Etnorasixmo storego

Etnorasixmo storego

Messaggioda Berto » dom gen 05, 2014 7:56 pm

Il processo delle terre liberate
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... 9RYkE/edit

Immagine

Li taliani dapò ver desfà la tera veneta e copà xentenara de miliara de veneti li ciamava el Veneto
Veneto bubbone d’Italia
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... pTaUE/edit


Malavita a Trevixo
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... p5Ymc/edit

Immagine

Malavita a Treviso

Alla fine dell’infame guerra (La Grande Guerra ?)

2. Malavita a Treviso

Agli inizi degli anni venti l'ordine pubblico a Treviso è così precario e [a sicurezza dei cittadini così a repentaglio, che l'insostenibile situazione è resa oggetto di una inchiesta giornalistica.
Ne esce un quadro scottante attualità, tanto da lasciar perplessi circa la capacità di uno Stato come il nostro (di chi?), che spaccia la propria debolezza per garantismo e l'infingardia corporativa per conquista sociale, di saper e voler combattere davvero la microcriminalità e la criminalità organizzata.

Chi conduce l'inchiesta denuncia come ormai troppo comodo l'alibi delle conseguenze dovute alla guerra oppure della dispersione della forza pubblica nel territorio, per effetto delle continue agitazioni politico-sindacali.

"Il vieto pregiudizio che la guerra è la cagione della maggiore delinquenza attuale non deve essere assunto a scusante, né meno ancora il fatto che in altre città la delinquenza è del pari attiva e grave.
Treviso non è un grande centro che possa sentire un riflesso notevole anche nel male, né ha tradizioni che di tranquillità patriarcale".

Quali allora le ragioni che, a due anni dalla fine del conflitto, fanno di Treviso "un covo di ladri, di delinquenti di ogni specie, di ricettatori, di favoreggiatori, di imbroglioni, di spacciatori di monete false"?

Seguiamo il comparire del fenomeno nel tempo.
"Una volta a Treviso si dormiva con le porte di casa aperte,
ora bisogna tapparvisi e chi ha negozi o roba altrove dorme con l'animo sospeso pensando che alla mattina farà probabilmente una dolorosa constatazione".


"Caporetto aveva agito da spartiacque.
Fu a cominciare da quel tragico evento che la ‘mala’, in divisa o senza, ma avendo sempre l'esercito quale punto di riferimento, fece di Treviso la mecca dei suoi loschi traffici.
Tutta gente forestiera, segnatamente meridionale, che assorbì rapidamente i balordi della piccola delinquenza locale.


Da un lato, dunque, malfattori che conoscono la città come le proprie tasche, perché in molti vi "furono già da lungo tempo da militarie vi rimasero perché avevano fatto conoscenze adatte e lega tra di loro", individui "notoriamente colpiti da mandati di cattura, (...) suonatori ambulanti e pregiudicati calati da altro paese, e infine parecchi vigilati speciali (... che) se la spassano in qualunque ora del giorno lavorativo o festivo, nelle osterie e nei ritrovi pubblici;
dall' altro lato, manovalanza locale, o comunque veneta, dedita un tempo al furto di galline o al massimo di biciclette, ed ora imbaldanzita, perché entrata in un più lucroso commercio.

La loro audacia s'è venuta man mano formando dall'esperienza fatta di una quasi completa impunità, dal sapere che nessuno li disturba, dalle condanne lievissime in caso di arresto, dalla libertà di riunirsi, viaggiare, organizzare, vendere e nascondere la refurtiva".

La forza della associazione delinquenziale è provata anche da "un altro fatto degno della camorra napoletana d'altri tempi.
A qualche negoziante di qui è stato assicurato da qualche noto pregiudicato che, godendo della loro protezione, non avrebbero patito alcun furto".

La gente non ha dubbi.
"Per la conosciuta indole mite e laboriosa degli abitanti è risaputo da tutti che l'origine del male deve ricercarsi soprattutto nell'esistenza di elementi estranei alla città, che esercitano impunemente i loro loschi affari sotto l'egida della deplorevole inerzia degli agenti della pubblica sicurezza".

Ed è questo appunto che la gente non si spiega, non comprende perché l'autorità non riesca ad arrestare ed espellere delinquenti che sono traditi dalla loro stessa inflessione dialettale. "Sono sempre gli stessi.

Al tempo della ritirata di Caporetto, chi di essi non era soldato restò a Treviso e finì ripetutamente in carcere, chi era soldato prima e dopo disertò, andò in carcere e fu ... amnistiato.
Tutti hanno al loro passivo larghe serie di condanne; e sono sempre qui, fra i piedi, a godersi la libertà che non ha confine, di giorno e di notte, più di notte che di giorno".
La gente va deprecando che troppi esempi di mitezza ha dato l' autorità giudiziaria, causa questa non ultima se qualche agente è diventato svogliato o negligente, e il delinquente si fatto più audace".

La gente sa, però, che fare si doveva e si poteva, e che volutamente non fu fatto.
"Sarebbe bastato, ad evitare che la malavita riallacciasse le sue fila - (a guerra finita) - e ristendesse la sua rete, un'accurata vigilanza da parte dell'autorità locale competente e la deportazione di tanta gente venuta dal di fuori, alla quale mancavano i legittimi motivi della sua presenza.

Si richiedeva all'uopo un servizio di pattuglia, che, tuttora deficiente, allora mancava affatto, un numero conveniente di agenti realmente, e non per celia, investigatori, qualche sorpresa in qualche pubblico esercizio, qualche sopralluogo con relative retate di malviventi in qualche casa eccentrica, l'arresto e la deportazione di presenti organizzatori e la sorveglianza di sospetti favoreggiatori.
Non ultima si richiedeva la collaborazione dell'esercito, specialmente dei capi reparti, ai quali non sarebbe stato difficile prevenire e reprimere i furti commessi su vasta scala da soldati, specie automobilisti, ed il commercio clandestino da loro esercitato attraverso la cooperazione di congedati, divenuti improvvisamente padroni di frequentazione di parecchie automobili e di parecchi autocarri.

