Evoluzione/ragione e creazione/fede non sono in contrasto

Re: Evoƚousion/raxon e creasion/fede no ƚe se dà contro

Messaggioda Berto » sab mar 25, 2017 11:47 pm

Tutto il tempo del mondo
di Giorgio Masiero
Il mondo è eterno o fu creato? e, nel secondo caso, la creazione richiese 6 giorni o 14 miliardi di anni?

http://www.enzopennetta.it/2017/03/tutt ... -del-mondo

Alla voce Genesi del suo “Dizionario Filosofico” (1764), Voltaire irride alla Bibbia (e i credenti delle religioni del Libro) appellandosi alla ragione e alla scienza, in particolare alla “fisica migliore”, quella newtoniana di cui era un grande ammiratore. Il filosofo illuminista se la prende col concetto ebraico di creazione ex nihilo, perché dovrebbe essere evidente a tutti, scrive, che la materia è eterna, come già i Greci proclamavano al contrario degli Ebrei ignorantoni. Ma il passo biblico che più diverte Voltaire è “l’inversione” temporale tra la creazione del Sole posta dalla Genesi al quarto giorno e la creazione della luce posta al primo: “L’autore della Genesi […] per una singolare inversione dell’ordine delle cose, fa creare il sole e la luna addirittura quattro giorni dopo la luce. Non riusciamo a capire come ci possano essere un mattino e una sera prima che ci sia un sole: c’è qui una confusione che è impossibile sbrogliare. Quell’autore «ispirato» si conformava ai vaghi e rozzi pregiudizi del suo popolo. Dio non pretendeva di insegnare la filosofia agli ebrei; certo, avrebbe potuto innalzare il loro spirito fino alla verità, ma preferì abbassarsi fino a loro”.

Oggi la “fisica migliore”, cioè la relatività generale e la teoria quantistica dei campi, hanno sorpassato la teoria newtoniana: insegnano che l’universo non è eterno, ma che la materia ed anche lo spazio e il tempo nacquero 14 miliardi di anni fa da un’esplosione di energia, dalla quale per successive differenziazioni sorse tutto il resto. E insegnano che il nostro sole si è formato circa 5 miliardi di anni fa, nella seconda metà del tempo trascorso dall’Inizio. Se questa è la vera storia del mondo, qualcuno tra i “rozzi” ebrei, cristiani e musulmani potrebbe sentirsi tentato di sorridere della saccenza di Voltaire…, invece non ci si deve meravigliare più di tanto, perché fino a pochi anni fa la grande maggioranza degli scienziati la pensava ancora come gli antichi Greci e Voltaire!

“Se l’universo esiste da sempre, non c’è alcun bisogno di postulare una base soprannaturale alla sua esistenza”, si consolava Bertrand Russell col gesuita Frederick Copleston in un dibattito radiofonico alla BBC del 1948, “l’universo è lì, e questo è tutto”. E ancora nel 1959, un sondaggio tra gli scienziati americani pubblicato su Scientific American dava lo stesso risultato. Tra le domande principali si chiedeva la stima più probabile dell’età dell’universo. Due terzi degli intervistati risposero in coro che, si sa, la Bibbia dice “In principio…”, ma che questa è solo una bella storia perché ovviamente non ci fu nessun principio, come già Platone ed Aristotele avevano insegnato.

Appena 6 anni dopo, nel 1965, avvenne la kuhniana rivoluzione di paradigma: Arno Penzias e Robert Wilson scoprivano l’eco del Big bang nell’oscurità del cielo notturno e da un giorno all’altro la verità scientifica si capovolse da un universo eterno ad un universo con inizio. Il concetto assurdo, tutto e solo ebraico, di creazione ex nihilo divenne un’evidenza! Certo, già da 4-5 decadi c’erano le equazioni di Einstein, i calcoli di Lemaître, le osservazioni di Hubble, tutte belle cosette che Russell sapeva e buoni indizi d’un principio dell’universo…, ma fu l’immagine della radiazione cosmica di fondo ad essere la prova decisiva, la pistola fumante che convertì tutti quanti a giurare sull’Inizio.

Ovviamente l’inizio del mondo non implica un creatore come il Dio biblico, a cominciare dal fatto che i 6 giorni della Creazione raccontati dalla Genesi non paiono uguali ai 14 miliardi di anni dell’evoluzione cosmica e biologica raccontati dalla fisica e dalla paleontologia. Si può credere anche, come Stephen Hawking e tanti altri – forse i due terzi degli scienziati nel 2017 – che l’universo sia stato creato “dalle leggi della fisica, attraverso una fluttuazione quantistica” (Il grande disegno, 2010). Se l’ateismo filosofico dei secoli passati si poggiava sull’eternità della materia, l’ateismo “scientifico” di oggi si consola con l’eternità delle equazioni della fisica gravitazionale e quantistica. Vediamo allora la storia scientifica del mondo:

L’era di Planck – ciò che accade fino a 10^-43 secondi dall’Inizio a temperature di 10^32 gradi – non è attualmente sondabile dalla fisica, perché richiederebbe una teoria della gravitazione quantistica che ancora non c’è.
All’era di Planck succede l’epoca della Grande Unificazione, in cui i campi elettromagnetico, debole e forte sono uniti, lo spazio arriva a 10^-31 metri, i tempi hanno scale di 10^-36 secondi e la temperatura scende a 10^27 gradi.
A 10^-11 secondi e alla temperatura di 10^15 gradi avviene la scissione tra i campi elettromagnetico e debole. Nasce la luce.
Dopo un centimillesimo di secondo, alla temperatura di 10^12 gradi si ha il confinamento dei quark in adroni: nasce la materia, stabilizzata in protoni e neutroni, che si combinano in nuclei di deuterio, che a loro volta si combinano a formare nuclei di elio. La radiazione, disaccoppiata dalla materia, si raffredda fino a costituire il fondo rilevato da Penzias e Wilson.
Dopo 3 minuti, alla temperatura di 10^5 gradi, elettroni e protoni formano gli atomi di idrogeno.
Dopo alcuni miliardi di anni gli atomi di idrogeno sparsi per l’universo si aggregano a formare le prime stelle, le cui caldere sintetizzano in una decina di miliardi di anni gli elementi più pesanti e poi esplodono in supernovae.
Un frammento di supernova, dopo una lunga deriva spaziale viene agganciato da una giovane stella (il Sole), divenendo suo pianeta (la Terra).
Qualche decina di milioni di anni dopo, quando la Terra è ancora fluida e rovente, un asteroide la urta di striscio, staccandone un pezzo, che viene agganciato dalla gravità divenendo suo satellite (la Luna). La presenza del satellite stabilizza l’orbita della Terra intorno al Sole, consentendo l’evento successivo.
Poi, 3 miliardi e 600 milioni di anni fa, accade nella Terra un evento importante per i suoi futuri abitanti: dall’incessante combinazione, scomposizione e ricombinazione chimica degli atomi nasce una molecola con la capacità di riprodurre copie identiche di sé, salvo qualche “errore” di tanto in tanto. È l’inizio della vita sulla Terra e dell’evoluzione biologica per errori di copiatura.

Questa a grandi tappe è la storia del mondo, dall’inizio ad oggi, così come ricostruita dall’ultima specie apparsa sulla Terra con i mezzi della scienza sperimentale. Ci sono alcuni aspetti oscuri da chiarire, ma la scienza è giovane rispetto alla storia del mondo e conta centinaia di migliaia di ricercatori impegnati a far luce. Ci sono questioni destinate a rimanere per sempre oscure alla tecno-scienza? In un vecchio articolo ne indicavo almeno 3, motivando le mie ragioni. Una è proprio l’origine – che è una cosa diversa dai momenti iniziali dopo la nascita – dell’universo: io giudico l’idea d’un Big bang assoluto un mito moderno, una teoria destinata come tutte ad essere sostituita da una diversa più efficace ed efficiente nella storia futura e volubile della scienza naturale. A me, la concezione platonica di “leggi della fisica” poste in eterno fuori dal mondo non si sa come né perché, che un bel giorno si stufano di star sospese sul nulla e, via una fluttuazione quantistica, dànno origine ad un ambaradan finemente progettato a produrre in 14 miliardi di anni i cervelli dei fisici teorici dedicati a studiarle e glorificarle…, beh l’idea di queste Super-leggi mi lascia perplesso, a dir poco. Io sposo l’opzione scettica di Steven Weinberg: “Possiamo tracciare la storia dell’espansione del cosmo indietro nel tempo, fino al primo milione di anni, ai primi tre minuti o al primo milionesimo di secondo, ma non sappiamo […] chi fu a far partire l’orologio. Probabilmente non lo sapremo mai, come non potremo mai comprendere il perché delle leggi ultime della natura” (Science 230, 1985); e di Tommaso d’Aquino di 7 secoli prima: “Che il mondo non sia sempre esistito è tenuto soltanto per fede, e non può essere provato con argomenti conclusivi” (Summa Theologiae, IV, q. 46, a. 2). Cosmologia scientifica non è cosmogonia poetica.

Opposta alla cosmogonia scientista atea di Hawking & C. c’è anche una cosmogonia scientista di stretta ortodossia biblica, che vado a descrivere nel prosieguo di questo articolo. Essa parte dalla domanda: che cosa significano 14 miliardi di anni? in che sistema di riferimento sono calcolati? non sarà che in un sistema di calcolo emendato degli antropomorfismi, che abbondavano nell’ingenuo ragionamento volterriano, i tempi fisici si riducono ai 6 giorni biblici?

Dopo Einstein infatti, come tutti sanno, il tempo non è quella cosa assoluta di Aristotele e di Newton, come se fosse misurata da un Orologio stante fuori dal mondo; piuttosto è una quantità relativa, misurabile da tanti orologi diversi che si possono idealmente collocare in qualsiasi corpo celeste – ad esempio, in ciascuno dei miliardi di miliardi di pianeti che popolano l’universo – e che darebbero per lo stesso evento durate distinte, differenti anche di molto e solo eccezionalmente uguali. Cosicché quando un fisico afferma che il nostro universo ha 14 miliardi di anni dà per sottinteso che l’età è misurata nel sistema di coordinate spazio-temporali e nel campo gravitazionale della Terra. Vale a dire che i 14 miliardi di anni ci risultano dalla nostra specifica collocazione dentro l’universo, qui e ora.

Al Big bang non nacquero solo la luce, materia e lo spazio, anche il tempo è un prodotto dell’esplosione! Il tempo è in fisica moderna una dimensione inseparabile dallo spazio e le quantità che misuriamo di spazio e tempo con metri ed orologi sono dipendenti dalle quantità di materia ed energia stanti nelle vicinanze, che misuriamo con bilance ed altri strumenti. Un minuto sulla Luna scorre più veloce d’un minuto sulla Terra, mentre sul Sole scorre più lentamente. Il tempo sul Sole si dilata e se vi potessimo collocare un orologio, le sue lancette si muoverebbero più lentamente che sulla Terra, appena più lentamente ma con un effetto misurabile. Comunque, se vivessimo sul Sole, non ci accorgeremmo di nulla, perché il cuore insieme al resto della nostra biologia sarebbero sincronizzati con il tempo locale. La differenza (la “relatività generale”, appunto, detta generale perché tien conto della gravità) risulta quando si misurano i tempi di un evento di un sistema gravitazionale con gli orologi di un altro sistema: allora, a causa della gravità e della velocità, le misure dei tempi, locale e non locale, risultano diverse.

La dilatazione temporale è fisica standard, è stata misurata sperimentalmente utilizzando orologi atomici (capaci di misurare differenze di nanosecondi) posti su aerei. Gli orologi a bordo degli aerei sono risultati leggermente più veloci rispetto a quelli al suolo. L’effetto è tanto significativo che i satelliti artificiali dedicati ai servizi GPS hanno bisogno di sottoporre i loro orologi a correzione. In laboratorio sono state addirittura misurate dilatazioni temporali dovute a differenze di altezza di meno di un metro. Ci sono milioni di luoghi nell’universo in cui, per effetto del campo gravitazionale massiccio presente nelle vicinanze, la durata di un evento misurata in loco risulterebbe enormemente moltiplicata quando misurata dalla Terra; ci sono milioni di luoghi dove un giorno misurato là diventerebbe centinaia di migliaia di giorni misurati da qua.

Vediamo di capire meglio, senza ricorrere alle formule della relatività generale. L’universo è cominciato da un granellino e di lì si è espanso. Tuttora lo spazio si espande, ed anzi lo fa a velocità accelerata, pare. Come risultato, quando osserviamo qui e ora una successione di eventi che hanno avuto luogo nello spazio profondo lì e allora, fuori della nostra galassia, poiché la luce proveniente da questi eventi viaggia a velocità costante attraverso spazi in continua dilatazione, anche la sequenza temporale degli eventi viene dilatata. Se vogliamo stimare la durata propria – misurata in loco – di eventi successivi distanti, occorre apportare nei nostri calcoli un’opportuna correzione che tenga conto della dilatazione spaziale. L’effetto si chiama “red shift”, spostamento verso il rosso, niente di speciale se non forse per qualche lettore non tecnico.

