Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » sab dic 29, 2018 8:26 am

Nativi del Nordamerica ed antiamericanismo moderno
Alcune precisazioni per sfatare, anche in modo che molti troveranno antipatico,
parecchi luoghi comuni sul rapporto "pellerossa e visi pallidi".
di Fabio Bozzo

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 0929382425

Una delle leggende storiografiche maggiormente radicate è quella secondo cui i cosiddetti indiani dei territori che oggi compongono Stati Uniti e Canada, fino all'arrivo dei bianchi, vivessero felici in un Eden a contatto con la natura.
In nome dell'antiamericanismo la storiografia di sinistra ci ha sempre presentato i pellerossa come una sorta di hippies fricchettoni, mezzi nudi in nome dell'amore libero e perennemente "in botta" di droghe naturali. A sua volta la storiografia di estrema destra (altrettanto antiamericana di quella sinistroide) nobilita i pellerossa come fieri guerrieri un po' anarcoidi e sempre mezzi nudi, ma stavolta per mostrare muscoli e cicatrici (aggiungiamo che sul "machismo nudista" di parte dell'estrema destra ci sarebbe da approfondire qualche aspetto...).
Ovviamente si tratta di due immagini false e tendenziose, che tra l'altro non rendono giustizia alle popolazioni precolombiane del Nordamerica.
Visto che i lati positivi delle genti in questione sono stati esaltati a più non posso e mostrati ad nauseam da un cinema hollywoodiano agiografico ai limiti del ridicolo, cerchiamo di valutare onestamente anche gli elementi negativi. Per molti sarà un esercizio antipatico e fuori dagli schemi, ma proprio per questo da incastrare a buon diritto nelle caselle dell'obbiettività storica.
Partiamo dal presunto ecologismo dei pellerossa, contrapposto alle devastazioni dei cattivi uomini bianchi, tema su cui sinistra ed estrema destra hanno consumato fiumi di buon inchiostro e cattive parole. Per smontare questo argomento basti ricordare che le le Grandi Pianure americane divennero tali solo dopo l'arrivo dei precolombiani, prima erano enormi foreste boreali. Perché tale trasformazione? Perché gli antenati dei pellerossa attuarono per generazioni la cosiddetta agricoltura ad incendio: bruciare un tratto di foresta per renderlo fertile grazie alle ceneri, ricavarne un raccolto e poi...passare al tratto di foresta successivo. Il risultato di secoli di tale procedimento è che la parte centrale degli attuali USA si trasformò da rigogliosa foresta ad una steppa di tipo mongolo. Tale "agricoltura", del resto, è la stessa con la quale gli aborigeni hanno desertificato due terzi dell'Australia prima dell'arrivo dei bianchi.
Passiamo alla cosiddetta nobiltà guerriera dei nativi. Decenni di bugie ci hanno inculcato che, a fronte dei bianchi crudeli e traditori, gli indiani erano leali e rispettosi del nemico. Il colmo del ridicolo s'è raggiunto con la storia che lo scalpo sia stata una pratica che i nativi copiarono dagli spagnoli. Partiamo dal presupposto che la tortura era una pratica che i pellerossa applicavano a quasi tutti i prigionieri, così come lo stupro delle donne nemiche e la loro riduzione in schiavitù. Per citare solo un paio di esempi irochesi ed uroni spesso bastonavano a morte i prigionieri, mentre gli apache amavano cospargere i loro di pece e poi bruciarli vivi. I comanches invece solevano deturpare i visi delle donne che stupravano.
Spesso si è detto che tali crudeltà avvennero dopo il contatto coi bianchi, i quali trasmisero parte della loro malvagità capitalista ai pellerossa. Peccato che nel 1978, presso Crow Creek, nell'attuale South Dakota, sia stato scoperto un sito archeologico assai curioso. In breve si tratta di una fossa comune cerimoniale dove circa 500 pellerossa arikara, per lo più donne e bambini, vennero torturati, scalpati, mutilati e fatti a pezzi. Gli studi (Willey P., 1982, Osteology of the Crow Creek Massacre) datano tale scempio al 1325 circa, 150 anni prima dello sbarco di Colombo e 400 anni prima che i bianchi arrivassero in quella regione. Per chi volesse approfondire consigliamo anche Richard J. Chacon (2007) "The Taking and Displaying of Human Body Parts as Trophies by Amerindians".
Passiamo ai morti. Per decenni ci hanno raccontato che i bianchi abbiano attuato uno sterminio scientifico dei pellerossa del Nordamerica. Falso. La maggior parte degli indiani periti tra il 1492 ed il 1890 morirono a causa di malattie alle quali non erano immuni, ma che spesso uccidevano anche i bianchi. Non fu un atto deliberato, fu semplicemente una tragedia umanitaria che la scienza dell'epoca non poteva prevedere né prevenire. Ancora non è chiaro perché le patologie del Vecchio Mondo fossero più virulente di quelle del Nuovo, fatto sta che colera, vaiolo e morbillo (tra le altre) provocarono un'ecatombe. Gli amerindi dal canto loro passarono agli europei la sifilide. Se per quest'ultima malattia nessuno ha il diritto di incolpare i precolombiani il discorso deve valere anche per gli europei nel senso inverso.
Per quanto riguarda le guerre che gli indiani sostennero contro i bianchi bisogna ricordare che intere tribù vennero sterminate da altri popoli pellerossa, i quali si inserirono nelle lotte tra europei. Del resto se i bianchi francesi ed inglesi, piuttosto che inglesi e coloni americani, si combatterono tra loro risultano logiche le divisioni anche tra i pellerossa. Da ricordare che l'istituzione delle riserve indiane da parte degli Stati Uniti venne concepita per assegnare un territorio alle tribù sconfitte, con l'obbiettivo di civilizzarle nel senso occidentale del termine. Le guerre tra indiani invece, come visto, si concludevano con lo sterminio e la tortura degli sconfitti.
Concludiamo con qualche numero, freddo ed apolitico. Limitandoci solo gli USA i più recenti studi (Snow, D. R.,1995, "Microchronology and Demographic Evidence Relating to the Size of Pre-Columbian North American Indian Populations" e Bruce E. Johansen, 2006, "The Native Peoples of North America. Rutgers University Press") stimano il numero dei pellerossa "statunitensi" prima del contatto coi bianchi a circa due milioni e centomila persone. Tale numero progressivamente crollò. Secondo il censimento federale USA del 1890 i pellerossa erano 248.000. Da allora il loro numero è continuamente aumentato grazie alle cure moderne, alla maggiore istruzione ed all'inserimento dei nativi nel sistema sociale occidentale. Insomma grazie alla civiltà. Il risultato è che il censimento del 2010 ha registrato 2 milioni e 932.248 indiani purosangue, a cui vanno aggiunti altri 2 milioni e 288.331 persone di sangue parzialmente pellerossa. In breve oggi ci sono più indiani di quanti non ce ne siano mai stati. Ciò dimostra che in Nordamerica non vi stato alcun genocidio dei popoli precolombiani da parte dei bianchi, che avrebbero potuto attuarlo, ma semplicemente (e giustamente) non hanno voluto.



Commenti


Dante Jury Calzolari
Un'altra idiozia riguarda il commercio degli schiavi in USA. I bianchi non facevano schiavi uomini liberi ma comperavano schiavi dai capi tribù in cambio di collanine !! Liberia e uno stato dove gli africani di ritorno in Africa liberi avrebbero dovuto vivere liberi e civilmente. Visto come è finita ? Nessun africano intelligente è tornato in Africa... Ancora oggi in Africa esiste la schiavitù...

Marcello Placci
L'eterno mito del "Buon selvaggio" di rousseau che risalta sempre fuori...

Riccardo Martines
Interessante articolo che conferma in pieno ed argomenta in maniera completa alcuni miei interventi riguardo il cosiddetto genocidio dei nativi americani. Ho molto apprezzato, non solo la precisione, ma soprattutto la sintesi.

Paolo Mauri
Sulla desertificazione dell'Australia avrei da obiettare: fonte? Perché i deserti, oltre che ad esistere a latitudini determinate per particolari condizioni di circolazione globale, hanno anche bisogno di condizioni locali macroscopiche (insolazione, tasso di evaporazione, altezza media falda, venti, tipologia del drenaggio superficiale ecc). Per il resto ottima ricerca. Germano D'Auria e Stefano Beccardi leggete!

Fabio Bozzo
prima dell'arrivo degli aborigeni l'Australia era divisa in tre macroaree vegetali: foresta pluviale nell'estremo nord, una sottile fascia erbosa centrale e foresta boreale al sudovest. L'agricoltura ad incendio ha creato l'enorme zona desertica centrale. Certo ci sono voluti secoli e secoli...

Paolo Mauri
D'accordo, ma c'è una fonte da consultare? Uno studio paleoambientale, almeno paleoantropologico.

Stéphane Maurice
Interessante,comunque debbo ricordare che i pellirossa non erano coltivatori ma cacciatori e raccoglitori, difatti una delle scuse utilizzate dai coloni per convincere la madre patria a lasciar loro carta bianca per acquisire territori da sfruttare,mentre le morti di malattia venivano provocate dagli europei scientemente,quando facevano gli scambi i coloni davano loro coperte infette!!! Per il resto si deve ricordare che molti pellirossa erano eredi delle culture precolombiane che erano penetrare in quei territori, quindi non c'era da attendersi riti pacifici ne miglior trattamento coi nemici!

Antonello Cervello
Stephane Maurice ma dai come le conservavano per gli indiani le coperte infette?? E quindi per i riti precolombiani ereditati andavano capiti e scusati da provetti storici e psicologi politicamente corretti!

Stéphane Maurice
Storia Verità non sarebbe la prima volta che le usavano,comunque liberi di crederci o meno,se volete potete continuare a pensare che gli europei fossero buoni e andati a portar loro i vantaggi del progresso,

Riccardo Martines
Io non capisco... A scuola mi hanno fatto tradurre il De Bello Gallico, ove Cesare racconta, per filo e per segno, la conquista della Gallia. Ebbene, ad ogni pie' sospinto, Cesare elenca con precisione i numeri dei nemici uccisi, feriti, presi prigionieri e fatti schiavi. Nessuno ha mai detto quanto fossero cattivi e perversi i romani. Lo stesso vale per quanto riguarda la guerra di Troia, o - che so? - le conquiste che hanno generato gli stati nazionali in Europa e in tutto il mondo. Le conquiste non sono mai state circostanze fondate su "posso entrare?" e "prego s'accomodi!". I barbari conquistarono Roma a forza di fendenti, frecce ed accettate... Certo i bianchi in America hanno fatto ciò che hanno potuto e voluto, questo è vero, tuttavia non si può certo affermare che i nativi americani, in particolare nel Nord, siamo stati particolarmente flessibili, pur con tutte le eccezioni.