Di tutte queste misure di precauzione e di repressione della mafia importata nel Veneto e su più vasta scala nel Trevigiano che cosa fu fatto? Dovremmo rispondere nulla o quasi nulla".

La connivenza tra malavita di importazione e addetti all'ordine pubblico che rispondono alla stessa matrice regionale si legge tra le righe.
I diretti responsabili del mantenimento dell'ordine e della sicurezza si difendevano dall'accusa proveniente dall'opinione pubblica sostenendo che non si può procedere all'espulsione di alcuno quando "non vi sono motivi gravi".

Giustificazione che la gente respinge sdegnata, perché non può essere che ciò che a Treviso non si ritiene `grave' lo si ritenga invece a Udine, ove la questura era invece intervenuta ed aveva rimpatriato in pochissimi giorni centinaia e centinaia di forestieri che, come nel capoluogo della Marca, infestavano la zona.

Si insiste, insomma, sul sospetto della combutta o, quanto meno, del concorso esterno, e proprio per questo si rimane, scettici sulla possibilità di avere un futuro migliore.
"Non ci rassicura la esperienza del passato, il quale rivive nelle penose impressioni della cittadinanza che per lungo tempo assistette con profondo disgusto e fra gravi preoccupazioni all'indifferenza, eretta a sistema, delle autorità, quasi una parola d'ordine fosse corsa, dagli uffici ai corpi di guardia, di non disturbare la mala vita e di lasciar correre il triste e deplorevole andazzo.

Mai si prevenne, e di rado si represse con la dovuta energia la mala vita, la vera mafia, qui attratta dalla fama, onde la Marca Trevigiana fu ritenuta, dopo Caporetto, terra di facile conquista, come alla losca speculazione, così al più audace brigantaggio".

L'accusa si configura ormai in tutta la sua gravità, e Il Risorgimento' si rifiuta prudentemente di farla propria. Respinge però con fermezza il tentativo di giustificazione avanzato dalla forze dell'ordine – eterno ritornello di tutto lo apparato statale italiano –, cioè a dire la carenza di personale.

In Italia, i dipendenti pubblici eccedono, e troppo spesso sono reclutati con sistemi clientelari, per essere poi distribuiti malissimo sul territorio e impiegati peggio ancora.

"A Treviso, sede di Legione RR.CC. non c'è che una squadra di soli tre uomini dell arma che fanno servizio indagativo. E più incredibile ancora è il fatto che questi non dispongono neppure di una bicicletta, mentre tante biciclette vengono adoperate per piantoni, postini, scrivani, ecc. per null'altro fine che la polizia e non per quello direttamente.
Alla Questura poi, dove figurano in servizio, un Commissario, quattro o cinque vice commissari, un vice ispettore o dieci o dodici guardie investigative, il vero servizio di polizia giudiziaria non lo fanno che un vice commissario, il vice ispettore e due o tre guardie. Tre vice commissari sono da lungo tempo assenti e non vennero sostituiti, un terzo fino l'altro giorno aveva mansioni di ufficio che potrebbero essere sbrigate da chi a differenza sua conosce la città e l'ele mento delinquente, e grande numero di guardie sono negli uffici a scrivere e a rovinare carte. (...) Succede un delitto grave di notte?
Non c'è che un piantone, alla Questura. Tutti gli altri sono a casa a letto e gli uffici sono chiusi.

Ammazzano qualcuno per la strada?
La Questura lo sa il giorno dopo dai giornali o dopo molte ore perché gli agenti investigativi ... investigano sulle carte in ufficio e non sono fuori a raccogliere notizie ed a fare servizio".

L'indignazione, a questo punto, esplode. "Fuori, in città, a conoscere l'ambiente, a constatare che soldati offrono ‘pacchi vestiario’ che forse non son che pezze di stoffa rubate nelle recenti imprese, (...) senza ritegno, sicuri della indifferenza o della paura di chi accetta e delle assenze di chi dovrebbe essere ovunque presente".
Fuori, "prima che la giustizia ufficiale venga sostituita dai cittadini onesti, che hanno il sacrosanto diritto, in assenza dello Stato, di difendersi nella persona e negli averi contro il brigantaggio, qualunque ne sia l'etichetta".


Voleva essere un monito, non una previsione.
Il monito non fu raccolto, e successe quello che per forza succede quando le cose vanno così.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... fronto.jpg

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... oneghi.jpg

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 11/268.jpg

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 11/269.jpg
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Etnorasixmo storego

Messaggioda Berto » dom gen 12, 2014 9:27 am

El caxo de la Briansa

El sprèso talego-teronego de li parasidi par coeli ke laora.

La Brianza velenosa del cineasta Virzì

http://www.lindipendenza.com/la-brianza ... a-di-virzi

di GIULIO ARRIGHINI e ROBERTO BERNARDELLI*

In fin dei conti devono aver pensato che Lucio Battisti fosse l’interprete sociale di un modo unico di pensare quando cantava la sua “Brianza velenosa”, ma il film di Virzì che oramai farà cassetta per il can can che ha mosso sputando il suo veleno sull’area ammortizzatore sociale del paese, è figlio di un modo di pensare ancora ideologico e pregiudizievole sul Nord. Egoista e chiuso in se stesso. Insomma, dopo la saga Benvenuti al Nord e al Sud, ecco il modello nordico equiparato al deteriore modo di essere, esistere, evadere, sfruttare, costruire steccati urbanistici e nulla altro.

