Corruzione italo veneta nel Veneto

Corruzione italo veneta nel Veneto

Messaggioda Berto » mer giu 04, 2014 6:56 pm

Corruzione italo veneta nel Veneto
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... f=22&t=881


Xe da dir ke łi skei ke łi ga robà sti ładroni de “venet-tałiani” no łi xe skei tałiani ma veneti; na megnoła parte de tuto coel ke łi tałiani łi ne roba ogni ano.


Immagine


Venezia, arrestato il sindaco Orsoni - «A Galan denaro e lavori in villa»

http://www.corriere.it/cronache/14_giug ... 6e18.shtml

Corruzione, concussione, riciclaggio. Il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni (eletto nel 2010 nella coalizione di centro sinistra) è stato arrestato nell’inchiesta della Procura di Venezia nell’ambito delle indagini sull’ex ad della Mantovani Giorgio Baita e gli appalti per il Mose, il sistema di dighe mobili progettato per difendere Venezia dall’acqua alta. La Procura avrebbe chiesto l’arresto anche dell’ex governatore e ministro Giancarlo Galan, attualmente parlamentare, per il quale è necessario il via libera dell’apposita commissione.

Arrestati in 35
A vario titolo, sono finite in manette 35 persone e un altro centinaio sarebbero gli indagati. Tra le persone arrestate anche l’assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso (Fi), il consigliere regionale del Pd Giampiero Marchese, gli imprenditori Franco Morbiolo e Roberto Meneguzzo nonché il generale in pensione Emilio Spaziante.

Giancarlo Galan
Le somme contestate: soldi e ville ristrutturate


Il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni è accusato di aver ricevuto finanziamenti illeciti dal Consorzio Venezia Nuova per le elezioni comunali di Venezia del 2010 dove era candidato sindaco del Pd. La somma contestata nel 2010 è di 110 mila euro (ma ci sarebbero altre contestazioni per un totale di circa 400 mila euro) versata dal Consorzio senza che fosse preventivamente deliberata dagli organi competenti e messa a bilancio come finanziamento elettorale. La somma, secondo la procura, sarebbe stata invece versata attraverso un giro di fatture per operazioni inesistenti.
Giancarlo Galan, allora presidente della Regione Veneto, è invece accusato di corruzione per aver, fra l'altro, ricevuto 200 mila euro da Piergiorgio Baita del gruppo Mantovani per accelerare le procedure di approvazione di project financing di Adria infrastrutture. Si sarebbe fatto inoltre ristrutturare la villa di Cinto euganeo attraverso il gruppo Mantovani.

«Accuse poco credibili»
Un tempestivo chiarimento della posizione di Giorgio Orsoni: è l’auspicio espresso dal collegio di difesa del sindaco di Venezia, formato dagli avvocati Daniele Grasso e Mariagrazia Romeo, che definiscono poco credibili le vicende contestate. «La difesa del prof. Orsoni - rilevano i legali - esprime preoccupazione per l’iniziativa assunta e confida in un tempestivo chiarimento della posizione dello stesso sul piano umano, professionale e istituzionale. Le circostanze contestate nel provvedimento notificato paiono poco credibili, gli si attribuiscono condotte non compatibili con il suo ruolo ed il suo stile di vita. Le dichiarazioni di accusa vengono da soggetti già sottoposti ad indagini, nei confronti dei quali verranno assunte le dovute iniziative».

«Un sistema di intrecci e corruzione»
«L’inchiesta Mose delinea un inquietante sistema di intrecci e corruzione». È il commento del sindaco di Vicenza Achille Variati riguardo all’inchiesta della procura lagunare che ha portato all’arresto, tra gli altri, del sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e dell’assessore regionale Renato Chisso. «Questa è una delle molte ragioni per cui dopo vent’anni è evidente la necessità di cambiare il governo della regione».

«Le procedure non permettevano controllo»
«Sì, ammetto, sono stupito. Ho sempre contestato le procedure assunte per dare il via ai lavori del Mose, ma non pensavo certo a provvedimenti della magistratura nei confronti dell’attuale sindaco». Così l’ex sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, intervistato da Radio Cittá Futura dopo i 35 arresti per presunte tangenti sul Mose. «Le mie posizioni -ha aggiunto Cacciari- sono da molto tempo conosciute, agli atti. Da sindaco, durante i governi Prodi e Berlusconi avviai un processo di discussione e verifica ed in tanti passaggi ebbi modo di ripetere che le procedure assunte non permettevano alcun controllo da parte degli enti locali e che il Mose si poteva fare a condizioni più vantaggiose. L’ho ripetuto milioni di volte, ma senza essere ascoltato. Negli anni del governo Prodi, all’ultima riunione del comitatone, che diede il via libera al proseguimento dei lavori del Mose -ha ricordato Cacciari- fui l’unico a votare contro, con il solo sostegno di una parte del centrosinistra. Da allora non me ne sono più interessato».
La tangentopoli del Veneto
Gli arresti eccellenti in Veneto partono da un’inchiesta della Guardia di finanza di Venezia avviata circa tre anni fa. Il pool di pm Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonino (Dda) ha scoperto che l’ex manager della Mantovani Giorgio Baita, con il beneplacito del proprio braccio destro Nicolò Buson, aveva spostato dei fondi relativi al Mose in una serie di fondi neri all’estero. Il denaro, secondo l’accusa, veniva portato da Claudia Minutillo, imprenditrice ed ex segretaria personale di Galan, a San Marino dove i soldi venivano riciclati da William Colombelli grazie alla propria azienda finanziaria Bmc. Le Fiamme gialle avevano scoperto che almeno 20 milioni di euro, così occultati, erano finiti in conti esteri d’oltre confine e che, probabilmente, erano indirizzati alla politica, circostanza che ha fatto scattare l’operazione di mercoledì mattina all’alba.

I primi arresti
Dopo questa prima fase, lo stesso pool, coadiuvato sempre dalla Finanza, aveva portato in carcere Giovanni Mazzacurati ai vertici del Consorzio Venezia Nuova (Cvn). Mazzacurati, poi finito ai domiciliari, era stato definito «il grande burattinaio» di tutte le opere relative al Mose. Indagando su di lui erano spuntate fatture false e presunte bustarelle che hanno portato all’arresto di Pio Savioli e Federico Sutto, rispettivamente consigliere e dipendente di Cvn, e quattro imprenditori che si spartivano i lavori milionari.
Zaia: «Sospesi i dipendenti, ma io non mi dimetto»
Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, dopo gli arresti relativi all’inchiesta sul Mose, ha ritirato le deleghe all’assessore Renato Chisso, fermato stamattina dalla Gdf. Ad annunciarlo lo stesso governatore, che ha anche sospeso i tre dipendenti della Regione coinvolti. «Non è stato un buon risveglio. Non nego che mi sono tornati in mente i tempi in cui molti di noi erano ragazzi, inizio anni ‘90. Ne vien fuori uno spaccato inquietante. I tribunali fanno il loro mestiere e son gli unici a giudicare i cittadini. Spero che in tempi brevi ognuno possa chiarire la sua posizione nell’interesse dei veneti e dei singoli», ha detto in conferenza stampa commentando il caso. «Dall’ordinanza viene fuori un quadro che, se confermato, per me è nuovo e che si ripresenta come tale perché è molto articolato», ha spiegato Zaia, che non ha alcuna intenzione di dimettersi perché non è coinvolto in alcun modo: «L’unico che si è fatto risonanza magnetica e tac, e che ha fatto tutti i controlli è qui che vi parla», ha chiarito dichiarando la sua estraneità alla vicenda. Una vicenda che «lascia l’amaro in bocca, ma non mi sento assolutamente colpe da espiare».
4 giugno 2014 | 08:04




Inchiesta sulle dighe mobili di Venezia, arrestato il generale casertano Spaziante
E' stato a capo della Finanza, preso dai suoi stessi colleghi. Nell'operazione finiti in manette politici e imprenditori

http://corrieredelmezzogiorno.corriere. ... 3347.shtml

VENEZIA - C'è anche un casertano tra i nomi eccellenti dei 35 arrestati dalle Fiamme Gialle e gli oltre 100 indagati nell' inchiesta della Procura di Venezia sulle presunte tangenti pagate per gli appalti del Mose, il sistema di dighe mobili per la salvaguardia di Venezia. L'operazione ha visto coinvolto anche il generale della Finanza Emilio Spaziante insieme all'assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso, al sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, il consigliere regionale Pd Giampietro Marchese, il presidente del Coveco, cooperativa impegnata nel progetto Mose, Franco Morbiolo, l'amministratore della Palladio Finanziaria spa, Roberto Meneguzzo. C'è inoltre una richiesta di arresto anche per il senatore di Fi Giancarlo Galan, ex presidente della Regione Veneto che nel 2003 ha posto la prima pietra del Mose. Dalla corruzione alla concussione e riciclaggio, l'esito dell'indagine della Finanza partita tre anni fa e che lo scorso anno ha portato all'arresto di Piergiorgio Baita, della società padovana di costruzioni, Mantovani e a quello di Giovanni Mazzacurati, l'ingegnere del Mose.



