Due anni e 8 mesi a Birolo, il tabaccaio di Correzzola che uccise un rapinatoreDovrà anche risarcire 325mila euro alla famiglia del giovane moldavo che rimase ucciso di Cristina Genesin
28 gennaio 2016
http://mattinopadova.gelocal.it/padova/ ... ?ref=fbfmpPADOVA. Condannato a 2 anni e 8 mesi di reclusione Franco Birolo, 47 anni, il tabaccaio di Correzzola che esplose un colpo con la sua pistola e ferì a morte il giovane moldavo Igor Ursu, reagendo all'assalto notturno di una banda di ladri moldavi. La sentenza è stata pronunciata nel pomeriggio dal giudice di Padova Beatrice Bergamasco. L'imputato dovrà anche risarcire 325mila euro alla famiglia del giovane che rimase ucciso: 225mila euro alla madre, 100mila alla sorella. Confiscate inoltre le cose che gli erano state sequestrate in negozio, fra cui il registratore di cassa di cui Birolo aveva chiesto la restituzione, in sede di dichiarazioni spontanee, prima che il giudice si ritirasse in camera di consiglio.
Era la notte del 26 aprile 2012. Birolo fu indagato per omicidio volontario, poi il pm Benedetto Roberti chiese il processo per eccesso colposo di legittima difesa. In aula lo stesso magistrato sollecitò l'assoluzione dell'imputato perché, Se anche fosse andato oltre i limiti di legge, lo avrebbe fatto inconsapevolmente. Il difensore, il penalista Luigino Martellato, ha insistito su una reazione comprensibile da parte di Birolo, in stato di forte stress dovuto a una aggressione in atto. Urso, ha ribadito il legale, stava scagliando addosso al tabaccaio il registratore di cassa, come dimostrato dalle perizie. Non a caso uno su fu colpito al fianco all'interno del locale, salvo poi percorrere una trentina di metri e accasciarsi.
El ga fato ben a coparlo e sta judega ła ga fato mal a condanarlo.Il giudice: «Birolo ha sparato al ladro mentre scappava»Depositate le motivazioni della sentenza. Il tabaccaio non avrebbe subito nessuna aggressione: un colpo mortale. "E poi dopo aver ucciso non si è pentito" di Cristina Genesin
10 febbraio 2016
http://mattinopadova.gelocal.it/padova/ ... hfmppdel-1CORREZZOLA. «Quando Ursu fu attinto dal colpo letale, si trovava nei pressi dell’uscita della tabaccheria, in procinto di uscire e in atteggiamento di fuga, sulla porta o nella parte esterna adiacente la porta... Nemmeno la consulenza della difesa indica una differente dinamica del fatto... evidentemente condivisa, ma si limita a far leva sulle condizioni emozionali in cui versava Birolo al momento dello sparo, supponendone un “sequestro emotivo”».
Ecco perché è stato condannato a 2 anni e 8 mesi di carcere, oltre al pagamento di un risarcimento di 325 mila euro, Franco Birolo, il 50enne di Civè che sparò e uccise il ladro (Igor Ursu, 23enne moldavo) durante l’assalto alla sua tabaccheria nella notte fra il 25 e il 26 aprile 2012.
È uno dei punti fondamentali contenuti nelle motivazioni della sentenza (42 pagine) firmata dal giudice Beatrice Bergamasco e depositata ieri mattina. Per il giudice va esclusa anche «la scriminante delle legittima difesa...». Il motivo? L’«assenza di aggressione (ai danni di Birolo)...». E rammenta una sentenza della Cassazione secondo la quale «“non ogni pericolo che si concretizza nell’ambito del domicilio giustifica la reazione difensiva”... Di conseguenza la reazione... è legittima solo quando... sussista un pericolo attuale per l’incolumità fisica dell’aggredito o di altri». In questa vicenda «il pericolo per l’incolumità fisica di Birolo o dei familiari era escluso dalla fuga dei malviventi, uno dei quali è stato fermato e legato proprio dall’imputato per essere consegnato alle forze dell’ordine. Nessuna aggressione risulta mai essere stata posta in essere, tantomeno dall’Ursu...».