Al Damar
Articolo farlocco e pieno di falsità. Una su tutte è che gli indiani delle pianure (Wyoming, Montana, Dakota ecc) non praticavano l'agricoltura. Erano nomadi e vivevano esclusivamente di caccia. Gli agricoltori stavano molto più a sud (Arizona, New Mexico ecc..).

Storia Verità
praticavano l'agricoltura DOPO che le foreste centrali vennero trasformate in grandi pianure. Inoltre le Grandi Pianure erano pressoché spopolate finché i nativi non appresero l'uso del cavallo dagli spagnoli arrivati dal Messico.

Al Damar
Certamente non erano zone densamente popolate, ma esistono siti archeologici che testimoniano la presenza di " pellerossa" ben prima del 1492, nelle aree delle Black Hills(Wyoming, Montana). Erano nomadi, ma seguivano sempre gli stessi sentieri periodicamente, e hanno lasciato tracce permanenti. E prima del cavallo si muovevano a piedi usando i cani come animali da soma

Al Damar
E chi avrebbe trasformato le foreste in pianure? Le fonti grazie

Romano Campagnolo
Storia Verità è vero, ma bisogna anche risalire un po' indietro, a migliaia di anni prima. All'origine delle trasmigrazioni glaciali, inter e trans-glaciali, attraverso o accanto alle Aleutine, dalla Siberia all'Alaska e poi al Canada, ecc. non passarono solo gli umani, ma anche i cavalli. Ne sono stati trovati scheletri dai paleontologi in vari siti. Solo che i nativi non intuirono l'utilità dell'addomesticamento (come invece accadde in Africa ed Eurasia), ma, data la loro attività prevalente di caccia, raccolta ed agricoltura primordiale, preferirono mangiarseli come facile preda, sino alla loro estinzione. Gli spagnoli rappresentarono la loro seconda chance e colsero l'occasione!
Fonti: l'ultimo che ho letto, Jared Diamond, che non è uno scienziato, ma pur sempre uno stimato divulgatore; in alcuni capitoli del suo ultimo lavoro parla proprio di ciò. https://it.wikipedia.org/wiki/Armi,_acciaio_e_malattie
Altra fonte il Museo Nazionale di Città del Messico che dedica un'intera grande sezione paleontologica a questi argomenti, con date, carte, percorsi, flussi, ecc.

Al Damar Romano
Campagnolo tutto giusto

Andrea Cavallini
Claude Levy Strauss racconta di come gli autoctoni del Brasile utilizzassero, ancora negli anni 30, un'agricoltura del tipo mordi e fuggi che aveva portato alla deforestazione di una gran parte dei territori da lui visitati. Probabilmente i nativi americani avevano "tecnologie" simili.

Tommaso Labarile
Articolo di dominella Trunfio. Come se io scrivessi un pezzo sulla fusione nucleare...

Simone Colzani
Certi massacri dei nativi amerindi mi ricordano quelli biblici, con YHWH che ordina ai suoi accoliti lo sterminio di tutti i nemici, tranne le donne senza figli. Pure i Celti, come narra Cesare, non andavano per il sottile con i prigionieri di guerra, bruciandoli come sacrificio per gli dei. In tempi più moderni, gli Etiopi di Menelik attuarono il massacro sistematico dei loro vicini (e anche di qualche sventurato italiano) con modalità molto simili a quelle riportate, ma certa storiografia ricorda parzialmente la disavventura coloniale italiana ...

Stefano Pasinato
Fatemi capire, la conclusione è che in pratica dovrebbero ringraziare chi li ha invasi.

Riccardo Martines
L'errore che spesso noi facciamo è quello di decontestualizzare i fatti storici, guardandoli con la nostra mentalità del XXI secolo. Il mondo, nei millenni, è sempre stato un continuo sovrapporsi di invasioni e dominazioni, l'unica differenza tra l'antichità ed i tempi più moderni la fa solo la comunicazione, tanto di chi ha vinto, quanto di chi ha perso.

Mario Ricco
Alcune precisazioni : gli amerindi furono sterminati dalle epidemie portate dai colonizzatori, che a loro volta erano sopravvissuti alla grande peste del quattordicesimo secolo. L'immunità nasce dal contatto con gli animali e dalla domesticazione, senza gli animali, che sono quelli che ti passano le malattie, il sistema immunitario è piu debole. Fonte Jared Diamonds , armi acciaio malattie. Seconda precisazione : l' uso del fuoco come landscape design per la caccia e riforestazione, è accertato per le popolazioni amerinde. La quantità di CO2 sparsa nell' atmosfera dagli incendi è stata rilevata e analizzata ed è causa della microglaciazione tra alto medievo e inizi della etè moderna. Fonte Scott , against the grain

Alessandro Costantino
Niente di piú e niente di meno dell'ennesima scureggia revisionista. Gli USA sono nati sulla base di un genocidio. E questo é un dato inequivocabile. Il resto, selvaggio buono o cattivo, ecologista o meno, sono puttanate irrilevanti. Anche se per assurdo gli indiani d'america fossero stati tutti dei criminali pedofili cannibali, ció non vuol dire che la pulizia etnica perpetrata dai pallidoni non sia stato un orribile crimine contro l'umanitá.

Alberto Pento
Da quello che mi sembra di sapere, che veramente so e non so, mi pare:

che i bianchi nell'America del Nord abbiano incominciato ad arrivare alla fine del 1400 (la scoperta convenzionale dell'America è datata nel 1492) e che per almeno 2, 2,5 secoli (1500-1600- parte del 1700) non vi siano stati grandi conflitti, grandi guerre, stermini e massacri (a parte il Massacro indiano del 1622), per lungo tempo i nativi pellirossa di allora non hanno avuto violenti moti di rigetto, non hanno respinto e sterminato i bianchi (migranti invasori), non si sono coalizzati tra loro per fare un fronte unico di resistenza per respingere/impedire ogni altro sbarco di migranti europei cacciandoli o sterminandoli (a parte il Massacro indiano del 1622 https://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_indiano_del_1622 ).
Per almeno cento anni nella vasta e non del tutto abitata America del Nord, i migranti bianchi dall'Europa giunti nel corso dei secoli a decine di migliaia, abbiano colonizzato prevalentemente le coste e le aree interne raggiungibili navigando i grandi fiumi e convissuto quasi pacificamente con i nativi amerindi dell'entroterra.

Poi quando i nuovi venuti si sono ben insediati e sono cresciuti di numero, dopo almeno un secolo, è sorto/esploso il conflitto mal gestito da ambo le parti, tra i due "mondi civiltà" quella stanziale e moderna europea (agricola, artigianale/industriale, commerciale e intercontinentale) che si andava consolidanto e quella preistorica e nomadica amerinda con tutta la sua "naturalità" e tutti i suoi limiti antropologici, culturali, politici, rispetto all'evoluzione del resto del mondo rappresentato dai migranti/invasori/colonizzatori europei.
Sicuramente i bianchi europei hanno fatto prevalere prepotentemente la loro superiorità e talvolta abusato danneggiando i nativi pellirossa, qualche pecca ce l'hanno anche i nativi che non hanno saputo prima aggregarsi politicamente tra loro per formare un fronte unico e secondo perché non hanno saputo adeguarsi/integrarsi al nuovo mondo che si andava inesorabilmente formando;
poi va detto che anche i bianchi europei migrati nei secoli nell'America del Nord, come esseri umani hanno acquisito gli stessi diritti alla terra americana dei nativi giunti dall'Asia dopo dell'inizio della deglaciazione di Würm; certo sarebbe stato meglio se vi fosse stata una fusione/integrazione reciproca con meno conflitti, guerre e stermini, purtroppo ovunque al mondo le cose non sempre si sviluppano pacificamente.

Infine va ricordato che nell'America del Nord, in particolare negli USA sono giunti nei 2 secoli successivi (1800-1900) migranti da tutto il mondo, da ogni continente, da ogni paese della terra e di ogni colore, spinti dal sogno americano, dalla speranza, dalla miseria, dalla persecuzione (e anche attraverso la deportazione schiavista dall'Africa) e che gran parte di loro ha trovato buona vita. Oggi gli USA sono il più grande e potente paese del mondo, tra i più civili e democratici e in esso vi sono rappresentati e incarnati tutti gli uomini della terra.
Certamente è stato un processo lungo secoli, non privo di conflitti con spargimento di sangue, con prepotenze, abusi, ingiustizie, inutili ostilità e incomprensioni, però è stato anche un mondo nuovo che ha dato speranza e futuro a milioni di uomini di tutta la terra; questa è la storia della vita bellezza e non si può tornare indietro ma solo andare avanti e migliorare facendo tesoro degli errori del passato.


Si può fare un parallelo con quanto accaduto in Europa intorno all'anno zero dell'era cristiana:
nell'anno 9 d.C. l'espansione coloniale e imperiale romana nell''area continentale germanica fu fermata per sempre a Teutoburgo dal germano Arminio che avendo conosciuto per bene i romani e comprese le loro intenzioni espansionistiche, preventivamente organizzò la trappola di Teutoburgo dove l'esercito romano fu attirato, accerchiato e sterminato; evento che pose termine per sempre all'espansione colinial-imperiale romana a nord del Danubio e a est del Reno.
I pellirossa non fecero preventivamente altrettanto con i nuovi venuti bianchi dall'Europa che così questi poterono insediarsi e crescere acquisendo con il tempo e naturalmente gli stessi diritti nativi dei pellirossa che furono vinti dalla prorompente espansione coloniale e civile dei migranti europei, nei decenni e nei secoli naturalizzatisi americani.