Insomma, dal provincialismo al leghismo all’egoismo al ruberismo. Il film “Il capitale umano”, ispirato al libro di Amidon, non solo stereotipizza ma disprezza. Fa niente se qui, a Monza, è nata la prima Confindustria d’Italia e se le imprese chiudono perché governo dopo governo, sindacati dopo sindacati, le tasse dello statalismo romano hanno portato vuoi alla delocalizzazione vuoi a soccombere davanti alla competizione di quelli che hanno voluto a tutti i costi l’est in Europa e l’euro anche al Sud, una sola moneta per economie distanti e diverse. La disoccupazione e la povertà crescono al Nord più velocemente che nel Mezzogiorno, ma per la cinematografia politicamente corretta il Nord è ricco e avido. Como è un fallimento perché un Politeama non è stato ristrutturato.
Va bene. Parliamo del Petruzzelli di Bari o dell’Ilva di Taranto. Due città modello. Parliamo della burocrazia figlia del Sud, quella che gestisce lo Stato nei suoi gangli vitali. E che è la matrice matrigna dello Stato che genera lo statalismo. Ma la Brianza è peggio, è l’apoteosi del male nell’ultimo spicchio di Paese ancora rimasto sano per un anelito di liberismo e voglia di fare impresa. Parliamo di quello che la Brianza ha esportato e ciò che hanno esportato la Sicilia, la Calabria, la Campania. Vi va?

Nessuno è perfetto, ma la spazzatura alberga a Napoli e non nel senso di legalità, ordine e pulizia dei brianzoli comaschi, monzesi, lecchesi. I bambini muoiono sbranati dai cani non in Brianza ma più giù seguendo la forza di gravità. Tuttavia il disprezzo c’è e resiste, spadroneggia nel prendere per i fondelli l’idea stessa di Nord e di terra padana. Il Nord come una macchietta. Virzì parla di un “paesaggio gelido, ostile e minaccioso”, racconta di “grumi di villette pretenziose, di ville sontuose dai cancelli invalicabili”. Tutto qui. Parliamo del volontariato che primeggia in Brianza e in Lombardia dalla donazione di sangue all’associazionismo che fa assistenza? Di questo Nord Virzì non parla. Ma dai…

L’Istat racconta di questo altro Nord, l’opposto dell’egoismo del capannone stereotipo di Virzì. Il no profit conta 157mila unità al Nord, contro le 79mila unità del Mezzogiorno solidale e aperto. Lombardia e Veneto detengono il record: il 15,3 e il 9,6 per cento delle realtà. Quanto ai volontari, Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia Romagna e Piemonte registrano il numero più elevato di volontari (oltre le 400mila unità).

Il lavoro, il Pil, le tasse, i trasferimenti a Roma abitano in Brianza e al Nord. La solidarietà abita a casa nostra. Ma anche la dabbenaggine del politicamente corretto che vuole a tutti i costi abbassare la testa davanti agli illuminati intellettuali che ne sanno sempre più di noi. Fosse davvero velenosa, la Brianza. Morsicasse chi la imbratta di ideologia romana.

*Segretario e presidente Indipendenza Lombarda


Comenti ==============================================================================================================================


lucano
9 Gennaio 2014 at 11:42 pm #
Ma Virzì è livornese! Ma perché gli autori di qs articolo tirano in ballo il sud?
Se qualcuno mi insulta o vli rispindo non tiro in Napoli o il Petruzzelli.
La realtà è che il vostro è odio! Allo stato puro!
Odio

REPLY
Michelangelo
10 Gennaio 2014 at 1:43 pm #
Virzì è nato a Livorno ma il papà è un carabbiniere siciliano (toh, che novità)
per quanto riguarda l’odio, fatevi un esame di coscienza, per vedere se questo odio è puramente gratuito oppure se dietro ci sono delle cause di cui siete responsabili

REPLY
Francesco Altavilla
10 Gennaio 2014 at 2:50 pm #
Quindi , secondo te, saremmo responsabili di essere stati invasi, massacrati ( da “gentiluomini” polentoni come Cialdini,Govone, Negri,ecc), deportati(Fenestrelle,ecc), costretti ad emigrare a milioni. E quando abbiamo tentato di liberarci dall’oppressione nazi-polentona, siamo stati definiti “briganti”, siamo stati cannoneggiati dalla flotta del re polentone (Palermo 1866), siamo stati fucilati perché ..”separatisti”(1946-50). Mentre voi, che avete pianificato questo genocidio, sareste delle persone per bene, “civili”, di razza superiore . Insomma come si consideravano i Tedeschi nei confronti degli Ebrei. Voi, soprattutto voi leghisti seguaci del pregiudicato di Gemonio, siete soltanto degli…

REPLY
Michelangelo
10 Gennaio 2014 at 11:40 pm #
ok, mi sembra di capire che hai fatto un esame di coscienza e ne hai concluso che l’odio nei confronti dei meridionali è puramente gratuito e senza alcuna responsabilità da parte vostra, anzi, casomai siete voi quelli che dovrebbero odiare, però siete buoni e ci perdonate alla modica cifra di 50 miliardi di euro l’anno

REPLY
Francesco Altavilla
11 Gennaio 2014 at 1:15 am #
Da dove ha tratto questi 50 miliardi? Dal libro del piemontese Ricolfi, sedicente sinistrorso ed idolo dei leghisti ? Quel Ricolfi che dopo aver scritto che il tasso di disoccupazione nel Sud e’ più del doppio di quello del Nord, che il reddito e’ meno della metà di quello “nordista”, ha dedotto che al Sud si vive meglio perché ..si ha più tempo libero ! Che sublime minchiata ! Quindi i disoccupati disperati, costretti ad emigrare, nel frattempo..sarebbero felici ! Già che c’era , poteva pure scrivere che le decine di migliaia di Meridionali, aggrediti e massacrati dall’esercito polentone di Cialdini ( 1860-70) , essendo morti, si riposavano perché non dovevano più lavorare! VOI POLENTONI SIETE PEGGIO DEI TEDESCHI. Ameno quelli ora si vergognano per i massacri che hanno fatto. Voi invece considerate la vostra storia, il vostro passato , encomiabile.Siete stati sempre buoni, mentre i Meridionali..razza inferiore. Ma per favore..