Galan e Chisso a libro paga per milioni. L'ex ministro: io totalmente estraneo
http://corrieredelveneto.corriere.it/ve ... 9969.shtml

Dalle carte dell'ordinanza fatti sconcertanti. Tra gli indagati anche l'ex segretario di Tremonti, Milanese, pagato per accelerare i lavori del Mose

VENEZIA - Magistrati delle Acque a libro paga, politici con conti nei paradisi fiscali dietro l'angolo, fondi neri per accelerare lo sblocco dei finanziamenti per il Mose. Ce n'è per tutti nelle carte dell'ordinanza che ha portato agli arresti eccellenti per i lavori del Mose. Si parte dai «vecchi» nomi coinvolti nell'inchiesta, il filone precedente che aveva portato all'arresto di Piergiorgio Baita e Giovanni Mazzacurati. Nella nuova inchiesta ci sono infatti anche i «pentiti» Baita, Buson, Mazzacurati, Minutillo, Savioli e Voltazza. Tra gli indagati anche l'ex segretario della Sanità Giancarlo Ruscitti, l'ex consigliere di Tremonti Marco Mario Milanese, Duccio Astaldi. Dalle carte si scopre che Mazzacurati e Sutto nel 2010 avrebbero consegnano di persona 50 mila euro al sindaco Orsoni, per finanziare illecitamente la campagna elettorale. Nel 2010 la campagna elettorale del sindaco di Venezia arrestato nell'inchiesta, sarebbe stata finanziata in tutto con 500mila euro ottenuti in modo illecito.

Il capitolo delle campagne elettorali finanziate illecitamente è ricchissimo. Duecentomila euro sarebbero stati dati alla parlamentare europea uscente Lia Sartori. Mezzo milione di finanziamenti illeciti alle campagne elettorali sarebbero stati dati a Giampietro Marchese. Poi c'è la corruzione: il funzionario regionale Giuseppe Fasiol sarebbe stato fatto collaudatore del Mose in cambio dei via libera ai progetti della Mantovani. Vittorio Giuseppone, magistrato della Corte dei Conti di Roma, sarebbe stato corrotto per ammorbidire i controlli del Mose. Poi le date precise, frutto di indagini e appostamenti: la consegna, nel 2011, all'hotel Laguna Palace di Mestre da parte di Baita di 250 mila euro all'assessore Chisso. Nel 2005 50 mila euro sarebbero stati versati in un conto dell'ex governatore Giancarlo Galan aperto a San Marino. Sempre nel 2005 l'ex segretaria di Galan, Claudia Minutillo, avrebbe consegnato 200 mila euro a Galan all'hotel Santa Chiara di Venezia.

Poi la «bomba»: la Mantovani avrebbe pagato i lavori di restauro della villa di Galan a Cinto Euganeo per oltre un milione di euro. Non solo: Galan e Chisso sarebbero diventati soci occulti della Adria Infrastrutture per poter partecipare agli utili della società. Lo stesso Chisso sarebbe stato «stipendiato» per dare i nulla osta regionali al Mose con 200/250 mila euro l'anno per oltre dieci anni. E Galan avrebbe ricevuto dal 2005 al 2011 da Giancarlo Mazzacurati presidente del Cnv, anche tramite l'assessore Renato Chisso, uno stipendio annuo di un milione di euro. Quanto alla corruzione, Mazzacurati avrebbe consegnato mezzo milione di euro a Milanese, consigliere di Tremonti, per avere fondi Cipe per il Mose, mentre i due presidenti del Magistrato alle Acque, Cuccioletta e Piva, sarebbero stati a libro paga del Consorzio con 400 mila euro l'anno per non ostacolare il Mose.

Nel pomeriggio la replica dell'ex ministro ed ex governatore Giancarlo Galan: «Mi riprometto, di difendermi a tutto campo nelle sedi opportune con la serenità ed il convincimento che la mia posizione sarà interamente chiarita. Chiederò di essere ascoltato il prima possibile con la certezza di poter fornire prove inoppugnabili della mia estraneità». E ancora: «Dalle prime informazioni che ho assunto e da quanto leggo sui mezzi d'informazione, nel dichiararmi totalmente estraneo alle accuse che mi sono mosse, accuse che si appalesano del tutto generiche e inverosimili, per di più, provenienti da persone che hanno già goduto di miti trattamenti giudiziari e che hanno chiaramente evitato una nuova custodia cautelare».

04 giugno 2014 Alberto Zorzi Davide Tamiello


Inchiesta sul Mose, indagato l’ex ministro Altero Matteoli
http://nuovavenezia.gelocal.it/cronaca/ ... -1.9313064

I pm veneziani spiccano un avviso di garanzia e inviano il fascicolo al tribunale dei ministri: notizie di reato legate ai lavori per la salvaguardia di Venezia nel periodo in cui era titolare del dicastero dell’Ambiente e delle Infrastrutture.

VENEZIA. L’ex ministro Altero Matteoli è indagato nella maxi-inchiesta sulla Mantovani e sul Consorzio Venezia Nuova, per alcuni atti compiuti nel periodo in cui era ministro.
Il senatore di Forza Italia-Pdl, 74 anni, livornese di Cecina, è stato raggiunto da un avviso di garanzia emesso dalla Procura di Venezia e trasmesso, per competenza, al tribunale dei ministri. I fatti che gli vengono attribuiti risalgono al periodo in cui il politico era ministro dell’Ambiente e delle Infrastrutture dei governi Berlusconi.
I magistrati lagunari - Stefano Ancilotto, Paola Tonini e Stefano Buccini – che indagano sull’impianto a dighe mobili per la salvaguardia di Venezia e sugli intrecci della impresa Mantovani hanno deciso di emettere l’avviso di garanzia perché il suo nome sarebbe emerso dalle numerose deposizioni di testimoni e indagati.
Nel febbraio 2013 erano finiti in carcere Piergiorgio Baita, Claudia Minutillo, Nicolò Buson e William Colombelli per le false fatture Mantovani; a luglio era stato l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati ed altri manager.
Sulla vicenda in procura vige il massimo riserbo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Corousion taliana ente la tera veneta

Messaggioda Berto » mer giu 04, 2014 7:00 pm

Baita

Mantovani ha riacquistato le quote di Baita
Le azioni tornano a Chiarotto, il neo presidente Damiano spiega l’operazione. Intanto la Finanza contesta all’ingegnere nuove fatture per 1,5 milioni
http://corrieredelveneto.corriere.it/ve ... 2023.shtml

PADOVA — Piergiorgio Baita è fuori dalla Mantovani. La Serenissima Holding ha infatti acquisito le quote che possedeva l'ex presidente prima della bufera giudiziaria che lo ha investito e per la quale ha patteggiato un anno e 10 mesi. Lo conferma l'attuale presidente della Mantovani, l'ex questore Carmine Damiano: «E' vero, la famiglia Chiarotto ha ripreso le quote societarie detenute da Baita e che valevano due milioni e mezzo di euro, da cui sono stati detratti i dividendi, è una procedura standard che non prevede alternative - spiega - Baita si era dimesso e quelle quote, che in virtù del suo ruolo erano privilegiate, sono state trasformate in ordinarie, come prevede lo statuto... Ricordiamo che su quelle quote era stato effettuato un sequestro preventivo da parte della procura, ed erano state affidate a un custode giudiziario nominato dal giudice. Ora la famiglia Chiarotto ne rientra in possesso, Baita è fuori e noi dobbiamo voltare pagina».