Facciamo ora un “Gedankenexperiment” come piaceva ad Einstein, un esperimento ideale da condursi miliardi di anni fa quando tutto cominciò. Mettiamoci subito dopo il Big bang nei panni immaginari d’un volterriano “autore ispirato” e tecnologizzato, dotato di orologio e anche di un laser, che per i fisici che verranno trasmetta una volta al secondo (il suo secondo, come misurato dai suoi orologi nucleari) un impulso di luce portante il messaggio “INVIO A VOI UN MESSAGGIO OGNI SECONDO”. Gli impulsi viaggiano nel novello spazio-tempo che va nascendo ed espandendosi. La luce viaggia a 300.000 km/sec, cosicché due impulsi successivi sono separati da 300.000 km, ma ciò vale soltanto all’inizio del loro viaggio cosmico, perché la separazione crescerà man mano che il loro viaggio proseguirà nello spazio durante i miliardi di anni, in conseguenza dell’espansione dello spazio che li separa. Quando due impulsi successivi arriveranno miliardi di anni dopo, qui sulla Terra, di quanto tempo risulteranno separati? di un secondo? No di certo. Di un anno? Vediamo i calcoli.

Il rapporto tra le durate terrestri odierne e le durate locali al Big bang, misurate all’apparizione dei primi nuclei atomici, cioè dopo il primo centimillesimo di secondo, quando si ha il confinamento dei quark in adroni, è all’incirca dato dalla temperatura di confinamento 10^12: infatti, rapportato alla temperatura attuale della radiazione cosmica di fondo (2,7 °K), quel numero c’informa di quanto maggiore fosse la frequenza della radiazione allora rispetto ad oggi, ovvero quanto più corta fosse misurata allora la durata temporale rispetto ad oggi. Cosicché dopo il primo impulso, il successivo sarà ricevuto sulla Terra non un secondo dopo, ma 10^12 secondi dopo.

Adesso, Lettore, devo segnalarti una coincidenza: moltiplicati per il fattore di trasformazione 10^12, 6 giorni al Big bang diventano… 16 miliardi di anni misurati oggi dalla Terra. Dopo il concetto esclusivamente biblico nella storia del pensiero umano di creazione ex nihilo, questa consonanza quantitativa tra il racconto biblico della Creazione divina e il racconto scientifico dell’evoluzione cosmico-biologica può impressionare! Certamente ha impressionato un razionalista come Antony Flew, che da campione mondiale dell’ateismo si è convertito ad apostolo del deismo. Io sono impressionato meno, confesso, a cagione del mio scetticismo sulle capacità della fisica odierna a descrivere affidabilmente condizioni così estreme dell’universo, ed anche per la scelta di questi ortodossi di far ticchettare gli orologi a partire dall’era dell’adronizzazione. Non conosco l’ebraico antico e non mi arrischio, neanche lontanamente, ad interpretare nelle vesti di Maimonide o di Nahmanide le prime parole della Bereshit “In principio Dio creò il cielo e la terra…”. Prima di concludere però, sento il dovere di aggiungere che scienziati diligenti e pii hanno ulteriormente affinato i calcoli, fino a far coincidere esattamente i 13,798 miliardi di anni dell’universo secondo la Nasa con i 5 giorni e mezzo per la creazione di Adamo secondo gli esegeti della Torah. Ma non annoierò i lettori con questi dettagli.
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Re: Evoƚousion/raxon e creasion/fede no ƚe se dà contro

Messaggioda Berto » dom apr 16, 2017 7:24 am

???

Niente selezione, la nostra evoluzione dipende dall'andare in risonanza con il mondo esterno
Achille Damasco
La rivoluzionaria teoria di uno studente dell'Università Federico II, cresciuto a Scampia, che ha proposto un paradigma dell'evoluzione tutto nuovo applicando principi e proprietà della Fisica della materia
di ALESSANDRO CAPPELLI
12 aprile 2017

http://napoli.repubblica.it/cronaca/201 ... -162809814


"Niente selezione, la nostra evoluzione dipende dall'andare in risonanza con il mondo esterno". La teoria dell'evoluzione promossa dai neodarwinisti, quella che ha negli studi di Charles Darwin i suoi capisaldi, ha trovato pane per i suoi denti. E quella è sostanzialmente la lente attraverso cui siamo abituati a guardare e leggere tutta la faccenda dell'evoluzione degli esseri viventi. Il merito è di uno studente dell'Università Federico II, cresciuto a Scampia, che ha proposto un paradigma dell'evoluzione tutto nuovo applicando principi e proprietà della Fisica della materia.

Achille Damasco è giovanissimo, ha appena compiuto 26 anni e non più tardi di due mesi fa si è laureato in Fisica della materia nell'ateneo napoletano. Gli studi sull'evoluzione, dunque, non rientrano nel suo piano di studi, ma sono il frutto del suo impegno "extra" su un argomento che per anni lo ha incuriosito. Uno sforzo ripagato nel migliore dei modi lo scorso gennaio (quindi prima di laurearsi), quando la rivista scientifica Physica A ha pubblicato un suo articolo in cui spiega la "Teoria delle Risonanze Evolutive" (TRE). La pubblicazione è già di per sé un risultato di cui andare immensamente fieri perché, come Achille stesso ha spiegato, "è raro che venga pubblicato un articolo scientifico prima della tesi di laurea o del dottorato".

La sua tesi rivoluzionaria potrebbe significare il superamento delle teorie evoluzionistiche più comunemente conosciute. La TRE non sconfessa il fenomeno dell'evoluzione, ma toglie alla selezione naturale e alle mutazioni casuali il ruolo di protagonista che hanno nella ricetta darwiniana. Al centro del discorso, invece, ci sono la stabilità dei sistemi biologici e le interferenze del mondo esterno con essi, trovando così una chiave di lettura alternativa per comprendere il percorso che ha portato all'evoluzione o all'estinzione di una specie. La scienza è piena di teorie solamente integrative. In ogni campo di studi ci sono esperti e ricercatori pronti a tirare fuori una verità diversa da quella mainstream, una che segua un percorso simile ma parallelo a quello considerato ortodosso. Quella di Achille è una di queste. E potrebbe essere solo questione di tempo prima che la TRE diventi il paradigma di riferimento.

"Ci vuole tempo, forse anni - dice Achille - prima che una nuova teoria venga assimilata dalla scienza. Anche perché in quanto teoria alternativa ha bisogno di un punto di vista alternativo, non ortodosso, per essere compresa al meglio. Nel senso che fino ad oggi che ha studiato l'evoluzione l'ha fatto sempre partendo dal paradigma darwinista, quindi non è mai uscito da quella cornice". Nonostante questo, i suoi studi hanno già trovato semaforo verde in più di un'occasione: il suo paper è stato raccomandato su F1000 Prime, un rivista che seleziona articoli di élite scelti da una commissione scientifica di primo livello. Per formulare la Teoria delle Risonanze Evolutive Achille è stato coadiuvato dal professor Alessandro Giuliani dell'Università Roma Tre. "In realtà - spiega - il prof. Giuliani mi ha aiutato solo in piccola parte. Lui è un biologo e ha avuto soprattutto il merito di colmare le lacune che io, da fisico, inevitabilmente dovevo avere".

Per il giovane Achille Damasco potrebbe essere un momento di svolta a livello professionale. Ma lui spera che il suo successo scientifico possa essere una molla per una diffusione più ampia di un certo tipo di conoscenza. "La scienza è di tutti. O meglio, la conoscenza è di tutti e tutti possono avere sete di conoscenza. Potremmo fare il paragone con la buona cucina o il buon vino. Tutti possono apprezzarli, non solo chi ha un cuoco in famiglia o fa il sommelier. Però un pubblico diverso cercherà cose diverse". Per questo recentemente ha tentato di spiegare la TRE nel modo più semplice possibile: con un video su Facebook girato nella sua stanza, provando a sintetizzare in meno di tre minuti la sua teoria, usando gli oggetti che aveva a portata di mano. Proprio per far arrivare il messaggio al maggior numero di persone possibile.

Diffondere la TRE, per Achille, è anche un modo per veicolare un messaggio positivo. Non perché vuole interpretare il ruolo del ragazzo di Scampia "che ce l'ha fatta", ma per dimostrare che il quartiere alla periferia nord di Napoli non è solo quello che raccontano film e serie tv. "Il fatto di essere di Scampia - chiarisce il neolaureato - non ha mai dato problemi. Non ho mai avuto problemi nello studio e nel cercare di farmi una cultura
su questo o quell'argomento. Però c'è qualcosa che mi ha colpito, ed è stata la reazione di tutto il quartiere alla buona notizia. Si parla sempre male di Scampia. Però ci sono persone buone e queste persone per poter dimostrare che non ci sono solo gli aspetti negativi desideravano di avere anche un esempio concreto da poter vantare. Mi ha colpito molto il calore umano che hanno dimostrato anche persone che non mi conoscono".


Alberto Pento
Scusatemi ma io non trovo alcuna differenza tra: l'adattamento e l'andare in risonanza; a me paiono la stessa identica cosa, formulata con due modalità espressive verbali diverse. L'articolo mi pare un po confusionario e ingiustificatamente sensazionalistico e il titolo fuorviante.

Achille Damasco
A prescindere dalle sue opinioni sulla forma sull'articolo, il titolo si basa sul gioco di parole che nasce dal fatto che la parola "risonanza" è usata anche nel linguaggio comune in senso figurato, ma in realtà la differenza tra i due concetti, nella teoria c'è eccome: la selezione naturale non è veramente un processo di adattamento ma quello per cui se un certo carattere, comparso in qualche modo, è in qualche modo vantaggioso nella lotta per la sopravvivenza, allora esso si impone in una popolazione. Invece, le risonanze protagoniste della mia teoria sono un processo radicalmente diverso, davvero diretto, per cui si postula un nuovo tipo di risonanza dopo quelle meccaniche, elettriche eccetera.

Alberto Pento
Mi scusi Achille Damasco, non è mia intenzione disprezzare o sminuire il suo lavoro; cerco solo di capire e di riportare tutto al buon senso e al linguaggio comune.
L'adattamento degli organismi all'ambiente è un fatto naturale, evidente e scientifico e fa parte della evoluzione degli esseri viventi. La selezione non è altro che il meccanismo o regola evolutiva per cui prevalgono i più adatti, gli organismi che si sono meglio attrezzati per vivere e prosperare in un certo ambiente.
Gli organismi si adattano all'ambiente ma adattano anche l'ambiente a loro.
In questo complesso processo adattivo trova senso anche la sua ipotesi di risonanza, dell'andare fisicamente in "risonanza" con l'ambiente, risonanza psico-fisica-elettrochimica-fisiologica-... ecc..
Questo è ciò che mi pare di capire e il modo in cui io mi spiego la cosa.

Achille Damasco
Purtroppo temo che il titolo abbia creato un equivoco, perché la risonanza di cui parlo è del tutto nuova, non è un adattamento reciproco specie-ambiente (arcinoto). È invece riferito a ciò che accade in generale quando un sistema all'equilibrio, capace di piccole oscillazioni, subisce una forzante oscillante alla stessa frequenza del sistema in esame.

Gentile Achille Damasco
io penso che la sua teoria della risonanza, rientri nell'ambito del complesso processo adattivo organismo-ambiente, come una possibile variante dei numerosi fenomeni di cui è caratterizzato questo processo. È possibile che vi siano piccoli e numerosi cambiamenti nel lungo periodo di tempo come anche che vi siano pochi e grandi cambiamenti nel corto periodo di tempo; come è possibile che nel corso dell'evoluzione della vita si siano verificate entrambe le ipotesi.

Teoria delle Risonanze Evolutive
https://www.youtube.com/watch?v=yRNKNp5HMq4

Achille Damasco
Credo che una qualunque teoria dell'evoluzione (passata, presente e futura) rientrerà sempre nell'ambito del complesso processo adattativo organismo-ambiente, con cambiamenti più o meno veloci.
Le dirò di più: l'acqua bagna, mentre il fuoco scalda.

Alberto Pento
Grazie e mi fa piacere perché riusciamo ad intenderci. Sulle specificità e i dettagli della sua teoria non entro nel merito perché non so l'inglese e quindi per il momento non posso studiarmela. Comunque buona fortuna e se son tulipani fioriranno come le rose e tutti i fiori. Anche l'acqua calda scalda e al muro di Planch forse non si riusciva a distinguere l'acqua dal fuoco.


