Vin - el vin (no lè na envension de i romani)

Re: Vin - el vin (no lè na envension de łi romani)

Messaggioda Berto » dom giu 21, 2015 9:50 pm

Lo Ius osculi era un antico istituto del diritto romano che consisteva nella facoltà dell’uomo di baciare una propria congiunta per acclarare se avesse bevuto o meno del vino.

https://wunderkammern.wordpress.com/201 ... ella-notte

Trato fora da kì:
https://it.wikipedia.org/wiki/Ius_osculi

Alle donne era interdetto, da una legge regia che lo storico Dionigi di Alicarnasso faceva risalire a Romolo, il consumo del vino.
Chi contravveniva a questa regola poteva essere tranquillamente uccisa da un proprio congiunto, senza processo pubblico ma ricorrendo a forme di giustizia sommaria. Vi furono donne che vennero soppresse per inedia, o a bastonate. Si narra che un tale Egnazio Mecennio, con il consenso di Romolo, avesse percosso a morte sua moglie, rea di aver bevuto del vino. Stabilire se la donna avesse bevuto oppure no, però, non era facile.
I mores romani prevedevano che si potesse condannare a morte anche una donna trovata semplicemente con le chiavi della cantina (!).
Per tutti gli altri casi, però si doveva far riferimento allo Ius osculi, che si concretizzava nell’attribuzione al pater familias ed ai parenti e congiunti prossimi, di saggiare l’alito di una donna per capire se avesse consumato vino.
L’esercizio dello Ius osculi è attestato da storici come Plinio,[1] Valerio Massimo,[2] Tertulliano, Arnobio, Aulo Gellio.[3]
Lo Ius osculi poneva la donna in una condizione di sottomissione ed inferiorità. Si narra, però, che Messalina fosse solita invocare questo privilegio maschile, allo scopo di farsi baciare dal futuro imperatore Claudio.[4] Secondo altre tesi, risalenti soprattutto al XIX secolo e rappresentate autorevolmente da J. J Bachofen nel libro Das Mutterrecht (1861), lo Ius osculi sarebbe stato altro che l’ultimo residuo di un’antica società matriarcale esistita a Roma, prima della sua sostituzione con il modello patriarcale che storicamente conosciamo.

Eva Cantarella: I supplizi capitali in Grecia e a Roma. Bur, 2000
Eva Cantarella: I supplizi capitali in Grecia e a Roma. Bur, 2000
Eva Cantarella: I supplizi capitali in Grecia e a Roma. Bur, 2000
Catherine Salles: I bassifondi dell’antichità. Bur, 2001


http://www.robadadonne.it/37666/quando- ... elle-donne

Lo ius osculi era un’assurda legge della Roma antica. Con un bacio gli uomini potevano controllare l'alito delle donne e verificare che non avessero bevuto il vino.

Quando con un bacio si controllava la virtù delle donne

Ci sono tanti modi di baciarsi: c’è il bacio di saluto, quello di circostanza, quello affettuoso, quello amoroso. E c’erano anche nell’antica Roma, dove esistono addirittura tre parole diverse per indicare il bacio, a seconda della tipologia: basium e savium indicano esclusivamente il bacio erotico, mentre osculum è usato anche in ambito familiare.
Era un osculum, dunque, il bacio che i parenti maschi (padre, marito, in qualche caso anche fratello) davano sulla bocca alle matrone quando le incontravano. Un gesto che potrebbe sembrare affettuoso, ma che non aveva alcun rapporto con l’amore. Era il bacio con cui si controllava la loro virtù.
Questa usanza rimanda a una legge attribuita addirittura a Romolo: “il marito giudica con i parenti in questi casi: se la moglie ha commesso adulterio o se ha bevuto vino. In entrambi i casi, Romolo concede di punirla con la morte”.
Lo ius osculi (letteralmente diritto di bacio), dunque, non era altro che un modo che consentiva agli uomini della famiglia di controllare l’alito delle donne, in modo da accertarsi non avessero bevuto vino: “reato” che poteva essere punito addirittura con la morte. Una regola assurda, che ci porta inevitabilmente a chiederci perché bere vino fosse giudicato tanto severamente.
Le risposte sono molteplici: ma la più convincente è anche la più semplice… Le donne, bevendo, potevano perdere il controllo, commettere adulterio o semplicemente parlare troppo o comportarsi in modo disdicevole. Scrive Valerio Massimo: “La donna avida di vino chiude la porta alla virtù e la apre ai vizi”. Lo ius osculi non era altro che l’ennesimo desiderio di controllare la popolazione femminile in un’epoca in cui la riservatezza era indicata tra le virtù fondamentali di una donna, insieme alla castità, alla pudicizia e alla capacità di gestire al meglio l’organizzazione domestica.