Ma le grane giudiziarie non sembrano essere finite qui. Il Nucleo tributario della Guardia di Finanza di Padova ha chiuso un'altra parte dell'inchiesta che riguarda il 2004, e che avrebbe portato allo scoperto l'ulteriore presenza di false fatture per un valore di circa un milione e mezzo di euro. Si tratta di false fatturazioni eseguite sull'acquisto di sassi per realizzare il Mose. Una prassi contestata anche per gli anni successivi (la verifica fiscale arriva fino al 2011) ma che per l'anno d'imposta del 2004 rischiavano di finire in prescrizione. Pertanto i finanzieri hanno chiuso la parte di competenza del 2004 depositando gli atti ancora una volta alla procura di Venezia, che aveva aperto il procedimento e alla quale ora spetta la decisione di scegliere in che direzione andare: o istruire un nuovo fascicolo o valutarne la continuità con quello precedente. Insomma è presto per capire se Baita dovrà subire un nuovo processo anche per questa contestazione, o se il tutto verrà risolto in una questione amministrativa. Ma non è finita qui perché ancora continuano le verifiche su altre fatture di oltre 50milioni di euro emesse nel corso degli anni nei confronti di una società estera dalla quale Mantovani ha acquistato i sassi.

Si tratta di una società canadese in contatto con quella croata che ha fornito il materiale per i basamenti del Mose. Una «triangolazione», questa, che è apparsa sospetta agli investigatori e sulla quale è stata chiesta la collaborazione delle autorità locali, da cui ora si attende una risposta. Si tratta di approfondimenti che emergeranno nel corso del tempo e dei quali l'attuale management di Serenissima Holding e della sua controllata Mantovani sono a conoscenza. Tanto che la questione è stata posta anche a bilancio, con un accantonamento di venti milioni di euro. Il dettaglio è specificato nel verbale di assemblea di Serenissima, riunitasi il 21 giugno dello scorso anno per approvare il bilancio di esercizio 2012: «Il risultato di esercizio del comparto, pari a 11,7 milioni di euro, rispetto ai 29,7 del 2011, è gravato da oneri straordinari estranei alla gestione, determinati dagli eventi che hanno interessato esponenti aziendali di Mantovani».

Ecco quindi il prezzo che la Holding accantona per far fronte alle nuove «tegole» che potranno emergere dalla verifica fiscale della Finanza nei prossimi mesi. L'inchiesta aveva visto coinvolti, oltre a Piergiorgio Baita, Claudia Minutillo (Adria Infrastrutture), Nicolò Buson, direttore finanziario, e William Colombelli con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata all'emissione di false fatture. Baita ha patteggiato un anno e 10 mesi, Minutillo un anno e 4 mesi, come pure Colombelli. Un anno e due mesi per Buson. Ai quattro sono stati confiscati complessivamente 400mila euro, 100mila a testa. Il gruppo Serenissima Holding ha sottoscritto un accordo di rientro con l'Agenzia delle entrate pari a circa 5 milioni per Mantovani e un milione per Adria Infrastrutture. La famiglia Chiarotto sta ancora valutando una causa di risarcimento nei confronti dell'ex presidente.

23 dicembre 2013 - Roberta Polese




Fatture false e fondi neri, i fili fra l’Ingegnere e Baita
http://www.traforo.it/fatture-false-e-f ... re-e-baita

di Carlo Mion

Una cosa certa emerge dalle inchieste della Procura di Venezia su grandi opere e malaffare in Veneto: chi voleva partecipare al business doveva contribuire a creare fondi neri, attraverso fatture false prodotte da società cartiera fatte nascere ad hoc. Le fatture false e i fondi neri sono i due elementi comuni alle inchieste dei sostituti Stefano Ancillotto e Paola Tonini. Il primo ha arrestato Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani per frode fiscale, la seconda Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, per turbativa d’asta. Un segnale chiaro del fatto che a Venezia è finita l’epoca degli intoccabili. La Mantovani è stata ed è la spina dorsale del Consorzio che sta realizzando il Mose in laguna. Chi non accettava la regola delle fatture false, restava fuori. Lo sapevano le imprese legate alla destra, come quelle finite nell’inchiesta di Stefano Ancillotto e lo sapevano quelle del mondo delle coop al centro dell’indagine di Paola Tonini. E da quanto fin qui emerso hanno accettato tutti. E per 20 anni c’è stato un perfetto equilibrio. Ed è altrettanto chiaro che quelle fatture non servivano a evadere le tasse e i fondi neri ad ingrassare i conti correnti personali degli imprenditori a capo del sistema. Ma, come spiega Piergiorgio Baita quando accetta di collaborare con gli inquirenti: i fondi neri servono a pagare chi i lavori li decide e li finanzia. Già nel primo interrogatorio l’ex presidente di Mantovani spiega ai finanzieri e al pm che lo interrogano, di aver dato denaro, in occasione di campagne elettorali, a partiti di destra e di sinistra. Quindi finanziamento illecito dei partiti. E avrebbe ammesso di aver pagato anche singole persone. Racconti simili li hanno fatti anche Claudia Minutillo e Nicolò Buson. Lei ex segretaria di Giancarlo Galan, poi imprenditrice e lui ragioniere tuttofare di Baita. Sempre dalle indagini emerge come chi tira le fila del sistema illecito, quando l’impresa accetta il patto delle fatture false, spiega come realizzare le “cartiere”. Nel caso dell’inchiesta Ancillotto sono società create in Canada e a San Marino. Invece nell’inchiesta che ha portato all’arresto di Mazzacurati le società si trovano in Croazia e Austria. Fin qui le cose certe. Però mancano delle tessere del puzzle, tra le quali la principale. Per usare un termine suggestivo, manca la “cupola”. Gli inquirenti sono certi che sia Baita che Mazzacurati sedevano al tavolo decisionale, ma non erano gli unici. In questi mesi i finanzieri del Nucleo Provinciale di Polizia Tributaria che si stanno occupando delle due indagini, hanno pedinato e fotografato diverse persone. Molte li hanno portati all’hotel Monaco e in particolare al ristorante del noto albergo. Il via-vai di personaggi ritenuti “interessanti” da un punto di vista investigativo era parecchio intenso.
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Re: Corousion taliana ente la tera veneta

Messaggioda Berto » mer giu 04, 2014 7:07 pm

Masacurati

Mazzacurati parla: «L’appalto? Volevo far vincere anche i piccoli»
L’ex presidente del Cvn per quasi 2 ore davanti al pm. L’ingegnere: ho agito come un padre, per me nessun guadagno
http://corrieredelveneto.corriere.it/ve ... 4045.shtml

MESTRE — Mentre giornalisti, fotografi e telecamere lo aspettavano di fronte alla sede della procura in piazzale Roma, alle 4 in punto si è infilato con i suoi avvocati nella sede della Guardia di Finanza in corso del Popolo a Mestre. Un’ora e quaranta di interrogatorio, in cui Giovanni Mazzacurati, l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova arrestato lo scorso 12 luglio, ha confermato che si era speso in prima persona per far sì che quell’appalto dell’Autorità portuale da 12 milioni di euro seguisse un certo copione, ma che lo aveva fatto per aiutare le imprese minori collegate al Cvn.

«Mi rendo conto che può non essere stata un’azione ortodossa - avrebbe detto Mazzacurati - ma quelle imprese altrimenti non avrebbero lavorato e sarebbero andate incontro a ulteriori problemi, mentre le grandi imprese non erano interessate a bandi di dimensioni così ridotte». Poi, la precisazione più importante: «A me non è tornato nulla in tasca da questo interessamento, né al Consorzio», ha spiegato l’ex presidente. E di fronte alla domanda sul ritiro del Coveco, che aveva tradito il «patto», dalla gara, avrebbe spiegato che in realtà il bando vietava il noleggio di mezzi, che dovevano essere di proprietà del vincitore e dunque non avrebbe potuto sostenere l’appalto. Mazzacurati era affiancato dai suoi avvocati Giovanni Battista Muscari Tomaioli e Alfredo Biagini: il primo penalista puro, il secondo amministrativista le cui competenze saranno cruciali proprio vista la tipologia di accusa. Di fronte si sono trovati non solo la pm Paola Tonini, titolare del fascicolo, ma anche il suo collega Stefano Ancilotto (circostanza che però i difensori non hanno voluto confermare), che segue l’indagine su Mantovani e su Piergiorgio Baita e che è evidentemente interessato a sentire quello che dirà Mazzacurati.

