Donom, doto donom, donasto

Donom, doto donom, donasto

Messaggioda Berto » dom dic 08, 2013 9:45 am

Doto, toto, donom, donasto
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Mego dona.s.to a.i./nate.i. re.i.tiia.i. pora.i. / e.getora. r.i.mo.i. ke lo/.u.derobos

https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... RwUkU/edit

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Donom, doto donom, donasto

Messaggioda Berto » dom mag 04, 2014 5:26 pm

http://www.etimo.it/?term=perdonare
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Enzo Bianchi el dono e el perdono

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https://www.youtube.com/watch?v=c7AlbUE0LPg

http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/prog ... c225a.html

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Mare en Iran ła perdona el sassin de so fioło s-ciafonandoło e cusì ła ghe salva ła vida.
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Re: Donom, doto donom, donasto

Messaggioda Berto » dom mag 04, 2014 6:24 pm

IL PRIORE DI BOSE ENZO BIANCHI E HANS KUNG: ECCO I FALSI PROFETI CHE AMMALIANO I CATTOLICI

http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2216

Il finto monaco Bianchi esalta lo pseudo teologo svizzero dimenticando di dire che egli ha sempre negato la verità dei dogmi della Chiesa e la morale cattolica
di Antonio Livi

Enzo Bianchi si presenta come il priore della Comunità di Bose, che i cattolici ritengono essere un nuovo ordine monastico, mentre canonicamente non lo è, perché non rispetta le leggi della Chiesa sulla vita comune religiosa. I cattolici lo ritengono un maestro di spiritualità, un novello san Francesco d'Assisi capace di riproporre ai cristiani di oggi il Vangelo sine glossa, ma nei suoi discorsi la Scrittura non è la Parola di Dio custodita e interpretata dalla Chiesa ma solo un espediente retorico per la sua propaganda a favore di un umanesimo che nominalmente è cristiano ma sostanzialmente è ateo.
Ecco, ad esempio, come Enzo Bianchi commentava il racconto evangelico delle tentazioni di Gesù nel deserto: «Gesù non si sottrae ai limiti della propria corporeità e non piega le Scritture all'affermazione di sé; al contrario, egli persevera nella radicale obbedienza a Dio e al proprio essere creatura, custodendo con sobrietà e saldezza la propria umanità» (Avvenire, 4 marzo 2012). Insomma, un'esplicita negazione della divinità di Cristo, il quale è ridotto a simbolo dell'etica sociale politically correct, l'etica dell'uomo che – come scriveva Bianchi poco più sopra – deve «avere il cuore e le mani libere per dire all'altro uomo: "Mai senza di te"» (ibidem).
Grazie al non disinteressato aiuto dei media anticattolici, Enzo Bianchi ha saputo gestire molto bene la propria immagine pubblica: quando si rivolge a quanti si professano cattolici, Enzo Bianchi veste i panni del "profeta" che lotta per l'avvento di un cristianesimo nuovo (un cristianesimo che deve essere moderno, aperto, non gerarchico e non dogmatico, cioè, in sostanza, non cattolico); quando invece si rivolge ai cosiddetti "laici" (ossia a coloro che hanno smesso di professarsi cattolici oppure non lo sono mai stati ma desiderano tanto vedere morire una buona volta il cattolicesimo), Enzo Bianchi si presenta simpaticamente come loro alleato, come una quinta colonna all'interno della Chiesa cattolica (se non piace la metafora di "quinta colonna" posso ricorrere alla metafora, ideata da Dietrich von Hildebrand, di "cavallo di Troia nella Città di Dio").
