Ła pì longa eiscrision en łengoa venetega catà a Este

Re: Ła pì longa eiscrision en łengoa venetega catà a Este

Messaggioda Berto » lun mag 11, 2015 7:25 am

kude diaritores

1) |om kude diaritores vagsont-|--(--)/----------------------------(-----)/---(--)|imois doti-|--(--)|e : neibar o-|


???
cfr. co:

http://www.etimo.it/?term=accudire
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1. cudo, is, cudi o cusi, ere, 3 tr.,
1 battere (cereali) onde il prov.: istaec in me cudetur faba, questa fava sarà sgusciata sulle mie spalle = ne farò le spese, TER. Eun. 381; spicae melius fustibus cuduntur, COL. 2, 20, 4;
2 battere (metalli), formare, coniare: cudere nummos, batter moneta, PL.; anulum cudere (foggiare), QUINT. 9, 2, 61; fig. cudere librum, comporre un libro, HIER.
• Perf. cudi e cusi attestati dai grammatici.
2. cudo, onis, m., casco di pelle, SIL.



imois doti - imer kedat

1) |om kude diaritores vagsont-|--(--)/----------------------------(-----)/---(--)|imois doti-|--(--)|e : neibar o-|
4) |imer kedat—(-)|-|-utei dekomei diei kvan venev|?|is pai verokenon/

???
cfr. co:

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immitto, is, misi, missum, ere, 3 tr.
1 con intenz. ostile,
a far avanzare (naves, equitatum) contro qualcuno (in e l'acc.) o qualcosa (dat.); scagliare (di armi); fig. i. iniuriam; se immittere = scagliarsi, precipitarsi;
b istigare contro qualcuno;
c t. t. giurid., immettere nel possesso di altrui beni;
2 in gen.,
a introdurre;
b lasciar andare (habenas, le redini); lasciar crescere (capelli, radici; anche fig.);
c fig. lasciar entrare, introdurre qualcosa (in uno scritto, nelle orecchie); infondere (nell'animo).
...


immo, avv.
che rettifica un'interrogazione preced. eliminando l'incertezza vera o supposta implicita nell'interrogaz. stessa, o che rettifica un'affermaz. preced. aggiungendovi un'ulteriore precisazione,
1 anzi, perfino = sì, non solo ma anzi, anzi per di più e sim.: causa igitur non bona est? – immo optima, la sua causa non è dunque buona? – anzi, ottima, CIC. Att. 9, 7, 4; venio ad Brutum tuum, immo nostrum, vengo ora al tuo Bruto, anzi al nostro Bruto, CIC.;
2 anzi = ma no, nient'affatto, al contrario, tutt'altro: egebat? – immo locuples erat, era nel bisogno? – tutt'altro, era nell'abbondanza, CIC.; ubi fuit Sulla? num Romae? immo longe afuit, dov'era Silla? a Roma, forse? nient'affatto: ne era anzi ben lontano, CIC. Sull. 53; «mala es» «immo ecastor stulta multum», «sei furba» «Ma no, sono una gran sciocca invece», PL. Mil. 443; immo è per lo più unito con certe, etiam, vero, vero etiam, enim vero, magis, potius, hercle, edepol e sim. che rafforzano l'espress. in senso affermativo o in senso negativo: «nihilne attulistis auri?» «Immo etiam», «di oro non ne avete portato?» «Sì, e come!», PL. Bacch. 316; silebitne filius? – immo vero obsecrabit patrem..., starà zitto il figlio? – Ma no, scongiurerà anzi il padre ecc., CIC.;3 immo contra, LIV., SEN., e immo e diverso, SUET., al contrario, tutt'al contrario;
4 o piuttosto, o meglio: pauculis diebus gestus consulatus, immo non gestus, consolato esercitato per pochissimi giorni, o meglio non esercitato affatto, PLIN. Pan. 65, 3;
5 nei comici: immo si scias, e poi, se tu sapessi, PL., TER.; immo si audias, se poi tu sentissi, PL.

munis, e, agg.,
che fa il suo dovere, riconoscente, PL. Merc. 105
[cf. munus].

