I veneti ke no sa el veneto łi xe 'gnoranti - anca màsa

Re: I veneti ke no sa el veneto łi xe 'gnoranti

Messaggioda Berto » sab mar 08, 2014 8:30 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: I veneti ke no sa el veneto łi xe 'gnoranti - anca màsa

Messaggioda Berto » ven mag 09, 2014 7:57 pm

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Re: I veneti ke no sa el veneto łi xe 'gnoranti - anca màsa

Messaggioda Berto » mer mag 14, 2014 3:37 pm

Appello ai candidati, valorizzate la lengoa e la cultura veneta

http://www.lindipendenza.com/appello-ai ... ura-veneta

Valorizziamo il patrimonio linguistico e culturale Veneto. Cominciamo dalle nostre università. Con questo obbiettivo, abbiamo inviato una lettera aperta ai candidati rettori dell’università Ca’ Foscari di Venezia per proporre l’introduzione di corsi di lingua e cultura Veneta all’interno dell’offerta didattica di una delle più importanti università venete. Nella speranze inoltre, che altre università accolgano questa proposta. Una proposta che parla di opportunità e diritti, che vuole promuovere una lingua e una cultura per troppo tempo dimenticate e marginalizzate.

Abbiamo inoltre lanciato una petizione online per supportare questa causa. Vi chiediamo di sottoscriverla QUI

Riportiamo di seguito la nostra lettera aperta

“Ai candidati alla carica di Magnifico Rettore dell’università Ca’Foscari di Venezia da parte di un gruppo di studenti ed ex-studenti degli atenei Veneziani e Patavini raccolti sotto la sigla: Sanca/Sinistra Veneta Indipendentista“.

Gentili candidati,

Con la presente vorremmo portare alla vostra attenzione alcune riflessioni e proposte che desidereremmo prendeste in considerazione all’interno del vostro mandato di governo.

Una tematica locale, ma europea, una questione di diritti e di cultura. L’articolo due dello Statuto dell’Università Ca’ Foscari alla sezione “Missione dell’Università” sostiene la necessità di questa istituzione di concorrere allo “sviluppo civile, culturale e scientifico della comunità locale, nazionale e internazionale”. Soffermiamoci sul primo dei destinatari di questo sviluppo: la comunità locale. La Carta europea europea delle lingue regionali e minoritarie, così come concepita nel 1992, dichiara (art 7, punto c): “la necessità di un’azione risoluta per promuovere le lingue regionali o minoritarie al fine di salvaguardarle” in quanto, come sostiene il punto “a” del medesimo articolo, “il riconoscimento delle lingue regionali o minoritarie” è “l’espressione della ricchezza culturale” d’Europa. “La facilitazione e/o l’incoraggiamento all’uso orale o scritto delle lingue regionali o minoritarie nella vita pubblica e privata” è uno degli obbiettivi di questa carta, insieme a “la messa a disposizione di forme e mezzi adeguati di insegnamento e di studio delle lingue regionali o minoritarie a tutti gli stadi appropriati” (punto f) e “la promozione degli studi e della ricerca sulle lingue regionali o minoritarie nelle università o negli istituti equivalenti” (punto h).

Perciò ci rivolgiamo a voi in quanto crediamo che l’istituzione universitaria sia la prima a dover intervenire.

La lingua Veneta, oltre ad essere stata considerata meritevole di tutela da parte del consiglio d’europa nel 2003, riconosciuta dalla regione Veneto con la L.R. n. 8 del 13 aprile 2007 e dalla regione FVG con L.R. 5/2010, è inserita all’interno del Red Book of Endangered Languages prodotto dall’UNESCO. Di cosa parliamo quando parliamo di lingua Veneta? Non parliamo di quella “lingua nuova, chimerica, che non esitiamo a definire mostruosa, inesistente ed improbabile, composta musivamente con tessere di questa o di quella varietà, di questa o quell’epoca.” (Manlio Cortellazzo, Perché e come salvare i dialetti del Veneto, Schema n°5 – 1980), parliamo di una lingua multiforme e plurale, portatrice di un patrimonio immenso di quotidianità e vite locali, che non devono essere appiattite in un nuovo idioma artificiale. Una lingua che, seguendo un modello come quello norvegese o quello occitano, può ritrovare utilizzo nei più diversi ambiti del vivere e può diventare risorsa preziosa per il futuro. La nostra preoccupazione per la lingua non ha neanche a che fare con le abusate, e talvolta pericolose, pretese di riscoperta di un identità perduta, ben descritte da Maurizio Bettini in “Contro le Radici”, ma con il mettere a frutto un’eredità importante consegnataci dai nostri nonni e bisnonni, che sarebbero piuttosto inorriditi nel vedere come invece l’abbiamo lasciata alle ortiche, disinteressandoci della sua, sempre più veloce, erosione. Un’ eredità che, insieme a tante altre, mostra la natura della cultura veneta, fatta di incroci, apporti e dialogo tra le culture più lontane dell’Europa e del mediterraneo, vocazione di incontro e viaggio che sempre di più si rivela preziosa.