Ora, che i media anticattolici (il Corriere della Sera, la Repubblica, La Stampa, L'Espresso) ospitino volentieri i sermoni del profeta della fine del cattolicesimo (così come ospitano i sermoni di tutti i piccoli e grandi intellettuali, cattolici e non, che auspicano una Chiesa cattolica senza più dogma, senza morale, senza sacramenti, senza autorità pastorale) non desta meraviglia, visto che si tratta di gente che porta acqua al loro mulino; invece, che i media ufficialmente cattolici si prestino (da almeno dieci anni!) a operazioni del genere fa comprendere fino a qual punto di confusione dottrinale e di insensibilità pastorale si sia arrivati nella Chiesa, almeno in Italia (anche se forse negli altri Paesi di antica tradizione cristiana le cosa stanno pure peggio).
Ho parlato di "insensibilità pastorale", perché è evidente che organi di informazione che sono istituzionalmente al servizio della pastorale (penso a Famiglia Cristiana, che fu fondata da chi voleva promuove l'apostolato della "buona stampa" e che per decenni è stata diffusa soprattutto nelle chiese; penso ad Avvenire, quotidiano voluto da Paolo VI e gestito dalla Conferenza episcopale) non dovrebbero contribuire alla diffusione di ideologie che sono per l'appunto l'ostacolo massimo che oggi la pastorale si trova davanti. La pastorale infatti è costituita essenzialmente dalla catechesi e dall'evangelizzazione, ossia dall'offerta della verità e della grazia di Cristo a chi già crede e a chi ancora deve arrivare alla fede. Come si fa a portare la verità e la grazia di Cristo agli uomini (quelli di oggi, non diversamente da quelli di ieri) se si nasconde loro che Cristo è il Salvatore, cioè Dio stesso fatto Uomo per redimerci dal peccato e assicurarci la salvezza eterna? Come si fa ad avvicinare gli uomini all'Eucaristia, fonte della vita soprannaturale, se agli uomini di oggi si nasconde il mistero della Presenza reale, se non li si educa allo spirito di adorazione, se si annulla la differenza tra l'umano e il divino, se la "comunione" di cui si parla non è principalmente con Dio ma esclusivamente con gli altri uomini (e "comunione" vuol dire solo solidarietà, accoglienza, "fare comunità")?
Come si fa a far amare la Chiesa di Cristo, «colonna e fondamento della verità», se viene messo in ombra il carisma dell'infallibilità del magistero ecclesiastico, se viene esaltato lo spirito di disobbedienza e la critica demolitrice della legittima autorità stabilita da Cristo stesso? Insomma, non è certo segno di sensibilità pastorale orientare il criterio dottrinale dei propri lettori (per definizione si suppone che siano cattolici) con i discorsi bonariamente eretici di Enzo Bianchi. Il quale, peraltro, non fa mistero della sua piena condivisione delle proposte riformatrici di Hans Küng, che con il linguaggio tecnico della teologia dogmatica ha enunciato e continua a enunciare le medesime eresie che Bianchi enuncia con il linguaggio retorico della saggistica letteraria. Nessuno si è sorpreso infatti leggendo sulla Stampa di Torino un recente articolo di Enzo Bianchi (13 marzo 2012) nel quale il priore di Bose ribadisce il suo sostegno alle tesi di Hans Küng, prendendo occasione da una nuova edizione italiana del suo Essere cristiani.
