Ebraismo e Cristianesimo : violenti come l'islam?

Ebraismo e Cristianesimo : violenti come l'islam?

Messaggioda Berto » gio gen 19, 2017 8:25 am

Ebraismo e Cristianesimo : violenti come l'islam?
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I tre libri e la violenza
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Le religioni non sono tutte uguali, vi sono quelle umane e quelle disumane, quelle nonviolente e quelle violente, quelle pacifiche e quelle terroristiche, quelle che promuovono la responsabilità umana e quelle che impongono l'irresponsabilità, quelle laiche e quelle teocratiche, quelle che promuovono la buona volontà e quelle che promuovono la schiavitù, quelle che rispettano i valori/doveri/diritti umani universali, naturali e civili e quelle no, quelle che promuovono il bene e la vita e quelle che producono il male e la morte, quelle che rispettano la libertà e la diversità e quelle no.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Ebraismo e Cristianesimo : violenti come l'islam?

Messaggioda Berto » gio gen 19, 2017 8:34 am

Ebraismo e Cristianesimo : violenti come l'islam?
Middle East Quarterly
Estate 2009
Translation of the original text: Are Judaism and Christianity as Violent as Islam?
Translated by Paolo Mantellini

http://www.meforum.org/2442/ebraismo-cr ... come-islam

"C'è molta più violenza nella Bibbia che nel Corano; l'idea che l'islàm si sia imposto con la spada è una fantasia Occidentale, inventata al tempo delle Crociate, quando, in realtà, furono i Cristiani dell'Occidente a scatenare una brutale "guerra santa" contro l'islàm". Così dichiara la ex suora che si definisce "monoteista indipendente", Karen Armstrong.

Questa citazione riassume il principale e più autorevole argomento usato per rintuzzare le accuse che l'islàm è intrinsecamente violento e intollerante. Tutte le religioni monoteiste, e non solamente l'islàm – sostengono i propugnatori di questa tesi – hanno la loro quota di scritture violente e intolleranti, e condividono storie cruente. Così, ogni qual volta le sacre scritture dell'islàm – in primo luogo il Corano, seguito dai racconti delle parole e delle azioni di Maometto (gli ahadith) – vengono utilizzate come dimostrazione della innata aggressività di questa religione, scatta l'immediata risposta che anche altre sacre scritture, specialmente quelle Giudeo-Cristiane, sono infarcite di episodi violenti.

Purtroppo, troppo spesso questa affermazione interrompe ogni ulteriore discussione sul problema se violenza e intolleranza siano connaturate all'islàm. E quindi, la risposta normale diventa che non è l'islàm ad essere violento per se, ma sono piuttosto le rimostranze e la frustrazione dei musulmani – sempre aggravate da fattori economici, politici e sociali – a scatenare la violenza. La perfetta aderenza di questa opinione con la gnoseologia laica e "materialista" dell'Occidente, la rende immune da ogni critica.

Pertanto, prima di condannare il Corano e le parole e le azione storiche del profeta dell'islàm, Maometto, come istigatori di violenza e intolleranza, si dovrebbe consigliare agli Ebrei di considerare le atrocità storiche commesse dai loro antenati Israeliti, così come sono state registrate dalle loro stesse scritture; bisognerebbe poi raccomandare ai Cristiani di considerare i cicli di brutali violenze compiute dai loro antenati nel nome della loro fede sia contro non Cristiani che contro Cristiani. In altre parole bisogna ricordare ad Ebrei e Cristiani che chi abita case di vetro deve evitare di scagliare pietre.

Ma questa è proprio la verità? L'analogia con le altre scritture è proprio legittima? È possibile confrontare la violenza degli Ebrei dell'antichità e la violenza dei Cristiani nel Medio Evo con la persistenza della violenza musulmana nell'era moderna?

La violenza nella storia di Ebrei e Cristiani

In accordo con la Armstrong, un gran numero di eminenti scrittori, storici, e teologi hanno sostenuto questa tesi "relativista". Per esempio, John Esposito, direttore del Centro del Principe Alwaleed bin Talal per la Comprensione Cristiano-islamica, all'Università di Georgetown, si domanda:

..."Ma come mai continuiamo a porci la stessa domanda [a proposito della violenza nell'islàm] e invece non ce la facciamo a proposito di Ebraismo e Cristianesimo? Sia Ebrei che Cristiani hanno compiuto atti di violenza. Tutti noi possediamo un lato trascendente, ma anche un lato oscuro … Pure noi abbiamo la nostra teologia dell'odio. Sia nel Cristianesimo che nell'Ebraismo tradizionale, tendiamo ad essere intolleranti; aderiamo ad una teologia esclusiva: noi contro loro".

Il Professore di scienze umane dell'Università Statale della Pennsylvania, Philip Jenkins, in un articolo, "Dark Passages (Brani oscuri)", spiega più a fondo questa tesi. E tenta di dimostrare che la Bibbia è più violenta del Corano:

... In tema di istigazione alla violenza e ai massacri, ogni semplicistica pretesa di superiorità della Bibbia nei confronti del Corano sarebbe totalmente sbagliata. Infatti, la Bibbia trabocca di "testi di terrore" per usare la frase coniata dalla teologa Americana Phyllis Trible. La Bibbia contiene molti più versetti che apprezzano o spingono al massacro di quanti non ne contenga il Corano, e la violenza biblica è spesso molto più estrema e caratterizzata da una ferocia molto più indiscriminata … Se i testi fondamentali caratterizzano tutta la religione, allora Ebraismo e Cristianesimo meritano la condanna massima come religioni di efferatezza.

Molti episodi della Bibbia, come pure della storia Giudeo-Cristiana illustrano la tesi di Jenkins, ma due in particolare – uno probabilmente rappresentativo dell'Ebraismo, l'altro del Cristianesimo – sono quasi sempre ricordati e quindi meritano un esame più attento.

La conquista militare della terra di Canaan da parte degli Ebrei, circa nell'anno 1200 AC è spesso definita come "genocidio" ed è diventata emblematica della violenza e della intolleranza della Bibbia. Dio disse a Mosè:

Ma delle città di questi popoli che il Signore tuo Dio ti dà in eredità, non lascerai in vita alcun essere che respiri; ma li voterai allo sterminio: cioè gli Hittiti, gli Amorrei, i Cananei, i Perizziti, gli Evei e i Gebusei, come il Signore tuo Dio ti ha comandato di fare, perché essi non v'insegnino a commettere tutti gli abomini che fanno per i loro dèi e voi non pecchiate contro il Signore vostro Dio.

Così Giosuè [il successore di Mosè] conquistò tutto il paese: le montagne, il Negheb, il bassopiano, le pendici e tutti i loro re. Non lasciò alcun superstite e votò allo sterminio ogni essere che respira, come aveva comandato il Signore, Dio di Israele.


Per quanto riguarda il Cristianesimo, poiché è impossibile trovare nel Nuovo Testamento versetti che incitano alla violenza, quelli che sostengono la tesi che il Cristianesimo è violento come l'islàm devono ricorrere ad eventi storici come le Crociate scatenate dai Cristiani Europei tra l'undicesimo e il tredicesimo secolo. In effetti le Crociate furono violente e provocarono in nome della croce e della Cristianità delle atrocità, secondo il moderno metro di valutazione. Dopo aver sfondato le mura di Gerusalemme, nel 1099, per esempio, si racconta che i Crociati massacrarono quasi tutti gli abitanti della Città Santa. Secondo la cronaca medioevale, Gesta Danorum, "il massacro fu così grande che i nostri uomini camminavano nel sangue fino alle caviglie".

Alla luce di quanto sopra, come Armstrong, Esposito, Jenkins e altri sostengono, perché Ebrei e Cristiani indicano il Corano come prova della violenza dell'islàm mentre ignorano le loro stesse scritture e la loro stessa storia?


Bibbia contro Corano

La risposta si trova nel fatto che queste osservazioni confondono storia e teologia mescolando le azioni temporali degli uomini con ciò che si ritengono essere le parole immutabili di Dio. L'errore fondamentale è che la storia Giudeo-Cristiana – che è violenta – è stata confusa con la teologia islamica – che ordina la violenza. Ovviamente, tutte le tre grandi religioni monoteiste hanno avuto la loro parte di violenza e intolleranza verso "l'altro". Ma la questione fondamentale è se questa violenza fu imposta da Dio o se uomini bellicosi vollero che fosse così.

La violenza del Vecchio Testamento è un caso veramente interessante. Dio ordinò in modo chiarissimo agli Ebrei di sterminare i Canaanei e i popoli vicini. Questa violenza pertanto, volenti o nolenti, fu espressione della volontà di Dio. Comunque, tutta la violenza storica commessa dagli Ebrei e registrata nell'Antico Testamento è soltanto questo – storia. È successo; Dio lo ordinò. Ma riguardò tempi e luoghi specifici e fu diretta contro popoli ben precisi. Mai questo tipo di violenza fu regolamentata o codificata all'interno della legge giudaica. In breve, i racconti biblici di episodi violenti sono descrittivi, non prescrittivi.

Questo è l'aspetto in cui la violenza islamica è unica. Benché simile alla violenza dell'Antico Testamento – ordinata da Dio e manifestatasi nella storia – alcuni aspetti della violenza e della intolleranza islamiche sono stati regolamentati nella legge islamica e si applicano in ogni tempo. Pertanto, mentre la violenza incontrata nel Corano ha un contesto storico, il suo significato ultimo è teologico. Consideriamo i seguenti versetti Coranici, noti come i "versetti della spada":

... Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete questi associatori ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati. Se poi si pentono, eseguono l'orazione e pagano la decima, lasciateli andare per la loro strada.

... Combattete coloro che non credono in Allah e nell'Ultimo Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano umiliati.


Come nell'Antico Testamento i versetti in cui Dio ordina agli Ebrei di attaccare e trucidare i loro nemici, anche i versetti della spada hanno un contesto storico. All'inizio Dio emanò questi comandamenti dopo che i musulmani sotto la guida di Maometto erano diventati abbastanza forti da invadere i loro vicini Cristiani o pagani. Ma, a differenza dei versetti bellicosi e degli episodi di guerra dell'Antico Testamento, i versetti della spada divennero il fondamento delle successive relazioni sia con "la gente del Libro" (cioè Ebrei e Cristiani) sia con gli "idolatri" (cioè Indù, Buddisti, animisti eccetera) e, in effetti, innescarono le conquiste islamiche che cambiarono per sempre l'aspetto del mondo.
Per esempio, in base a Corano 9:5, la legge islamica impone che gli idolatri e i politeisti debbano convertirsi all'islàm o essere uccisi e allo stesso modo, Corano 9:29 è la sorgente primaria delle ben note pratiche di discriminazione contro i Cristiani e gli Ebrei sconfitti che vivevano sotto la dominazione islamica.

In effetti, in base ai versetti della spada e a ad innumerevoli altri versetti coranici e tradizioni orali attribuite a Maometto, i più istruiti funzionari dell'islàm, sceicchi, mufti e imam, lungo tutta la sua storia, raggiunsero il "consenso" – obbligatorio per tutta la comunità musulmana – che l'islàm deve essere in guerra perpetua con il mondo dei non-musulmani fino a quando questi ultimi non si sottomettano all'islàm. Infatti, è comunemente sostenuto dai sapienti musulmani che, poiché i versetti della spada sono tra gli ultimi ad essere stati rivelati sull'argomento dei rapporti tra musulmani e non-musulmani, essi, da soli, abbiano "abrogato" circa 200 altri versetti coranici precedenti e più tolleranti, tipo "non c'è costrizione nella religione".


Il famoso saggio musulmano, Ibn Khaldun (1332-1406) ammirato in Occidente per le sue opinioni, rifiuta l'idea che la jihad sia una guerra difensiva.

... Nella comunità musulmana, la guerra santa [jihad] è un obbligo religioso, a causa della universalità della missione musulmana e l'obbligo di convertire tutti all'islàm sia mediante la convinzione che con la forza … Gli altri gruppi religiosi non avevano una missione universale, quindi per loro la "guerra santa" non era un dovere religioso, tranne che a scopo difensivo … A loro si richiede solamente di istituire la loro religione in seno alla loro gente. Ecco perché gli Israeliti, dopo Mosè e Giosuè non si occuparono dell'autorità regia [cioè, di un Califfato]. La loro unica preoccupazione era di istituire la loro religione [non di diffonderla alle nazioni] … Ma nell'islàm c'è l'obbligo di acquisire la sovranità sulle altre nazioni.

