Vałe, vajo, cava, bàsa, buxa, boca

Re: Vałe, vajo, cava, bàsa, buxa, boca

Messaggioda Berto » lun mag 23, 2016 10:49 am

Sixara ha scritto:Meskise ? Si, a te ghè raxon : i è senpre vàli, de le buxe.


Acoe meskise/meschizze = xmisià/mischiate = acoa dolçe e acoa salsa anseme = acoe salmastre

http://www.amazon.it/meschizze-Malaria- ... 8888114017
http://www.beniculturali.it/mibac/expor ... 28520.html
https://books.google.it/books?id=5V1HAA ... za&f=false
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Re: Vałe, vajo, cava, bàsa, buxa, boca

Messaggioda Berto » lun mag 23, 2016 11:19 am

I muràsi de Montecio par repararse da łe brentane de l'Astego - I muràsi fati pasar par romani e ła roxa de łe legne fata pasar par venesiana

Montecio Precalçin e i muràsi so l'Astego
viewtopic.php?f=45&t=1920

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... A0si-4.jpg
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Re: Vałe, vajo, cava, bàsa, buxa, boca

Messaggioda Berto » mer mag 25, 2016 8:34 pm

Ke òpara granda I Muràsi:
viewtopic.php?f=177&t=1284
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Re: Vałe, vajo, cava, bàsa, buxa, boca

Messaggioda Berto » dom mag 29, 2016 6:45 am

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Re: Vałe, vajo, cava, bàsa, buxa, boca

Messaggioda Berto » mer giu 01, 2016 2:43 pm

Le valli da pesca salse della laguna veneta (terza parte)

