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Sakejo de Akiłejahttps://it.wikipedia.org/wiki/Sacco_di_Aquileia Attraversate le Alpi Giulie, la prima città che assediò fu Aquileia, la metropoli della Venezia. Sul lato orientale le mura erano bagnate dal fiume Natissa. Lo storico Giordane narra che l'assedio si protrasse a lungo (Paolo Diacono afferma addirittura per un triennio, ma una durata dell'assedio di addirittura tre anni appare inverosimile, anche considerato che l'invasione dell'Italia si svolse nel giro di un anno), a causa della strenua resistenza della guarnigione romana, e che l'esercito unno fosse ormai demoralizzato e sul punto di rinunciare all'assedio. Lo stesso Giordane narra che Attila si mise a camminare intorno alla mura, per riflettere se continuare l'assedio o rinunciarci, quando notò che delle cicogne stavano portando via i loro piccoli fuori dalla città (Procopio specifica da una torre), contrariamente al loro costume.
Interpretandolo come un presagio favorevole, Attila disse ai suoi soldati che a suo dire gli uccelli avrebbero la capacità di prevedere il futuro e che quindi starebbero lasciando la città perché avrebbero presagito che la città sarebbe caduta presto in mano unna. In questo modo incoraggiò i suoi soldati ad assaltare con nuovo vigore Aquileia: attaccando la città con tutte le macchine da guerra a loro disposizione riuscirono in breve tempo a fare irruzione nella città, a devastarla, a dividersi il bottino. Procopio narra che crollò proprio la parte delle mura dove la cicogna aveva fatto il nido prima di andarsene, permettendo agli Unni di penetrare in città. Paolo Diacono narra che la città di Aquileia subì una triste sorte: fu devastata e data alle fiamme, mentre i suoi abitanti furono o uccisi o fatti prigionieri.
Sempre lo stesso Paolo Diacono narra la triste storia, forse presa da una tradizione popolare, di una donna di Aquileia, tal Digna, che abitava in una stanza di una torre delle mura, la cui finestra si affacciava sul fiume Natissa. Si narra che tale Digna, quando gli Unni irruppero in città, nel timore di essere violata, si gettò nel fiume Natissa dalla finestra della propria abitazione, pur di non perdere la propria verginità e conseguentemente l'onore. ???
https://it.wikipedia.org/wiki/Giordane https://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Diacono...
IL PORTO
Il sistema delle vie d'acqua nella zona aquileiese La presenza di un fiume navigabile è stato un elemento determinante per la scelta del luogo in cui fondare la colonia di Aquileia; attraverso i resti che ci sono pervenuti possiamo notare che la costruzione di punti di approdo fu pressoché contemporanea alla creazione della città. La rete idrografica comprendeva diversi corsi d'acqua e alcuni canali. Il canale Anfora, chiamato così dal Medioevo per le anfore ritrovatevi, fu costruito subito dopo la fondazione della colonia per bonificare il territorio circostante: questo canale, insieme con le altre opere idrauliche di scolo, mantenne il clima salubre e permise così il successivo sviluppo agricolo. Inoltre l'Anfora era collegato alla portualità di Aquileia poiché congiungeva la sua zona occidentale con il mare, rendendo possibile la risalita delle barche tramite l'alaggio: le imbarcazioni erano trascinate con funi lungo tragitti costruiti appositamente, le viae helciariae, qualora non fosse possibile sfruttare la forza del vento e le maree.
Questo canale viene ricordato nell'opera di Vitruvio, il De architectura, anche perché era stato lastricato sul fondo con la pietra d'Istria.
Il bacino del porto era formato dalla confluenza di due corsi d’acqua, che si univano nella zona dell'attuale frazione di Monastero; è stato possibile stabilire ciò grazie al ritrovamento nella zona settentrionale di due ponti che segnalano il passaggio di due distinti corsi d'acqua destinati a confluire più a sud. Uno di questi era un fiume di risorgiva, che oggi attraversa ancora la frazione di Monastero, chiamato Roggia della Pila. L’altro aveva una portata maggiore perché riceveva le acque del Natisone e del Torre. Attualmente il Natisone non attraversa più la città, poiché confluisce nell'Isonzo; invece ciò che rimane del vecchio corso d'acqua è il fiume Natissa.
La rete di canali artificiali unita ai corsi fluviali presenti rese facile nell'antichità il collegamento con il mare e probabilmente consentì la circumnavigazione della città. Infatti su quasi tutti i lati sono state ritrovate delle strutture portuali collegate fra di loro; è incerta solamente la presenza di un percorso verso ovest.
Le strutture portuali più antiche
I primi scavi sono stati svolti a partire dalla fine dell'Ottocento con tecniche che non includevano ancora le osservazioni stratigrafiche; perciò molti elementi di valutazione e datazione riguardanti il porto di Aquileia sono andati perduti.
Durante gli scavi Giovanni Brusin ha scoperto delle strutture probabilmente databili all’età repubblicana, coperte dalle costruzioni del porto monumentale: questi ritrovamenti consistono in due fasce di lastricato e tre gradini che risalgono verso il fiume, interpretati come la prima sistemazione delle rive, e delle tavole sostenute da pali di legno, che potrebbero essere i primi tentativi di arginare il fiume. Grazie a studi recenti siamo venuti a conoscenza del fatto che questo primo porto era più a occidente rispetto a quello attualmente visibile: ciò è dovuto allo spostamento del fiume verso est.