Achille Damasco ha scritto
Gli individui di una stessa specie si differenziano l'uno dall'altro per caratteristiche genetiche (genotipo) e fenotipiche (cioè morfologiche e funzionali, frutto dell'interazione del genotipo con l'ambiente). La teoria della selezione naturale prevede che all'interno di tale variabilità, derivante da mutazioni genetiche casuali, nel corso delle generazioni successive al manifestarsi della mutazione, vengano favorite ("selezionate") quelle mutazioni che portano gli individui ad avere caratteristiche più vantaggiose in date condizioni ambientali, determinandone, cioè, un vantaggio adattativo (migliore adattamento) in termini di sopravvivenza e riproduzione.

https://it.wikipedia.org/wiki/Mutazione_genetica
Per mutazione genetica si intende ogni modifica stabile ed ereditabile nella sequenza nucleotidica di un genoma o più generalmente di materiale genetico (sia DNA che RNA) dovuta ad agenti esterni o al caso, ma non alla ricombinazione genetica. Una mutazione modifica quindi il genotipo di un individuo e può eventualmente modificarne il fenotipo a seconda delle sue caratteristiche e delle interazioni con l'ambiente.


Nuova teoria sull’evoluzione della specie: lo studio rivoluzionario di un napoletano
12 aprile 2017
Immapaola Memoli

http://www.vesuviolive.it/ultime-notizi ... napoletano

Uno studente napoletano Achille Damasco è destinato a far parlare di sè a lungo: ha rivoluzionato la teoria dell’evoluzione di Darwin, elaborandone una nuova.

Studente dell’Università “Federico II” di Napoli, Achille Damasco ha studiato una nuova teoria rivoluzionaria sull’evoluzione delle specie. La “Teoria delle Risonanze Evolutive” detta anche “TRE”, supera in qualche modo la teoria evoluzionistica di Darwin secondo la quale l’evoluzione degli esseri viventi è frutto di mutazioni casuali e della selezione naturale (la legge del più forte).

Damasco non va contro il darwinismo ma lo supera, non pone al centro dell’evoluzione la selezione naturale ma il contatto con il mondo esterno. Cambia, dunque, la prospettiva. Lo studente napoletano, giovanissimo, soli 26 anni, cresciuto a Scampia e laureatosi da poco in Fisica della materia nell’ateneo di Napoli, è sempre stato appassionato e incuriosito dall’evoluzione delle specie e per questo ha condotto uno studio extra che l’ha portato a definire una teoria che rivoluzionerà il mondo della biologia.

Secondo la “Teoria delle Risonanze Evolutive” una specie si evolve o si estingue a causa della stabilità dei sistemi biologici e delle interferenze del mondo esterno con essi. Attraverso calcoli e formule Damasco è giunto al nuovo paradigma dell’evoluzione, una formula dunque non dovuta al caso, ma già presente nel nostro patrimonio genetico.

Il suo studio è stato pubblicato prima ancora di laurearsi, una cosa alquanto rara. Come si legge su Repubblica.it, Achille spiega: “Ci vuole tempo, forse anni prima che una nuova teoria venga assimilata dalla scienza. Anche perché in quanto teoria alternativa ha bisogno di un punto di vista alternativo, non ortodosso, per essere compresa al meglio. Nel senso che fino ad oggi che ha studiato l’evoluzione l’ha fatto sempre partendo dal paradigma darwinista, quindi non è mai uscito da quella cornice”.

Il ragazzo è cresciuto a Scampia e nonostante ciò dice: “Il fatto di essere di Scampia non ha mai dato problemi. Non ho mai avuto problemi nello studio e nel cercare di farmi una cultura su questo o quell’argomento. Però c’è qualcosa che mi ha colpito, ed è stata la reazione di tutto il quartiere alla buona notizia. Si parla sempre male di Scampia. Però ci sono persone buone e queste persone per poter dimostrare che non ci sono solo gli aspetti negativi desideravano di avere anche un esempio concreto da poter vantare. Mi ha colpito molto il calore umano che hanno dimostrato anche persone che non mi conoscono”.

Che diventi o meno la nuova teoria sull’evoluzione bisogna andare fieri di questi giovani eccellenti della nostra terra.

Qui il suo studio pubblicato sulla rivista scientifica Physica A.
https://www.researchgate.net/publicatio ... _evolution

Teoria delle Risonanze Evolutive
https://www.youtube.com/watch?v=yRNKNp5HMq4

???
Rupert Sheldrake (Newark-on-Trent, 28 giugno 1942) è un biologo e saggista britannico, noto soprattutto per la sua discussa teoria della "risonanza morfica", che implica un universo non meccanicistico, governato da leggi che sono esse stesse soggette a cambiamenti.
https://it.wikipedia.org/wiki/Rupert_Sheldrake




Intervista a Achille Damasco, autore della Teoria delle Risonanze Evolutive – Libero Pensiero News
Vincenzo Nicoletti
2017/04/12

https://www.liberopensiero.eu/2017/04/1 ... -evolutive

Achille Damasco, giovane napoletano dottore in Fisica della Materia, si è reso noto al mondo della scienza per aver proposto in collaborazione con il biologo del Dipartimento di Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma Alessandro Giuliani la Teoria delle Risonanze Evolutive che stravolge del tutto le precedenti tesi sull’evoluzione darwiniste e neodarwiniste insegnate nelle scuole e università di tutto il mondo.

La redazione di Libero Pensiero News ha intervistato l’autore della teoria Achille Damasco che ci ha gentilmente illustrato la sua tesi. Di seguito l’intervista completa:

Le tradizionali teorie evoluzionistiche che vengono insegnate a scuola pongono l’accento sull’importanza della selezione naturale e delle mutazioni casuali, mentre quella da lei formulata mette al centro la stabilità dei sistemi biologici. Una vera e propria ”rivoluzione copernicana”! Come è giunto a questa conclusione?

Vi sono giunto per ragioni specifiche per ciascuno dei due fattori evolutivi considerati i più importanti. La selezione naturale, per definizione, non “crea” i caratteri, non li modifica nemmeno, li filtra. Solo una volta avvenuto un cambiamento, allora ci si può chiedere se esso sia vantaggioso o svantaggioso per una certa specie, ma il vero problema non è che fine faccia un nuovo carattere, ma come nasca! Le mutazioni casuali invece sono effettivamente in grado di cambiare i caratteri, ma agendo a caso, sono quantitativamente ostacolate da un numero esorbitante, inimmaginabile di vincoli dovuti alle interazioni tra le proteine e in genere tra le parti di un sistema biologico. Ciò che possono fare è limitato entro un certo spettro di possibilità, oltre il quale l’organismo non può funzionare. Può sembrare strano iniziare una teoria dell’evoluzione postulando come situazione di default il suo opposto, la stabilità, ma in realtà la cosa fa parte dell’evidenza comune: i cuccioli di una coppia di gatti sono a loro volta gatti, per quanto possano variare tra una generazione e l’altra.

L’estinzione di alcune specie e il successivo predominio di altre più evolute hanno rappresentato da sempre un’enigma, ma grazie alla Teoria delle Risonanze Evolutive è possibile dare una spiegazione al fenomeno. Come avviene il passaggio dalle forme di vita più semplici a quelle più complesse?

Occorre una premessa: non è facile dire in modo unanime cosa sia la “complessità”, per esempio non si può dire se sia più complesso un cane o un gatto. Per semplicità, in questo contesto, definisco la complessità in base a due grandezze quantificabili: il numero di caratteri di una certa specie e il numero di interdipendenze tra essi. Per capire questo discorso, basta pensare agli smartphone: un cellulare con più applicazioni di un altro si può ben dire che sia più complesso, a maggior ragione se alcune di queste app sono capaci di interagire con altre app (si pensi alle app che rimuovono i file inutili delle altre). Tornando alla teoria, uno degli sviluppi successivi ai postulati principali (alludo ad una formula apposita) afferma che quanto più una specie è complessa, tanto più è “difficile” che essa si evolva, ma se ciò accade, allora si evolve di più rispetto ad una più semplice. Si crea quindi un circolo virtuoso per cui si va verso complessità sempre crescenti.

Dai 2 miliardi ai 500 milioni di anni fa l’evoluzione ha subito una sorta di stasi. A cosa è dovuto ciò? Come mai negli anni a venire il processo di evoluzione ha subito un boom?

La stasi, secondo la mia teoria, è stata causata dal fatto che in quel periodo i soli esseri viventi presenti erano estremamente semplici e a ciclo vitale breve; questi fattori, nel contesto della mia teoria, implicano un’alta improbabilità di evoluzione, che poteva avvenire solo con fortissimi ma specifici cambiamenti ambientali. Cambiamenti di questo tipo sono finalmente avvenuti 500 milioni di anni fa, per cui la situazione si capovolse: la somiglianza reciproca tra le specie allora esistenti e il loro veloce ciclo vitale divennero fattori che hanno causato una sorta di “evoluzione di massa”.

”Ogni parte è essenziale per il funzionamento del tutto”. Potrebbe spiegarmi meglio questo concetto?

In un organismo vivente accade che quasi mai un gene sia predisposto ad un solo carattere e quasi mai un certo carattere costituisce un’unità indipendente dalle altre. Basta pensare per esempio all’apparato digerente: se ho un grave problema allo stomaco, la digestione è compromessa anche se l’intestino non ha problemi. Nel contesto di una teoria evolutiva, quindi, è necessario andare oltre i discorsetti su un singolo carattere per spiegare le trasformazioni delle specie (tipo l’esempio del collo della giraffa, che tutti abbiamo studiato a scuola). Come ho già detto a proposito della complessità, in una teoria evolutiva la spiegazione di come cambiano i caratteri non può essere svincolata da quella sul come cambiano i caratteri tra loro.

La Teoria delle Risonanze Evolutive, oltre che essere stata accolta il maniera molto positiva nel mondo scientifico, ha rappresentato una sorta di rivoluzione anche in campo medico per la cura di malattie di origine batterica. È possibile l’estinzione controllata dei batteri all’orgine di alcune patologie?

Per ora la rivoluzione in campo medico è solo una possibilità ancora molto lontana, ma sarebbe davvero molto interessante. Lo scopo principale di una teoria evolutiva è spiegare il passaggio da una specie A ad una specie B tenendo conto di quello che ci dicono i fossili. Uno dei corollari della mia teoria, in ogni caso, presenta un tipo di estinzione “non banale” (cioè non dovuta semplicemente ad una drammatica distruzione di un habitat) che potrebbe essere in linea di principio applicata per provocare il fenomeno contrario di un’evoluzione, quale è appunto un’estinzione. Ora, occorrerebbe considerare solo specifici tipi di batteri patogeni, occorrerebbe una terapia sofisticata per fare in modo che batteri di quel tipo si “estinguano” all’interno di un corpo, tutte cose che al momento non sono realmente in grado di dire se si potrebbero fare un domani, ma sarebbero senz’altro un grande sogno, un’idea molto più ambiziosa delle “applicazioni” delle attuali teorie evolutive, che al momento si limitano a constatare l’inefficacia degli antibiotici oltre un certo dosaggio.
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Re: Evoƚousion/raxon e creasion/fede no ƚe se dà contro

Messaggioda Berto » ven mag 19, 2017 2:30 am

Teoria delle Risonanze Evolutive
18 maggio 2017

https://www.enzopennetta.it/2017/05/teo ... -evolutive

Un’alternativa al caso e alla selezione naturale basata sulla fisica delle risonanze e delle transizioni di fase.

Lo scopo principale di una qualunque teoria dell’evoluzione è descrivere scientificamente i modi e i tempi con cui le specie viventi sono cambiate nei circa tre miliardi di anni della vita sulla Terra. Al momento questo compito è affidato al Neodarwinismo, ma mentre esso permette di spiegare quei cambiamenti entro i confini di una certa specie (microevoluzione), l’evoluzione verso un’altra specie, genere o gruppo tassonomico superiore (macroevoluzione) è ancora oggetto di dibattito. In più, manca ancora una spiegazione condivisa dei tempi dell’evoluzione, dal momento che questi sono tali che essa può essere praticamente ferma per periodi lunghissimi, per poi manifestarsi con “esplosioni” di specie nuove.

Una nuova descrizione viene offerta dal sottoscritto e dal biologo Alessandro Giuliani nell’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Physica A “A Resonance based model of Biological Evolution”. Questo lavoro corrisponde a quella che abbiamo chiamato “Teoria delle Risonanze Evolutive” (TRE).

Per iniziare, definiamo prima il “campo di gioco”, poi i tre principi su cui si fonda. Immaginate uno spazio cartesiano formato da tante direzioni (assi), ognuna delle quali rappresenta tutte le possibilità con cui un carattere di una certa specie si può manifestare (tipo di pelle, dimensioni, forma degli arti e così via). In tale spazio, una popolazione di una certa specie va a concentrarsi in un suo punto, l’insieme di quei caratteri che permettono di sopravvivere e di riprodursi (la massima fitness).