http://www.nauticlub11.com/HN-XIX-1-ValliPesca.htm

Regolamentazione e disciplina della pesca nella Repubblica Veneta

La tecnica di “allevare il pesce” nelle valli da pesca, sicuramente era già praticata dagli abitanti degli specchi lagunari ben prima che la città di Venezia fosse fondata.
Ben noti sono i resoconti di Cassiodoro, ministro dell’imperatore Teodorico che già nel 537 descriveva le attività degli abitanti delle lagune venete intenti ad allevare il pesce nelle “Piscinae Neptunie” (le peschiere di Nettuno).
I primi documenti che riportano decreti ed ordinanze relativi alla disciplina della pesca e delle Valli risalgono al XI secolo.
La Repubblica di Venezia, fin dalle origini aveva sempre disciplinato il regime delle acque e la pesca stessa al fine di preservare il patrimonio naturale della Laguna dalla quale sorgeva.
Infatti, tutte le specie ittiche, molluschi e crostacei, rappresentavano la principale fonte di nutrimento per tutta la popolazione.
A questo proposito risulta interessante notare che la laguna ed il mare litoraneo fornivano il principale sostentamento a tutte le classi sociali, poveri e ricchi, fungendo da amalgama sociale molto prima del celebre “melting pot” statunitense.
Tale primaria risorsa andava assolutamente tutelata e difatti la pesca a Venezia era gestita già nel 1173 con l’approvazione della legge annonaria da una particolare magistratura: la cosiddetta Giustizia.
Nel 1261 la Giustizia fu divisa in Giustizia Nuova e Giustizia Vecchia, e la pesca fu assegnata alla giurisdizione della seconda.
La Repubblica difatti, per garantire il ripopolamento ittico delle varie specie ed il loro accrescimento fino alle taglie adulte,( che come già ribadito costituiva la primaria risorsa alimentare della città) vietava con estrema severità la pesca del novellame, (cioè degli stadi giovanili del pesce) concedendo solo delle deroghe temporanee a pescatori muniti di particolare licenza ed iscritti a determinati albi chiamati “arti”.
Bisognava assolutamente garantire che nessuno contribuisse per alcun motivo al depauperamento del patrimonio dei prodotti ittici della laguna e del mare in quanto rappresentava il primario interesse comune inteso come inesauribile fonte alimentare di tutti gli abitanti della Città.
Soprattutto durante il periodo della “montata” del pesce, molti arsenalotti, attratti dai facili ed immediati guadagni andavano a pescare di frodo il novellame, anche prima della data fissata dagli ordinamenti i e spesso con mezzi impropri, causando una notevole moria degli avannotti, creando così un notevole danno al patrimonio ittico.
Famose sono le steli di marmo ancor oggi visibili presso i mercati di vendita al minuto di pesce della Città che riportano le taglie minime commercializzabili.
Elenchiamo ora qualche decreto più significativo tra i molti che sono stati redatti in tema di disciplina della pesca del pesce novello dalla Repubblica di Venezia.
8 marzo 1314 … che non si cominci a pescar cefali novelli se non nel giorno di San Pietro 24 marzo 1314 … che non si possa pescare con tratte, né con grisiole, ne prender pesci fino alla festa di S. Pietro, e prendendone, debbono quelli rigettarsi nelle acque.
12 giugno 1365 ..che dalla località si Santo Spirito andando al Lido, nessuno ardisca porre grisiole e reti.
7 marzo 1491 ….viene proibito assolutamente il pescare con tratte e chiusure in verun tempo, avendo l’esperienza dimostrato che con questo metodo si distrugge il pesce.
14 novembre 1503… non potersi pescare goetti e passerini dalla metà di febbraio alle feste di S. Michele sotto severissime pene.
6 giugno 1567….meritano così grande e severa punitione quelli tristi e così scelerati, che non guerdando punto all’osservantia delle leggi, ne meno al commodo universale di questa Città, sono così impii et crudeli, che per pigliar ben pocca quantità di pesce novello del quale poi ne cavano pochissimo guadagno, distruggono con tal mezo una grandissima quantità di pesci, quali al suo tempo crescendo darìano grandissima abunndantia alla Città et molto guadagno ad essi scelerati pescatori…….
Se sarà tovato alcuno, che habbi ardir di pigliar alcuna quantità di pesce novello di cadauna sorte, caschi immediate di pagar la pena di £ 100 di piccioli, di perder le barche, et tratte, et tutti li altri mestieri che li saranno trovati, quali tutte cose siano immediatamente brusate, et nientedimanco essi rei paghino immediate in contadi lo ammontar di esse barche, rede et tratta, et alla medesima pena caschino tutti quelli che portassero a vender nelle pescarie nostre al palo, over fuor del palo.
Et quelli compravendi che saranno così arditi, che compreranno essi pesci novelli in alcun loco, cadano immediate a pena di esser privi del mestiero di compravendi per anni doi, et di pagar immediate £ 100 de picoli.
26 maggio 1598….nessuno ardisca pescar da Pasqua a S.Giacomo di Luglio, né con trottoline, né con tratte da maglia spessa, con bragagne, né èprendere Go a brazzo, o fossine o fosgeni né pescar a oraelle per valle.
11 maggio 1739…. Che niun trattariol Chiozzotto, buranello ed altri che esercitano la pesca sul litoral del Lido e Malamocco ardisca pescar le piccole sardelline distuggiendo le specie sotto pena di mesi sei di camarotto e della perdita delle reti e barche.
3 Ottobre 1760…..Che fia, e s’intenda universalmente proibito a qualunque pescator, pescar in qualunque tempo dell’anno, ed in qualunque loco, niun eccettuato, dalle Porte del Porto di Brondoloe da quelo di Choza, fino a quello di Lido Mazor, con qual si sia sorte di rete, che fosse di maglia più spessa del campione esistente nel Magistrato della Giustizia Vecchia, e ciò in pena della perdita delle barche, e reti, e di star mesi disdoto in galera per uomo da remo con li ferri a piedi, e non essendo buono da galera, d’anni tre di prigion ferrata alla luce………………………………..viene del pari proibito a chi sia pescar in qualunque tempo dell’anno, sopra paludi, velme, barene con: ostregheri, passereri, e simili ordigni, quali oltre che causano l’alterazione de’ canali, consumano e sradicano i canali e ghebi, dove si riproduce il pesce novello con danno particolare delle tane e ciò sotto tutte le pene di sopra comminate.
27 Maggio 1769……………che nessuno dei vallesani o loro tratta ruoli ardisca principiare la pesca del novellame se non nei tempi dalle leggi prescritti.
24 febbraio 1790………………… viene eccitata la sorveglianza dello uso delle arti e modo di pescare, che possono far perire o raccogliere immaturo il pesce molto prima della sua propagazione.
24 Aprile 1798 (La Repubblica di Venezia è già caduta)…… Si proibisce assolutamente ogni agguato alle montate del pesce novello e specialmente il prenderlo, lo incettarlo in cave, valli e fossi, il venderlo, il trasportalo, l’asconderlo e l’usare nelle spiagge ed in qualunque luogo delle dannosissime arti di tela.

