Maisteratorbos

Maisteratorbos

Messaggioda Berto » dom dic 08, 2013 11:22 am

Maisteratorbos
viewtopic.php?f=88&t=166

Iscrision veneteghe:

1) Lamela de bronxo quadra, mexa roxegà. ] o.m.ma.i.s.terato.r.fo.s./fo. u.vatole.r./<II< //
don]om Maisteratorbos Fouva toler
“Fouva offrì (in) dono ai Maisterator-”(???)

2) Lamina di bronzo quadrangolare, frammentaria. zono.m.mai.s.terator.fo.s./.o.s.t.i.s.to [
donom Maisteratorbos Ostis to[ler?
“Ostis offrì (in) dono ai Maisterator-”(???)

3) Manego de mestolo (en latin simpulum).
turicotriticonico.smai.s.terato.r.fos
Turijo Tritijonijos Maisteratorbos "
“Turio Tritionios ai Maisterator-” (???)

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... lamene.jpg



Diski bronxei de Monte Calvario (Muxeo de Auronso de Cador)
http://www.archeoagordo.it/12/un_luogo_ ... romano.htm

Muxeo de Oronso (Auronzo)
http://picasaweb.google.it/pilpotis/MuxeoOronso

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... qtvokj.jpg
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Re: Maisteratorbos

Messaggioda Berto » sab giu 07, 2014 3:45 pm

Da: Anna Marinetti - Culti e divinità dei Veneti antichi: novità dalle iscrizioni:
Immagine

2.4. Auronzo di Cadore (n 24)

Ad Auronzo di Cadore, appena fuori dall’abitato odierno, in località monte Calvario, è stata riportata alla luce un’area adibita ad attività di culto, di cui restano strutture murarie pertinenti a diverse fasi;
l’area è stata solo parzialmente esplorata, e le indagini sono tuttora in corso, tuttavia sulla base dei materiali e della stratigrafia si è potuto stabilire che l’arco cronologico di frequentazione del santuario si colloca tra la fine del II secolo a.C. e il IV secolo d.C. (n 25).
Ne provengono importanti materiali di tradizione preromana: dischi bronzei figurati, lamine e simpula di bronzo con iscrizioni venetiche, monete, alcune delle quali con sovrascritte in caratteri latini con forti influssi locali.
Le sette iscrizioni (tre su lamina, tre su manici di simpula e una su coppetta di simpulum) sono dediche votive, che per alcuni aspetti trovano motivi di stretto collegamento con quelle del vicino santuario di Lagole di Calalzo; con queste condividono innanzitutto la tipologia dei supporti, costituita in prevalenza da lamine bronzee quadrangolari “a pelle di bue”, caratteristiche del comparto veneto alpino e orientale, e da simpula, usati per riti di libagione; la varietà alfabetica è quella di Lagole, con una sola ma importante differenza; è inoltre analoga la realizzazione formulare dei testi.
Così pure ricorrono basi antroponimiche già note a Lagole.
Le dediche di Auronzo presentano però anche tratti caratteristici: ad esempio, nella scrittura è usato il grafema con valore “etimologico” h ad indicare [f], come a Lagole, ma anche ad indicare il corrispondente di -b- interno (a Lagole e nel resto del venetico); e questo è un aspetto che va puntualizzato tra usi grafici e attribuzione fonetica.
In particolare i testi di Auronzo si distinguono per la destinazione, in quanto dediche rivolte ai (dativo plurale) maisteratorbos.
La presenza di questo nome apre una serie di questioni, che vanno dall’attribuzione linguistica della forma stessa fino all’identificazione, non univoca, delle corrispondenti realtà così designate (vedi § 3.4).
Riporto, anche in questo caso a titolo esemplificativo, alcune iscrizioni da Auronzo:

1) Lamina di bronzo quadrangolare, frammentaria. ] o.m.ma.i.s.terato.r.fo.s./fo. u.vatole.r./<II< //
don]om Maisteratorbos Fouva toler
“Fouva offrì (in) dono ai Maisterator-”(???)

2) Lamina di bronzo quadrangolare, frammentaria. zono.m.mai.s.terator.fo.s./.o.s.t.i.s.to [
donom Maisteratorbos Ostis to[ler?
“Ostis offrì (in) dono ai Maisterator-”(???)

3) Manico di simpulum.
turicotriticonico.smai.s.terato.r.fos
Turijo Tritijonijos Maisteratorbos "
“Turio Tritionios ai Maisterator-” (???)

