Traje e xlite - vanti de ƚi càri ƚe xlite o traje

Traje e xlite - vanti de ƚi càri ƚe xlite o traje

Messaggioda Berto » mer ott 22, 2014 10:54 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Vanti de ƚi càri ƚe xlite o traje

Messaggioda Berto » mer ott 22, 2014 10:56 pm

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... -xlite.jpg



Archeologia dei trasporti. I solchi della treggia: una storia di antiche guidovie

http://pierluigimontalbano.blogspot.it/ ... olchi.html

di Franco Sarbia

Io non conosco la datazione dei solchi paralleli nella roccia dei diversi siti trovati in rete: in Spagna, Malta, Sardegna e Turchia. La loro configurazione non pare quella di canalette per l'acqua. Non s'è mai visto un acquedotto con due condotte parallele di piccola portata anziché una sola di grande portata. Per il rapporto quadratico tra superficie e volume un canale appena più ampio può raddoppiare la portata senza dover spendere il doppio di tempo e fatica a realizzare due condotte parallele incise nella roccia.



Un acquedotto "a pelo d'acqua", infine, richiede una sorgente o una presa d'acqua all'origine e un buffer, cisterna, vasca o invaso al termine. Non sembra questo il caso delle nostre vie canalizzate. Su una strada di pietra quando fosse necessario canalizzare l'acqua, lo si farebbe al centro, come sulle vie lastricate sempre s'è praticato fino al tardo medioevo, non sulle tracce di passaggio erose irregolarmente.

Su materiale lapideo compatto è escluso che solchi così profondi siano generati da carri. L’attrito volvente delle ruote non può scavare tanto profondamente la pietra, come dimostrano le tracce appena accennate generate dal passaggio dei carri sul selciato romano durante secoli d’intenso traffico. Uno studio sul campo di J. D. Evans nel 1955 stabilisce definitivamente che non possono essere stati carri a produrre i solchi di Malta. L'esperimento è stato realizzato con un carro ed una treggia di uguale scartamento, costruiti ad hoc. Dice Evans: “Le ruote s'inceppavano continuamente; i pali dello slittone, invece, scivolavano con facilità adattandosi perfettamente ai solchi”. Non si dimentichi, inoltre, che è molto difficile costruire un carro capace di trasportare pesi superiori alla tonnellata senza elementi di ferro. La treggia è il mezzo più efficiente per trasportare carichi pesanti su tracciati irregolari.

La superiorità assoluta della slitta rispetto al carro si esprime su terreni fangosi, sui quali scivola via come sulla neve, mentre la piccola superficie di appoggio delle ruote fa impantanare il carro. Oppure su fondi irregolari. Sulle asperità di un terreno lapideo compatto, come quello di un piano di cava o di miniera a cielo aperto era, comunque, necessario rimuovere gli ostacoli e uniformare la pendenza del tracciato; il percorso doveva essere reso scorrevole con fango riversato davanti ai pattini. Seppure l’attrito radente dei pattini associato al potere abrasivo del fango sia più efficace delle ruote nell’incidere la pietra, questo semplice procedimento non era tuttavia congruo per scavare tracce di tale profondità, regolarità e sviluppo. Occorreva una valida ragione ed un sistema adatto per realizzare tracciati a solchi paralleli così lunghi, regolari e diffusi in varie regioni del mondo.
Erodoto ha testimoniato che la capacità di carico delle imbarcazioni Babilonesi giungeva a 5000 talenti.

Naturalmente gli storici nostrani non gli credono, ma quello era l'unico mezzo per trasportare sull'Eufrate da lunghe distanze gli elementi lapidei delle città mesopotamiche costruite sul fango, o se preferite sull'argilla. 5000 talenti corrispondono a 150 tonnellate. Per giungere all'imbarcazione un monolite di tale peso non poteva che essere trasportato con tregge e rulli (o entrambi, ancor oggi le navi si varano su una treggia che scorre su rulli), come dimostra il documento egizio dell'immagine. Non è escluso che lungo percorsi regolari e pianeggianti venisse usato come lubrificante del grasso sui pattini e un impasto di polvere fine e olio minerale o petrolio lungo i solchi. Questi accorgimenti non sono, però, adatti a far scendere dal luogo di estrazione carichi così enormi lungo pendii irregolari a tratti declinanti in modo trasversale al percorso.