Il primo postulato della nostra teoria è che l’effetto combinato di mutazioni genetiche casuali e selezione naturale sia solo un’oscillazione della frequenza dei caratteri (percentuale del numero di volte in cui compaiono) rispetto alla situazione ottimale. Tale tipo di oscillazione (con frequenza che chiamiamo ω0) può durare anche per un tempo indefinito, senza portare a niente più che microevoluzioni; qui sta la prima differenza col darwinismo.

La selezione naturale non crea nuovi caratteri, non ne indirizza la comparsa e non li accelera, ma come una molla, trattiene una popolazione verso la configurazione ottimale, un punto di equilibrio.

Le mutazioni sono di fatto un disturbo, sono cieche rispetto all’ambiente e quantitativamente incapaci di provocare un sostanziale e duraturo re-arrangiamento della rete di interazione proteica a causa del numero abnorme di vincoli biofisici interni agli organismi.

Per spiegare però come sia avvenuta l’evoluzione, passiamo agli altri due principi.

Il secondo postulato dice che se un certo parametro esterno alla specie considerata (ambientale o legato ad un’altra specie) passa da un valore tipico ad uno ben diverso, esso non assumerà subito il nuovo valore ma oscillerà tra i due con frequenza tanto maggiore quanto più grande è la loro differenza.

Per cominciare a capire come avviene l’evoluzione, occorre il terzo postulato. Tra i vari parametri esterni alla specie capaci di oscillare, potrebbe essercene almeno uno capace di suscitare variazioni epigenetiche: una variazione epigenetica è un cambiamento nei caratteri di un organismo tramite un modo diverso con cui si manifesta un certo gene, senza però che cambi il DNA. Qualcosa di simile succede ogni volta che ci abbronziamo: non è il nostro DNA a cambiare, ovviamente, semplicemente viene prodotta più melanina perché i relativi geni già esistenti vengono invocati di più per l’esposizione al sole.

Tornando al terzo principio, esso postula che se una frequenza di oscillazione di un parametro esterno di questo tipo (che indichiamo con ωE) è proprio la stessa di quella con cui la specie compie microevoluzione (ω0), allora si ha un brusco cambiamento dei caratteri, capace di causare una macroevoluzione.

L’uguaglianza tra tali due frequenze (ω0 = ωE) l’abbiamo chiamata “condizione di evoluzione”.

In linea di principio, tale cambiamento sarebbe “infinito”, ma in questo caso per infinito intendiamo che la popolazione in esame riesce a trovare un nuovo punto di equilibrio che rappresenta la nuova forma della specie evoluta.

Riepilogando, può sembrare anti-intuitivo per una teoria dell’evoluzione che la prima cosa che si postuli sia una grandissima stabilità per i sistemi biologici, ma in realtà è pleonastico, visto che ogni individuo di una certa specie è riconoscibile come tale. Le specie viventi sono come molecole date da atomi vincolati tra loro dalle loro interazioni reciproche, con mutazioni e selezioni analoghe ad una semplice agitazione termica e le risonanze come quel fenomeno che rompe i vincoli pre-esistenti per crearne dei nuovi.

Ci sono ancora molti altri elementi di novità rispetto alle teorie attuali, più impliciti e meno immediati, che ora andremo a rivelare.

Per quanto riguarda i modi, ribadiamo che la TRE si poggia sul concetto di “fenotipi discreti” e di interazioni proteina-proteina (indispensabili per il metabolismo), per cui ogni specie corrisponde ad un profondo attrattore e solo in base a condizioni estremamente stringenti è possibile la macroevoluzione. Non vale più la frase fatta “se l’ambiente cambia, la specie si evolve”, né si possono più usare le metafore del tipo marcia, catena, albero o cespuglio perché viene negato ogni “continuismo”.

Per quanto riguarda i tempi, siamo abituati a pensare all’evoluzione come ad un processo lentissimo, che si realizza solo grazie a tempi lunghissimi. Questo discorso è relativamente corretto ma ormai oggi dovremmo tutti sapere che l’evoluzione è tutt’altro che graduale.

Anziché ipotizzare ad hoc improvvisi sbalzi del tasso di mutazioni genetiche casuali, i tre postulati della teoria offrono una soluzione anche a questo problema.

Siccome per definizione la risonanza si basa sull’uguaglianza di due frequenze, allora il tempo per i cambiamenti è fissato, ma lo “spazio” percorso nello spazio dei caratteri diverge, per cui siccome spazio/tempo=velocità allora si spiegano così gli slanci evolutivi.

Il caso più eclatante è la cosiddetta “esplosione del pre-Cambriano”, quando circa 500 milioni di anni fa, dopo un miliardo e mezzo di anni di stasi evolutiva, comparvero in tempi relativamente brevissimi i precursori della stragrande maggioranza delle specie attuali.

Nella nostra teoria, che per certi versi “capovolge” il Neodarwinismo, gli organismi più semplici sono proprio quelli più difficili da “macroevolvere”, ma sono anche quelli che lo fanno più velocemente quando è soddisfatta la Condizione di Evoluzione.

La TRE presenta anche dei “corollari”, conseguenze della nostra analogia con gli oscillatori armonici forzati da una forza oscillante: se la frequenza esterna è molto maggiore di quella propria di una specie, si può avere una forma particolare di estinzione (dovuta alla perdita di variabilità e quindi di adattabilità all’ambiente e non ad una mera distruzione degli individui o delle risorse); se invece stiamo nel caso opposto (frequenze esterne bassissime), cambia solo in parte l’ampiezza di oscillazione, cioè non si ha né estinzione né evoluzione.

Come potete capire, ormai più che di “evoluzione” sarebbe più corretto parlare di “trasformazioni”, specialmente alla luce delle seguenti complicazioni formali, atte a raggiungere una maggiore aderenza alla realtà. Se si introduce un fatto fondamentale, cioè che i caratteri non sono l’uno indipendente dall’altro ma legati in modo complicato tra loro, si può estendere il modello ricorrendo però a un nuovo set di strumenti concettuali, quello delle transizioni di fase.

Ogni volta che vediamo dell’acqua bollire assistiamo ad una transizione di fase, che in generale è un cambiamento che coinvolge un sistema formato da moltissime parti e che avviene in modo brusco, per l’effetto però anche di un solo fattore esterno che può cambiare eventualmente in modo continuo. Nel nostro caso, aumentando la temperatura, l’acqua ad un certo punto non si limita più a riscaldarsi ma si trasforma, passando da liquida a gassosa.

Il nostro lavoro propone una formula orientativa della probabilità di evoluzione, che non potrebbe mai essere esaustiva, ma offre comunque spunti di riflessione.

Sviluppando semplicemente il ragionamento in modo coerente con i tre postulati, si afferma che un’evoluzione è tanto più probabile quanto più: (1) la specie è complessa per numero di caratteri, (2) è complessa per il numero delle loro correlazioni e (3) quanto più è sensibile a fattori ambientali capaci di cambiamenti epigenetici (o ad altri fattori che godono delle stesse proprietà attribuite dalla TRE ai fattori epigenetici).

Per le stesse ragioni appena elencate, la complessità può anche diventare un forte ostacolo alla macroevoluzione, ma permette di averne una più radicale quando essa avviene. Possiamo quindi cominciare a spiegarci la sempre maggiore complessità che ci viene presentata nel passaggio dalla prima cellula all’uomo.

La TRE è sperimentabile e falsificabile, offre un quadro concettuale che con pochi principi riesce a dare una risposta coerente e quantitativa a molti problemi aperti dell’evoluzione, ma richiede un cambio di paradigma nel modo di pensare.

Riflettendo sul concetto di “meccanismo darwiniano”, per coerenza col pensiero di Darwin, sintetizzato anche dal titolo completo della sua opera principale, la TRE non è darwiniana (né neodarwiniana) perché la selezione naturale non è più l’elemento che fa in modo che i cambiamenti dei caratteri, a prescindere dalla loro origine, comportino col tempo il passaggio da una specie ad un’altra. Di conseguenza, il fatto che in linea di principio il punto di massima fitness dipenda dal contesto, anche dal punto di vista matematico non ha importanza, ciò che serve conoscere è la frequenza di oscillazione intorno ad esso. La TRE non si occupa, come si è fatto finora, di dare la caccia a chi sia il fenotipo più adatto oppure di giustificarlo a posteriori e di dire trionfalmente la banalità che la selezione naturale l’ha premiato. Alla TRE interessa l’evoluzione come “moto”, non come descrizione dello stato iniziale e finale, evitando così il ricorso alla tautologia. A dire che il pesce è fatto per vivere in acqua mentre l’anfibio per vivere anche sulla terraferma siamo tutti bravi.

Ciò che potrebbe trarre in inganno è il fatto che compaiono i concetti di “selezione naturale”, “mutazione casuale” e “epigenetica”, tre cose notissime ai biologi. In realtà, è come dire che la celeberrima equazione di Einstein “E=mc2” non abbia niente di speciale perché Einstein non ha scoperto né l’energia, né la massa né la velocità della luce…mentre invece è un’equazione rivoluzionaria! Nel caso della TRE, i tre fattori citati sono come attori noti al pubblico ma sotto un regista e uno sceneggiatore d’avanguardia: selezione e mutazioni sono vecchie glorie che hanno accettato un cameo, l’epigenetica è co-protagonista mentre inizia ad avere un ruolo da protagonista il concetto di forma. Lo spettacolo, per voi lettori, in ogni caso, è appena iniziato.

https://it.wikipedia.org/wiki/Epigenetica
L'epigenetica (dal greco επί, epì = "sopra" e γεννετικός, gennetikòs = "relativo all'eredità familiare") si riferisce ai cambiamenti che influenzano il fenotipo senza alterare il genotipo. Infatti è la branca della genetica che studia tutte le modificazioni ereditabili che variano l'espressione genica pur non alterando la sequenza del DNA (soprattutto con riferimento ai fenomeni ereditari a livello cellulare, meno a quelli trans-generazionali, dal genitore al figlio).

https://it.wikipedia.org/wiki/Epigenesi_(biologia)
L'epigenesi è una teoria embriologica enunciata nel XVIII secolo, secondo la quale l'embrione si sviluppa gradatamente, a partire da un germe indifferenziato, con la comparsa successiva di parti dell'organismo nuove per morfologia e struttura.
Il primo assertore di questa teoria fu il fisiologo tedesco Caspar Friedrich Wolff (1734 - 1794) il quale la espose nel 1759 nell'opera "Theoria generationis". La teoria di Wolff si contrapponeva a quella preformista, sostenuta nelle epoche precedenti, secondo la quale nel germe (uovo o spermatozoo) si trova già precostituito in miniatura, con tutte le sue parti, l'individuo adulto. L'idea che lo sviluppo delle forme organiche individuali avvenisse a partire dal non formato era tuttavia molto antica, essendo stata espressa nel IV secolo a.C. da Aristotele (384-322 a.C.) nella "Fisica". Per tutto il XVIII secolo si svolse una vivace polemica, tra i fautori dell'epigenesi e quelli del preformismo, che ebbe termine solo nella seconda metà del XIX secolo con l'affermazione definitiva della teoria cellulare.
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Re: Evoƚousion/raxon e creasion/fede no ƚe se dà contro

Messaggioda Berto » mar mag 30, 2017 8:12 pm

???

Studio smonta in un sol colpo gender e evoluzionismo
di Marco Respinti
30/05/2017

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-stu ... -19977.htm

Due ricercatori del Weizmann Institute of Science di Rehovot, in Israele, Shmuel Pietrokovski e Moran Gershoni, hanno reso pubblici i risultati di un importante studio genetico nato come indagine sulle cause della sterilità umana. Ne emerge che ben 6500 geni si attivano in modo diverso nei maschi e nelle femmine, anche in reazione ai farmaci, poiché, a seconda che appunto appartengano a un maschio o a una femmina, quei geni sintetizzano diversamente le proteine. Per la scienza si tratta di un’acquisizione tanto sorprendente quanto importante.

Ovvio, infatti, che il dimorfismo sessuale tra maschio e femmina umani, o certe caratteristiche tipiche dell’uno e dell’altra, siano dovute a un modo diverso di esprimersi di geni uguali, ma i risultati ottenuti dalla ricerca del Weizmann Institute si spingono più in là. Si parla infatti di differenze importanti, talora decisive, nel determinare il modo di essere fisico, e appunto persino l’insorgere di talune patologie con la conseguente responsività relativa ai farmaci atti a curarle, del maschio e della femmina, identici nel loro essere umani diversi l’uno dall’altra.

Tracciando dunque una mappa dettagliata di questi geni i due ricercatori israeliani hanno dovuto arrendersi ad alcune evidenze che non obbediscono affatto a certe presunzioni correnti. Per esempio quelle legate all’ipotesi evoluzionista, oggi data per scontata ma che evidentemente ? così si è scoperto al Weizmann Institute ? così scontata non è. Constata infatti Gershoni che «più un gene è specifico a un sesso e meno su quel gene è visibile la selezione». Tradotto, significa che l’azione della selezione naturale debitamente “spiegata” negli schemi intellettuali evoluzionistici come motore della speciazione per mutazione genetica non viene invece riscontrata dall’osservazione scientifica degli esseri viventi.