Gli studiosi moderni più autorevoli concordano. La voce sulla "jihad" dell'Enciclopedia dell'islàm di Emile Tyan afferma che "la diffusione dell'islàm con le armi è in imperativo religioso imposto ai musulmani in generale … la jihad deve continuamente essere perseguita fino a quando tutto il mondo sia sotto la sovranità dell'islàm … l'islàm deve essere completamente realizzato prima che la dottrina della jihad [guerra per diffondere l'islàm] possa essere eliminata". Il giurista Iraqeno, Majid Khadduri (1909-2007), dopo aver definito la jihad come "guerra", scrive che "la jihad … è considerata da tutti i giuristi, praticamente senza eccezioni, come un obbligo collettivo di tutta la comunità musulmana". E, ovviamente, i manuali legali scritti in Arabo, sono ancora più espliciti.

Il linguaggio del Corano

Quando i versetti violenti del Corano vengono confrontati con i loro corrispettivi dell'Antico Testamento, si caratterizzano in particolare per un linguaggio che trascende spazio e tempo, incitando i credenti ad attaccare e uccidere i non credenti oggi come ieri. Dio ordinò agli Ebrei di uccidere gli Ittiti, gli Amoriti, i Canaanei, i Periziti, gli Iviti e i Gebusei – tutti popoli ben definiti, inseriti in un tempo e uno spazio ben preciso. Mai Dio diede agli Israeliti, e per estensione ai loro discendenti Ebrei, un comando "incondizionato" di combattere e uccidere i gentili. D'altra parte, benché i primi nemici dell'islàm, come nell'Ebraismo, fossero storici (cioè Bizantini Cristiani e Persiani Zoroastriani), raramente il Corano li indica con i loro nomi reali. Invece, si ordinò (e si ordina) ai musulmani di combattere la gente del Libro – "finché non versino umilmente il tributo, e siano umiliati" e di "uccidere gli idolatri ovunque li troviate".

Le due congiunzioni Arabe "finché" (hatta) e "ovunque" (haythu) dimostrano la natura ubiquitaria e perpetua di questi comandamenti. C'è ancora "gente del Libro" che deve essere "completamente umiliata" (specialmente in America, in Europa e in Israele) e "idolatri" da essere trucidati "ovunque" uno guarda (specialmente in Asia e nell'Africa sub-Sahariana). In realtà, la caratteristica principale di quasi tutti i versetti violenti delle scritture islamiche è la loro natura illimitata e generica: "Combatteteli (i non musulmani) finchè non ci sia più persecuzione e la religione sia solo di Allah". Inoltre, in una ben nota tradizione, presente nelle collezioni di ahadith, Maometto proclama:

... Mi è stato ordinato di muovere guerra contro l'umanità finché non testimonino che non c'è altro dio se non Allah e che Maometto è il Messaggero di Allah; finchè non eseguano la prostrazione e non paghino l'elemosina [cioè, finché non si convertano all'islàm]. Se lo faranno, il loro sangue e le loro proprietà saranno protette.

Questo aspetto linguistico è di importanza cruciale per comprendere l'esegesi scritturale che riguarda la violenza. E ancora, è importante ripetere che né le scritture Ebraiche né quelle Cristiane – l'Antico e il Nuovo Testamento, rispettivamente – utilizzano questi comandamenti perpetui e illimitati. Ciò nonostante, Jenkins lamenta che:

I comandamenti di uccidere, di realizzare la pulizia etnica, di istituzionalizzare la segregazione, di odiare e di temere le altre razze e le altre religioni … tutto questo è nella Bibbia e capita con molto maggiore frequenza che nel Corano. Ad ogni livello possiamo discutere su cosa significhino i brani in questione e certamente se debbano avere qualche rilevanza per le età future. Ma rimane il fatto che le parole sono lì, e la loro inclusione nella scrittura significa che esse sono, letteralmente, canonizzate, non meno che nelle scritture musulmane.

Ci si può domandare cosa intenda Jenkins con il termine "canonizzato". Se "canonizzato" significa che questi versetti devono essere considerati parte del canone della scrittura Giudeo-Cristiana, è assolutamente corretto; invece, se con "canonizzato" intende, o cerca di implicare che questi versetti sono stati applicati nella Weltanschauung (visione del mondo) Giudeo-Cristiana, allora è assolutamente in errore.

Inoltre, non bisogna basarsi esclusivamente su argomenti di pura esegesi o solo filologici: sia la storia che gli eventi attuali smentiscono il relativismo di Jenkins. Mentre il Cristianesimo del primo secolo si diffuse col sangue dei martiri, l'islàm del primo secolo si diffuse mediante la conquista violenta e i massacri. In effetti, dal primo istante fino ad oggi – ovunque ha potuto – l'islàm si è diffuso con la violenza, come è confermato dal fatto che la maggioranza di quello che oggi è noto come il mondo islamico, o dar al-islàm, fu conquistato dalla spada dell'islàm. Questo è un fatto storico, confermato dai più prestigiosi storici islamici. Anche la penisola Arabica, la "casa" dell'islàm, fu sottomessa con grandi lotte e massacri, come dimostrato dalle guerre della Ridda che scoppiarono subito dopo la morte di Maometto, quando decine di migliaia di Arabi furono passati a fil di spada dal primo Califfo, Abu Bakr, per aver abbandonato l'islàm.

Il ruolo di Maometto

Inoltre, in merito alla attuale diffusa idea che cerca di giustificare la violenza islamica – che questa è solo il prodotto della frustrazione dei musulmani di fronte a una oppressione politica od economica – ci si dovrebbe porre questo interrogativo: che dire allora dell'oppressione di oggi nel mondo, di Cristiani ed Ebrei, per non menzionare Indù e Buddisti? Dov'è la loro violenza ammantata di religione? Questa è la verità: anche se il mondo islamico fa la parte del leone nei titoli più drammatici – di violenza, terrorismo, attacchi suicidi e decapitazioni – è inoppugnabile che non è certo l'unica regione al mondo a soffrire per ingiustizie sia interne che esterne.

Per esempio, benché quasi tutta l'Africa sub-Sahariana sia intrisa di corruzione, oppressione e povertà, quando si considera la violenza, al terrorismo e all'assoluto caos, la Somalia – che appunto è l'unico stato sub-Sahariano ad essere completamente musulmano – guida il branco. Inoltre, i maggiori responsabili della violenza Somala e della imposizione delle misure legali più draconiane e intolleranti – i membri del gruppo jihadista al-Shabab (i giovani) – spiegano e giustificano le loro azioni mediante uno schema islamista.

Anche in Sudan, è attualmente in corso un genocidio jihadista contro il popolo Cristiano e politeista, condotto dal governo islamista di Khartum, che ha provocato quasi un milione di morti tra "infedeli" e "apostati". Che l'Organizzazione della Conferenza Islamica sia corsa in difesa del Presidente Sudanese Hassan Ahmad al-Bashir, che è incriminato dalla Corte Criminale Internazionale, è una ulteriore prova dell'approvazione della comunità islamica della violenza contro sia i non musulmani che contro chi non considera i musulmani abbastanza bene.

Pure i paesi dell'America Latina e i paesi Asiatici non musulmani hanno la loro quota di regimi autoritari ed oppressivi, di povertà e di tutto il resto, come i paesi musulmani. Eppure, diversamente dai quasi quotidiani titoli che provengono dal mondo islamico, non ci sono notizie di fedeli Cristiani, Buddisti o Indù che lanciano veicoli carichi di esplosivo contro edifici di regimi oppressivi (come il regime Cubano o quello Comunista Cinese), sventolando, allo stesso tempo, le loro scritture e urlando: "Gesù (o Budda, o Visnu) è grande!". Perché?

C'è un ultimo aspetto che viene spesso trascurato – sia per ignoranza o per malafede – da chi insiste che la violenza e l'intolleranza sono equivalenti tra tutte le religioni. Oltre le parole divine del Corano, il modo di comportarsi di Maometto – la sua "sunna" o "esempio" – è una importante sorgente di legislazione nell'islàm. I musulmani sono invitati ad emulare Maometto in ogni circostanza della vita: "Avete un eccellente esempio nel Messaggero di Allah". E il tipo di condotta di Maometto verso i non musulmani è molto esplicito.

Per esempio, polemizzando sarcasticamente contro il concetto di islàm moderato, il terrorista Osama Bin Laden, che, secondo un sondaggio di al-Jazira, gode dell'appoggio di metà del mondo islamico, così descrive la "sunna" del Profeta:

... La "moderazione" fu dimostrata dal nostro Profeta che non rimase mai più di tre mesi a Medina senza razziare o inviare scorrerie nelle terre degli infedeli, per abbattere le loro fortezze, saccheggiare i loro beni, spegnere le loro vite e rapire le loro donne.

Infatti, sia secondo il Corano che secondo la "sunna" di Maometto, razziare e saccheggiare gli infedeli, fare schiavi i loro figli e usare le loro donne come concubine, ha un fondamento ineccepibile. E il concetto di "sunna" – che è quella da cui oltre un miliardo di musulmani, i "sunniti", hanno ricevuto il loro nome – afferma senza ombra di dubbio che tutto ciò che fu fatto o fu approvato da Maometto, l'esempio più perfetto per l'umanità, è accettabile per i musulmani di oggi così come per quelli di ieri. Questo ovviamente, non significa che la totalità dei musulmani viva soltanto per saccheggiare e stuprare.

Però significa che persone naturalmente inclini a queste attività, e che per caso sono anche musulmane, possono giustificare le loro azioni – e le giustificano – riferendosi alla "sunna del profeta" – il modo con cui al-Qaeda, ad esempio, ha giustificato il suo attacco dell'11 Settembre, in cui furono uccisi degli innocenti, incluse donne e bambini: Maometto autorizzò i suoi seguaci ad usare le catapulte durante l'assedio della città di Ta'if nel 630 DC – gli abitanti della città avevano rifiutato di sottomettersi – benché sapesse molto bene che donne e bambini erano rifugiati in città. Inoltre, quando gli fu chiesto se era consentito lanciare attacchi notturni o incendiare le fortificazioni degli infedeli se donne e bambini erano con loro, e il Profeta rispose: "Essi [le donne e i bambini] sono dei loro [degli infedeli]".


Il comportamento di Ebrei e Cristiani

Benché osservante scrupoloso della legge e forse iper-legalista, l'Ebraismo non ha un equivalente come la "sunna"; le parole e le azioni dei patriarchi, pur descritte nell'Antico Testamento, non giunsero mai a prescrivere la legge Giudaica. Né le "pietose bugie" di Abramo, né la perfidia di Giacobbe, né l'estrema irascibilità di Mosè, né la relazione adulterina di Davide o le scappatelle di Salomone furono alla base dell'istruzione di Ebrei o Cristiani. Furono interpretate come azioni storiche, compiute da uomini fallibili che, più spesso che no, erano puniti da Dio per il loro comportamento molto meno che esemplare.

Per quanto riguarda il Cristianesimo, gran parte della legge dell'Antico Testamento venne abrogata, o compiuta – a seconda dei punti di vista – da Gesù. "Occhio per occhi" lasciò il posto a "porgi l'altra guancia". Amare dio e il prossimo con tutto il cuore divenne la legge suprema. Inoltre, la "sunna" di Gesù – "Cosa avrebbe fatto Gesù? – è caratterizzata da docilità e altruismo. Il Nuovo Testamento non contiene alcuna esortazione alla violenza.

Eppure, c'è ancora chi pretende di dipingere Gesù come un personaggio con un atteggiamento militante simile a quello di Maometto, citando il versetto in cui il primo – che "parlò alle folle in parabole e non parlò se non in parabole" – disse: "Non sono venuto a portare la pace, ma una spada". Ma in base al contesto di questa affermazione è evidente che Gesù non stava ordinando la violenza contro i non Cristiani, ma piuttosto predicendo che ci sarebbero stati conflitti tra i Cristiani e il loro ambiente – una profezia fin troppo vera, dato che i primi Cristiani, invece di brandire la spada, perirono docilmente come martiri, a causa della spada, così come spesso stanno ancora facendo nel mondo musulmano.

Altri si appigliano alla violenza profetizzata nel Libro dell'Apocalisse, ancora, dimenticandosi di osservare che tutto il racconto è descrittivo – per non aggiungere che è chiaramente simbolico – e quindi difficilmente "prescrittivo" per i Cristiani. Ad ogni modo, come si può ragionevolmente paragonare questa manciata di versetti del Nuovo Testamento che metaforicamente menzionano la parola "spada" con le centinaia di prescrizioni Coraniche e dichiarazioni di Maometto che chiaramente comandano ai musulmani di usare una spada vera e propria contro i non musulmani?

Imperterrito, Jenkins lamenta il fatto che nel Nuovo Testamento, gli Ebrei "progettano di lapidare Gesù, complottano per ucciderlo, a sua volta Gesù li chiama bugiardi e figli del Demonio". Rimane però da stabilire se essere chiamati "figli del Demonio" è più offensivo che essere definiti discendenti di scimmie e porci – l'appellativo Coranico degli Ebrei. A parte gli insulti, tuttavia, ciò che qui importa è che, mentre il Nuovo Testamento non ordina ai Cristiani di trattare gli Ebrei come "figli del Demonio", invece, in base al Corano, in particolare 9:29, la legge islamica obbliga i musulmani a sottomettere gli Ebrei, anzi, tutti i non musulmani.