REPLY
Michelangelo
11 Gennaio 2014 at 12:45 pm #
Dal fatto che la disoccupazione al sud sia doppia, il reddito la metà e i consumi uguali, se ne deduce che al sud evadono e lavorano in nero.
E poi nessuno ha mai sostenuto che i padani sono sempre stati buoni, al massimo puoi trovare chi sostiene che voi meridionali siete e siete sempre stati mafiosi.

REPLY
Francesco Altavilla
11 Gennaio 2014 at 5:40 pm #
Ha ragione ! Non me ne ero accorto, i consumi sono uguali ! Di conseguenza, le migliaia di giovani meridionali che , per sopravvivere, emigrano all’estero, raggiungeranno i luoghi di lavoro con Mercedes ed aerei privati e risiederanno in lussuosi alberghi ! Grazie per la buona notizia ! Sembra una favola..Quanto alla mafia penso , però, che lei sia poco informato. Decine di magistrati meridionali sono morti o sono minacciati per contrastare i criminali che saccheggiano il Sud. Però, capi di governo lombardi , e loro sodali, dopo aver intascato i miliardi del pizzo e degli appalti , arraffati al Sud e depositati in banche brianzole, li utilizzano per costruire Milano 2, diventando miliardari. E sono felici di poter nominare parlamentari i mafiosi. Addirittura li propongono ai loro elettori padani come ” eroi”(Mangano). Lo schema applicato e’ lo stesso dal 1860: SACCHEGGIARE IL SUD ED ARRICCHIRE IL NORD. Michelangelo, si informi meglio e comunque ..buon 2014.

...
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Etnorasixmo storego

Messaggioda Sixara » dom gen 12, 2014 10:18 am

Berto ha scritto:El sprèso talego-teronego de li parasidi par coeli ke laora.


On articolo de bàso profilo e i comenti de conseguenza, fati da ki- probabile- ke no' i gà lèto el libro visto el film.
Tenpo perso.
Avatar utente
Sixara
 
Messaggi: 1764
Iscritto il: dom nov 24, 2013 11:44 pm

Re: Etnorasixmo storego

Messaggioda Berto » dom gen 12, 2014 6:29 pm

Sixara ha scritto:
Berto ha scritto:El sprèso talego-teronego de li parasidi par coeli ke laora.


On articolo de bàso profilo e i comenti de conseguenza, fati da ki- probabile- ke no' i gà lèto el libro visto el film.
Tenpo perso.



Comento==============================================================================================================================

Garbin
12 Gennaio 2014 at 1:17 pm #
Ho visto il trailer,
in una scena fa vedere delle famiglie lombarde sedute a una tavola imbandita, e brindare dicendo : abbiamo rubato il futuro ai nostri figli (con aria soddisfatta) e altre cattiverie, e giù a tracannare vino.
Ma quanto bisogna essere miserabili nell’animo a far dire in un film una cosa del genere a gente di una regione che tiene in piedi questa schifosa baracca e che manda miliardi su miliardi alle regioni parassite? questa frase la doveva far dire a un meridionale, abitante in un territorio che vive da tempo immemore ben al di sopra delle sue possibilità, e che ringrazia inviando mafiosi a tutto il territorio.

http://www.youtube.com/watch?v=nz3D4YmYUng

Nel mondo cosiddetto benestante tutto ha un prezzo, anche la vita delle persone. E a togliere ogni dubbio a riguardo ci pensa, a partire da oggi, il nuovo film di Paolo Virzì, “Il capitale umano”, tratto dal romanzo omonimo di Stephen Amidon (Mondadori).
Chi ha letto il libro di Amidon si accorgerà subito del fatto che, pur rispettando il senso dell’opera originaria, il film assume una totale autonomia dalla pagina scritta. E questo accade soprattutto in termini di narrazione.
...
Diverso anche lo scenario: il Connecticut del romanzo è stato rimpiazzato con una località non ben definita della Brianza.

Parké no el lo ga anbientà en Siçilia, endoe ke li desfa i toxeti ente l'axeo?
O a Napoli e Roma endoe ke li bruxa i canpi dei singani come ke se fa col debio?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Etnorasixmo storego

Messaggioda Sixara » dom gen 12, 2014 8:06 pm

Berto ha scritto:Parké no el lo ga anbientà en Siçilia, endoe ke li desfa i toxeti ente l'axeo?
O a Napoli e Roma endoe ke li bruxa i canpi dei singani come ke se fa col debio?

PARKE' el so film nol trata de i problemi del Sud ma de cuei del Nord; parké l è on opera artistica e NO' on documentario storico e l artista el decide lù còsa metare te la so opera.
Mi a difarenza de tuti cuei ca discore par gnente PRIMA de dare on judizio ( sol film, so la cualità artistica del film ke de cuesto se trataria) almanco me lo vardaria ( no digo me lezo anca el libro de Amidon..) ma ALMANCO me vardo el film, nò el trailer.
Dopo digo par cusì e cusì.. :|
Avatar utente
Sixara
 
Messaggi: 1764
Iscritto il: dom nov 24, 2013 11:44 pm

Re: Etnorasixmo storego

Messaggioda Berto » dom gen 12, 2014 9:29 pm

Sto ki lè n'artista co li skei anca mii (coeli kel stado talian el me ga ciavà anca a mi par dargheli a li so amighi).
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Etnorasixmo storego

Messaggioda Berto » lun gen 13, 2014 9:30 am

Virzì è solo l’ultimo: da 150 anni ci sfottono e rapinano. E noi zitti

http://www.lindipendenza.com/virzi-e-so ... -noi-zitti

di GIANFRANCESCO RUGGERI

Ho distrattamente seguito la polemica che ha contrapposto il regista Virzì ad un risotto di amministratori lombardi: che noia!

