Profondimenti so pareci o angagni par bevar e magnar:
Gamela, gaveta, caserola, cain, goto, scudela, brico, brocaDa la version web del Voxonaro Etimolojego de la Lengoa Tajana de Ottorino Pianigiani.
http://www.etimo.it/?pag=hom http://www.etimo.it/?term=gamellahttp://www.etimo.it/?term=gavettahttp://www.etimo.it/?term=gavinahttp://www.etimo.it/?term=cazzahttp://www.etimo.it/?term=catino Gotohttp://www.etimo.it/?term=gottohttp://www.etimo.it/?term=gota Scudela/scodellahttp://www.etimo.it/?term=scodellahttp://www.etimo.it/?term=scottarehttp://www.etimo.it/?term=bacilehttp://www.etimo.it/?term=bacino Patera, pitaro, pitalehttp://www.etimo.it/?term=paterahttp://www.etimo.it/?term=pitalehttp://www.etimo.it/?term=briccohttp://www.etimo.it/?term=brocca http://www.etimo.it/?term=caraffaPadeła (farsora), paeła, paeja, *pateła, patelle, patella, patena/patina, patera, *pateia/*patecia, tecia, tecchia/tegghia/teglia/*tega, tegame, tegameła, gameła/gamella, teraja/terraglia, terrina, ...Pitaƚe e pitaro, phialeviewtopic.php?f=44&t=956Pignata, pentoła e pintaviewtopic.php?f=44&t=1305gavetta,
s. f. ‘recipiente di alluminio per il rancio del soldato in campagna’ (av. 1347, F. Balducci Pegolotti; 1612, A. Falconi).
Locuzioni:
venire dalla gavetta ‘di ufficiale che, iniziata la carriera come soldato semplice ne ha percorso tutti i gradi’ (1937, Diz. mar.), est. ‘di persona che si è fatta dal niente’ (1939-40, Palazzi).
Derivati:
gavettino,
s. m. ‘dim. di gavetta’ (1965, G. Cassieri),
gavettone,
s. m. ‘accr. di gavetta’, ‘trogolo’ (1598, Florio), ‘grosso recipiente per distribuire il vitto alla truppa’ (1922, Zing.).
Lat. gabata(m) ‘scodella’, di uso pop. e di orig. straniera non meglio determinata (germ.? V. Ammann-Fest. I 125) con suff. dim. -étta (> *gavitétta > gavétta) o con un passaggio dallo sdrucciolo al piano, che si riscontra in vc. occitaniche.
gamella,
s. f. ‘recipiente metallico per il rancio di soldati e marinai’ (1798, D'Alb.; 1855, Ugol.: “L'Alberti la chiama termine marinaresco, che significa catino di legno, in cui si pone la minestra; ora l'usano nello stesso significato i nostri soldati; ma è di latta, e non più di legno”, come aveva già detto, nel 1840, il Cherubini).
Locuzioni:
venir dalla gamella ‘di ufficiale, che proviene dalla condizione di semplice soldato’ (1908, Panz. Diz.).
Fr. gamelle, presa nel sec. XVII (1611) dallo spagnolo gamella ‘bacinella’ (non dal lat. camella(m) ‘vaso da bere’ – ma kamela de vino è in un doc. sp. del 1028 (ALMA XXIX, 1959, 52) – dim. (-ella) di camera(m) ‘sorta di barca’, perché lo spagnolo presuppone una e: quindi, meglio, da camella(m), attestata nel sec. I a.C., gamella(m) nel sec. II d.C., f. di camellu(m) ‘cammello’ per qualche sua particolarità di forma) e specializzatasi nell'uso di marinai e soldati. Gli es. più ant. raccolti da Zacc. Ib. 472 non sono molto probanti per la diffusione del termine in it.: si tratta di puri iberismi trasmessi in trad. dal port. e dallo sp.
Bibliografia:
B. E. Vidos in “Neophilologus” XXXII (1948) 154-156 (= Vidos Prestito 172-176) da completare con gli aggiustamenti apportati dal Corominas (e confermati in VR XIII, 1953-54, 371), ma non accolti dal Vidos Prestito 175-176 (né dallo Stefenelli 125-126).
casseruola,
s. f. ‘arnese da cucina, di metallo, più fondo del tegame, con manico lungo’ (casserola: 1771, D'Alb., s. v. casserole; cazzeruola: 1819, Stampa milan.; casseruola: 1834, Stampa milan.; cazzarola: 1841, G. Giusti).