Hans Küng, che è il più famoso (meglio si direbbe famigerato) di tutti i falsi teologi che hanno diffuso nella Chiesa cattolica, a partire dalla seconda metà del Novecento, le ideologie secolaristiche che oggi costituiscono quell'ostacolo alla pastorale del quale parlavo. Lo esalta presentandolo come una specie di "dottore della Chiesa" ingiustamente inascoltato, guardandosi bene dal ricordare (ma lo sanno persino molti lettori della Stampa) che il professore svizzero ha sempre negato la verità dei dogmi della Chiesa e il fondamento teologico della morale cattolica, disconoscendo sempre la funzione del magistero ecclesiastico (a partire dal libro intitolato Infallibile?). Küng non è stato scomunicato né è stato messo a tacere (peraltro, tutti gli editori più importanti dell'Occidente scristianizzato hanno pubblicato e diffuso le sue opere), e non c'è ragione alcuna per la quale egli debba presentarsi ed essere presentato come una vittima della repressione da parte della gerarchia ecclesiastica.
Per disegnargli intorno alla testa l'aureola della santità, Enzo Bianchi parla di Küng come di un protagonista del Vaticano II, facendo finta di ignorare che un concilio ecumenico è un'espressone solenne del magistero ecclesiastico (protagonisti ne sono soltanto i vescovi, e i documenti approvati al termine dei lavori hanno un eminente valore per la dottrina della fede in quanto convocato, presieduto e convalidato dai Papi) e non un convegno internazionale di teologi (Hans Küng, come "perito", non ha avuto nel Concilio né voce né voto). Insomma, Enzo Bianchi vorrebbe far credere che Küng, malgrado i suoi meriti teologici, non avrebbe ottenuto dall'autorità ecclesiastica la benevolenza e i riconoscimenti che gli spettavano; addirittura, insinua Bianchi, alla Chiesa conveniva mettere Küng, piuttosto che il suo collega Ratzinger, a capo della congregazione per la Dottrina della fede.
Sono assurdità che possono andar bene solo per i lettori della Stampa (quotidiano di collaudata tradizione massonica), ai quali non importa nulla della fede cristiana, ma sono ben contenti di vedere la Chiesa cattolica in preda a una profonda crisi dottrinale e disciplinare, sperando che tutto ciò affretti la sua definitiva scomparsa dalla scena sociale e politica. Ma Bianchi è ospitato anche dalla stampa cattolica, e in quella sede l'assurdità di cui parlavo dovrebbe essere percepita da qualcuno.
Qualcuno dovrebbe rinfacciare a Bianchi l'ipocrisia di presentare come vittima del potere ecclesiastico senza dire che il teologo svizzero non ha mai voluto riconoscere la legittimità (cioè l'origine divina) di questo potere, che ad altro non serve se non alla custodia fedele e alla interpretazione infallibile della verità che salva. Bianchi si guarda bene dal riferire tutte le contumelie e gli insulti che Hans Küng è solito scrivere (anche in italiano, sul Corriere della Sera) contro quei papi (soprattutto Paolo VI e Giovanni Paolo II) che non gli hanno dato ragione (e come avrebbero potuto?).

