San Marco e tornovia

San Marco e tornovia

Messaggioda Sixara » ven apr 24, 2015 1:01 pm

San Marco e tornovia
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Rixi e bìxi domàn, me racomando! Ke lè on magnare ca porta bèn, ono de i rituali da fare pa festejare te sto periodo cuà de l àno.
La dixe la Crepaldi tel so libro Gànzega!, tel capitolo dedicà a I Riti primaverili de :
... l'usanza di cuocere la frittata sugli argini dei fiumi, nei pioppeti, nei frutteti o nei campi vicini alle abitazioni il 25 aprile, San Marco ( altre date per quest'usanza ... possono essere Pasquetta o il 1° Maggio) è testimoniata più o meno unanimamente nella nostra regione. ... L 'usanza era, ed è ancora con vari aggiustamenti, diffusissima nelle province di Padova e Venezia, mentre nella provincia di Rovigo, lungo il fiume Po non ve n'è traccia. Verrebbe da ipotizzare una più marcata fedeltà alla Repubblica di Venezia e al suo patrono, in quest'area del Veneto, piuttosto che nel Polesine, zona di confine e di alterne dominazioni ...

... ma l'appuntamento celebrativo del 25 aprile, per le sue connotazioni .. risulta sicuramente di matrice più arcaica, almeno nelle radici agricole-rituali di questo appuntamento primaverile.
Alcune testimonianze hanno evidenziato degli elementi fondamentali per una lettura di questo genere ... :
accendere fuochi nei campi; mangiare la frittata o la focaccia; fare festa con danze e canti fino al tramonto; scongiurare così i pericoli per il raccolto e preservare la casa da insetti nocivi.
Racconta un giostraio che aveva la giostra a Codevigo ma che girava anche per i paesini del padovano, che fino a una ventina d'anni fa la gente, le famiglie si accalcavano sui campi e sugli argini, facendo accorrere i venditori ambulanti, i gelatai coi carrettini... un tempo veniva acceso il fuoco e con quattro pietre si costruivano dei rudimentali fornelletti, su cui si cuocevano delle grandi frittate, con l'aggiunta di salame e cipolla, di cui si servivano tutti, accompagnando la frittata con una speciale focaccia ... detta fugassa mula, molto grezza e dura, costituita solo da farine miste, acqua e sale.

No la jera nò, fa dèso, na 'generica scampagnata':

una testimone ci rivela : ... "ma comuncue a ghe jera on déto ke la fritaja se dovéa cuxinare e magnare fora de caxa parké se dixéa ke sinò le formighe saria vegnù tute in caxa!".
Un anziano agricoltore di Borbiago fornisce una lunga descrizione dell'usanza che si può riassumere così : ogni anno, a casa sua, la tradizione del giorno di S.Marco si svolgeva nel pomeriggio, quando attorno alla casa e nei campi vicini, si accendevano i fuochi e venivano cotte le frittate. In questo modo, egli diceva, nella casa in cui il rito è celebrato, non sarebbero più entrate le formiche né altri insetti molesti.

Giovani e intere famiglie mangiavano e facevano festa fino al tramonto con la frittata, il salame, polenta fredda, focaccia e vino, ma, secondo la tradizione, si doveva accendere anche un altro fuoco, chiamato pìrola pàrola, pronunciando la filastrocca : pìrola-pàrola soto le còtole dela vecia Fàvara!; un falò piramidale poteva essere acceso anche in altre date ( Pasquetta) e benedetto con l'acqua santa, avrebbe assicurato un raccolto sicuro e abbondante.
(...) Risulta evidente ... come ( anche questi usi primaverili) debbono essere ricondotti al concetto fondamentale che fa da supporto a tutto il ciclo di celebrazioni agrarie stagionali legate all'acqua e al fuoco.
Acqua e fuoco : nella cultura popolare essi sono gli elementi considerati promotori della crescita dei raccolti e della salute dell'uomo e delle bestie, o positivamente stimolandoli, o negativamente stornando i pericoli e le calamità che li minacciano, causati da malattie, sterilità, insetti nocivi.
Solo in qualche parola, in qualche scorcio di memoria è rimasto un barlume della coscienza di un legame funzionale fra la forma rituale e le motivazioni arcaiche, concrete, che la sorreggevano nel suo contesto originario delle economie preindustriali di tipo agricolo e pastorale.
(Crepaldi, pp.257-63)

Le acque primaverili liberavano tutta la loro forza benefica per cui i fiumi divenivano il naturale teatro della ritualità religiosa. Nel Basso Veneto e nell'intero Polesine, i corsi d'acqua esercitano sulla gente un fortissimo potere suggestivo e simbolico. E' di Stienta, vicino al Po, la credenza che per avere figli sani e numerosi, gli sposi debbano unirsi sulle acque del fiume. A Polesella e Crespino e in altre località della riva sinistra del Po, la gente del paese ha l'uso, in primavera, di andare con le barche in mezzo al fiume e di posare una corona di fiori in una fase fluviale che prelude alle piene... Donada nel Basso Polesine ha un'altra credenza : quando le acque del Po sono in piena e portano verso il mare legna e ramaglie, la gente li raccoglie, ne fa fascine per poi bruciarne circa trecento - il numero dei ponti che ci sono sul Po.
( AA.VV., Vita in Veneto,cit. p.121)


