Cantar ła steła e łe orexeni del Nadal

Re: Cantar la stela e le orexeni del Nadal

Messaggioda Sixara » ven dic 26, 2014 11:59 am

Parké te pàrela normale la fameja indoe ke l nàse el Banbìn? :D
Ke dopo i ne la ga fata piaxere cusì...
dognimodo : mèjo 2 madòne-mame pitosto ke 2 Juxepi-papà. No sarìa mìa la prima olta ke on putìn/putìna i crése te na fameja indoe ke l papà nol ghè, fixicamente e moralmente o se l ghè sarìa mejo de nò.
Sarìa mejo ca ghe fùse mama-papà, naturale, ma tante olte i fiòli i è vegnù-su isteso col papà o senzha.
Mi a sò de òmani ke i se ga maridà, i ga fato fiòli co sta dòna... podopo i ga fato l coming out e dèso i è tuti pì contenti : lori, so mojère, i fiòi...
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Re: Cantar ła steła e łe orexeni del Nadal

Messaggioda Berto » mer dic 23, 2015 10:17 pm

Ensemenii contro el Nadal, el prexepio, el croxefegà
viewtopic.php?f=141&t=2022
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Cantar ła steła... : la finestrina de Nadàe

Messaggioda Sixara » gio dic 24, 2015 4:03 pm

X-maswindow

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con i miei migliori Auguri di Buone Feste :D
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Re: Cantar ła steła e łe orexeni del Nadal

Messaggioda Berto » ven dic 25, 2015 8:58 am

Popà Noel el shaman, l’arbareła majega, el camin e ła Befana
viewtopic.php?f=28&t=53

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Popà Noel el shaman, l’arbareła majega, el camin e ła Befana

https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... ZiU2s/edit
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Re: Cantar ła steła e łe orexeni del Nadal

Messaggioda Berto » ven dic 25, 2015 6:28 pm

Perché gli ortodossi festeggiano il Natale il 7 Gennaio?
06/01/2013
p. Daniele Marletta

https://qoelet.wordpress.com/2013/01/06/7gennaio

«Natale? Il 7 Gennaio? E perché?». Molti cristiani ortodossi si sono sentiti declinare in un modo o in un altro una domanda come questa. A dire il vero, gli italiani fanno spesso fatica anche a capire cosa sia un cristiano ortodosso; e pensare che l’Ortodossia è la più importante minoranza religiosa in Italia. A complicare la faccenda c’è anche il fatto che non tutti gli ortodossi festeggiano il Natale il 7 Gennaio, ma questo è un altro problema: non ne parleremo diffusamente, ma ne accenneremo in fondo. Nelle righe seguenti cercheremo di chiarire le idee sul calendario della Chiesa Ortodossa.

COMPLICHIAMO LE COSE
Natività
Per cominciare, complichiamo le cose, e diciamo che non solo gli ortodossi festeggiano il Natale il 7 Gennaio, ma festeggiano anche l’Epifania (che chiamano Teofania) il 19 Gennaio, e non il 6. Il problema, dunque, non riguarda soltanto il Natale ma molte altre feste. Quasi tutte. Le feste a data mobile (la Pasqua, ad esempio) possono a volte coincidere, nella data, con le corrispondenti feste cattoliche, anche se accade di rado. Per fare un esempio, nel 2013 i cattolici-romani festeggeranno la Pasqua il 31 Marzo, gli ortodossi il 5 Maggio; nel 2014, al contrario, ambedue festeggeranno la Pasqua il 20 Aprile. Questa “irregolarità” della Pasqua dipende dai complessi calcoli che ne regolano il ciclo. Non ci occuperemo, comunque, del calcolo della Pasqua (argomento che ci riserviamo per il futuro), ma soltanto delle feste fisse.
Ricapitolando: Natale il 7 Gennaio, Teofania il 19 Gennaio, Annunciazione il 7 Aprile… Il lettore più avveduto si sarà già accorto che tra le feste (a data fissa) cattoliche e quelle ortodosse ci sono sempre tredici giorni di differenza.
Perché tredici giorni? Per rispondere diremo che questi giorni di differenza non sono sempre stati tredici. Alla fine del XIX secolo, per esempio, erano dodici; alla fine del XVIII secolo erano undici… Per andare sul preciso: alla fine dell’anno 1582 la differenza era di dieci giorni; all’inizio di quello stesso anno, invece, non c’era alcuna differenza. Cosa è successo nel 1582?