I legali hanno tenuto a precisare però che ieri si è parlato solo dell’episodio della turbativa d’asta che ha portato l’ingegnere agli arresti domiciliari. «Noi risponderemo sempre solo alle accuse contestate formalmente, non agli omissis », sottolinea Muscari Tomaioli, che peraltro si era trovato in una situazione simile con la pm Paola Tonini in un’altra indagine di mazzette che aveva coinvolto il vigile urbano Andrea Badalin: nel corso dell’interrogatorio di fronte al pm, quando quest’ultima iniziò a fargli domande ulteriori, lui fece interrompere la verbalizzazione e si rifiutò di continuare a rispondere. Situazione che ieri non si è creata perché i pm si sono limitati alle contestazioni ufficiali: il campo delle 400 pagine «omissate » nell’informativa della Finanza - tra tangenti e finanziamenti illeciti ai partiti - è rimasto ancora inesplorato ed è evidente che ci saranno nuovi interrogatori in futuro. «È stato un primo "abboccamento"», dice un investigatore. Ma la sensazione è che Mazzacurati sia pronto a collaborare e a raccontare quello che sa. E questo fa sì che pm e finanzieri siano fiduciosi sullo sviluppo dell’inchiesta, dopo la svolta degli arresti. Forse meno tranquillo è chi sa che un Mazzacurati pronto a parlare può svelare tanti scheletri negli armadi. C’è solo l’imbarazzo della scelta: da dove comincerà?

25 luglio 2013 (modifica il 26 luglio 2013)


ITALIA MARCIA - IL CONSORZIO VENEZIA NUOVA, CONCESSIONARIO DEL MOSE, LIQUIDA CON 7 MILIONI DI EURO (SOLDI DEI CITTADINI) IL SUO DG GIOVANNI MAZZACURATI, ARRESTATO MESI FA CON ACCUSE PESANTISSIME - - -

7 milioni di euro formalmente privati ma di fatto usciti dalle tasche degli italiani, i quali hanno scucito finora per le paratie 5,5 miliardi di euro (la metà di quanto costò il tunnel sotto la Manica), vanno a Mazzacurati accusato di aver speso molti soldi pubblici per i suoi affari privati, distribuendo anche un po’ di consulenze agli amici…

http://www.dagospia.com/rubrica-29/Cron ... -73679.htm

Gian Antonio Stella per il "Corriere della Sera"

Duecentotrentatremila euro per ogni anno di lavoro: pari allo stipendio annuale del presidente della Repubblica. Grida vendetta la liquidazione mostruosa data dal Consorzio Venezia Nuova, il concessionario unico del Mose, a quello che è stato per trent'anni il suo direttore generale e poi anche il suo presidente.

Grida vendetta per due motivi. Primo, perché il Consorzio non è un'associazione di imprenditori privati impegnati a conquistare giorno dopo giorno lavori e commesse sui campi di battaglia della libera concorrenza dove puoi vincere e perdere: è un cartello benedetto tre decenni fa da una concessione in regime di monopolio per costruire coi soldi dello Stato, cioè dei cittadini, il sospiratissimo e contestatissimo Mose, il sistema di paratie contro l'acqua alta la cui inaugurazione è attesa, come quella di certe dighe siciliane o quella della Salerno-Reggio, da anni e anni.

Basti ricordare che oltre un quarto di secolo fa, nel 1988, l'allora potentissimo Gianni De Michelis garantiva: «La scadenza? Resta quella del 1995. Certo, potrebbe esserci un piccolo slittamento...». Sono passati, da quella scadenza, quasi venti anni...

Ma il secondo motivo di sconcerto per la spettacolare liquidazione è ancora più importante. Quei 7 milioni di euro formalmente privati ma di fatto usciti dalle tasche degli italiani, i quali hanno scucito finora per le paratie 5,5 miliardi di euro (la metà di quanto costò il tunnel sotto la Manica!), vanno a un signore arrestato mesi fa con accuse pesanti.

«A titolo esemplificativo», scrissero le Fiamme Gialle nel loro rapporto, «il compenso di un milione di euro riconosciuto nel 2009 allo stesso Mazzacurati a titolo di "una tantum", nonché i periodici rimborsi spese privi di giustificazione contabile, per non parlare delle spese del tutto personali sostenute dal presidente e addebitate al Cvn (Consorzio Venezia Nuova)».

Il Consorzio, raccontò sul Corriere del Veneto Alberto Zorzi, pagava «addirittura l'assicurazione sulla casa veneziana di Mazzacurati, di proprietà della moglie». Per non dire della «Ing. Mazzacurati Giovanni Sas, l'azienda di famiglia, dove lavorano le tre figlie Cristina, Elena e Giovannella».

Sul Gazzettino , val la pena di rileggere un articolo di Gianluca Amadori che, dopo avere ricordato come nel solo 2008 il Consorzio avesse speso «6 milioni e mezzo per consulenze e prestazioni professionali» la cui utilità, secondo la Finanza, appariva «a dir poco dubbia», scriveva di prebende varie distribuite negli immediati dintorni dell'allora potentissimo amministratore.

Nell'elenco inserito nell'informativa conclusiva della Finanza figurano anche parenti e affini, «secondo una gestione quasi "familiare" dell'impresa ad opera dei Mazzacurati». Attraverso la società «Ing. Mazzacurati sas» il presidente del «Venezia Nuova» avrebbe infatti convogliato «benefici economici ottenuti direttamente o indirettamente dal Consorzio anche alle figlie Cristina, Elena e Giovannella», scrivono le Fiamme Gialle.

Vi sono poi i nomi della moglie di Mazzacurati, Rosangela Taddei, anche socia della Eve srl e proprietaria di una casa in California locata dal Consorzio; Marina Elettra Snow, figlia della signora Taddei (Eve srl); Pietro Nascimbeni, marito della signora Snow; i figli di Giovanni, il regista Carlo Mazzacurati (Argonauti sas) e Giuseppe Mazzacurati; Konstantin Skachinskiy, ex marito di Cristina Mazzacurati.

L'elenco prosegue con figli e parenti di dipendenti Cvn (o società collegate) o di pubblici ufficiali e consulenti assunti in società collegate al Consorzio: Flavia, figlia dell'allora presidente del Magistrato alle acque, Patrizio Cuccioletta, Cristina, figlia del consulente Cvn Francesco Giordano, Agostino, fratello del rappresentante legale Cvn, Valentina Croff, Francesco e Matilde Cazzagon (Sting srl), rispettivamente marito e figlia del dirigente responsabile Programmazione e controllo Cvn, Nicoletta Doni; Daniele Rinaldo, marito del dirigente responsabile del Servizio progettazione opere alle bocche di porto del Cvn, Maria Brotto; Alessandro, figlio del dipendente Cvn Sergio Nave; Luca Marziale, Roman e Karen Stocker, rispettivamente genero e figli dell'ingegnere del Consorzio Johann Stocker. «Senza entrare nel merito delle attività eseguite, suscitano non poche perplessità i vincoli familiari che legano i soggetti, tutti collegati direttamente o indirettamente a Cvn», scrive la Finanza. Per non dire di altre consulenze di sbalorditiva e immotivata generosità ripartite fra altri amici e amici degli amici.

Come andrà il processo si vedrà. Auguri a tutti, per primo all'ingegnere già colpito recentemente dalla morte, che ha addolorato tutti, del figlio Carlo. Sia chiaro: fino alla Cassazione è innocente.

Ma il nodo è: non era il caso che il Consorzio, nel caso fosse davvero del tutto ignaro delle elargizioni citate, guadagnasse tempo in attesa di sapere dai giudici come sono andate le cose in tutti questi anni di ritardi, appalti costosissimi e gestioni contestate? Quei sette milioni dati all'ex presidente, dice l'Istat, sono pari al reddito di 312 anni di un altoatesino e a quello di 570 anni di un campano. Andateglielo a spiegare, ai cittadini, che anche in attesa del processo si trattava di un «atto dovuto»...
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Re: Corousion taliana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » mer giu 04, 2014 8:45 pm

Moxe

http://it.wikipedia.org/wiki/MOSE

l sistema MOSE (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico) per la difesa di Venezia e della laguna dalle acque alte è costituito da schiere di paratoie mobili a scomparsa poste alle bocche di porto (i varchi che collegano la laguna con il mare e attraverso i quali si svolge il flusso e riflusso della marea) di Lido, di Malamocco e di Chioggia, in grado di isolare temporaneamente la laguna di Venezia dal Mare Adriatico durante gli eventi di alta marea. Il Mose, insieme ad altri interventi come il rinforzo dei litorali, il rialzo di rive e pavimentazioni e la riqualificazione della laguna, garantirà, presumibilmente, la difesa di Venezia e della laguna da tutte le acque alte, compresi gli eventi estremi: è stato progettato per proteggere Venezia e la laguna da maree fino a 3 metri e attualmente la sua entrata in funzione è prevista per maree superiori a 110 cm. L’esecuzione dei lavori è affidata al Consorzio Venezia Nuova che opera per conto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Magistrato alle Acque di Venezia. La realizzazione dell’opera è stata avviata nel 2003 contemporaneamente alle tre bocche di porto lagunari e ha raggiunto un avanzamento pari a circa l'80%.