Sullo sterminio per trasmissione di malattie o contagio epidemico che avrebbe ridotto grandemente le popolazioni native americane, all'arrivo degli europei, vi è da dire che anche gli europei, lungo i millenni sono stati sterminati da numerose epidemie e contagi portati da altri continenti, in particolare dall'Asia e dall'Africa, da migranti regolari, da migranti invasori, dalle navi,
si pensi:

http://www.nationalgeographic.it/scienz ... la-2350296
Peste di Giustiniano 542 d.C. 100 milioni di morti circa
Peste nera 1346/1350 d.C. 50 milioni di morti circa




Guerre indiane
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerre_indiane
Le guerre chickamauga furono una serie continua di conflitti che iniziarono con il coinvolgimento dei Cherokee nella rivoluzione americana e si prolungarono fino al tardo 1794. Chickamauga era il nome con il quale venivano identificate le tribù che seguirono il capo-condottiero Dragging Canoe verso sud-ovest nell'area dell'attuale Chattanooga, in Tennessee. I primi luoghi a essere soggetti agli attacchi indiani furono le colonie lungo i fiumi Watauga, Holston e Nolichucky, la vallata di Carter nel nord-est del Tennessee così come altri insediamenti nel Kentucky, in Virginia, in Carolina e in Georgia. La tipologia degli attacchi spaziava dalle piccole incursioni di qualche gruppo di guerrieri a vere e proprie campagne composte da 500 a oltre 1.000 combattenti.
Le campagne condotte da Dragging Canoe e dal suo successore John Watts vennero spesso condotte congiuntamente a quelle del nord-ovest. La risposta armata dei coloni vide la completa distruzione di villaggi cherokee anche in aree pacifiche, senza riportare comunque un elevato numero di perdite da ambo le parti. Le guerre continuarono fino al trattato di Tellico Blockhouse nel 1794.


Massacro indiano del 1622
https://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_indiano_del_1622
Il massacro indiano del 1622 (anche conosciuto come il massacro di Jamestown) avvenne nella colonia della Virginia, di venerdì santo, il 22 marzo (calendario giuliano) 1622 (1º aprile nel calendario gregoriano). Circa 347 persone furono massacrate nell'attacco (quasi un terzo della popolazione inglese di Jamestown), uccise da una serie di attacchi a sorpresa coordinati dalla Confederazione Powhatan comandata da capo Opechancanough.
Jamestown costituiva uno dei primi insediamenti inglesi di successo nel Nord America del 1607, e fu la capitale della colonia della Virginia. Benché la stessa città di Jamestown fosse stata risparmiata grazie ad un tempestivo allarme dell'ultimo minuto, molti piccoli insediamenti erano stati fondati lungo il fiume James, sia a valle che a monte e su entrambe le sponde. Gli assalitori uccisero uomini, donne e bambini e bruciarono le case e i raccolti.
La città di Henricus costituiva una tra le più progredite delle piccole comunità che sostennero il peso maggiore degli attacchi, molte di esse furono abbandonate dopo i massacri.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » mer gen 02, 2019 3:36 pm

???

Il ritiro USA dalla Siria? Non mette fine all’imperialismo
Cristiano Puglisi
2018/12/31

http://blog.ilgiornale.it/puglisi/2018/ ... perialismo

Il 2018 si chiude con la decisione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di ritirare le truppe dal teatro siriano e parzialmente (si parla di 7mila soldati sui 14mila attualmente presenti) anche dall’Afghanistan. La notizia è cosa nota. Ma cosa significa davvero? Il tycoon newyorkese ha davvero vinto, come in molti si sono affrettati a sostenere, la sua personale guerra con il deep state? E davvero sta tentando di porre fine all’imperialismo, come qualcuno pensa?

Difficile. Certamente Trump ha vinto una battaglia nei confronti dell’establishment globalista che gli era ostile, riuscendo a imporre, insieme al suo gruppo di fiducia, un parziale (e bisognerà vedere quanto effettivo) ritiro dal contesto mediorientale, nell’ottica di un piano di cessione di responsabilità nei confronti degli alleati regionali (Arabia Saudita, Israele e la Turchia, cui gli alleati occidentali hanno appena accordato la vendita, dopo gli S400 russi, anche dei Patriot americani) d’altronde già abbozzato nell’era Obama e che doveva portare a compimento il progetto per una NATO araba (l’alleanza MESA), variante del piano che però, al momento, sembra essersi arenata sullo scoglio della rivalità tra sauditi da un lato e qatarioti (e turchi) dall’altro. Rivalità che ha prodotto, come principale spin-off, la vicenda Khashoggi.

Comunque sia il ritiro statunitense dalla Siria e le pubbliche manifestazioni di dispiacere di noti esponenti delle elites globaliste (come il presidente francese Macron, che vede definitivamente svanire qualsiasi possibilità di influire sull’ex colonia) certificano probabilmente in via definitiva la sconfitta del progetto di regime change caldeggiato dagli occidentali dall’inizio della crisi siriana, sancendo altresì la vittoria diplomatica di Assad, del Cremlino e di Teheran.

La vittoria di una battaglia personale di Trump contro determinati circoli di potere non significa però l’abbandono, da parte degli USA, di una politica imperialista. Nota infatti acutamente Mauro Bottarelli su Business Insider che l’amministrazione guidata dal magnate rivolgerà ora le attenzioni al cortile di casa degli Stati Uniti: l’America latina, dove invece le cose per Washington sembrano andare decisamente meglio rispetto al Medio Oriente, con la vittoria in Brasile di Jair Bolsonaro (fresco di gita in Israele dove ha promesso, sulle orme di Trump, lo spostamento dell’ambasciata brasiliana a Gerusalemme), che ha seguito di due anni quella argentina di Mauricio Macri, senza dimenticare la Colombia. Le destre liberiste e filo-atlantiche, insomma, saranno il perno per proseguire quello che Bottarelli correttamente identifica come il piano Cebrowski-Barnett, di cui ha compiutamente parlato anche il ricercatore francese Thierry Meyssan: si tratta, in estrema sintesi, di un piano che sosteneva la destabilizzazione di quei Paesi magari ricchi di risorse, ma soprattutto non integrabili all’interno del sistema liberal-capitalista globale. Una lista che, oltre alla Siria, alla Libia, all’Iraq e all’Iran includeva dal principio (si parla dei primi anni 2000) anche il Venezuela bolivariano, la Cuba castrista e, dal 2007, il Nicaragua di Ortega. Una triade di nazioni recentemente definite la “troika della tirannia” dal Consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Bolton. Fallito (solo in parte, in realtà) il tentativo in Medio Oriente, attuato con il coinvolgimento, nel tempo dei Fratelli Musulmani e di vari gruppi jihadisti, è chiaro che ora l’inquilino dello “studio ovale” dovrà concentrarsi sull’America Latina.

GLI USA SPOSTANO LO SCONTRO VERSO LA CINA

Tale strategia non prelude ovviamente soltanto a una necessità americana di ridimensionare la propria presenza a livello internazionale ma anche a un più diretto scontro, più che con la Federazione Russa, con l’altra testa dell’aquila bicipite eurasiatica: la Cina, che peraltro proprio in Sud America ha diversi interessi finanziari. A spiegare che il cambio di strategia sia dovuto a questo è stato direttamente anche l’ex chief strategist della Casa Bianca, Steven Bannon, senza troppi giri di parole. E non a caso Mike Pompeo, altro falco di Trump, ha acclamato il neo presidente brasiliano Bolsonaro come un combattente per la “libertà” contro la Cina e il modello socialista di (ancora) Cuba, Nicaragua e Venezuela…

Dunque, se il 2018 chiude per certi aspetti una fase dell’eterna Guerra Fredda tra Mosca e Washington (anche se bisognerà continuare a tenere d’occhio l’Ucraina…), il 2019 ne apre una nuova tra Stati Uniti e Pechino, che si inserisce nel contesto delle difficili trattative per porre fine alla “guerra commerciale”. Il quadro, comunque, non muta, perché al centro c’è sempre il perenne contrasto tra Eurasia e Occidente, di cui si è già avuto modo di parlare su questo blog.

Nonostante le apparenze, insomma, il mondo che entra nell’anno nuovo si trova ancora in una situazione di equilibrio precario. E la tendenza, inaugurata dagli USA, ad abbandonare il multilateralismo (l’ultimo esempio è forse l’addio dato dal Giappone all’IWC, l’organo di controllo sulla caccia alla balene) è destinata a portare il pianeta e i rapporti di forza tra Stati su un terreno decisamente inesplorato. E, proprio per questo, pericoloso.



Nella intricata e torbida questione siriana, come orientarsi e con chi stare?
viewtopic.php?f=143&t=2757
https://www.facebook.com/profile.php?id=100017003387674



Trump ritarda il ritiro dalla Siria. Pentagono e alleati frenano il presidente
Lorenzo Vita
1 gennaio 2019

http://www.occhidellaguerra.it/trump-ri ... tardo-mesi

L’annuncio di Donald Trump di ritirare il contingente americano dalla Siria aveva sorpreso molti. Una notizia che poteva e che potrebbe rivoluzionare in modo definitivo lo scacchiere siriano, dal momento che i 2mila uomini delle forze americane rappresentano più che un elemento fondamentale nella guerra che sconvolge il Paese mediorientale da sette lunghissimi anni.

Per i sostenitori della scelta, la notizia del ritiro Usa appariva (e appare) come una sorta di via libera alla definitiva stabilizzazione della Siria. Esclusa la superpotenza guida della coalizione internazionale, è evidente che la strategia degli avversari di Bashar al Assad subirebbe un colpo forse definitivo.

Per i suoi oppositori, invece, le perplessità sono diverse. C’è chi crede che questo annuncio rappresenterebbe l’immagine plastica di un ritiro strategico degli Stati Uniti dal Medio Oriente. Altri, invece, temono l’immagine di una potenza capace di abbandonare gli alleati, sia locali (come i curdi), che regionali. Altri ancora, invece, ritengono che questo abbandono del campo siriano possa tradursi nella supremazia delle forze regionali a danno della geopolitica americana, con Russia, Iran e Turchia a diventare i veri e proprio imperi in grado di controllare il destino non solo della Siria, ma anche della regione.

Il Pentagono ha sintetizzato queste perplessità in un gesto: le dimissioni di James Mattis. Ma lo Stato profondo americano non si è limitato a questa azione. Le pressioni sulla Casa Bianca sono cresciute in maniera esponenziale al pari di quelle degli alleati regionali. In Siria non può esserci un ritiro rapido e definitivo delle truppe americane: serve tempo, possibilmente molto. Ed è su questa base che è iniziato l’assedio nei confronti del presidente Trump, accusato di essere stato eccessivo e irruento con un annuncio che può rappresentare una spartiacque fondamentale nella strategia americana.