UN PO’ DI STORIA
Fin dal IV secolo d.C., la Chiesa aveva adottato (e opportunamente adattato) il calendario in uso nell’Impero Romano, il calendario “giuliano” (così detto perché promulgato da Giulio Cesare nel 46 a. C). Nel 1582, Papa Gregorio XIII pubblicò la bolla Inter gravissimas, nella quale si dettavano le regole del nuovo calendario cattolico, che proprio da questo Papa prende il nome di “calendario gregoriano”. Si tratta del calendario tutt’oggi in uso nella maggior parte dei paesi del mondo. Motivo ufficiale della riforma? Il calendario giuliano aveva accumulato dieci giorni di ritardo rispetto al ciclo reale del sole, tanto che l’equinozio di primavera non cadeva più il 21 Marzo, ma l’11 Marzo. Anche qui ci sarebbe da fare più di un rilievo tecnico-scientifico sulle “inesattezze” del calendario giuliano, come su quelle del calendario gregoriano; lasciamo però anche questo per il futuro. C’è infatti una questione più spinosa da trattare. Quanto interessava realmente a Papa Gregorio XIII dell’equinozio di primavera? Probabilmente non gli interessava per nulla. Molto di più gli interessavano le conseguenze della sua riforma sulla vita dei cattolici.
Con la pubblicazione della bolla, passarono al calendario gregoriano l’Italia, la Francia, la Spagna, il Portogallo ed altri paesi cattolici. Il primo effetto immediato della riforma (probabilmente l’unico effetto che interessasse davvero al Papa) fu quello di costringere i cattolici a seguire un calendario diverso da quello degli altri cristiani. Soprattutto diverso da quello dei protestanti, che per molti anni furono i più severi critici di questa riforma. Dare ai cattolici un calendario diverso significava soprattutto impedire loro di frequentare le chiese protestanti. Questo fu probabilmente il vero motivo della riforma.
In seguito, comunque, anche i protestanti decisero di adottare il calendario gregoriano, così questo motivo iniziale fu quasi dimenticato.

E GLI ORTODOSSI?
Gli ortodossi hanno invece continuato ad usare il calendario giuliano. Inoltre, nel 1583, la Chiesa Ortodossa ha ufficialmente condannato il calendario gregoriano. Si potrebbe chiedere il perché di tanta ostinazione. Si potrebbe rispondere che gli ortodossi non si sentono in nessun modo obbligati dai capricci di un Papa del XVI secolo, né dalla sua personale polemica con i protestanti. La storia, come vedremo, ha dato ragione di tanta testardaggine.
Nella prima metà del XX secolo alcune Chiese Ortodosse hanno cercato di adottare (anche se soltanto parzialmente) il calendario gregoriano, con risultati disastrosi: il “nuovo” calendario ha trovato resistenze ovunque sia stato introdotto: in Grecia, in Romania, in Bulgaria sono nate Chiese parallele a quelle ufficiali. In questi paesi ci sono ortodossi “di nuovo calendario” e ortodossi “di vecchio calendario”; una situazione molto problematica, in cui le accuse di “modernismo” e “integralismo” si sprecano. Anche questo un argomento complesso da riservare al futuro. Al di là di queste reciproche accuse c’è infatti un dato importante: il calendario gregoriano, molto semplicemente, non è adatto alla struttura dell’anno liturgico della Chiesa Ortodossa. Tanto che anche laddove è stato (anche se solo parzialmente) adottato c’è chi suggerisce di tornare al calendario della tradizione. A tutt’oggi comunque la maggior parte dei cristiani ortodossi continua ad utilizzare il calendario giuliano.
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Re: Cantar ła steła e łe orexeni del Nadal

Messaggioda Sixara » sab dic 24, 2016 8:50 pm

Felìse Nòte paron... e tuti i jorni a vegnere :D
e Bona Hanukà, e 'lora... ke la scumì'zia doman, 25 de l mexe de Kislèw.
"Essa ricorda, in particolare, un prodigio: la tradizione vuole che quando, dopo tre anni di lotta Giuda Maccabeo sconfisse i nemici e riconsacrò il Tempio, una sola fiala d'olio consacrato bastò otto giorni dall'accensione del candelabro che doveva restare acceso perennemente nel santuario. A ricordo di questo evento, si accende per otto giorni una lampada chanukkjàh a nove bracci (di cui uno, il samàs, il servitore, offre la fiamma per accendere gli altri), progressivamente aggiungendo un lume ogni giorno."