Chissà cosa penserebbero i nostri antenati, se ci vedessero adesso all’ora dell’aperitivo … ???


Naltri veneti a ghemo poki avi romani.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Vin - el vin (no lè na envension de i romani)

Messaggioda Berto » mar gen 12, 2016 9:36 pm

Inebriante scoperta in Galilea: una cantina di 3.600 anni fa
Conteneva 40 giare di vino per banchetti a palazzo da 500 invitati
Di Daniel Siryoti
Le giare del palazzo di Tel Kabri

Si veda anche:
Menta, cedro, cannella, ecco il vino primordiale
24 novembre 2013 Arte e Archeologia


http://www.israele.net/inebriante-scope ... 00-anni-fa

Gli archeologi dell’Università di Haifa e di due università americane hanno scoperto un’antica cantina a Tel Kabri, nella Galilea occidentale. “E’ una scoperta molto importante – ha detto Eric Cline, della George Washington University – Per quanto ne sappiamo, è la più grande e più antica cantina nell’antico oriente”.
Sono state rinvenute quaranta giare per un volume totale di 2.000 litri, che rappresenta l’equivalente di una cantina moderna con 3.000 bottiglie.
La stagione di scavi attualmente in corso a Tel Kabri, guidata da Assaf Yasur-Landau, dell’Istituto Leon Recanati per gli Studi Marittimi presso l’Università di Haifa, insieme Eric Cline della George Washington University e ad Andrew Koh della Brandeis University, si è concentrata sul palazzo dei governanti della città, costruito circa 3.850 anni fa nel periodo del Bronzo Medio. Il palazzo rimase in piedi per almeno 300 anni e a un certo punto copriva una superficie di 6.000 metri quadrati su almeno due piani.
Nelle stagioni precedenti, spiega Yasur-Landau, gli archeologi hanno scoperto un’enorme sala banchetti con residui di festini a base di carne per oltre 500 persone. Ogni ospite aveva ricevuto tagli di carne da 500 grammi. Ora, lui e i suoi colleghi hanno trovato la imponente raccolta di vino con cui i convitati innaffiavano tutta quella carne. Gli archeologi hanno scoperto un magazzino di circa 15 metri quadrati, accanto alla sala del banchetto. In un primo momento avevano trovato una sola giara, alta circa un metro. Scavando ulteriormente sono venute alla luce molte altre giare fino a scoprire che il vano ne conteneva non meno di 40. Non è stato subito chiaro che le giare contenevano vino. Poi Koh, un esperto in chimica archeologica e studi classici, analizzando i materiali organici che coprivano le giare, ha trovato tracce di componenti di base del vino come l’acido tartarico. Ha trovato anche tracce di composti che all’epoca erano popolari ingredienti del vino: la resina di terebinto, miele, menta, bacche di ginepro. Sono ingredienti molto simili a quelli utilizzati per 2000 anni in un vino medicinale egiziano. “Questo non era vino fatto in casa da dilettanti – osserva Koh – Ogni singola giara conteneva vino fatto secondo la stessa ricetta, nelle stesse esatte proporzioni”. Per gli archeologi, il passo successivo sarà quello di cercare di ricostruire la ricetta e riprodurre il vino di 3.600 anni fa.
(Da: Israel ha Yom, 24.11.13)



