Ke oror http://venetostoria.com/2015/07/02/la-s ... one-venetaLA SCELTA DELLA LINGUA, PER LA NAZIONE VENETA.
2 luglio 2015 Di Milo Boz
Scrivo questo intervento in italiano, per l’evidente motivo che voglio essere capito da tutti i veneti e anche da qualche veneto lombardo che mi legge. Questa mia affermazione di intenti, non esclude che la lingua veneta esista, e non goda di discreta salute.
Già nel IV secolo d. C. noi veneti si parlava in veneto, che non era più da diverso tempo il venetico degli antenati, ma un latino corrotto, filtrato da questa antichissima lingua. ???
Latino corrotto? Ke gnoransa! Che a sua volta, doveva comunque avere delle variazioni locali, attestate anche dalla diversa maniera di scrivere certe lettere dell’alfabeto tra le varie città della Nazione.
Ad Aquileia esiste una lapide, datata appunto IV sec. d. C. in cui la pietà di una donna, vedova del defunto, fece incidere: “CO VOL DEONI”, ??? e cioé “quando vuole Dio (bisogna andare)”, e oggi un veneto di Grado direbbe la stessa cosa nella stessa maniera.La lingua veneta, come tutte le lingue parlate (a parte la variante veneziana, già considerata lingua per il suo valore storico letterario dal fascismo, insieme al napoletano e al siciliano), ha una infinità di declinazioni, da città a paese, da valle in valle, se in montagna. Proprio questa constatazione, spinse i Padri Veneti, ovvero i governanti illuminati della Repubblica di Venezia, a non imporre, come del resto facevano tutte le Nazioni antiche, l’uso di una lingua uniforme e valida per tutti, che avrebbe comunque dovuto essere creata dal nulla. Ai loro occhi questo appariva come una limitazione delle libertà delle Nazioni che formavano il suo Commonwealth: uno stato che ti impone di parlare in un determinato modo, è sempre uno stato tirannico, come lo fu l’Italia che impose di cambiare persino i cognomi sloveni o tedeschi alle minoranze presenti in certe zone e vieta ancor oggi l’uso dei “dialetti” in certi luoghi. E badate bene che allora per Nazione, intendevano anche una sola città, che viveva mantenendo i propri statuti secolari.
Quindi la prassi, nata dalla consuetudine, era che la Repubblica scrivesse leggi e bandi in un buon “toscano”(subentrato al latino), la lingua letteraria comune alla penisola, con grande tradizione alle spalle, e se venivano pubblicate ad uso di altre etnie oltremarine, si stampavano con le traduzioni. Non potendo farlo per ogni paese e città dell’entroterra, si conveniva che la lingua toscana fosse un buon veicolo per passare le informazioni di carattere generale. Tuttavia, nei tribunali, i testi deponevano nella loro parlata locale e in genere così le deposizioni venivano trascritte. Così si andò avanti con pace e concordia di tutti, veneti, lombardi, greci e “illirici” fino al nefasto arrivo della idea di nazione portata dalle armate francesi. Il concetto di “eguaglianza” sottintende anche l’idea di uniformità del “cittadino”, non più accettato per come la tradizione e la storia lo aveva formato, ma idealmente “intercambiabile” l’uno con l’altro. Via le leggi locali, via le lingue locali, considerate ora “dialetti” a favore di una lingua ufficiale che doveva essere insegnata d’obbligo e parlata da tutti. L’insistere a voler parlare il proprio idioma minoritario, ora viene considerato un “attentato” alla integrità della Nazione e chi legge, non faticherà a capire che l’Italia unitaria di oggi è nata dallo sciagurato nazionalismo liberticida di impronta giacobina.
Purtroppo ne siamo permeati tutti noi, di queste idee contrarie al vero spirito della Patria antica dei nostri Padri, quando reagiamo con fastidio, ad esempio, nel leggere che in Tirolo pretendono di riappropriarsi dei nomi originali delle località, italianizzati a forza all’inizio del ‘900. O proviamo imbarazzo nell’esprimerci in certi posti, con la lingua veneta per tema di passare per gente poco acculturata.
Mi no!O quando, noi veneti indipendentisti, pensiamo seriamente di far nascere una lingua artificiale che altro non è che un orribile “veneto di campagna” storpiato, comprensibile alla fine solo tra gli abitanti di pianura ma del tutto ostico da Feltre in su. Lingoa artificiale la nostra lengoa parlà e fata cresar la saria na lengoa artefata? Ke demensa, ke ensemensa, ke gnoransa!Impariamo dalla storia, continuiamo a seguire le orme dei nostri Padri antichi e non ci faremo mai del male. altra cosa è batterci con forza, perché anche la lingua veneta locale sia permessa, come il sardo o il friulano, nei luoghi e assembee pubbliche e a scuola: dato che fa parte del nostro essere Veneti, dobbiamo tutelarlo al pari delle altre lingue storiche italiane.
Sto ki, soto soto le purpio on talian!http://venetostoria.com/2016/01/18/la-l ... ia-de-ancoA Aquileia i ga trovà na frase, su na lapide, de epoca tardo romana (IV sec. d.C. ) , scrita in memoria de un veneto cristian aquieliense. La ga straordinarie assonanse col veneto che parlemo ancò.
Invese de scrivar “QUOD VULT DEUS” el scalpelin ga inciso “CO VOL DEONI” su detatura dea vedova. Adesso dixemo quasi uguae: CO VOL DIO, par dire che co Dio ciama se parte par el nostro ultimo viaggio.
Trovo che la sia na prova straordinaria che xa al’epoca da noi, nea X Regio, no se parlava el latin perfeto che trovemo scrito, ma un latin venetico col medesimo acento e modo con cui i veneti tende a canbiar l’italian.Za in questa frase breve se capisse che la lengua veneta, gera na realtà viva, nata dal venetico antico che gaveva tabte atinenze col latin, come sotolinea tanti studiosi. Quindi, pensè a quanto antica xe la lengua veneta. El ‘talian a confronto xe nato ieri… essendo na lengua greà in maniera artificial da leterati.
Ke gnoranti, ke ensemenii!