La consulenza balistica. Sulla sentenza ha pesato la ricostruzione del consulente balistico della procura, Marco Piovan: «La ricostruzione peritale è del tutto esaustiva e sconfessa la versione difensiva» si legge nelle motivazioni, «Se Ursu avesse posto in essere un’aggressione nei confronti di Birolo di sorpresa, visto che lo stesso ha dichiarato di non essersi accorto della sua presenza..., quest’ultimo non avrebbe potuto sottrarsi all’aggressore, schivandolo in arretramento, prima di sparare il colpo». Nessun dubbio: «La posizione della vittima, adiacente alla porta o subito all’esterno del locale, è indicativa della fuga».
Ladro in fuga. Mortalmente ferito, Ursu ha percorso trenta metri prima di accasciarsi sulla strada colpito da un proiettile (esploso da una Glock modello 19 calibro 9x21) entrato nell’ascella destra, dal basso verso l’alto. E fu ferito mentre «si trovava di lato e non rivolto verso Birolo come sarebbe stato se si fosse trovato in procinto di aggredirlo». Il giudice cita la ricostruzione del medico legale, il dottor Claudio Rago, che eseguì l’autopsia: «Il dottor Rago evidenzia come la persona offesa (Ursu) si presentasse con le braccia retro-ante poste (come nella corsa) e non, come suggestivamente proposto dalla difesa, alzate a aggredire Birolo». Dalla consulenza balistica non emerge che Ursu – era l’ipotesi della difesa e del pm – stesse scagliando il registratore di cassa contro il tabaccaio: i cassetti sono stati trovati nel locale, il resto all’esterno. Per il giudice «la ricostruzione esclude che vi fosse un’aggressione in atto ai danni di Birolo e colloca Ursu in stato di fuga... È probabile che l’imputato abbia sparato per evitare la sottrazione del registratore di cassa...». Birolo avrebbe potuto fare altro. «Avrebbe potuto... fermarsi sui gradini (delle scale provenienti dall’appartamento al piano superiore dove la famiglia dormiva) pronto a evitare le conseguenze peggiori... » si legge, «Viceversa scese le scale a evidente difesa dei beni di sua proprietà. Scelta legittima, ma che avrebbe potuto determinare l’esposizione a aggressione personale fino ad allora nemmeno paventata». C’è di più. Dopo lo sparo mortale, Birolo non si placa: «Incurante delle possibili conseguenze occorse a Ursu, si diresse verso Neagu (il complice), riservandogli un trattamento (legato con lo scotch e incappucciato sul viso, brandendo l’arma) che richiede volontà e fermezza certo non comuni». Continuano le motivazioni: «Anche la versione di aver sparato per errore non convince... L’accidentalità del colpo è esclusa... La forza da imprimere sul grilletto è rilevante... Nemmeno condivisibile la tesi del tunnel emotivo», una tesi sul piano scientifico «ancora da validare».
Difesa colpevole. Alla fine il giudice, sia pure non azzerando una pesante ombra («il grave sospetto della volontarietà dell’omicidio»), riconosce ai fini del calcolo della pena la legittima difesa putativa che si verifica quando un soggetto reagisce supponendo, in maniera errata, di essere esposto a un pericolo. In quel momento concitato c’era scarsa luce e i due erano molto vicini («è possibile che il tabaccaio abbia avvertito nella penombra la presenza dell’Ursu, che pur scappava verso la porta, alla stregua di aggressore»). Fu «una reazione difensiva pur senz’altro colpevole». I motivi? L’imputato «avrebbe potuto e dovuto ponderare più appropriatamente la situazione prima di esplodere il colpo... La stanza non era buia... Il soggetto è stato attinto alla porta e Birolo era nelle condizioni di sapere che cosa eventualmente avesse in mano» perché nello stesso momento «aveva potuto osservare il complice trafugare la merce». In più la vittima non era armata: «Birolo ha sparato per aver visto passare vicino a lui Ursu, reputando che potesse avere qualcosa in mano, non perché ci fosse davvero un pericolo di aggressione». E cita la frase del tabaccaio dell’8 maggio 2012 durante un sopralluogo: «Può essere che avesse qualcosa in mano, non ricordo bene».