La normativa attuale

Le norme che regolano oggi la pesca del novellame in Italia sono disciplinate dal D.M. 7.8.1996
La Direzione generale della Pesca e dell’Acquacoltura del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, autorizza la pesca del novellame da destinare agli allevamenti ed alle Valli da pesca dal secondo lunedì di marzo al 14 giugno.
La Direzione valuta eccezionali situazioni meteo-climatiche che richiedano un diverso periodo.
La pesca deve essere esclusivamente effettuata con reti e tratte di lunghezza conforme alle norme vigenti.
Le attività di pesca debbono esercitarsi senza l’ausilio del motore dell’imbarcazione.
Il trasporto del novellame deve essere effettuato con mezzi muniti di impianto erogatore di ossigeno, in modo da assicurare la sopravvivenza e la vitalità del prodotto.

PICCOLO GLOSSARIO RELATIVO ALLA VALLICOLTURA

Arella o Grisiola: graticcio di canne palustri utilizzato per delimitare gli specchi acquei o per costruire barriere frangivento
Avannotti: giovani esemplari di specie ittiche
Barena: porzione di terreno sabbioso o fangoso che risulta sempre emerso dalla laguna, con vegetazione alofila.
Benthos: assieme di organismi acquatici che vivono stabilmente in relazione con il fondo.
Bertovello: rete a forma conica, con all’interno setti progressivamente di dimensioni minori che favoriscono l’entrata del pesce, impedendone la fuga.
Busa: piccolo bacino, scavato nella barena, profondo circa 50 cm, utilizzato per mantenere vivi gli avannotti, prima di venderli alle valli da pesca.
Cala: operazione di ammaino della rete a mare per le operazioni di pesca Colma: Valore massimo della marea.
Cordone litorale: apporto terrigeno in lunghe barre costiere, parallele alla linea di costa, che lentamente accumulano sedimenti, ed emergono, venendo poi compattate e stabilizzate dalla vegetazione.
Dosana: fase della marea calante che esce dalla laguna e si riversa in mare.
Eurialino: organismo acquatico che tollera ampie variazioni della densità dell’acqua.
Fraima: periodo dell’anno corrispondente al periodo” dei morti” durante il quale si verifica la pesca del prodotto ittico nelle valli. Deriva dal latino “infra hyemen” cioè “tra il ghiaccio” e in questo periodo si verifica la “smontata” del pesce, cioè il pesce viene richiamato irresistibilmente verso il mare dove le acque risultano più calde e salate e si verifica la riproduzione.
Ghebo: piccolo canale di origine naturale che si infiltraa tortuosamente nella laguna garantendo apporto di acqua marina.
Gorghi: fosse scavate nelle valli da pesca fino a 8 metri di profondità, in cui si rifugia il pesce che non abbia “risposto alla chiamata della vegnua” durante il periodo invernale.
Gorna: tavolo con i bordi rialzati utilizzato dai valligiani per la “cernita” del pescato.
Lavoriero: attrezzo fisso a forma di cuneo, collocato sul canale di collegamento con la laguna, con reti sul fondo, utilizzato per la pesca e selezione del prodotto ittico.
Magra de acqua: livello minimo di marea, durante le fasi sigiziali(luna piena e luna nuova).
Montata: detta anche monta, è la annuale migrazione dal mare verso le acque lagunari e litoranee in genere, degli stadi giovanili delle specie eurialine. Tale fenomeno, che si verifica intorno a metà marzo,è conosciuto fin dall’antichità ed è dovuto a motivi”trofici” cioè di natura alimentare(il pesce troverà nei bassi fondali cibo in abbondanza in quanto le acque risultano essere più calde dell’acqua del mare)
Morto de acqua: fase mensile della marea, concomitante con il primo quarto ed ultimo quarto della luna, periodo in cui la differenza tra alta e bassa marea è minimo.
Muta: momento in cui si verifica il cambio dell’esoscheletro dei crostacei.
Seragio per pesce novello: parte separata della valle (stagni o canali) che serve temporaneamente alla stabulazione del pesce novello “seminato”in modo tale che il novellame possa acclimatarsi prima di essere immesso negli specchi acquei della valle.
Smontata: periodo compreso tra settembre e dicembre, durante il quale, il pesce migrano dalla laguna verso il mare, dove si riprodurranno, attratti da temperature superiori.
Tamiso: setaccio in legno utilizzato per la cernita del pescato.
Velma: area lagunare che affiora solo con le basse maree.
Viero: contenitore in legno a forma ottagonale usato nell’allevamento delle moleche. I granchi che muteranno (gransi boni) vengono messi all’interno in attesa di cambiare l’esoscheletro. Almeno due volte al giorno, l’allevatore verifica e toglie i granchi già mutati (moleche) altrimenti verrebbero”cannibalizzati” dagli altri,non ancora “mutati”.
Volega: rete di piccole dimensioni con lungo manico, più o meno cilindrica, che serve a raccogliere il pesce.