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... lamene.jpg



3.4 Elementi di continuità nella fase di romanizzazione

Le iscrizioni rinvenute nell’area del santuario di Auronzo portano, solidarmente, una forma finora non attestata, il termine (dativo plurale) maisteratorbos. Nella logica delle dediche votive, apriori da attendersi per il contesto generale e per tipologia di oggetti (lamine e simpula) su cui si trovano, la forma al dativo dovrebbe identificare la divinità a cui è destinata l’offerta. A prescindere dal valore della base, ne consegue che dovrebbe trattarsi di un culto riferito non ha una ma a più figure divine, designate con un nome /epiteto collettivo.
Si tratta di una circostanza non comune, ma neppure sconosciuta nel Veneto: anche senza considerare i marginali Ashus di Gurina e le incerte Matres di Asolo, si ha quanto meno la testimonianza vicentina dei termonios deivos “dei confinari”, a protezione e garanzia di delimitazioni territoriali. Anche in questo caso, si tratta di una collettività di figure divine individuate mediante l’aggettivo che si riferisce al loro ambito di azione.
Tra le due occorrenze però sembra di notare differenze sostanziali.
Se il caso dei termonios deivos di Vicenza appare prossimo o forse assimilabile a quella sfera del divino nota come Augenblichsgötter o “dèi dell’attimo”, legata a contingenze specifiche e a interventi funzionali, ad Auronzo pare di dover attribuire ai maisterator- una diversa qualificazione sul piano teologico.
Partiamo dalla base lessicale.
Il termine maisteratorbos, dal punto di vista formale , è il dativo plurale di un agente in -tor- dalla base maistera-; questa trova una corrispondenza pressoché totale con il verbo attestato in latino come magisterare (Paolo ex Festo 113 L “Magisterare moderari”, 139 L “Magisterare regere et temperare est”).
Una forma maister- rispetto a magister- è pienamente spiegabile come risultato fonetico di una assimilazione, con esito ben noto nelle lingue romanze (cfr. italiano maestro), e ipotizzabile, tramite il confronto con forme analoghe (nota 54), anche per il venetico.

(No ghe çentra par gnente el latin e gnanca li romani)


La semantica di lat. magisterare potrebbe ad una prima istanza far pensare per maisterator- ad un possibile riferimento a cariche di potere, a “magistrati” o figure assimilabili; dovrebbe trattarsi allora di destinatari umani, e non divini, delle dediche, quindi, al massimo, dei beneficiari delle stesse. Per una serie di ragioni ciò appare poco verosimile: dalla ripetizione del nome in tutte le dediche, all’assenza dei nomi propri dei titolari della eventuale carica, all’anomalia della presenza dei beneficiari in assenza sistematica del teonimo, alla verosimiglianza generale per cui in iscrizioni da santuario, e pertanto votive, la forma di dativo è prioritariamente da interpretare come riferita alla divinità.

Tutto pertanto rimanda ad un inquadramento, per maisterator-, come teonimo (???).
Con quale valore, nell’ambito di una semantica corrispondente al latino “regere, moderari, temperare”?
La eventualità che si offre più adeguata ad una sfera divina è quella di divinità “reggitrici = supreme” o simili.
Al momento non disponiamo di precisi elementi per sostanziare una tale interpretazione.
Sarà da valutare se la pluralità di destinatari divini segnalati dal nome plurale può essere messa in correlazione con le raffigurazioni presenti nei due dischi bronzei, uno con figura femminile analoga a quelle dei dischi di Montebelluna, l’altra con figura maschile.
Tuttavia, anche ammettendo che i dischi di Auronzo rappresentino divinità, non possiamo affermare che la pluralità del nome si limiti a due, e non comprenda anche altre figure, per il solo fatto che i dischi ritrovati sono due. L’analisi iconografica forse consentirà di riconoscere non solo gli attributi delle (possibili) divinità così raffigurate, ma forse anche di precisarne i contorni individuali (n 55).
Resta il fatto che la nominazione delle divinità secondo un plurale collettivo non è la norma nel Veneto, anche se non è di massima estranea.
A ben vedere, nel santuario di Auronzo sono molti gli elementi che presentano caratteri di questo tipo, vale a dire di una veneticità evidente nei tratti più macroscopici, la scrittura, la lingua, il formulario, la tipologia dei materiali (lamine, dischi), che tuttavia si rivela in alcuni tratti “anomala” o fuori schema nelle modalità di realizzazione. Nelle iscrizioni, oltre alla peculiarità dei destinatari, vi sono tratti grafici che differenziano questa scrittura da tutto il resto del corpus venetico; in reperti ancora inediti vi sono contaminazioni grafiche tra venetico e latino; nei graffiti sovrascritti a monete vi è una sorprendente continuazione di influssi della scrittura venetica fino ad epoca molto tarda.
Dal punto di vista materiale, come ha sottolineato Giovanna Gangemi, la tradizione venetica dei dischi figurati è presente, ma con peculiarità del tutto autonome nelle figurazioni; le tipiche lamine a pelle di bue non hanno - come invece a Lagole - la figurazione centrale ecc.
L’insieme di questi indizi, oltre ad altre più ampie considerazioni, restituisce una chiave interpretativa che ha riflessi importanti non solo per Auronzo ma per la storicità in generale e in area Veneta in particolare.