Reazione sproporzionata. La legittima difesa impone una proporzione tra l’uso dell’arma e il pericolo attuale di un’aggressione: se manca, «la punibilità non è esclusa quando il fatto è previsto dalla legge come delitto colposo... Non ogni pericolo che si concretizza nell’ambito del domicilio giustifica la reazione difensiva» insiste il giudice, citando la giurisprudenza. Quanto a Birolo, «avrebbe ben potuto e dovuto evitare l’utilizzo dell’arma... ponendo in essere condotte più consone rispetto al pericolo (per esempio esplodere dei colpi in aria prima di mirare verso Ursu... al limite sparare verso zone non vitali)». La difesa di Birolo è stata «sconfessata dagli atti del processo... Ecco perché deve essere chiamato a rispondere del reato di eccesso colposo di legittima difesa».
Nessun pentimento. E le spontanee dichiarazioni pronunciate dall’imputato alla fine del processo? Un boomerang che si è ritorto contro di lui. Una conferma della «mancata resipiscenza...». E del fatto che Birolo non ha compreso «l’illiceità della propria condotta e nemmeno la sofferenza impartita ad altri». La pena (il calcolo è partito dai 4 anni) è stata ridotta in seguito al riconoscimento delle attenuanti generiche (il 50enne è incensurato) e di un corretto comportamento processuale.
Il maxi-ristoro. Pesantissimo il risarcimento di 325 mila euro concesso alla parte civile (la madre e la sorella del ladro morto): è il risultato dell’applicazione delle tabelle in vigore nel tribunale di Milano, previste in caso di perdita di un congiunto. Nella quantificazione della somma si è tenuto conto dell’età del morto e delle congiunte, della modalità violenta dell’uccisione e del rapporto parentale. Ora la parola passerà ai giudici d’appello.
Tabaccaio uccise il ladro, il vescovo contro giudice: «Civè, pena esagerata» Intervento di monsignor Tessarollo sulla condanna di Franco Birolo a 2,8 anni e 325 mila euro di risarcimento: «Un padre, un lavoratore non deve vedere la sua casa violata» di Elisabetta B. Anzoletti
Il vescovo di Chioggia, monsignor Adriano Tessarollo
CHIOGGIA. Un vitalizio per aver esercitato il “lavoro di ladro”.
http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/ ... 1.12933340Non manca di qualche cenno ironico il vescovo di Chioggia, monsignor Adriano Tessarollo, nel commentare la recente sentenza del giudice Beatrice Bergamasco che ha condannato il tabaccaio di Civè di Correzzola, Franco Birolo, a due anni e otto mesi e un risarcimento di 325 mila euro per aver ucciso il ladro moldavo che voleva derubarlo.
Il vescovo ha commentato la sentenza nell’editoriale del numero 5 del settimanale diocesano “Nuova Scintilla”, uscito domenica scorsa, prendendo le difese di Birolo, suscitando subito ondate di commenti. Tutti positivi. Che un alto prelato si metta nei panni di un uomo che per difendere il proprio lavoro e le proprie fatiche è arrivato anche ai mezzi estremi piace alla gente che da giorni critica la sentenza del giudice padovano.
I fatti. La notte del 26 aprile 2012 il giovane moldavo Igor Ursu si introduce nella tabaccheria di Birolo, a Civè di Correzzola, per portare via l’incasso. Il titolare, che vive con la famiglia sopra l’attività, sente dei rumori, scende, viene aggredito dal bandito e spara colpendolo a morte.
Monsignor Tessarollo accende il dibattito sulla sentenza per eccesso di legittima difesa che ha condannato il tabaccaio Franco Birolo: "Pena esagerata". La giudice: "Ucciso un uomo in fuga".
Il 28 gennaio 2016 il giudice Beatrice Bergamasco condanna Birolo a due anni e otto mesi e accoglie la richiesta dei parenti della vittima di un risarcimento, stimato in 325 mila euro. Una sentenza che provoca subito forti contestazioni nella gente comune, che crede nel diritto di legittima difesa. La giudice riceve minacce via web e viene posta sotto scorta, provocando nuova indignazione tra le gente.
Il vescovo interviene. Il peso della sentenza non ha lasciato indifferente nemmeno il vescovo di Chioggia, che ha affidato all’editoriale del settimanale diocesano il suo pensiero. «Volevo stimolare una riflessione su questo episodio», spiega monsignor Tessarollo, «e credo di esserci riuscito perché in molti mi hanno contattato. Credo che il giudice non abbia tenuto conto di tutti gli elementi. Si sia messa molto nei panni del ladro e della sua famiglia, ma poco in quelli del tabaccaio e della sua famiglia. C’è stata di sicuro una sproporzione di legittima difesa, dato che il ladro non era armato, ma vi è una sproporzione anche nella sentenza".