Di più: più si ha a che fare con individui concreti, tanto unici quanto irripetibili proprio nella loro individualità (ben denotata, per esempio, dalla sessualità: un maschio è sempre un maschio, e non è interscambiabile ad libitum con una femmina, e viceversa, con buona pace dell’ideologia di gender), più l’effetto della selezione naturale come motore di speciazione per mutazione genetica non è attestato.

Un interessante servizio su questa scoperta trasmesso lunedì 8 maggio da TGR Leonardo evidenzia bene l’impasse. La diversa reattività mostrata dai geni a seconda del sesso, dice la giornalista Cinzia di Cianni, «[…] dimostra che le differenze tra i sessi vanno ben oltre quelle più appariscenti, fino a delineare una storia evolutiva interconnessa ma distinta». Due punti: primo, le differenze tra maschio e femmina sono intrinseche alla loro natura specifica di maschio e di femmina, tanto che persino la loro natura biologica ugualmente umana è (parzialmente) diversa a seconda del sesso.

Secondo, l’“evoluzione” dell’essere umano è un enigma enorme, tanto che bisogna postularne non una bensì due, una per i maschi e l’altra per le femmine, evoluzioni in qualche modo “parallele” eppure distinte. Conclusione: l’evoluzione è un’astrazione cui la realtà si ribella e che va dunque continuamente rimodulata, ma ogni rimodulazione equivale a una smentita. Tant’è che alla fine è costretta ad affermarlo la giornalista stessa, la quale, sintetizzando la ricerca del Weizmann Institute, dice: «Dal punto di vista evolutivo, la cosa non ha senso. Ogni mutazione che provoca la riduzione della prole minacciando la sopravvivenza della specie dovrebbe essere eliminata dalla selezione naturale, ma lo studio mostra invece che più grandi sono le differenze di espressione di un gene tra uomini e donne, minore è la selezione sul quel gene, e questo vale soprattutto per gli uomini. Ecco perché, ad esempio, le mutazioni che ostacolano la formazione dello sperma» ? la ricerca è stata avviata appunto per indagare le cause della sterilità umana ? «non scompaiono come ci si aspetterebbe».

Insomma, il postulato secondo cui l’evoluzione avanzerebbe per effetto di una selezione naturale che a livello genetico premierebbe le caratteristiche più adatte alla sopravvivenza costringendo quelle meno adatte all’estinzione si comporta invece in modo contrario. Colpo al cuore del dogma evoluzionista centrale. In natura l’evoluzione non si comporta affatto come sta scritto nei libri degli evoluzionisti. Lo afferma la scienza “evoluzionista”. Dal punto di vista evolutivo, la cosa non ha senso: lo afferma la RAI.
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Re: Evoƚousion/raxon e creasion/fede no ƚe se dà contro

Messaggioda Berto » dom giu 04, 2017 1:32 pm

Lo studio, i traumi si ereditano. Da genitori a figli e nipoti, fino alla terza generazione
13 aprile 2014

http://m.repubblica.it/mobile/r/sezioni ... 4646576014

I ricercatori del Brain Research Institute dell'Università di Zurigo sono riusciti a identificare piccole frazioni di materiale genetico chiamato microRna. Si tratta di brevi sequenze, veicoli con cui vengono trasmesse le istruzioni per costruire le proteine ma conservano anche la memoria di eventi traumatici

Lasciano cicatrici indelebili, segni che si tramandano per generazioni. I traumi possono essere ereditari, le paure passare da padre in figlio. E segnare vite. Queste trasmissioni genetiche sono state studiate sui topi ma probabilmente hanno effetto anche sull'uomo.

Il processo per il quale i traumi possono essere tramandati fino alla terza generazione. Il segreto di questa ereditarietà si nasconde nei microRna, molecole genetiche che regolano il funzionamento di cellule, organi e tessuti. Il trauma altera questi 'registi molecolari', e il difetto viene passato alla progenie attraverso i gameti. A svelare un meccanismo finora misterioso è uno studio dell'università di Zurigo, pubblicato su 'Nature Neuroscience'.

Coordinati da Isabelle Mansuy, i ricercatori del Brain Research Institute sono riusciti a identificare alcuni componenti chiave di questo processo, piccole frazioni di materiale genetico chiamato microRna. Si tratta di brevi sequenze, i veicoli con cui vengono trasmesse le istruzioni per costruire le proteine ma conservano anche la memoria di eventi traumatici. "Ci sono malattie come il disordine bipolare che si tramandano in famiglia nonostante non siano riconducibili a un particolare gene", ricorda Mansuy, docente all'Istituto federale di tecnologia (Eth) e dell'ateneo di Zurigo.

Per identificare il meccanismo sono stati messi a confronto topi adulti che erano stati esposti a condizioni traumatiche nei primi anni di vita con altri topi, non traumatizzati. I ricercatori hanno studiato il numero e il tipo di microRna nei roditori traumatizzati e hanno scoperto che lo stress traumatico altera per eccesso o per difetto la quantità di numerosi microRna nel sangue, nel cervello e nel liquido spermatico. Modificazioni che influenzano il funzionamento delle cellule regolate da queste mini-molecole.

Gli studiosi hanno osservato che i topi traumatizzati modificavano il loro comportamento. Per esempio perdevano la naturale avversione agli spazi aperti e alla luce, e mostravano segni di depressione. Caratteristiche che tramite lo sperma venivano trasferite alla prole, anche se gli esemplari della progenie non subivano stress o traumi. Anche il metabolismo dei cuccioli di topo stressato cambiava: i livelli di insulina e di zuccheri nel sangue, ad esempio, erano inferiori rispetto a quelli dei topolini nati da genitori non traumatizzati.

"Siamo stati in grado di dimostrare per la prima volta - riassume Mansuy - che le esperienze traumatiche influenzano il metabolismo a lungo termine, che i cambiamenti indotti sono ereditari" e che gli effetti del trauma ereditato sul metabolismo e i comportamenti psicologici persistono fino alla terza generazione. "Lo squilibrio dei microRna nello sperma si è dimostrato un fattore chiave per il passaggio degli effetti del trauma da genitore a figlio".

Anche se molte questioni restano aperte e dovranno essere chiarite in studi successivi, puntualizzano gli autori, la conclusione è che "i condizionamenti ambientali lasciano tracce nel cervello, negli organi e nei gameti, e attraverso i gameti queste tracce vengono trasmesse alla generazione successiva". L'èquipe zurighese sta cercando adesso di verificare se anche nell'uomo i 'colpevoli' siano i microRna.


MicroRNA
https://it.wikipedia.org/wiki/MicroRNA

I microRNA (miRNA) sono piccole molecole endogene di RNA non codificante a singolo filamento riscontrate nel trascrittoma di piante, animali ed alcuni virus a DNA. Si tratta di polimeri codificati dal DNA nucleare eucariotico lunghi circa 20-22 nucleotidi e principalmente attivi nella regolazione dell'espressione genica a livello trascrizionale e post-trascrizionale. I miRNA vengono inglobati nel complesso di silenziamento indotto da RNA (RISC) ed inducono il silenziamento genico tramite sovrapposizione con sequenze complementari presenti su molecole di RNA messaggero (mRNA) bersaglio. Tale legame comporta una repressione della traduzione o la degradazione della molecola bersaglio.

Il silenziamento può avvenire secondo i seguenti meccanismi:
taglio della molecola di mRNA;
destabilizzazione della molecola di mRNA tramite accorciamento della coda di poli(A);
diminuzione dell'efficienza di traduzione del messaggero;

Il genoma umano codifica per centinaia di miRNA i quali risultano abbondanti in tutti i tipi cellulari dei mammiferi. Svolgono la loro attività di silenziamento su un'ampia gamma di trascritti derivanti dall'espressione di migliaia di geni. L'espressione aberrante dei miRNA è implicata nell'insorgenza di numerose patologie. Essi possono essere utilizzati a scopi terapeutici.

I miRNA ricordano gli siRNA (small interfering RNAs) del pathway biologico dell'interferenza a RNA (RNAi), ma differiscono da questi in quanto derivano da regioni di RNA che si ripiegano autonomamente a formare delle corte forcine, mentre i siRNA derivano da sequenze di dsRNA più lunghe.
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Re: Evoƚousion/raxon e creasion/fede no ƚe se dà contro

Messaggioda Berto » mer giu 14, 2017 8:20 am

Dittatori scientifici e i presuntuosi illusionisti del sovrannaturale.

“La razionalità scientifica è sotto attacco…” con queste parole viene presentato su Pikaia un volumetto sul “creazionismo”.
Un utilissimo testo per capire in realtà come funziona il pensiero unico.

https://www.enzopennetta.it/2017/06/un- ... cientifica

«Sotto un dittatore scientifico l’educazione funzionerà davvero e di conseguenza la maggior parte degli uomini e delle donne cresceranno nell’amore della servitù e mai sogneranno la rivoluzione. Non si vede per quale motivo dovrebbe mai crollare una dittatura integralmente scientifica», con queste parole Aldous Huxley commentava in chiusura libro “Ritorno al mondo nuovo”, era il 1958.

Ma in realtà la distopia huxleyana non era altro che il perfezionamento di quella proposta nel 1624 in “La nuova Atlantide”, il libro postumo di Francis Bacon. Oggi possiamo dire che stiamo vivendo la fase finale dell’attuazione del sogno di Bacon e il libro di Warren Allmon, paleontologo statunitense, “Evoluzione e creazionismo: una breve guida per orientarsi”, di cui andiamo a parlare ne costituisce un’involontaria conferma.

La razionalità scientifica è sotto attacco e certo non si tratta di un fenomeno recente. Per fronteggiare gli avversari è bene essere ben attrezzati e a tal fine il libro di Warren Allmon, paleontologo statunitense, svolge ordinatamente il suo compito. “Evoluzione e creazionismo: una breve guida per orientarsi” è un’introduzione alla teoria dell’evoluzione che riassume i punti centrali del dibattito evoluzionismo vs creazionismo
“Se l’evoluzione può essere universalmente accettata dagli scienziati e respinta dalla maggioranza del pubblico, così potrebbe accadere per qualsiasi altra idea scientifica altamente verificata, minacciando la razionalità e l’alfabetizzazione scientifica di base, elementi cruciali per il benessere economico e sociale della civiltà moderna. Viviamo in un mondo sempre più dipendente dalla scienza e della tecnologia: se non siamo in grado di comprendere come funzionino la scienza e la tecnologia, non possiamo prendere decisioni sagge sul loro uso.” Così si conclude l’introduzione al libro “Evoluzione e creazionismo: una breve guida per orientarsi”[1] scritto da Warren D. Allmon, paleontologo statunitense direttore del Paleontological Research Institution di Ithaca a New York, e pubblicato dal CICAP nella collana I quaderni del CICAP, in allegato con l’ultimo numero della rivista QUERY.

Davvero strana l’affermazione che la razionalità scientifica sia sotto attacco, di questo attacco oggettivamente non si vede molto, viviamo in una società che fa largamente della scienza la sua religione. Negli ambiti in cui si registra un disaccordo, in genere argomentato, è la mentalità scientista, ad apparire incapace a gestire le obiezioni in modo autenticamente scientifico, a vedere quindi al posto delle obiezioni degli “attacchi”. Riguardo la teoria dell’evoluzione abbiamo da sempre evidenziato che le critiche al meccanismo neo-darwiniano vengono ricondotte ad un comodo avversario fantoccio identificato con il “creazionismo”, (termine che non viene mai definito lasciando aperte volutamente interpretazioni ambigue) anche quando questo non è presente. A mio avviso il vero attacco all’autentico spirito scientifico non viene, e non può venire, dalle obiezioni ma dalle risposte che vengono date, risposte che in genere sono di stigmatizzazione e delegittimazione degli interlocutori. Di questo spirito si sente la conferma nelle parole che seguono nell’articolo:

Il motivo della pubblicazione è puntualizzato dall’autore alla fine dell’introduzione: nella società contemporanea la razionalità scientifica è vessata e minacciata in mille modi da forze irrazionali che compromettono da una parte il funzionamento stesso della ricerca scientifica, dall’altra mettono in pericolo la qualità della vita di molte persone. É per far fronte a queste continue minacce, per non temporeggiare ulteriormente e non cedere terreno al nemico, che trova ragione il contrattacco della razionalità scientifica.