Non capisco tutto questo clamore, non capisco perché questo accanimento verso Virzì che in fin dei conti non ha fatto nulla di particolare, né di nuovo. Sono decenni che ci insultano, che ci deridono, che ci disprezzano e c’è di peggio, c’è anche chi ci rapina e ci sfrutta: ve ne accorgete solo ora? Pensate veramente che Virzì sia il primo che ci “sfotte”? La cento-cinquantennale storia d’Italia si basa su questo principio, è sempre stato così e sempre sarà così, finchè ci sarà Italia. In questo contesto Virzì non ha fatto nulla di eccezionale, ha giusto girato un film e francamente non capisco perché se la prendano con lui, mentre tanti altri l’hanno passata liscia e ci hanno deriso impunemente.

A mio giudizio il problema non è né Virzì, né il suo film, il problema è la cronica mancanza di orgoglio che contraddistingue noi padani, pecoroni buoni solo a pagare e subire, subire e pagare, mentre al sud sanno perfettamente come farsi valere. Quando la Pomì ha osato dichiarare che utilizza solo pomodori lombardo-emiliano-veneti è venuto giù il mondo, è insorta la tutta la Campania, hanno scatenato un linciaggio mediatico contro la povera azienda lombarda cui ha partecipato persino quel luminare della ministra De Girolamo e ribadisco che la Pomì si era solo limitata a comunicare l’impiego di prodotti della zona: solo da qui, solo Pomì. Per la cronaca nessuno dei nostri ha difesa l’azienda.

In questo caso Virzì e La Repubblica hanno lanciano provocazioni ben più gravi, eppure il milanessisimo ministro Lupi tace, Maroni anche. Maroni? Si, Maroni… Ma, Maroni chi? Dai, quello della regione. Per di più Maroni non solo non sembra avere detto nulla in difesa della Lombardia, ma neppure in difesa di sé stesso, nonostante sia stato direttamente chiamato in causa e non da ieri, dato che già nel giugno dell’anno scorso il suo nome compariva in un’intervista rilasciata da Virzì. Il regista ai tempi aveva già annunciato che il suo film sarebbe stato un viaggio nella ricchezza facile, fra i quattrini guadagnati con metodi spregiudicati. Inoltre Virzì aveva dichiarato: la cosa più difficile è stato convincere Fabrizio (l’attore Fabrizio Bentivoglio) ad interpretare una merda, tirando fuori il suo lato spietato. A quel punto l’intervistatore faceva notare al regista che Bentivoglio, che ha il ruolo di un immobiliarista, è quasi irriconoscibile grazie a un terrificante toupet in testa… e Virzì rispondeva: Il suo personaggio è un piccolo borghese lombardo: mi sono ispirato a Bobo Maroni, oltre che all’agente immobiliare che ci ha affittato la villa in cui è stata girata parte del film.

Non so se in questo caso valga la proprietà transitiva, però se così fosse, visto che Bentivoglio interpreta una “merda” e visto che Virzì per delineare questo personaggio si è ispirato a Maroni… ognuno tragga le conclusioni che più ritiene opportune!

In realtà la Regione si è fatta sentire, eccome se si è fatta sentire, infatti l’assessora Cappellini (ma allora esiste veramente!!!!) ha dichiarato che il film di Virzì è “una caduta di stile che non gli fa certo onore“. Agguerrita!

Sbalorditivo invece il comportamento dell’assessore provinciale di Monza che prima ha dato il via alla polemica e poi dopo aver visto il film ha dichiarato che non è girato in Brianza, la Brianza nel film non si vede, non c’è, le scene sono girate solo a Como e Varese. Caro ragazzo, allora va tutto bene? Due palate di “merda” sulla Lombardia vanno bene, purchè non piovano su Monza? Alla fine il cerino è rimasto in mano all’assessore alla cultura di Como, l’unico che non ha potuto tirarsi indietro o far finta di niente, infatti in un’intervista Virzì ha accusato la città di non avere neppure un teatro aperto al pubblico. In risposta il povero assessore ha rilasciato una dichiarazione roboante: Virzì non conosce la città, ohibò!

Tutto questo cancan mediatico ha solo giovato al film, cui ha fornito un’ottima e gratuita promozione e l’unico vago ripensamento di Virzì è stato un tweet in cui ha cercato di smorzare i toni: voglio bene al popolo del Nord, so a memoria i cori alpini e adoro il risotto. Che brào fiulin, che stelina che l’è!

In particolare dicendo voglio bene al popolo del Nord riconosce l’esistenza del popolo padano e non è cosa da poco, grazie Virzì, inoltre aggiungendo che adora il risotto mi dà un interessante spunto di riflessione. Probabilmente vi è noto che la curva della Juve è stata chiusa per due turni per “discriminazione territoriale”, in pratica hanno cantato “Napoli merda”, quindi consiglio agli ultras bianconeri di seguire l’esempio di Virzì, la prossima volta dopo “Napoli merda” aggiungete subito “però adoriamo i babbà!”: magari funziona…

Scherzi a parte il problema rimane, se il medesimo film fosse stato ambientato al sud magari da un regista di nome Brambilla, sarebbe venuto giù il mondo, sarebbe sceso in campo persino sua eccellenza, anzi sua magnificenza il presidentissimo Giorgio: ogni accusa sarebbe stata smentita, ogni denuncia tacitata e là dove ciò non fosse stato possibile la colpa dei mali del sud sarebbe stata magicamente appioppata al nord, perché in fin dei conti è sempre colpa nostra. E poi si sarebbe mossa anche la magistratura e questo è il vero punto nodale, perché le polemiche sono per lo più inutili, servono fatti, si deve reagire con i fatti, non a parole. Immagino che il nostro affezionato lettore Dan sarà già corso in giardino a dissotterrare l’ascia di guerra, ma con fatti non intendo certo far andare le mani, i fatti migliori si fanno usando la testa. No Dan, niente testate! In Italia non esiste forse la legge Mancino che punisce ogni discriminazione? Non ci ha ricordato di recente Claudio Franco la vicenda di quel poveretto che, dopo aver definito l’Italia “un paese di merda”, si è preso 1.000 euro di multa? Non vengono puniti i reati di opinione? Non vige la dittatura del politically correct?

