifica la paternità divina = regalità di *Djeus pətēr, cfr. latino Iuppiter, greco Ζεū Πάτερ etc. (questa funzione di pater è particolarmente evidente nell’Italia antica sia nella giuridicità civile sia in quella divina: cfr. Prosdocimi 1987 ‘Religione’).
Il venetico pare conoscere anche il valore ristretto ‘fratello’ in Es 28 (cfr. anche appresso).
uposedioi (dativo; *Pa 20, LV I p. 654), appositivo da un
uposed- potrebbe parimenti riflettere un termine lessicale rispondente ad una tassonomia sociale:
sed- si presta a molte possibilità quale posizione: su trono o su seggio (nota 3); su carro da guerra (?); etc. In ogni caso per la sua applicazione in composto con preposizione è in valore istituzionale preciso: cfr. lat.
adsiduus (tecnico nella legislazione arcaica già nella clausola relativa ad una figura sorpassata come il
vindex) e il corrispondente gallico
ad-sedo-, assedo- aδδedo- ‘le fait d’etre installé sur le sol = établi, domicilié, permanent’ (cfr. Vendryes, Et. celi. V, 1950-1, p. 247, ripreso da K.H. Schmidt,
Komposition in gallischen Personennamen, 1957, pp. 65, 103, 116). G.B. Pellegrini crede di ritrovarne un corrispondente nella nuova faccia di Pa 14, ma è escluso dalla lacuna (ad Pa 14, § 2.2.4).