Un vittimismo che appare davvero fuori luogo, si fa molta fatica a vedere la razionalità scientifica addirittura “vessata e minacciata”. Curioso questo atteggiamento da cittadella assediata, un atteggiamento che non trovando riscontro nella realtà mostra solo l’insofferenza della mentalità scientifica al confronto, un atteggiamento in definitiva snob da cui trasuda anche una sostanziale intolleranza verso posizioni diverse anche se indipendenti da aspetti meramente scientifici e legate invece a considerazioni di tipo giuridico ed alle libertà costituzionali, come nel caso dell’obbligo vaccinale che si intravede sullo sfondo anche se mai nominato esplicitamente.

L’agile libro di Allmon trova dunque la sua ragione d’esistenza nella dilagante ignoranza scientifica in cui versa la società. Essere chiari e brevi è un pregio. A pensarci bene, oggi, essere brevi è diventata una pretesa e dunque una necessità…

E no, la società non versa in una “dilagante ignoranza scientifica”, l’ignoranza è sì dilagante ma su tutti i fronti e la colpa non è certamente del “creazionismo” ma dell’impostazione mercatistica della scuola, un peccato che si punti il dito verso un avversario fantoccio, un’occasione più che sprecata perché sbagliare la diagnosi peggiora i problemi. Perché non si domandano Allmon e Pikaia il motivo della necessità di essere brevi? Il problema è l’incapacità di leggere e comprendere testi articolati, o pure questa è colpa dei “creazionismi”?

Segue quindi un caso cristallino di orwelliano bipensiero:

L’autore parte dal delineare in che cosa consiste la razionalità scientifica e ne identifica come elemento costitutivo il naturalismo (o materialismo): “La scienza riguarda soltanto il mondo fisico o materiale, non tratta del soprannaturale o di questioni per le quali non esiste alcuna prova materiale o fisica. La scienza ricerca cause materiali per fenomeni materiali.” (p. 14) Questa chiusura causale del mondo naturale potrebbe risultare compromettente per le orecchie dell’individuo religioso, per tale motivo l’autore aggiunge: “Questo non significa necessariamente che il soprannaturale non esista o che la scienza possa rispondere a tutte le domande su tutti gli argomenti. Significa semplicemente che il soprannaturale – quei fenomeni che non possono essere esaminati in termini di materia tangibile e di energia – non fanno parte dell’ambito di competenza della scienza.” (ibid.)

La metodologia scientifica permette di produrre una conoscenza affidabile del mondo e la teoria dell’evoluzione moderna è uno dei suoi più grandi successi. Quello che alcuni non riescono a digerire non è il successo della metodologia scientifica in sé, bensì il naturalismo metodologico alla base, che con successo crescente espunge progressivamente fini ultimi e significati assoluti dal mondo naturale. La teoria dell’evoluzione ha racimolato fino ad oggi così tante inimicizie perché con risolutezza è riuscita a rendere esplicativamente superflui i fini ultimi nell’ambito della vita, cioè in quella piccola fortezza nella quale si era ritirata la te(le)ologia naturale del divino, dopo la perdita dei domini dei cieli infiniti iniziata con la rivoluzione scientifica in fisica e astronomia nel XVII secolo.

I due periodi, consecutivi in originale, costituiscono uno la negazione dell’altro: se la scienza ha come ambito esplicativo solo i fenomeni del ‘mondo fisico o materiale’ come può pretendere di “espungere progressivamente fini ultimi e significati assoluti dal mondo naturale“? Sono queste le affermazioni e le invasioni di campo che tolgono credibilità non alla scienza ma ai sacerdoti laici pensati sin dal ‘600 da Bacon. Il grosso danno alla scienza lo fanno non i creazionisti ma questi nuovi sacerdoti che molto efficacemente Costanzo Preve chiamava clero universitario e, con particolar riferimento al clero darwinista, “tarantolati”:

«…essere atei o credenti, materialisti e idealisti, sopportarsi a vicenda e dialogare nel modo più sereno e serio possibile. Come professore di filosofia, non ho fatto altro per tutta la mia vita. Ma qui abbiamo a che fare con dei tarantolati i quali, disillusi dalla propria arrogante ideologia precedente, e completamente “riconciliati” con la società capitalistica ed i suoi apparati di consenso, hanno deciso di alzare la bandiera dell’ateismo “laico” legittimato dal darwinismo come rivendicazione della loro “superiorità” scientifica e morale».

Ed ecco che conseguentemente a questa indebita invasione di campo la scienza arriva a dettare dei principi arbitrari nel campo dell’etica come se si trattasse di conseguenze lecite:

Nonostante questa apparente adesione alla soluzione dei magisteri non sovrapposti poco dopo afferma che “Non [è] più ovvio che gli standard etici [possano]provenire soltanto dalla religione rivelata. Dopo Darwin, ha scritto Levine, «Il valore è visto come non intrinseco né permanente, ma mutevole, non disegnato meccanicamente ma con flessibilità e casualità […] Una volta perduta la sintonia fra il naturale e l’intenzionale, lo spazio per una voluta costruzione di significati […] si apre». Gli umani, in altre parole, devono cercarsi e costruirsi il significato al meglio che possono.” (p. 97) La conseguenza però è la delegittimazione di ogni istituzione religiosa strutturata. Qualunque essa sia non ha più alcuna legittimità speciale nell’individuare o indicare valori e comportamenti da perseguire. Per le religioni istituzionali dalla teoria dell’evoluzione consegue uno scacco non solo epistemologico ma anche etico. Le conoscenze acquisite ci mettono di fronte a una nuova rivelazione originale: quella di un individuo eticamente autonomo in senso proprio, responsabilizzato e che non può più rifugiarsi in sistemi precostituiti che facilitano una etero-direzione. I valori non sono estrapolabili in maniera deduttiva da fatti. Scopi e valori possono essere costruiti nel processo di interazione con altri viventi e nella contemplazione della tragica bellezza di questo globo terracqueo. La costruzione di valori implica che essi non debbano essere rivelati da istituzioni di alcun tipo.

A questi esponenti del clero laico scientista non sfiora nemmeno l’idea che il contrasto con le loro affermazioni sia una legittima reazione all’ingerenza in sfere che non gli competono.

Proseguendo sulla strada del conflitto snobistico dell’imposizione di non valori sulla base di una presunta legittimazione scientifica, è facilmente prevedibile che il conflitto non potrà che aumentare vedendo negli scientisti una intollerante minoranza elitaria.

Ed è solo in questa ottica che è comprensibile l’atteggiamento da cittadella assediata che emerge nell’articolo, solo che la cittadella non è quella della scienza ma quella dello scientismo e gli assediati non sono gli scienziati, che continuano a lavorare serenamente, ma il clero laico dello scientismo. E lo sanno bene dato che certi argomenti vengono proposti su Micro Mega, una rivista che certamente scientifica non si può definire, la difesa dello scientismo è un atto politico e come tale va dichiarato.

E in questo modo tanto più si cerca di far passare il problema come ignoranza scientifica, tanto più esso si aggraverà, il confronto è politico e seguirà le vie e le modalità della politica indifferente alle grida e allo stracciarsi di vesti del clero universitario.

E il clero universitario con i suoi sponsor fa bene a preoccuparsi perché ogni élite che vuole imporre il proprio pensiero (non verità scientifiche) agli altri, prima o poi suscita una rivoluzione.
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Re: Evoƚousion/raxon e creasion/fede no ƚe se dà contro

Messaggioda Berto » ven giu 30, 2017 7:29 am

???


La decisione turca di non insegnare più la teoria di Darwin è un grande errore.
Ma a ben vedere non viene insegnata neanche da noi…

https://www.enzopennetta.it/2017/06/dar ... -occidente


La notizia tutto sommato ha fatto meno scalpore di quanto si potesse immaginare, infatti l’annuncio della Turchia di voler escludere la teoria dell’evoluzione dall’insegnamento delle scuole superiori ha occupato uno spazio modesto sui media.

Pikaia ha dedicato alla cosa un rassegnato articolo intitolato “La Turchia dice addio a Darwin” in cui ricorda una serie di altri articoli che affrontavano l’antievoluzionismo anatolico. Assai modesta anche la reazione sul Corriere che ne parla in un telegrafico articolo “Turchia, via Darwin dai libri di testo a scuola” a firma di di Monica Ricci Sargentini, tanto stringato che è possibile riportarlo per intero:

Darwin addio. Nelle scuole secondarie di primo e secondo grado della Turchia non si insegnerà più la teoria dell’evoluzione “perché troppo controversa e difficile da capire”. L’annuncio è stato dato dal ministero dell’Istruzione. Il capito “L’inizio della vita e l’evoluzione” sarò cancellato dai testi scolastici di biologia e sarà a disposizione solo agli studenti che decideranno di fare l’università.

“Siamo consapevoli che se i nostri studenti non hanno le conoscenze per capire le premesse e le ipotesi – ha detto Alparslan Durmus, il capo della commissione educativa nazionale – o se non hanno le conoscenze e la struttura scientifica richiesta, non potranno capire alcuni temi controversi, quindi li abbiamo lasciati fuori dal programma”.

La decisione ha creato scalpore nelle università dove è stata duramente criticata dai docenti laici. L’unico altro Paese a escludere l’evoluzionismo dalla scuola è l’Arabia Saudita con cui Ankara non va di certo a braccetto.
I creazionisti cristiani e musulmani contrappongono alle teorie di Darwin quella di un disegno divino. Molti di loro ritengono l’evoluzionismo corrosivo per la fede religiosa nei più giovani. Anche nelle file dell’Akp, il partito filoislamico guidato dal presidente Recep Tayyip Erdogan diffida dell’evoluzionismo che il vice primo ministro Numan Kurtulmus ha definito “vecchio e putrefatto”.
Se fosse ancora vivo Mustafa Kemal Ataturk, il fondatore della Turchia moderna, inorridirebbe.

Non molto diversamente va sulla Stampa:

La teoria dell’evoluzione di Darwin rischia di scomparire dai programmi delle scuole superiori della Turchia. E il principale partito di opposizione, il laico Chp, promette battaglia contro il piano del governo che vuole mettere al bando Darwin dalle scuole pubbliche. Per Alpaslan Durmus, funzionario del ministero dell’Istruzione a capo del dipartimento che si occupa dei programmi scolastici, la teoria di Darwin è troppo «complicata» e «controversa» per i giovani ed è per questo che va esclusa dai programmi.

La riforma avrebbe il via libera del presidente turco Recep Tayyip Erdogan e potrebbe essere pubblicata la prossima settimana sulla Gazzetta Ufficiale. La questione suscita le preoccupazioni degli attivisti e alimenta il dibattito sulla laicità in Turchia. Per il numero due del Chp a Istanbul, Baris Yarkadas, «eliminare dai programmi quella che è una teoria dimostrata significa mettere da parte la scienza». «Il governo dell’Akp la sostituisce con un programma che prevede i principi della sharia», ha tuonato Yarkadas in dichiarazioni all’agenzia di stampa Dpa. Il Chp promette un ricorso ufficiale se il governo non farà marcia indietro.

Appena un po’ meglio invece su Repubblica.
Non c’è molto da dire, in fondo la decisione turca non fa che confermare l’immagine di uno Stato che va radicalizzandosi e quindi una deriva “creazionista” rientra nel frame andando anzi a confermarlo e rafforzarlo.
Ma volendo osservare la vicenda da un punto di vista critico nei confronti del darwinismo, la conclusione è che si tratta di un grande errore, non vero infatti che si una teoria troppo complicata e infatti si può spiegare benissimo ai ragazzi di ogni età.
Il vero errore sta nel fatto che anziché vietarla si sarebbe dovuto insegnarla per davvero, spiegandola cioè per come essa è veramente e come è stata nella versione iniziale. Solo spiegandola veramente bene, come da sempre ho sostenuto sulla pagine di CS, gli studenti possono vedere quanto essa non sia soddisfacente. Negandone l’insegnamento si rischia invece di farne una teoria “martire” che potrebbe essere facilmente idealizzata realizzando una sorta di eterogenesi dei fini.
Ma voglio concludere dicendo una cosa che apparirà sorprendente e che lo è solo per chi non conosce approfonditamente le realtà di cui si parla: la teoria darwiniana non viene insegnata neanche in Italia e in tutto l’Occidente. Parlo specificamente del caso italiano che conosco bene, come vado dicendo da anni sui testi scolatici alla voce “evoluzione” corrisponde una macchietta caricaturale o un cervellotico giro di parole che confonde le idee su quella che è la vera teoria. Conclusione: nessuno viene messo in grado di vedere quanto la teoria non spieghi in realtà nulla, al massimo la microevoluzione e non certamente l’origine delle specie come la intendeva Darwin.
E allora ecco che la Turchia si allinea paradossalmente al resto del mondo: la teoria viene vietata o spiegata male e così viene sottratta alla critica razionale degli studenti.
La decisione turca rappresenta quindi una sconfitta dell’autentica critica al darwinismo.
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Re: Evoƚousion/raxon e creasion/fede no ƚe se dà contro

Messaggioda Sixara » dom lug 02, 2017 8:34 am

Còsa ghe jèra prima de l Big Bang? A ghe jèra el Big Bounce: el Tzimtzum de la teoria lurianica.
Tzimtzum ... e cosèlo :?