Elora : acoa e fògo - e fritàje e pinzhe da cuxinare sol fògo par dopo magnarsele vizhin l acoa. So l àrzare de on corso d acoa. :D

Fugàsa màta

So ndà tante olte anca mi!
A se faxéva on fogo sul arxere, se portava via la padela da caxa, se metea sìola.. i vovi, se metéa la legna senpre so l arxere, se faxea fogo e po' se magnava!
Se magnava la fugàsa mula, la se fa co tute le farine ke se ghéa in caxa : miglio, sorgo, formenton, orzo..
Se stava tuto el dì so l arxer, e dopo se xugava.. se se godéa ! Cuàn se xera xoveni!
E adesso?
Ah dèso basta a so' a piè! A so' vegnù vecio!
Codevigo (PD), fonte : U.Viale

La 'focaccia rituale' de l 25 aprile la vien ciamà in vari modi : fugàsa màta ( indoe ke màto l indica cl.sa de 'irregolare' 'variabile' fa i difarenti tipi de farine) o anca fugàsa de i poaréti o anca pinsa mula da nantri in Polexine. No savarìa parké se dixe mula - se parké sicome l è senzha lievito la vièn dura( e indijesta) o se ghe entra 'molare', maxenare.. no so ..
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Re: San Marco e tornovia : Le Rogasion

Messaggioda Sixara » ven apr 24, 2015 1:24 pm

'Sa fémo elora nantri polexàn el 25 de aprile ? A fémo le Rogasion :

Le Rogazioni si svolgevano in due tempi : il 25 aprile, litania maior, senza nessuna connessione con la festa di S.Marco, e nei tre giorni che precedevano la festa dell'Ascensione ( litania minor) , giorno in cui, al termine della messa domenicale, la processione si recava sugli argini del Po per lanciare una palla, o una croce o una corona di cera benedetta.Il corteo rogazionale muoveva dalla chiesa e nei tre giorni si spingeva tutto attorno, lungo i confini della parrocchia. Al termine del primo giorno si faceva tappa presso un oratorio padronale, il giorno successivo si riprendeva il giro fino ad un altro capitello.
Il corteo si snodava lungo sentieri e stradoni, scandito dalla recita delle litanie ai Santi, per esorcizzare fuoco, fame, guerra, grandine , alluvione, intervallando e rafforzando le invocazioni con vigorose percussioni della bàtola e con l'aspergis rivolto ai 4 punti cardinali. La gente, sulle cui proprietà transitava il corteo, piantava delle croci di salice in mezzo al frumento, chi aveva immagini sacre le esponeva e tutti ponevano, quale offerta al prete, dei cestini di uova sulle capezzagne che il sacrestano raccoglieva. Le Rogazioni maggiori si innestano sulla festa di Robigo, divinità romana che proteggeva il grano dalla ruggine, che si celebrava proprio il 25 di aprile, quelle minori, invece, sugli Ambarvalia ( arva ambire), del 29 maggio, una festa di purificazione, in origine in onore di Marte, successivamente di Cerere che consisteva principalmente nel sacrificio di un maiale , di una pecora o di un toro, i quali, prima di essere sacrificati venivano condotti processionalmente intorno al territorio della città, lungo una linea che ne segnava i confini. La festa di Roma si ripeteva con rituali simili in tutti i villaggi, lustratio pagi e in tutte le fattorie lustratio agrorum. Una descrizione del rito, con le relative preghiere, è in CATONE, De agri cultura 141, e in VIRGILIO, Georgiche I.
Alla base della cerimonia romana e di quella cristiana, vi era l'idea che la circumambulazione costituisse una difesa contro ogni pericolo che potesse venire dall'esterno. Da notare che la bàtola faceva la sua comparsa anche durante le rogazioni, sia nei campi che nel giorno dell'Ascensione, quando ci si recava sulla riva del Po o dell'Adige per lanciare la palla di cera fra le acque. Nelle sacre cerimonie antiche, i culti bacchici nella fattispecie, lo strepito provocato dalla percussione di metalli faceva parte dell'apparato liturgico, evidentemente per tenere lontane le presenze nefaste: ...ti accolgono voci festanti di giovinetti e di fanciulle, accompagnate dal frastuono dei timpani percossi e dal suono dei concavi bronzi ..., OVIDIO, Metamorfosi, IV.
(Crepaldi, cit. pp.288-89)

Quan ca pàsa i Galilei tira fora i pani mei
Le Rogassion le vegneva la stimàna prima de l'Asension,
el prete el pasava par le caxe e se ghe dava dei òvi o salame,
el benediva i canpi parché no i fùse batù da la tenpesta ...
e ghe ièra el deto : Quando pàsa i Galilei tira fora i pani mei !
che voleva dire che co pàsa i preti benedire ...
bixogna tirar fora da magnare !

Codevigo (PD) : U.Viale

La Rogasion Granda de Axiago

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(foto R.Strazzabosco)

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e sicome no ghi n ò catà gnan ona longo el Po, meto sta cuà

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de le piègore longo l Adexe :D
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