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Doman xe hanucà, femo festa? :D

Doman, a l gheto, se scumì'zia frìzare crostoli e fritèle.


Anca a ti e a la to fameja, parona!
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Re: Cantar ła steła e łe orexeni del Nadal

Messaggioda Berto » sab dic 24, 2016 10:27 pm

Chanukkà
http://www.progettodreyfus.com/chanukka

Chanukkà deriva da una radice ebraica che ha vari significati e può essere tradotta con inaugurazione, in ricordo dell’inaugurazione del Tempio fatta dai Maccabei, oppure con consacrazione e destinazione di un oggetto alla sua funzione: quindi nel caso specifico, significa riconsacrazione del Tempio profanato dagli Ellenisti, per restituirlo alla sua primitiva funzione .

La radice Chanach, da cui deriva Chanukkà e Chinnukh (educazione), significa anche “educare”. Se l’educazione è un processo che per sua natura è dinamico, un investimento di cui non possiamo conoscere il risultato finale, Chanukkà è invece il prodotto finito. La rivolta ebraica scoppiò quando il nemico greco tentò di colpire proprio le radici culturali e religiose del popolo e più precisamente quando i Seleucidi, dominatori della Giudea, imposero agli ebrei di abbandonare progressivamente le proprie tradizioni. Di fronte al pericolo della perdita della propria identità, gli ebrei si opposero e organizzarono una resistenza che fondava le proprie basi sull’adesione all’educazione ebraica.

Contro un nemico militarmente più agguerrito, gli ebrei opposero la propria determinazione nel difendere la propria cultura e il diritto alla diversità contro il livellamento culturale imposto dalla cultura ellenista imperante. Non sappiamo con certezza quale sia il significato della storia dell’ampolla d’olio rimasta pura tra le macerie del Tempio: forse essa rappresenta il manipolo di persone sempre pronto a lottare per difendere la propria identità e dignità ebraica, a Gerusalemme come ad Auschwitz. L’olio, che sembra bastare per una sola generazione, si rivela sufficiente per alimentare lo spirito ebraico non solo per sette generazioni (un numero che rappresenta la sopravvivenza dell’uomo nei limiti della natura e della storia), ma per sette+uno, cioè per infinite generazioni, per un tempo che trascende la storia e la natura. Il miracolo di Chanukkà +è davvero strano: gli ebrei credono che ogni anno, nel momento in cui un ebreo accende il proprio lume, il miracolo si compia ancora: è il miracolo della sopravvivenza d una piccola minoranza in un mondo che non ha ancora assimilato l’idea che si può essere diversi, ma godere di eguali diritti.

Ma in questa lotta per i propri diritti, pur muovendosi tra le macerie, a Gerusalemme come nei campi di sterminio, ieri come oggi, importante è riuscire a non perdere mai di vista i valori che devono caratterizzare la vita dell’uomo. Per l’ebreo questi valori si devono affermare salvaguardando la propria dignità umana ed ebraica, anche nelle condizioni più disperate. Mantenere la Kedushà (santità) dell’immagine divina che è in ogni uomo è stata una delle imprese più difficili per gli ebrei che sono passati attraverso l’esperienza terribile delle Crociate, dei campi di sterminio nazisti e dei massacri nelle sinagoghe, come è avvenuto anche recentemente in Israele.

La nostra generazione, che ha avuto il privilegio di vedere ricostruito il “corpo” di Israele, ha anche responsabilità di muoversi con urgenza e determinazione per ricostruire lo “spirito” e la cultura di Israele, per proporla al mondo, così come mostra la Chanukkià (il candelabro a nove braccia che viene progressivamente acceso durante gli otto giorni della festa, ndr) all’esterno delle proprie case. La lotta contro la disinformazione che colpisce Israele e il mondo ebraico è uno dei modi migliori per onorare l’eredità dei Maccabei, pronti a combattere per l’indipendenza dello spirito di Israele.

Il significato di Chanukkà come inaugurazione testimonia quindi come questa festa sia il risultato di un processo che deve avere lo scopo di riconfermare la riconsacrazione di Israele a svolgere la sua rinnovata funzione nella storia dell’umanità.