Fr. casserole (1583), da un prec. casse (1341), venuto, tramite il provz., dal lat. mediev. cattia ‘tazza’, di etim. incerta. “Casseruola e cotoletta, sono più usati di cazzeruola e costoletta, ma queste due ultime forme sono preferite da alcuni perché meno francesi” (Migl. Voc. 26).
Bibliografia:
Viani I 311-312.
catino,
s. m. ‘recipiente rotondo e concavo per uso domestico’ (chatino: 1233, Matasalà; catina: av. 1306, Iacopone; catino: 1344, Libro della Mensa), ‘semicalotta che termina superiormente un'abside o una nicchia semicircolare’ (av. 1537, V. Biringuccio).
Derivati:
catinella,
s. f. ‘piccolo catino’ (1297, TP),
a catinelle ‘in grande quantità’ (av. 1665, L. Lippi; detto della pioggia: av. 1850, Proverbi toscani; falsa l'attest. del Bencivenni riportata in Crusca 4,5 e Batt.: Volpi Fals.).
Lat. catinu(m), di etim. incerta. La loc. a catinelle si adoperava orig. per indicare il sangue che usciva in quantità tale da riempire un catino; si vedano le Note al Malmantile: “Ne va il sangue a catinelle, cioè: esce il sangue da dosso non a bicchieri, siccome suol misurarsi, quando dal cerusico si trae, ma a catinelle, cioè in abbondanza smisurata”; più tardi la loc. si adoperò anche per la pioggia (e oggi è adoperata solo in questo caso).
gotto,
s. m. ‘tazza o bicchiere, con o senza manico’ (sec. XIV, Fr. di Vannozzo; anche nel senso di ‘contenuto del bicchiere stesso’: Nicolao di Costantinopoli, del medesimo sec.).
Lat. guttu(m) ‘vaso dal collo molto stretto’, che gli antichi spiegavano paretimologicamente da gutta ‘goccia’, perché permetteva di versare il vino a poco a poco (“qui vinum dabant ut minutatim funderent, a guttis guttum appellarunt”: Varrone), ma che è forse voce di origine greca La sua diffusione attuale nei territori veneti (AIS VII 1336), spiega l'annotazione del Redi: “Gotto vale lo stesso che bicchiere, ed è voce pigliata in presto da' Veneziani”, ma la sua estensione è molto più ampia ed antica (goto è nel genov. ant.: AGI VIII, 1882-85, 357; e gottus nel lat. mediev. di Cesena, sec. XVI: Sella Em.; ed anche in catalano got ha testimonianze cronologicamente lontane). Non ancora spiegata la u lat., che non giustifica la pron. ò.
gota,
s. f. lett. ‘guancia’ (av. 1292, B. Giamboni; accr. gotone: av. 1712, L. Magalotti).
Più che dal lat. gabata(m) ‘ciotola’ (trascritto anche gauata e di orig. straniera; e gote appaiono col senso proprio di ‘scodelle’ nella canzone marchigiana di Castra, fiorentino, av. 1250) usato metaforicamente, dal gall. *gauta (ID XVIII, 1942, 37), accettato quando bucca(m), che, oltre a ‘bocca’, significava principalmente ‘guancia’, si specializzò nel solo senso di ‘bocca’. Gota “è celtico, secondo il Jud (AStNSpr., 124, p. 400), il Dauzat (Rom., 45, 1918-9, p. 253) e il Meyer-Lübke (Wörter und Sachen, 12, 1929, p. 8; REW), e in ogni modo irradia certo dalla Gallia: esso lancia punte nella Ladinia occid., Lombardia occid., Venezia Tridentina occid. (e 1 punto nel Cadore), Romagna e Toscana occidentale” (Bonfante). L'enfiatura delle gote, tipica degli ‘orecchioni’, ha dato orig. ai gotoni (galtoni), successivamente variamente interpretati come malattia del gatto (gattoni: av. 1400, F. Sacchetti) o del montone (mal del montone: 1640, Oudin) con spiegaz. razionali a posteriori (p. es., che la parotite si guarisce col soffio caldo di un montone sulle guance gonfie).