Questo significa forse che chi si professa Cristiano non può essere antisemita? Ovviamente no! Ma significa che i Cristiani antisemiti vivono un ossimoro – per il semplice fatto che sia letteralmente che teologicamente, il Cristianesimo non insegna assolutamente odio e astio, bensì pone l'accento su amore e perdono. Il punto qui non è se i Cristiani seguono o no questi precetti; proprio come non è il punto se i musulmani osservano o no l'obbligo della jihad. L'unica domanda pertinente è: cosa richiedono le religioni?

John Esposito ha ragione quando asserisce che "Ebrei e Cristiani furono coinvolti in atti di violenza". Invece sbaglia quando aggiunge: "Noi [Cristiani] abbiamo la nostra teologia dell'odio". Nulla nel Nuovo Testamento insegna l'odio – e certamente niente lontanamente paragonabile ai comandi Coranici tipo: "Noi [musulmani] ci dissociamo da voi [non musulmani] e tra noi e voi è sorta inimicizia e odio eterni finché voi non crederete in Dio soltanto".


Rivalutare le Crociate

Ed è da qui che si può comprendere meglio la storia delle Crociate – eventi che sono stati completamente stravolti da numerosi e influenti apologeti dell'islàm. Karen Armstrong, per esempio, si è praticamente costruita una carriera rappresentando le Crociate in un modo completamente sbagliato, scrivendo, per esempio che "l'idea che l'islàm si sia imposto con la spada è una fantasia Occidentale, inventata durante il tempo delle Crociate quando, in realtà, furono i Cristiani dell'Occidente a muovere una brutale guerra santa contro l'islàm". Che una ex monaca condanni rabbiosamente le Crociate, rispetto a quanto fatto dall'islàm, rende la sua critica ancora più vendibile. Affermazioni come le sue, ovviamente, ignorano il fatto che dall'inizio dell'islàm, più di 400 anni prima delle Crociate, i Cristiani si erano accorti che l'islàm si diffondeva con la spada. Infatti, autorevoli storici musulmani che scrissero secoli prima delle Crociate, come Ahmad Ibn Yahya al-Baladhuri (m. 892) e Muhammad Ibn Jarir at-Tabari (838-923), dimostrano chiaramente che l'islàm si diffuse mediante la spada.

La realtà è questa: le Crociate furono un contrattacco contro l'islàm – non un attacco senza provocazione come sostengono la Armstrong ed altri storici revisionisti. L'eminente storico Bernard Lewis lo espone molto bene:

... Anche la Crociata Cristiana, spesso paragonata alla jihad islamica, fu una tardiva e limitata risposta alla jihad e, in parte, anche una sua imitazione. Ma, a differenza della jihad, riguardò principalmente la difesa o la riconquista di territori Cristiani minacciati o perduti. Fu, con alcune eccezioni, limitata alle guerre vittoriose per la riconquista dell'Europa Sud-Occidentale e alle guerre perdute per liberare la Terra Santa e per fermare l'avanzata Ottomana nei Balcani. La jihad islamica, per contro, fu interpretata come illimitata e fu percepita come un obbligo religioso che sarebbe continuato finché tutto il mondo non si fosse convertito all'islàm o si fosse sottomesso al suo dominio … Lo scopo della jihad è di imporre la legge islamica a tutto il mondo.

Inoltre, le invasioni dei musulmani e le atrocità contro i Cristiani erano aumentate nei decenni precedenti la proclamazione della Crociata nel 1096. Il Califfo Fatimide Abu 'Ali Mansur Tariqu'l-Hakim (r. 996-1021) profanò e distrusse un gran numero di importanti Chiese – come la Chiesa di San Marco in Egitto e la Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme – ed emanò contro Cristiani ed Ebrei decreti ancora più oppressivi di quelli già in uso. Poi, nel 1071, i Turchi Selgiuchidi sbaragliarono i Bizantini nella cruciale battaglia di Manzicerta e, per questo, conquistarono la maggior parte dell'Anatolia Bizantina, facendo presagire l'eventualità della finale cattura di Costantinopoli, secoli dopo.

Fu per reagire a questa situazione che il Papa Urbano II (r. 1088-1099) indisse la Crociata:

... Dai confini di Gerusalemme e dalla città di Costantinopoli è giunta un'orribile notizia che ci è stata ripetutamente riferita, cioè che una razza del regno dei Persiani [cioè, i Turchi musulmani] … ha invaso le terre di quei Cristiani e le ha spopolate con la spada, il saccheggio e il fuoco; ha portato una parte dei prigionieri nel proprio paese e ha eliminato l'altra parte con crudeli torture; ha distrutto completamente le Chiese di Dio o se ne è appropriata per i riti della loro religione.

Anche se la descrizione di Urbano II è storicamente accurata, il fatto rimane: in qualsiasi modo si interpretino queste guerre – offensive o difensive, giuste o ingiuste – è evidente che non furono basate sull'esempio di Gesù, che così esortò i suoi seguaci "Amate i vostri nemici, benedite chi vi maledice, fate il bene a chi vi odia e pregate per chi vi insulta e vi perseguita". E infatti, furono necessari secoli di dibattiti teologici, da Agostino all'Aquinate, per giustificare la guerra difensiva – definita come "guerra giusta". Così sembrerebbe che se qualcuno non è stato completamente fedele alle sue scritture, questi sono stati i Crociati – e non i jihadisti musulmani (dal punto di vista letterale). In altri termini, sono stati i jihadisti musulmani – e non i Crociati – che hanno fedelmente eseguito le indicazioni delle loro scritture (almeno dal punto di vista letterale). Inoltre, come i racconti violenti dell'Antico Testamento, anche le Crociate hanno una mera natura storica e non sono manifestazioni di più profonde verità scritturali.

Infatti, ben lontane dal suggerire alcunché di intrinseco al Cristianesimo, le Crociate, ironicamente, ci aiutano a capire meglio l'islàm. Perché le Crociate dimostrano, una volta per tutte, che, non ostante gli insegnamenti religiosi – e infatti, nel caso delle così dette Crociate Cristiane, a dispetto di questi insegnamenti – l'uomo è spesso predisposto alla violenza. Ma questo impone una domanda: se questo è il comportamento dei Cristiani – a cui è stato imposto di amare, benedire e beneficare i loro nemici che li odiano, li maledicono e li perseguitano – quanto di più dobbiamo aspettarci dai musulmani che, condividendo la stessa tendenza alla violenza, sono spinti da Dio ad attaccare, uccidere e depredare i non credenti?

Raymond Ibrahim è Direttore Associato del Forum del Medio Oriente e autore di "The Al Qaeda Reader" (New York: Doubleday, 2007)
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Re: Ebraismo e Cristianesimo : violenti come l'islam?

Messaggioda Berto » lun mar 13, 2017 7:13 am

Ensemense só e contro łi ebrei
viewtopic.php?f=197&t=2178


Convegno dell’Associazione biblica italiana: “Israele popolo di un Dio geloso: coerenze e ambiguità di una religione elitaria”.
11 marzo, 2017
Giulio Meotti

http://www.amicidisraele.org/2017/03/co ... e-elitaria

Dall’11 al 16 settembre a Venezia, l’Associazione biblica italiana organizza un convegno con studiosi italiani ed europei che sembra uscito dalle ombre del primo Novecento. “Israele popolo di un Dio geloso: coerenze e ambiguità di una religione elitaria”.

Niente meno.

L’Associazione, riconosciuta dalla Cei, di cui fanno parte esponenti del clero cattolico e protestante, 800 studiosi e professori di cultura laica e che il Papa ha salutato a Roma lo scorso settembre, discuterà delle “radici di una religione che nella sua strutturazione può dare adito a manifestazioni ritenute degeneranti”.

Degeneranti? L’ebraismo avrebbe come conseguenze spesso il “fondamentalismo” e “l’ assolutismo”. “Il pensarsi come popolo appartenente in modo elitario a una divinità unica ha determinato un senso di superiorità della propria religione”, recita il programma veneziano.

Non si è fatta attendere la risposta, durissima, dei rabbini italiani.

Giuseppe Laras, già rabbino capo di Milano e presidente emerito dell’Assemblea rabbinica italiana, ha scritto ai vertici dell’Associazione biblica, denunciandone le posizioni, ma senza ottenere risposta. “Sono, ed è un eufemismo, molto indignato e amareggiato!”, scrive Laras nella lettera che il Foglio anticipa qui. “Certamente, indipendentemente da tutto, ivi incluse le possibili future scuse, ripensamenti e ritrattazioni, emergono lampanti alcuni dati inquietanti, che molti di noi avvertono nell’aria da non poco tempo e su cui vi dovrebbe essere da parte cattolica profonda introspezione: un sentore carsico di risentimento, insofferenza e fastidio da parte cristiana nei confronti dell’ebraismo; una sfiducia sostanziale nella Bibbia e un ridimensionamento conseguente delle radici bibliche ebraiche del cristianesimo; un abbraccio con l’islam che è tanto più forte quanto più si è critici da parte cristiana verso l’ebraismo, inclusa ora perfino la Bibbia e la teologia biblica”.

Secondo Laras, “questo programma dell’Associazione biblica italiana è la sconfitta dei presupposti e dei contenuti del dialogo ebraico-cristiano, ridotto ahimé da tempo a fuffa e aria fritta. Personalmente registro con dolore che uomini come Martini e il loro Magistero in relazione a Israele in seno alla chiesa siano stati evidentemente una meteora non recepita, checché tanto se ne dica”.

Questa teologia ha conseguenze politiche, dice Laras: “La causa dell’instabilità del medio oriente e dunque del mondo sarebbe Israele (colpa politica); la causa remota del fondamentalismo e dell’assolutismo dei monoteismi sarebbe la Torah, con ricadute persino sul povero islam (colpa archetipica, simbolica, etica e religiosa). Ergo siamo esecrabili, abbandonabili e sacrificabili.

Questo permetterebbe un’ipotesi di pacificazione tra cristianesimo e islam e l‘individuazione del comune problema, ossia noi. E stavolta si trova un patrigno nobile nella Bibbia e un araldo proprio nei biblisti”.

D’accordo con Laras i principali rabbini italiani, a cominciare da Roberto Della Rocca, responsabile dell’educazione nelle comunità ebraiche italiane.

“Non voglio fare il processo alle intenzioni”, dice al Foglio il rabbino capo di Milano, Alfonso Arbib. “Ma o è uno scivolone o è qualcosa di preoccupante. Sono argomentazioni teologiche usate nel passato come arma antiebraica il Dio vendicativo degli ebrei, il Dio della giustizia contrapposto al Dio dell’amore, usate come propaganda antiebraica. Quando si usano argomentazioni del genere a noi si alzano le antenne.

La chiesa cattolica nel dialogo ebraico-cristiano ha superato queste argomentazioni. Sembra che ora vengano riprese. L’idea dell’ebraismo elitario che si sente superiore è stata usata nel passato in maniera preoccupante. È chiaramente il sospetto che si voglia avere una ricaduta sull’attualità, su Israele”.

D’accordo con Arbib il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che al Foglio dice: “O è una cosa fatta con piena coscienza e quindi gravissima, oppure non si rendono conto. Non è solo una analisi teologica, biblica, ma un discorso che si presta a essere con-testualizzato al medio oriente, con implicazioni micidiali in politica”.

Alla stesura della lettera di protesta dei rabbini ha partecipato anche un laico, David Meghnagi, docente a Roma Tre, esperto di didattica della Shoah e membro dell’Unione comunità ebraiche italiane. “Sono convinto che il convegno sia l’indice che dentro la chiesa, fra gli intellettuali e gli studiosi, gli elementi di marcionismo che l’hanno corrotta non sono stati superati”, dice Meghnagi al Foglio. “E sono presenti anche nella cultura laica che legge la Bibbia Lo si vede negli interventi di Eugenio Scalfari su Repubblica, la contrapposizione fra il Dio veterotestamentario e quello del Nuovo Testamento.

Nel 1990, alla prima giornata dell’amicizia fra ebrei e cristiani della Cei, mentre piovevano i missili su Tel Aviv da parte dell’Iraq, mi si avvicina un vescovo e mi dice: Lo sa quanta fatica noi cristiani facciamo per nobilitare il Vecchio Testamento?’.

Il linguaggio cristiano rispetto agli ebrei presenta diverse patologie, compresa la valutazione degli ebrei come popolo decaduto, di cui si eredita la primogenitura.

Solo dopo la Shoah c’è stata una rivalutazione. Nella cultura più ampia di molti laici e democratici ci sono pregiudizi che arrivano da questa visione”.

Ecco allora che in tante, troppe guerre, Israele finisce per diventare “il nuovo Erode” e i palestinesi “il nuovo Gesù”.