Gli indizi di “interferenza” nella tradizione locale di elementi esterni indirizzano, coerentemente, in una direzione, che è quella della romanità, certamente presente e dominante in area in queste fasi cronologiche. (??? ma dove ???)

Non si tratta solo di un generico influsso culturale, né si tratta - come parrebbe in prima istanza - di attardamento di forme locali giustificabili in un’area geografica apparentemente periferica;
pare piuttosto di riconoscere una precisa volontà di mantenimento della tradizione precedente, ribadita nei tratti più “appariscenti” ma che tradisce in dettagli apparentemente secondari una “regia” esterna.

Ciò non può che essere correlato alla politica di Roma verso le realtà locali nell'ambito del più generale processo di restauratio da parte di Augusto, come è stato ben sottolineato da Aldo Prosdocimi in un recente lavoro (n 56). In questo quadro politico trovano la loro spiegazione non solo i caratteri del santuario di Auronzo, ma anche altre spie di interferenze e di supposto attardamento, quanto meno a livello di grafia e di lingua, rilevate in altra documentazione venetica dal Cadore e in generale dall’area alpina.

(Ma coala poledega de Roma ? No jera Roma e gnanca li so enperadori ke anemava l’ogneverso intiero de la mente, de l’anema e del spirto de le jenti taleghe e de l’Ouropa).
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Re: Maisteratorbos

Messaggioda Berto » sab giu 07, 2014 3:45 pm

Maister- la par pì na tepega fonołoghia xermanega, anca sel moto el pol esar on prestio da l’ara talega pì ke dal latin; ke n’exito romanso da voxi latine come ke sostien la Marineti.

Maestro
http://xref.w3dictionary.org/index.php?fl=it&id=28833
Mister
http://xref.w3dictionary.org/index.php?fl=it&id=31221
Magistrato
http://xref.w3dictionary.org/index.php?fl=it&id=28859
Ministro
http://xref.w3dictionary.org/index.php?fl=it&id=6800
Master
http://xref.w3dictionary.org/index.php?fl=it&id=29822

Maistro, Mistro e Meister


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... is-464.jpg

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... r-taru.jpg

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... manego.jpg

Immagine

Meister(in) <-s, ->
m(f)
1 (Handwerksmeister) maestro (-a) m (f) (artigiano, -a), mastro m obs
2 (Leiter einer Fabrikabteilung) capo(reparto) mf, capo(o)fficina mf: gehen Sie doch mal zu unserem Meister!, vada dal (nostro) capo! fam
3 sport (Titelträger) campione (-essa) m (f)
4 kunst mus (großer Künstler) maestro (-a) m (f)
5 relig philos maestro (-a) m (f)
6 (Experte) maestro (-a) m (f): du bist ein wahrer Meister der Kochkunst geworden, sei diventato un vero maestro dell'arte culinaria
7 (in Märchen) compare m, comare f
* in jdm seinen Meister gefunden haben, aver(e) trovato un maestro in qu; seinen Meister machen, conseguire/prendere il diploma di maestro artigiano; es ist noch kein Meister vom Himmel gefallen prov, nessuno nasce maestro prov; früh übt sich, was ein Meister werden will prov, nessuno nasce maestro prov.
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Re: Maisteratorbos

Messaggioda Berto » sab giu 07, 2014 4:10 pm

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Re: Maisteratorbos

Messaggioda Berto » mar giu 10, 2014 12:16 pm

Kisà se ła partexeła -tor- de maisteratorbos xe pì arente

a ste voxi:

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... r-taru.jpg

cfr. con il teonimo Thor:

http://it.wikipedia.org/wiki/Thor
Thor, o in versione latinizzata Thoro, (norreno Þórr, islandese Þór, tedesco antico e nederlandese Donar, inglese antico Þūnor, faroese Tórur, svedese, norvegese e danese Tor, frisone Tonger) è una delle principali divinità scandinave, noto come il dio del tuono. La mitologia norrena è ricca di racconti sulle gesta di Thor e sulla sua perenne lotta contro i Jötunn.