Pensiamo che il discorso sulla lingua che abbiamo introdotto nelle righe precedenti (e riproposto pochi giorni fa in un proposta di progetto) possa valere e dovrebbe essere esteso a tutti i campi della cultura veneta. Perché quindi non pensare, oltre all’apertura di un percorso verso l’istituzione di una cattedra di lingua e letteratura veneta (proseguendo nel solco aperto dall’accordo con la Regione Veneto siglato nel 2010), anche un corso di laurea in lingua e cultura veneta, che potrebbe formare coloro che vogliono occuparsi della valorizzazione e della diffusione di questo patrimonio? Un investimento per tutti! Esso potrebbe contenere oltre ai corsi di lingua e letteratura, quelli di storia delle tradizioni popolari,dialettologia, filologia romanza, glottodidattica, etnomusicologia, storia veneta, gestione e progettazione museale, geografia regionale e un attento sguardo alla cultura materiale attingendo agli ottimi corsi già presenti a Venezia e a Padova (e perché no, rivolgendo lo sguardo verso i conservatori e altre istituzioni). Nel resto d’Europa, quasi ovunque, sono arrivati prima di noi, basti pensare ai corsi attivati dalle università di Barcellona, Tolosa o dalle università scozzesi. Pensiamo sia giunto il momento di colmare questo gap.

D’altra parte, citando F.Vallerani, questo potrebbe contribuire anche a quella “rivalutazione del paesaggio ereditato, ma anche una maggiore conoscenza del proprio spazio vissuto” che sarebbe preziosa nel, non più rimandabile, processo di difesa dei nostri territori dal cemento che ormai è arrivato “oltre le siepi”. Un’occasione, inoltre, per riparare agli errori e ai torti a cui lingua e cultura Veneta sono stati costretti per troppo tempo. Lo chiede l’Europa, lo pone come obbiettivo l’ateneo veneziano e pare pure apprezzato dalla popolazione locale, come dimostrato dal successo dell’iniziativa del consenso informato in “dialetto veneziano” del Policlinico San Marco di Mestre.

In attesa di una Vostra risposta abbiamo lanciato una petizione online sulla questione, accessibile QUI.

Speriamo nel Vostro impegno nella salvaguardia di questo patrimonio di inestimabile valore durante il prossimo mandato e nell’augurare buona fortuna ad ogni candidato, Vi inviamo i nostri Cordiali saluti,

SANCA / Sinistra Veneta Indipendentista”


Anca sti toxati kive de ła sanca veneta, łi xe asè bravi a scrivar en tałian de ła łengoa veneta ma łi ło xe manco a scrivar en veneto de ła łengoa veneta.
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Re: I veneti ke no sa el veneto łi xe 'gnoranti - anca màsa

Messaggioda Berto » ven set 12, 2014 5:18 pm

Caro Pd, la “Lingua Veneta” non esiste - di Natalino Balasso | 1 ottobre 2011

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... macaco.jpg

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/10 ... ste/161399

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Nella confusione totale che governa il Paese, un Paese in cui governanti pagati con soldi pubblici scelgono le politiche in base alle direttive di una Banca Privata (la Bce) ci si mette anche il localismo di sinistra ad offuscare un quadro già abbastanza surreale di per sé. Il concetto è: se la Lega dicendo stupidaggini vince, proviamo a dirne anche noi.

Nel Comune di Albignasego (provincia di Padova) un consigliere comunale del Pd propone che sia permesso a chi lo vuole, nei Consigli comunali e nelle sedute pubbliche, di parlare in “Lingua Veneta”, avete capito bene, proprio quella lingua propugnata dalla Lega (veneta) e i cui studi sono sovieticamente foraggiati dalla Regione con la solita solfa dell’identità, e che non esiste al pari della Padania.