Così, dopo settimane dalle parole del presidente, arriva una rivelazione del New York Times: Trump ha convenuto con il Pentagono sulla necessità di concedere almeno quattro mesi per ritirare i 2mila soldati schierati in Siria. Secondo il quotidiano americano, durante la sua visita in Iraq della scorsa settimana, Trump avrebbe detto al comandante delle forze statunitensi in Iraq e Siria, generale Paul LaCamera, che il ritiro avverrà nell’arco di alcuni mesi, in maniera ordinata e senza quella rapidità quasi irruenta che si poteva leggere nelle parole con cui il capo della Casa Bianca ha annunciato il ritiro.

Sempre secondo le fonti del Nyt, domenica Trump ha fornito rassicurazioni a Lindsay Graham, uno dei senatori repubblicani più critici sul ritiro delle truppe. E ieri, lo stesso presidente ha pubblicato un tweet sul fatto che gli Stati Uniti riporteranno “lentamente” a casa le truppe.

Trump cede alle pressioni del Pentagono? Sì e no. Il ritiro, in ogni caso potrebbe esserci. E quattro mesi non sarebbero sicuramente un periodo estremamente lungo in un conflitto che varcherà la soglia degli otto anni. Sicuramente la Difesa americana ha lanciato segnali chiari al capo della Casa Bianca sul fatto che non potesse esserci un ritiro immediato delle truppe senza destabilizzare una strategia pluriennale.

Ma è anche vero che, come spiegato su questa testata, molto probabilmente la notizia del ritiro americano è stata presa con estrema enfasi. Il ritiro degli Stati Uniti dalla Siria non significherebbe né l’abbandono del Medio Oriente da parte di Washington né dei suoi avamposti nel conflitto siriano. Gli Stati Uniti hanno troppi interessi nella regione e ne è consapevole lo stesso presidente repubblicano.

Trump ha voluto lanciare probabilmente alcuni segnali. Il primo, al suo elettorato, che lo ha votato anche per una nuova spinta “isolazionista” tipica di una certa parte del mondo repubblicano e che non ha mai considerato utile il coinvolgimento in Siria. Il secondo messaggio, agli alleati regionali, che Trump vorrebbe coinvolgere sempre più nella guerra al posto delle truppe Usa, come descritto anche dal suo tweet con cui ha sostanzialmente dato via libera alla Turchia nel nord-est siriano. Terzo messaggio, quello rivolto all’apparato interno: e infatti sono arrivate le dimissioni di Mattis, uno degli elementi più critici dell’amministrazione americana.

Questi messaggi sono arrivati ai destinatari. E adesso Washington potrebbe aver chiarito alcuni punti fondamentali. E adesso, Trump potrebbe aver deciso di tornare ad ascoltare i generali e i suoi alleati.


Alberto Pento
Così nessuno potrà accusare Trump di essere un guerreafondaio, dato che molti negli USA anche avversari democratici di Trump, alleati euro-asiatici e attori protagonisti nel Medio Oriente vogliono che gli americani restino in Siria a fare da ago della bilancia.
Gli USA, nonostante tutto, sono i più credibili e affidabili, nessuno si fida della Turchia, pochi della Russia e pochissimi dell'Iran.
Senza gli USA il Mondo si sente perso: Bergoglio, Putin, Erdogan, Assad, Rouhani, Kim il coreano e Xi Jinping non sono certo una garanzia.



Vito Russo
Fino alla fine devono prendere un mazziatone dai russi

Alberto Pento
La Russia non può dare alcuna mazziata se non a se stessa. Gli USA sono ancora la maggiore potenza politica-economica-militare del Mondo e per il Mondo sono ancora un faro di speranza, di democrazia, di libertà, di civiltà.
Un Putin che minaccia con l'atomica è allo stesso livello di Kim il coreano, una minaccia di disumanità per il Mondo intero.


Vito Russo
Alberto Pento hahahahaaaaaahahahaaaaaahahaaaahaaa dimenticavo la famosissima democrazia ameri cana
i dominatori dell oltreverso quelli che comendano il mondo....ecco questa sinceramente è la prima grandissima cazzata del 2019 e mi mancava!
Guerre fatte dalla russia nel 900?
Guerre fatte dagli yankee cani da guardia di israele?


Alberto Pento
Si pensi solo al regno del male, all'imperialismo sovietico che ha funestato il 900 e che aveva come fulcro la Russia e il suo impero zarista, da cui si sono sviluppate tutte le dittature social comuniste della terra in Asia, in Africa e in America, contro le quali gli USA erano in prima linea a difesa della libertà e del bene dell'umanità di tutto il Mondo.

Amare e rispettare gli ebrei e Israele è una gioia, una necessità, un dovere, fondamento di umanità, di civiltà e di libertà
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » ven gen 25, 2019 7:29 pm

Da Cairo al Cairo Il discorso di Pompeo seppellisce il progetto Obama
13 gennaio 2019
Mike Pompeo all’Università americana del Cairo
Niram Ferretti

http://www.italiaisraeletoday.it/da-cai ... WS5tz-aPDA

Il passo di marcia dell’Amministrazione Trump sull’Iran è veloce e sostenuto. Dopo la decisione di ritirare le truppe americane di stanza in Siria, decisione che ha suscitato non solo il marcato disappunto di Israele ma aspre critiche anche in campo repubblicano e ha provocato le dimissioni del Segretario alla Difesa, il Generale James Mattis, la Casa Bianca mostra ora agli alleati in Medioriente che sull’Iran non ha intenzione di cedere di un millimetro. Anzi.

Se, durante una riunione, Donald Trump aveva detto che in Siria, l’Iran avrebbe potuto fare quello che voleva, il discorso fatto dal Segretario di Stato Mike Pompeo all’Università americana del Cairo, rappresenta la più totale sconfessione della politica mediorientale obamiana.

Fu al Cairo, nel 2009, che il neoeletto Barack Obama fece un discorso ormai famoso di ampia apertura al mondo arabo e all’Islam, il quale avrebbe presto dato i suoi frutti amari, soprattutto per storici alleati degli Stati Uniti quali Israele e l’Arabia Saudita, mentre avrebbe aperto una ampia linea di credito all’Iran, siglata in modo emblematico dall’accordo sul nucleare (JCPOA) del 2015.

Di questo assetto, oggi, non rimane più nulla in piedi, essendo stato smontato pezzo dopo pezzo dall’Amministrazione Trump, con il riposizionamento dell’Iran sull’asse del male e la sua riqualificazione come principale Stato terrorista al mondo, seguiti dall’uscita dal JCPOA (il grande trofeo di politica estera di Obama) e dal ripristino delle sanzioni economiche nei confronti di Teheran.

Nel suo attuale viaggio in Medioriente, preceduto da quello del Consigliere per la Sicurezza Nazionale John Bolton, uno dei più risoluti avversari del deal sul nucleare iraniano e da anni a favore di una linea dura contro l’Iran, Mike Pompeo non solo ha rassicurato gli alleati sunniti della determinazione americana contro la Repubblica Islamica ma ha annunciato un summit sul tema che si terrà in Polonia il 13 e il 14 febbraio prossimi. “Raduneremo dozzine di paesi da tutto il mondo…Ci concentreremo sulla stabilità, la pace e la libertà in Medioriente e ciò includerà la garanzia che l’Iran non sia una forza destabilizzante”, ha dichiarato il Segretario di Stato americano.

Il viaggio di Pompeo che ha come tappe l’Arabia Saudita, il Bahrain, gli Emirati Arabi Uniti, l’Oman, il Kuwait e il Qatar, è stato preceduto dai viaggi precedenti in Giordania, Iraq ed Egitto, per rassicurare che la decisione americana di lasciare la Siria non avrà alcuna ripercussione sulla lotta nei confronti dell’ISIS. Ma è soprattutto l’Iran a fare la parte del leone, e per contrastarlo gli USA vorrebbero mettere insieme un ampio fronte sunnita, una sorta di NATO araba che ricomponga le fratture tra il Consiglio di Cooperazione del Golfo, gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar. Sotto l’auspicio americano, dovrebbe vedere la luce una Alleanza Strategica del Medioriente che dovrebbe vedere congiunti il Consiglio di Cooperazione del Golfo insieme alla Giordania e all’Egitto.

In questo senso, il discorso tenuto al Cairo da Mike Pompeo, dal titolo “Una forza per il bene: Il ruolo rinnovato degli Stati Uniti in Medioriente”, non solo, come già evidenziato, rappresenta il congedo definitivo dalla dottrina Obama nella regione più turbolenta del pianeta ma ha lo scopo di sottolineare che gli Stati Uniti non hanno alcuna intenzione di disimpegnarsi in essa. Al contrario, vi è la volontà di rafforzare le alleanze, in primis quella con Israele, mai così solida, e poi quella con i paesi arabi, non in nome di una cambiale firmata in bianco all’Islam, ma in nome di un preciso, contingente e robusto reciproco interesse nell’interagire nei confronti di quello che è percepito come il nemico comune più pericoloso.

Esso è la più radicale messa in stato di accusa della politica mediorientale di Barack Obama messa nero su bianco fino ad ora dall’Amministrazione Trump, in cui le scelte geopolitiche regionali dell’ex presidente sono criticate senza mezzi termini come la fonte principale dell’attuale situazione critica: un insieme di errori macroscopici, occasioni mancate, totale mancanza di realismo. Il passaggio dedicato all’Iran e alla fallita occasione americana nell’esercitare la propria influenza in un momento cruciale come quello dei tumulti del 2009, è emblematico:

“La riluttanza dell’America, la nostra riluttanza nel esercitare la nostra influenza ci ha mantenuto nel silenzio quando il popolo iraniano si è ribellato contro i mullah a Teheran durante la Rivoluzione Verde. Gli ayatollah e i loro scherani hanno assassinato, imprigionato e intimidito gli iraniani amanti della libertà…Imbaldanzito, il regime ha propagato la propria influenza cancerosa in Yemen, Iraq, Siria e ulteriormente in Libano”.