"Nella pena reclusiva e in quella monetaria: 325 mila euro sono mille euro al mese per 27 anni, un bel vitalizio ottenuto dai familiari per l’incidente accadutogli nel suo “lavoro notturno di ladro e scassinatore”. Il sentire della gente parte da un altro punto di vista. Un padre di famiglia, un imprenditore, un lavoratore, che sta a casa sua ha diritto di non vedere violata la sua casa, derubati i suoi beni, minacciata la quiete e tranquillità sua e dei suoi familiari. La vita delle persone non è solo vita fisica, ma un complesso di realtà come anche la casa, l’attività, la libertà, lo spazio vitale, il progetto di vita e la propria sicurezza, in una parola l’insieme dei propri diritti umani e civili. Basta che uno si presenti senza armi perché gli sia assicurata l’incolumità, mentre lui viola palesemente i diritti
Appello ai giudici. «La vita comprende un insieme di condizioni», continua Tessarollo, «e tutte devono essere rispettate e protette. Certi valori sono importanti quanto la vita fisica e sarebbe ora che entrassero nella valutazione dei giudici. Non ha diritto uno di vivere in pace senza sentirsi oggetto di violenze, ruberie e aggressioni? Senza pensare di dover barricarsi in casa, di porre allarmi, di vivere nell’ansia che, se non oggi, domani certamente subirà un furto o rapina? E tutti sanno che gli eventuali danni non te li risarcisce nessuno, che quei malviventi vivono sulle fatiche degli altri, che per portare via 10 fanno danni per 100 e non gli importa niente. Credo che la legge sulla legittima difesa, così come aveva proposto qualche giudice un paio di anni fa, dovrebbe essere rivista. Forse abbiamo a che fare ancora con leggi scritte 30-40 anni fa, in un certo clima culturale e politico, ci vuole il coraggio di dirlo e di cambiare».
Caso Birolo, i magistrati pensano di querelare il vescovo di ChioggiaAnm: parole inopportune, saremo con il giudice se denuncerà il prelato
11 febbraio 2016
http://mattinopadova.gelocal.it/regione ... 1.12939762VENEZIA. «Rappresentanti istituzionali non dovrebbero dare giudizi sull'attività di altri organi, come quello giudiziario, senza avere la completa conoscenza dei fatti». Non usa mezzi termini il magistrato Lorenzo Miazzi, referente per il Veneto dell'Anm, per criticare l'intervento del vescovo di Chioggia, monsignor Adriano Tessarollo, che dalle pagine del settimanale Nuova Scintilla si era rivolto al giudice Beatrice Bergamasco commentando la condanna inflitta al tabaccaio padovano Franco Birolo. Il commerciante aveva sparato nel 2012, uccidendolo, a un rapinatore che stava dando l'assalto al suo negozio.
Rivolgendosi al giudice, il vescovo aveva detto: «Mi permetta un'ironia, signora giudice: quello che non era riuscito forse a rubare il ladro da vivo, glielo ha dato il giudice, completando il furto alla famiglia, un bel vitalizio ottenuto per i suoi familiari, con l'incidente accadutogli nel suo "lavoro di ladro"!».
Nel ritenere quella del prelato «una ingerenza molto significativa», Miazzi in un'intervista al Corriere del Veneto critica «la pesantezza dei toni usati nel suo intervento: sono dichiarazioni inopportune», sottolineando che Tessarollo ha commentato la sentenza «prima ancora di conoscerne il merito». «Accusare senza neppure sapere come si sono svolti i fatti realmente - rileva - va oltre il diritto di cronaca, si rischia di sfociare nella diffamazione o perfino nella calunnia».
E aggiunge: «Ad ogni modo spetterà eventualmente a un giudice terzo stabilire se in quello scritto si configurino dei reati, tenendo però conto che il significato delle parole utilizzate è ancora più forte, visto l'alto ruolo rivestito da chi ne è l'autore». Il giudice Bergamasco, riferisce il rappresentante dell'Anm, «si è presa del tempo per decidere cosa fare. Se deciderà di procedere con una denuncia nei confronti del vescovo - conclude Miazzi - noi saremo al suo fianco».