“Siccome non viviamo nel vuoto, la scelta di privilegiare questa riflessione si incontra con una teologia palestinese e di matrice cristiano-orientale, che trova ascolto nei movimenti pacifisti e terzomondisti, che tende a vedere l’attuale contrapposizione in medio oriente come la riedizione su più vasta scala della violenza del Dio biblico, l’ebraismo della carne contrapposto allo spirito, i valori della terra contro quelli dello spirito”, conclude Meghnagi. “Vorrei citare un articolo di Gianni Baget Bozzo uscito sul Manifesto sulla guerra di Israele come violenza biblica, o quello di Scalfari su Repubblica che parlò del Dio della vendetta. Lo si vede anche nelle vignette di Forattini. È un elemento che è passato nella cultura attraverso la demonizzazione del sionismo, la falsa innocenza della diaspora rispetto allo stato-nazione ebraico da esecrare”.



Alberto Pento
Tra i tre monoteismi del Libro, quello primario e originale è l'ebraismo, le altre sono eresie e varianti improprie.
L'ebraismo è l'ideologia religiosa più ragionevole, umana e la meno idolatra tra le tre;
mentre il cristianismo e il maomettismo o islamismo sono più idolatre, totalitarie e assolutiste;
e il maomettismo o islamismo è la più idolatra e totalitaria, la più disumana, orrenda e terrificante.



L'orrore dei cristiani antiebrei e pronazismo islamico
viewtopic.php?f=197&t=2172

Il Papa bugiardo e l'infernale alleanza con l'Islam
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Criminali e irresponsabili difensori dell'Islam o nazismo maomettano
viewtopic.php?f=188&t=2263
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Re: Ebraismo e Cristianesimo : violenti come l'islam?

Messaggioda Berto » mer mar 29, 2017 9:28 pm

Maometto (santo o criminale terrorista ?) - Maometo (on santo o n criminal terorista ?)
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2030

Immagine
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... etto_1.jpg



I tre libri e la violenza
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 201&t=2671

Immagine
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Moamed del Corano e Cristo dei Vangeii: due uomini, due parole, due libri a confronto
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =24&t=1329

Religione e religiosità come ossessione, come grave malattia, grave disturbo della mente e dell'anima o psico-emotivo
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=2527

Nazismo maomettano = Islam = dhimmitudine = apartheid = razzismo = sterminio
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2526

L'Islam è il nazismo maomettano? Sì!
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2274
https://www.facebook.com/Islam-nazismo- ... 0147022373

Orrore, terrore, avversione e odio per il nazismo maomettano o sana e naturale islamofobia
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2523
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Re: Ebraismo e Cristianesimo : violenti come l'islam?

Messaggioda Berto » gio mar 30, 2017 7:18 am

I genocidi dell'Islam

Bill Warner è uno studioso indipendente, esperto di statistica
http://drbillwarner.com

Essendo laureato in scienze matematiche, l’aspetto originale del suo lavoro è lo studio statistico della storia e delle fonti islamiche: http://www.cspipublishing.com/statistical/index.html

Egli ad esempio ha calcolato esattamente il numero di volte che la parola jihad compare nei testi islamici, con quale significato, l’elenco dettagliato di tutte le azioni di jihad nella storia (http://www.cspipublishing.com/statistic ... esDate.pdf);
il numero di passaggi violenti nel Nuovo Testamento (0), nell’Antico Testamento (34) e nei testi sacri dei musulmani (ben 328): http://www.cspipublishing.com/statistic ... html#Bible ,
oltre a tante altre cose.

Tutti questi sono numeri oggettivi.

Per quanto riguarda le fonti usate da Warner per calcolare le vittime della jihad in 14 secoli, le ha indicate qui: https://www.politicalislam.com/tears-of-jihad

Secondo i calcoli di Bill Warner - da GPiombini- del “Center for the Study of Political Islam” la conquista musulmana del Medio Oriente, dell’Anatolia e del Nordafrica – che rappresentavano metà della cristianità antica – ha fatto almeno 50 milioni di vittime.
La conquista islamica dell’Oriente – dove ha spazzato via l’antichissima civiltà persiana e zoroastriana – ha poi prodotto la morte di 10 milioni di buddisti la cui religione è stata estirpata dalla “via della seta” e dall’Afghanistan.
L’attacco all’India ha distrutto metà di quella civiltà facendo circa 80 milioni di vittime.
Mentre nell’Africa subsahariana le vittime cristiane e animiste del Jihad sarebbero circa 120 milioni.
Sommando tutte queste cifre si giunge alla conclusione che dal settimo secolo a oggi approssimativamente 270 milioni di ‘infedeli’ sono morti per la gloria politica dell’Islam, un numero di vittime che probabilmente supera quelle del comunismo”.


Islam e persecuzione e sterminio dei cristiani (cristianofobia)
viewtopic.php?f=181&t=1356


Stermegno de łi armeni anatołeghi - parké creistiani
viewtopic.php?f=110&t=371
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Re: Ebraismo e Cristianesimo : violenti come l'islam?

Messaggioda Berto » gio mar 30, 2017 7:33 am

Questa è la consegna di Maometto fondatore dell'Islam ai suoi discepoli, seguaci, credenti e fedeli mussulmani

" ... nel marzo 632 Maometto affermò, nel suo discorso d’addio:
“Mi è stato ordinato (da Allah) di combattere tutti gli uomini fino a quando non diranno che non c’è altro Dio fuori di Allah”.

Ogni buon maomettano o mussulmano o islamico deve stare alla consegna di Maometto come ordinato da Allah, chi non lo facesse non sarebbe un vero mussulmano.


Maometto (santo o criminale terrorista ?) - Maometo (on santo o n criminal terorista ?)
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=2030

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Re: Ebraismo e Cristianesimo : violenti come l'islam?

Messaggioda Berto » ven giu 09, 2017 9:38 pm

???

Vobarno - L'Islam non ordina di uccidere
Valle Sabbia
08 Giugno 2017, 10.46
Vobarno
Lettere al Direttore
di Ahmed El Balazi

http://www.vallesabbianews.it/notizie-it/(Vobarno)-%C2%ABL%27Islam-non-ordina-di-uccidere%C2%BB-41560.html

Riceviamo e pubblichiamo una lunga lettera dell’Imam di Vobarno Ahmed El Balazi, a seguito della sua partecipazione alla trasmissione “Agorà”, di Rai Tre, per rispondere a diverse domande di spiegazione su ciò che dicono alcuni versetti del Corano



Gentile direttore,

dopo la trasmissione di Agorà di ieri mi sono arrivati dei massaggi su Messenger dove mi hanno scritto diversi versetti dal Corano che secondo loro ordinano ai musulmani di uccidere altre persone.

Quindi, durante l’intervista dissi: “Mi fate vedere dove è scritto che i musulmani devono uccidere senza motivo?”. Quello che non ho detto invece, è che anche io credo come voi come i criminali dell’Isis possano prendere come riferimenti alcuni versetti del Corano senza conoscerli per niente; solo per giustificare i loro attacchi e per convincere gli altri a fare lo stesso.

Non sto cercando delle scuse perché l’islam è molto chiaro per chi vuole capire, e nemmeno parlo a quelle persone che non vogliono capire; che parlano solo per denigrare. Ma voglio far capire alle persone giuste, oneste, quelle persone che cercano di capire non solo ascoltano quello che si dice.

Innanzi tutto vorrei iniziare con un semplice esempio per capire meglio dove voglio arrivare: prendiamo in considerazione il primo articolo della Costituzione italiana.

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Qualcuno potrebbe dire che spacciare la droga è un lavoro, un altro dice che lavorare con la mafia è un lavoro, un altro lavoro è fare un ladro. La domanda è: se tutti questi dicono facciamo un lavoro come dice il primo articolo della Costituzione (fondata sul lavoro), allora diamo la colpa a chi? Alla Costituzione, o a queste persone che non hanno capito niente?

Ora vi posso dire, è vero quello che mi avete scritto, ma il problema che anche voi siete caduti nello stesso errore in cui cadono alcuni ragazzi.

Adesso vi metto i versetti che mi avete mandato in ordine ricordandovi che l’Islam è un sistema completo e per capirlo bisogna prenderlo tutto insieme.

Sono sicuro che nessuno di voi ha letto il Corano per intero e tanti di voi non sanno nemmeno di che cosa sta parlando, a chi si riferisce e in quali situazioni. Ma semplicemente si tende solo a guardare quello che si trova “in giro” senza capire la situazione completa.

Per capire meglio, partiamo dalla storia dell’Islam che purtroppo tanti non conoscono per niente, pensando di conoscerla benissimo. La storia dell’Islam parte dalla città di Mecca dove è nato il profeta Mohammed (pace e benedizioni su di lui), circa 1491 anni fa. Quando egli compì 40 anni ricevette l’incarico da Dio come messaggero per tutta la gente.

Visse 13 anni a Mecca mandato quindi, per invitare il suo popolo a seguire la parola di Dio come hanno fatto tutti gli altri profeti. Ma il suo popolo si rifiutò e decisero di attaccare lui e tutti quelli che lo avrebbero seguito. Uccisero molti dei suoi amici e fino alla fine cercarono di uccidere anche lui, ma non ci riuscirono. A questo punto il profeta Mohammed (p.b.s.l.) lasciò Mecca per scappare in un’altra città distante circa 450 km, dove costruì questa città e la chiamò Medina.

Il suo popolo continuò ad attaccarlo e ad attaccare chi lo seguiva.

In questo punto scese il primo versetto del Corano che permette ai musulmani di difendersi in caso di attacco:

39. A coloro che sono stati aggrediti è data l'autorizzazione [di difendersi], perché certamente sono stati oppressi e, in verità, Allah ha la potenza di soccorrerli; (Sura XXII Al-Hajj)

Ricordo anche che l’Islam non è soltanto un rapporto tra Dio e l’uomo ma è anche uno stabilire un rapporto tra gli uomini, un modello di vita. Il Corano quindi, parla anche di politica, di economia, di rapporti sociali ed era anche una costituzione della Città del profeta.

Troviamo che il Corano parla del rapporto tra i musulmani stessi, e del rapporto tra gli altri in generale in caso di guerra o di pace.

Ora vi spiego i versetti che mi avete mandato, ricordandovi che per capire dobbiamo mettere le frasi insieme. Ma prima bisogna capire a chi si riferiscono.

Il Corano ordina di combattere? Contro chi?

8. Allah non vi proibisce di essere buoni e giusti nei confronti di coloro che non vi hanno combattuto per la vostra religione e che non vi hanno scacciato dalle vostre case, poiché Allah ama coloro che si comportano con equità.

9. Allah vi proibisce soltanto di essere alleati di coloro che vi hanno combattuto per la vostra religione, che vi hanno scacciato dalle vostre case, o che hanno contribuito alla vostra espulsione. Coloro che li prendono per alleati, sono essi gli ingiusti.

Sura LX Al-Mumtahana (L'Esaminata)

Ricordando che tutto questo fu mandato in quel preciso momento, all’epoca del profeta Mohammed (p.b.s.l.)
Il Corano ordina di combattere anche contro i musulmani ingiusti:

9. Se due gruppi di credenti combattono tra loro, riconciliateli. Se poi [ancora] uno di loro commettesse degli eccessi, combattete quello che eccede, finché non si pieghi all'Ordine di Allah. Quando si sarà piegato, ristabilite, con giustizia, la concordia tra di loro e siate equi, poiché Allah ama coloro che giudicano con equità. Sura XLIX Al-Hujurât (Le Stanze Intime).

Troviamo anche:

190. Combattete per la causa di Allah contro coloro che vi combattono, ma senza eccessi, ché Allah non ama coloro che eccedono.

191. Uccideteli ovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi hanno scacciati: la persecuzione è peggiore dell'omicidio. Ma non attaccateli vicino alla Santa Moschea, fino a che essi non vi abbiano aggredito. Se vi assalgono, uccideteli. Questa è la ricompensa dei miscredenti.

192. Se però cessano, allora Allah è perdonatore, misericordioso.

Sura II Al-Baqara (La Giovenca)

Non si tratta dei comportamenti di una singola persona ma era costituzione del paese, in caso di difesa.
E dice anche:

91. Altri ne troverete che vogliono essere in buoni rapporti con voi e con la loro gente. Ogni volta che hanno occasione di sedizione, vi si precipitano. Se non si mantengono neutrali, se non vi offrono la pace e non abbassano le armi, afferrateli e uccideteli ovunque li incontriate. Vi abbiamo dato su di loro evidente potere.*

*[Alcuni clan beduini, che per i loro traffici avevano la consuetudine di recarsi a Medina, si erano “convertiti” all'Islàm solo per salvaguardare e incrementare i loro commerci. Appena ritornavano nelle loro zone di influenza ridiventavano pagani e non perdevano occasione di combattere contro i musulmani. Allah (gloria a Lui l'Altissimo) smaschera la loro menzogna e invita i credenti a porre loro un ultimatum: se non cesseranno di comportarsi in tal modo, saranno considerati nemici a tutti gli effetti e combattuti duramente] (TRADUZIONE DEL CORANO A CURA DI HAMZA PICCARDO)

Il Corano ordina di combattere solo ed esclusivamente per difesa e mai per attaccare.
Il Corano dice:

Aggredite coloro che vi aggrediscono. Temete Allah e sappiate che Allah è con coloro che Lo temono.