Andrea Zolli
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Re: Vałe, vajo, cava, bàsa, buxa, boca

Messaggioda Sixara » mer giu 01, 2016 7:10 pm

Fraima: periodo dell’anno corrispondente al periodo” dei morti” durante il quale si verifica la pesca del prodotto ittico nelle valli. Deriva dal latino “infra hyemen” cioè “tra il ghiaccio” e in questo periodo si verifica la “smontata” del pesce, cioè il pesce viene richiamato irresistibilmente verso il mare dove le acque risultano più calde e salate e si verifica la riproduzione.

Carla Marcato in "Aspetti della vita materiale nelle valli da pesca", Vita in laguna,Cultura popolare del Veneto, 1993, la dixe ke la " stagione dell'autunno verso il freddo" (Boerio), "le prime procelle d'inverno" (Nardo 1871), ke le vien dìte fraìma, "termine che nell'area lagunare è propriamente chioggiotto; etimologicamente dal latino frigidima, da frigidus, ' freddo ', le và da fine setenbre fin là Nadàe de ogni àno; però te le Vài salse la staxon la và da la Madòna de l Roxàrio ( prima domenega de otobre) fin là San Marco (25 de aprile) e " per antica consuetudine le affittanze della valle scadono il 25 aprile".
infra hyemen :? fraìma da frigidima .

E còsa se pesca te na vàle? Giandomenico Nardo el ne porta spasizàre pa la vàe:

Andemo par sta banda a sparsizare
Che ve faré 'n idea del lavoriero
Dove che tuto el pése va colare
A so tenpo, e a fasìlite el mestiero
E a mièra se ne ciàpe i n' u' mumento
Senza re, senza stursie e senza stento
El lavoriero , cumuò che vedé
L'è na seragia fata cu grisiòle
Ben fite ai pali e rangiae cosedié
Anche a pì dopj, si 'l bisogno el vuole
Per contegnire i muodo pì segùro
Tuto el pése che cole in colaùro:
Preché sentendo l'acua che dal mare
Fresca intre in Vàle, a crede de sortire
A core in trupe, ma n'a può trovare
La bona via per puodere riusìre.
E a reste inprizonao drento le Otèle
O nei scunparti de le Camarèle
E l'è drento indove el valesàn
Ciape a miera i bisàti e l'altro pése
Cu la vuoega, cu 'l crièlo e cu le man
E corbe, de inpenìre mai n'a sése
Vieri, marote, burci, portolate
De oràe, sièvali e anguèle tanto fate...