Menta, cedro, cannella, ecco il vino primordiale
24 NOVEMBRE 2013 di Luciano Ferraro
http://divini.corriere.it/2013/11/24/me ... rimordiale

Che gusto ha un vino di 3.700 anni fa? Sa di menta, cedro, miele, resina e cannella. Sono questi gli ingredienti che conteneva. Un cocktail oggi impensabile. Ma per i vignaioli antichi era una necessità. La scoperta che il vino del passato era sofisticato e non puro non è nuova, ma ora arriva una conferma importante. Nel nord di Israele, a Nahariya, sono state trovate quaranta anfore all’interno della cantina di un palazzo. Era la scorta di vino della famiglia, il vino migliore, da bere nei momenti importanti, durante i banchetti. “Non è certo il vino che una persona vorrebbe bere per rilassarsi dopo una giornata di lavoro” spiega Andrew Koh della Brandeis University, uno degli archeologi che hanno presentato due giorni fa i risultati del ritrovamento e delle analisi chimiche sui resti nelle anfore. Assieme a lui c’erano Eric Cline della George Washington University e Assaf Yasur-Landau della Haifa University in Israele. Mettere a fermentare assieme frutta diversa e uva era utile sia per rendere più dolce possibile il vino, sia perchè alcuni ingredienti avevano una funzione antibatterica. Così veniva preparato il vino della tradizione biblica e quello che venne fatto servire da Gesù alle nozze di Caana. “Un paragone con un vino attuale? Il più vicino può essere il Moscato di Pantelleria – ipotizza il professor Attilio Scienza, docente di Viticoltura a Milano, l’Indiana Jones del vino, che gira il mondo per trovare le tracce genetiche delle piante antiche -. Il vino un tempo era solo dolce, anche i Romani aggiungevano la mirra. Il Moscato di Pantelleria è il vino che ancora oggi viene fatto con la stessa tecnica consigliata da Esiodo, viene aggiunta uva passa al vino base”. Secondo lo storico della viticoltura Patrick McGovern, dell’università della Pennsylvania, la scoperta fatta nel Nord di Israele “getta una nuova luce sui percorsi del vino che da lì si diffuse in tutto il Mediterraneo”. I più antichi residui di vino sono stati trovati in Iraq, all’interno di una sola anfora, qualche anno fa, da una spedizione americana: risale a 6.000 anni fa. Anche in quel caso non era un liquido ricavato da sola uva. Il vino puro, ricorda Scienza, è un sogno moderno, degli ultimi tre secoli. Prima lo si sofisticava anche con spezie e frutti usati come conservanti e aromatizzanti o come antisettici per evitare il proliferare dei batteri. Gli assiro-babilonesi aggiungevano miele e mosto cotto, serviva per bloccare la fermentazione in un epoca senza solforosa e con poca igiene. “Era essenziale – dice il professore – dare gradevolezza al vino. A quell’epoca non era un alimento ma un liquido per i rituali, per l’estasi dionisiaca, una droga sociale, insomma”. E quindi, nelle anfore israeliane simili a quelle antiche che sono state trovate anche in Georgia, si metteva un po’ di tutto. Le susine appena erano mature, poi arrivavano albicocche, pere, mele e alla fine l’uva, tutte assieme. Secondo Scienza “i Greci usavano invece solo uva, ma perché il clima secco non faceva crescere molte altre piante da frutto”. Il vino dell’antichità era sempre rosso, il bianco arriva dopo il grande freddo del 1300, quando vitigni allora rossi mutarono, come accadde con lo Chardonnay. La scoperta e le analisi del gruppo israeliano e statunitense, indicano anche che già 3.700 anni fa si cercava di far riconoscere il proprio vino, producendolo con la stessa ricetta. Curtis Runnels, archeologo di Boston, dice che le analisi chimiche hanno chiarito che il contenuto di ogni anfora è molto simile a quello delle altre, “dimostrando coerenza e controllo produttivo che ci si aspetta da ogni cantina”. Tag: Andrew Koh, Assaf Yasur-Landau, Attilio Scienza, Brandeis University, Eric Cline, George Washington University, Haifa University, Nahariya, Patrick McGovern, Pennsylvania University ] Che gusto ha un vino di 3.700 anni fa? Sa di menta, cedro, miele, resina e cannella. Sono questi gli ingredienti che conteneva. Un cocktail oggi impensabile. Ma per i vignaioli antichi era una necessità. La scoperta che il vino del passato era sofisticato e non puro non è nuova, ma ora arriva una conferma importante. Nel nord di Israele, a Nahariya, sono state trovate quaranta anfore all’interno della cantina di un palazzo. Era la scorta di vino della famiglia, il vino migliore, da bere nei momenti importanti, durante i banchetti.