Ricordando anche i rapporti tra i musulmani e gli altri devono essere basate sulla pace il Corano dice:

61. Se inclinano alla pace, inclina anche tu ad essa e riponi la tua fiducia in Allah. Egli è Colui Che tutto ascolta e conosce.

Questo all’epoca del profeta, non si tratta dei comportamenti di una singola persona ma era costituzione del paese, oggi ogni paese ha la sua costituzione che deve essere rispettata.

Ecco per quello avevo detto che il Corano non ci ordina di uccidere, ma ci ordina di essere giusti, onesti.

Il Corano dice: sura an-nahl (le api)

90. In verità Allah ha ordinato la giustizia e la benevolenza e la generosità nei confronti dei parenti. Ha proibito la dissolutezza, ciò che è riprovevole e la ribellione. Egli vi ammonisce, affinché ve ne ricordiate.

E nella sura israa dice

34. Rispettate il patto, ché in verità vi sarà chiesto di darne conto.

Ora quelle persone che vanno a chiedere il visto o il premesso di soggiorno o la cittadinanza, per vistare o vivere in un paese in cambio rispettando la legge poi vanno ad ingannare la questa promessa sicuramente non stanno seguendo il Corano.


Anche nel caso della guerra il Corano ordina di essere giusti:

8. O voi che credete, siate testimoni sinceri davanti ad Allah, secondo giustizia. Non vi spinga all'iniquità l'odio per un certo popolo. Siate equi: l'equità è consona alla devozione.

E dice anche che:

Nessuno porterà il peso di un altro. Ritornerete poi al vostro Signore ed Egli vi informerà in merito a ciò che avrete fatto, (sura azzumar)

Il Corano dice che ognuno ha la sua religione:

6. a voi la vostra religione, a me la mia.

Il Corano dice non si può costringere la gente a credere:

256. Non c'è costrizione nella religione (sura al baqara)

E dice anche al profeta Mohammed:

99. Se il tuo Signore volesse, tutti coloro che sono sulla terra crederebbero. Sta a te costringerli ad essere credenti? (Sura yunus).

Ahmed El Balazi

Imam di Vobarno
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Re: Ebraismo e Cristianesimo : violenti come l'islam?

Messaggioda Berto » lun lug 10, 2017 7:00 pm

Il peso scomodo della verità
Niram Ferretti

http://www.linformale.eu/intervista-mor ... lla-verita

Mordechai Kedar è oggi in Israele una delle più autorevoli voci immerse nella realtà, e come ogni voce che strappa le maschere ai fatti è nemico giurato dei luoghi comuni e delle narrative consolidate. Studioso e conferenziere noto a livello internazionale, Kedar conosce profondamente la cultura araba e islamica. La conoscenza dell’arabo gli consente di avere un accesso diretto e privilegiato alle fonti e ai documenti che la maggioranza dei suoi colleghi possono leggere solo in traduzione. La lingua come strumento per entrare nella profondità della realtà e sfatare miti e leggende, o come si dice oggi, le “fake news”.

Lo abbiamo incontrato a Ra’anana, dove si è trasferito da anni.

Secondo la studiosa europea Bat Ye’Or, “Il jihad è al centro della storia e della civiltà islamica. Da quando la dottrina venne elaborata per la prima volta nella giurisprudenza del VII e IX secolo non è più stata messa in questione“. Qual è la sua opinione?
Potrei dire con una battuta di spirito se il tema non fosse molto serio che l’Islam senza il jihad è come un gatto senza baffi. Ovviamente ci sono anche altri comandi prescrittivi ma il jihad è il modo in cui si mettono gli altri nelle condizioni di accettare l’Islam. Il jihad può essere pacifico, la parola significa infatti sforzo e lo sforzo può essere di natura pacifica. Si può essere benevoli nei confronti degli altri convincendoli, come nel caso del jihad attraverso la dawa, in altre parole del jihad che chiama i non musulmani all’Islam, attraverso la persuasione, l’indottrinamento, la benevolenza. Quindi si tratta di una pratica intesa a promuovere l’Islam, tuttavia, se si rifiuta o si agisce contro l’Islam allora il jihad può trasformarsi nel “jihad el kitai”, il jihad della guerra, e qui tutto è permesso. Per esempio, le terre degli infedeli possono essere loro sottratte insieme alle loro mogli e così via. Una volta che l’Islam ha messo in atto questo mezzo attraverso cui diffondersi, il jihad è diventato di fatto la modalità con cui l’Islam opera quando si tratta degli altri. Internamente ci sono mezzi diversi al suo operare, come i califfi, i capi, ma quando si tratta degli infedeli, gli ebrei, i cristiani, i buddisti, ecc. allora c’è il jihad.
Il Jihad è l’anima dell’Islam fin dalla sua origine, dai tempi di Maometto.

In una intervista che ho avuto l’anno scorso con lo storico Benny Morris, a una mia domanda sul ruolo della religione nel conflitto arabo-israeliano, ha risposto in questo modo, “Esiste un profondo antagonismo religioso da parte dell’Islam nei confronti dell’ebraismo ed è ancorato nel Corano in quanto quando Maometto iniziò la sua predicazione, l’ebraismo era una religione rivale. La religione è la base del persistente antagonismo dei musulmani contro ebrei e cristiani ed è la giustificazione per il jihad”. È d’accordo?
Sì, sono d’accordo, ed è molto più di questo. L’Islam e i musulmani sono ossessionati dall’ebraismo. Maometto venne accusato dai suoi detrattori che tutto il Corano non fosse altro che un copia e incolla da fonti ebraiche. C’è una espressione nel Corano, “asatir al awalin”, significa “le favole degli antichi”, o “le storie dei primi”. “Asatir”, di fatto è il plurale della parola “ushtura”, che significa favola, “ushtura”, “storia” è la stessa parola che fa il suo ingresso dall’arabo nel latino. Questa fu un’accusa che venne rivolta a Maometto dai Meccani i quali lo avevano sentito parlare del mondo creato in sette giorni, di Adamo ed Eva, di Noè e dell’Arca e del diluvio, di Abramo e Giacobbe, di Gesù Cristo e di Giovanni. La gente della Mecca lo accusò di avere composto il Corano attraverso le storie degli antichi. Questa espressione ricorre non meno di undici volte nel Corano. Undici volte il testo fa menzione del fatto che Maometto venne descritto come un plagiario il quale aveva rubato il materiale dagli ebrei e dai cristiani. Già all’epoca, Maometto era ossessionato da questa accusa perché desiderava mostrare ai Meccani che l’Islam fosse una religione originale, indipendente. A questo scopo propagò la nozione che l’Islam è la religione della verità mentre l’ebraismo e il cristianesimo sono religioni false. Questo è l’insegnamento base del Corano contro l’ebraismo e il cristianesimo. Nel Corano gli ebrei sono descritti come i discendenti di scimmie e maiali e come i maggiori odiatori dei musulmani. Gli ebrei sono coloro i quali uccidono i profeti, un’accusa presa dal cristianesimo. Secondo l’esegesi generale del primo capitolo del Corano, gli ebrei sono coloro sopra i quali risiede l’ira di Allah mentre i cristiani sono coloro i quali si sono smarriti. Nel Corano, fin dai giorni di Maometto, l’atteggiamento nei confronti dell’ebraismo è stato chiaramente molto negativo.

Nella sua Carta del 1988 e nella sua versione di quest’anno recente leggermente emendata, Hamas è molto esplicito nello specificare che tutta la Palestina appartiene all’Islam. Se uno legge o ascolta quello che Fatah dice in proposito scopre che in realtà non esiste una grande differenza tra le due fazioni. È così?
Indubbiamente. Entrambi odiano gli ebrei, odiano lo stato di Israele, odiano l’esistenza di qualsiasi entità ebraica e si diversificano solo in base a delle sfumature. Affermare che Fatah è un movimento secolare mentre Hamas è religioso è errato. Si tratta di una distinzione occidentale, europea che si cerca di imporre qui. Anche Abu Mazen, così come faceva Arafat, va in moschea ogni venerdì, dunque cosa sono, secolari o religiosi? Nell’Islam non c’è alcuna ideologia secolare, diversamente che nel cristianesimo o nell’ebraismo. Nell’Islam non c’è mai stata alcuna tolleranza nei confronti di coloro i quali mettevano in discussione la religione, non ci sono mai stati abbastanza individui sufficientemente coraggiosi da mettere in discussione la mera esistenza o la validità della loro religione, si è trattato sempre di pochissime persone. Tradizionalmente non c’è alcuna divisione tra secolare e religioso nell’Islam. Possiamo dire che Fatah basa la sua visione più su idee nazionaliste cercando di non usare troppo la base religiosa mentre Hamas si basa molto di più su una piattaforma religiosa anche se fa propria anche una prospettiva nazionalistica.

Non ritiene che una delle ragioni più persistenti del conflitto Arabo-Israeliano risieda nel fatto che per I musulmani è intollerabile che gli ebrei, i quali per secoli furono dhimmi sotto di loro, abbiano un loro stato in quella che è considerata terra islamica per sempre?
Innanzitutto, per l’Islam la terra rappresenta un biglietto di sola andata, è un modo di entrare nell’Islam, non di uscirne. Ogniqualvolta, nel passato, gli zoccoli dei cavalli si sono appoggiati su un terreno, esso è diventato di proprietà islamica. Questa è la ragione, nella visione musulmana, per la quale la Spagna dovrebbe ritornare all’Islam, la Sicilia dovrebbe ritornare all’Islam, larghe aree nei Balcani su fino a Vienna, dove i musulmani vennero sconfitti nel 1683, dovrebbero tornare all’Islam, in quanto una volta erano sotto la sua occupazione. Siccome, nella prospettiva teologica islamica, gli ebrei hanno una religione falsa, la loro punizione è quella di vivere in esilio e di vivere sotto il dominio islamico in quanto dhimmi. Bat Ye’Or, nel suo lavoro, ha descritto molto bene quale fosse la condizione dei dhimmi ebrei e cristiani quando vivevano sotto l’imperio islamico. Lo stato di Israele è, per così dire, costituito da una serie di incidenti di strada. Il primo fu nel 1948 quando gli ebrei crearono uno stato in questo paese e per doverlo fare dovettero uccidere i musulmani, e gli ebrei non hanno alcun diritto di uccidere i musulmani, se lo fanno, per la legge islamica, perdono tutti i loro diritti.
Il secondo fu nel 1967 quando gli ebrei presero, dalla Giordania che occupava il territorio illegalmente, la cosiddetta West Bank e quindi Gerusalemme Est. Ora gli ebrei potrebbero volere tornare al Monte del Tempio per rinnovarvi la vita ebraica nel luogo che fu distrutto dai romani mille anni fa. In questo modo, se ritorneranno al Monte del Tempio, l’ebraismo rifiorirà nello stesso luogo in cui per secoli è stato una religione prospera. Ciò pone un serio problema per l’Islam poiché esso è apparso nel mondo per rimpiazzare sia l’ebraismo che il cristianesimo. Dunque, se l’ebraismo dovesse rifiorire a Gerusalemme e specialmente sul Monte del Tempio, l’intera raison d’être dell’Islam verrebbe messa in questione. Questa è la ragione per la quale i musulmani si oppongono così risolutamente a che gli ebrei possano pregare sul Monte del Tempio. Ciò significherebbe il ritorno alla vita dell’ebraismo come era prima che in questo luogo venisse cancellato dall’Islam. Qui il sentimento religioso pervade tutto. Prima di ogni altra cosa, il conflitto tra Israele e i suoi vicini è un problema religioso, un conflitto religioso. Su questa fondamenta, sono sovrapposte una serie di questioni nazionali, territoriali, legali, politiche, ma la base di tutto è religiosa.

