Toponomastega de Paola Barbierato - Maria Teresa Vigolo

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Messaggioda Berto » dom mag 29, 2016 10:44 am

Toponomastega de Paola Barbierato - Maria Teresa Vigolo
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Re: Toponomastega de Paola Barbierato - Maria Teresa Vigolo

Messaggioda Berto » dom mag 29, 2016 10:46 am

Lingua e dialetto nella toponomastica: processi centripeti e centrifughi
Paola Barbierato - Maria Teresa Vigolo


http://www.cnr.it/istituti/Allegato_352 ... cation/pdf

Partendo dalla constatazione che il patrimonio onomastico rientra a pieno titolo nella linguistica
generale, nella nostra relazione ci proponiamo di esaminare la complessa serie dei rapporti che
possono intercorrere tra lingua e dialetto all’interno della toponomastica e i movimenti centripeti o
centrifughi di cui le forme toponimiche possono essere oggetto.
Le denominazioni di luogo infatti, analogamente ai nomi personali, hanno sì la funzione di
individuare e identificare le singole località ma costituiscono anche il prodotto di processi
linguistici e storico-culturali sviluppatisi nel corso di secoli. In quanto forme arcaiche
cristallizzatesi nel tempo, possono attestare anche fasi superate nei dialetti attuali o, meno
frequentemente, sviluppi linguistici ulteriori che non sono stati poi mantenuti nelle parlate locali.
I nomi di luogo nascono infatti solitamente all’interno dell’oralità, come espressione del sistema
linguistico locale (dialetto), ma sull’asse diacronico la forma linguistica può essere soggetta a
mutamenti fonetici e/o morfologici, in ragione della fissazione scritta e del conseguente maggiore o
minore grado di ufficialità per cui il toponimo, specie nel caso di nomi di città e centri più grandi,
tende ad essere uniformato al sistema della lingua di riferimento, mentre solitamente appaiono
meno condizionati, e quindi più vicini alla dizione locale, i nomi dei centri minori e, più in generale,
dei microtoponimi.
Nell’esaminare le informazioni linguistiche di cui i toponimi sono depositari non si deve dunque
dimenticare che le forme ufficiali del nome, spesso soggette a variazioni nel corso del tempo,
possono essere a volte anche sensibilmente lontane dalle pronunce locali, di cui è necessario sempre
tener conto, insieme alle attestazioni antiche che, oltre ad essere indispensabile punto di partenza
per un corretto studio etimologico, possono documentarci i vari passaggi ed oscillazioni
nell’affermazione definitiva delle forme toponimiche.
Naturalmente il più delle volte vi è corrispondenza con l’italiano, sia a livello fonetico che lessicale,
mentre in altri casi le differenze possono essere limitate al solo aspetto fonetico, ma anche in questa
evenienza il toponimo presenta comunque una marca di dialettalità, analogamente a quanto avviene
anche nelle parlate attuali.
La dialettalità risulta più marcata quando alle differenze di ordine fonetico o morfologico si
aggiunge la peculiarità lessicale di cui il toponimo è espressione per cui le distanze dal sistema
dell’italiano si rafforzano.
Per la nostra breve indagine abbiamo preso in esame i nomi dei capoluoghi di comune del Veneto,
nella forma ufficiale registrata nel Dizionario di Toponomastica della Utet, con qualche esempio
esteso anche al Trentino e al Friuli Venezia-Giulia e alcuni raffronti con nomi di frazioni o località
minori.
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Re: Toponomastega de Paola Barbierato - Maria Teresa Vigolo