Il porto monumentale Si giunge al porto fluviale percorrendo la via Sacra, una passeggiata archeologica posta nell’alveo del fiume e lunga circa un chilometro, che è stata creata con la terra di risulta degli scavi e lungo la quale sono stati collocati resti architettonici e monumentali provenienti dagli scavi delle mura e del foro. Il porto, scoperto nella parte orientale della città, ha un bacino largo 48 metri e dista dal mare circa 10 chilometri; sono state ritrovate e scavate entrambe le sponde, ma quella occidentale, la più vicina alla città, ha rivelato di essere quella meglio attrezzata e perciò è quella ancora oggi visibile. Il porto fluviale è stato scavato per la prima volta verso la fine dell’Ottocento da Enrico Maionica, poi l’opera è stata portata avanti da Giovanni Brusin negli anni Trenta; gli scavi sono tuttora oggetto di studi e di convegni, poiché rimangono ancora molti aspetti da specificare.
A. Datazione
La sistemazione del porto monumentale risale probabilmente alla fine del I secolo d. C. Giovanni Brusin l'aveva ipotizzato studiando i moduli dei mattoni, riferibili all'età di Claudio per la struttura e anche per la fama di questo imperatore in campo di impianti portuali. Inoltre si può anche osservare che l’area abitata settentrionale fu abbandonata verso la fine del I secolo a. C. con l’inizio della grande impresa edilizia. Invece non sappiamo se la costruzione della banchina orientale fu contemporanea a quella occidentale.
B. La banchina occidentale e i magazzini
La banchina della sponda occidentale del porto è lunga 380 metri ed è costituita da lastre verticali in pietra d’Istria. Vi è un primo piano di carico sovrapposto a questi lastroni e composto da blocchi con grandi anelli di ormeggio a foro passante verticale; il secondo piano di carico, che si trova circa 2 metri più in basso, è costituito da un marciapiede lastricato largo circa 2 metri e fornito di anelli di ormeggio a foro passante orizzontale. Il fatto di avere due diversi piani di carico rendeva possibile sia che fossero accolte imbarcazioni di stazza grande o piccola, sia che il porto venisse utilizzato anche nei periodi di bassa marea. Dalla banchina partono tre vie di accesso alla città che conducono ognuna ad un diverso decumano: l’accesso posto più a sud è costituito da una gradinata, mentre gli altri due sono strade lastricate in pendio (questo perché l'angolazione delle vie con la linea del porto non permettesse la salita dell'acqua in caso di piena del fiume); queste ultime due strade sono dotate di coppie di rampe perpendicolari che conducono ai magazzini.
I magazzini, situati quindi a ridosso del porto e probabilmente con la facciata verso questa struttura, erano costruzioni lunghe e strette, di circa 350 metri per 13; è possibile che questa forma sia dovuta allo spazio disponibile esistente tra il porto e le mura della città. Questi edifici non presentavano divisioni trasversali o pavimentazioni e venivano attraversati dalle rampe che provenivano dal porto, in modo che le operazioni di carico e scarico potessero essere svolte al coperto; perciò sarebbe improprio definirli magazzini, in quanto un magazzino non può avere un lato aperto. La loro funzione era perciò quella di accogliere le merci che giungevano dal porto in attesa di essere inviate verso la città. I nuovi magazzini, influenzati nel loro ampliamento dalla costruzione delle prime opere di difesa del II secolo d. C. sulla banchina del porto, avevano solamente la funzione di immagazzinamento delle merci e non più quella di transito. Questi edifici furono costruiti a navate multiple, la loro copertura fu migliorata grazie a dei sostegni centrali e il pavimento fu sopraelevato; un pezzo di banchina fu ricostruito e fu collegato ai magazzini tramite due scalinate.
C. La banchina orientale
La riva orientale è stata scavata per un breve periodo negli anni Trenta e ne sono stati riportati alla luce poco più di 150 metri, anche perché ad un certo punto la struttura sembra interrompersi brutalmente. La banchina è molto stretta e composta da parallelepipedi di pietra, vi si notano solo quattro scalinate inserite nel muro e alcune pietre di ormeggio; dietro sono situati degli edifici, possibili magazzini o uffici. Analizzando le diversità di struttura tra le due banchine, Brusin è giunto alla conclusione che quella occidentale sia anteriore; bisogna anche notare che la banchina orientale si trovava in una zona suburbana, mentre quella occidentale era più vicina al foro e al centro della città così da necessitare forse di un aspetto monumentale.
D. Le opere difensive sul porto
Il porto ha subito nel tempo diverse modifiche che dimostrano la vitalità del centro e anche i molti sforzi per adeguarsi agli avvenimenti storici del tempo.
Le prime opere di difesa, che sono state realizzate sulla banchina occidentale, risalgono quasi sicuramente al 238, anno del bellum aquileiese, e riflettono la crisi politica e militare del tempo; in seguito queste strutture hanno anche influito sulla costruzione dei magazzini retrostanti. Probabilmente nel 361, quando la città si schierò con Costanzo II e fu assediata da Giuliano l’Apostata, il fiume fu deviato per motivi strategici e di conseguenza la portata d’acqua diminuì. Queste opere provocarono poi un’alluvione, che fu la causa dell’abbandono del quartiere orientale. In epoca tardo-antica, verso la fine del IV secolo, furono realizzate altre opere difensive e di queste mura è stato ritrovato il lato orientale sulla banchina; si pensa che queste fortificazioni siano state costruite in grande fretta, anche perché i materiali utilizzati sono stati quelli recuperati da altre strutture (trabeazioni marmoree, iscrizioni votive e onorarie, colonne, ...).
L’intero porto fluviale, anche in seguito alle numerose invasioni barbariche
(quella di Alarico nel 410,
di Attila nel 452,
di Teodorico nel 489 e
infine dei Longobardi nel 568)
e alle lotte dei pretendenti per il trono di Roma, fu così trasformato in una pura opera difensiva.