Da: Le origini delle lingue europee, del glottologo Mario Alinei Volume I8.2.
Nascita della familia patriarcaleLa famiglia PIE di
*dhē- «fare, collocare» (P. 235) è una delle più ricche di differenziazioni interne.
Ne abbiamo seguita una in area germanica, dove - probabilmente nel Paleolitico Superiore e in concomitanza con gli strumenti compositi - la formazione
*dhə-mi- *dhə-mo- ecc. si sviluppa prima in un sostantivo e poi nel suffisso rappresentato da tedesco
-tum, inglese
-dom ecc.
Ora, alla stessa base viene ricondotta anche la famiglia italica di latino
famulus, osco
famel «schiavo»,
familia, famelo «insieme di schiavi, servitù, compagnia, famiglia».
Questa nuova unità sociale, base della moderna «famiglia», non può risalire a prima dell'età dei Metalli, in quanto implica la presenza generalizzata e istituzionale della schiavitù domestica. Su di essa si fonda la nozione del
pater familias, del
dominus «padrone» che ha potere di vita e di morte sui suoi soggetti, siano questi schiavi, moglie o figli.
Contemporaneamente, nasce la
patria potestās, nascono le dissimmetrie tipiche della famiglia latina, messe in luce da Emile Benveniste e da altri:
patrimōnium acquista un significato diverso da
matrimōnium, nasce
patruus ma non
*mātruus, a
patrius e
patria non corrispondono
*mātrius e
*mātria, o a
patricius «nobile»
*mātricius.
E si potrebbe aggiungere, alla luce di quanto abbiamo visto nel IV capitolo sul padrinaggio: nasce la coppia
patrōnus patrōna, cui corrisponde, sul versante materno, solo
mātrōna; così come dialettalmente, nelle aree più fortemente pastorali, nasce la coppia
*patrīnus "patrīna, a cui corrisponde solo
*màtrina.
La teoria tradizionale considera questi sviluppi patriarcali «tipicamente IE», mentre sono soltanto «tipicamente patriarcali», cioè caratteristici di qualunque area etnolinguistica che abbia raggiunto lo stesso livello di sviluppo dell'età dei Metalli.
Non a caso, troviamo strutture simili, anzi talvolta molto più fortemente patriarcali, in aree diversissime: semitica, altaica, uralica, caucasica e così via. Così come, nelle stesse aree, troviamo anche tracce di più antiche strutture matrifocali e matrilineari, che analogamente non sono marcate geograficamente o etnicamente, ma lo sono solo evolutivamente.
Dall'idea tradizionale che lo sviluppo della famiglia e della società patriarcale sia tipicamente IE deriva la conseguenza più assurda: il presunto sincronismo di questo sviluppo con tutti gli altri sviluppi culturali osservabili nella documentazione linguistica.
Come sappiamo, di questa assurdità la teoria tradizionale non può fare a meno, perché íl tempo che ha a disposizione è troppo poco, e non le permette di scaglionare nel tempo l'enorme documentazione che essa stessa ha pur così efficacemente ricostruito. Infatti, se i PIE erano ancora indivisi nel Neolitico, se hanno cominciato a differenziarsi solo nell’età dei Metalli, ciò che in realtà deve avere richiesto decine e decine di millenni nella lunga evoluzione di Homo dev’essere compresso in due o tre millenni: un’impresa disperata, destinata all’insuccesso.
È come se il film della differenziazione IE debba scorrere a gran velocità per poter terminare in tempo, prima dell’età del Bronzo, quando in Grecia (in Grecia ???) appare Homo scribens.
Tanto velocemente da diventare immobile, come la ruota dei colori che girando si trasforma in bianco!
In realtà, nel brevissimo tempo in cui la teoria tradizionale è costretta a collocare l’intero processo di differenziazione IE, un solo sviluppo si svolge veramente: la formazione della società, dell’ideologia e della famiglia patriarcale, che sulle basi produttive dell’agricoltura mista e della metallurgia, e su quelle sociali dell’accumulazione in poche mani del surplus con l’introduzione del lavoro servile, porteranno presto alla «rivoluzione urbana», e con questa a Homo scribens.