Messaggioda Berto » dom mag 29, 2016 10:47 am

Numerosi sono gli esempi in cui il toponimo riproduce tratti dialettali tipici delle parlate venete, a
cominciare dall’apocope della vocale finale dopo nasale che costituisce un elemento bandiera per la
veneticità del nome, analogamente ai cognomi che, proprio grazie a questo tratto, denunciano anche
ai non specialisti l’indubbia origine veneta, anche se la pronuncia italiana si differenzia in genere
per la resa dentale della nasale (che nei dialetti veneti è invece velare) e, in molti casi, specie nei
cognomi, si tende alla ritrazione d’accento per cui sempre più spesso si sente Bénetton per Benettón,
Sànson per Sansón, Mìlan per Milàn, ecc.
L’apocope della vocale finale dopo nasale è un tratto assai comune nella toponomastica veneta e
spesso è mantenuta anche nelle forme ufficiali, cfr. ad es. Santa Maria di on, frazione di Curtarolo
(Padova), in cui il secondo elemento deriva da una indicazione dei miliari: «ad nonum (lapidem)» e
appare documentato con apocope della nasale anche nelle attestazioni medievali: a. 1130 «in fundo
terratorio et confinio sancte Marie in Nom», «ville de Nom» (Gloria, CDPad. II, doc. 231, p. 169).
Di contro troviamo toponimi come Annone Veneto (VE) in cui, accanto alla concrezione della
preposizione ad, frequente in toponomastica, si è avuta anche la restituzione di –e dopo la caduta
della vocale finale, ma si confronti la pronuncia locale Danón con ulteriore concrezione di
preposizione e regolare caduta della vocale dopo nasale. Analogamente è stata ripristinata una –e
finale non etimologica anche nelle forme parallele Annone di Brianza (LC) e one (TO).
Il fenomeno è frequente anche all’interno degli agiotoponimi, come ad es. Sambruson (Dolo, VE),
nel 1117 «S. Broxone», San Stin (VE), da un originario Stevanìn, diminutivo di Stefano, di contro a
Santo Stino di Livenza (VE), Santo Stefano di Cadore (ma cfr. la pronuncia locale Sa Stèfi), ecc.
Apocope della vocale finale troviamo anche in Prejon (PD), perfettamente equivalente a Preone
(Udine) in cui è stata ripristinata la vocale mentre le forme antiche riflettevano la pronuncia
dialettale: a. 1266 «in Prion», a. 1275 «in villa de Preon».
Sempre in ambito friulano Pasian di Prato (UD) si contrappone a Pasiano di Pordenone, forma che
presenta la restituzione della vocale finale.
Assai numerosi, anche limitandosi ai soli nomi capoluogo di comune, sono però gli esempi in cui
anche nella forma ufficiale il toponimo esce in –n a seguito della caduta della vocale finale: Bojon,
Marcon, Sandon (VE), Boccon, Rovolon, Camin (PD), Lamon, Seren del Grappa, Taibon Agordino
(BL), Cismon del Grappa, Mason Vicentino, Schiavon (VI), Cison di Valmarino, Zenson di Piave
(TV), Cavaion1 (VR), Flavon, Mazzin (TN), ecc.
Non mancano però neppure gli esempi di italianizzazione con ripristino della vocale finale: Baone