Uno degli aspetti che colpiscono maggiormente della propaganda araba-islamica contro Israele è il fatto che è profondamente radicata nell’antisemitismo coranico classico e al contempo ha ereditato i paradigmi dell’antisemitismo occidentale: Gli ebrei sono i nemici dell’umanità, dispongono di un enorme e nefasto potere, il sionismo è ontologicamente malvagio. Non è del tutto illusorio pensare che qualcosa di così forte e persistente possa cessare?
Ci vogliono intere generazioni per modificare le culture. Non è affatto facile. I tedeschi avevano una cultura molto problematica che abbiamo visto in azione durante la prima e la seconda guerra mondiale, ma il fatto che siano stati pesantemente sconfitti da altre potenze gli ha fatto modificare la loro cultura, e oggi, apparentemente, sono diversi dal passato, quindi, a meno che una nazione non passi attraverso un vero disastro non modificherà la propria mentalità. Per due millenni gli ebrei hanno avuto la mentalità degli esiliati, quella di comunità abituate a vivere sotto gli altri traendo il meglio da questa situazione svantaggiata, ma l’Olocausto convinse la maggioranza degli ebrei che non esistesse nessun altro modo di potere vivere nel mondo se non in un loro stato indipendente. Ovviamente il sionismo cominciò sessanta anni prima dell’Olocausto, ma fu a causa di questo che molti ebrei si convinsero che solo Israele rappresentava per loro un luogo sicuro, mentre altri si trasferirono negli Stati Uniti o altrove. Qui si trasferirono milioni di ebrei dopo l’Olocausto poiché fu questo evento che modificò il loro paradigma culturale di esiliati con quello di un popolo indipendente. La Siria, molto probabilmente, attraverserà un profondo mutamento a causa delle atrocità che sono state commesse nel paese. Non sarà più lo stesso paese che era prima, e questo a causa della guerra. L’assetto mentale del Giappone fu profondamente cambiato durante la Seconda Guerra Mondiale, a causa delle bombe atomiche. Il Giappone postbellico non può essere paragonato culturalmente a quello che era prima della guerra.

Da quello che dice sembra che lei sostenga che affinché i musulmani cambino la loro struttura mentale nei confronti di Israele debbano subire un trauma profondo.
La storia ha dimostrato che le atrocità di massa possono cambiare una cultura in un breve periodo. È accaduto in Germania a causa della Seconda Guerra Mondiale, è accaduto in Giappone a causa di due bombe atomiche ed è accaduto in Egitto a causa della diga di Aswan che ha distrutto l’agricoltura tradizionale e ha fatto sì che milioni di egiziani lasciassero in un paio di anni le aree rurali per trasferirsi nelle città. Le culture di questi paesi si sono modificate in un breve periodo unicamente a causa di disastri. Nelle società stabili ci vogliono intere generazioni se non secoli.

Se il conflitto non è solo un conflitto su delle porzioni di terra e sugli scambi annessi ma è profondamente radicato nell’odio religioso, non è del tutto ingenuo pensare che si possa giungere a una risoluzione pacifica?
No, non lo è, ma prima di tutto dobbiamo comprendere la definizione di pace. “Pace”, come è intesa in occidente, o “Shalom” in ebraico non sono i corrispettivi di “salam” in arabo. “Salam” in arabo significa tregua. Negoziata, documentata, ma nulla più che una tregua. Tu ti trovi qui, Io mi trovo là, non ci scambiamo nulla, non ci abbracciamo, non ci sposiamo, io vivo nel mio luogo, tu vivi nel tuo, questo è il confine tra me e te. Tu ti prendi cura di te stesso e io mi prendo cura di me. Questo è il significato del concetto di “salam” in arabo, e questo è ciò che possiamo ottenere nel Medio Oriente perché è l’unica mercanzia disponibile nel mercato mediorientale. Questo è il genere di pace che viene ottenuto quando una delle due parti rinuncia a sradicare l’altra parte essendo questa troppo potente e pericolosa e dunque le viene concessa la pace. Questa pace, questa tregua, continuerà fin tanto che l’altra parte sarà invincibile, una volta che l’altra parte si indebolirà o abbasserà la guardia, i musulmani l’attaccheranno. Tutto ciò si basa di fatto su un precedente inaugurato dal profeta Maometto, la pace sia su di lui, nel 628.
Sei anni prima, nel 622, emigrò da Medina alla Mecca, il trasferimento noto come l’Egira, e mise in piedi una piccola armata con lo scopo di occupare la Mecca, ma i Meccani, che erano gente sveglia, conoscevano in anticipo i suoi piani e misero in piedi un esercito più grande. Quando Maometto discese da Medina alla Mecca, le due armate si incontrarono vicino a un piccolo villaggio chiamato Hudaybiyyah, e quando Maometto vide l’armata degli avversari capì che non era il caso di affrontarla perché sarebbe stato l’ultimo suo atto sulla terra. Dunque si sedette con i Meccani e venne firmato un trattato per un periodo di nove anni, nove mesi e nove giorni. Dopo due anni in cui Maometto non li aveva attaccati, i Meccani ritennero che egli avesse mantenuto l’impegno e tornarono ai loro affari commerciali consueti, e quando Maometto ne fu al corrente attaccò la Mecca, uccise tutti gli uomini, catturò le donne e diede alle fiamme tutti gli idoli. Questa fu la fine della pace che era stata stipulata per un periodo di quasi nove anni. Avvenne nel 630, solo due anni dopo la firma del trattato. Ora, i musulmani imparano due cose da questo episodio, la prima è che se non puoi sconfiggere gli infedeli concedi loro una pace temporanea, come fece Maometto, che è considerato infallibile. La seconda è che se Allah, attraverso la sua misericordia, ti concede il potere e l’opportunità di sbarazzarti degli infedeli, lo fai, anche durante il periodo di tregua che hai concesso. Quindi, questo precedente di Hudaybiyyah rappresenta di fatto il meccanismo attraverso il quale i musulmani concedono la pace agli altri paesi, alle altre nazioni, alle altre religioni se la controparte è troppo potente e pericolosa da affrontare. Questo è quello che possiamo aspettarci e questo è ciò che otteniamo. Prendiamo la pace siglata tra Israele e l’Egitto nel 1979 dopo un anno e mezzo di negoziati. Un anno prima, nel 1978, Sadat si rivolse ai notabili di Al Azhar, la suprema autorità sunnita, per chiedere loro se poteva fare la pace con Israele. Siccome erano al corrente dell’iniziativa ed erano stipendiati da lui, capirono al volo cosa volesse, quindi gli confezionarono una fatwa di tre pagine nella quale gli permettevano di fare la pace con Israele così come il profeta Maometto aveva fatto la pace con i Meccani a Hudaybiyyah.
La sola menzione di Hudaybiyyah significa che si tratta di una pace temporanea la quale durerà solo fintanto che gli israeliani saranno troppo forti, troppo pericolosi e invincibili. La pace con l’Egitto si basa su questo presupposto. La stessa cosa è accaduta con gli Accordi di Oslo del 1993. Arafat non lo ha mai nascosto, lo dichiarava appena poteva che i trattati di Oslo erano come la pace di Hudaybiyyah, e che quando il tempo fosse arrivato, Israele sarebbe stato attaccato di nuovo. Accadde quando Israele smantello lo stato cuscinetto con il Libano nel maggio del 2000. A settembre, Arafat capi che Israele era debole e vulnerabile e così decise di dare il via alla Seconda Intifada il cui obiettivo era quello di costringere Israele alla resa. Questa è la Hudaybiyyah con i palestinesi, i quali non hanno mai realmente inteso ottenere una pace vera ma solo una pace temporanea, solo perché la Seconda Intifada fallì nel suo intento.

E anche con la Giordania si tratta di una pace di Hudaybiyyah?
Non ho trovato alcuna menzione di Hudaybiyyah con la Giordania, ma non mi sono neanche impegnato a investigare la cosa, quindi forse esiste, forse no, ma certamente così è stato con l’Egitto e nel caso degli Accordi di Oslo i quali vennero firmati con Israele unicamente come un trattato di pace temporanea, che di fatto potrebbe proseguire per sempre, fintanto che Israele sarà in grado di mantenere la propria supremazia militare.

Se il conflitto arabo-israeliano è parte di un quadro molto più ampio, intendo un conflitto globale tra la Weltanschauung religiosa islamica e il resto del mondo, Israele non è anche e per lo più da intendersi come un simbolo dell’odiato Occidente?
Sicuramente, ma non si tratta solo di questo. Secondo loro Israele è stato creato dall’Occidente. L’occupazione britannica dopo la Prima Guerra Mondiale, gli Accordi Sykes-Picot, lo ripartizione del mondo arabo in una settantina di entità, nella loro visuale compone il mosaico di una cospirazione occidentale il cui obbiettivo è quello di impadronirsi del mondo, soprattutto quello islamico. Per la forma mentis musulmana, l’Islam è supremo e non vi è nulla sopra di esso, dunque come può qualcuno imporre all’Islam una cosa come Israele? I musulmani credono che l’Islam sia la religione che corrisponde meglio di ogni altra alla natura umana, per loro l’unico libro reale al mondo è il Corano, quindi qualsiasi cosa venga fatta contro la loro volontà è illegittima e inaccettabile. Non vi è dubbio che vi sia in corso uno scontro di civiltà, o meglio, questo è uno scontro tra la civiltà e la barbarie, perché quando tratti gli altri come individui che non hanno alcun diritto all’esistenza e tagli loro le teste, questa non è civiltà, si tratta di pura barbarie. Non sto affermando che tutti i musulmani sono dei barbari, perché non tutti sottoscrivono queste pratiche, ma non contano, perché i musulmani moderati non possono costringere quelli radicali a rinunciare a ciò in cui credono, dunque sono del tutto irrilevanti nello scontro tra musulmani radicali e il resto del mondo. C’è un’altra cosa che mi preme sottolineare.

Prego
Viene spesso fatta una distinzione tra l’Islam moderato e l’Islam radicale. Non penso che questa distinzione sia legittima. L’Islam è una religione che si basa fondamentalmente su tre fonti testuali, il Corano, gli hadith, che rappresentano la tradizione orale, e la Sira, la biografia del profeta. Esiste solo un Corano, non c’è un Corano moderato e un Corano radicale, c’è solo un corpus di hadith e una sola biografia di Maometto. Nel Corano abbiamo versetti che sono moderati come “Non deve esserci imposizione nella religione” mentre altri fanno riferimento all’imposizione e al jihad. Anche gli hadith sono costituiti da tradizioni che invitano a un approccio moderato nei confronti degli altri e della vita mentre ce ne sono altri che incoraggiano il jihad e lo spargimento di sangue. La stessa cosa avviene con la Sira. Ci sono episodi nella vita di Maometto che mostrano che fosse un uomo moderato e ci sono altri episodi che lo mostrano come un estremista.

Il problema è il modo in cui il Corano e le altri fonti islamiche vengono recepite da diversi tipi di musulmani, ma è incontestabile che entrambi i cosiddetti musulmani moderati e quelli radicali trovano ciò che cercano nelle fonti a cui fanno riferimento. Su ciò influisce anche la cultura in cui si sviluppano.
Sì. Facciamo l’esempio di un musulmano nato in Italia, dove, generalmente parlando, le persone sono moderate, il quale assorba la cultura moderata del paese in cui vive. Sarà più probabile per questo musulmano fare riferimento a quei versetti coranici in linea con questo approccio e lo stesso avverrà con gli hadith e con la Sira di Maometto. Un altro musulmano nato in Libia, dove le persone non hanno fatto altro che uccidersi continuamente, assorbirà la cultura della Libia, e probabilmente citerà quei versetti del Corano che invitano a uccidere gli infedeli. Dagli hadith prenderà quei detti che riflettono la natura violenta di Maometto, mentre dalla Sira prenderà tutti quegli episodi che mostrano quanto fosse crudele. Quindi quello che abbiamo non è l’Islam moderato contro l’Islam radicale, ma musulmani moderati contro musulmani radicali.
Tuttavia la cosa è molto problematica. Le persone cambiano. Per esempio, un musulmano nato in Inghilterra, che ha un approccio moderato, un giorno fa un viaggio in Pakistan o si avventura in rete dove scopre una intera galassia di siti islamici radicali: improvvisamente può essere portato a pensare “Mi sono sbagliato tutta la mia vita, questo è il vero Islam. Questo è il modo corretto di essere un musulmano“ e di conseguenza si radicalizza. Quindi anche un musulmano nato in un paese moderato e che ha interiorizzato l’atmosfera del suo luogo di nascita può cambiare e radicalizzarsi. Questa è la questione problematica, specialmente con gli immigrati e i rifugiati, i quali possono apparire moderati e magari lo sono di fatto, ma un giorno si radicalizzano e cercano di imporre agli altri la loro visione delle cose attraverso la forza e il terrore. Lo abbiamo già visto accadere.