G.Nardo, La pesca del pesce ne' valli della veneta laguna al tempo delle prime bufere invernali..., 1871, 18-21
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Re: Vałe, vajo, cava, bàsa, buxa, boca

Messaggioda Berto » mer giu 01, 2016 7:48 pm

Sixara ha scritto:Fraima: periodo dell’anno corrispondente al periodo” dei morti” durante il quale si verifica la pesca del prodotto ittico nelle valli. Deriva dal latino “infra hyemen” cioè “tra il ghiaccio” e in questo periodo si verifica la “smontata” del pesce, cioè il pesce viene richiamato irresistibilmente verso il mare dove le acque risultano più calde e salate e si verifica la riproduzione.

Carla Marcato in "Aspetti della vita materiale nelle valli da pesca", Vita in laguna,Cultura popolare del Veneto, 1993, la dixe ke la " stagione dell'autunno verso il freddo" (Boerio), "le prime procelle d'inverno" (Nardo 1871), ke le vien dìte fraìma, "termine che nell'area lagunare è propriamente chioggiotto; etimologicamente dal latino frigidima, da frigidus, ' freddo ', le và da fine setenbre fin là Nadàe de ogni àno; però te le Vài salse la staxon la và da la Madòna de l Roxàrio ( prima domenega de otobre) fin là San Marco (25 de aprile) e " per antica consuetudine le affittanze della valle scadono il 25 aprile".
infra hyemen :? fraìma da frigidima .



No Sixara sta kì ca te ghè reportà ti lè paretimołoja "dota", par mi no ghe entra gnente el fredo/frixido e łe voxi latine, ma ła voja de lebartà e ła reprodusion staxonal.
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Re: Vałe, vajo, cava, bàsa, buxa, boca

Messaggioda Sixara » mer giu 01, 2016 7:57 pm

Berto ha scritto:No Sixara sta kì ca te ghè reportà ti lè paretimołoja "dota", par mi no ghe entra gnente el fredo/frixido e łe voxi latine, ma ła voja de lebartà.

La vòja de libertà... :D
caro el me Alberto, ti no te ghè idea de ke fredo boja ca pòe fare scumì'zio otobre fin là ... no digo aprile ma mar'zo de sicuro. Ghe entra, ghe entra el fredo, anca màsa; se pò el pése el vòe scapare da l fredo , bè sì, ghe entrarà anca la voja de lebartà.
Pò scùxame, i è uguài le 2 parole : fraìma - frigidima, me digo ke anca l acento el casca so la - ì - de fri-gi-dìma = fra-ì-ma. Uguali-guaìve-paregne: le scumì'zia co fr- e le finìse co -ma . Te dirè, còsa ghe entrela kela - a - lì n mèzo, ke de regola la dovarìa fare frìma, no? Ma nò tuto se pòe savere :D
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Re: Vałe, vajo, cava, bàsa, buxa, boca

Messaggioda Berto » mer giu 01, 2016 8:07 pm

E la "a" da endoe saltala fora? Lè la tepega paretimoloja "dota" de li envaxà del latin. A Venesia ente łe łetare del Calmo a ghè anca "fraina".


Cfr. co:

Sixara, calaverna/caliverna/galaverna, calabroxa, bruma, broxema
viewtopic.php?f=44&t=61

http://www.etimo.it/?term=brina
Immagine


Immagine

pruina, ae, f.,
1 brina, brinata, CIC. e a.;
2 neve, VERG.;
3 gelo: nix acri concreta pruina, la neve condensata dall'acuto gelo, LUCR. 3, 20;
4 inverno: ad medias sementem extende pruinas, continua la seminagione fino a metà dell'inverno, VERG. Georg. 1, 230.

pruinosus, a, um, agg.,
1 coperto di brina, freddo, ghiacciato, OV. e a.;
2 lacero, che non ripara dal freddo, PETR. 83, 10
[priuna + -osus].

pruna, ae, f.,
brace, carboni accesi, VERG. e a.
[cf. gr. pímpremi].