Per far comprendere il senso di questa premessa e al fine di spiegare il senso dei nostri "binari a solco", bisogna sapere che, a favore di gravità, né uomini né animali sono in grado di impedire che un simile carico s'intraversi e rotoli a valle se non scorre su guide che lo impediscano. I buoi, soprattutto se aggiogati a coppie multiple sanno camminare nei solchi. Lo posso testimoniare perché da bambino ero pastore di bovini e scendevo dalla montagna trasportato dalla treggia trainata da una coppia di buoi con carichi di fieno o di legna. Nella mia esperienza i pattini della slitta (chiamata “Lesa” nell’alta val Trebbia) sono tronchi ricurvi, la loro forma è prima tondeggiante, compatibile con molti dei "cammini" a solchi paralleli illustrati dalle immagini, poi con l'usura si appiattisce. Le strade di montagna, spesso molto ripide, erano invariabilmente segnate da simili solchi paralleli, che impedivano alla treggia di derapare fuori strada, lungo la scarpata.
Stabilita l’indispensabilità dei solchi per controllare la discesa di carichi imponenti si può ora figurare un procedimento, adatto allo scopo, compatibile con la tecnologia del neolitico.

Preparato il percorso, doveva essere predisposta una slitta con pattini parzialmente rivestiti da blocchi di pietra resistente all’abrasione, arrotondati frontalmente ma scabri e taglienti a contatto con il terreno. La slitta doveva essere caricata con residui di lavorazione della cava, di peso controllabile da due paia di buoi e da una squadra di uomini. Davanti ai pattini era cosparso un impasto fangoso composto da urina, dal blando potere erosivo, sterco, polveri di pietra, smeriglio di Naxos o pomice delle Eolie: residuati dalle prime lavorazioni di taglio e levigatura. In salita lo smeriglio stesso poteva costituire il carico. Dopo alcuni giorni di andirivieni continuo i solchi divenivano abbastanza profondi da consentire la discesa di carichi via via più pesanti. Scavati che fossero, i solchi avevano anche la funzione di minimizzare il fabbisogno di lubrificante e fornire l'apporto d'acqua necessario a mantenere fluido il fango. Terminata la fase di “inizializzazione” poteva essere ripreso l’uso di slitte ordinarie, con lo stesso scartamento, continuando nel tempo l’incisione graduale dei solchi. Dopo l'avvio, il carico poteva scivolare lungo i tratti lubrificati di pendenza sensibile e costante come lungo una guidovia antelitteram.

I percorsi oggi visibili sono talora arricchiti da scambi e incroci secondo la logistica dell’attività estrattiva o di trasporto: quale che fosse. Interruzioni e salti dovevano essere associati alle diverse fasi del processo di lavorazione e delle conseguenti operazioni di carico e scarico. Oppure potevano essere tagli di tratti resi obsoleti dalla mutata configurazione della cava. Non è difficile, infine, immaginare l’utilità di far giungere i solchi fino al mare.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... isiana.jpg



https://www.facebook.com/franco.sarbia?fref=tl_fr_box

Franco Sarbia
Juan, ho insistito sulla dimostrazione del fatto che quei solchi non possono essere stati prodotti dal passaggio spontaneo di carri perché questa risulta essere, ahimè, l'opinione dominante tra gli archeologi italiani. Ho perfino letto un articolo sulla storia delle ferrovie che, riprendendo tale convinzione, cita i solchi nella roccia come una sorta di ferrovia per carri ante litteram. Dopo le mie visite ai siti maltesi e salentini, io ritengo di aver compreso come siano stati prodotti i solchi e quali fossero le loro molteplici finalità estrattive, logistiche e produttive. La loro comparsa segna la fase conclusiva e più alta della cultura megalitica ed è frutto di un'antichissima tecnologia precedente la diffusione della ruota di legno al di fuori dalle steppe, paradossalmente superata e poi dimenticata proprio con l'introduzione di utensili di ferro, dei carri con ruote cerchiate, e della macina rotante dei frantoi e dei mulini. Sono in attesa di confrontarmi con un esperto di cave di lecciso per trovare conferma alle mie ipotesi ed effettuare prove sul campo di produzione e utilizzo dei solchi, se possibile. Trovo sorprendente, tuttavia, il fatto che gli studiosi analizzino queste emergenze, diffuse in tutto l'areale di coltivazione dell'ulivo dal Caspio alle Azzorre, separatamente in ciascun sito, giungendo ciascuno a ipotesi diverse, e controverse, senza tentare un'analisi comparata. Gelosi ciascuno dei propri studi, tanto più quanto più incasinate e dubbie sono le loro conclusioni: a proposito di rasoio di Occam. Non sarebbe male che tale ricerca fosse condotta in Salento, con l'aiuto di esperti locali, facendo diventare la presentazione delle conclusioni e la soluzione del mistero dei solchi occasione di una conferenza internazionale che attirerebbe sul patrimonio archeologico salentino l'attenzione degli appassionati di tutto il mondo. Spero che possano aiutarmi questi amici: Oreste Caroppo; Mrp Paolo; Eugenio Pischedda; Pierluigi Montalbano.