Visto che le regole del gioco sono queste una volta tanto facciamoci furbi e usiamole a nostro vantaggio, quindi si stabilisca se veramente Virzì ci ha offeso, se veramente il suo film e le sue interviste sono discriminatorie e calunniose e a quel punto si vada per vie legali, si utilizzino gli strumenti legislativi esistenti, altrimenti derubrichiamo il film a semplice manifestazione artistica e i polemici non ci rompano più le scatole, ci lascino padanamente lavorare, perchè non abbiamo tempo da perdere. Di conseguenza invito quanti tra i nostri lettori sono avvocati a farsi avanti, valutino se veramente il film e le interviste di Virzì sono offensive, denigratorie e razziste e poi, se possibile, procedano con una class action, una causa collettiva di risarcimento cui tutti i lombardi possano aderire: io fin da ora ci sto. Non solo contro Virzì però, ma anche contro La Repubblica, contro lo stato italiano che lo ha finanziato e magari anche contro tutti quelli che nel corso degli anni hanno gettato fango sulla nostra gente e sulla nostra terra. Se vogliamo dire basta ad una situazione decennale, diciamolo veramente e seriamente, diciamo basta con i fatti, senò non perdiamo neppure tempo a bisticciare come bimbi, tanto alla fine danno sempre ragione agli altri. Padania libera!

Comento================================================================================================================================
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Etnorasixmo storego

Messaggioda Sixara » lun gen 13, 2014 11:22 am

Berto ha scritto:...che noia!

el dixe GF Ruggeri. Ke NOIA fioli : ma lo ghìo visto el film Tutto tutto niente niente de G.Manfredonia co Albanexe te i pàni de Rodolfo Favareto? Gnente da dire par lì?
E del film sponsorixà da la Leganord ( ma pagà da tuti), kel Barbarossa ke, pare, el ne xe costà 30 milion.. e dea polemica sol film so Vallanzasca?
I ghe ne fa on mùcio de film mediocri, de libri anca.. faxì de manco da vardarli ke i xe SEMPRE na finzion. Ciapeve sù e ndaxì fòra a caminare, pa i posti indoe ca staxì.. e vardeve intorno, ke cueo el xe el vero film de la nostra vita.
BASTA vardare la TV ke la ve fà male. :)
Avatar utente
Sixara
 
Messaggi: 1764
Iscritto il: dom nov 24, 2013 11:44 pm

Re: Etnorasixmo storego

Messaggioda Berto » ven gen 24, 2014 11:11 pm

L’indipendentismo veneto guardi ai trucchi dei tiranni

http://www.lindipendenza.com/lindipende ... ei-tiranni

di ENZO TRENTIN

Anche in questo giornale, ma non solo qui ovviamente, ci si chiede perché gli individui sottomessi non perdono soltanto il coraggio bellico ma anche soprattutto la vitalità, e divengono pusillanimi e fiacchi, incapaci di ogni grandezza. I tiranni ne sono ben consapevoli e, vedendo che prendono questa piega, fanno il possibile per renderli sempre più deboli e vili.
Per coraggio bellico qui, evidentemente, non intendiamo l’uso della forza armata, bensì la capacità di rivolta nonviolenta. ???
Mentre appare ovvio che la definizione tiranni ben si attaglia a quelle poche manciate di uomini che usano il moderno partito politico come macchina centralizzata al servizio del leader, e della quale il leader non avrebbe potuto fare a meno per raggiungere i suoi scopi. E qui non facciamo nomi per non insultare l’intelligenza dei nostri lettori.

Senofonte, uno degli storici greci più seri e stimati, riferisce in un suo libro un dialogo sulle miserie del tiranno, che ebbe luogo tra Simonide e Gerone, tiranno di Siracusa. Questo testo è pieno di rimostranze giuste e severe, che hanno anche, a nostro parere, nei limiti del possibile, molto garbo. Sarebbe stato augurabile che i tiranni di tutti i tempi se lo tenessero davanti agli occhi per rispecchiarsi in esso: non possiamo credere che non vi avrebbero riconosciuto i propri vizi e non si sarebbero vergognati delle proprie colpe. In questo trattato, egli racconta la sofferenza dei tiranni che, facendo del male a tutti, sono costretti ad aver paura di ognuno: fra le altre cose, egli dice che i cattivi re assoldano truppe forestiere, in quanto non oserebbero armare i propri sudditi, che hanno tanto maltrattato.

E qui vogliamo fare qualche constatazione: si osservino i politici italioti come sono sempre circondati da guardie del corpo pagate dai contribuenti. Si rifletta sul fatto che è molto difficoltoso ottenere il porto d’armi. Si constati come in Italia il servizio militare di leva era visto come una servitù appunto, e non come autodifesa della comunità com’era nella civiltà comunale. Una servitù miliare perché i vari governanti non hanno mai avuto alcun interesse a sviluppare il senso civico di istruzione all’autodifesa della comunità, poiché essi hanno sempre preferito utilizzare quella massa di manovra, quella carne da cannone, per guerre e colonizzazioni, dalle quali il popolo poco aveva da beneficiare e tutto da spendere sino anche la vita dei propri figli migliori. Oggi l’Italia ha una forza armata di… “mestiere”.

Naturalmente vi sono stati buoni re che hanno assoldato degli stranieri, in passato più che ora, ma con un altro intento: risparmiare i propri sudditi, senza curarsi della spesa necessaria per raggiungere questo scopo. Così diceva – ci sembra di ricordare – Scipione l’Africano: «è meglio salvare la vita a un cittadino che uccidere cento nemici». Senza dubbio, però, è assodato che il tiranno non crede che il suo potere sia assicurato fin quando non è riuscito ad avere sotto di sé tutti uomini senza valore. Perciò gli si diranno a buon diritto le parole con cui un personaggio di Terenzio, Trasone [L'Eunuco, atto III, scena I, vv. 414-415.], si vanta d’aver rimproverato un domatore d’elefanti: «Ti dai tutte quelle arie perché comandi a delle bestie».