Dopo l’uscita dal JCPOA e il ripristino delle sanzioni, che hanno segnato il nuovo corso americano nei confronti dell’Iran, è ora il turno delle nuove fasi, di cui, la Casa Bianca sta proseguendo a delineare la fisonomia.
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » ven gen 25, 2019 7:29 pm

Idiozie antiamericane condivisi da molti poveri venetisti
https://www.facebook.com/annamaria.deon ... 5169574332

Alberto Pento
Idiozie antiamericane. A noi veneti gli USA non hanno mai fatto del male anzi ci hanno difesi dai nazismi fascista, nazista, comunista. Poi hanno accolto tanti veneti di buona volontà costretti a migrare dalla miseria. Grazie America, grazie USA presidio di libertà e di democrazia per il mondo intero.

Annamaria Deoni
Alberto Pento certo certo, esportatori di democrazia, come napoleone. Molto bene. Non gliene importa niente che in Venezuela c'è il petrolio ... Disinteressati proprio ... Ma soprattutto democratici con le bombe in casa d'altri, grandi fari di pia umanità.

Annamaria Deoni
Non entro in queste dinamiche, perché so dove conducono. Il fatto certo, lampante e assodato è che continuano, recidivamente, impunemente a interferire negli affari interni ad altri stati mettendo in discussione la sovranità dei medesimi. L'unica cosa che difendono sono i loro interessi.

Alberto Pento
Grazie agli USA che difendono i popoli e gli uomini liberi dai dittatori in tutto il mondo, faro di civiltà e di libertà.
Trump appoggia il venezuelano Guaidó e dietro di lui Bolsonaro e poi il Cile, il Perù, l'Ecuador, la Colombia, il Paraguay, l'Argentina e il Guatemala.
L'autcrate russo Putin ex nazi comunista appoggia invece il dittatore assassino Maduro come fa Landini il nuovo segretario della CIGL e tutti i nazi comunistI italiani e veneti.
Grazie ancora USA!


Annamaria Deoni
Sono tutti nazisti camuffati. Tutti, nessuno escluso. Non ci sono eroi. Contano solo il potere, il dominio, la prevaricazione e il denaro.

Patrizia Schizzerotto
Annamaria Deoni concordo appieno. Mi stupisce come ancora si tengano gli occhi chiusi per interesse.

Alberto Pento
Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo
viewtopic.php?f=25&t=2771
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » ven gen 25, 2019 7:54 pm

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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » lun feb 04, 2019 7:52 am

EL IMPERIALISMO AMERIKANO
25 gennaio2019
Niram Ferretti

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Ah questi imperialisti americani! Bei tempi quelli della revolucion, del compagno Chavez che riceveva in Venezuela Mahmoud Ahmadinejad e definiva Israele, "il braccio armato degli USA in Medio Oriente", Chavez lodato da tutta la sinistra de lucha y pasion! e poi, dopo la di lui prematura dipartita, il rimpiazzo con l'altro grande statista sudamericano, Maduro che ha ridotto il paese al fallimento. E ora Trump che appoggia Guaidó e dietro di lui Bolsonaro e poi il Cile, il Perù, l'Ecuador, la Colombia, il Paraguay, l'Argentina e il Guatemala.

Guaidó nueva esperanza.

E chi sostiene Maduro, a parte Gianni Minà e Vauro qui da noi in Italia? (sì c'è anche la Wanna Marchi della filosofia televisiva, Diego Fusaro), beh c'è per esempio Erdogan, c'è per esempio Cuba, sapete no, Cuba? quello splendido stato insulare dei Caraibi fuori dal tempo e dalla storia, ultimo feudo archeologico del comunismo che fu (insieme alla Corea del Nord).

In Venezuela, l'Iran si è insediato tramite la sua filiale libanese, Hezbollah. Ottimi i traffici di droga, quelli su i quali un altro yankee, ma non così imperialista, di nome Obama, chiuse gli occhi suoi perchè doveva fare il deal del secolo con Teheran e non voleva sembrare scortese ordinando una vasta operazione antidroga nei confronti di quei santi uomini del Partito di Dio, e por favor, por favor, non chiamateli terroristi se no i due pentastellati Di Stefano e Di Battista, miracolati italiani, si adontano.

Che bello sentire ancora parlare di "imperialismo americano", sembra di essere tornati agli anni '60 e agli anni '70, al profumo di allora, Allende, Castro, Ho Chimin, Mao, senza farci mancare, naturalmente, l'Unione Sovietica, grande casa madre.

LORO, sono rimasti lì, su quella sponda, e non vogliamo certo risultare irriverenti nei confronti di Hiroo Onoda, valoroso soldato giapponese, che combatteva ancora la sua guerra personale nell'isola filippina di Lubang, 30 anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Lo andarono a prendere e lo riportarono a casa.

LORO a prenderli non ci andrà nessuno perchè si sono definitivamente persi.


La strage del Cermis
usata come argomento antiamericano dai nazi comunisti, dai nazi fascisti e da tutti gli antiamericanisti italiani e veneti.



Fu solo un incidente, un tragico incidente, nessuna cattiveria, nessuna arroganza, nessun disprezzo degli americani della NATO verso l'Italia e gli italiani; solo stupida e incosciente leggerezza da parte degli aviatori che per questo furono condannati e radiati dal'esercito USA.


Cermis, la strage americana
5 feb 2018
Margherita Furlan e Stefano Citrigno
https://www.youtube.com/watch?v=PZSt0N6Hd-g


L'incidente della funivia del Cermis, spesso definito dagli organi di informazione come la strage del Cermis, si riferisce ai fatti avvenuti il 3 febbraio 1998 quando un aereo militare statunitense Grumman EA-6B Prowler della United States Marine Corps, volando a una quota inferiore a quanto concesso e in violazione dei regolamenti, tranciò il cavo della funivia del Cermis, facendo precipitare la cabina e provocando la morte dei venti occupanti.
https://it.wikipedia.org/wiki/Incidente ... del_Cermis

Responsabilità penale

In base alla Convenzione di Londra del 1951 sullo status dei militari della NATO, il processo ai soldati statunitensi autori della strage spettava al paese d'appartenenza, quindi agli Stati Uniti.[10]

Il processo a Richard Ashby, il pilota, fu celebrato a Camp Lejeune nella Carolina del Nord. La corte militare accertò che le mappe di bordo non segnalavano i cavi della funivia e che l'aereo EA-6B stava volando a velocità maggiore e a una quota molto minore di quanto permesso dalle norme militari. Le prescrizioni in vigore al tempo dell'incidente imponevano infatti un'altezza di volo di almeno 2.000 piedi (609,6 m). Il pilota dichiarò di ritenere che l'altezza di volo minima fosse invece di 1.000 piedi (304,8 m). Tuttavia il cavo fu tranciato a un'altezza di 360 piedi (110 m). Il pilota sostenne che l'altimetro era rotto e affermò di non essere stato a conoscenza delle restrizioni di velocità. Nel marzo del 1999 la giuria lo assolse, provocando indignazione in Italia e in Europa. Anche le accuse di omicidio colposo nei confronti del navigatore Joseph Schweitzer non ebbero seguito.

I due militari furono nuovamente giudicati dalla corte marziale USA per intralcio alla giustizia per aver distrutto il nastro video registrato durante il volo. Per tale capo d'accusa furono riconosciuti colpevoli nel maggio del 1999. Entrambi furono degradati e rimossi dal servizio. Il pilota fu inoltre condannato a sei mesi di detenzione, ma fu rilasciato dopo quattro mesi e mezzo per buona condotta.

Nel febbraio 2008 i due piloti hanno impugnato la sentenza e richiesto la revoca della radiazione con disonore allo scopo di riavere i benefici finanziari spettanti ai militari; hanno anche affermato che all'epoca del processo accusa e difesa strinsero un patto segreto per far cadere l'accusa di omicidio colposo plurimo, ma di aver voluto mantenere l'accusa di intralcio alla giustizia «per soddisfare le pressioni che venivano dall'Italia».[11] È stato comunque riconosciuto che l'aereo viaggiava a bassa quota e che la velocità era eccessiva considerati gli ostacoli presenti in zona.[12]

Nell'agosto del 2009 la Corte di appello degli Stati Uniti d'America si è pronunciata in merito[13][14] e ha confermato la condanna di primo grado ("We affirm the decision of the United States Navy-Marine Corps Court of Criminal Appeals", [9], pagina 56).
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » dom feb 10, 2019 10:37 pm

Di Battista rompe l'asse Italia-Trump: "L'Europa si sganci dall'America"
Lorenzo Vita
10 febbraio 2019

http://www.occhidellaguerra.it/salvini- ... tati-uniti

Il governo italiano ha tre politiche estere: quella della Lega, quella del Movimento 5 Stelle e quella di Enzo Moavero Milanesi. E oggi, Alessandro Di Battista ha infranto un altro tabù: l’asse con gli Stati Uniti di Donald Trump. Una sinergia che sembrava essere l’unico vero architrave dell’agenda estera italiana del governo giallo-verde, insieme alle forti aperture nei confronti della Russia. E di cui il viaggio di Giuseppe Conte a Washington doveva essere la certificazione.

Ma quest’asse nato dall’insediamento di Conte non sembra essere così netto. E lo dimostrano le parole di uomo estremamente rilevante per il Movimento 5 Stelle, che resta il principale partito di maggioranza dell’esecutivo. Ai microfoni di Lucia Annunziata, Di Battista ha infatti calato una carta decisamente importante affermando senza mezzi termini che “l’Europa avrà un futuro se si sgancerà dagli americani”. Una frase importante che arriva in un momento già di forti tensioni in seno alla maggioranza e in ottica internazionale dopo la frattura con Parigi.

Di Battista non è un ministro, non rappresenta il governo, ma certamente non è un uomo che parla a titolo esclusivamente personale. Rappresenta un segmento fondamentale del Movimento 5 Stelle ed è lui che guida da qualche settimana il fronte “movimentista” dei pentastellati dopo una fase di rigido “governismo” in cui il partito aveva assunto una linea molto più filo-occidentale e legate agli Stati Uniti. La conferma è stata la decisione di approvare il gasdotto Tap, sponsorizzato in particolare da Stati Uniti e Commissione europea. Un progetto che ha anche lo scopo di differenziare le fonti energetiche sganciandosi (almeno teoricamente) dalla forte dipendenza dal gas di Mosca.