Malta: Solchi nella pietra
Un sistema tecnologico complesso diffuso in tutto l'areale di coltivazione dell'Ulivo

https://www.facebook.com/franco.sarbia/ ... 706&type=3
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Messaggioda Berto » gio ott 23, 2014 8:06 pm

Dizón

Maria Teresa Vigolo – Paola Barbierato, Convergenze cadorino-friulane in ambito toponomastico in “Atti del secondo convegno di Toponomastica Friulana, Udine, 22-23 novembre 2002, in Quaderni di toponomastica friulana, nn. 6-7 (parte I e II), a cura di F. Finco, Società Filologica Friulana, Udine 2007, pp. 343-379.

http://www.pd.istc.cnr.it/index2.php?op ... iew&gid=71


Dizón .

È voce locale del Comelico e del Cadore: diθóŋ indica ‘sentiero stretto e scosceso attraverso i boschi’. È
considerato termine geografico da Marinelli 171 dizzón “sentiero erto e difficile cioè attraversante regioni aspre”. A Selva di Cadore dizón ‘(solo in vecchi documenti), pista nel pascolo, via armentaria formatasi col passaggio di animali’ (Nicolai 150).

L’ampezzano presenta la variante con /t/ iniziale: tiθón, tiθói (pl.) (Maioni 128, Croatto 208: tizón), nota anche al centro Cadore: tiẑón ‘sentiero, viottolo specialmente quello fatto dalle bestie nel bosco’ e qui ha come ulteriore variante liẑón ‘sentiero del latte’ da cui nella toponomastica di Pieve di Cadore Lizzon e Liẑói (pl.) (Oronimi IV, 113); nell’Oltrepiave cad. a Laggio liẑón è appellativo: “sentiero tracciato dalle mucche al pascolo” (De Donà – Fabbro 57) e come appellativo compare nei documenti antichi, tra questi un lizzon (a. 1555) si ha in Coffen Marcolin 1966, 119 e poi nel laudo di Vodo: lizoni (a.1776, art. 22) “ciascuno cui spetta sii tenuto a far le sue chiasure...e così per tutti gli altri siti confinanti a strade, pascoli e lizoni, e così doveranno farsi li pontini soliti nei trodi”; lizon (a.1776, art. 60) “il pastor delle capre debba per tre giorni la vertà e tre l’autunno andar a pascolar in Badia per il solito lizon giusta l’uso antico, e così per li altri pascoli andar doverà per li lizoni soliti e non danneggiar li pradi altrui”; nel Laudo di Nebbiù (a.1806) “per sotto al Lizon” [NEB1620Agg., art.LXVIII].

Ora, se l’etimo proposto per diθóŋ è un *duceōne, dal lat.(o mejo corispondente al latin) mediev. ducōne(m), deverbale del lat. ducĕre, collegato da Tagliavini 1988, 108-109 al vallevent. duča “sentiero ripido” (REWS 2785), allora si potrebbe considerare tizzón la pronuncia desonorizzata di diθóŋ in un’area di diffusa interferenza ladino-tirolese. Non è escluso che anche nel vocalismo si sia avuta un’interferenza della pronuncia tirolese di /u/ > /i/ attraverso /ü/.
Nella grafia dei documenti antichi compare l’alternanza /u/, /i/ in Duconum, Duxonum e Dizzonum nello stesso Laudo di S. Stefano e in Comelico a. 1444: “ad Col de Comugnè, et ab illo loco inferius dividendo tayxas fedae veniunt per Dizzonum vocatum Spinatium”; “per Londum applicando in sommo Palombin, et a Palombin recte per Duconum”; “per viale de Salla in Duxonum, et de Duxono in Pezzecuchum”.