https://it.wikipedia.org/wiki/Brina
https://an.wikipedia.org/wiki/Chelata
https://fr.wikipedia.org/wiki/Gel%C3%A9e_blanche
https://bs.wikipedia.org/wiki/Mraz
https://ca.wikipedia.org/wiki/Gelada
https://da.wikipedia.org/wiki/Frost
https://en.wikipedia.org/wiki/Frost
https://de.wikipedia.org/wiki/Reif_%28Niederschlag%29
https://et.wikipedia.org/wiki/Hall_%28meteoroloogia%29
https://fi.wikipedia.org/wiki/Kuura
https://af.wikipedia.org/wiki/Ryp
https://nl.wikipedia.org/wiki/Rijp
https://bat-smg.wikipedia.org/wiki/%C4%8Cerk%C5%A1nos
https://cy.wikipedia.org/wiki/Barrug
https://es.wikipedia.org/wiki/Escarcha
https://hu.wikipedia.org/wiki/D%C3%A9r_ ... %C3%A9k%29
https://gv.wikipedia.org/wiki/Rio_%28emshir%29
https://sl.wikipedia.org/wiki/Slana
https://pl.wikipedia.org/wiki/Szron
https://lt.wikipedia.org/wiki/%C5%A0erk%C5%A1nas
https://eu.wikipedia.org/wiki/Antzigar


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... na-532.jpg

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ma-354.jpg
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Re: Vałe, vajo, cava, bàsa, buxa, boca

Messaggioda Berto » mer giu 01, 2016 9:07 pm

La pratica della pesca con seragia

http://www.pescaturismoburano.com/i-mes ... on-seragie

La pratica della pesca con seragia in laguna di Venezia è un’attività molto antica, con le prime testimonianze risalenti a metà del 1200, quando la repubblica Serenissima di Venezia affidò il controllo della pesca lagunare alla Giustizia Vecchia, collegio istituito per controllare diverse attività tra cui la pesca. Altro organo deputato al controllo della pesca era la Magistratura alle Acque che regolamentava l’uso degli attrezzi fissi.

Per la pesca con la seragia i pescatori erano dotati di più imbarcazioni, solitamente del tipo caorlina, topo e sandalo, sulle quali salivano in numero di tre o più persone e dove erano accatastate le reti.

La seragia coinvolgeva un’intera famiglia, una compagnia di pesca, infatti, poteva contare anche 15 pescatori, quasi sempre legati da vincoli di parentela, con la conseguenza, di tramandare tale arte di generazione in generazione. Ogni compagnia veniva identificata con il soprannome o detto del pescatore capo e dei suoi discendenti. Tale “detto” è vivo ancora ai nostri giorni a Burano, dove sono famose le famiglie dei Strigheta, dei Ciaci, dei Padrini, dei Panna o dei Burieli.

Oggi la seragia è un sistema di pesca desueto in tutte le lagune alto adriatiche: la necessità di disporre di molto personale, il duro lavoro per chiudere l’area, la manutenzione degli attrezzi, gli scarsi e aleatori quantitativi prodotti, rendono ai giorni nostri improponibile questo tipo di pesca, per questi motivi si è passati alla pesca con le tresse munite di cogolli, effettuata da uno o due pescatori.

E’ una tecnica di pesca molto simile a quella con seragia, tanto che i pescatori sono sempre noti come seragianti. In laguna Nord, ed in particolare a Burano, tale pesca è sostenuta da una quarantina di pescatori iscritti alla Cooperativa San Marco, che semestralmente assegna le postazioni di pesca tramite un tradizionale sorteggio noto come Tocco.

Il pescatore sistema nei bassi fondali lagunari lunghi sbarramenti in rete, sostenuti da pali in legno equamente distanziati tra loro, disposti a zig zag con agli apici tre cogolli.

Legato al seragiante è il mestiere del molecante, ossia di colui che produce moleche, in quanto l’allevamento delle moleche fa parte della pesca delle seragie.