La linea intrapresa dal governo, decisamente più atlantica che europeista, è quella sostenuta anche dlla Lega. Nella sfida all’egemonia dell’asse franco-tedesco in Europa, Matteo Salvini ha deciso di puntare forte sull’alleanza con l’amministrazione Trump. E la prova di questa virata a Occidente è stata soprattutto data dal viaggio del sottosegretario Guglielmo Picchi negli States e dal prossimo sbarco in Usa del ministro dell’Interno, in cui parteciperà alla convention dei conservatori. Un atlantismo che guarda con favore anche a tutti gli alleati di Trump nel mondo, da Benjamin Netanyahu a Jair Bolsonaro, passando per i partiti sovranisti e il Gruppo di Visegrad.

La linea della Lega, sotto questo profilo, è stato molto coerente. Ha da subito messo in chiaro la sua sinergia col presidente americano e ha intessuto rapporti solidi con tutti i partiti che hanno interesse a legare la propria strategia con quella statunitense, in particolare per colpire l’Unione europea di Angela Merkel ed Emmanuel Macron. E questo, unito alle aperture verso Vladimir Putin, ha consegnato un programma molto chiaro, in linea con larga parte dei movimenti sovranisti europei. Coerente ma non per questo privo di effetti, visto che quale superpotenza, è Washington a dettare la linea. Ma Trump, in cambio della fedeltà dell’Italia, ha la capacità di consegnare a Roma il ruolo di principale partner Usa in un’Unione europea sempre più fragile e priva di solidarietà. Ed è su questa necessità che si fonda l’agenda estera leghista. Pur con un evidente tributo da pagare.

La presenza di Moavero, un uomo voluto da Sergio Mattarella e fortemente connesso all’Unione europea, doveva essere il contraltare ideologico e politico a questa linea. Con i 5 Stelle che hanno provato in tutti i modi a diventare il partito di riferimento di Trump nella maggioranza italiana. Idea che però è naufragata nel corso dei mesi per la scelta di Washington di puntare su Salvini e per le evidente differenze ideologiche fra i pentastellati e il mondo sovranista.

Così, arrivano oggi le parole di Di Battista, che appaiono non solo come una sfida interna al governo ma anche come un possibile rovesciamento dei canoni internazionali su cui si è fondato fino ad ora il governo. Crolla un’altra certezza: la sinergia con gli Usa. E questo nonostante la battaglia del Movimento proprio contro l’Unione europea, che ora appare come l’antagonista principale di Trump nel mondo. Una scelta probabilmente dettata sia dalle idee che dal bisogno di distanziarsi dall’alleato di governo. È del tutto evidente che la Casa Bianca opti per il sovranismo di stampo leghista. E ora il Cinque Stelle cerca nuove sponde in campo internazionale per non essere secondo.
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » ven feb 15, 2019 5:26 am

L'ideologo di Putin è stato cancellato dal sito Amazon.it
Luigi Mascheroni
Gio, 14/02/2019

http://www.ilgiornale.it/news/spettacol ... 45039.html

I libri di Aleksandr Dugin rimossi dal negozio online: troppo antiamericani

Aleksandr Dugin, politologo russo, è forse l'intellettuale più diabolicamente noto delle ultime stagioni, in un tempo così vuoto di (cattivi) maestri.

Ha teorizzato la fondazione di un impero euro-asiatico contro l'Occidente americanizzato. È stato tra gli organizzatori del Partito nazional-bolscevico assieme a Eduard Limonov, con il quale poi è entrato in conflitto. Ha riletto da sinistra Julius Evola ed elaborato una «Quarta teoria politica», al di là della Destra e della Sinistra, per superare la triade liberalismo, fascismo e comunismo, e coniugare Tradizione e post-contemporaneità. Di più. Ha fondato il Movimento Internazionale Eurasiatista e si è talmente avvicinato al nazionalismo panrusso di Putin (o è Putin che è rimasto affascinato dal suo pensiero nazionalista e ortodosso) che ne è considerato l'ideologo. Il Rasputin del Cremlino, dicono.

Di Dugin si parla molto in Italia, da mesi, sui giornali e nei talk show. Difficile non citarlo se ci si inoltra lungo le rotte euroasiatiche della geopolitica. E i suoi libri, pubblicati da piccole case editrici molto agguerrite sul terreno della battaglia delle idee, ne hanno beneficiato, pur con i limiti di una distribuzione (i grandi bookstore) del tutto indifferente ad autori e sigle lontane dal mainstream. E infatti il pensiero critico di Aleksandr Dugin viaggiava finora soprattutto grazie alle vendite dei suoi libri su Internet. Poi, il blackout.

Qualche giorno fa infatti la divisione italiana di Amazon ha inviato una mail alla casa editrice NovaEuropa, che nel 2017 ha pubblicato il titolo più famoso di Dugin, La quarta teoria politica (un migliaio di copie vendute), intimando di rimuoverlo dalla loro piattaforma. E nel giro di 24 ore lo ha fisicamente cancellato, giustificando la decisione con il fatto che i libro «non è conforme» ai loro regolamenti e alle leggi in materia di sanzioni. «Di fronte alle nostre obiezioni - spiega al Giornale Camilla Scarpa, socia della casa editrice - ci è stato risposto che la non conformità del prodotto in questione dipendeva dalla sua provenienza da un Paese incluso in una lista che annovera Corea del Nord, Siria, Iran e... Crimea del Nord. Ma il libro in questione è stampato in Italia, con un Isbn italiano...». La medesima cosa è accaduta a due libri dello stesso autore editi da AGA nel 2018 (Putin contro Putin e L'ultima guerra dell'Isola-mondo) e a un quarto uscito nel 2012 dalle edizioni All'insegna del Veltro.

Cosa è successo? I libri di Dugin dal punto di vista filosofico sono di certo eterodossi. Ma non certo eversivi. Perché sono finiti nella lista nera di Amazon? Il Giornale ha parlato a lungo con Camilla Scarpa, che è la traduttrice oltre che l'editrice de La quarta teoria politica, e con Maurizio Murelli, di AGA, che sta lavorando a un nuova raccolta di scritti del filosofo di Mosca e che ha subito denunciato la cosa su Facebook. E l'ipotesi è che Dugin sia finito sotto la lente di Amazon.it per una sorta di applicazione «più realista del re» dei regolamenti americani legata alle posizioni filo-putiniane e anti-americane del pensatore russo, il quale lo scorso ottobre, durante un'intervista trasmessa da Lucia Annunziata a 1/2h in più su Raitre, dichiarò che quando viene in Italia s'incontra spesso con Matteo Salvini o col suo entourage. Ma questi (forse) sono complottismi.

Quello che è certo, è che se si digita Aleksandr Dugin su Amazon.it si trovano solo un paio di titoli in formato Kindle. E mentre al Giornale Amazon Italia spiega che si tratta di un problema tecnico, ulteriormente sollecitati dagli editori, gli uffici del colosso di e-commerce finiscono per ammettere che il problema è politico: «Non possiamo riattivare questo articolo in quanto non è in linea con le leggi cui Amazon è soggetta, essendo un libro politico dalla Russia (sic). Queste regole vengono applicate direttamente dagli Stati Uniti dove è la sede principale di Amazon». Detto in altre parole, si chiama censura. La nemesi della Storia è che oggi l'America, Paese che si faceva forte per aver ospitato Solenicyn, è costretta a censurare un russo.
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » ven apr 12, 2019 7:42 pm

???

Marine U.S.A confessa: "Siamo noi la potenza mostruosa nemica dell’umanità e della civiltà"
2017/06

https://ilsapereepotere2.blogspot.com/2 ... oi-la.html

Un Marine: “Lo Stato-mostro, siamo noi”

“Penso alle centinaia di prigionieri che abbiamo catturato e torturato in centri di detenzione improvvisati guidati da minorenni venuti dal Tennessee , New York e Oregon . Mi ricordo le storie . Ricordo vividamente i marines dirmi dei pugni , schiaffi , calci , gomitate , ginocchiate e testate agli iracheni. Ricordo i racconti di torture sessuali : costringere gli uomini iracheni a compiere atti sessuali su reciprocamente mentre marines gli tenevano i coltelli contro i testicoli , a volte li sodomizzavano con i manganelli “.

Vincent Emanuele è stato in Irak fra il 2003 e il 2005, nel primo battaglione del Settimo Marines. Adesso,ossessionato dai ricordi, ha preso coscienza di una realtà intollerabile: noi americani abbiamo commesso “il peggior crimine di guerra del 21 secolo”. Siamo noi la potenza mostruosa nemica dell’umanità e della civiltà, siamo noi quei “nazisti” contro cui ci avevano insegnato a vigilare – e non abbiamo vigilato, perché a farlo siamo Noi.

Ci vuole coraggio a leggere quel che l’ex Marine rievoca.

“Quelli di noi in unità di fanteria avuto il piacere di fare retate di iracheni durante raid notturni, legando le mani con lo zip di plastica, mettendogli il sacco nero sulla testa e scaraventandoli nel posteriore dello Humvees e camion mentre le loro mogli e bambini cadevano in ginocchio e piangevano. A volte, li prendevamo di giorno. Il più delle volte non opponevano resistenza. Alcuni tendevano le mani quando i Marines gli spegnevano le cicche in faccia. Li portavamo ai centri di detenzione, dove sarebbero tenuti per giorni, settimane e anche mesi. Le loro famiglie non sono mai state informate di dove li tenevamo.

E quando li rilasciavamo, li portavamo sul camion lontano dalla base operativa avanzata nel mezzo del deserto, a miglia e miglia dalle loro case. Gli tagliavamo le fascette che li legavano, il sacco nero dalla testa, e li facevamo andare. Qualcuno dei più disturbati dei nostri Marines gli sparavano colpi del mitragliatore in aria e vicino ai piedi – così per ridere – così loro scappavano, ancora piangenti per il calvario subito nel centro di detenzione, sperando di essere stati liberati. Per quanto tempo saranno sopravvissuti, là nel deserto? Dopotutto, non importava a nessuno di noi.

“La nostra capacità di disumanizzare gli iracheni cresceva dopo le sparatorie, era stupefacente.. molti marines passavano il loro tempo libero a scattare foto dei morti , spesso mutilando i loro cadaveri per divertimento o frugando i loro corpi gonfi con bastoni per farsi due risate. Siccome gli iPhone non erano disponibili al momento , diversi marines sono venuti in Iraq con le fotocamere digitali . Queste telecamere contengono una storia non raccontata della guerra in Iraq , una storia che l’Occidente spera che il mondo dimentichi: filmati di massacri sfrenati e numerosi altri crimini di guerra , realtà che gli iracheni non hanno il privilegio di dimenticare.