Bibliografia: V. ganàscia.
scodella,
s. f. ‘piatto fondo, usato spec. per servire la minestra; ciotola, tazza, priva di manico’ (scotella nel lat. mediev. nel 564: Studi Schiaffini II 978; per altre attest. lat. mediev. cfr. scutella in Mosino Calabria 161; scodella, scutella, scudela in Sella Em.; scodella, scudella, scuella, scutella in Sella Ven. e scutella, scedella (?), scotellus in Sella Abr.; it. scudella: 1182-1193, dichiarazione di Paxia: Cast. Ant. t. 173; scodelle: 1287, Registro del convento di SS. Annunziata dei Servi di Maria in Firenze: SLI XX [1994] 297).
Derivati:
scodellare,
v. tr. ‘versare minestra o altri cibi, spec. brodosi, nella scodella’ (1612, M. Buonarroti il Giovane), ‘dire, dare, fare e sim. con grande facilità’ (“Scodellare, dicesi volgarmente per Partorire. Es.: Ha scodellato un bel figliuolo; ma accenna facilità e prontezza. Dicesi anche per Trasportare una locuzione di un autore nelle opere proprie. Es.: Piglia dei pezzi interi da Paolo Diacono, e gli scodella pari pari nella sua Storia. Vale anche Parlare apertamente, senza reticenze: per es.: Lui, la scodella come la sente; non c'è pericolo che finga”: 1863, Fanf. Tosc.),
scodellino,
s. m. ‘piccola scodella’ (1353, G. Boccaccio), ‘nelle antiche armi da fuoco ad avancarica, mensoletta concava per la polvere d'innesco’ (1735, Crusca 4), ‘piccolo contenitore per diluente dei pittori’ (scudellino del colore: 1534, Aretino Rag. 20, 25; per gli smaltatori: 1561, A. Citolini; per i pittori: av. 1571, B. Cellini). Su fondina e scodella si veda quanto scritto s. v. fondina 2.
Lat. scutella(m), dim. di scutra ‘piatto’, d'orig. sconosciuta.
scottare,
v. tr. ‘dare senso di bruciore, produrre un'ustione, a causa dell'accostamento ad una fonte di calore intenso, al fuoco, ai raggi solari, e sim.’ (scotare ‘bollare a fuoco’ è attest. nel lat. mediev. di Verona nel 1276: Sella Ven. [e cfr. anche Nigra]; scotare: sec. XIII, Proverbia super natura feminarum; scottare: av. 1600, G. Bruno), ‘sottoporre a brevissima cottura’ (1839-41, Molossi, ma scotar è attest. in questa accez. nel dial. venez. fin dal 1829, Boerio), ‘recare irritazione, dolore, dispiacere’ (av. 1588, F. Sassetti),
intr. ‘emettere molto calore, tanto da poter bruciare’ (av. 1626, P. Sarpi; prec. un'attest. isolata nel Panfilo volgar., XIII sec.), ‘causare profondo interesse, viva preoccupazione’ (1891, Petr.),
rifl. ‘prodursi un'ustione, un senso di bruciore, a causa dell'accostamento ad una fonte di calore intenso, al fuoco, ai raggi solari e sim.’ (1875, Rigutini-Fanf.), ‘passare attraverso esperienze spiacevoli rimanendone amareggiato’ (av. 1950, C. Pavese).
Locuzioni:
scottare la terra sotto i piedi ‘essere impaziente di fare q.c.; avere timore di q.c. o qc.’ (“quella terra che poco prima scottava tanto sotto i suoi piedi”: 1825-27, A. Manzoni, I promessi sposi, Milano, 1954, p. 300 [manca nel Fermo e Lucia]; “quando in un posto ci si sta male o siamo perseguitati”: 1891, Petr.; “La terra gli scotta sotto i piedi, di chi sta con impazienza”: 1922, Zing.).