Il toponimo odierno corrispondente a queste forme antiche è Disón di Campolongo in Comelico (Cesco-Frare in Festschrift Pellegrini 224), trascritto Dizón in Zand. Fr. 31.

Più complesso ci sembra il rapporto dizzón/lizzón in quanto, anche in questo caso si potrebbe ammettere uno scambio di /d/, /l/ all’inizio di parola, che del resto non è del tutto infrequente in cadorino come in friulano, e il problema si risolverebbe a livello fonetico fonologico, ma c’è tuttavia un’ulteriore possibilità che liẑón sia collegato al termine cadorino-friulano lissa, lisse “luogo adatto per far scivolare verso valle i tronchi d’albero tagliati” e “canale formato di travi per farvi scivolare le grosse piante tagliate sui monti” Joppi, AGI, IV, 337; sotto l’aspetto semantico l’accostamento è pienamente giustificato dato che tali scivoli o canali naturali avevano forma e funzione di sentieri per lo scorrimento del legname.
Discusso appare comunque l’etimo di lissa che in alcuni dialetti veneti è anche il nome della ‘slitta’, cfr. in veneziano lissa, lizza ‘traino, treggia’(Boerio, Prati EV 89) e andrebbe quindi accostata alla famiglia di voci che ha dato il veneto slissiare ‘scivolare sul ghiaccio’ e collegata all’italiano ‘liscio’, ma il tipo lissa si presenta per i possibili accostamenti più complesso ed è stato variamente interpretato.

Ne ha parlato Pellegrini, in un articolo riguardante la terminologia della fluitazione (1984, pp.51-85) da cui abbiamo tratto le seguenti osservazioni.
Il solco naturale (e artificiale) per il quale si fa scivolare a valle il legname è in friulano lise, slise che di norma indica il canale artificiale; precisamente in Carnia e in Val Degano, a Luincis lisa, Sutrio lisa, Arta lise, Lovea sliše/liše ecc. Anche a Oseacco lysa, liśe, liše, varietà che nel NPirona 527 vanno sotto il tipo lisse, sf. t. dei boscaioli “rìsina, specie di canale a gronda, formato con sei od otto tronchi scortecciati disposti per lungo, poggiati o sospesi sopra i pendii con modesta inclinazione, lungo i quali si fanno scendere i tronchi dai boschi montani”.
Dalle inchieste dell’ASLEF risulta che la voce copre quasi tutta la Carnia.
Il DEI III 2256 cita lizza voce ven. (liza, lisa), propriamente ‘treggia’(tratto da helcia).
Si specifica il significato con un esempio: i truòs ké fa le vàce i disón i lizói (Laggio) “i sentieri che fanno le mucche li chiamiamo lizói” Cesco Frare in Festschrift Pellegrini 224 cita una forma antica anteriore ai Laudi: a. 1278 Villa de Duxono e la confronta con un altro toponimo comelicano Digón (a. 1278 Villa de Dugono) che deriva dal lat. medievale ducōne (dal lat. … o mejo corispondente al latin ducere) ‘sentiero’ cfr. l’alternanza /l/, /d/ in posizione intervocalica in Faedis/Faelis; élare/édara ‘edera’ (inf. Finco) (Cfr. el toponemo Druogno ?)