per Baón, Megliadino per Mejadìn, Tribano per Tribàn, Rubano per Rubàn, Mestrino per Mestrìn,
Solesino per So(l)esìn (PD), Ariano per Ariàn (RO), ecc.
Frequente in molti toponimi è anche la caduta di –e ed –o finali dopo liquida, analogamente a
quanto si verifica nel veneziano e nelle parlate venete settentrionali, cfr. ad es. misiér ‘suocero’,
ninsiól ‘lenzuolo’, mentre il veneto centrale ha mesière, nisò(l)o, ecc.
Come esempi toponimici possiamo ricordare: Ponsadór, egrar (VR), nel 1125 «Nigrario», nel
1158 «Negrario»; Preganziol, Maser, Vidor, San Fior, Casier (TV), Monastier di Treviso, di contro
a varie località italiane Monastero, quali Monastero Bòrmida (AT), Monastero di Lanzo (TO),
Monastero di Vasco (CN); Fedèr (Canale d’Agordo, BL), Siror, Imer (TN), ecc.
Altro tratto tipico delle parlate venete e, più in generale settentrionali, con riflessi anche nelle forme
toponimiche, è la sonorizzazione della dentale intervocalica sorda, come ad es. in Roveredo di Guà
(VR), Roveredo in Piano (PN), mentre in Rovereto (TN) osserviamo il reintegro, nella forma
ufficiale, della sorda che appariva invece sonorizzata o addirittura dileguata nelle attestazioni
antiche: a. 1225 «villa Rovredi», a. 1339 «Rovredo», in conformità con la pronuncia locale Roerè,
Rovré, Roveré2.
Rientrano in questa categoria anche Carpenedo di Albignasego, Carpenedo di Monselice (PD),
Carpanedo, via Carpaneda (VI) ~ Carpeneto (AL), Carpaneto Piacentino (PC), Carpineti (RE),
Carpineto della ora (PE), Carpineto Romano, Carpineto Sinello (CH); Ceredo, Cereda (VI) ~
Cerreto Castello (VC), Cerreto d’Asti (AT), Cerreto d’Esi (AN), Cerreto di Spoleto (PG), Cerreto
Guidi (FI); Faedo (TN), Faedis (UD) ~ Faeto (FG), Faito, monte della Campania, ecc.
E ancora: Sappada (BL) analogo a Sapade (Lozzo, BL), Ğó d la Sapàda, affluente di destra del
torrente Risena (BL), Sapada o Buz dla Sapada (Comelico), da un originario participio passato al
femminile (sott. ‘terra’), derivato dal latino medievale sapare, nel senso di ‘terra zappata’,
recuperata alla coltura.
Altri esempi di sonorizzazione della dentale intervocalica ritroviamo in Cornedo Vicentino;
Salcedo; Sarcedo; Zermeghedo (VI); Bressanvido (VI), nel 975 «Braido Sancti Viti»; Sandrigo <
Sant’Ulderico, Ulrico; Roncade; Salgareda; Cornuda (TV); Albaredo d’Adige (VR); Vallada
Agordina (BL); Zenevredo (PN); Bedollo (TN), nel 1253 «de Bedolo»; Paderno del Grappa (TV)
che, analogamente a Paderno d’Adda (CO), Paderno Dugnano (MI), ecc., si contrappone a Paterno
(PZ), Paterno Calabro (CS).
Molte forme toponimiche conservano traccia anche del dileguo della dentale intervocalica (-t- > -d-
> Ø): Spinea (VE) ~ Spineda (CR) ~ Spinete (CB), Spineto Scrivia (AL); Loreo (RO) ~ Loreto
(AN), Loreto Aprutino (PE); Carazzea (via-, Ponso, PD); Celeseo (S. Angelo di Piove, PD), ecc.