Fonte: La Bussola Quotidiana, 17/03/2012


http://magister.blogautore.espresso.rep ... mmaginario

L’amico di tutti Enzo Bianchi, grande ipnotista e profeta immaginario bose

di ALFONSO BERARDINELLI

Per il settantesimo compleanno di Enzo Bianchi, priore della comunità monastica di Bose, la Einaudi ha pubblicato “La sapienza del cuore” (760 pp., 28 euro), un volume impressionante di omaggi, di saluti e di lodi francamente iperboliche redatte senza battere ciglio da intellettuali di solito caratterizzati dall’autocontrollo riflessivo, dallo scetticismo, dall’agnosticismo religioso, dall’ateismo dichiarato e dall’impegno militante contro ogni chiesa e ogni fede.

Di solito, ho detto. Ma di fronte a Enzo Bianchi questi stessi intellettuali perdono misteriosamente ogni ritegno e senso delle proporzioni trasmettendo l’idea, la certezza che il priore di Bose è un incomparabile genio della spiritualità, un faro del cristianesimo, un maestro di vita e di pensiero imprescindibile per tutti e infine un vero amico di chiunque.

Per quanto mi riguarda, un certo autocontrollo riflessivo e un senso elementare delle proporzioni, di fronte a Enzo Bianchi non riesco a perderlo. Capisco che nelle feste di compleanno si debba brindare, si alzi un po’ la voce e un po’ il gomito, ci si esibisca e si reciti, perché l’affetto si esprime meglio senza avarizia, esagerando nelle parole e nei gesti. Ma nel caso di Enzo Bianchi e del ponderoso volume che lo festeggia, l’effetto di insieme è allarmante e piuttosto spaventoso. […]

Già sfogliando il libro, leggendo qua e là e scorrendo l’indice non si crede ai propri occhi. Fra i devoti e i grati al priore di Bose, che mostrano tutti di conoscere bene e che trattano con immancabile confidenza non ci sono soltanto esegeti biblici di valore come Paolo De Benedetti o sproloquianti maniaci di filosofia teologica come Massimo Cacciari. Ci sono perfino Eugenio Scalfari (“l’uomo che non credeva in Dio”), Ezio Mauro, Ferruccio de Bortoli, Claudio Magris, Umberto Galimberti, Roberto Calasso, Salvatore Settis, Barbara Spinelli, Michele Serra, Guido Ceronetti, Silvia Ronchey, Patrizia Valduga… C’è da chiedersi come e perché questo sia stato possibile.

Il latinista Ivano Dionigi, studioso convinto di Lucrezio, grande materialista epicureo, arriva a dire che in confronto a Enzo Bianchi “anche il Seneca morale che invita a prendere possesso di se stessi, appare troppo cerebrale ed egoistico; lo stesso Agostino, maestro della verità interiore, rischia di apparire troppo solitario e monocentrato: senza spazio e apertura per l’altro”.

Mi pare che Dionigi esageri. Almeno però è esplicito, prende apertamente le misure del gigante di Bose. Gli altri non lo fanno, non osano, ma parlano come se la pensassero esattamente così. […]

Enzo Bianchi è riuscito nell’impresa di farsi tutti amici, una cosa che non auguro a nessuno, che mi sembra innaturale o, se volete, un poco falsa. Credo senza malizia che il priore sia anche un notevole attore, oltre che manager delle amicizie che contano. Il suo viso è una maschera eccezionalmente suggestiva. La sua voce ha un suono strano e attira di per sé l’attenzione, qualunque cosa dica: sempre scandita con troppa energia, è una specie di ruggito, un ruggito però che rassicura invece di spaventare. Si dice che i suoi occhi siano limpidi ma (l’ho visto in tv) potrebbero essere, mi sembra, anche torbidi. Il suo linguaggio è ripetitivo e martellante, esibisce quella proverbiale, rude semplicità che convenzionalmente, fantasticando, attribuiamo a santi e profeti che non abbiamo mai visto.

Non si dovrebbe dimenticare che la generalità e genericità astratta di certi linguaggi (quello tecnico, quello filosofico, quello religioso) possono portare facilmente a una certa retorica e a volte all’impostura. Dire in continuazione cose belle, giuste e inoppugnabili, prelude alla vacuità o alla falsità. Chi sa quale potere si acquisti sugli altri facendo riferimento di continuo a valori e realtà “superiori” come giustizia, amore, fede, futuro migliore, sa anche che questo è il terreno in cui fioriscono l’ipocrisia, la demagogia, l’enfasi moralistica, il ricatto, l’egocentrismo mascherato da altruismo.

A chi altro la Einaudi ha dedicato, per il suo compleanno, un volume di 760 pagine con più di 130 autori? Chi avrà concepito e organizzato il volume? La casa editrice o la stessa comunità di Bose guidata da Enzo Bianchi, che nel corso della vita è stato capace di farsi apprezzare, ammirare da prelati, giornalisti, patriarchi, artisti e poeti, arcivescovi, scrittori, filosofi?

Nel libro molti contributori non si aprono particolarmente a Enzo Bianchi. Mettono insieme il loro discorso, mandano un caro saluto e propongono qualche pensosa frase di circostanza. Ma tutti però ci sono, vogliono esserci. O invece qualcuno ha voluto che ci fossero? Ognuno ha regalato a Enzo Bianchi quello che ha e quello che pensa. Che cosa farà il festeggiato con tutti questi regali? Naturalmente e come al solito ripeterà: “Io ascolto, io ascolto, io ascolto” con la sua tipica incisiva insistenza.