Ma a questo processo partecipano ormai le lingue e i dialetti dei diversi gruppi IE (e non-IE) come li conosciamo in epoca storica.
Anca ste voxi atestà entel latin le xe de la fameja:doma, atis, n., tetto, terrazzo, HIER. [gr.].
domesticus, a, um, agg.,
1 della casa, domestico; della famiglia, familiare, domestico: domestici parietes, pareti domestiche, CIC.; canes domestici (di casa), CIC.; vestis domestica, vestito di casa, SUET. Aug. 73; domesticus otior, me ne sto tranquillo in casa, HOR. Sat. 1, 6, 128; res domesticae et familiares, amministrazione della casa e governo della famiglia, CIC.; domesticus luctus, dolore domestico, CIC., OV.; homo prope domesticus, uomo quasi di casa mia, CIC. Fam. 7, 14, 1; domesticus usus et consuetudo, intima familiarità, CIC. S. Rosc. 15; contenti domestico usu (dell'applicazione in casa nostra), QUINT.; sost. m. pl. domestici, orum, i membri d'una famiglia, i familiari o le persone di casa (amici, clienti, affrancati), CIC. e a.; i domestici, gli schiavi, SUET.; persone del seguito d'un magistrato, Cod. Th.;
2 proprio, personale: ex domestico iudicio, per proprio giudizio, CAES. B. C. 3, 60, 2; domesticis se instruere copiis, assicurarsi risorse personali, CIC. de orat. 2, 38; uterer exemplis domesticis (di esempi personali, tratti da mie orazioni), CIC. Or. 132; domesticis exemplis compulit, indusse con esempi tratti dalla propria condotta, LIV.;
3 patrio, natio, del proprio paese: domesticae copiae rei frumentariae, risorse di vettovagliamento che dà il proprio paese, CAES. B. G. 2, 10, 4; domesticae opes, risorse proprie, cittadine, CAES.; domesticarum rerum (delle cose del proprio paese) fastidium, CIC. Fin. 1, 10; domesticae insidiae, insidie interne, CIC.; domesticum bellum, guerra civile, CIC.; guerra all'interno del proprio paese, CAES. B. G. 5, 9, 4
[cf. domus].
domicilium, ii, n.,
domicilio, abitazione, dimora: domicilium Romae habere, avere il domicilio a R., CIC.; domicilia regis, i luoghi di soggiorno del re, NEP.; fig. domicilium imperii, sede della potenza, CIC. Cat. 3, 1; d. mentis, sede dell'intelligenza, CIC. Nat. deor. 1, 76; huic verbo (fideliter) domicilium est proprium in officio, questa parola (fideliter) ha il suo proprio significato quando è usata a proposito d'un dovere, CIC. Fam. 16, 17, 1
[cf. domus, 2. colo].
domina, ae, f.,
padrona (di casa), CIC. e a.; sposa, VERG. e a.; in senso proprio e fig., padrona, sovrana, regina; di dee, VERG. e a.; di imperatrici, SUET.; di donna amata, TIB. e a.; di concetti astratti: cupiditas dura est domina, CIC.; di passioni: dominae, padrone, SEN.; di Roma: dominam revocabit ad urbem, OV.
[cf. dominus].
dominanter, avv., da padrone, DRAC. [dominans + -ter2].
dominatio, onis, f.,
dominazione, signoria, sovranità; potere assoluto; tirannide: Cinnae dominatio, lo strapotere di Cinna, CIC.; con in e l'abl. o l'acc.: regia dominatio in iudiciis, dispotico dominio sui tribunali, CIC. Verr. 6, 175; in libidinem dominatio, CIC. Inv. 2, 164; dominationes funestae, funeste tirannie, SEN.; meton.: totam eam dominationem, quell'intero branco di tiranni, FLOR. 1, 24
[dominor + -tio].
dominator, oris, m.,
dominatore, sovrano, CIC. Nat. deor. 2, 4; LACT. e a.