Derivati:
scottadito,
forma usata solo nella loc. a scottadito ‘di vivande arrostite, sbollentate e sim. e subito mangiate’ (av. 1704, A. Zucchelli)
scottante,
part. pr. e agg. ‘che scotta’ (av. 1597, G. Soderini), ‘grave, urgente, che richiede una pronta soluzione’ (1891, Petr.),
scottata,
s. f. ‘atto dello scottare leggermente, spec. cibi’ (1875, Rigutini-Fanf.),
scottatura,
s. f. ‘atto, effetto dello scottare o dello scottarsi’ (scotatura nel sign. di ‘bollatura’ nel lat. mediev. di Verona nel 1450: Sella Ven.; it. scottatura: 1673, P. Segneri), ‘ustione’ (sec. XIV?, S. Bernardo volgar.), ‘esperienza spiacevole che lascia un senso di delusione’ (1960, Diz. enc.).
Lat. parl. *excoctare, da excoctus, part. pass. di excoquere (V. scòtta 2). A scottadito è il venez. a scotadeo: “Magnàr a scotadeo, Mangiare a scotta dito, dicesi del Mangiare le vivande caldissime, cioè levate allora allora dal fuoco” (1829, Boerio), quasi scottandosi le dita per la fretta; l'espressione era passata nel primo Ottocento anche nel dial. milan. (cfr. Cherubini, che la dice d'orig. veneziana).
bacino,
s. m. ‘recipiente di forma tonda, un tempo spec. metallico, atto a contenere acqua e altri liquidi’ (prima metà sec. XIII, Ugieri Apugliese), ‘parte del corpo compresa fra l'addome e gli arti inferiori’ (1797, D'Alb.: “in vece di pelvi, che è voce tecnica presso i notomisti toscani”), ‘area depressa, continentale o marina, in cui si accumulano i sedimenti’ (1838, Stampa milan.), ‘depressione del terreno in cui ha luogo una raccolta naturale o artificiale di acqua’ (1829, Tram.), ‘specchio d'acqua riparato naturalmente o artificialmente’ (1828, Vanzon; bacino di carenaggio, di raddobbo ‘in un porto, grande vasca, che si può chiudere e svuotare, per portare in secco una nave’: 1937, Diz. mar.).
Derivati:
bacinella,
s. f. ‘dim. di bacino’ (1772, D'Alb.), ‘recipiente di forma tondeggiante e vario materiale’ (av. 1571, B. Cellini),
bacinetto,
s. m. ‘dim. di bacino’ (sec. XIV, Giuseppe Flavio volgar.), ‘leggera armatura del capo, col coppo generalmente appuntito’ (sec. XIV, Tavola Ritonda; cfr. in lat. mediev. capellum ferri vel bacinellum a Padova, nel sec. XIII: Sella Ven.) e poi gli stessi ‘soldati’ provvisti di quel tipo di elmetto (sec. XIV, in Sicilia: Zacc. Ra. 296).
Lat. parl. *baccinu(m) ‘vaso di legno’, forse di orig. gallica (Gregorio di Tours, nel VII sec., scriveva infatti: “clipeum cum duabus pateris ligneis, quas vulgo bacchinon vocant”). Un tentativo di ricondurlo al gr. (K. Latte in “Glotta” XXXII [1953] 41) è stato respinto recisamente da W. v. Wartburg (ZrPh LXXI [1955] 448). Bacino nel senso di ‘vasca’ è un francesismo (bassin) assunto dal Maffei nel 1737: LN XVIII (1957) 67. Anche bacinetto, t. milit., risale al fr. ant. bacinet, che sta pure a capo del molto più tardo bacinetto ‘scodellino, parte dell'acciarino’ (1853, D'Ayala).
patera,
s. f. ‘bassa ciotola o tazza priva di manici, usata nel mondo antico greco-romano per libagioni alle divinità’ (av. 1367, Fazio degli Uberti).
Vc. dotta, lat. patera(m), da avvicinare a patena(m) (V. patèna).
http://it.wikipedia.org/wiki/Patera_(archeologia)
pitale,
s. m. ‘orinale’ (av. 1535, F. Berni).