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Al 2013 sono stati stanziati 4,987 miliardi di euro per la realizzazione dell'opera.
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Re: Corousion taliana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Sixara » gio giu 05, 2014 11:50 am

Banda de ladroni. Le volpoke de Caromàn le se stima asè. Pecà ke i è zà scapà via da on tòco. :(
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Re: Corousion taliana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » gio giu 05, 2014 9:32 pm

Galan

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http://www.informaverona.it/articolo.cf ... 4&canale=1

l Ministro dell'Agricoltura Giancarlo Galan ha organizzato una sontuosa festa a Villa Rodella, nel comune padovano di Cinto Euganeo. Tra gli ospiti presenti anche l'ex ministro Clauido Scajola, oltre ai più importanti imprenditori veneti. Ingente lo spiegamento di carabinieri e polizia per garantire la privacy degli invitati.
I 200 ospiti della Festa di Inizio Estate, convocata dall'ex doge Giancarlo Galan, attualmente alla guida del Ministero per le Politiche Agricole, erano attesi "alle 13 o controra"; così recitava il cartoncino avorio dai caratteri bodoni spolverati d'oro, annunciando un evento destinato a rimanere segreto ai più, tanto poco la stampa ne aveva parlato.
I soliti bene informati - rari, in terra veneta, quelli dotati del dono della parola - l'avevano definito come la "conta" nel PdL galaniano e imprenditori amici, dopo il traumatico passaggio di consegne del governo della Serenissima al leghista Luca Zaia (sicuramente tra i NON invitati).
Non potevano, quindi, mancare le telecamere di CNR Media, ma il reportage da Villa Rodella, a Cinto Euganeo, nel cuore dei colli padovani, può mostrare ben poco: la task force di Polizia e Carabinieri organizzata dal questore patavino per proteggere la privacy degli invitati, tra cui l'ex ministro allo Sviluppo Economico Claudio Scajola, ha impedito la presenza di qualsiasi teleobiettivo nei pressi della residenza Galan dopo l'inizio del ricevimento, anche su suolo pubblico.
Dopo aver decifrato il termine "controra" (traduzione italiana di "siesta", le ore più calde del pomeriggio), alle ore 14 le telecamere di CNRMedia affrontano il primo "posto di blocco" sulla strada, pubblica ma interdetta alla normale circolazione, che costeggia Villa Rodella: dopo la presentazione del tesserino professionale e la dichiarazione sulla testata di appartenenza, uno dei carabinieri ci indica una postazione di ripresa di fronte alla residenza, al di là del canale che la costeggia, da dove altri colleghi avevano effettuato le riprese prima delle 13.
Nel frattempo sbirciamo all'interno del patio e notiamo molti volti noti dell'industria veneta sudare negli abiti eleganti davanti al buffet: Marzotto, Polegato, Malgara, Stefanel, De Marchi. C'erano anche rappresentanti politci dell'area veneta come l'UDC Antonio De Poli e la deputata PDL Lorena Milanato. Una volta raggiunta la piazzola al di là del fiume, sempre strada pubblica, una volante ci intima di allontanarci e di non effettuare alcuna ripresa in direzione della residenza. Ubbidiamo, nonostante sia nostro diritto effettuare riprese su suolo pubblico, nel rispetto del diritto di privacy dei soggetti del filmato, e veniamo seguiti a vista in ogni spostamento dal personale delle forze dell'ordine, disseminato in un raggio di 1 chilometro.
Di cosa l'ex ministro Scajola, dimessosi dopo il coinvolgimento nello scandalo Anemone, abbia parlato con l'attuale Ministro per l'agicoltura Galan, in compagnia del gotha industriale veneto, resta al momento un mistero.
Fonte CnrMedia.com


Mose, “a Galan stipendio da un milione l’anno e villa ristrutturata”
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06 ... la/1013322

Dalle carte dell'inchiesta sulla grande opera anti-acqua alta, le accuse contro l'ex presidente del Veneto, attuale parlamentare di Forza Italia. L'ex presidente di Mantovani Piergiorgio Baita e l'ex segretaria Claudia Minutillo raccontano la presunta "retribuzione" del politico da parte di aziende appaltatrici: "Quando potevano gli davano dei soldi, ma si lamentavano di quanto costasse". La replica dell'ex ministro: "Sono totalmente estraneo"

“La cosa era molto variabile, si può considerare un milione l’anno”. Così, agli atti dell’inchiesta della Procura di Venezia sul Mose, che ha portato all’arresto di 25 persone, tra le quali il sindaco Giorgio Orsoni, è descritta la retribuzione di Giancarlo Galan, già presidente della Regione Veneto e attuale deputato di Forza Italia, da parte delle aziende che si sono aggiudicati i lavori del sistema di dighe mobili destinato a proteggere la città lagunare dall’acqua alta. Un affare da oltre 5 miliardi di euro. A raccontarlo ai pm, nell’interrogatorio del 31 luglio 2013, è Giovanni Mazzacurati, presidente del Consorzio Venezia Nuova, che raccoglie appunto quelle imprese. Una conferma arriva ai magistrati da Claudia Minutillo, segretaria di Galan all’epoca dei fatti, poi passata alla Mantovani costruzioni, grande protagonista dei lavori del Mose: ”Era un sistema, cioè ogni tot quando loro potevano gli davano dei soldi”.

Dall’ordine di custodia – che per quanto riguarda l’onorevole Galan dovrà essere esaminato dalla Camera – emergono tanti altri pagamenti. Un milione e 100mila euro per ristrutturare la villa sui Colli Euganei; 200mila euro consegnati nel 2005 all’Hotel Santa Chiara di Venezia da Piergiorgio Baita, allora presidente della Mantovani Costruzioni, diventato la gola profonda dell’inchiesta con ampie confessioni, per finanziare la sua campagna elettorale. E ancora: 50mila euro, nello stesso anno, versati in un conto corrente presso S.M. International Bank Spa di San Marino. Più altri finanziamenti per altre campagne elettorali consegnati sempre da Baita alla Minutillo. Ed è ancora la segretaria a raccontare ai pm che un’ulteriore ricompensa consisteva nell’”intestare quote di società che avrebbero poi guiadagnato ingenti somme dal project financing a prestanome dei politici di riferimento”, Galan in primis.

Qual era, secondo l’indagine, la contropartita di retribuzioni così sostanziose? Dalla Regione, per procedere con i lavori, il Consorzio Venezia Nuova doveva ottenere essenzialmente la Valutazione d’impatto ambientale e la salvaguardia per la realizzazione delle dighe in sasso. Da qui, secondo l’accusa, la necessità di ungere abbondamente le ruote. In interrogatorio, a proposito dei soldi versati a Galan e all’assessore regionale alle infrastrutture Renato Chisso (Forza Italia), Baita parla di “fabbisogno sistemico” e afferma: “Credo che noi abbiamo pagato tra Adria e Mantovani 12 milioni di euro. Penso che ne siano stati retrocessi sei”. Galan ha un ruolo fondamentale: è lui ad accompagnare Mazzacurati, presidente del Consorzio, al cospetto di Gianni Letta, quando quest’ultimo è sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel governo di Silvio Berlusconi.