Sta ròba cuà :D (e se pròpio vardève The Secret of the (Big) Bagel)
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Re: Evoƚousion/raxon e creasion/fede no ƚe se dà contro

Messaggioda Berto » dom lug 23, 2017 8:14 pm

???

Chi sono gli antievoluzionisti?
di Giulia Trincardi
Intervista a Fabrizio Fratus

https://www.facebook.com/iltalebano/pos ... 1374728233

L’evoluzionismo – ovvero la teoria secondo cui, dalla sua comparsa sulla Terra, la vita si sarebbe evoluta in modo progressivo da cellula primordiale a organismo complesso – è uno dei pilastri della biologia moderna e trova le sue origini nelle osservazioni e riflessioni effettuate da Charles Darwin oltre un secolo e mezzo fa.
Per la maggior parte delle persone, l’evoluzione della specie è una materia relativamente scontata che si studia a scuola e i cui passaggi fondamentali sono spesso ridotti a una sorta di filastrocca: brodo primordiale, pesci, dinosauri, meteorite (ops), roditori, mammiferi, scimmie, uomo. La sua teorizzazione è però, ovviamente, molto più complessa di così e sicuramente più controversa; per capirlo, basta dare un’occhiata al più recente ‘albero della vita’ pubblicato poche settimane fa sul journal Nature Microbiology.
Ciò che non tutti sanno, inoltre, è che oltre ad essere oggetto di dibattito in campo scientifico ed essere osteggiata dalle principali correnti religiose – che attribuiscono l’origine della vita alla creazione divina – la teoria formulata da Darwin è contestata anche da un movimento detto “antievoluzionista.” Gli antievoluzionisti non sono creazionisti ma, di base, si contrappongono a tutte le altre scuole di pensiero accusandole di non disporre di prove scientifiche a supporto delle loro teorie.
Mentre lo scontro tra evoluzionisti e creazionisti è diventato il simbolo della faida tra pensiero scientifico e fede, insomma, ironia vuole che l’antievoluzionismo critichi il darwinismo proprio per una mancanza di prove scientifiche, attribuendo ai suoi sostenitori lo stesso tipo di “devozione” e “salto di fede” generalmente associato al creazionismo.

Quali sono le prove che mancano a questa teoria, effettivamente? Dobbiamo forse rivedere il concetto stesso di “scientifico”? Nella mia esperienza, l’evoluzionismo è – come tutte le teorie scientifiche – un pensiero in costante riforma; se il pensiero scientifico si basa prima di tutto sulla confutazione di sé stesso, ci sono pochi argomenti su cui gli scienziati battibeccano tanto quanto sull’origine della specie. Ogni volta che esce una nuova teoria sull’‘homo naledi’ o sulle stringhe di RNA nel brodo primordiale, le voci discordanti non mancano mai. È forse tutta una bugia e l’intera cornice di pensiero su cui abbiamo basato scienze come la genetica, la biologia e la medicina moderna è fallace?
In Italia, l’insegnamento dell’evoluzionismo è stato al centro di una polemica infuocata tra il 2004 e il 2005 quando l’allora ministro dell’istruzione Letizia Moratti aveva lasciato intendere di voler rimuovere l’argomento dal percorso didattico obbligatorio. A detta del ministro, la riforma non era atta a una censura della teoria, quanto al voler garantire una pluralità di punti di vista agli studenti—lasciando la giurisdizione dell’argomento in mano agli insegnanti. In seguito a un appello a dir poco accorato della comunità scientifica, il ministro Moratti è tornata rapidamente sui suoi passi, inserendo di nuovo la teoria nei contenuti didattici garantiti dalla scuola primaria a quella superiore. L’anno prima, l’organizzazione Alleanza Studentesca aveva indetta una settimana dedicata all’antievoluzionismo, evento che aveva ottenuto il supporto di alcuni movimenti della destra estrema come Forza Nuova.
“Coloro che sono antievoluzionisti ritengono il neodarwinismo non capace di dare una spiegazione scientifica sulla nostra origine.”
Per capire qualcosa in più, ho deciso di contattare il Comitato Antievoluzionista—nato nel 2003 proprio dalle vestigia di Alleanza Studentesca—e ho espresso i miei dubbi a Fabrizio Fratus, divulgatore ed esponente dell’antievoluzionismo in Italia; abbiamo parlato di creazionismo, dei legami tra darwinismo e razzismo e persino della “teoria gender”.
Si dichiara anti-evoluzionista. Questo fa di lei necessariamente un creazionista?
Fabrizio Fratus: La mia formazione è nel campo della sociologia, dopo la laurea ho iniziato a lavorare nel mondo della cooperazione internazionale. Dal 2002 ho iniziato la battaglia culturale contro la teoria di Darwin (TdD), oggi neodarwinismo, divenendo così un referente del movimento anti-evoluzionista. Coloro che sono antievoluzionisti ritengono il neodarwinismo non capace di dare una spiegazione scientifica sulla nostra origine, in sostanza siamo convinti che la TdD sia una ideologia, o ancora meglio una religione, sicuramente non è scienza. Il creazionista è certamente antievoluzionista e in più ha una fede per cui lo porta ad analizzare e interpretare tutti i dati oggettivi della ricerca scientifica in relazione alla Genesi. In sostanza, quindi, un antievoluzionista può essere anche ateo.
Qual è la situazione dell’anti-evoluzionismo in Italia, oggi e come è organizzata la comunità che ne sottoscrive i principi?
Il movimento antievoluzionista è in crescita nell’ambito degli studiosi ed è, in questo momento, fermo sotto l’aspetto dell’azione. La realtà è che la cultura in Italia è bloccata ed è gestita da una lobby. Faccio un esempio avvenuto nel 2012: la lobby degli evoluzionisti non ha permesso la venuta in Italia del prof. Lonnig, capo ricercatore al Max Planck Institute di Francoforte. Il professore fu invitato dall’università di Bergamo per un confronto sulla TdD ma venne fatto saltare tutto nel momento stesso in cui si scoprì la posizione del professore. E cosa dire del fatto che l’ateo più importante al mondo del ‘900, Antony Flew, convertitosi nel 2004 al teismo non sia citato da nessuna parte in Italia? Faccio presente che prima della sua conversione al teismo era sempre citato come illustre personalità accademica.
E come non citare J. Sanford, genetista di fama mondiale, ateo e evoluzionista che, studiando il genoma umano, è divenuto creazionista? Il suo libro sul DNA ha dimostrato l’inesistenza dell’evoluzione e che al contrario il nostro DNA si sta degenerando, cioè perdendo informazione genetica.
Durante un suo intervento, la critica più forte che avanza al darwinismo è che non sia effettivamente “scientifico” ma che manchi di prove concrete a suo sostegno. Cosa intende per prove concrete?
Una teoria scientifica deve essere falsificabile. Con il neodarwinismo non è possibile, quindi non è scienza. Inoltre tutte le predizioni della teoria non si sono verificate, anzi, sono state confutate. La cellula è tutt’altro che altro che essere semplice, è talmente complessa che la sua origine non ha spiegazione. Mancano i famosi fossili di transizione tra una specie e un’altra. Insomma, di fatti scientificamente validi a sostegno di quanto scrisse Darwin non ve ne sono. Basta leggere le dichiarazioni degli stessi evoluzionisti per averne dimostrazione.
La più chiara è sicuramente quella del genetista di Harvard Richard Lewontin, “Noi difendiamo la scienza nonostante l’evidente assurdità di alcune delle sue affermazioni e la tolleranza della comunità scientifica per delle favole immaginarie, […] Perché abbiamo un impegno materialista aprioristico, […] Non è che i metodi e le istituzioni della scienza ci obbligano ad accettare una spiegazione materialista dei fenomeni, ma al contrario, siamo costretti dalla nostra adesione aprioristica alle cause materiali… Questo materialismo è assoluto, perché non possiamo permettere l’accesso a Dio.”
Ecco quanto è valida scientificamente la teoria di Darwin. Ma prendiamo anche un altro importante scienziato evoluzionista, colui che è stato importantissimo nel processo contro l’insegnamento dell’Intelligent Design nelle scuole americane, ovvero il prof. di filosofia e zoologia M. Ruse: “L’evoluzione viene promossa dai suoi praticanti come più che solo scienza. L’evoluzione viene promulgata come una ideologia, una religione secolare—una completa alternativa al cristianesimo, con significato e moralità. Sono un evoluzionista fervente ed ex-cristiano, ma devo ammettere […] che chi si attiene alla lettera ha assolutamente ragione. L’evoluzione è una religione”. Sono gli evoluzionisti che devono dimostrare di avere delle prove, [..] E come si è appena accennato, sono i primi a sapere di non averle.”
“Con Darwin prese piede il pensiero degli ideali borghesi e di ricerca di fondamenti per il loro modello di sviluppo—L’idea di progresso implicava la convinzione della superiorità dell’uomo ‘civile’ rispetto all’uomo ‘selvaggio’.”
Lei dice che le specie, nella storia, sono sempre comparse e scomparse restando uguali a loro stesse, non evolvendosi. Esclude anche parentele tra animali? Il fatto che, per esempio, il patrimonio genetico umano sia al 97% uguale a quello dell’orango, è prova secondo lei di almeno una parentela tra specie?
Prima questione da affrontare: cosa si intende per parentela? Gli ultimi studi dicono che è al 94%, la parentela con l’orango, ma ci si dimentica di dire che abbiamo il 90% dei geni in comune con i coralli marini, il 95% simili alla la fragola, il 97% al ratto. Vado avanti? Non credo serva. Il riduzionismo scientifico credo stia portando a errori grossolani. Io faccio sempre un esempio nei miei convegni. Prendiamo il DNA, ogni specie vivente ne è dotato. Per gli evoluzionisti è una prova a sostegno della loro idea, per i creazionisti è una tesi a favore di Dio vista l’iper-complessità. La realtà è che il DNA esiste ed è un fatto e che evoluzionisti e creazionisti interpretano in relazione alla loro fede di appartenenza: materialista gli evoluzionisti, trascendentale i creazionisti!
Nei suoi interventi collega il darwinismo al colonialismo, qual è la sua tesi in merito?
Non è la mia tesi, ma un fatto. Con Darwin prese piede il pensiero degli ideali borghesi e di ricerca di fondamenti per il loro modello di sviluppo. L’idea di progresso implicava la convinzione della superiorità dell’uomo “civile” rispetto all’uomo “selvaggio”: l’uomo evolvendosi produceva una società più evoluta e quindi aveva il “diritto” di sottomettere le civiltà ritenute inferiori.
Tale pensiero ipotizzava che lo sviluppo di ogni società umana avvenisse secondo un unico modello e che non era possibile che esistesse un processo storico discontinuo e differenziato. Ciò che in realtà si osserva nel campo storico è che il progresso non è necessario e tantomeno continuo, la storia procede a salti e poche volte è cumulativa. Se in alcune società accadeva qualcosa, in altre il nulla era la normalità. Ogni società che si “sposta” verso la nostra ci sembra attiva e progredita, mentre quelle che divergono dal nostro modello ci sembrano involute o stazionarie. Ancora oggi avviene questo processo che provoca guerre.