1 Il toponimo veronese trova un perfetto corrispondente in Cavaillon di Vaucluse in Provenza.
2 Per la questione sull’uso della versione ufficiale del nome della località vd. DTI 558.
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Re: Toponomastega de Paola Barbierato - Maria Teresa Vigolo

Messaggioda Berto » dom mag 29, 2016 10:48 am

Un buon numero di nomi di luogo ci documenta anche il trattamento delle vocali in iato secondario,
conseguente alla caduta della dentale intervocalica: -atu > -a(d)o > -ao > -ò, con esito pavano come
nei sostantivi collettivi formati a partire da altri sostantivi: filò, comarò, fumò, campanò, ecc. e nelle
analoghe forme dell’onomastica: Trovò (‘trovato’, con riferimento ad orfanelli), Brusò, Pettenò,
Corrò, ecc.
Come esempi toponomastici possiamo ricordare Fossò (VE) < fossatum, nel 1073 «Fossado»;
Scandalò (Legnaro, PD), nel 1170 «Terra Scandolati»; Cornolò (Arsiero, VI); Vò (PD) < vadum
perché sorgeva su un antico guado del Canale della Nina che segnava il confine con il Vicentino, Il
Vo (Garda, VR), Monte Vo e Pal del Vo (VR), Vo (Avio, TN) ~ Vodo di Cadore (pron. loc. guódo,
BL), Cordovado (PN) ‘corte del guado’, nel 1126 «cort de Vat», Vado Ligure (SV).
Analogamente, specie nei dialetti veneti settentrionali, anche il suffisso collettivo –ētum, che in
toponomastica si riferisce in genere ad associazioni vegetali, attraverso la forma sonorizzata –e(d)o
e la conseguente caduta della dentale è stato risolto in –eo e quindi –è: Erbè (VR), nell’846
«Erbeto»; Roveré Veronese (VR), Roverè della Luna (TN); Codogné (TV), nel 1184 «Codognedo»,
Malè (TN), nel 1211 «Maletum»; Zoppè (S. Vendemiano, TV), Zoppè di Cadore (BL), nel 954
«Zopeudum», nel 1216 «in monte Zopedi» < ven. zóp(p)a + suff. -ētum.
Altri esempi di –ētum > –e(d)o > eo > –è: Pinè (Baselga di-, TN), nel 1160 «de plebe Pinedi», nel
1220 «de Pineto»; Faè (BL e TN) ~ vari Faeto, Faedo (spesso con la pronuncia popolare Faèo,
Fèo) ~ Faedo Valtellino (pron. loc. Faét); Dolcé (VR), anticamente «Dolcedo», «Dulcei», «Dolsei»
~ Dolcedo (IM); Portobuffolè (TV), nel 1242 «castrum, portus Bufoledo» < bufalus + suff.
collettivo –ētum.
Ma la toponomastica ci documenta per il Veneto settentrionale, e in particolare per l’area bellunese,
un’ulteriore evoluzione per cui –è < -ētum dittonga in –iè, analogamente a quanto si verifica nelle
parlate locali. Rientrano in questa categoria nomi come Arsiè (BL) < arsum + -ētum, nel 1085
«Arseo», nel 1118 «Arsedo», che trova un parallelo in Arsiè, frazione di Ponte nelle Alpi (BL);
Larzié (Zuel, BL); Vesporié (Cortina d’Ampezzo, BL); Cianié (BL); Pezziè (Cortina d’Ampezzo,
BL), anticamente «Pizedo», «Piccedo», che ha alla base l’appellativo ampezzano peziè ‘bosco di
abete rosso’, mentre in altri casi nel Bellunese -ētum può dare anche –èi come in Lastéi
(Cencenighe) o Arzonéi (S. Tomaso).
Anche la desinenza participiale –eto, attraverso la sonorizzazione e il dileguo della dentale, può
dare esito –è come in Mansuè (TV), di origine antroponimica e legato al culto di San Mansueto.
Analogamente, sempre per l’onomastica, -ate passa a –ade e quindi ad –è in Zané (VI) dal
personale Iohannes attraverso un derivato *Iohannates (Olivieri 1961: 39), cfr. a. 1279 «Zanadem»,
a. 1288 «Zanade» (Prati 1914-5: 190).
Numerosi sono anche gli esempi, documentati sempre nella toponomastica, di –ata > - à (attraverso
*-aa): Maserà di Padova, nell’830 «villa que vocatur Macerata», nell’874 «curte una que
nuncupatur Maserada» ~ Maserada sul Piave (TV) ~ Macerata, Macerata Campania (CE),
Macerata Feltria (PS); Vallà, frazione di Riese (TV) ~ Vallada Agordina (BL); Strà (VE); Rosà
(VI), nel 1277 «Roxatae»; Roncà (VR); Sorgà (VR); Guà (Roveredo di-, VR) < aquāta; Arquà
(Petrarca, PD e Polesine, RO), anticamente «Arquada» < lat. arcuata, arquata ‘curvata ad arco’ ~
Arcade (TV), Arquata del Tronto (AP), Arquata Scrivia (AL).
Fenomeno comune alle parlate settentrionali e ampiamente documentato anche nei toponimi è la
lenizione delle occlusive intervocaliche, cfr. ad esempio i derivati o composti del lat. vicus: Vigo di
Cadore (BL), Vigodarzere, Codevigo (PD), Vigo di Fassa, Vigo Rendena, Vigolo Vattaro (TN).
Tra i numerossimi esempi possiamo ricordare: Godego (Castello di-), Godega di S. Urbano (TV);
Trebaseghe (PD); Lugo di Vicenza (VI); Villaga (VI); Legnago (VR); Campodarsego (PD), nel
1119 «Villa Campi de Arsico».
Non mancano però i casi in cui la forma ufficiale tende al ripristino della sorda: Marostica (VI) ~
Maròstega (pron. loc.), Sedico (BL) ~ Sèdego (pron. loc.).
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Re: Toponomastega de Paola Barbierato - Maria Teresa Vigolo