Chanukkà Sameach.


Un candelabro davanti al mondo
Una lezione che possiamo trarre oggi dalla festa di Chanukka
Rav Scialom BahboutRav Scialom BahboutRabbino capo di Venezia
3 dicembre 2015

http://www.progettodreyfus.com/un-cande ... i-al-mondo

La civiltà greca era già riuscita a imporsi in tutto il bacino mediterraneo: comunque si voglia intendere questa storia, è chiaro che si trattò della vittoria di una piccola truppa, pronta a ogni sacrificio pur di non svendere la propria identità culturale di fronte a un nemico molto più numeroso e agguerrito.

Questa “globalizzazione” culturale non incontrò alcuna resistenza in tutto il mondo dell’epoca, anzi fu accolta come portatrice di nuova luce: gli unici a opporsi a questa colonizzazione furono i Maccabei. Il debito che il mondo e le religioni devono ai Maccabei è enorme: scrive il grande filosofo e matematico Bertrand Russel che se non fosse stato per la resistenza opposta dai Maccabei non ci sarebbero stati né il Cristianesimo né l’Islamismo.

Ci chiediamo però se il messaggio che i Maccabei volevano trasmettere è stato davvero recepito dal mondo; i popoli hanno fatto propria l’idea che l’identità spirituale, culturale e storica di un popolo è la cosa più preziosa che detiene e che non deve essere violentata da altri? L’idea che la verità dell’altro è rispettabile quanto la propria è diventata veramente retaggio di tutti?

La risposta a queste domande purtroppo non può che essere negativa e la perdurante crisi in Medio Oriente ne è una prova.

La negazione di eventi storici rilevanti e fondanti del popolo ebraico da parte del mondo arabo e islamico è una delle affermazioni più incredibili e fantasiose cui abbiamo assistito negli ultimi anni: il Tempio costruito dal re Salomone (là dove i Musulmani molti secoli dopo costruirono la Moschea di Al Aqsa e di Omar) non sarebbe mai esistito, Gerusalemme (città che non viene mai ricordata nel Corano) non sarebbe mai stata capitale del popolo ebraico e molte altre menzogne che il mondo accetta per vere.

Si tratta non solo di una “ricostruzione fantasiosa” della Storia, ma anche un segno evidente della mancanza di riconoscenza di quanto il popolo ebraico ha dato al mondo, negando così il debito religioso e culturale che questi popoli hanno nei confronti del popolo ebraico.

Questo negazionismo (che si associa a quello della negazione della Shoah) è alla base di quanto avviene nei continui attentati terroristici scatenati dai palestinesi in Israele, dopo che Hamas continua ad aggredire con razzi lanciati da Gaza la popolazione civile israeliana.

Il rifiuto e la negazione di Israele, iniziata con i massacri del 1929 di Hevron (città in cui gli ebrei risiedono da oltre 3.000 anni), continuò con la guerra lanciata contro lo Stato d’Israele dopo la proclamazione dell’Indipendenza nel 1948: l’emigrazione forzata di quasi 1.000.000 di ebrei dai Paesi arabi ha completato il rifiuto arabo e musulmano nei confronti del popolo del Libro, cui le altre due religioni monoteiste si sono ispirate.

La lezione di Chanukkà deve essere ancora recepita da quella parte del mondo che continua ad aggredire verbalmente Israele negandone la storia, le persecuzioni e le discriminazioni subite.

Oggi come allora gli ebrei in terra d’Israele sono rimasti gli unici ad accendere la lampada della libertà e della democrazia, del riconoscimento del diritto degli altri ad esprimere la propria identità, tanto che nel suo Parlamento siede una folta rappresentanza della minoranza araba.

Ancora una volta “i pochi contro i molti” sono stati costretti a far uso delle armi per difendere il diritto ad essere se stessi.

Non è un caso che lo Stato d’Israele abbia assunto come suo simbolo la Menorà, il Candelabro affiancato da due rami d’ulivo. Il candelabro è il simbolo della luce primordiale che il Creatore stesso ha dato al mondo nel momento della Genesi (“Dio disse sia la luce e la luce fu”); l’ulivo è il simbolo della pace e della fine di ogni guerra e ricorda l’ulivo che la colomba portò a Noè alla fine del Diluvio universale.