Durante i pattugliamenti nella provincia Al-Anbar gettavo fuori dal gippone le confezioni delle razioni consumate…non posso fare a meno di ripensare che i bambini piccoli che i nostri Marines bersagliavano con i resti di questi pacchetti, cercavano – non gli gettavano solo i dolcetti che fanno parte della razione. Li bersagliavano con bottiglie piene di piscio, pietre, stracci, qualunque rifiuto. Allora non pensavo a come ci avrebbero ricordato nei libri di storia, pensavo a fare un po’ di spazio nell’Humvee gettando ai ragazzini i rifiuti. Solo anni dopo, avendo seguito un corso di storia all’università, e avendo sentito il professore parlare della “culla della civiltà”, ho ripensato alle confezioni semi-consumate di razioni MRE i cui abbiamo sparso la Mesopotamia.

“Gli occhi caldi e vitrei dei bambini iracheni perennemente mi perseguitano , come è giusto. I volti di quelli che ho ucciso , o almeno quelli i cui corpi erano abbastanza vicini per esaminarli , non potranno mai più fuggire dai miei pensieri . I miei incubi e riflessioni quotidiane mi ricordano dove ISIS viene e perché , esattamente , ci odiano.

Non solo gente innocente è stata catturata di routine, torturata, imprigionata; ma ne abbiamo anche inceneriti a centinaia di migliaia, milioni secondo alcuni studi. Soltanto gli iracheni capiscono il puro male che è stato rovesciato sulla loro nazione.

Si ricordano la parte che l’Occidente ha avuto nella guerra tra Irak e Iran, durata otto anni; si ricordano le sanzioni di Clinton nel 1990, sanzioni che hanno provocato la morte di 500 mila persone, in gran parte donne e bambini. Poi è venuto il 2003 e l’Occidente ha finito il lavoro: oggi l’Irak è una nazione devastata dalle fondamenta, la gente è avvelenata o mutilata, l’ambiente è diventato tossico per l’uranio impoverito.

La scala della distruzione che l’Occidente ha inflitto in Medio Oriente è assolutamente inimmaginabile per la stragrande maggioranza delle persone che vivono nel mondo sviluppato. Questo punto non può nascosto quando in Occidente ci si sente fare la domanda ingenua: “Perché ci odiano ? “.

Dopo 14 anni di “Guerra al Terrore”, una cosa è chiara: l’Occidente è bravissimo nel fomentare la barbarie e creare stati falliti.

L’ISIS, l’abbiamo fatto noi. Ed io ho contribuito a crearlo”.

E’ forse inevitabile che il rigetto di queste atrocità che sono stati costretti a fare venga dai militari. Negli ultimi tempi, s’è fatto notare fra questi l’ex colonnello della Us Army Lawrence Wilkerson, che è stato consigliere della sicurezza nazionale nonché del segretario di Stato Colin Powell sotto Bush figlio (quando il potere reale era in mano alla sette neocon, ebraica, che condusse le guerre per Israele). Oggi ha detto in una trasmissione televisiva:

“L’impero è gestito dall’uno per cento della popolazione , se non meno, in questo paese, che costituisce essenzialmente una plutocrazia . ‘ [ … ] Gli ufficiali militari appena vanno in pensione dall’esercito , sono assunti dai produttori di armi, o dai media per rendere i media pro-guerra. Gli Stati Uniti sono sempre più orientati, primo, ad aumentare il potere, secondo, a diventare ricchi. Lo scopo della politica estera statunitense è quello di sostenere il complesso che abbiamo creato nello stato di sicurezza nazionale che è alimentato , finanziato , e continuamente potenziato dall’interminabile guerra”.

L’establishment, dice Wilkerson, è corrotto in modo irreparabile. “L’Impero non ne ha mai abbastanza . Questa è la natura del potere imperiale : essere insaziabile. Non ha mai uno status quo stabile . Ha uno status quo sempre più instabile .”.

L’intervistatore gli chiede cosa si può fare per cambiare questa corruzione. La risposta dell’ex funzionario di Stato netta, ed incredibile: “Una forte minoranza, o anche maggioranza, dei cittadini statunitensi devono levarsi in piedi e dire: ne ho abbastanza . Questo significa fare una rivoluzione? E sia”.

Naturalmente non succederà. Ma anche in questi sta nascendo la coscienza: il nazismo contro questa generazione deve opporsi, “siamo noi”. E noi europei siamo complici. Abbiamo partecipato alla guerra mondiale al terrore. Abbiamo solo eseguito gli ordini.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Io sto con Trump e gli USA - contro l'antiamericanismo

Messaggioda Berto » ven apr 12, 2019 7:43 pm

Chi difende Assange
Niram Ferretti
2019/04/12

http://caratteriliberi.eu/2019/04/12/in ... r2FGsCTA_c

Ieri, dopo sette anni, è terminata per Julian Assange la sua permanenza al riparo dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove si era rifugiato nel 2012.
Il “combattente per la libertà“, cocco della sinistra radicale, è stato arrestato ieri da Scotland Yard dietro mandato americano con l’accusa di avere cospirato nel 2010 insieme a Bradley Manning, poi, con il cambio di sesso, diventato Chelsa, nel tentativo di ottenere illegalmente documenti secretati militari e diplomatici, la cui diffusione avrebbe potuto essere utilizzata per danneggiare gli Stati Uniti.

Dopo che l’inchiesta nei suoi confronti per un presunto stupro avvenuto in Svezia è stata archiviata nel 2017, Assange ora rischia l’estradizione negli Stati Uniti. Nel 2010, il patron di Wikileakes, totalmente incurante delle conseguenze divulgò, grazie a Manning, chi fossero gli informatori locali degli Stati Uniti, durante la guerra in Afghanistan. L’allora Segretario alla Difesa, Robert Gates e il Capo di Stato Maggiore, Mike Mullen dichiararono: “Il signor Assange può dire quello che vuole sul bene maggiore che lui e la sua fonte stanno procurando, ma la verità è che potrebbero già avere sulle loro mani il sangue di qualche giovane soldato o di una famiglia afghana“.

Ma per una personalità patologicamente narcisista come quella dell’hacker australiano, tutto ciò era irrilevante, l’importante era mostrare al mondo gli arcana imperii, soprattutto se si trattava di quelli americani, e non, quelli di dittature e satrapie, o teocrazie, non avendo lì informatori adeguati a svelare al mondo i loro commerci più segreti.

Di lui, Rich Trzupek, in un articolo pubblicato su Frontpage Magazine, nel 2010, all’epoca dei leakes sull’Afghanistan, scrisse:

“Assange è un esempio primario di quel prodotto peculiarmente specifico delle istituzioni democratiche occidentali: un talento così accecato dalla propria intelligenza, da non vedere nulla di male nel fare a pezzi la società che gli consente la libertà di potere esercitare la propria arroganza, mentre resta beatamente incurante del fatto che le sue azioni forniscano aiuto e agevolazione a un nemico che non tollererà la sua stessa esistenza”.

Non può dunque suscitare meraviglia se in difesa dell’utile idiota antiamericano Assange giunga l’accorato appello del Cremlino attraverso il ministro degli Esteri russo Maria Zakharova, la quale ha fatto sapere che “l’arresto a Londra del fondatore di Wikileaks è un duro colpo alla democrazia”. In un mondo come il nostro, in cui per citare Heinrich Heine, “Dio esiste ed è Aristofane“, capita che arrivino da un paese retto da un cleptocrate autoritario lezioni di democrazia. Non contenta, la Zakharova, ha poi aggiunto su Facebook che “La mano della democrazia strangola la gola della libertà”, quella libertà che in Russia è, come noto, splendidamente garantita.

Alla Zarkharova si può aggiungere Evo Moraels, altro grande liberista e assiduo compulsatore di John Locke, il quale esprime via tweet la sua solidarietà per il “fratello perseguitato dagli Stati Uniti per avere rivelato la loro violazione dei diritti umani, l’assassinio di civili e lo spionaggio diplomatico”. In attesa della solidarietà di Nicolas Maduro, si registra, nek frattempo, l’indignazione di una grande fan di Assange, l’ex bagnina di Baywatch, Pamela Anderson, da tempo anche lei guerriera delle cause giuste e visitatrice assidua del perseguitato all’ambasciata dell’Ecuador a Londra, la quale si scaglia veemente contro il Regno Unito, “puttana dell’America”

Tuttavia la Anderson ha colto nel segno. Assange è l’eroe dei chomskiani impenitenti, e dei vecchi e giovani “anti-imperialisti”, è lo scoperchiatore delle nequizie americane, è il puro e indomito paladino del Bene costi quel che costi, soprattutto se costa agli USA, la vecchia baldracca a stelle e strisce, (per restare nei pressi della Anderson), è il vendicatore dei torti commessi dall’Occidente e dalla sua più grande superpotenza, ed è forse anche per questo motivo che, secondo Il Guardian, nel 2017, alcuni diplomatici russi avevano in mente un piano per farlo fuggire dall’ambasciata dell’Ecuador e portarlo in Russia. Nulla di sorprendente, visto che già nel 2010 dava mandato a un suo collaboratore, Israel Shamir, noto antisemita e negazionista, di procurargli un visto russo.

Dalla Russia con amore, per la libertà e la democrazia, di cui Assange è stato ed è, un grande e disinteressato sostenitore.



Chelsea Elizabeth Manning
https://www.google.com/search?client=fi ... ey+Manning
è un'attivista ed ex militare statunitense.
Accusata di aver trafugato decine di migliaia di documenti riservati mentre svolgeva il suo incarico di analista di intelligence ...


Pamela Denise Anderson (Ladysmith, 1º luglio 1967)
https://it.wikipedia.org/wiki/Pamela_Anderson
è una modella, attrice e showgirl canadese naturalizzata statunitense.


Israel Shamir
https://en.wikipedia.org/wiki/Israel_Shamir



???
L’arresto di Julian Assange segna la fine del mito della libertà della rete
Cronache dall'impero
2019/04/11

https://sergioscorzasite.wordpress.com/ ... della-rete

Julian Assange è stato arrestato oggi dalla polizia inglese dopo che il presidente Lenin Moreno ha revocato l’asilo politico in violazione del diritto internazionale ed in base a un mandato del 2012, quando, invece di consegnarsi a Scotland Yard per essere estradato in Svezia ed essere interrogato in merito alle accuse di stupro (poi archiviate), Assange si rifugiò nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra cui chiese asilo il 19 giugno 2012.