[dominor + -tor].
dominatus, us, m.,
dominio, signoria, tirannia, CIC. e a.: in... dominatu fuit, è stato vittima della tirannia, CIC. Rab. Post. 39; dominatus unius, dominio assoluto d'un solo, CIC.; col gen. ogg.: terrenorum commodorum dominatus, dominio sui vantaggi terreni, CIC. Nat. deor. 2, 152
[dominor + -tus3].
dominicus, a, um, agg.,
1 del padrone, VARR., COL. e a.: palatum dominicum, i gusti del padrone, SEN.;
2 dell'imperatore, Cod. Iust.;
3 del Signore: dies dominicus o dominica, il giorno del Signore, la domenica, TERT. e a.;
4 sost. n. Dominicum, i, raccolta di poesie di Nerone (dominus), SUET. Vit. 11; l'ufficio divino della domenica, la Messa, CYPR.
[dominus + -cus].
dominium, ii, n.,
dominio di, su una cosa, proprietà, diritto di proprietà, LIV. 45, 13, 15 e a.: in quae dominium casus exercet, che sono soggette al dominio del caso, SEN. Ep. 66, 23; proprium dominium habere, esercitare un dominio proprio, SEN.; plur. fig. tiranni: dominia impotentissima, SEN. Dial. 7, 4, 4; banchetti, festini, LUCIL., CIC. Verr. 4, 9
[dominus + -ium].
domino, as, are, 1 tr., vincere, FORT. [cf. dominor].
dominor, aris, atus sum, ari, 1 dep. intr.,
dominare, essere padrone, aver dominio, regnare, prevalere; assol.: dominandi cupidus, avido di potere, CIC.; con in e l'abl. o l'acc.: in iudiciis dominari, spadroneggiare nelle azioni giudiziarie, CIC.; summa dominari in arce, avere il possesso della rocca, VERG.; dominari in suos, comandare ai suoi, CIC., in cetera animalia, su tutti gli altri animali, OV.; actio in dicendo una dominatur, il modo di porgere è d'importanza fondamentale nel parlare, CIC. de orat. 3, 213; dominari con senso passivo = essere sotto il dominio di, Poet. inc. in CIC. Off. 1, 139; vedi dominans
[dominus + -o3].
dominus, i, m.,
1 padrone (di casa); padrone, proprietario: domino domus honestanda est, il padrone deve onorare la casa, CIC. Off. 1, 139; discordia dominorum, discordia del padrone e della padrona di casa, CIC. Fin. 1, 58; vilicus consideret quae dominus imperaverit, il fattore consideri le cose che ha ordinato il padrone, CAT.;
2 padrone e cioè: capo, signore, arbitro; organizzatore (di spettacoli): populus omnium gentium dominus (popolo signore di), CIC.; is qui rei dominus... est, il giudice che è arbitro della causa, CIC. de orat. 2, 72; dominus epuli (CIC.) o convivii (PETR.) o solo dominus (VARR.), chi offre un banchetto (cf. dominium), anfitrione; tiranno: de rege dominus exstiterit, dal re sia venuto fuori il tiranno, CIC. Rep. 2, 47;
3 Signore, detto di imperatori, SUET. e a.;
4 signore, termine di cortesia, SEN. e a.: iam dominum appellat, OV. Met. 9, 466;
5 il Signore, Dio, Eccl.: dominus Christus, OROS.
[domus + -nus].
domito, as, are, 1 tr.,
domare, addomesticare, VERG. Georg. 1, 285 e a.: d. vitiferos agros, coltivare le piantagioni di vite, SIL. 15, 568
[domo + -to].
domitor, oris, m.,
1 domatore, addomesticatore (di animali), CIC. e a.;
2 vincitore, CIC. e a.