Nel 2006, ricostruisce il gip Alberto Scaramuzza, “la giunta regionale - presidente Giancarlo Galan, relatore Renato Chisso – individuava nel segretario alle Infrastrutture Silvano Vernizzi il ruolo del presidente della Commissione di valutazione di’impatto ambientale. In violazione della legge regionale 10/1999″, che assegna il compito “al segretario regionale competente in materia ambientale”. Passo successivo, “l’estromissione” di un ente di controllo terzo, l’Ispra, emanazione del ministero dell’Ambiente, sostituito dalla Regione medesima per iniziativa, ancora, di Chisso. Dice Baita nell’interrogatorio del 28 maggio 2013: per “l’approvazione da parte della Commissione Via della regione Veneto delle dighe in sasso, Mazzacurati mi disse che gli era stato richiesto dall’assessore Chisso a nome di Galan il riconoscimento di 900mila euro. Altro episodio specifico è stata l’approvazione in Commissione di salvaguardia del progetto definitivo del sistema Mose per il quale, sempre attraverso l’assessore Chisso, ma a nome del presidente Galan, fu richiesta la somma di ulteriori 900mila euro”. Era Chisso a farsi portavoce delle richieste, “perché Galan lo pressava”. E ancora Baita, il 27 settembre 2013, a precisare ai pm che le somme non erano per il partito, ma “per il singolo lucro del singolo destinatario”. Da qui l’accusa di corruzione, e non di finanziamento illecito. Il comportamento del presidente della Regione, scrive il gip, ha “particolarmente danneggiato l’interesse pubblico alla tutela ambientale“.

Secondo Baita, i versamenti a Galan sono continuati anche quando il politico padovano non era già più presidente del Veneto. Lo conferma in interrogatorio, il 19 marzo 2013, l’ex segretaria dello stesso Galan, Claudia Minutillo, secondo la quale i pagamenti non erano finalizzati a ricompensare i singoli passaggi amministrativi del Mose. “Le procedure andavano avanti (…), ma era un sistema, cioè ogni tot quando loro potevano gli davano dei soldi”. “Come fosse uno stipendio“, chiede il pm? “Sì, di fatto”. Tanto che “Baita a volte si lamentava di quanto veniva a costare Galan”. Soldi comunque ben spesi, a quanto spiega ancora Minutillo: “A fronte dei pagamenti, il governatore e l’assessore Chisso agevolavano il Gruppo Mantovani nella presentazione e nell’iter burocratico ralativi al project financing che le società del gruppo Serenissima Holding presentavano in Regione. Quasi sempre era la Mantovani a presentare il progetto, ma i tempi di presentazione, i lavori in relazione ai quali presentarli erano concordati con il Galan e il Chisso da parte del Baita”. Tale era poi il controllo di Galan su “commissioni e assessorati”, che qualunque progetto passava senza “alcun tipo di intoppo o di obiezione”. E’ Mazzacurati a ricordare, per esempio, quella volta che Galan tornò precipitosamente in sede per far approvare un’opera in laguna, funzionale al cantiere Mose, “contrastata dai Verdi”.

Fra le contestazioni a Galan c’è quella di aver ottenuto il pagamento della ristrutturazione della propria villa di Cinto Euganeo, nel padovano. Nel 2007/2008 venne ristrutturato il corpo principale del casale e nel 2011 la “barchessa”. Per portarli a termine, la Tecnostudio Srl “sovrafatturava alla Mantovani alcune prestazioni effettuate presso la sede e per il Mercato Ortofrutticolo di Mestre”. La ristrutturazione della villa quindi a Galan non costò nulla: con le fatture false a pagare era la Mantovani Costruzioni.

Il politico di Forza Italia, più volte ministro e attuale parlamentare, si dichiara estraneo a tutta la vicenda. “Dalle prime informazioni che ho assunto e da quanto leggo sui mezzi d’informazione, mi dichiaro totalmente estraneo alle accuse che mi sono mosse, accuse che si appalesano del tutto generiche e inverosimili, per di più, provenienti da persone che hanno già goduto di miti trattamenti giudiziari e che hanno chiaramente evitato una nuova custodia cautelare”.
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Re: Corousion tałiana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » dom giu 08, 2014 8:31 am

La segretaria spiega il sistema Galan
«Assumemmo la figlia di uno 007»
«Chisso protestava: Mazzacurati paga solo alle feste comandate»

di Andrea Pasqualetto

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http://www.corriere.it/cronache/14_giug ... 56ac.shtml

VENEZIA - Sveglia, bella e scaltra, la cinquantenne Claudia Minutillo sedeva al centro del grande sistema corruttivo. Prima come attenta segretaria di Giancarlo Galan, poi come spregiudicata imprenditrice e prestanome per affari non proprio specchiatissimi. Infine da supertestimone della grande inchiesta, indagata e ora anche un po’ pentita. È lei, questa veneziana che vive in una casa alberata della prima periferia di Mestre, ad aver dato il via all’inchiesta che sta scuotendo il Veneto e la più grande opera pubblica d’Italia, il Mose. Con i pm di Venezia è stata un fiume in piena. Ha parlato delle mazzette alla Regione, al Ministero, al Magistrato alle Acque, della corruzione del generale della Guardia di Finanza, del vorticoso giro di fondi neri nei quali è entrata a pieno titolo, di giornali acquisiti e pure di ragazze assunte per avere buoni rapporti con i Servizi segreti. Ecco i suoi verbali.
Il sistema
Nel marzo dello scorso anno, dopo averla arrestata per fondi neri e false fatturazioni e sospettando che dietro si nascondesse la corruzione dei politici, i pm di Venezia la incalzano sul punto. Le chiedono se le somme che transitavano dall’ufficio di Giovanni Mazzacurati, l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, l’ente che governava sul Mose, servono anche per ungere i funzionari delle strutture regionali, ministeriali o del Magistrato alle Acque. Dopo qualche resistenza, Minutillo sospira: «Sapevo che il sistema prevedeva sia la struttura burocratica, sia regionale, sia ministeriale e anche il Magistrato alle Acque che era di nomina ministeriale ma in realtà era Mazzacurati che decideva chi e come». Chi erano i destinatari delle somme raccolte da Mazzacurati? «Vi erano (omissis) e Marco Milanese, uomo di fiducia del ministro Tremonti. A lui era destinata la somma di 500 mila euro che l’ingegner Neri conservava nel suo ufficio al momento dell’ispezione della Guardia di Finanza al Consorzio Venezia Nuova... Mi dissero: “Pensa che Neri li aveva nel cassetto e li buttò dietro l’armadio”. La Finanza sigillò l’armadio e la sera andarono a recuperarli». Per lei sarebbe iniziato tutto nel 2005, anche se per gli inquirenti la data è spostata molto più indietro nel tempo. «Il primo imprenditore che accettò di finanziare i politici veneti fu Piergiorgio Baita (ex presidente della Mantovani, già arrestato e liberato dopo aver confessato, ndr), che io ebbi l’onere di presentare a Walter Colombelli su incarico di Galan a Venezia, organizzando un appuntamento all’hotel Santa Chiara. Nell’occasione ricevetti una busta contenente del denaro a Galan. Erano i primi mesi del 2005».
Il generale e i servizi
Un capitolo viene dedicato al sistema di «spionaggio» che garantiva a imprenditori, manager e Consorzio una sorta di immunità giudiziaria. Sa qualcosa l’ex segretaria dei tentativi di bloccare gli esiti delle verifiche della Finanza? «Sì - racconta -. Ci fu corruzione di un generale ma non mi è stato detto il nome (si tratta di Emilio Spaziante, arrestato per aver ricevuto 500 mila euro, ndr)». Chi lo pagò? «La Mantovani, Baita...». L’ex presidente del gruppo Mantovani, la spina dorsale del Consorzio Venezia Nuova, capofila anche del maggior appalto dell’Expo, ricorre spesso nella deposizione. «Mi chiese anche di fare un paio di assunzioni (era già imprenditrice, ndr)». Cioè? «I cognomi di queste due ragazze sono significativi: una si chiama S., il cui padre è comandante dei Servizi segreti, che evidentemente si pensava potesse avere un ruolo nell’ambito delle indagini in corso; e l’altra si chiama A., il cui padre è un importante funzionario della Regione del Veneto, che ha un ruolo fondamentale in molte attività del Gruppo Mantovani, come per esempio tutte le opere di bonifica e di salvaguardia della laguna. Per esempio: successe che un giorno andai da Chisso per chiedere chiarimenti su un accordo di programma che non si faceva e A. doveva seguire la questione. “Ma voi non gli dovevate assumere la figlia? Lui su questa cosa è molto arrabbiato, tu assumi la figlia e vedrai che le cose si risolvono”, mi disse». A un certo punto gli inquirenti scovano una serie di contatti romani della Mantovani finalizzati all’acquisto di una società capitolina, la New Time corporation. «Si trattava dell’acquisizione di una quota della società editrice di un giornale che si chiama Il Punto ... Era gente appartenente ai Servizi, per cui questa partecipazione, che costò molti soldi e molti altri vennero versati in tempi recenti, era un modo per pagare queste persone, per avere informazioni e per vedere di influire sulle indagini in corso».
I soldi alla Regione
Ma cosa sa esattamente delle somme destinate alla Regione? «Per quanto è a mia conoscenza, le somme sono state versate a Galan e a Chisso. A Galan venivano consegnate, anche più volte all’anno, somme ingenti di denaro, parliamo di 100 mila euro o anche più. Questo mi è stati riferito sia da Baita che si lamentava delle richieste esose, sia dallo stesso Galan quando ne ero la sua segretaria. Poi c’erano alcuni funzionari regionali ai quali si facevano favori. Quanto a Galan, Baita mi disse che aveva sostenuto finanziariamente la ristrutturazione della sua villa. Non so se avete mai visto la casa, credo che i lavori siano costati qualche milione di euro». E l’assessore regionale Chisso (arrestato, ndr)? «So che normalmente l’ingegner Mazzacurati versava somme di denaro a Chisso all’Hotel Monaci all’ora di pranzo. Chisso in più occasioni si lamentò del fatto che Mazzacurati versava solo alle feste comandate... era chiaro che voleva essere remunerato più frequentemente».
Il business del futuro
Da segretaria a prestanome, da imprenditrice a finanziere. Sempre più su e sempre più in là. «È la commissione di collaudo sulla gestione il vero business futuro del Mose - ha spiegato scuotendo la testa -. Il Mose ormai lo danno per finito perché i soldi sono stati erogati o comunque stanziati tutti (in realtà ne sono stati stanziati 4,9 miliardi su 5,4, ndr); il vero affare ora è quello della gestione del Mose. Vale svariate decine di milioni di euro l’anno». Poi è precipitata: l’arresto, la confessione, la super testimonianza. Oggi è libera.