munio (arc. moenio), is, ivi e ii, itum, ire, 4 tr.,
1 costruire, spec. muri o fortificazioni: quod idoneum ad muniendum putarent, tutto ciò che credessero utile alla costruzione, NEP. Them. 6, 5; magna munire moenia, costruire grandi fortificazioni, PL.;
2 munire, fortificare: locum munire, fortificare una posizione, CAES.; castra vallo fossaque munire, fortificare l'accampamento con uno steccato e una trincea, CAES.; nec quicquam satis tutum munientibus pati, e non lasciare alcun riparo abbastanza sicuro per i lavori degli assedianti, LIV. 21, 7, 8;
3 proteggere, difendere, premunire: latus castrorum ripis fluminis munire, difendere un lato del campo appoggiandolo alle rive del fiume, CAES. B. G. 2, 5, 5; munita ab omni ictu, protetta da ogni colpo, CAES.; hieme quaternis tunicis muniebatur, d'inverno si copriva con quattro tuniche, SUET. Aug. 82; munio me ad haec tempora, mi premunisco contro le circostanze presenti, CIC. Fam. 9, 18, 2; munire latus a domesticis hostibus (difendere il fianco dai), CURT.;
4 render praticabile, aprire: viam munire, costruire una strada, CIC. Mil. 17 (fig. accusandi viam munire, aprire la strada all'accusa, CIC. Mur. 48); ad rupem muniendam, per aprirsi una via attraverso la roccia, LIV. 21, 37, 2; liberum munivit iter, aprì un sicuro cammino, HOR.
[moenia + -o3].


???

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Re: Ła pì longa eiscrision en łengoa venetega catà a Este

Messaggioda Berto » dom giu 07, 2015 8:34 am

???

5) |preker eś d|----(--)| moltevebos eipoi krivinea: | : dia| ... (diaritorbos ?)
6) |s doti ke lud|----(-)|/-(-)nita|/--(-)|ok—kermen ośon mol| ... (moltevebos ?)

Sepełir, sepoltura (seppellire, sepoltura/*seppoltura)
viewtopic.php?f=44&t=1638

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3.13. La nozione del «seppellire» nei dialetti meridionali e siciliani

Il verbo per designare la nozione del «seppellire» in Italia meridionale e in Sicilia è attestato in una serie di varianti tale da scoraggiare qualunque analisi etimologica [cfr. Rohlfs NDDC, 27]: siciliano durvicari, durbicari, duvricari, ...ruvicari, sdruvicari, vruricari [VS s.v. durvicari, cfr. AIS 794]; calabrese corvicare, cruvicare, curvicare, durvicare, orbicare, porvicare, rubicare [NDDC, cfr. AIS 794]; salentino pracare, pricare, prucare e varianti [cfr. AIS 794]; garganese dupricà, foggiano dubbrəcà, rubbrəcà, irpino roprecà [VDS-TO s.v. precare, cfr. AIS 794]; e lucano prəkwà ([AIS 794 P. 733], prikà [P. 735], arrubbikà [P. 744]. Rohlfs si chiede (loc. cit.): «il verbo è certamente d'origine latina (?, meglio dire area latina): ma quale sarà la forma più autorevole?».

Più precisamente, il suffisso verbale -icare si lascia faci lmente individuare come tratto comune a quasi tutte le forme. Nel suo vocabolario salentino, che precede quello calabrese, Rohlfs aveva proposto *copricare, cioè «coprire», ma è fin troppo evidente che partendo da questa base gran parte delle forme resterebbero inesplicate. Un'ipotesi più seducente mi sembra quella di collegare questo tipo lessicale alla pratica della colorazione scheletrica e craniale con ocra rossa, o all'uso dell'ocra rossa come letto su cui si adagia il defunto, tipici delle sepolture fin dal Paleolitico Superiore, e ancora attestati, per esempio, nelle sepolture calcolitiche in Sicilia [Tusa 1994, 87, fig. 40; Pellegrini 1992, 499].
In tal caso, il verbo potrebbe derivare da un latino rubricare «dipingere in ocra rossa», da rubrica «ocra rossa», a sua volta da ruber «rosso». Alcune delle varianti, rappresentative di tutto il Meridione, si avvicinano molto a questo tipo (irpino roprecà, lucano arrubbikà, garganese δupricà, foggiano δubbrəcà, rubbrəcà), e molte altre si lasciano spiegare o con l'alternanza d/r, molto comune nei dialetti meridionali, o con fenomeni di dissimilazione.
Il tipo lessicale - diffuso dal Nord (ruber non è italico) – sarebbe sopravvissuto solo in Italia meridionale e in Sicilia, dove l'inumazione a fossa non fu mai sostituita da quella ad incinerazione, e la conservazione delle usanze tradizionali fu molto pronunciata.
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Re: Ła pì longa eiscrision en łengoa venetega catà a Este

Messaggioda Berto » ven apr 15, 2016 7:12 am

Cfr. co:


Steła etrusca de Pojo Coła

I misteri della scrittura etrusca: una svolta grazie a una stele con 70 simboli?
di Moreno D’Angelo
marzo 31 - 2016

http://www.nuovasocieta.it/cronaca/i-mi ... 70-simboli

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... o-Cola.gif

Tanto per cominciare diciamo che la “leggenda” della misteriosa e incomprensibile lingua etrusca è in parte falsa. Un fatto legato all’originalità e unicità della lingua di un popolo molto avanzato che ha dominato nel centro Italia fino al V secolo a. C.. Un idioma che si distingue nettamente dagli altri ceppi. Oggi conosciamo il significato di diverse parole delle 500 che ci sono pervenute dai numerosi reperti presenti in necropoli e insediamenti. Ma ora c’è una importante novità per legata ad una stele con una iscrizione etrusca che potrà forse fornire ulteriori preziosi contributi per svelare quello che resta da capire della misteriosa scrittura etrusca. La scoperta è stata fatta dai ricercatori del Mugello Valley Archaelogical Project nel sito toscano di Poggio Colla. Si tratta di una pietra che faceva parte un tempio sacro, alta più di un metro pesante 227 chili, rimasta per 2500 anni miracolosamente nascosta e quasi intatta. Un contributo diverso rispetto ai consueti reperti delle necropoli.

Tra tanti pseudo misteri del passato quello della scrittura di questo evoluto popolo, che visse tra Toscana Umbria e Lazio fino al V° secolo a.C, rimane ancora in parte un enigma. La stele potrebbe fornire preziosi contributi per “leggere” e conoscere ulteriori aspetti di questo affascinante popolo, ma bisognerà attendere il lavoro dei ricercatori dell’Università del Massachusetts Amherst che cercheranno di tradurre il significato delle 70 lettere, contenenti anche segni di punteggiatura, che al momento nessuno sa decifrare. Decifrare il vero significato e capire le logiche di linguaggi arcaici e autoctoni è quanto mai complesso.

Oltre alla scrittura questa stele potrebbe svelare ulteriori dettagli sulla religione. Anche perché si tratta di una iscrizione “lunga” molto rara nei reperti etruschi. In realtà, dicono gli esperti, si conosce abbastanza bene la grammatica etrusca e si è in grado di distinguere i verbi, i complemento oggetto e diverse parole, ma la speranza è che questa stele religiosa riesca a fornire i nomi di alcune divinità adorate pressio il tempio.

Come detto si tratta di un mistero fino a un certo punto: Gli studi hanno confermato l’unicità di questa lingua. Tra le parole parole individuate come sec “figlia”, cel “terra”, rnlach “bello”, liur “luna” e i numeri si evince come non abbiano alcuna derivazione da altri linguaggi. Qualcuno ha visto paralleli tra la scrittura etrusca e quella di un altro popolo rimasta ancora avvolta nel mistero: quella minoica.

In conclusione tra le originalità di questo popolo segnaliamo l’organizzazione di città stato, il ruolo di primo piano delle donne, le raffinate produzioni artistiche e l’importanza della musica che accompagnava anche le battute di caccia.

http://www.ilfilo.net/la-stele-etrusca-di-poggio-colla
http://www.ilfilo.net/museoarch0109.htm
https://culturamugellana.com/tag/poggio-colla
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Re: Ła pì longa eiscrision en łengoa venetega catà a Este

Messaggioda Berto » gio apr 06, 2017 8:12 pm

La plus longue inscription vénète, découverte à Este en 1971 sur une tablette de bronze, très lacunaire, a été éditée et étudiée dans les années 1990 par Anna Marinetti et Aldo-Luigi Prosdocimi ; elle a fait l'objet d'une étude approfondie en 2010 (thèse de doctorat) par Sophie Magnin :

https://fr.wikipedia.org/wiki/V%C3%A9n%C3%A8te


1. ---]m kude diiaritores va[g]sont [---]mois doti[--]eneibaro[
2. -]oregnos ekvo[i]bos moltevebos ei vido X verseos diiari[t]orbos [d]anei v[-]natta planam
3. ]etaiion valgam to ommni opedon elokvillos doukai perikon vonin kom proivos
4. ---]imerkedat[----] u[t]ei dekomei diiei kvan venev[]is paivero kenon[---
5. ] [p]reker eśd[---][m]oltevebos ei poikri vinea X dia[---
6. ---]s doti ke lud[---]nita[o?]kv[-]kermen ośo[l]mol[---




essai de traduction (S. Magnin) :



???

1. ...les agriculteurs se sont déplacés ... [terme au locatif] ... un don ... 2. [a demandé et est en situation d'attente] un territoire pour les chevaux de la part des bergers et 10 [mesures] [de grain] de la part des agriculteurs 3. ?? 4. ?? 5. [a demandé et est en situation d'attente] ... de la part des bergers et 10 [mesures] de vin aigre (?) de la part des agriculteurs 6. qu'[Este] donne une rançon/tribut (?) de la part des agriculteurs et un territoire en hauteur réservé aux cerfs (?) de la part des bergers ...
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