[domo + -tor].
domitrix, icis, f.,
domatrice (di animali), VERG. e a.; fig. in PLIN. 36, 127
[domo + -trix].
domo, as, ui, itum, are, 1 tr.,
1 domare: domare feras beluas, domare le bestie feroci, CIC.; addomesticare: viam insiste domandi, prendi ad addomesticarli (i vitelli) metodicamente, VERG. Georg. 3, 164; domita mansuetudo, mansuetudine fatta domando, IUST. 15, 4, 19;
2 vincere, sottomettere, soggiogare (in senso proprio e fig.): d. nationes, domare le nazioni, CIC.; vino domiti, vinti dal vino, ENN.; d. ferrum igne, plasmare il ferro col fuoco, PLIN. 36, 200; rastris terram domat, doma il terreno coi rastrelli, VERG.; invidiam domare, vincere l'invidia, HOR.
[cf. gr. damázo].
domuncula, ae, f.,
casetta, VITR. 6, 10 e a.
[domus + -uncula].
domus, us, (locativo i, dat. ui, acc. um, abl. o, raro u, gen. pl. uum e orum, acc. pl. os e us, dat. e abl. pl. ibus), f.,
casa, abitazione,
1 stato in luogo, locativo: domi, in casa; intus domique, nell'interno della casa, CIC.; anche domo, in casa (CIC. Cluent. 27; VARR.; SUET. e a.) e in domo, in casa (QUINT. 5, 10, 16), e intra domum, SEN. Dial. 4, 31, 6 e a.; domi meae, tuae, suae, nostrae etc., a casa mia, tua, sua, nostra, CIC. e a.; anche in domo sua, nella sua casa, NEP. Alc. 3, 6; alienae domi, a casa d'altri, CIC.; domi (CIC.) o in domo (NEP. Lys. 3, 5) alicuius, in casa di qualcuno; aliquem tecto et domo invitare, invitare uno a casa propria, CIC. (anche con l'acc. di moto: domos invitant, invitano a casa, SALL. Iug. 66, 3); domi habeo (o domi est mihi), ho dentro di me; ho abbastanza in casa (senza bisogno di cercar fuori, di sapere da altri): domi habet fallacias, ha dentro di sé le frodi, PL. Mil. 192; domi habuit unde disceret, ebbe il maestro in casa, TER. Ad. 413; domo docta, dico, parlo, saggia di per me stessa, PL. Truc. 454; sed quid ego nunc haec ad te, cuius domi nascuntur?, ma a che dirti queste cose che sai benissimo da te?, CIC. Fam. 9, 3, 2; vetus ac domi parta dignatio, dignità antica acquistata da sé, TAC. Ann. 13, 42;
2 moto a luogo: domum, verso casa, a casa, CIC. e a.; anche con in: in domos refugere, rifugiarsi dentro le case, LIV. 26, 10, 7; domum meam, tuam, suam, alienam, a casa mia, tua, sua, d'altri, CIC. e a.; anche con in: cur non introeo in nostram domum?, perché non entro in casa nostra?, PL. Amph. 409; domum o in domum alicuius venire, venire a casa di uno, CIC.; domum abducere aliquem, attirare uno a sé, al proprio partito, CIC.;
3 moto da luogo: domo, da casa, CIC.; ex domo, dalla propria casa, LIV.;
4 in generale, abitazione, dimora, sede: domus cornea, il guscio della tartaruga, PHAEDR. 2, 6, 5; animae novis domibus receptae, le anime accolte in nuovi corpi, OV.;
5 casa, famiglia: domus te nostra tota salutat, ti saluta tutta la nostra famiglia, CIC.; scuola filosofica, setta, CIC., SEN.;
6 patria, luogo natio, CIC. e a.: foris bella, domi (in patria) seditiones, LIV.; domo emigrare, abbandonare il proprio paese, CAES.; domum (in patria) reverti, CAES.; unde domo?, da qual paese?, VERG. Aen. 8, 114; domi bellique (PL., CIC. e a.) o domi belloque o domo bellique (LIV.) etc., in pace e in guerra; domi militiaeque o domique militiaeque, etc., in pace e in guerra, CIC. e a.
• Locativo domui nel latino tardo (e sporadicamente in mss. di CIC., QUINT., TAC.)
[cf. gr. dómos, dôma].
® App. Ling. 2
domusio, onis, f., uso della casa, PETR. 46, 7 [domus + usio].