Questa astuzia dei tiranni nell’abbrutire i propri sudditi si manifestò in modo chiaro nel comportamento che tenne Ciro il Grande (590 a.C – 529 a.C) verso gli abitanti della Lidia, dopo essersi impadronito della loro capitale Sardi e dopo la resa e la cattura del loro ricchissimo re Creso. Venne a sapere che gli abitanti di Sardi s’erano ribellati: sarebbe riuscito subito a ricondurli all’obbedienza, ma non volendo saccheggiare una città così bella, né preoccuparsi di porre un esercito a presidiarla, concepì un espediente straordinario per assicurarsene il possesso: fece aprire bordelli, taverne e sale da gioco, e fece pubblicare un’ordinanza che autorizzava i cittadini a servirsene. Fu così soddisfatto da questa specie di guarnigione, che in seguito non fu mai più necessario neanche un colpo di spada contro gli abitanti della Lidia. Quei poveri infelici si divertirono a inventare ogni tipo di giochi, tanto che in latino deriva da «Lidi», la parola «ludi», che corrisponde a ciò che da noi si chiama «passatempi». Certo, non tutti i tiranni dichiarano ufficialmente di voler effeminare i propri sudditi, ma in realtà quello che Ciro ordinò a tutte lettere, la maggioranza degli altri lo fa di nascosto.

Si prenda, ad esempio, lo Stato italiano. Con il pretesto della copertura del debito pubblico, è diventato uno Stato biscazziere: totocalcio, totip, lotto e lotterie a più non posso, gratta e vinci, slot machines, bingo, Casinò, la Rai definita anche Tv spazzatura, perché impostata sull’intrattenimento più beota dove anche lì imperversano sciocchi giochini nozionistici che distribuiscono fantastici premi in Euro a spese, ovviamente, del contribuente. Per sorvolare sui contenitori di chiacchiere inutili, con ospiti (quasi sempre gli stessi, e a pagamento) che sproloquiano su ogni argomento, per tacere dell’informazione di regime offerta a tamburo battente 24 ore su 24 su ben 14 canali televisivi, più le 2 radio, più le 3 radio-web.

In verità, la plebaglia, che nelle città è sempre la più numerosa, è naturalmente portata a diffidare di chi l’ama e a fidarsi di chi l’inganna. Nessun uccello si lascia prendere più facilmente alla pania, nessun pesce, sedotto dall’esca, abbocca più in fretta all’amo, di quanto i popoli vengano prontamente sedotti dalla servitù solo che ne sentano per così dire l’odore sotto il naso. Ed è davvero strabiliante osservare quanto rapidamente vi cedano, per poco che li si alletti. Teatri, giochi, commedie e spettacoli immancabilmente sovvenzionati con i soldi dei contribuenti, e che quasi sempre risultano scadenti sul piano qualitativo. Si pensi a certo cinema degli ultimi decenni, tutto impostato sulla volgarità ed il turpiloquio. Calciatori-gladiatori, bestie feroci=personaggi strampalati e sproloquianti in stampa, radio e Tv, medaglie, premi farlocchi. Con simili droghe, unite a quelle vere e proprie, anche i contemporanei come i popoli antichi abboccano all’esca della servitù.

Questo sistema, questa pratica tuttora esistente, questi allettamenti erano gli strumenti con cui gli antichi tiranni addormentavano i loro sudditi sotto il loro giogo. In tal modo i popoli istupiditi, invaghiti da tali passatempi, divertiti da un vano piacere che abbagliava la loro vista, s’abituavano a servire pedissequamente, ancor peggio di come i bambini imparano a leggere guardando le immagini luccicanti dei libri illustrati. I tiranni romani ebbero inoltre l’idea di festeggiare spesso le decurie pubbliche, ingannando a proprio piacimento la plebaglia, che cede più di tutto al piacere della gola. I più accorti e intelligenti tra loro non avrebbero ceduto una scodella di minestra per recuperare la libertà della repubblica. I tiranni elargivano una misura di grano, una di vino e qualche sesterzo; e faceva pena udire allora la gente gridare «Viva il re». Quei tangheri non si rendevano conto che stavano solo recuperando una parte dei loro averi, e che il tiranno non avrebbe potuto restituirgli un bel niente, se prima non gliel’avesse estorto. Colui che nel giorno di festa aveva raccolto il sesterzo e s’era ingozzato al pubblico festino benedicendo Tiberio e Nerone, e la loro munifica generosità, era costretto l’indomani a cedere i propri beni alla loro avarizia, i propri figli alla loro lussuria, il proprio sangue alla crudeltà di quei magnifici imperatori, restava muto come un sasso e impassibile come un tronco d’albero.

La plebaglia è sempre stata così: dissolutamente incline a ciò da cui non può prendere onestamente piacere, e impassibile di fronte al torto e alla sofferenza che può onestamente rifiutare. Crediamo che non vi sia nessuno che, udendo parlare di Nerone, non rabbrividisca al solo nome di quel mostro volgare, di quel sozzo e lurido flagello del mondo. Chi ha mai letto d’un uomo così ostinatamente accanito verso una donna come Nerone verso Poppea? Ora costei fu in seguito avvelenata da lui stesso. Sua madre Agrippina aveva ucciso suo marito Claudio per cedergli l’impero: per accontentarlo non aveva mai rifiutato di fare o di subire nulla. Eppure suo figlio, la sua creatura, l’imperatore da lei creato, dopo averla più d’una volta mancata, alla fine le tolse la vita.
Secondo Tacito (Annali, XIV-XVI), Nerone fece assassinare sua madre Agrippina e uccise sua moglie Poppea. E tuttavia di costui, di questo piromane, di questo boia, di questa bestia selvaggia, va detto che dopo la sua morte, tanto infame quanto la sua vita, il nobile popolo romano, ricordandone i giochi e le feste, si rattristò tanto che fu sul punto di mettersi a lutto. Così ne scrive Cornelio Tacito [Cfr. Tacito, Storie, l, 4.], autore eccellente, serio e tra i più sicuri, e tutto ciò non sembri strano, visto che il medesimo popolo aveva già fatto lo stesso alla morte di Giulio Cesare, affossatore delle leggi e della libertà repubblicana, personaggio nel quale non ci sembra esservi stato nulla di valido, poiché la sua stessa umanità, che viene tanto esaltata, fu più dannosa della crudeltà del peggior tiranno mai vissuto: infatti fu proprio questa sua velenosa dolcezza che indorò la pillola della servitù al popolo romano. Ma dopo la morte di Cesare, questo stesso popolo, che aveva ancora in bocca il sapore dei suoi banchetti e in mente il ricordo delle sue prodigalità, per rendergli gli onori dovuti e cremare il suo corpo, fece a gara nell’ammucchiare i banchi del foro e poi eresse a lui una colonna come a un padre della patria (così c’era scritto sul capitello) e rese più onori a lui morto di quanti se ne sarebbero dovuti rendere a un eroe vivo, se non altro a quelli che l’avevano ucciso.

