Kinomi o toponemi veneti en volta pal mondo

Kinomi o toponemi veneti en volta pal mondo

Messaggioda Berto » ven gen 31, 2014 11:12 am

VENEZIA, MUSA ISPIRATRICE DEL NUOVO MONDO

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di PAOLO BERNARDINI

L’architettura e l’arte del Veneto sono state sin dall’origine degli Stati Uniti, fin dal tardo Settecento, una fonte di ispirazione per il Nuovo Mondo.

Vi sono, sparse in tutta l’America, numerose località che portano il nome di città venete;
Venezia è in testa, dieci le “venezie” americane; la più famosa è naturalmente in California, variopinto sobborgo di Los Angeles, dove venne girato uno splendido film dell’ultima compagna di Orson Welles, Oja Kodar, Jaded. Presentato proprio al Lido nel 1989, il film non venne mai distribuito in Italia. Ma esistono “venezie” perfino in Ohio, ben due, e in Lousiana, Illinois, Missouri. Verona è alla pari.
Delle dieci “verone” una è in Kentucky, poi Wisconsin, New Jersey, Ohio, e altri. Una Verona anonima è anche ai bordi di Pittsburgh, città dove l’emigrazione italiana provenne soprattutto dal Sud.
Mentre Padova vanta solo tre omonime, in Ohio nuovamente, dove l’emigrazione dal Veneto fu forte, in Montana, e ancora in Illinois.

Se i nomi di città vennero riprodotti in abbondanza, l’architettura veneziana e veneta ebbe altrettanti importatori, o imitatori, con risultati dei più vari, dal casinò di Las Vegas che riproduce una vera e propria Venezia in miniatura, al ben più grazioso Isabella Stewart Gardner Museum di Boston, aperto esattamente un secolo fa, e ora studiato da un giovane “cervello in fuga” di Udine, Giovanna De Appolonia, di Boston University.

Ma il caso più interessante è in Florida. Nelle vicinanze di Sarasota, affacciata sul Golfo del Messico, esiste non solo una piccola Venice, amena località balneare, ma vi è anche un’imponente magione in stile “veneziano”, molto eclettico per la verità, la Ca’ De Zan, considerata una delle “grand mansions” americane, al pari di quelle di Newport, o Naples, un’altra città dal nome italiano nella stessa Florida.

Ca’ De Zan venne costruita, avendo come modello le forme gotiche ed eclettiche, soprattutto, del Danieli e del Bauer-Grünwald, dall’architetto newyorkese Dwight James Brown, tra il 1924 ed il 1926. I committenti, uno degli uomini più ricchi dell’America di inizio secolo, John Ringling, e sua moglie Mable: entrambi divorati dalla passione per l’Europa, e Venezia in particolare. Al Danieli o al Bauer erano soliti soggiornare nei loro frequenti viaggi oltreoceano, frequentando il bel mondo della belle époque.

John Ringling, nato nel 1866 e morto nel 1936, uscito quasi illeso dalla Grande Depressione, si era arricchito in un modo molto particolare: divenendo il più grande impresario di circhi d’America, insieme ai suoi fratelli e ai Barnum. Essere impresario di circhi a cavallo dei due secoli, quando ancora il cinema era agli albori, significava gestire un vero e proprio impero, come un grande produttore di Hollywood ai giorni nostri. In fondo, nella giovane ed emergente America uscita dalla Guerra civile (Ringling nasce quando si è appena conclusa), panem et circenses erano quanto di meglio si potesse offrire. Dai circhi dunque Ringling entrò in diversi business, come le ferrovie, che avevano fatto la fortuna dei capitalisti ottocenteschi, generalmente famiglie intere come i Vanderbilt, in un’era “gilded”, dorata, come viene comunemente chiamata, prima che venissero introdotte forme più o meno opprimenti di “income tax”, cosa che avvenne solo con Woodrow Wilson ai primi del Novecento.

Ringling non aveva una formazione accademica, ma amava infinitamente l’arte, soprattutto italiana, e soprattutto veneta.
Con la sua fortuna stratosferica, poté acquistare oltre seicento capolavori di ogni epoca, ma in particolare rinascimentali, e aprì, ancora in vita, un museo al pubblico, nel 1930, un anno dopo la caduta di Wall Street. Ora il Ringling Museum è uno dei maggiori non solo della Florida, ma di tutti gli USA. Grazie ad un sistema di sponsorizzazioni pubbliche e private, le collezioni continuano ad accrescersi. E i visitatori sono migliaia alla settimana; anche in una torrida giornata di inizio agosto il grande parcheggio era affollato.
E così le vastissime, ariose, imponenti sale del museo, a fianco del singolare complesso gotico-veneziano di Ca’ De Zan. I capolavori abbondano, l’itinerario comincia con le grandiose tele del Trionfo dell’Eucarestia di Rubens.

E i pittori veneti hanno un rilievo particolare. Il museo ospita la maggior collezione americana dei Bassano: sia Leandro, sia Jacobo e Francesco, rispettivamente con l’Allegoria dell’acqua e l’Allegoria del fuoco. Ecco poi il magnifico Riposo dalla fuga in Egitto di Veronese, del 1580, un tema che sarà fatto proprio da Caravaggio di lì a poco. Del Padovanino si conserva l’elegante Deianira rapita del centauro Nesso, del 1627, che si ispirò probabilmente al capolavoro di Guido Reni del 1621, ora al Louvre, ma anche al Ratto di Europa di Tiziano. E poi ancora il Ritratto di famiglia di Giovanni Antonio Fasolo, con lo Zelotti, uno dei maggiori allievi di Veronese, per arrivare a Tiepolo, Canaletto, Carlevaris.

Uno sguardo particolare merita poi Ester davanti ad Assuero di Antonio Palma, del 1574: è una commemorazione del celebre viaggio di Enrico III, giovane re di Francia, a Venezia, e pare che nella figura di Ester sia ritratta, sullo sfondo di Palazzo Ducale, la celebre cortigiana e poetessa Veronica Franco.

Dopo aver trascorso ore tra opere d’arte si potrebbe visitare anche il simpatico museo del circo, pieno di storia americana, da Buffalo Bill a oggi. Rubens e filmati di domatori e tigri: salutari contraddizioni molto americane. D’altra parte il circo nasce con l’America, il primo si esibì a Filadelfia, culla degli USA, nel 1793. Esco. Ca’ De Zan svanisce sotto la pioggia. Che strano destino, a Sarasota, dove essa venne costruita tutta decorazioni e ornati, si sviluppò poi una delle maggiori scuole di architettura del Novecento, la Sarasota School of Architecture, con il grande Paul Rudolph: un razionalismo antidecorativistico allo stato puro.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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