A questo proposito, il darwinismo nasce in un determinato periodo storico. Crede che l’evoluzionismo oggi sia ancora incline a un pensiero razzista? Perché?
La TdD è la base del razzismo: uno degli scopritori del DNA, il premio Nobel James Watson evoluzionista nel 2007 ha dichiarato al Sunday Times che i neri “non sono intelligenti come i bianchi”; comunque basta leggere il testo originale per comprendere cosa pensava Charles Darwin sulle razze e le donne.
Nel suo intervento, nomina anche la ‘teoria gender’. A suo avviso il pensiero evoluzionista è in qualche modo responsabile di una società più progressista?
Assolutamente si, la teoria di Darwin parte da una logica per cui tutto è variabile, tutto è progresso (come spiega Herbert Spencer) e quindi tutto è relativo. La ‘teoria gender parte’ da questo presupposto. All’origine parlavano di monosesso, cioè che l’evoluzione avrebbe portato a una specie basata su un unico sesso, ora sono un po’ confusi e parlano di non sesso, di scelta… non si sa bene. Ma resta un fatto, perché la scienza, quella vera, è verificabile e falsificabile: uomo e donna sono definiti con i cromosomi ecco come capire subito a quale sesso si appartiene.
Infine, invita il suo pubblico a pensare “fuori dagli schemi”, dove, da quel che dice, gli schemi corrispondono al pensiero dominante evoluzionista. Non crede che il creazionismo—teoria ovviamente più antica del darwinismo—possa essere a sua volta considerato uno schema imposto?
I creazionisti sono onesti e senza nessun problema dicono: “il nostro è un atto di fede”. Gli evoluzionisti no, fanno passare tutto come un fatto scientifico, lo impongono sui libri di testo con falsi come Lucy (è solo una scimmia), con l’esperimento di Miller per la creazione della vita (Spallanzani ha dimostrato che la vita nasce solo da altra vita, ma sui libri non lo troviamo), con la teoria della ricapitolazione (definita la più grande frode scientifica). La teoria di Darwin è una grande favola al servizio del modello politico ideologico dominante che si basa sul materialismo. I fatti non sostengono nulla di realmente dimostrabile a sostegno della teoria.
NdA: Come ho esposto allo stesso Fratus in sede di intervista, il mio punto di vista è considerevolmente diverso dal suo. La cosa che mi colpisce di più del confronto con la teoria antievoluzionista è il fatto che critichi il darwinismo per la matrice materialista di cui è infuso. Il pensiero materialista è indubbiamente criticabile, per quanto, forse, più da un punto di vista filosofico e politico che meramente scientifico o, meglio, proprio perché tende a escludere un discorso culturale dall’analisi sull’esistenza. Eppure, dalle parole di Fratus, ho l’impressione che, in qualche modo, il suo discorso sorrida a sua volta a una semplificazione materialista della natura umana, o, forse, riduzionista.
Confrontarmi con il pensiero antievoluzionista ha aperto una specie di baratro semantico nel mio cervello. Ma immagino che questo, se non altro, resti il bello di ogni dibattito.
Giulia Trincardi per Motherboard


Che assurdità
https://www.youtube.com/watch?v=uT9WCh_NTF0


Commenti

Alberto Pento
L'evoluzionismo è una teoria meravigliosa, che dà un senso alla vita, all'universo, alla creazione. Non vi è alcuna contraddizione tra creazionismo ed evoluzionismo che altro non è che un perfezionamento della elementare teoria creazionista della Bibbia.

Il Talebano
La Bibbia non è un poema cosmogonico di una qualunque saga norrena o mesopotamica, ma un libro sacro o, per dirla come la si diceva nemmeno troppo tempo fa, IL libro sacro a partire dal cui nucleo si sono sviluppate le cinque maggiori religioni della storia dell'umanità (e non ce ne voglia Mitra). Definirne un contenuto "teoria elementare" è, esagerando un po', come imputare a un vino l'abbinarsi male a un ventilatore: sono su piani diversi (teologico ed epistemiologico), rispondono a domande diverse e si pongono fini diversi (o, almeno, dovrebbero).
In questo senso, e a nostro avviso solo in questo, sono coniugabili. E infatti abbiamo molto apprezzato che, finalmente, qualcuno abbia colto la non – ab origine – contradditorietà delle due sentenze

Fabrizio Fratus
Il Talebano se la teoria di Darwin fosse vera sarebbe la dimostrazione dell'esistenza di DIO, ecco come possono essere accostate cristianesimo e darwinismo. La TdD ha così tanta necessità di continui e ripetuti miracoli che solo DIO potrebbe mettere in atto quanto supposto dai naturalisti.

Patrizia Biglino
...è possibile avere qualche titolo di libri,per approfondire l'argomento su antievoluzionismo?...

Il Talebano
Certamente, qui di seguito libri, dvd e manuale di biologia
http://www.origini.info/shop/26-charles ... rcole.html
http://www.origini.info/shop/55-evoluzi ... itico.html
http://www.origini.info/shop/252-i-tall ... zione.html
http://www.origini.info/shop/133-la-teo ... liore.html
http://www.origini.info/shop/167-inchie ... nismo.html
CHARLES DARWIN. OLTRE LE COLONNE D'ERCOLE
A.I.S.O è l'acronimo di Associazione Italiana…
origini.info

Franco Profico
L' evoluzionismo è solo una "teoria" e non è mai diventata REALTÀ , quindi resta una BUFALA

Il Talebano
In realtà, – non in quanto "teoria", bensì in quanto "teoria scientifica" – l'evoluzionismo (o il darwinismo, a seconda) è una tesi falsificabile, ma non verificabile.
Fosse stato un enunciato filosofico, sarebbe stato solo verificabile e non falsificabile. E a questo sono convenute persone molto più intelligenti di noi, in tempi lontani.
A questo punto, la questione, "meramente" epistemiologica, si sposta sulla dimostrazione scientifica della fallacia dell'evoluzionismo. È un lavoraccio, ma un po' stiamo facendo.

Matteo Perini
Molto interessante l'analisi sociopolitica, ma:
- non è vero che la teoria di Darwin non sia del tutto falsificabile: disseppellite un fossile umano vicino a quello di un dinosauro, e sarà falsificata.
- le mutazioni del DNA (per non dire inversioni, duplicazioni, traslocazioni di geni ecc) possono facilmente creare nuova informazione, non è questione di "eliminare" e basta. Se abbiano il gene X (rodopsina) per vedere il colore rosso, esso può sdoppiarsi e una delle due copie muta fino a recepire il colore blu. Così aumenta la complessità

Fabrizio Fratus
é stato trovato materiale organico di dinosauro e non dovrebbe esistere, e comunque questa non una "falsificazione della teoria" - possono facilmente creare nuove informazioni??? E dove sarebbero? Questa non è una castroneria ma una sciocchezza incredibile, tanto che J. Sanford, genetista di fama mondiale, ha pubblicato per la Cornell University 23 lavori assieme ad altri scienziati dove dimostra che il DNA da sempre è in fase di degenerazione e si perde costantemente informazione. Il problema di creare nuova informazione tramite le mutazioni positive direi che è immenso e l'esperimento Lensky lo ha dimostrato, anche lo scienziato evoluzionista ha ammesso che nessuna nuova informazione è stata aggiunta.

Matteo Perini
Grazie per la risposta.
Relativamente alla "castroneria":
nel momento in cui il sito attivo di un enzima cambia (per delle mutazioni nella sequenza del relativo gene) cambia anche la sua funzione, e in questo senso è una nuova informazione. Se cambia la struttura di un canale, cambia anche la sua permeabilità.
Spesso in biologia molecolare si dice "la forma è informazione"; questo intendevo.
La ringrazio per le referenze, mi informerò con piacere

Fabrizio Fratus
Matteo Perini Spesso in biologia molecolare si dice "la forma è informazione"; questo intendevo. Ma in realtà si sa che è tutto scritto nel codice genetico. Nessuno scienziato evoluzionista è in grado di provare nuove informazioni date da mutazioni. Stefano Bertolini risponde a la Voce: Si pone un nuovo quesito: il neodarwinismo sostiene che nuove informazioni genetiche foriere di maggiore complessità nascano da mutazioni positive. Ad oggi quali sono gli esempi più importanti a sostegno di questa spiegazione?

“Sono rimasto sorpreso nel leggere che il prof. Ferraguti parli di selezione naturale in grado di selezionare le mutazioni. Mi sembrava fosse una cosa conosciuta da tutto il mondo scientifico che la selezione naturale non può agire direttamente sul genotipo, ma solo sul fenotipo. Non solo il progetto ENCODE ha completamente confutato il concetto fondamentale per l’evoluzione, che il DNA spazzatura non esiste, ma che addirittura il 95% delle trascrizioni funzionanti non indicano alcuna evidenza di pressione selettiva. (Encyclopedia of DNA Elements pilot project, Birney, E., et. al., Identification and analysis of functional elements in 1% of the human genome by the ENCODE pilot project, Nature 447: 799–816, 2007.) Mutazioni non vengono conservate dalla selezione naturale: mutano con un andamento medio. L’evoluzione necessità matematicamente di DNA spazzatura, insistendo che il 97% è non-funzionante, cioè spazzatura. Il progetto ENCODE ha scoperto che più del 98% è funzionante e le parti non codificanti sono addirittura più importanti, così crolla anche questa icona dell’evoluzione. Quando Ferraguti parla dell’evoluzione degli spinarelli è interessante che per la sua dichiarazione “Alcune di queste varianti genetiche erano già presenti nelle popolazioni ancestrali”, perciò cosa centra l’evoluzione? Per quanto le “mutazioni nuove”, l’antievoluzionista non nega l’esistenza di mutazioni, solo il fatto che queste aggiungono nuove funzioni, perché i spinarelli sono rimasti spinarelli! Come i fringuelli possono produrre nuove specie di fringuelli e zanzare nuove specie di zanzare (esempio del Culex molestus nelle gallerie del metro di Londra che sono rimaste isolate dalla popolazione parentale in superficie (Culex pipiens), ma sono sempre rimaste zanzare!)” https://iltalebano.com/2012/04/20/il-pr ... -dibattito
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Evoƚousion/raxon e creasion/fede no ƚe se dà contro

Messaggioda Berto » lun ago 07, 2017 3:09 pm

Se la materia può spiegare tutto, basta a tutto, che bisogno abbiamo di un Dio creatore?
L'evoluzionismo secondo de Chardin apre nuovi scenari ma non di rottura tra teologia e scienza
2017/08/07

https://it.aleteia.org/2017/08/07/mater ... luzionismo

Davvero la materia può spiegare tutto? E se così fosse non ci sarebbe bisogno di pensare ad un Dio creatore? Il grande teologo, paleontologo e gesuita francese Teilhard de Chardin rovescia questa tesi dando vigore ad una nuova tesi evoluzionista.
Come spiega Giovanni Ivano Sapienza, autore di “L’unione creatrice. Amore e creazione secondo Teilhard de Chardin” (Ed. La Zisa), la riduzione del mondo a particelle semplice, non riesce a cancellare l’esistenza a monte di Dio.

«Gli sviluppi dell’atomismo e degli studi teorici e sperimentali sulla granularità della materia non hanno conseguito altro scopo se non quello di rendere la materia, con i suoi tratti di fisicità, estensione, tangibilità, dimensione, visibilità ecc. per i quali appunto la materia viene da noi ritenuta tale, come del tutto irriconoscibile rispetto a se stessa. Non hanno dato allo studioso che i “termini impoveriti” della sintesi, che della “polvere” evanescente, “la quale si sparpaglia fra le sue dita”».

DISGREGAZIONE PROSSIMA AL NULLA

Un’infinita disgregazione prossima ai confini del nulla, sentenzia il teologo, «una miriade di particelle evanescenti sulle cui proprietà non è concesso di andare al di là di mere illazioni probabilistiche».

«Il dominio della materia per mezzo della dissociazione analitica è pervenuto alla nullificazione della materia in quanto tale, all’impossibilità di una sua concreta misurabilità e determinazione, con la conseguenza di allontanare dall’ipotesi materialista molti spiriti dediti alla ricerca scientifica».

L’UNIONE ESTERNA AL DIVENIRE

Secondo de Chardin l’essere mondano è dunque necessariamente pensabile in quanto posto da una trascendenza, perché la sua stessa esistenza non è in grado di spiegare né l’esistenza del sostrato materiale alla base del divenire, né la realtà ontologica del divenire medesimo».

E così che il gesuita arriva a teorizzare una nuova forma di evoluzionismo che “collega” un’entità “sovrana” e il divenire.

«Sia il sostrato originario che l’accrescimento entitativo dei fenomeni naturali, volti a una sempre maggiore pienezza ontologica e spirituale, per il tramite dell’accorpamento complessificante ed evolutivo, vengono dunque fatti risiedere, secondo il padre Teilhard, in un fattore unitivo esterno al divenire, ma a esso cooperante, ai fini di un accrescimento d’essere che è concomitante col potere di accorpamento e di complessificazione delle monadi materiali più elementari, in di- rezione di una sintesi futura».

PRIMA DELLA DISSOCIAZIONE

Pertanto l’Universo, inteso come una cosmogenesi, cioè come universo in evoluzione, deve dunque avere avuto un’origine, un istante iniziale immediatamente seguente a uno stato di dissociazione estrema e di estrema disintegrazione antecedente al moto di unificazione.

«Se infatti dal Presente al Futuro il Cosmo si presenta come accorpamento crescente e incremento d’essere, è lecito supporre, se ricostruiamo il movimento unitivo al contrario, dal Presente al Passato, un istante iniziale che segna l’origine del mondo. L’evoluzione dunque implica un’origine, un istante zero».

L’AZIONE CREATRICE DI DIO

La scienza non potrà mai dimostrare sperimentalmente che è esistito un istante in cui l’Universo non era e poi è passato all’essere.

L’azione creatrice di Dio, che pone i fenomeni, è al di fuori di essi, al di fuori, considerata nella sua trascendenza, della catena fenomenica delle cause seconde.


Alberto Pento
Sicuramente la materia non può spiegare tutto ma è altrettanto vero che i vari idoli delle varie religioni, cristianismo compreso, non spiegano e non possono spiegare assolutamente nulla. Dio è certamente altro sia dalla materia della scienza che dagli idoli delle religioni.
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