Immagine

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/c ... _Winge.jpg

http://de.wikipedia.org/wiki/Thor
Immagine
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/c ... _thorr.jpg



Cfr. co

Marduk
http://it.wikipedia.org/wiki/Marduk

Immagine
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/c ... nd_pet.jpg


Cfr. co

Charun etrusco

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... trusco.jpg

http://it.wikipedia.org/wiki/Charun
Nella mitologia etrusca, Charun (o Charu) era uno psicopompo del mondo sotterraneo chiamato Ade. È il nome equivalente della figura della mitologia greca Caronte.

Iconografia
Charun (il nome si ricava da alcune iscrizioni etrusche) si trova riprodotto su pitture tombali, sarcofagi, urne, stele sepolcrali e vasi. Nell'illustrazione tipica appare fondamentalmente differente da Caronte, rappresentato, di solito, alla guida di una barca, munito di remo, con funzione di traghettatore di anime. Il demone della morte degli Etruschi è, invece, una figura che accompagna i defunti nell’ultimo viaggio (a piedi, a cavallo, su carro) verso l’oltretomba, strappandoli al saluto dei propri cari e scortandoli verso la loro meta finale. Talvolta viene rappresentato a protezione delle porte dell’Ade (come, ad esempio, nella Tomba dei Caronti e nella Tomba degli Anina di Tarquinia) o comunque in connessione con la morte (come, ad esempio, nella Tomba François di Vulci). Si presenta con barba, naso d'avvoltoio ed orecchie aguzze ed indossa corta tunica ed alti calzari. Nelle pitture funerarie viene raffigurato con un colore bluastro. Talvolta ha dei serpenti attorno alle braccia ed ali enormi (come, ad esempio, nella Tomba dell'Orco di Tarquinia). Regge in mano un martello, il suo simbolo religioso, simile all'ascia bipenne romana. Talvolta è munito anche di spada. È spesso accompagnato dalla dea Vanth (come, ad esempio, nella Tomba degli Anina di Tarquinia e nella Tomba François di Vulci), una dea alata anch'essa associata al mondo sotterraneo.

Ipotesi interpretative

Secondo alcuni (Larissa Bonfante) Charun è solamente una guida per i morti, similmente alla mitologia greca, mentre per altri (Franz. De Ruyt) aveva anche il ruolo di divinità che punisce la malvagità.
Alcuni autori (Franz. De Ruyt) lo comparano al dio celtico Sucellos, poiché anche quest'ultimo ha in mano un martello ed ha la stessa funzione di dio della morte.
Relativamente al significato del martello si è pensato che lo stesso servisse per chiudere i chiavistelli delle porte dell’Ade, impedendo così ai defunti di tornare indietro o per colpire le sue vittime o, più probabilmente, per spaventarle. Il martello di Charun potrebbe però essere interpretato anche in correlazione al mito etrusco (rappresentato in uno specchio bronzeo da Perugia, della fine del IV secolo a.C., conservato nel Museo di Stato di Berlino) che attribuiva alla dea Atharpa l’atto di configgere con un martello un chiodo per fissare immutabilmente il destino degli uomini.
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Re: Maisteratorbos

Messaggioda Berto » mar giu 10, 2014 2:31 pm

ŁА REŁIJON DE ŁI XERMANI de Xane Semeran

https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... ViTWc/edit

...

Donar, Thor, inglese Тhunоr è il terzo dio della triade, identificato con Ercole.

Che senso ha questo accostamento?

I testi scandinavi lo dicono figlio di Odino, il tuono è la voce della sua potenza e nelle lingue nordiche il suo nome richiama il sеnsо del tuono.
Рrоtеggе l’apicoltura, è largitore di piogge fecondatrici, governa i venti e il tempo atmosferico, è generoso di buone messi.
Uppsala gli offrì vistosi sacrifici perché salvasse il paese dalla carestia.
In realtà Thor è sdoppiamento di Odino; egli continua il compito del mesopotamico Adad «divinità dell’uragano distruttore, ma anche della рiоggiа benefica che dà acqua ai campi» (Furlani, ibid., 166).

