Lat.
mare (nt.), propr. ‘stagno, laguna’, di orig. indeur., ma non uniformemente diffuso (manca al sanscrito, al greco e all'armeno). L'applicazione alle zone pianeggianti della luna sembra dovuto a G. Galilei: “Inventato il cannocchiale, Galileo lo rivolse anche verso la Luna (1610), rivelando la sua vera costituzione, scoprendo le montagne, misurandone l'altezza e chiamando
mari (maria) le regioni piane e più oscure della sua superficie” (Enc. it. XXI 652). Tra le loc., lat. è portare l'acqua al mare, come ricordava il Gelli (“come è in proverbio fra i latini, un portar rena al lido o acqua al mare”) e come diceva Ovidio: aquas in mare fundere. Lat. anche la loc. mare magnum, lett. ‘grande mare’. Ne sono der. già in lat. gli agg. marinu(m) e maritimu(m) (con suff. proprio del superlativo per indicare una stretta connessione), da cui la vc. dotta, it. marittimo e quella pop. maremma, dall'orig. espressione ora(m) maritima(m) ‘costa, riva (sul mare)’, già impiegata, come s., nel lat. tardo e spiegata ‘luoghi’ vicini al mare’ (loca mari vicina). La vita ed i costumi rudi degli abitanti della Maremma tosco-laziale hanno deprezzato semanticamente, l'agg. e poi s. m. (attestato come maritimanu(m) nel 1058: Aebischer) maremmano (1879, TB Giunte: “Siccome i Maremmani sono generalmente di aspetto e di modi un poco rozzi; così suol dirsi: Pare un Maremmano, a chi è rozzo nel vestire e nel procedere”). Nessun altro der. pare testimoniato in lat.: mareggiare (e mareggiata) col dev. mareggio e con diversi sign. testimoniati a partire dal sec. XIV; marinaio (con la var. marinaro e, quindi, marinara), da marina (propr. una sostantivazione dell'agg. marino) assieme a marinaresco ed a marineria; maroso, risalgono tutti a mare, secondo consueti modi di derivazione. Anche maremoto pare di formazione it., creato sull'es. di terremoto. Marea, invece, dipende dal fr. marée (1286), lett. marata (già in uso nell'it. del Settecento per ‘mareggiata’), come il comp. mareografo, maréographe in fr. (1845). Maretta ha il corrisp. nello sp. mareta (1675), ma non è detto, anche se possibile, che l'it. dipenda da questo, tanto più che il suff. -eto, -eta è, in sp., di imitazione it.
Bibliografia:
(per maremma): P. Aebischer, El adjectivo maritimus, -a en las lenguas románicas, in Estudios de toponimia y lexicografía románica, Barcelona, 1948, pp. 83-95; F. Dörrenhaus, La Maremma. Der Missbrauch eines Landschaftsnamens und die Folgen, in Studien zur Namenkunde und Sprachgeographie. Festschrift für Karl Finsterwalder..., Innsbruck, 1971, pp. 363-375.
Marana,
s. f. centr. ‘stagno formato dalle acque piovane in una cavità del terreno naturale o artificiale’ (
marrana: 1785, G. F. M. Cacherano di Bricherasio; marrana e marana: 1931, Panz. Diz.).
Vc. dial. (roman.: 1945, U. Rolandi, in aggiunta al Chiappini, ma annotata anche negli anni Trenta da L. Viani, come vc. della lingua viva: LN XXXIX [1978] 45) di orig. medit.
mare ha il significato più generale ed è il termine più comune per ‘mare’;
pelagus, di uso poetico, designa piuttosto l'estensione sconfinata o il moto agitato delle onde del mare;
altum (sott. mare) designa l'alto mare, il mare profondo;
1. pontus, poetico, allude alle oscure profondità del mare;
aequor, poetico, designa la vasta distesa della superficie del mare;
salum indica l'alto mare, soprattutto con riferimento al moto irrequieto delle onde;
oceanus è la denominazione del ‘mare grande’ che, secondo gli antichi, circondava la terra, in opposizione al
mediterraneus mare, letteralmente ‘il mare che sta in mezzo alla terra’;
1. stagnum, lett. ‘stagno, palude’, si usa nel senso di ‘mare’ quando si allude al mare tranquillo, p. es.
maxima Nerei stagna ‘le immense distese di Nereo, il mare’;
fretum significa ‘braccio di mare’.
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