7 giugno 2014 | 07:50


Lo sfogo della moglie di Galan “È l’uomo migliore del mondo Basta fango, paghiamo due mutui”
Nella villa citata nell’indagine: “Questo è un Paese di ingrati”


http://www.lastampa.it/2014/06/06/itali ... agina.html

FABIO POLETTI

Per capire quanto sia «bello il mestiere di Governatore» come amava dire e ridire Giancarlo Galan, bisogna salire fino a questo colle dove nascosta tra i fiori si erge la sua villa candida con quadruplo ingresso, arcate illuminate da lampadari in ferro battuto, una doppia barchessa per la servitù, la Porsche e la Land Rover e la Volvo station wagon parcheggiate sul ghiaietto davanti alla cappella privata con croce fra tante delizie.

Nell’ordinanza del giudice c’è scritto che la ristrutturazione della villa è stata pagata dall’impresa Mantovani con lavori per 1 milione e 100 mila euro. Piergiorgio Baita l’ex manager che elargiva è assai esplicito: «Le richieste di aiuto sulla casa me le faceva direttamente Galan». Dal ghiaietto tirato a lucido della villa, Sandra Persegato, la moglie di Giancarlo Galan, ha un diavolo per ogni ricciolo biondo: «Ma se ho due mutui ancora accesi da pagare... Vengano a vedere i conti vengano invece di tirare fango addosso a mio marito l’uomo migliore del mondo...».
Stretta in un tubino nero ma con le ciabatte scamosciate ai piedi, questa ex cubista che in discoteca ha incontrato «l’uomo migliore del mondo» ha tutte le ragioni per essere arrabbiata. «Mio marito è una persona perbene... Poteva fare i soldi se rimaneva solo un dirigente...».

Certo fare il direttore centrale di Publitalia 80 di Silvio Berlusconi dava belle soddisfazioni. Fare due volte il ministro non è che sia da buttar via.
Ma se è vero che ha pure incassato uno «stipendio» di oltre 6 milioni di euro in sei anni per alleggerire i controlli sugli appalti del Mose come sostengono i giudici che lo vorrebbero vedere in manette non è che gli sia andata proprio malissimo.

«Mio marito ha fatto solo del bene... Stanno infangando lui e il suo lavoro... Sono sotto shock...», ripete la scintillante Sandra Persegato che ha almeno un paio di ragioni per sentirsi in una giornata no. Giudici a parte, oggi 5 giugno sarebbe pure il giorno del suo quinto anniversario di matrimonio. Celebrato proprio in questa villa appena ristrutturata davanti a 300 invitati tra i quali spiccavano Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri come testimoni e Renato Brunetta più qualche altro affondato col Mose. Dicono che lei fosse raggiante nel corpetto panna più gonna verde muschio più coroncina di fiori d’ordinanza. E che lui, il Giancarlo che col suo metro e novanta si mangia la Sandra, fosse emozionato: «Oggi è una giornata stupenda che mi ha regalato mia moglie...».

Parlare di regalie di questi tempi fa assai effetto. «Oggi ho chiesto alla Sandra se mi dava un soldo», diceva Galan quando non era più nemmeno ministro. E quando stando alle carte dei giudici chiedeva nuovamente lo «stipendio» all’impresa Mantovani anche se non faceva più il Governatore. Dire che i rapporti tra Giancarlo Galan e la Mantovani fossero stretti non rende l’idea. Non sarà stato il romanticissimo regalo di nozze che ogni donna sogna ma c’è un perché se il galante Galan ha regalato alla moglie un bel po’ di quote della società Adria infrastrutture. Dove per capirci vicepresidente era il numero uno della Mantovani Piergiorgio Baita e consigliere delegato Caludia Minutillo la potente ex segretaria del Governatore.

Solo schizzi di fango secondo la tenace Sandra Persegato che difende il marito pure se questi sono gli ultimi giorni di Pompei. «La cosa che più mi dà fastidio è il modo con cui stanno ripagando il suo lavoro. Giancarlo ha dato la sanità a questa regione. Ha dato le opere pubbliche. Adesso ci rinfacciano tutto. Questo è un Paese di ingrati». Quel «ci» plurale maiestatis è un po’ così. Molto peggio se la signora pensa di essere anima e corpo con il marito. Ma forse è solo l’effetto condizionato da questo quinto anniversario che lei passa a tenere a bada i giornalisti e lui in conclave con gli avvocati a studiare una linea di difesa.

Impresa improba da queste parti. Perché se nel paese vicino ad Arquà ci è morto Francesco Petrarca, l’automobilista che passa davanti alla villa col suv blu e fa prima un applauso e poi il gesto delle manette dà l’idea che si respira attorno alla villa con quadruplo ingresso, le arcate illuminate eccetera eccetera... «E comunque mio marito qui non c’è, è ancora in viaggio...», fa muro la Sandra innamorata dietro al cancello nemmeno sfiorato dai finanzieri che da anni lo avevano nel mirino.

L’immunità parlamentare ne impedirebbe l’ingresso. Come la targa di ottone a fianco del citofono che ricorda che questa è pure la sede della «Segreteria politica onorevole Giancarlo Galan». Niente di cafone. Solo un monito a non varcare il cancello, nemmeno fossero le colonne d’Ercole, per qualche giudice eventualmente distratto.



Mose e Tangenti. Dalla villa ai giornali ecco l’impero dei Galan
Per i pm la famiglia dell’ex governatore è un’autentica dinasty milionaria ma i redditi dichiarati non bastano a spiegare com’è stata costruita

http://nuovavenezia.gelocal.it/cronaca/ ... -1.9377758

VENEZIA Società agricole tra Ravenna e Bologna, case e imbarcazioni in Croazia, energia verde, gas in Indonesia, sanità. La villa con barchessa a Cinto euganeo.
«I Galan» - come vengono definiti dai pubblici ministeri Ancillotto, Buccini e Tonini negli atti - sono una Dinasty dal patrimonio milionario, investito nei campi e nei paesi più diversi. Partecipazioni societarie dirette - osservano i magistrati - o tramite prestanome, come il commercialista, amico e sodale Paolo Venuti, che in un colloquio intercettato nella sua auto descrive il capofamiglia Giancarlo, «molto spaventato...», perché «se ti fanno un accertamento fiscale: dimostrami come hai comprato la casa, cioè tu devi avere i dati messi in fila....».