Che i canali di scorrimento di legname costruiti nei boschi abbiano attinenza con i nomi dei sentieri è del tutto plausibile dato che in alcune varietà dialettali hanno le stesse denominazioni dei sentieri. Si veda ad. es. come in friulano un termine generico indicante il ‘sentiero’ tròi assuma il significato tecnico a Faedis e Osoppo di ‘solco naturale per il quale si fa scivolare a valle il legname’, e nel Npirona 1000 sdroi ‘cavo, incavato’ e ‘pendio per cui si fa scendere scivolando il legname’, con str- > sdr- (Pellegrini 1984, 65-66)
‘corda per tirare’) e lizza ‘veicolo per il trasporto dei marmi’. Pellegrini, cit. non accetta l’etimo del DEI e propende sia pure dubitativamente per l’accostamento all’italiano ‘liscio’ < *līsius (REW 5081 Tagliavini 1988, 136) in base al confronto con altri termini veneto-ladini come l’agord. fa liso, oppure slisà, fa bel slis ‘scivolare sul ghiaccio’.
Del resto lo stesso *līsius ha un’etimologia complessa, le varie proposte sono riportate in DELI 1999, 881.



IL BOSCO E IL CARBONE in Val Trompia
http://www.valtrompiastorica.it/territo ... 3e7b9ce801
lese = sci per il traino delle slitte da legna

http://www.unionladina.it/sito/document ... grafica-lb

http://www.villadevarda.com/ita/dettFoto.asp?cid=2&id=7



Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... slitta.jpg


Rievocazione della Lizzatura Storica (Massa Carrara)
http://www.informazionesostenibile.info ... ra-storica
http://www.cavamuseo.com/cavamuseo.htm
Con il termine “Lizzatura” si indica il trasporto antico dei blocchi di marmo usato fino al 1966. La carica di marmo,che pesava circa venticinque-trenta tonnellate,veniva fatta scendere lungo le vie di lizza che avevano pendenza del 70/80%.
La discesa dei blocchi avveniva mediante una specie di slitta della lizza che scorreva sopra travi di legno unti di sapone, chiamati “parati”. Durante la discesa i blocchi erano trattenuti da funi, prima di canapa poi d'acciaio, avvolte a pali corti e robusti, posti ai lati delle vie di lizza, detti “piri”.
Le compagnie dei lizzatori erano formate da quattordici operai ciascuna, fra cui il Capo e il sottocapo.
Il materiale usato era portato a mano dagli operai e comprendeva, le funi dal peso di duecento chili l'una, le braghe, i parati e le lizze.


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... zatura.gif
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Messaggioda Berto » gio ott 23, 2014 8:57 pm

Troxo, trodho, troi, troed, treide, traget, treureo, tre, tri, ....

viewtopic.php?f=44&t=993
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Messaggioda Berto » ven ott 24, 2014 6:36 am

Xlita ente xvare ƚengoe:
http://xref.w3dictionary.org/index.php?fl=it&id=47028

Immagine
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/c ... ._1890.jpg

afrikaans slee
todesco Schlitten
angrexe sled
xvedexe sled KÄLKE
olandexe slee
norvejexe slede
xlovàco sled
taƚian slitta
albanexe slitë
vietnamita sled

ucrain санчата
bieloruso салазки
bulgaro шейна
ceco sled sáně
ruso салазки
serbo Сањати
croato saonice
poƚaco sanki
roumen sanie
ongarexe szánhúzó

grego έλκηθρο

spagnoƚo trineo
françoxo traîneau
cataƚan trineu
gaƚisian trineo
portoghexe trenó

estone Kelk
finlandexe kelkkaan
xvedexe sled KÄLKE

lituan rogės
letone ragavas

indonexian pengeret
maƚexe pengeret

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yidish שליטן
ebraico מזחלת

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hindi स्लेज
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cinese (taiwan) 雪橇
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Messaggioda Berto » ven ott 24, 2014 7:30 am

Lisio, ƚisiar, ƚisia/lisiva, ƚixo


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... a-265.jpeg


http://www.etimo.it/?term=lisciare
Immagine

http://www.etimo.it/?term=liscio
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http://www.etimo.it/?term=liscivia
Immagine

http://www.etimo.it/?term=liso
Immagine


Immagine

1. lixa, ae, f.,
acqua, cenere, lisciva, NON.
[cf. elixus, liquor].