Chanukà è quindi sempre attuale: la resistenza di Israele per circa quattromila anni è una testimonianza del fatto che l’insegnamento dei Maccabei non è stato vano e che Israele vuole preservare intatta la propria cultura, basata sulla luce e sulla pace. Quest’ultima sarà raggiunta solo quando i palestinesi capiranno che i loro veri alleati sono gli ebrei che abitano in Israele.

Nonostante gli eventi tragici di questi ultimi mesi, nonostante le aggressioni cui sono stati soggetti anche in vari paesi europei e gli attentati recenti di Parigi, anche quest’anno gli ebrei accenderanno il Candelabro nella Diaspora e in Israele. E l’accensione verrà ancora una volta fatta pubblicamente, nella speranza che i suoi detrattori e nemici riconoscano l’insegnamento che è celato nella luce che da esso emana: come gli ebrei, così ogni popolo potrà così accendere la propria Chanukkà, senza negare e spegnere quella degli altri.
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Re: Cantar ła steła e łe orexeni del Nadal

Messaggioda Berto » lun dic 26, 2016 5:59 pm

"Non vogliamo turbare le altre religioni". E le scuole censurano il Natale
L'ideologia entra nelle scuola italiane. A Floro vietano ai bimbi di cantare "Astro del Ciel". E a Pontevico sparisce Gesù dalle canzoni di Natale. Così il Belpaese si sottomette al multiculturalismo
Sergio Rame - Lun, 26/12/2016

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 45982.html

Adesso le scuole censurano il Natale. Non per colpa dei bambini, ovviamente.

Ma perché a dirigerle ci sono presidi o insegnanti troppo impegnati ad abbracciare i figli degli immigrati per difendere le proprie tradizioni. E così succede che gli alunni di una scuola di Flero, in provincia di Brescia, non hanno potuto cantare Astro del ciel per "non offendere altre fedi". Un episodio simile era successo una decina di giorni fa a Pontevico, altro Comune della provincia di Brescia, dove la dirigente scolastica Paola Bellini aveva pensato bene di sostituire le parole della famosa canzone Merry Christmas. Anziché "canta perché è nato Gesù", nelle fotocopie distribuite ai bambini della scuola elementare, per le prove di canto, si leggeva: "canta perché è festa per te".

Il nome di Gesù fa paura, tanto da essere bandito persino dalle canzoni di Natale. Gli episodi aumentano di anno in anno. E, sotto il Natale, ovviamente fanno molto più clamore. L'ultima polemica ha investito il "Saggio di Inverno" di Flero. Come racconta l'Ansa, ai bambini è stata vietata la canzone Astro del ciel. Hanno pututo intonare la melodia, ma senza cantarne le parole. Un'assurdità senza precedenti giustificata con la difesa delle altre religioni. "Anche se lo Stato e la scuola si dichiarano laici nella loro autonomia - ha commentato l'assessore alla cultura del comune Bresciano Elena Franceschin - vorremmo che nelle scuole sul territorio si facessero 'Concerti di Natale' e non 'Saggi d'inverno' dove i ragazzi si sentano liberi di cantare Astro del Ciel senza pensare di poter offendere od escludere gli scolari che appartengono ad altre culture o ad ad altre religioni o si dichiarano atei".

Quello di Flero, purtroppo, non è un episodio isolato. Nei giorni scorsi, a Pontevico, dalle canzoni di Natale era stata cancellato il nome di Gesù. "Nelle nostre classi abbiamo tanti Crocifissi e quadri che raffigurano la Madonna - si era giustificata la dirigente scolastica Paola Bellini - ma, accanto a questi simboli, devono coesistere pacificamente anche degli altri, o delle altre attenzioni nei confronti dei valori dell’intercultura". E poi aveva tuonato: "Gli adulti stanno strumentalizzando uno spettacolo di bambini. Hanno sporcato il lavoro dei miei insegnanti. Stanno diffamando quello che doveva essere un canto di gioia". In nome della multiculturalità e dell'accoglienza, però, vengono abbandonate la nostra storia e le nostre tradizioni. L'anno scorso, a Como, un prete aveva addirittura letto una sura del Corano durante la Santa Messa di Natale. Episodi isolati che raccontano la sottomissioni che l'Italia e gli italiani si stanno auto imponendo.