Nel 1937 la Commissione Peel propose di dare agli arabi la maggior parte della terra e una piccola parte agli ebrei. Gli arabi dissero di no e hanno continuato a dire no fino ai nostri giorni a tutte le proposte fatte da Israele. Non pensa che sia arrivato il tempo di dichiarare che non ci sarà mai uno Stato palestinese perché i primi a non volerlo sono sempre stati i palestinesi stessi?
Prima di tutto mi lasci dire che non credo che esista un popolo palestinese o una nazione palestinese. Il motivo è che il Medio Oriente moderno non ha creato nazioni, sono tutti arabi. Non c’è, per esempio una nazione siriana, ci sono in Siria tribù arabe e gruppi etnici diversi come i curdi, i turcomanni, gli armeni, gli arabi. Ci sono anche religioni diverse, gli alawiti, i drusi, i cristiani, e ci sono sette musulmane sunnite e sciite. Tutti restano leali alla loro struttura tradizionale, alla loro tribù, al loro gruppo etnico, religioso, settario. Non hanno mai interiorizzato lo stato come la fonte della loro identità, questo è il motivo per il quale il concetto di stato non si è insediato nel cuore della gente. Questa è la Siria, perlomeno la Siria che esisteva sotto Assad fino alla Primavera Araba che è cominciata nel 2011. Non c’è un popolo siriano, un popolo consolidato intorno a un concetto di nazione. La stessa cosa vale per i palestinesi. Lo si può capire da come funzionano i matrimoni. Una ragazza di Hebron non ha alcuna opzione di sposarsi con un ragazzo di Nablus in quanto “loro” non sono come “noi”. Per non parlare di Gaza che, per gli arabi non gazawi, è vista come una realtà completamente diversa dalla loro. Nella West Bank ci sono diversi episodi di discriminazione araba nei confronti dei gazawi. Non esiste alcuna nazione palestinese più che ne esista una siriana, irachena, sudanese.

Ciò detto, quale potrebbe essere secondo lei una possibile soluzione del conflitto mettendo da parte uno Stato palestinese?
Personalmente appoggio la soluzione degli emirati, perché gli emirati sono l’unica forma di stato che funzioni nel Medioriente. Gli stati moderni come quelli europei non funzionano perché non corrispondono alla cultura. Soltanto gli emirati del golfo, come il Qatar, Abu Dabi, il Kuwait, tutti questi emirati sono stati di successo, non a causa del petrolio, il Dubai non ha petrolio, ma a causa della stabilità della sociologia, perché la società si appoggia su una singola tribù. Solo quando una società si appoggia su una singola tribù, l’arena politica funziona. Le società frammentate come quella irachena sono fonte costante di conflitti e questi conflitti si trascinano anche in parlamento, come risultato di ciò le loro economie sono fallimentari. Per i palestinesi dovremmo seguire il modello degli emirati, e creare degli emirati per i palestinesi all’interno delle città. Un emirato esiste già da dieci anni, si tratta di Gaza. Gli abitanti di Gaza sanno molto bene come gestire i loro problemi interni basandosi sul modello tribale. Un altro emirato dovrebbe essere a Hebron, un altro a Gerico, Ramallah, Jenin, Qalqilya, Nablus. Questa è l’unica soluzione fondata sulla sociologia invece che su sogni di nazioni che non esistono.

Una delle principali distinzioni accademiche fatte oggi è quella che diversifica tra Islam e Islamismo. L’Islamismo, in questa visione delle cose sarebbe solo l’Islam che ha smarrito se stesso. Tuttavia, se torniamo al Corano, specialmente alla parte di esso scritta a Medina, possiamo vedere chiaramente che gran parte di quello che viene fatto dai radicali è stato insegnato e fatto da Maometto medesimo nel VII secolo. Non crede che questa distinzione sia assai fragile?
Islam e islamismo sono modelli che i musulmani, nella stragrande maggioranza dei casi, non comprendono. La differenza che conoscono è tra chi mantiene rigorosamente i precetti islamici e chi non lo fa, ma non posseggono questa distinzione occidentale tra Islam e islamismo. Pregare cinque volte al giorno e praticare il jihad per loro sono la stessa cosa, mentre in Occidente si distingue tra i precetti che un individuo applica a se stesso e quelli che egli cerca di imporre agli altri. I musulmani sono teoricamente divisi in due categorie: coloro i quali credono nell’Islam e lo agiscono su se stessi e coloro i quali cercano di farlo agire sugli altri, imponendoglielo. I primi sono compatibili con le nostre società, i secondi non lo sono, ma entrambi, lo ripeto, fanno riferimento a un’unica tradizione testuale, a un unico testo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Ebraismo e Cristianesimo : violenti come l'islam?

Messaggioda Berto » mar ago 15, 2017 7:42 am

L'Islam e "l'uccisione di innocenti"
Denis MacEoin
17 settembre 2014

https://it.gatestoneinstitute.org/4740/ ... -innocenti

La settimana scorsa, prima che lo Stato islamico decapitasse il suo terzo occidentale, il presidente americano Barack Obama ha annunciato che "l'Isil non è islamico. Nessuna religione giustifica l'uccisione di innocenti".

Beh, non esattamente.

Quante volte – nonostante l'attuale spettacolo dello Stato islamico (i cui acronimi sono Si, Isil o Isis) in Siria e in Iraq – abbiamo sentito dire ai politici e ai leader ecclesiastici che l'Islam è una religione di pace; che l'estremismo islamico è un'innovazione moderna, una profonda deviazione da qualche immaginario "vero" Islam, e anche il suo stesso nome, la parola "Islam", significa pace?

Non sono solo i musulmani a dire che l'Islam è una religione di pace: anche alcuni politici e qualche ecclesiastico occidentale lo ripetono.

La settimana scorsa, il 13 settembre, il premier britannico David Cameron lo ha sottolineato alla BBC, in risposta alla decapitazione perpetrata dall'Isis del cooperante inglese, David Haines.

L'ex presidente degli Stati Uniti George W. Bush lo ha detto più di una volta, anche in un discorso pronunciato il 17 settembre 2001.

Così anche, l'ex primo ministro britannico Tony Blair: "Non c'è un problema con l'Islam. Per quelli di noi che lo hanno studiato, non vi è alcun dubbio circa la sua vera e pacifica natura".

Il presidente Barack Obama in precedenza è stato categorico come lo è oggi. Nel novembre 2010, a Mumbai, in India, egli asserì: "La religione [l'Islam] insegna la pace, la giustizia, l'equità e la tolleranza. Tutti noi riconosciamo che questa grande religione non può giustificare la violenza".

Papa Francesco ha fatto dichiarazioni simili: "Di fronte ad episodi di fondamentalismo violento che ci preoccupano, l'affetto verso gli autentici credenti dell'Islam deve portarci ad evitare odiose generalizzazioni, perché il vero Islam e un'adeguata interpretazione del Corano si oppongono ad ogni violenza".

Ma l'islamista britannico Anjem Choudary in un'intervista del 2010 a CBN News ha rifiutato seccamente una simile interpretazione dell'Islam:

"Non si può dire che l'Islam è una religione di pace," egli ha asserito, "perché l'Islam non significa pace. L'Islam significa sottomissione. Pertanto, il musulmano è colui che si sottomette. C'è posto per la violenza nell'Islam. C'è posto per il jihad nell'Islam".

Choudary ha ragione. Anche se salam, la parola araba che significa pace, e islam, che sta per sottomissione, derivano dalla stessa radice formata da tre consonanti, esse hanno però accezioni ben diverse e derivano da una differente forma del verbo. Nessuno che conosce l'arabo potrebbe confondere una parola con un'altra.

Islam non significa "pace" ma "sottomissione". La sua radice, salam, significa pace, ma non nel senso occidentale del termine. Essa indica la pace che prevarrà nel mondo una volta che il genere umano si convertirà all'Islam, anche se quale ramo dell'Islam è ancora in discussione.[1]

Ciò che è curioso è che nessuno, a quanto mi risulta, ha posto molta enfasi sulla storia più antica dell'Islam. In ogni caso, purtroppo, i primordi dell'Islam dimostrano che esso non è mai stato una religione di pace e che i jihadisti moderni, soprattutto i salafiti, traggono direttamente ispirazione dalle azioni delle prime tre generazioni della fede, i Salaf (gli antenati o i predecessori), i compagni del Profeta, i loro figli e i loro nipoti. Ciò che è preoccupante, o almeno dovrebbe esserlo, è che queste figure fungono da modelli costruttivi per i musulmani di oggi.

Il Corano è pieno di intimazioni a combattere il jihad: i fondamentalisti islamici moderni affermano di trarre ispirazione dal testo sacro. Si stima che nel Corano ci siano circa 164 versetti che esortano al jihad. Per non parlare degli innumerevoli passaggi contenuti negli hadith – la biografia del profeta – che istigano o fanno riferimento alla guerra santa. Ecco alcuni esempi (la traduzione dall'arabo è dell'autore):

"Combattano dunque sul sentiero di Allah, coloro che barattano la vita terrena con l'altra. A chi combatte per la causa di Allah, che sia ucciso o vittorioso, Daremo presto ricompensa immensa." (Sura 4:74)

"Getterò il cuore dei miscredenti. Pertanto, li decapiterete e taglierete tutte le loro dita." (Sura 8:12)

"Uccidete questi miscredenti ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati." (Sura 9:5)

Purtroppo, è impossibile reinterpretare il Corano in maniera "moderata". La più famosa tafsir – o interpretazione – moderna, del testo sacro è un'opera in più volumi intitolata All'ombra del Corano. Essa è stata scritta da Sayyid Qutb (morto nel 1966), l'ideologo dei Fratelli musulmani spesso considerato il padre del fondamentalismo islamico moderno. La sua interpretazione conduce ripetutamente il lettore in territorio politico, dove il jihad è il presupposto dell'azione.

Il Corano contiene molti versetti pacifici e tolleranti e questi potrebbero essere utilizzati per creare una vera e propria riforma – qualcosa che molti riformatori veri hanno cercato di fare. Ma c'è un problema. Tutti questi versetti moderati sono stati scritti nella fase iniziale della carriera di Maometto, quando il Profeta viveva alla Mecca e aveva deciso di affascinare la gente. Quando poi egli si traferì alla Medina nel 622, tutto cambiò. Divenne ben presto un leader religioso, politico e militare. Nel corso dei successivi dieci anni, poiché i suoi approcci religiosi a volte non erano graditi, i versetti pacifici lasciarono spazio a quelli inneggianti al jihad e alle diatribe intolleranti contro gli ebrei, i cristiani e i pagani. Quasi tutti i libri di tafsir danno per scontato che i versetti posteriori abrogano quelli precedenti. Questo significa che i versetti che predicano l'amore per tutti non sono più applicabili, tranne per quanto riguarda quelli inerenti i fratelli musulmani. I versetti che insegano il jihad, la sottomissione e le dottrine connesse formano ancora la base per l'approccio di molti musulmani con i non credenti.

D'altra parte, nessuno può cambiare il Corano in alcun modo. Se il testo contiene la parola diretta di Allah, allora la rimozione anche di un piccolo segno diacritico o di un punto sopra o sotto una lettera sarebbe una blasfemia del genere più estremo.[2] Qualsiasi modifica indicherebbe che il testo sulla terra non corrisponderebbe alla tavola in cielo – la "Madre del Libro", come Maria è la madre di Cristo – che è l'originale eterno del Corano. Se un puntino venisse spostato, forse sarebbe così anche per gli altri, e le parole lunghe potrebbero prendere il posto di altre parole. Lo stesso Corano condanna gli ebrei e i cristiani per aver manomesso i loro testi sacri, in modo che né la Torah né i Vangeli possono essere considerati come la parola di Dio. Il Corano ci cattura con la sua assoluta immutabilità.

La colpa persistente dei politici occidentali moderni, dei leader ecclesiastici e dei multiculturalisti consiste nell'aver accettato l'ignoranza e promosso la loro stessa ignoranza al rango di competenza. L'Islam è uno degli argomenti più importanti della storia umana, ma a quanti studenti nel corso delle lezioni di storia vengono forniti i particolari come quelli menzionati sopra? Quanti libri di testo tracciano un quadro onesto dalle origini dell'Islam fino ai giorni nostri?

Inoltre, a quanti veri esperti è negato il contatto con i governi e i politici in modo che le bugie non costituiscono la base delle decisioni governative prese in Occidente? Quante volte la verità lascerà spazio alle fandonie mentre gli estremisti musulmani fanno attentati dinamitardi, sparano e decapitano per acquisire potere?

Questi fatti non scaturiscono da moderne narrazioni occidentali, essi sono lì nei testi fondamentali dell'Islam, nelle storie di al-Waqidi e al-Tabani. Nessuno inventa nulla. I musulmani che evitano la propria storia dovrebbero essere posti di fronte ad essa in tutte le discussioni future.

Purtroppo, anche molti musulmani moderati non riescono ancora a vedere la realtà che si cela dietro alcuni degli aspetti più elementari della loro religione. Subito dopo gli attentati del 7 luglio 2005 a Londra, il quotidiano Guardian chiese a molte persone cosa ne pensassero degli attacchi. Un affabile giovane leader musulmano disse di essere inorridito dagli omicidi commessi dai suoi correligionari, e che se solo i giovani musulmani leggessero il Corano prenderebbero le distanze da ogni forma di estremismo violento.