Il predecessore di Lenin Moreno, Rafael Correa, allora, gli aveva concesso protezione perché aveva ritenuto fondate le preoccupazioni del fondatore di WikiLeaks in ordine alla possibilità che un’eventuale arresto avrebbe portato ad una sua estradizione negli Stati Uniti dove, dal 2010, esiste un mandato di arresto coperto da segreto per divulgazione di documenti segreti “diplomatic cable”, ovvero, di rapporti ufficiali di funzionari e ambasciatori facenti capo al dipartimento di stato americano ed aventi come oggetto le relazioni tra funzionari americani e tra Stati e governi stranieri. Duecentocinquanta milioni di documenti confidenziali della diplomazia statunitense ed internazionale in grado di fornire una visione senza veli sui capi di stato e sui leader stranieri dell’epoca e dunque sui retroscena della politica estera USA.

L’arresto del fondatore di WikiLeaks era una “priorità” per l’amministrazione di Donald Trump. Jeff Sessions, a capo del dipartimento per la giustizia USA, ha preparato, nel 2018, gli atti di accusa contro WikiLeaks. In base a tali accuse, Julian Assange, in caso di estradizione, rischia l’ergastolo se non, addirittura, la pena di morte. Alquanto singolare questa improvvisa svolta(ma del tutto in linea con il personaggio Donald Trump) se si tiene conto che è appena passato il ciclone Cambridge Analytica, ovvero, lo scandalo che ha travolto l’agenzia britannica accusata di avere spiato illecitamente almeno 50 milioni di utenti di Facebook e nota per aver sostenuto diverse campagne di candidati conservatori in giro per il mondo. Ebbene, nel 2014, ai vertici di Cambridge Analytica c’era l’ideologo della destra radicale Steve Bannon, ovvero, proprio colui che grazie alle tanto controverse quanto efficaci attività della società londinese di “data mining”(estrazione automatica di informazioni utili da grandi quantità di dati quali database, datawarehouse ecc..) riuscì a portare il tycoon alla Casa Bianca.

Secondo Glenn Greenwald, il giornalista del quotidiano britannico The Guardian che ha seguito il caso Snowden, “… Julian Assange non è un cittadino americano e Wikileaks è un’agenzia di notizie estere […] L’idea che il governo degli Stati Uniti può estendere la propria portata a qualunque agenzia di stampa in qualunque parte del mondo e criminalizzare la pubblicazione di documenti è agghiacciante. “. Già accademici e attivisti statunitensi avevano duramente condannato l’impianto accusatorio del Dipartimento di giustizia USA denunciando i gravi pericoli che ne possono derivare per la libertà di stampa tutelata dal primo emendamento della costituzione degli Stati Uniti e per la libertà di stampa in tutto il mondo.

L’arresto di Assange, oltre ad essere un fatto di gravità inaudita sia in tema di libertà di informazione che per le libertà individuali e collettive, assesta un altro duro colpo al mito di Internet inteso quale illimitata possibilità di accedere liberamente a tutte le informazioni e conoscenze e come strumento in grado di mettere in trasparenza i meccanismi del potere politico e finanziario mondiale. Secondo gli assertori di queste teorie, attraverso la rete, il potere tout court sarebbe stato sottoposto al controllo dei cittadini tramite nuove forme di democrazia diretta e partecipativa. Così non è stato e l’accanimento nei confronti di Wikileaks e del suo fondatore, ratifica, in modo definitivo, la fine di questo mito perché è stata proprio l’organizzazione di Assange ad avere perforato in maniera sorprendentemente efficace il muro di opacità e di segreti del potere mondiale.

Ciò mentre continuano a venire alla luce una serie infinita di violazioni crescenti della privacy degli utenti e di attività abusive messe in atto da parte dei giganti del WEB: inadeguati o assenti controlli sui contenuti; accordi segreti con partner privati; cessione abusive di dati personali sensibili ed ultrasensibili; commistioni con attività di spionaggio e controllo sia sulle attività degli Stati che nella vita privata dei cittadini. Tutte trame che riconducono a una feroce cultura aziendale ed una evidente commistione con le lotte per il potere ed i suoi meccanismi che – come emerso da documenti interni portati alla luce da inchieste giornalistiche e parlamentari – calpesta ogni più elementare principio e diritto sacrificandoli sistematicamente ad una costante, ossessiva e scientifica logica che deve sempre e comunque portare alla illimitata crescita dei profitti. Una logica spietata e selvaggia all’interno della quale gli utenti della rete non sono altro che merce da “vendere” per catturare sempre più pubblicità.

La metamorfosi del Movimento Cinque stelle che ha costruito le sue fortune politiche (in rapida discesa) attorno a quel mito è un altro esempio di come, alla prova dei fatti, quella convinzione si sia infranta contro le dinamiche reali del capitalismo e contro le sue strutture politiche e statuali. Certo, rispetto agli epigoni nostrani di quelle “utopie letali”, Julian Assange sta dalla parte diametralmente opposta.



Wikileaks: Ecuador, "Assange usava ambasciata come centro spionaggio"
AGI - Agenzia Giornalistica Italia

https://www.agi.it/estero/assange_equad ... 2019-04-14

Julian Assange avrebbe ripetutamente violato le condizioni di asilo e cercato di usare l'ambasciata ecuadoriana di Londra come un "centro di spionaggio".

È l'accusa rivolta al fondatore di Wikileaks dal presidente dell'Ecuador Lenin Moreno in un'intervista al Guardian. Moreno, che giovedì scorso ha permesso l'arresto di Assange nella sua ambasciata, ha voluto però assicurare di avere un accordo scritto col governo britannico nel quale Londra garantisce che non saranno violati i diritti fondamentali dell'attivista e che non sarà estradato in nessun Paese che potrebbe condannarlo a morte.

Nella sua prima intervista con un giornale inglese da quando Assange è stato espulso dall'ambasciata, Moreno sostiene di aver permesso l'arresto di Assange, perché da lì il fondatore di Wikileaks avrebbe cercato di interferire nelle democrazie di altri Stati. "Ogni tentativo di destabilizzare è un atto riprovevole per l'Ecuador, perché siamo una nazione sovrana e rispettosa della politica di ogni Paese", ha detto Moreno, condannando inoltre che dall'ambasciata e "con il permesso delle autorità del precedente governo", siano stati forniti strumenti per "interferire nei processi democratici di altri Paesi".

"Non possiamo permettere che la nostra casa, la casa che ha aperto ad Assange le sue porte, diventi un centro di spionaggio", ha poi concluso il presidente dell'Ecuador. "Queste attività violano le condizioni di asilo. La nostra decisione non è arbitraria, ma si basa sul diritto internazionale".



Assange nasce a Townsville, nel Queensland, nel 1971.
https://it.wikipedia.org/wiki/Julian_Assange
Assange si definisce un anarchico e cypherpunk, ma non è contrario alla partecipazione politica elettorale. I genitori si conobbero durante una manifestazione contro la guerra in Vietnam. Figlio di attori teatrali, da bambino, secondo quanto riportato, avrebbe cambiato casa 37 volte, studiando nelle diverse biblioteche cittadine in cui si trovava, senza mai andare a scuola. A sedici anni, sa scrivere programmi per il Commodore 64. Lascia la casa a diciassette anni, si sposa a diciott'anni e diventa padre; poi si separa dalla moglie. Verso la fine degli anni ottanta diviene membro di un gruppo di hacker noto come "International Subversives" (Sovversivi internazionali) con lo pseudonimo di "Mendax" (da una frase di Orazio: "magnificamente mendace"). Nel 1991 subisce un'irruzione nella sua casa di Melbourne da parte della polizia federale australiana, con l'accusa di essersi infiltrato in vari computer appartenenti a un'università australiana e nel sistema informatico del Dipartimento della difesa americano. Nel 1992 gli vengono rivolti ventiquattro capi di accusa per reati inerenti alla pirateria informatica.
Assange è condannato, ma in seguito è rilasciato per buona condotta, dopo aver pagato una multa di 2 100 dollari australiani. Nel 1995 scrive Strobe, software open-source dedicato al port scanning. Nel 1997 collabora alla stesura del libro Underground: Tales of Hacking, Madness and Obsession on the Electronic Frontier. Dal 2003 al 2006, studia fisica e matematica all'Università di Melbourne, ma non ottiene una laurea. Studia anche filosofia e neuroscienze.

A partire dal 2007 è tra i promotori del sito web WikiLeaks, del quale si definisce editor in chief. Il 28 novembre 2010, dopo averlo annunciato diverso tempo prima, WikiLeaks rende di pubblico dominio oltre 251.000 documenti diplomatici statunitensi, molti dei quali etichettati come "confidenziali" o "segreti". Il giorno seguente, il general attorney dell'Australia, Robert McClelland, dichiara alla stampa che l'Australia è intenzionata a investigare sulle attività di Assange e di WikiLeaks. Afferma inoltre che, dal «punto di vista dell'Australia, ci potrebbe essere un buon numero di leggi violate con il rilascio di queste informazioni. La polizia federale australiana lo sta verificando». McClelland non esclude la possibilità del ritiro del passaporto australiano dell'informatico. Per "salvare" il materiale, Assange arruola alcune "sentinelle" in possesso di chiavi d'accesso: "Noi siamo l'assicurazione sulla vita di Julian", afferma uno di loro in un'intervista con Giovanni Mari nel 2010.

Il 17 aprile 2012 va in onda sul canale televisivo Russia Today la prima puntata di "The World Tomorrow", talk-show che Assange conduce dall'abitazione in cui si trova agli arresti domiciliari nel Regno Unito. Il programma ha cadenza settimanale e consiste in un'intervista di circa 25 minuti con uno o due ospiti. Dopo essere andate in onda le interviste sono disponibili sul canale YouTube di Russia Today e sul sito worldtomorrow.wikileaks.org. Le puntate sottotitolate in italiano si trovano nel canale video di Repubblica e sono presentate dalla giornalista Stefania Maurizi autrice del libro "Dossier Wikileaks" e collaboratrice di Repubblica e l'Espresso. L'ospite della prima puntata è stato Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah. In una delle ultime puntate vengono intervistati il filosofo Noam Chomsky e lo scrittore Tariq Ali.
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