“Non è certo il vino che una persona vorrebbe bere per rilassarsi dopo una giornata di lavoro” spiega Andrew Koh della Brandeis University, uno degli archeologi che hanno presentato due giorni fa i risultati del ritrovamento e delle analisi chimiche sui resti nelle anfore. Assieme a lui c’erano Eric Cline della George Washington University e Assaf Yasur-Landau della Haifa University in Israele.

Mettere a fermentare assieme frutta diversa e uva era utile sia per rendere più dolce possibile il vino, sia perchè alcuni ingredienti avevano una funzione antibatterica. Così veniva preparato il vino della tradizione biblica e quello che venne fatto servire da Gesù alle nozze di Caana.

“Un paragone con un vino attuale? Il più vicino può essere il Moscato di Pantelleria – ipotizza il professor Attilio Scienza, docente di Viticoltura a Milano, l’Indiana Jones del vino, che gira il mondo per trovare le tracce genetiche delle piante antiche -. Il vino un tempo era solo dolce, anche i Romani aggiungevano la mirra. Il Moscato di Pantelleria è il vino che ancora oggi viene fatto con la stessa tecnica consigliata da Esiodo, viene aggiunta uva passa al vino base”.

Secondo lo storico della viticoltura Patrick McGovern, dell’università della Pennsylvania, la scoperta fatta nel Nord di Israele “getta una nuova luce sui percorsi del vino che da lì si diffuse in tutto il Mediterraneo”. I più antichi residui di vino sono stati trovati in Iraq, all’interno di una sola anfora, qualche anno fa, da una spedizione americana: risale a 6.000 anni fa. Anche in quel caso non era un liquido ricavato da sola uva.

Il vino puro, ricorda Scienza, è un sogno moderno, degli ultimi tre secoli. Prima lo si sofisticava anche con spezie e frutti usati come conservanti e aromatizzanti o come antisettici per evitare il proliferare dei batteri. Gli assiro-babilonesi aggiungevano miele e mosto cotto, serviva per bloccare la fermentazione in un epoca senza solforosa e con poca igiene.

“Era essenziale – dice il professore – dare gradevolezza al vino. A quell’epoca non era un alimento ma un liquido per i rituali, per l’estasi dionisiaca, una droga sociale, insomma”.

E quindi, nelle anfore israeliane simili a quelle antiche che sono state trovate anche in Georgia, si metteva un po’ di tutto. Le susine appena erano mature, poi arrivavano albicocche, pere, mele e alla fine l’uva, tutte assieme. Secondo Scienza “i Greci usavano invece solo uva, ma perché il clima secco non faceva crescere molte altre piante da frutto”. Il vino dell’antichità era sempre rosso, il bianco arriva dopo il grande freddo del 1300, quando vitigni allora rossi mutarono, come accadde con lo Chardonnay.

La scoperta e le analisi del gruppo israeliano e statunitense, indicano anche che già 3.700 anni fa si cercava di far riconoscere il proprio vino, producendolo con la stessa ricetta. Curtis Runnels, archeologo di Boston, dice che le analisi chimiche hanno chiarito che il contenuto di ogni anfora è molto simile a quello delle altre, “dimostrando coerenza e controllo produttivo che ci si aspetta da ogni cantina”.

Tag: Andrew Koh, Assaf Yasur-Landau, Attilio Scienza, Brandeis University, Eric Cline, George Washington University, Haifa University, Nahariya, Patrick McGovern, Pennsylvania University
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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