Alberto Pento
Questa deprivazione canora è una grave violazione dei Diritti Umani Universali dei Nativi o Indigeni Europei, un vero crimine contro l'umanità. Gli insegnanti di questa scuola dovrebbbero essere licenziati in tronco e perseguiti penalmente e rinchiusi in manicomio o in un campo di rieducazione onde non possano più nuocere e siano aiutati a riumanizzarsi.
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Re: Cantar ła steła e łe orexeni del Nadal

Messaggioda Berto » mer dic 28, 2016 7:13 pm

“Tutto è scristianizzato”
Gli ayatollah del laicismo
Pubblicato 28 dicembre 2016

http://www.italiaisraeletoday.it/tutto- ... l-laicismo

“Tutto è cristiano”, scriveva Jean-Paul Sartre dopo la guerra. Duemila anni di Cristianesimo hanno lasciato nella cultura, nella lingua e nel paesaggio francese una traccia profonda. Ma non secondo il ministro dell’Educazione francese, Najat Vallaud-Belkacem. Ella ha appena annunciato che invece di dire “Buon Natale”, i funzionari statali dovrebbero augurare “Buone Feste”, un deliberato intento di cancellare dal discorso e dallo spazio pubblico ogni riferimento alla cultura cristiana in cui la Francia è radicata.
giulio-meotti-redattore-culturale-del-quotidiano-il-foglio-e-un-giornalista-e-scrittore-italiano

Jean-François Chemain lo ha chiamato “sradicamento di ogni segno cristiano dal paesaggio pubblico”. Un anno fa si infiammò la polemica nella cittadina francese di Ploërmel, dove un tribunale decise che la statua di Papa Giovanni Paolo II, eretta in una piazza, andava rimossa perché violava la legge sulla “laicità”.

Poi, un tribunale ordinò al comune francese di Publier di rimuovere una statua delle Vergine Maria. La senatrice Nathalie Goulet ha parlato di “ayatollah del laicismo”. I quotidiani della “sinistra” francese, indignati per il divieto del burkini in Costa Azzurra imposto dalla “destra”, appoggiano questa politica anticristiana.

Il Consiglio di Stato ha appena stabilito che “l’installazione temporanea di presepi in un luogo pubblico è legale se ha un valore culturale, artistico o di festa, ma non se esprime il riconoscimento di un culto o di una preferenza religiosa”. Quali precauzioni per giustificare una millenaria tradizione!

Nella città di Scaer, una casa di riposo è stata oggetto di una simile denuncia laicista per la presenza di un affresco della Vergine Maria. Poi è stata la volta della mangiatoia nella stazione ferroviaria di Villefranche-de-Rouerge, in Aveyron. A Boissettes, le campane delle chiese oggi sono mute per decisione del giudice.

Fortunatamente, alcune idee dell’Osservatorio della laicità – l’organo istituito dal presidente François Hollande per coordinare le sue politiche neolaiciste – non sono state attuate. L’Osservatorio ha anche proposto di eliminare alcune feste nazionale cristiane per far posto a quelle islamiche, ebraiche e laiche.

Il presidente Hollande, in occasione delle festività pasquali “ha dimenticato “ di rivolgere gli auguri ai cristiani di Francia. Pochi mesi prima, il capo dell’Eliseo aveva invece espresso i suoi migliori auguri ai musulmani di Francia in occasione della festa dell’Aid, che chiude il Ramadan. “Il saluto di Hollande ai musulmani è di natura opportunistica e politica. Per il Partito socialista, si tratta di una clientela elettorale essenziale”, ha detto il filosofo francese Gerard Leclerc, nel quotidiano Le Figaro.

Questa cristianofobia è il cavallo di Troia dell’Islam. Come scrive Charles Consigny sul settimanale Le Point, “a forza di questa tabula rasa del suo passato, la Francia farà piazza pulita del suo futuro”. Purtroppo, la Francia non è un caso isolato. Ovunque in Europa, una estenuante e laicista mancanza di determinazione e l’esistenza di valori confusi condannano il Cristianesimo a favore dell’Islam.

Un terrorista jihadista, che ha preso di mira un simbolo della tradizione cristiana, la settimana scorsa ha ucciso dodici persone in un mercatino natalizio a Berlino. Ma l’Europa sta già mutilando le sue tradizioni “per non offendere i musulmani”. Noi siamo diventati il nostro peggior nemico.