Va bene, ascolta. Ma poi? Una cosa è ascoltare e una cosa è capire. Ad ascoltare tante voci dissonanti il povero priore ne uscirà frastornato. Ma fraternamente accoglierà tutti. Che uomo! Che energia! Che apertura! Gli si creda o no (io non gli credo), se lo si vede, lo si guarda ipnotizzati. Se lo si sente parlare, lo si ascolta ammutoliti e si applaude. Lo scroscio di applausi che si alza da questo volume è assordante.

Ma io ricordo, non so perché, solo le brevi avare parole di Calasso che sembra ricordarsi qui di Karl Kraus, sua passione di gioventù, limitandosi a dire in due paginette che “fede” e “ragione” sono parole di cui oggi si abusa, perché non si sa più cosa vuole dire chi le usa.

È così, questo lo credo. Enzo Bianchi ascolta tutti ma segue se stesso. La cultura laica ascolta poco ma crolla davanti al priore di Bose mostrando tutta la propria insipienza e fatuità spirituale.

(Da “Il Foglio” di giovedì 11 luglio 2013)

Alfonso Berardinelli, 70 anni come Enzo Bianchi, è critico letterario e saggista. Scrive regolarmente anche su “Avvenire”, il giornale di proprietà della conferenza episcopale italiana che ha nello stesso Bianchi una delle sue firme più ricorrenti e incensate.



http://it.radiovaticana.va/news/2013/05 ... it1-688698

Il priore della comunità di Bose, Enzo Bianchi: Dio non delude mai

Presentato ieri a Torino, alla presenza di padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, e del filosofo Massimo Cacciari il libro “La sapienza del cuore”, volume con cui Einaudi festeggia i 70 anni di Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose. Una vita segnata, sin dalla gioventù, da scelte radicali come sottolinea lo stesso Enzo Bianchi, intervistato da Amedeo Lomonaco:RealAudioMP3


http://www.raistoria.rai.it/articoli/en ... fault.aspx
Nasce a Castel Boglione Enzo Bianchi, religioso e scrittore, fondatore della Comunità monastica di Bose.
Nata nel 1965 in provincia di Biella, la comunità raccoglie monaci di entrambi i sessi e di diverse confessioni religiose ed è tuttora un esempio di dialogo religioso perfettamente riuscito.

http://www.lamadredellachiesa.it/enzo-b ... -doppiezza

Enzo Bianchi, priore di Bose e maestro di doppiezza
21 dicembre, 2012
«Uccidersi per protesta a volte è giusto». Così titolava domenica 16 dicembre La Stampa un lungo articolo a firma di Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose, dedicato al fenomeno delle autoimmolazioni di giovani tibetani per protesta contro l’oppressione del regime cinese. La sintesi operata nel titolo rende pienamente ragione del contenuto dell’articolo che, anzi, in diversi punti ha affermazioni ancora più gravi.

Per Bianchi infatti, il monaco tibetano che si dà fuoco è un «martire» che «compie un’offerta libera e totale per la salvezza di tutti: non mira unicamente alla propria rinascita, ma al rinnovamento del mondo». «Vale la pena – diceva ancora Bianchi – di lasciarci interrogare da questi monaci disposti a consumare la propria vita tra le fiamme come incenso», ricordando che i monaci suicidi «con la loro vita e la loro morte vogliono affermare la grandezza di una religione e di una cultura che non accetta di piegarsi al male».

Parole pesanti, scritte con la solita arte della doppiezza di cui Bianchi è maestro, ovvero lasciando intendere un messaggio eterodosso ma stando sempre attento a non fare affermazioni che confermino l’impressione. Così ad esempio fa un ritratto dei monaci suicidi che ricorda chiaramente il sacrificio di Gesù, ma negando che voglia «tracciare un parallelo con il servo sofferente di cui parla il libro di Isaia, con l’atteggiamento di Gesù di fronte ai suoi persecutori o con i martiri cristiani».