Neanche quest’altra cosa dimenticarono gli imperatori romani: essi usavano assumere generalmente il titolo di Tribuno del popolo, sia perché questo incarico era considerato sacrosanto, sia perché era stato istituito a difesa e protezione del popolo, e in questo modo con il favore dello Stato essi si assicuravano ancora di più la fiducia del popolo, come se quest’ultimo dovesse valutate il loro nome piuttosto che i suoi effetti. Non si comportano meglio oggigiorno coloro che non compiono qualche misfatto, più o meno grave, senza farlo precedere da qualche bel discorso sul bene comune e l’utilità pubblica. Il lettore più avveduto conosce le formule raffinate cui in certi casi potrebbero ricorrere, ma il più delle volte non può esservi finezza dove c’è tanta impudenza.

I sovrani assiri, e dopo di loro anche quelli della Media, cercavano nei limiti del possibile di non comparire mai in pubblico, in modo da suscitare nel popolino il dubbio che essi fossero qualcosa di superiore agli uomini, e lasciarlo in questa illusione, dal momento che la gente è ben contenta di fantasticare sulle cose che non può giudicare direttamente. In tal modo tante nazioni, che furono per lungo tempo sotto la dominazione dell’Assiria, s’abituarono a servire nel mistero, e servivano tanto più volentieri quanto più ignoravano il loro padrone, quasi non sapendo se davvero ne avevano uno, e temevano una persona in cui credevano senza averla mai vista. I primi re d’Egitto non comparivano mai in pubblico senza portare sul capo ora un gatto ora un ramo ora del fuoco, e in tal modo si mascheravano comportandosi da ciarlatani; così facendo, per la stranezza della cosa, incutevano ai loro sudditi riverenza e ammirazione, mentre se questi ultimi non fossero stati o troppo sciocchi o troppo servili, avrebbero dovuto burlarsene e riderne. È cosa pietosa sentir parlare di tutto quel che facevano a proprio vantaggio i tiranni di un tempo per fondare la loro tirannide, di quanti mezzucci utilizzavano con quella plebaglia fatta proprio per loro, incapace di evitare il minimo trabocchetto, che essi ingannarono sempre agevolmente, riuscendo a soggiogarla tanto più profondamente quanto più se ne prendevano gioco.

E che cos’è cambiato oggi con la televisione che pretende di dare un’aura di autorevolezza a certi parlamentari? O capitani d’industria che producono utili dalle loro aziende protette da una legiferazione ad personam o Ab ovo?

Non bastasse c’è un’altra bella storiella che i popoli del passato prendevano per oro colato.
Credevano fermamente che l’alluce di Pirro, sovrano del regno dell’Epiro tra il 306 ed il 300 a.C e di nuovo nel periodo 298 – 272 a.C, facesse miracoli e guarisse le malattie della milza: e rincararono la dose, dicendo che quel dito, dopo la cremazione del corpo di Pirro, fu ritrovato tra le ceneri sano e salvo malgrado il fuoco. In tal modo, è sempre il popolo sciocco che crea le menzogne per poi credervi; parecchie di queste fandonie sono state anche scritte, ma in maniera da rendere evidente che provengono da chiacchiere di strada e dal vano parlare del popolino. Vespasiano al ritorno dall’Assiria, passando per Alessandria per andare a Roma a occupar l’impero, fece miracoli: guarì gli zoppi, diede la vista ai ciechi, e fece molte altre meraviglie, di cui a nostro avviso non riusciva a scorgere l’inganno solo chi era più cieco dei presunti ciechi da lui guariti.

Gli stessi tiranni trovavano ben strano che degli uomini possano sopportare il male fatto loro da un altro uomo; perciò vogliono farsi scudo della religione, e, se possibile, assumere gli attributi della divinità a difesa della propria vita malvagia. Per questo Salmoneo, se si crede alla Sibilla di Virgilio nel suo inferno, per essersi in tal modo burlato del popolo facendosi passare per Giove, sconta ora le sue pene e lei lo vede nel fondo dell’inferno.

Ci sia consentito di chiudere questa lunga serie di osservazioni con una constatazione odierna tratta dal seguente titolo di giornale: “Sono la reincarnazione di San Giuseppe” Paolo Brosio avrebbe scoperto perché fra lui e la Madonna di Medjugorie si è creato un legame fortissimo. E qui è bene dire che i Vescovi dei Balcani nutrono molte perplessità sui miracoli a Medjugorie. Tanto che è molto in voga questa storiella: un bel giorno San Pietro andò dal Signore per chiedere il permesso di tornare in Palestina per vedere com’erano quei luoghi dopo 2000 anni. Ottenuto il permesso, altri santi lo imitarono, al che anche la Madonna pensò di chiedere l’uguale privilegio giustificandosi in questo modo: «Vorrei andare a vedere com’è Medjugorie, perché non ci sono mai stata!»
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm


Torna a Razzismo e discriminazione - diritti umani

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite

cron