L’annuale processione a lume di candela di Santa Lucia (“Sankta Lucia”), una tradizione cristiana svedese che si celebra da centinaia di anni, “sta scomparendo”. Uddevalla, Södertälje, Koping, Umeå e Ystad sono alcune del crescente numero di città che non ospitano più questa bella manifestazione culturale. Secondo Jonas Engman, un etnologo del Museo nordico, l’interesse sempre minore per la processione di Santa Lucia accompagna una disaffezione più generale verso la cultura della Svezia cristiana.
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Uno studio condotto dalla Gallup International rivela che nella professione della religione cristiana, la Svezia è il paese “meno religioso del mondo occidentale”. Intanto l’Islam, contraddistinto da un nuovo, forte e motivato senso di determinazione e da una serie di valori propugnati dalla sharia, è sempre più diffuso.

Una scuola tedesca in Turchia ha appena vietato le celebrazioni natalizie. L’istituto Istanbul Lisesi, finanziato dal governo tedesco, ha deciso che le tradizioni e i canti di Natale non saranno più consentiti. Il Washington Post ha sintetizzato così la decisione: “Nessun insegnamento delle tradizioni natalizie, nessun festeggiamento e niente canti di Natale”. Non è un episodio isolato. In Germania, un grande magazzino di Woolworth ha abolito le decorazioni natalizie dicendo ai clienti che l’emporio “è ora musulmano”.
woolworths-store-in-germany-has-stopped-selling-christmas-decorations-because-it-is-now-a-muslim-shop

In Gran Bretagna, David Isaac, il nuovo capo della Commissione per le Uguaglianze e i Diritti umani (Ehrc), ha detto ai datori di lavoro che non devono sopprimere la tradizione cristiana per paura di offendere qualcuno. In precedenza, Dame Louise Casey, “zar” dell’integrazione del governo britannico, aveva già avvertito che “le tradizioni come la celebrazione del Natale scompariranno se la gente non difenderà i valori britannici”.

In molte città spagnole come Cenicientos, un comune della Comunità autonoma di Madrid, sono state rimosse le stazioni cristiane della Via Crucis. Poi, la sindaca di Madrid, Manuela Carmena,ha deciso di vietare la tradizionale esposizione dei presepi alla Puerta de Alcalá della capitale spagnola.
i-musulmani-reclamano-anche-la-moschea-di-cordoba

I musulmani reclamano anche “ la moschea di Cordoba” . Le autorità della città della Spagna meridionale di recente hanno assestato un colpo alla rivendicazione del diritto di proprietà della cattedrale da parte della Chiesa Cattolica. Costruita sul sito della chiesa di San Vincenzo, è stata una moschea per più di 400 anni quando la Spagna islamica faceva parte di un califfato, prima che il regno cristiano di Castiglia conquistasse la città e la trasformasse di nuovo in chiesa Ora gli islamisti la rivogliono indietro.

Anche il Belgio, la democrazia più islamizzata d’Europa, sta epurando la sua tradizione cristiana. Quest’anno a Holsbeek , alle porte di Bruxelles, non è stato allestito il tradizionale presepe, tra le polemiche sorte per “non offendere i musulmani”.

Come riportato dal quotidiano La Libre, i calendari scolastici della comunità francofona del Belgio stanno utilizzando una nuova terminologia laicizzata: la festa di Ognissanti (Congés de Toussaint) viene chiamata congedo di autunno; le vacanze di Natale (Vacances de Noël) diventano vacanze d’inverno; il Carnevale (Congés de Carnaval) è ora chiamato “congedo di riposo e relax” (Congé de détente) e le vacanze di Pasqua (Vacances de Pâques) sono diventate vacanze di primavera (Vacances de Printemps). E così, nella capitale Bruxelles, è stato anche installato un astratto albero di Natale Scristianizzato.

In Olanda, la tradizione cristiana di Black Pete è sotto attacco e presto sarà abolita. In Italia, quest’anno i preti cattolici hanno rinunciato al presepe per “non offendere i musulmani”.

L’esito finale del laicismo autodistruttivo dell’Europa potrebbe essere davvero un Califfato, in cui il destino delle sue antiche e belle chiese ricorda quello delle chiese di Costantinopoli, dove Santa Sofia, che per migliaia di anni è stata la più grande cattedrale del Cristianesimo, di recente è stata trasformata in moschea. La chiamata del muezzin ora riecheggia all’interno di questa pietra miliare cristiana, per la prima volta in 85 anni.