Tutti i combattenti jihadisti leggono costantemente il Corano e citano quei versetti in cui trovano giustificazioni più che sufficienti per gli attacchi violenti contro i non musulmani, apostati e "ipocriti" (munafiqun – un termine tratto direttamente dal Corano che significa qualcosa di simile ad apostata).

Oltre al Corano, i sei libri di hadith e la biografia del profeta (la Sira) rappresentano un mondo nato dalla violenza. Maometto dopo essersi trasferito alla Medina, condusse i suoi seguaci in battaglie e incursioni nelle aree tribali. Egli combatté in importanti conflitti come le battaglie di Badr, Uhud e al-Khandaq. Ibn Ishaq, il suo biografo, dice che il Profeta ha combattuto in ventisette battaglie. Inoltre, egli inviò i suoi luogotenenti a razziare le carovane – incursioni conosciute come ghazwat. Un centinaio circa di questi raid ebbero luogo, principalmente, per richiamare gli arabi all'Islam. Se deviavano dalla vera fede – come stiamo assistendo oggi nello Stato islamico – gli apostati, come i pagani, erano contrastati finché non abbracciavano l'Islam o erano uccisi.

Maometto ordinò o fiancheggiò circa quarantatré omicidi di oppositori, tra cui diversi poeti che lo avevano sfidato nei loro versi. Meglio conosciute sono le sue rappresaglie contro tre tribù ebraiche, due delle quali furono espulse da Medina, mentre gli uomini della terza, quella dei Banu Qurayza, furono condannati a morte da Sa'd ibn Mu'adh, il cui giudizio fu approvato da Maometto. Ben 900 maschi della tribù – dai tredici anni in su – furono decapitati; le donne e i bambini furono venduti come schiavi, e altre donne divennero le concubine di uomini musulmani.[3] Il periodo trascorso a Medina è stato caratterizzato da continui cicli di violenza, ordinati e condotti dal "Profeta di pace".

Quando Maometto morì nel 632, due erano i nomi in cima alla lista dei suoi successori: il suocero Abu Bakr (morto nel 634), considerato dai sunniti come il primo califfo, e il genero 'Ali, riconosciuto dagli sciiti come il primo dei dodici imam – pertanto, la questione di come dare seguito alla successione del Profeta pochi giorni dopo la sua morte tracciò la divisione tra gli sciiti e i sunniti nell'Islam.

La prima impresa in cui Abu Bakr s'imbarcò come califfo fu quella di lanciare una serie di attacchi in tutta la penisola arabica. Le tribù beduine, che si erano attenute all'usanza di negare la loro fedeltà una volta che il leader di una tribù associata fosse morto, non si ritennero più fedeli all'Islam dopo la scomparsa di Maometto. Abu Bakr considerò questo gesto un'apostasia e inviò delle coorti a costringere i capi tribù a fare ritorno nel grembo dell'Islam. Queste guerre della Ridda condussero a quindici battaglie. Una volta risolta la questione, Abu Bakr inviò gli eserciti musulmani a conquistare l'Iraq (una provincia dell'impero sasanide persiano) e il Levante (parte dell'impero bizantino cristiano).

Quando Abu Bakr, anziano, morì di febbre nell'agosto 634, gli succedette Umar ibn al-Khattab (morto nel 644). Sotto il suo regno, l'intero impero sasanide e due terzi dell'impero bizantino furono conquistati in nome dell'Islam. Le battaglie si susseguirono e così anche i bagni di sangue. Nel 644, un gruppo di persiani, indignati per la conquista, ordì un complotto per uccidere Umar e riuscì a farlo quando un ex schiavo, meglio conosciuto come Abu Lu'lu' lo assassinò mentre era intento a pregare.

Anche se il terzo dei quattro califfi "ben guidati", Uthman ibn Affan (morto nel 656), era già avanti con gli anni quando assunse il potere, le battaglie per conquistare o allineare metà del mondo conosciuto ebbero luogo proprio sotto il suo regno. Le sue conquiste si estesero fino all'attuale Pakistan, all'Iran, all'Afghanistan, all'Azerbaijan, al Dagestan, al Turkmenistan e all'Armenia. La Sicilia e Cipro furono invase. Gli eserciti si spostarono nel Nord Africa e in seguito nella penisola iberica e nell'Italia meridionale.

Tuttavia, verso la fine della sua vita, Uthman divenne impopolare e Medina, sede della sua capitale, diventò un covo di intrighi e malcontento. Nel 656, scoppiò una rivolta armata e un migliaio di ribelli, con l'ordine di assassinare il califfo, si diresse dall'Egitto a Medina. Alcuni entrarono nella sua residenza e lo uccisero, dopo che i suoi sostenitori cercarono di difenderlo e scoppiarono i combattimenti. La religione di pace era ancora in marcia.

A Uthman succedette il genero di Maometto, Ali (morto nel 661), l'ultimo dei quattro califfi rashidun (ben guidati). Quasi subito, Ali fu coinvolto in una disputa che si concluse in una guerra civile. Egli affrontò Aisha, la moglie del Profeta, nella battaglia del Cammello del 656, in cui furono uccisi diecimila uomini e fronteggiò altresì le forze di Muawiyah (che in seguito fu il primo dei califfi omayyadi) a Siffin (nel 657), in cui perse 25.000 uomini e Muawiyah 45.000. Ali fu poi assassinato nel 661 nella moschea di Kufa da un estremista musulmano.

Gli Omayyadi assunsero il potere e stabilirono a lungo la loro capitale a Damasco. Ma fece rapidamente seguito un periodo di violenza. Nel 680, quando Yazid (morto nel 683), il figlio di Muawiyah, assunse il titolo di califfo, Husayn, un nipote di Maometto, si ribellò e sollevò le truppe per attaccare Yazid. Le due parti si scontrarono a Karbala nel 680; nei combattimenti morirono Husayn, la sua famiglia e i suoi sostenitori. Questo segna il momento più cruciale nella divisione tra gli sciiti (per i quali Husayn è il terzo dei loro imam) e la maggioranza sunnita.

Nella battaglia di Karbala, raffigurata nel dipinto di Abbas Al-Musavi's, Husayn, figlio di Ali e nipote di Maometto, fu ucciso con la sua famiglia e i suoi seguaci dalle truppe del califfato omayyade. Fu questo il momento più cruciale nella divisione tra l'Islam sciita e sunnita. (Fonte dell'immagine: Brooklyn Museum)

Il resto della storia islamica è contrassegnata da jihad annuali, guerre ingaggiate tra diversi governanti musulmani e imperi. Nella sola India, 60-80 milioni di indù potrebbero essere stati uccisi durante secoli di invasioni dagli eserciti musulmani tra l'anno 1000 e il 1525.[4] E questo va dimenticato?

Finché il Corano rimarrà sugli scaffali di ogni moschea e libreria islamica, i ragazzi che indossano il thawb e le giovani donne avvolte nei loro hijab possono trovare nelle sue pagine la giustificazione perfetta per il loro impegno continuo a seguire la via del jihad e per l'uccisione di persone innocenti.

[1] Vedi http://www.religioustolerance.org/faisal01.htm; http://www.al-islami.com/islam/religion_of_peace.php; http://d1.islamhouse.com/data/en/ih_boo ... Peace.pdf; http://www.studymode.com/essays/Islam-a ... 12736.html

[2] Il punto o nuqta è di enorme importanza nello sciismo, dove l'Imam Ali ha asserito di essere il puntino sotto la lettera b all'inizio della prima parola del Corano, bismillah, che lo rende il primo di tutti gli esseri creati. Le sette come quelle dei Nuqtavi e dei Babi in Iran vi hanno letto significati profondi. Potrebbe essere un punto, ma può anche significare il mondo.

[3] Vedi William Montgomery Watt, Muhammad at Medina, pp. 208-216, Oxford 1956, lo studio definitive di questo periodo. Chi scrive era uno studente di Watt degli anni Settanta.

[4] K.S. Lal, Growth of Muslim Population of Medieval India (1000-1800).
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Re: Ebraismo e Cristianesimo : violenti come l'islam?

Messaggioda Berto » dom nov 19, 2017 6:44 pm

L’ultima ipocrisia dell’élite liberal
15 novembre 2017
di Giampaolo Rossi

http://www.italiaisraeletoday.it/lultim ... te-liberal

Raqa, i jihadisti hanno lapidato una donna accusata di adulterio lo ha denunciato l’Osservatorio siriano per i diritti umani

I media progressisti non cessano di stupire. La loro sottomissione ai dogmi del multiculturalismo è ormai da manuale psichiatrico. E all’interno di questa ottusità ideologica, intellettuali e politici continuano ad abbracciare un ecumenismo filo-islamico che è ormai una vera e propria patologia compulsiva di auto-distruzione.
L’ultima prova ce la offre The Indipendent, quotidiano britannico della sinistra pacifista ed eco-liberal. Nel pieno dello scandalo Weinstein ha ospitato un editoriale dal titolo emblematico: “Come l’Islam può aiutarci a prevenire gli abusi sessuali”.

L’autore si chiama Qasim Rashid ed è un importante avvocato americano impegnato in prima linea per i diritti civili dei musulmani e delle donne; Rashid membro di spicco della comunità Ahmadiyya e laureato alla Richmond School of Law (una delle più prestigiose istituzioni giuridiche d’America), è un perfetto esempio di islamico integrato che vorrebbe conciliare i valori occidentali con i dettami della sua fede religiosa.
Insomma, espressione di quel multiculturalismo globalista che dispensa visioni ireniche contro ogni realtà.

Nell’articolo afferma che la sua attività in difesa delle donne “è formata non solo dalla legge, ma anche dagli insegnamenti islamici e dall’esempio del profeta Maometto per prevenire gli abusi sessuali”.

Se vi siete persi qualcosa sull’Islam questo è il momento di rimediare perché Rashid è chiaro in questo: “le leggi degli Stati si limitano a punire l’autore solo una volta che l’atto è stato compiuto, ma non impediscono in primo luogo l’atto” mentre “gli insegnamenti islamici e l’esempio del Profeta Maometto forniscono una soluzione che nessuna legge può davvero dare (…) perché l’Islam prescrive un modello secolare consolidato”.

ISLAM E “UGUAGLIANZA DI GENERE” Non ci credete? Ve lo dimostra l’autore. Per esempio a differenza di quel testo misogino che è la Bibbia dove si dice che la donna è nata dalla costola di un uomo, il Corano afferma che uomini e donne sono stati creati da un’unica anima e “sono dello stesso genere e specie”. Quindi sono uguali (Sura 4, 2).

Rashid cita poi due altri versetti della Sura 4 (quella dedicata alle donne) in cui l’Islam impedisce agli uomini di agire contro la volontà di una donna “assicurando ad essa autonomia e autodeterminazione”; vietando agli uomini di causare danni fisici alle donne (ma quale religione o diritto secolare lo autorizza?); affermando che un uomo non deve forzare una donna; deve provvedere alle sue necessità economiche, accettando che “tutto ciò che una donna guadagna è suo”.

Insomma, l’Islam sarebbe “un ambiente di uguaglianza di genere”. Un delirio. Ovviamente nessun riferimento al modo in cui le donne vengono trattate nei paesi islamici, agli stupri religiosi, alla sottomissione in ogni aspetto della vita pubblica o sociale.
Al fatto che in quella stessa Sura che l’avvocato liberal cita come dimostrazione della modernità dell’Islam, Maometto preveda la pena di morte per le donne che commettono “impurità sessuali” (adulterio o fornicazione) a meno che “Allah non ordini qualche altra via” (Sura 4, 15); o che nel caso di stupro la donna deve avere la testimonianza a favore di quattro uomini maschi (testimonianze femminili non sono ammesse), altrimenti la sua accusa non vale; o che nel caso di eredità i figli maschi devono ricevere il doppio delle femmine (“al maschio va la parte di due femmine”, Sura 4, 12).

L’ADULTERA, MAOMETTO E GESÙ L’Islam è una realtà complessa e vitale, all’interno della quale si muovono fermenti integralisti ma anche sforzi di modernizzazione (per ora assolutamente minoritari).
Ma il fondamento islamico basato sulle legge coranica rimane del tutto incompatibile con i valori dell’Occidente.

Quando l’adultera andò da Maometto a confessarsi, il Profeta di Allah “fece una pronuncia su di lei e fu colpita a morte”.
Quando la folla stava per lapidare l’adultera, Gesù la disarmò: “chi è senza colpe scagli la prima pietra”; poi, come ricorda stupendamente S. Agostino, “relicti sunt duo, misera et misericordia”: rimasero loro due, la misera e la misericordia.

Maometto condanna a morte l’adultera; Gesù la salva dalla lapidazione. In questa differenza vive il conflitto irriducibile tra Islam, religione incompatibile con i nostri valori, e Cristianesimo, religione che è fondamento vivo della nostra civiltà dei diritti e dell’amore. No, le religioni non sono tutte uguali; con buona pace dell’élite liberal e dell’ipocrisia multiculturale.
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