La formazione della vc. non è del tutto chiara: prob. dal gr. tardo pithárion ‘piccola giara per il vino’ (sec. V d.C.), dim. di píthos ‘orcio’ (d'etim. incerta), con sovrapp. di orinale. Si noti che la vc. gr. si è continuata, ma in altri sign., nel Veneto e in Romagna (Cortelazzo Infl. greco 186), mentre pitale parrebbe essersi diffuso dalla Corte romana, almeno stando a quanto scrisse il Tassoni, nelle sue Dichiarazioni alla Secchia rapita, uscite per la prima volta a Venezia nel 1630 con lo pseudonimo di Gasparo Salviani: “Usò questa voce (pitale) il poeta e molt'altre della Corte di Roma (???), sì per la licenza che concede Aristotele ai poeti epici d'usar varie lingue; ma molto più perché egli ebbe opinione che la favella della Corte romana fosse così buona, come la fiorentina, e meglio intesa per tutto” (A. Tassoni, La secchia rapita, a cura di D. Provenzal, Milano, B. U. R., 1950, p. 257).
bricco,
s. m. ‘recipiente di ceramica o metallo, più largo in fondo e con beccuccio, per caffè o latte’ (av. 1698, F. Redi; brico: 1840, A. Guadagnoli cit. da Gher. Suppl.).
Vc. turca (ibriq, di orig. persiana), come aveva già riconosciuto il Redi: “Questo nome di bricco, in questo significato di vaso, nacque dalla voce turchesca sbrig [!: si legga ibrig], con la quale i Turchi appellano tutti i simili vasi che hanno il manico” (ma il lemma non appare nell'ediz. del vocabolario rediano, stampata ad Arezzo, nel 1928, a cura di V. Viviani). L'errore di lettura dell'esatto ibriq di un codice del Vocabolario di alcune voci aretine risale all'Alberti, e di qui è passato a tutti i dizionari posteriori (A. Nocentini, Il vocabolario aretino di Francescano Redi, Firenze, 1889, pp. 130 e 314). Per gli antecedenti della vc. turca, diffusa, oltre che in it., in tutte le lingue balcaniche, V. G. Manzelli Elem. str. I 232-235.
brocca 1,
s. f. ‘vaso di terracotta, metallo o vetro, fornito di manico e beccuccio, per contenere liquidi’ (fine sec. XIII, Testi sangimignanesi, cit. in GAVI; per il DEI: sec. XIII; prec. attest. in lat. mediev., a Treviso fin dal 929: Sella Ven. 684), est. ‘quantità di liquido contenuto in una brocca’ (1350 ca., Crescenzi volgar.).
Di etimo incerto. Non improbabile un lat. parl. *brocca(m), utensile con becco (broccus), infl. dal gr. brochìs ‘calamaio’ (o, meglio, próchus ‘recipiente per versare acqua’).
brocca 2,
s. f. ‘ramo spoglio’ (av. 1912, G. Pascoli, ma molto bene rappresentata secoli avanti, assieme al den. (s)broccare, nel lat. mediev. di Lombardia ed Emilia: Bosshard 100-101), anche “frasca, o altra verzura, che si dà a mangiare al bestiame” (1797, D'Alb.: “voce contadinesca”).
Lat. broccu(m) ‘che ha i denti sporgenti’, forse di orig. celt., tanto più che l'area di brocca ‘ramo’ è nettamente sett.: Lombardia, Trentino, Emilia (AIS III 559).
caraffa,
s. f. ‘recipiente per liquidi, di vetro o altro materiale, con manico, panciuto, stretto di collo e con una larga bocca’ (carafa ‘misura per liquidi’, nel lat. mediev. di Cervia del 1328: Sella Em.; dim. carrafella a Napoli, av. 1475, L. De Rosa; caraffa: 1554, M. Bandello).
Ar. magrebino garrafa ‘vaso cilindrico di terra cotta con una o due orecchie’ (da avvicinare a garraf ‘che ha molta acqua, canale’): forse c'è stata contaminazione con l'ar.-prs. qaraba ‘bottiglia di vetro a grosso ventre per riporvi vino’ (Pell. Ar. 112, 150, 163, cui si rinvia per ulteriori notizie e bibl.).
Potacio, potoro e simposio (simpula)https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... E2UW8/editPadeła (farsora), paeła, paeja, *pateła, patelle, patella, patena/patina, patera, *pateia/*patecia, tecia, tecchia/tegghia/teglia/*tega, tegame, tegameła, gameła/gamella, teraja/terraglia, terrina, ...Pitaƚe e pitaro, phialeviewtopic.php?f=44&t=956Pignata, pentoła e pintaviewtopic.php?f=44&t=1305