I terroristi islamici hanno colpito il Natale a Berlino, ma sono i laici cristiani che lo stanno abolendo in tutta Europa.
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Re: Cantar ła steła e łe orexeni del Nadal

Messaggioda Berto » ven dic 30, 2016 6:11 am

???

“NEL MIO PRESEPE MARIA HA IL BURQA PERCHÉ LA RELIGIONE È DIALOGO”: DON CORBO SI DIFENDE COSÌ

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http://www.direttanews24.com/maria-nel- ... -e-dialogo

Don Franco, da buon pastore «progressista» col cuore a sinistra, conosce l’aforisma di Marx, «La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni».

Il parroco della chiesa di Sant’Anna di Potenza ha deciso di «lastricare» il presepe di buonismo filo islamico. I suoi parrocchiani nella capanna hanno trovato il Bambino con una Madonna velata e un San Giuseppe-tuareg. Cos’ha combinato don Franco Corbo, 75 anni, ex animatore anni ’70 delle «comunità di base» con di concerti in chiesa degli Inti Illimani? Ha diviso, con un muro, presepe «orientale» e «occidentale»: nel primo ha inserito «regolarmente» Gesù, vuota la culla nella seconda mangiatoia.

Scusi don Franco, cosa le è saltato in mente? Non pensa che questa rappresentazione sia sacrilega per uno dei simboli più cari alla nostra tradizione cattolica?

«Nessun sacrilegio, anzi la volontà da parte mia di ribadire come la religione possa e debba rappresentare uno strumento di dialogo».

«Dialogo» con chi?

«Con tutte le altre fedi e tutte le etnie distrutte o ridotte in miseria dall’egoismo della società occidentale».

Sta scherzando o dice sul serio?

«Sono serissimo. Noi siamo in grado solo di costruire muri. Con questa logica di chiusura migratoria Gesù oggi non potrebbe mai arrivare da noi, resterebbe in Palestina».

È così lei ha deciso di farlo nascere in un presepe «arabo». Come se l’islam fosse un esempio virtuoso di tolleranza e solidarietà.

«L’islam, come tutte le religioni, è sinonimo di pace e fratellanza».

E come la mettiamo con i tagliagole, i kamikaze, i terroristi?

«Sono tutte aberrazioni che nulla hanno a che fare con le religioni».

Ma lei ogni tanto ci pensa al suo collega francese, monsignor Jacques Hamel, sgozzato sull’altare da due killer Isis dopo il rifiuto di inginocchiarsi ad Allah?

«Sì, ci penso e prego per lui. Come prego per i suoi assassini. Ma ribadisco: l’Isis non c’entra nulla con la religione islamica. E poi vorrei ricordarle una cosa…».

Dica.

«L’Isis semina morte con armi italiane che gli vendiamo attraverso l’Arabia Saudita».

E questo cosa significa?

«Che l’Occidente ha enormi responsabilità e che, invece dei muri, bisognerebbe costruire ponti, come dice Papa Francesco».

A fianco al suo presepe c’è una cartolina con il presepe di Marrakech. Anche lì la Madonna ha il burqa. Ma a lei l’iconagrafia sacra cattolica proprio non piace?

«Al contrario. Venga, le mostro la mia raccolta personale di presepi, divisi regione per regione».

A quale è più affezionato?

«A quello con le statuine che indossano i costumi tradizionali di Avigliano, il paese dove sono nato».

Altre preferenze?

«Il presepe con gli aborigeni e quello albanese con la statuina di San Giuseppe che beve da una botticella di grappa».


Alberto Pento
Santificare Maometto e l'Islam quale religione di pace e amore è un crimine contro l'umanità. Il male resta male e il bene resta bene. La civiltà civiltà e l'inciviltà inciviltà. Dialogare non significa confondere il bene con il male e l'inciviltà con la civiltà, la vittima con il carnefice, l'amore con il terrore, Cristo che non ha mai torto le ali ad una mosca con Maometto il razziatore terrorista che ha assassinato centinaia di persione, il cristianismo della fraternità con il nazismo islamico, il Dio o idolo cristiano dell'amore con il Dio o idolo islamico dell'orrore e del terrore. Prete bugiardo vergognati, fai schifo, dovresti essere cacciato dalla tua parrocchia come negatrore di Cristo, bestemmiatore e complice dei nazisti islamici?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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