Perché forse quello che Mirco Cecchinato del Pd, così pronto a seguire la Lega sui suoi stessi errori, non ha ancora capito è che il dialetto che parla lui, probabilmente una specie di padovano, non può essere la stessa lingua che parla un bellunese, non ha ancora capito che in Veneto c’è una lingua che si chiama veneziano e una miriade di dialetti come un po’ in tutte le regioni.

Perché dunque un esponente di paese del Pd parla di “Lingua Veneta” al pari dei linguisti leghisti? Forse non sa che un vicentino non capisce quello che dice un rovigotto (o rodigino)? Che i veronesi capiscono molto male il trevigiano? E’ davvero bizzarro che una regione che convince i propri cittadini sulla base del settarismo e della divisione, poi cerchi unità e coesione proprio dove non può esserci.

Sul piano linguistico la difesa delle minoranze e del localismo non esiste più, si cerca un esperanto che non esiste in natura. Ed è altrettanto curioso che mentre su altri piani (ad esempio quello economico) si vuole lasciar parlare gli esperti (cioè gli economisti, insomma, quelli che non ne hanno azzeccato una negli ultimi anni) in ambito linguistico invece gli esperti non vengono interpellati, all’improvviso i politici diventano tutti linguisti.

Io non sono un linguista, potrei sbagliarmi, ma non credo: vorrei mi venisse citato un solo libro scritto in questa fantomatica “Lingua veneta” dal ’500 ad oggi, perché non me ne viene in mente nemmeno uno, vorrei capire le regole di una lingua che per dire “sai?”, a Padova dice “seto?” a Venezia dice “sastu?” a vicenza dice “setu?” e nella bassa dice “sato?” e via di questo passo. Insomma una lingua senza regole ma piena di eccezioni.

Mirco Cecchinato dice che non vuole seguire la Lega sul suo terreno. Crediamogli, ma, a parte che se la segue arriva davvero in ritardo, che un esponente del Pd dica “La televisione ha trasformato i nostri giovani in italiani” a me preoccuperebbe non poco se votassi Pd e abitassi ad Albignasego.

Insomma, persa l’occasione coi disastri governativi di affermare una solida alternativa politica, le opposizioni si buttano alla rinfusa a tentare di conquistare un terreno ormai fin troppo molliccio. Parliamo perciò tutti i dialetti e le lingue che vogliamo, purché nelle sedute pubbliche ci rendiamo comprensibili, ma non parliamo per favore lingue inventate!

Macaco e talian d'on Balàso:
na lengoa par esar lengoa no la cogno de na scritura ma lomè ke de la lengoa ke la parla.
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Messaggioda Berto » sab set 13, 2014 2:03 pm

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Re: I veneti ke no sa el veneto łi xe 'gnoranti - anca màsa

Messaggioda Berto » mer apr 29, 2015 1:48 pm

Veneti endependentisti ke łi prefarise ła łengoa tałiana a coeła veneta
viewtopic.php?f=161&t=824
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Re: I veneti ke no sa el veneto łi xe 'gnoranti - anca màsa

Messaggioda Berto » sab mag 09, 2015 10:13 pm

Archiviate le accuse per Rocchetta, Gardin, Quaglia e Perucca
2 Sep 2013
http://www.lindipendenzanuova.com/archi ... -e-perucca

Spettabile Redazione, vi mando alcune righe che riguardano l’archiviazione di un procedimento giudiziario nei confronti di Franco Rocchetta, del sottoscritto, di Albert Gardin e Daniele Quaglia.

L’avviso di garanzia da parte della procura della Repubblica di Treviso ci era stato inviato nello scorso mese di Febbraio dal pm Valmassoi dopo che la Questura di Treviso (attraverso il mitico Questore Carmine Damiano) aveva segnalato in data 3 Novembre 2012 una “manifestazione non consentita” a Vittorio Veneto in occasione di una cerimonia veneta in ricordo dei massacrati della Grande Guerra organizzata dalla o.n.g. Venetian Freedom (di cui sono coordinatore).

Mi sembra che avevate già pubblicato ne L’Indipendenza la notizia della cerimonia e dell’invio degli avvisi di garanzia e anche del fatto che nello scorso mese di Marzo tutti e quattro gli indagati ci eravamo recati nelle questure di Treviso, Vicenza e Venezia per gli interrogatori rispondendo solo in lingua Veneta e che, non essendoci nessun pubblico ufficiale italiano in grado di interrogarci e redigere verbali in lingua veneta, tutti gli interrogatori non avevano potuto avere luogo.