Nonostante le difficoltà incontrate dagli storici delle religioni, militano buone ragioni per giustificare la "interpretatio romana" del dio Thor, antico sassone Thunaer, antico alto tedesco Donar, come il dio della forza, come Hеrсules: Hercules Magusanus campeggia in molte iscrizioni del Basso Reno e anche Thor, come Hеrсules, è liberatore da orrendi mostri, соn la sua clava-martello, anche se quest’arma sarà poi scorta come un fulmine di divinità celeste e il dies Iovis sarà tradotto nelle lingue germaniche come “il giorno di Thor”: antico alto tedesco donarestag.

In realtà l’interpretatio romana di Donar, Thunaer, è giustificata da una base originaria che significa “che ha o reca la potenza” “il potente, il forte”, detto di divinità : accadico dannu (‘strong, powerful, mighty, great : said of gods’) : dannu (δύναμις, ‘force, strength power’), con un affisso che significa “роrtаtоrе”, greco -φόρος, accadico arû (‘to bring’).
Ben altra divinità è il celtico Taranische, come abbiamo visto, è il sımbоlo stesso del cielo che svolge i suoi cicli, come l’etrusca Turan (accadico târu volgersi ‘to tourn around’) divinità dei ritorni ciclici, del fiorire e maturare.

Il celtico taran, “tuono”, non ha nulla che vedere col latino tono, ma appartiene alla serie onomatopeica cui partecipa accadico tarāru (‘zittern’).
Ма può supporsi che Taranis sia stato assimilato al dio Tarvos, come «Toro del cielo »: semitico taur, accadico šūru (toro, taurus, ‘Stier’) e Аnu (il dio del cielo, ‘Нımmеlsgоtt’) : Таrvоs é rappresentato nеll’аltаrе di Nоtre Dame (di Parigi; nome teoforico taurino è quello del capo elvetico Donnotarvos “forte toro” (accadico dannu : ‘strong’) e corrisponde al toro divino irlandese, Dоnn, ai toponimi tarvodunum (Thurso, Scozia) e Tarodunum (Zarten, Barden).

Il toro dal III millennio a. C. è simbolo della tempesta; il tuono è la voce dell’uragano sono il suo muggito : Аdаd, Marduk, l’urrita Teshup sono «i torelli del cielo» e in area semito-anatolica gli dei taurini folgoranti propiziano le acque fecondatrici.
Come divinità della folgore il dio toro si associò anche l’attributo di dio lucente.

Lа figurazione di Thor nel tempio di Trondheim, dove troneggia sul suo carro tirato dai capri, richiama il capro che tira il carro del sole nel vaso etrusco di Tragliatella.
L’arma di Thor, il così detto martello, è il MjǪllnir: tale nome si da derivare dal gotico malwian, “stritolare”; altri proposero antico islandese miǪllr e intesero lo “spendente”.
In realtà l’arma di Thor rassomiglia a quella che è il simbolo di Marduk, il mulmullu o malmullu (asta, ‘arrow: as a weapon’): la componente nir di MjǪllnir significa che colpisce: accadico nêrum (colpire, ‘to strike with a weapon’, ‘erschlagen’).

Come Marduk, figlio della divinità delle acque, il paleomesopotamico Ea, Thor è figlio di Odino, assimilato a Mercurio divinità originariamente delle acque: aqua Mercurii.

La sposa di Thor è Sif, considerata dea della vegetazione e della fecondità: il nome significa “quella che irriga” e corrisponde ad accadico sīpu (irrigare, inumidire, ‘Durchfeuchtung’, vS, 1104).

Il nome divino Saxnōtappare in una formula battesimale attestata dal codice Vaticano Pal. 577, dopo i nomi di Thor e di Odino; nelle genealogie dei re Sassoni dell’Essex torna Seaxnēat o Saxnēat, figlio di Odino.

...
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Re: Maisteratorbos

Messaggioda Berto » gio lug 03, 2014 7:23 am

Maisteratorbos

Forse no se trata de na divinità ma de on personajo piovego, de on maestro/mistro/mister/maister/magistrato, el capo de na comounedà o de na asosaçion come na fraja, na gilda, na scoła, on cołejo co corispondense ente łe istitusion anca latine e romane:

Collegium
http://it.wikipedia.org/wiki/Collegium

Nel diritto romano il collegium era un'associazione retta da un proprio statuto (la lex collegii) che ne stabiliva finalità e organi, oltre ai criteri di ammissione degli associati. Lo statuto del collegium poteva riguardare gilde e corporazioni di mestiere, nelle loro funzioni simili ai moderni sindacati.
Storia
Dapprima istituiti per scopi di culto (sembra che in questo caso si parlasse più specificamente di sodalitas) furono poi istituiti anche per scopi sociali, culturali o professionali. Tra gli altri, si ricordano quelli con scopi funerari (collegia funeraticia), connessi all'importanza attribuita dalla cultura romana alla celebrazione dei riti funebri e all'elevato costo degli stessi, che spingeva le persone ad associarsi per condividerne le spese. Importanti erano anche i collegi di artigiani, medici, insegnanti ecc. (collegia opificum) volti a tutelare gli interessi della categoria; in seguito assunsero anche un rilevante peso politico, appoggiando l'elezione di candidati (collegia sodalicia o compitalicia).
Mentre la Legge delle XII tavole sanciva l'assoluta libertà di associazione, a partire dall'ultima età repubblicana cominciarono ad essere poste delle restrizioni, conseguenti al diffondersi, nel turbolento clima politico dell'epoca, di associazioni che, dietro il paravento delle suddette finalità, perseguivano scopi politici in modo non sempre lecito (arrivando a vendere i voti degli associati). Nel 7 d.C. Augusto fece votare la lex Iulia de collegiis che, sciolti tutti i collegia esistenti, eccettuati quelli di più antica tradizione, subordinava la creazione di nuovi collegia al riconoscimento del Senato, dato con senatoconsulto subordinatamente ad una iusta causa: in pratica, il perseguimento di una pubblica utilità. Più tardi al riconoscimento con senatoconsulto fu equiparato quello con atto dell'Imperatore. A partire da Costantino venne reintrodotto il riconoscimento in via generale, senza necessità di uno specifico atto, per i collegia funeraticia e per gli enti ecclesiastici.
Da quanto afferma Gaio sembra che per la costituzione di un collegium occorressero, oltre al riconoscimento di cui si è detto, la volontà di almeno tre persone ("tres faciunt collegium") e un patrimonio comune distinto da quello degli associati (arca communis). Peraltro, il successivo venire meno della pluralità degli associati non causava l'estinzione del collegium, che conseguiva, invece, al venir meno di tutti i membri o al raggiungimento dello scopo.
Gli organi del collegium erano stabiliti dalla lex collegii, di solito sul modello delle corporazioni pubbliche (come i municipia) con un'assemblea degli associati (populus collegii), un organo collegiale più ristretto (ordo decurionum) e organi monocratici variamente denominati (magistri, curatores, quinquennali ecc.).
I collegia, per effetto della lex Iulia de collegiis, possedevano una certa capacità giuridica, potendo essere titolari del diritto di proprietà e di altri diritti ed obblighi di natura patrimoniale, oltre che stare in giudizio; in età imperiale acquisirono anche la capacità di essere istituiti eredi. Questo ne faceva delle persone giuridiche secondo la terminologia odierna e, in particolare, delle corporazioni.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... us_dec.jpg



Cfr. co:

Venetego a Este, la pì longa iscrision
https://picasaweb.google.com/pilpotis/V ... aIscrision
viewtopic.php?f=84&t=918

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 180250.jpg
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Re: Maisteratorbos

Messaggioda Berto » gio dic 31, 2015 10:36 pm

Torah
viewtopic.php?f=197&t=2098

https://it.wikipedia.org/wiki/Torah
Tōrāh (IPA: 'tɔːrə, ˈtoʊrə; in ebraico: תּוֹרָה‎?, a volte scritta Thorah, o Torà: "istruzione, insegnamento"), è il riferimento centrale della tradizione religiosa ebraica ed ha una vasta gamma di significati:

La parola "Torah" in ebraico deriva dalla radice ירה, che nella coniugazione hif'il significa "guidare/insegnare" (cfr. Levitico 10:11). Il significato della parola pertanto è "insegnamento", "dottrina", o "istruzione"; il termine comunemente accettato di "legge" fornisce un'impressione errata. Altri contesti traduttivi includono tradizione, teoria, guida, oppure sistema.
L'ampiezza di significato del termine "Torah" è stata la causa per includervi sia la legge scritta dell'ebraismo rabbinico sia la legge orale, a comprendere l'intera gamma degli insegnamenti religiosi ebraici autorevoli nel corso di tutta la storia, tra cui la Mishnah, il Talmud, il Midrash e altro. L'interpretazione di "Torah" soltanto come "Legge" potrebbe essere un ostacolo al capire l'ideale racchiuso nel termine talmud torah (תלמוד תורה, "studio della Torah").

Immagine
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