Messaggioda Berto » dom mag 29, 2016 10:50 am

Frequenti sono anche i toponimi che, analogamente a quanto si verifica nelle parlate locali,
presentano lenizione di –p- > -v-: Povegliano (TV), Povegliano Veronese (VR); Povoletto (UD),
ecc.
Molte forme toponimiche ci attestano anche la caduta di –v- sia primaria che secondaria: Saonara
(PD), nel 1080 «villa que dicitur Sabonaria», nel 1085 «villa nominata Savonaria», che trova un
corrispettivo in Saonara, località antica di Monselice (PD), nel 1085 «in loco qui dicitur Savonara»
~ Saponara (ME); oale (VE) ~ ovaledo (TN); Roana (VI); Caorle < «Caprularum» (a. 600),
«Caprulae» (a. 840).
Al contrario l’italianizzazione può anche portare all’introduzione di –v- falso dissolutore di iato
come in Rovigo rispetto a Ruìgo che viene in realtà da una forma «Rodigo» (a. 838), nel 955 «in
castro Rodigo», nel 1142 «in comitatu Rodigii» e che trova un perfetto corrispondente in Rodigo
(MN), dal personale germanico Hrodico.
Interessante è anche una serie di forme toponimiche che conservano l’esito del latino –cl-
sonorizzato in posizione intervocalica in -gl- e risolto -ğ- o –j- come nel veneto antico e periferico,
cfr. ad es. òğo (< ocŭlus), séğa (< sĭtŭla > sicla) mentre i dialetti attuali hanno ormai quasi sempre -
č-, cfr. òčo, séča.
Per i nomi di luogo l’esempio forse più conosciuto è offerto da Can(n)aregio, il noto sestiere
veneziano il cui nome rappresenta la regolare evoluzione del latino canalicŭlus ‘piccolo canale’
come attestano chiaramente anche le forme antiche «Canaleclo» (a. 1167), «Canereclo».
Il toponimo trova, sempre in area veneta, più riscontri, con riferimento a vie arginali che
fiancheggiano dei corsi d’acqua: Canareggio ad Adria (RO), nella pronuncia locale kanarèo;
Cannaregio a Cavarzere (VE); Canareggio a Pernumia (PD); Canareo, vecchio nome dell’attuale
Borgata Rosselli a Bottrighe (RO).
L’esito -č- come nelle maggior parte delle parlate odierne è invece in Canaleccia (Breonio, VR),
mentre le forme toscane hanno regolarmente Canalecchio (S. Lorenzo in Garfagnana, LU),
Canalecchia (Lugliano (LU), Caranecchia (< canalicla con r per dissimilazione e metatesi), vd.
Pieri 1936: 143, Canalicchio (Montalcino, SI), Canalecchio (Fiastra, MC), vd. Pieri 1969: 228.
Ma anche in molti nomi veneti l’ufficializzazione delle forme ha portato alla resa dell’esito di koinè
-č- (< -cl-) con -chi-: Montecchio (VI) < monticŭlus ~ pron. loc. montéčo; Occhiobello (RO) ~ pron.
loc. očobèlo (anche uğbèl); Pontecchio Polesine (RO) < ponticŭlus, anticamente «Pontegio»,
«Ponteio» ~ pron. loc. pontéčo con restituzione della sorda secondo il modello veneto moderno, per
lo più cittadino.
Ma, per converso, non mancano i casi di toponimi che anche nella forma ufficiale mantengono dei
tratti fonetici tipicamente dialettali come l’intacco palatale di ca- > chia- (> -č-), cfr. ad es.
Chiampo (VI) < campus, pron. loc. čàmpo con passaggio all’affricata postalveolare sorda;
Chiampo, Chiampiviel (BL), pron. loc. čàmpo, čampeviéi; Chiavon, torrente presso Breganze (VI),
pron loc. čaón; Malga Chivion (Comelico, BL), pron. loc. kaśèra d čovión, nel 1312 «Caueglo», nel
1505 «monte de Chiaviglion»; Panchià (TN), pron. loc. pančà < *panicŭlatus ‘campo di panico’;
Bedorcia (S. Tomaso, BL), Biorcia (Forni di Sopra, UD) ~ Borca di Cadore (BL), anticamente
«Bevorcha», «Bevorchia», «Beorca» ~ Beorchia (Pasian di Prato, Latisana, UD), cfr. friul. beòrcie,
bevòrcie “terreno incolto tra due strade convergenti; strada che si biforca” (NPirona 51).
Numerosi sono però anche i casi di italianizzazione per cui il nome ufficiale procede alla
eliminazione del tratto palatalizzato: Falcade (BL) ~ pron. loc. falčàde, nel 1185 «monte de
Falcata», nel 1422 «de Falcadis»; Caprile, frazione di Alleghe (BL), analogo a Caprile (BI), ma
nella pron. loc. čaurì; Calalzo di Cadore (BL), pron. loc. čalàuz e čalòuz; Castions di Strada (UD),
pron. loc. časteóns di stràde.
Come risulta evidente anche da questi esempi, con l’ufficializzazione del nome nel passaggio dal
dialetto alla lingua, si tendono in genere a togliere al toponimo i tratti della dialettalità più rustica in
vista di una uniformazione al modello linguistico dell’italiano.
Ma in questa operazione possiamo avere vari livelli di italianizzazione.
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Re: Toponomastega de Paola Barbierato - Maria Teresa Vigolo