DOVE SI SVOLGE E QUANDO SI SVOLGE

La pesca con seragia veniva praticata in primavera e nella prima parte dell’estate, con grande escursione di marea, quando la seragia veniva salpata e riposizionata ogni giorno, mentre la pesca con le tresse nella laguna Nord si pratica durante l’intero anno, con una stagionalità tipica che prevede sostanzialmente due periodi di relativo riposo intervallati a due periodi di massimo sforzo di pesca.

Gennaio e febbraio, caratterizzati da poca risorsa nelle acque lagunari, sono utilizzati dai seragianti per effettuare operazioni di manutenzioni alle reti, alle imbarcazioni ed ai motori, in attesa dell’inizio della stagione che solitamente coincide con il mese di marzo che porta direttamente alla quaresima, periodo in cui il pesce monta in laguna, nelle acque che lentamente si stanno riscaldando.

La fine della quaresima conduce al riposo estivo, quando nella laguna Nord sono operativi pochi cogolli, soprattutto alla ricerca di seppioline, considerate una vera e propria prelibatezza estiva. E’ così che in estate i seragianti dedicano il loro tempo a sistemare le reti ed i loro ricoveri, oltre che a godersi un meritato periodo di ferie, per prepararsi alla seconda parte della stagione, la fraìma.

Dopo il sorteggio di agosto per l’assegnazione delle postazioni, i seragianti sistemano le tire nei bassi fondali nella speranza di una buona fraìma, periodo caratterizzato dalla smontata del pesce verso il mare, che in inverno si contraddistingue per acque meno fredde della laguna.

La fine della fraìma porta alla sosta invernale ed alla preparazione di una nuova stagione di pesca con le tresse.


L’ATTREZZO

La Seragia: era costituita da reti a maglia fitta con cogolli. La tenuta verticale era garantita da una serie di pali intervallati ad una distanza di circa 1,5 m. A distanze regolari erano posizionati i cogolli.

La tressa con i cogolli: Le tresse con cogolli sono molto simili nelle caratteristiche generiche alla seragia, in quanto costituiti entrambi da lunghe reti posizionate sui bassi fondali.

Nella tressa la rete, tesa tra pali di sostegno in numero di 60-80, o multipli: 120-160, distanti tra di loro 100-120 cm e conficcati nei bassi fondali lagunari, in aree note come palui. L’insieme di rete, paletti e cogolli è detto tira ed è calato in modo da sfruttare i movimenti della marea in quello specchio d’acqua.

Queste reti vengono posizionate in modi diversi a seconda delle tradizioni della specifica zona di laguna: nel bacino Nord, gestito in prevalenza dai pescatori Buranelli, le reti sono disposte a zig-zag, con i cogolli in gruppi di numero variabile da uno a tre, sistemati ad ogni apice, in modo da raccogliere il pesce sia in fase di marea entrante crescente che calante.

Il Cogollo: E’ caratterizzato dalla presenza di un tratto di rete detta ala che dà inizio alla sezione cilindrica detta corpo. Attaccata al corpo vi è la pelela, il cilindro in rete sostenuto da una serie di 5-6 anelli in plastica, al cui interno vi sono dei tratti in rete a forma di tronco di cono che permettono il passaggio del pesce in un’unica direzione. La pelela, che sembra una fisarmonica, è tenuta in tensione se legata ad un palo terminale tramite una corda detta vetta. I cogolli possono essere utilizzati singolarmente o in gruppi o serie.

Esistono diversi tipi di cogollo, per dimensione, forma, apertura della maglia (minimo 12 mm), a cui sono assegnati localmente nomi differenti, tra cui i più noti sono cogolli, nasse e reoni, che identificano con una certa precisione il modello utilizzato ed indicano, a volte, la principale specie pescata.

La Gorna: Un’altra parte dell’attrezzatura del seragiante è la gorna, un contenitore in legno a forma di parallelepipedo aperto verso l’alto, su cui viene riversato il pescato contenuto nel cogollo per le operazioni di cernita.

Aspetto caratteristico di questo sistema di pesca è l’assegnazione dei lotti di laguna dove poter disporre le reti, procedura comunemente chiamata tocco che si svolge ogni sei mesi, a metà agosto e a metà febbraio, sotto l’egida delle cooperative di pesca.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Berto
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