2. lixa, ae, m.,
1 vivandiere, cuoco, rivendugliolo al seguito dell'esercito, SALL. e a.; trecenta (milia) lixarum, trecentomila addetti ai servizi, IUST.;
2 apparitore d'un magistrato, APUL. Met. 1, 24.

lixius, a, um, agg.,
da lisciva, VARR. in PLIN. 36, 203 (lez. inc.)
[1. lixa + -ius].

lixivius, a, um, agg.,
da lisciva, PLIN.; sost. f. lixivia, ae, e n. lixivium, ii, lisciva, COL. e a.
[cf. lixivus].

lixivus, a, um, agg.,
da lisciva, CAT.; sost. n. lixivum, i, lisciva, COL. e a.
[1. lixa + -ivus].

eliquium, ii, n.,
1 efflusso, SOLIN.;
2 decrescenza della luna, SOLIN.
[eliquo + -ium].

elisio, onis, f.,
1 lo spremere fuori un liquido: hae lacrimae per elisionem cadunt (cadono spremute), SEN. Ep. 99, 19;
2 in gramm., elisione, PRISC.
[elido + -tio].

elix, icis, m.,
fossato, canaletto, COL.; prospexit ab elice perdix, OV.
[cf. 3. liquor, colliciae etc.].

elixatura, ae, f.,
lessatura; cibo lessato, APIC.
[elixo + -ura].

elixo, as, avi, atum, are, 1 tr.,
cuocere nell'acqua; lessare, APIC.
[elixus + -o3].

elixus, a, um, agg.,
bollito, lessato, lesso, HOR. e a.; zuppo, fradicio, VARR., MART.; infrollito, PERS.
[cf. elix, liqueo etc.].


Cfr. co: ???

Lisandro
http://it.wikipedia.org/wiki/Verdura_(fiume)
Il fiume Verdura prende origine in corrispondenza del lago artificiale di Favara e sfocia nel Mediterraneo nei pressi della Torre Verdura, località costiera in comune di Ribera. Nel tratto iniziale viene indicato col nome di Sosio, diventando fiume Verdura più a valle dove si unisce al torrente Lisandro. Ha una lunghezza complessiva di 59 chilometri con un bacino idrografico di 448.21 chilometri quadrati.

Elsa
http://it.wikipedia.org/wiki/Elsa_(fiume)
L’Elsa è un fiume toscano lungo 63 km. Nasce dalla Montagnola senese nel comune di Sovicille (a ovest di Siena), da alcune sorgenti nei pressi della pieve di Molli. Percorre l'omonima Valdelsa da sud a nord e, dopo aver bagnato i centri abitati di Colle di Val d'Elsa, Poggibonsi, Certaldo e Castelfiorentino, si getta nell'Arno al confine tra la provincia di Firenze e quella di Pisa tra le località di Marcignana, nel comune di (Empoli), e Isola (San Miniato)[1]. Il fiume è caratterizzato da una accentuata salinità che gli deriva dalla presenza di solfato e di calcio dovuti ai minerali gessosi e calcarei presenti lungo il suo corso.

Belice
http://it.wikipedia.org/wiki/Belice
Il Belìce (in greco Υψας o Ypsas, pronuncia approssimativa /iupsas/), è un fiume della Sicilia sud-occidentale lungo 107 km (il 3º della regione dopo Imera meridionale e Simeto) e con un bacino idrografico di 964 km², uno dei maggiori della Sicilia meridionale per estensione. Nel suo corso attraversa il territorio di tre province: Agrigento, Palermo e Trapani, interessando i comuni di Menfi, Montevago, Camporeale, Partanna, Poggioreale e Castelvetrano.

Eleutero
http://www.fiumi.com/acque/index.php?id_g=1388
Grande o Eleutero (fiume). Provincia di Palermo Nasce sul monte Rocca Busambra nei pressi di Ficuzza (m 1613). Immissario ed emissario del lago dello Scanzano. Sfocia nel Golfo di Palermo a Ficarazzi col nome di fiume Ficarazzi. A Misilmeri, a 15 km da Palermo riceve a sinistra il torrente Landro. Costeggiato dalla SS 121 SS 118 direzione Ficarazzi. Nell'antichità a Misilmeri c'èra - U MARAUNI - in Italiano il maragone era colui che trasbordava da una sponda all'altra del fiume Eleutero gli uomini durante la piena invernale.

Liscia
...

Lisciano Niccone
...

Lisa (Lissa)
...

Lisaro (Lissaro)
...

Lisio (Lixio)
...

Lissone
...
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Messaggioda Berto » sab ott 25, 2014 7:26 pm

.
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Messaggioda Berto » ven mar 27, 2015 7:35 am

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