Messaggioda Berto » dom mag 29, 2016 10:51 am

Così, ad esempio, l’approssimante –j- è solitamente resa in italiano con –gli-: Torreglia (PD) ~
pron. loc. toréja; Roncaglia (PD) ~ ronkàja, ma cfr. Roncajette (PD).
In altri casi l’approssimante, oltre che con –gl-, viene resa con –g(g)i- o con –j-, -i-, cfr. ad es.
Agugliaro (VI), pron. loc. agujàro o laguğàro ~ Agugiaro (Fontaniva, PD), Aguiaro (Crespino,
RO); Loreggia (PD), pron. loc. loréja, nel 1152 «Plebem de Aurelia» (Gloria, CDPad. II, doc. 468,
p. 349), nel 1182 «in Calle Lauregla» (ibid., III, doc. 1444, p. 459).
Ma la toponomastica può costituire una ricca miniera di informazioni anche per la sintassi e la
formazione delle parole. A puro titolo di esempio possiamo esaminare gli esiti del suff. lat. –ārium
che dà nel veneto centrale generalmente –àro (cfr. pad. e vic. figàro, pomàro, persegàro) ed –er(o)
nel veneziano e veneto settentrionale (venez. nogèra ‘noce’, kaegèr, fornèr), cfr. per i nomi locali:
Camponogara (VE); Melara, Lendinara, Canaro (RO); Legnaro (PD); Carbonera (TV);
Castegnero (VI); Quero (BL), nel 1383 «Aquarium».
Ben nutrita è anche la serie di toponimi originata da concrezioni di articoli, preposizioni o avverbi
aventi valore locativo e che sono spesso vitali anche nelle parlate locali, come ad es. le preposizioni
o avverbi formati a partire dalla base lessicale pe ‘piede’: bellun. apede ‘accanto’, ‘vicino’, ‘in
sovrappiù’, polenta e valk apède ‘polenta e qualche contorno’, se pos apède ‘se ne ho la possibilità’
(Rossi 1992: 76), primier. apéde s.m. ‘il companatico’ (Tissot 1996: 31).
Analogamente sono frequenti in toponomastica forme come Pedemonte (VI), Pedavena (BL) ‘a piè
del monte Avena’, mentre Sospirolo (BL) ‘sotto il monte Speron(e), Soverzene (BL) < sub Verzene,
ecc. rientrano tra i composti di sub- > so-.
Ma la marca dialettale di molte forme toponimiche risulta ancora più evidente quando alle
differenze di ordine fonetico o morfologico si aggiunge la peculiarità lessicale di cui il nome locale
è espressione.
È il caso, ad es., dei già citati Agugliaro (VI), Agugiaro (Fontaniva, PD), Aguiaro (Crespino, RO),
Aguiaro, nome di una canaletta a Vigodarzere (PD), forme tutte che hanno alla base, diversamente
dalle ipotesi etimologiche formulate da Olivieri 1903: 56 e 1961: 68 e da Prati 1913: 92,
l’appellativo agujàro conservato nel polesano dove designa ‘le due robuste travi trasversali del
sandón da tera dei mulini natanti’ (Beggio 1995: 5), cfr. anche la forma primitiva agùi (o avói) che
nelle parlate agordine indica i ‘perni di ferro infissi alle due estremità dell’albero del mulino e della