Ieri, sempre dalle colonne de La Stampa, intervistati da Andrea Tornielli, hanno replicato a Bianchi sia il cardinale Renato Raffaele Martino, già presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e Osservatore permanente alle Nazioni Unite, che Vittorio Messori. Martino ha spiegato che «per noi cristiani è inconcepibile il suicidio. Anche se questo darsi la morte può avere fini nobili. Il Catechismo della Chiesa cattolica insegna che il suicidio contraddice la naturale inclinazione dell’essere umano a conservare la propria vita ed è contrario all’amore del Dio vivente. Se è commesso per servire da esempio (cosa sostenuta da Bianchi per dare ancora più valore al gesto, ndr), si carica anche della gravità dello scandalo». Questo dovrebbe almeno chiarire ai cattolici così infatuati del buddhismo al punto da presentarlo – come lascia intendere Bianchi – come la realizzazione del cristianesimo, che si tratta in realtà di un pensiero e di una pratica antitetica a quella cattolica.

Peraltro, pur con tutta la solidarietà che si può dare al popolo tibetano per le sofferenze inflittegli dal regime comunista cinese, è giusto ricordare – come fa Messori – «che fino al 1950 (anno dell’annessione da parte della Cina, ndr) il Tibet era la più dura delle teocrazie sacrali. Il Dalai Lama aveva i suoi feudatari, che erano i lama: possedevano tutta la terra, avevano potere di vita e di morte. Ogni famiglia era obbligata a mandare almeno un figlio in monastero, con conseguenze a dir poco spiacevoli in caso di disobbedienza. Insomma, il Tibet prima del dominio cinese non era certo un modello per i diritti umani». Il che dovrebbe anche chiarire che l’indipendenza dalla Cina che giustamente il Tibet rivendica, non ha molto a che vedere con la libertà come la intendiamo in Occidente.

Ma l’uscita di Enzo Bianchi sui monaci tibetani non è un episodio isolato che si possa attribuire magari a una errata comprensione del mondo buddhista. In realtà la passione del priore di Bose per i suicidi – che lui definisce martiri – è decisamente antica: 7 maggio 1998, in Pakistan il vescovo cattolico di Faisalabad, John Joseph, si spara un colpo di pistola alla testa davanti al Tribunale della sua città. Motivo: la condanna a morte di un laico della sua diocesi in applicazione della famigerata Legge sulla blasfemia. Per l’episcopato pachistano e per la Santa Sede è una situazione imbarazzante, un fatto senza precedenti, all’inizio si pensa – e si spera – che sia un omicidio mascherato, poi la realtà non lascia scampo: si è proprio suicidato.

L’Osservatore Romano esprime questo imbarazzo dedicando solo un breve necrologio al vescovo, ma sulla prima pagina di Avvenire campeggia un commento di Enzo Bianchi che saluta il nuovo martire e definisce il tragico evento come «una modalità rarissima nel martirio cristiano».

Dunque, siamo di fronte a una vera e propria affermazione estranea alla dottrina cattolica, che viene spacciata da Bianchi per suprema testimonianza di fede. La questione è che Enzo Bianchi – come del resto già La Bussola Quotidiana ha documentato – continua a portare confusione tra i cattolici, peraltro con l’avallo di numerosi vescovi che lo invitano adoranti nelle loro diocesi a tenere conferenze ed esercizi spirituali. E con il silenzio di chi, in materia di dottrina, dovrebbe pur dire una parola chiara. Bianchi, in fondo, può anche dire quello che vuole, ma se poi tanti cattolici si perdono seguendolo buona parte della responsabilità ce l’ha chi nella Chiesa non esercita l’autorità per indicare la strada giusta.

http://www.europaquotidiano.it/2013/09/ ... -primavera
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Re: Donom, doto donom, donasto

Messaggioda Berto » gio mar 10, 2016 12:04 pm

Toto

cfr. co:

Teuters, teuta, touta, totam, touto, toutatis, tuath, teutoni, tote, tutore, ...
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