La Procura di Treviso ha deciso di archiviare il procedimento penale aperto in Gennaio contro quattro esponenti della o.n.g.”Venetian Freedom”, Franco Rocchetta, Albert Gardin, Daniele Quaglia e Gabriele Perucca per la “manifestazione non autorizzata” dello scorso 3 Novembre a Vittorio Veneto in ricordo dei massacrati della Grande Guerra.

La notizia aveva avuto molto spazio in molti quotidiani veneti in quei giorni ed anche alla fine Marzo di quest’anno quando gli interrogatori dei “quattro moschettieri veneti” raggiunti da avvisi di garanzia e chiamati a rispondere alle domande degli inquirenti nelle questure di Vicenza, Treviso e Venezia, erano stati sospesi perché nessun pubblico ufficiale italiano era stato in grado di parlare o redigere i verbali in lingua veneta come richiesto dagli indagati in base al diritto naturale dei popoli indigeni e anche per quanto previsto dal diritto italiano con la ratifica il 1 Marzo del 1998 della convenzione quadro europea sulla protezione delle minoranze linguistiche nazionali del 1 Febbraio 1995.

L’archiviazione è giunta come un fulmine a ciel sereno quando già ormai Rocchetta, Perucca, Gardin e Quaglia pregustavano il “giusto” processo italiano in lingua veneta. Qualcuno dal palazzo si è probabilmente accorto che la vicenda stava scivolando dalle mani alla Procura di Treviso assumendo dei connotati piuttosto svantaggiosi e caustici per lo stato italiano ma molto postivi e mediatici per la causa libertaria veneta.

Effettivamente qualcuno con una laurea in legge italiana deve aver informato chi di dovere che aveva preso un bel granchio. Infatti, il reato di “manifestazione non autorizzata” non è previsto dall’intricata legge italiana TULPS in quanto una manifestazione può essere certamente vietata dal questore con comunicazione agli organizzatori se ci sono motivi validi di ordine pubblico (non era successo nel caso in questione) ma non esiste l’atto formale di autorizzazione da parte del questore una volta che gli si è data comunicazione di svolgimento della manifestazione stessa.

Ma quello che deve aver davvero fatto trasecolare gli inquirenti è stato certamente l’ingestibile e scomoda novità di quattro veneti che pretendevano comunicazioni orali e verbali solo nella loro lingua madre veneta. Chissà quante domande tra il giovane Valmassoi ed il vecchio Carmine Damiano: possono? non possono? Dobbiamo chiamare un interprete? Ma non esiste l’albo degli interpreti veneto-italiano, come facciamo? Me li vedo. Una situazione italianamente tragicomica.

Ad un certo punto, in una mattina di inizio Maggio, a Valma o a Carmine deve essere balenata la grande idea. L’unica possibile per uscirne con pochi dolori lombari: l’archiviazione del procedimento. I due funzionari si saranno fatti forza a vicenda, giustificando le loro imprese investigative ed ora l’ improvvisa archiviazione con un concetto fondamentale della giustizia italiana: se qualcuno si accorge che sono gli imputati ad essere più interessati degli inquirenti ad andare a processo allora il processo non si fa perché c’è il trappolone. Concetto limpido ed infallibile. Lo stato così non rischia figuracce.

Quella mattina di Maggio, Valma e Carmine avranno pensato bisbigliando al telefono “ma chissene” se quei quattro veneti li volevamo interrogare ma non hanno risposto, se abbiamo fatto spendere denari inutili agli italici contribuenti per mandare una trentina di agenti in divisa ed in borghese quel sabato mattina a Vittorio Veneto per controllare una pacifica cerimonia con 15 patrioti veneti, se abbiamo sottratto tempo utile ad impiegati ed ispettori di questura e tribunale di Vicenza, Venezia e Treviso per redigere gli atti giudiziari riguardanti gli avvisi di garanzia, per gli interrogatori sospesi per incomprensioni linguistiche ed infine per fare gli atti finali di archiviazione del procedimento. Ma chissene. Volevano il processo? E noi non glielo diamo. Anche se costa. Costa tanto. Troppo. Tanto pagano loro. Gli italiani. Anche il nostro stipendio. Ma questa è ancora dopo 146 anni la vecchia Italia sabauda degli inadeguati funzionari perditempo, dei pm Valmassoi e dei questori Damiano che non conoscono la loro stessa Legge ma che agiscono pensando alla loro carriera costruita su un’inesistente “ragion di uno stato non nazione”.

Uno stato italiano ormai ridotto ad essere solo “tutto chiacchiere e distintivo”.

San Marco illuminali tu.

di Venetian Freedom
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