sega elettrica’ (Rossi 1992: 57, 90) e il veronese agugión (del molin) ‘legno orizzontale ove
appoggia l’ascialone su cui gira la caviglia della ruota del mulino’ (Rigobello 1998: 45).
Al lessico tecnico dei mulini natanti va ricondotto anche il toponimo Sandon (VE) che trova un
parallelo in via del Sandone (Lodi), Sandone (Pontelagoscuro, FE) e Vissandone (UD), nel 1268 «in
Vissandon», nel 1290 «in Vigosandone», nel 1300 «in Vicosandono», composto dal lat. vicus col
ven. sandón che indica ciascuna delle ‘barche piatte, o zattere a guisa di barca, mozzate in punta,
sulle quali stanno eretti gli edifizii dei mulini da acqua, come sull’Adige e sul Po’ (Boerio 597;
Mutinelli 357), nel polesano ‘ciascuno dei barconi che sostengono i mulini natanti’ (Beggio 1995:
412), cfr. nel latino medievale: a. 1196 «ligare sandones molendini usque ad pontem», a. 1329
«postam molendini positam Padue in campo Pontis Molendinorum…cum una archa et uno
sandone», Du Cange ‘sandones Italis sandoni navigia oneraria et maxima ea que pontis vicem
praebent et in quibus molendina extruuntur’.
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Re: Toponomastega de Paola Barbierato - Maria Teresa Vigolo

Messaggioda Berto » dom mag 29, 2016 10:52 am

BIBLIOGRAFIA

BEGGIO – Beggio G., Vocabolario polesano, rivisto da Paola Barbierato, Neri Pozza Editore,
Vicenza 1995.

BOERIO – Giuseppe Boerio, Dizionario del dialetto veneziano, Tip. G. Cecchini Edit., Venezia
1856.

DEI – Carlo Battisti – Giovanni Alessio, Dizionario etimologico della lingua italiana, 5 voll.,
Giunti Marzocco, Firenze 1975 (ristampa).

DELI, Dizionario Etimologico della Lingua Italiana di Manlio Cortelazzo e Paolo Zolli, 2ª ed. in
volume unico a cura di Manlio Cortelazzo e Michele A. Cortelazzo, Zanichelli, Bologna 1999.

DTI – Gasca Queirazza G., Marcato C., Pellegrini G.B., Petracco Sicardi G., Rossebastiano A. ,
Dizionario di Toponomastica: storia e significato dei nomi geografici italiani, Utet, Torino 1990.

FRAU 1978 – Frau G., Dizionario toponomastico del Friuli-Venezia Giulia, Istituto per
l’Enciclopedia del Friuli-Venezia Giulia, Udine 1978.

GLORIA, CDPAD. – Gloria A., Codice diplomatico padovano, dal secolo sesto a tutto l’undecimo,
preceduto da una dissertazione sulle condizioni della città e del territorio di Padova in que’ tempi e
da un glossario latino barbaro e volgare, I-III, Venezia, a cura della R. Deputazione di Storia
Patria, 1877-81.

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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