Redditometro che i finanzieri hanno fatto per conto della Procura: l’intero nucleo familiare convivente - Giancarlo Galan, la moglie Sandra Persegato, due figli - ha dichiatao dal 2000 al 2011 entrate per 1,413 milioni. Non certo da capogiro considerando che negli anni Galan è stato presidente della Regione, ministro, senatore e deputato. Ma a fronte di uscite rilevate per 2,695, con una sproporzione di 1,281 milioni: ai Galan è così ricondotta una galassia di partecipazioni, detenute anche tramite prestanome (in particolare Paolo Venuti), che secondo i magistrati - anche se non è definibili nel dettaglio - testimonierebbe una disponibilità finanziaria enormemente maggiore rispetto a quanto accertato.
Non tutte finiscono tra le accuse, ma ricostruiscono il mondo-Galan.
L’holding di famiglia si chiama come la figlia più piccola, Margherita Srl, al 100% dei coniugi Galan.

A questa società, fanno riferimento la tenuta agricola Frassineto Sas, tra Casola Valsenio e Castel del Rio, per la procura al 70% riconducibile ai Galan, per un valore di 920 mila euro; c’è poi la San Pieri Srl, con partecipazioni nel settore energetico: il 21% della quale, per i finanzieri riferibile ai Galan per un valore di 1,323 milioni; infine il 10% (tra partecipazioni diretti e indirette) di Energia Green Power, prossima alla quotazione in borsa. Poi una fitta rete di società a scatole. C’è la Ihlf Srl partecipata da Galan al 50% attraverso la fiduciaria milanese Sirefid, operante nel settore delle consulenze sanitarie, insieme a dirigenti sanitari veneti e lombardi.
C’è quindi l’Amigdala Srl (capitale sociale 50 mila euro), partecipata per il 20% dalla moglie di Galan attraverso la Sirefid, operante nel settore dei servizi finanziari. Soci sono Pvp (studio commercialistico di Paolo Venuti) e Finpiave, la holding riconducibile alla famiglia Stefanel.
E, ancora, Franica Doo, società per gestire - ipotizzano gli investigatori - un patrimonio di immobili, imbarcazioni e conti correnti in Croazia. Infine
Thema Italia Spa, capitale sociale 3 milioni di euro, garantito dai coniugi Venuti tramite un prestito obbligazionario sempre attraverso la Sifred, per un milione di euro: la facciata italiana di un affare da oltre 50 milioni per commerciare gas proveniente dall’Indonesia, finita nei controlli dei finanzieri, che allarmano il gruppo e il prestito rientra.
Dopo una cena tra i Venuti e i Galan, nel luglio 2008, Alessandra Farina (intercettata) chiede al marito: «Cosa dici di questi affari della Sandra che sembra stia diventando miliardaria?».
Venuti spiega che il gas arriva al rigassificatore di Porto Tolle. «Possibile che faccia i miliardi come dice lei?». E il marito: «O fai il colpo gobbo o non è da loro». C’è poi ovviamente la villa con barchessa di Cinto Euganeo, restaurata - secondo l’accusa - con fondi di Mantovani, che paga l’impresa restauratrice sovrastimando interventi su altri lavori: Baita paga, ma tira sul prezzo, troppo caro. «La prima occasione che ho visto il presidente Galan gli ho detto che non potevo farmi carico di tutto (1,7 milioni di restauro, ndr)...e lui mi ha chiesto solo se posso almeno venire incontro alle parcelle di Turato». Baita dichiara di aver tirato fuori 6-700 mila euro per la villa e 400 mila euro, anni dopo, per il restauro della barchessa. Galan era già ministro, ma ottiene comunque l’aiuto. Società della galassia e altre, invece, finite sotto inchiesta.
«Oltre alla corresponsione di somme di denaro, il Baita era solito utilizzare anche altri mezzi», racconta l’ex fedele segretaria Claudia Minutillo in un interrogatorio, «come intestare quote di società che avrebbero poi guadagnato ingenti somme dalla realizzazione dei project financingh a prestanome dei politici: Adria infrastruttiure e Pvp del Venuti erano riconducibili a Chisso e Galan. Il mio 5% era in realtà di Chisso , mentre il 7% della Pvp era di Galan».

Pvp è anche proprietaria del 70% di Nordest media, che rilevò le testate di free press del gruppo E-Polis. Ricorda ancora Minutillo: «Baita disse a Galan: facciamo una cosa del genere, tu non hai problemi ad alzare il telefono e chiedere a tutti i tuoi amici imprenditori di fare pubblicità sul giornale, lo puoi utilizzare come veicolo di informazione, ti intesto il 70% della società».


Claudia Minutillo, la dark lady che sta inguaiando Galan
http://www.liberoquotidiano.it/news/per ... -lady.html

Giancarlo Galan nega, nega, nega. Ma la sua ex segretaria sta vuotando il sacco e gli inquirenti sembrano dargli molto credito. Del resto, Claudia Minutillo, era la sua ombra, stava sempre nel raggio di due metri, racconta Renzo Mazzaro nel libro "I padroni del Veneto": "la chiamavano Dark lady e non solo perché vestiva di nero: teneva le chiavi di tutti gli accessi al presidente". Minu, così la chiamavano gli amici, "era l'assistente del presidente Galan. Ma il mercato ovviamente la chiamava la vice Presidente, nel senso che era noto che qualunque richiesta, appuntamento, atto richiesto al Presidente Galan veniva veicolato attraverso la dottoressa Minutillo", ha spiegato ai magistrati Piergiorgio Baita, l'uomo forte dell'impresa di costruzioni Mantovani e del consiglio direttivo del Consorzio Venezia Nuova, nonchè generoso bancomat dei politici coinvolti.

Il potere - Sergio Rizzo oggi ha tracciato sul Corsera un ritratto della Dama Nera che ora si è trasformata in "gola profonda" decisa a cavarsela scaricando tutto sugli altri primo fra tutti l'uomo che l'aveva issata ai vertici del potere, quello vero, non quello formale, della Regione. Un potere che la portava a bacchettare chiunque non eseguisse i suoi ordini. Basta leggere negli atti processuali il modo in cui trattava l’assessore alla Mobilità e alle Infrastrutture, Renato Chisso, il cui potere era destinato a crescere dopo lo stizzito addio del "Galan Grande" alla presidenza della Regione. Le serve che l’assessore metta una firma su un’autorizzazione? Prende il cellulare e gli intima: "Scusa, vai sempre a mangiar da Ugo, alza il culo e vieni qua". E il succubo Renato, "che era a mangiare in ristorante», scrivono i magistrati, si affrettò a passare dove gli era stato chiesto "rassicurando che non vi sarebbero stati problemi". Insomma, annotano gli inquirenti, "le modalità perentorie con cui la Minutillo dice a Chisso di venire subito sono più proprie del modus di riferirsi ad un dipendente subordinato che a un assessore regionale"». E non è un caso isolato. Un’altra volta, la donna "chiama a rapporto" l’assessore nel proprio ufficio di «Adria Infrastrutture », lo fa aspettare fuori dalla porta finché non finisce una telefonata e dopo averlo fatto accomodare gli "impartisce una serie di disposizioni" delle quali l’uomo forte di Forza Italia per le infrastrutture venete prende diligentemente nota dimostrando la sua "subordinazione totale" alla società Mantovani e alla Minutillo. La quale un’altra volta ancora, impaziente per certe pratiche non ancora sbloccate, sbotta con la consueta signorilità: "Cazzo, cerca di lavorare! Sono tutti incazzati neri".

L'aut aut della moglie di Galan - L'allontanamento della Dark Lady da Galan fu dovuto, secondo il racconto di Mazzaro ripreso da Rizzo, alla futura moglie dell'ex governatore. Fu Sandra Persegato a a metterlo di fronte alla scelta: "O me o lei". Galan scelse la fidanzata con grande sconforto della segretaria che però non si perse d'animo. La sua seconda vita viene ricostruita passo passo dall’Espresso nell'articolo: "Claudia, la segretaria ne ha fatta di super strada". Trampolino di lancio, ovvio, quel ruolo di segretaria: «La signora sfoggiava modi spicci e un’aria vagamente manageriale, ma certo nessuno si aspettava di ritrovarla, a quattro anni di distanza, addirittura a capo di un piccolo gruppo finanziario-industriale. Costruzioni, immobili, editoria: un network di società, tutte targate Minutillo, nate e cresciute dopo che la collaboratrice di Galan ha lasciato il suo incarico in Regione».
Il 28 febbraio 2013, lo stesso giorno dell’arresto di Piergiorgio Baita, viene arrestata e comincia a raccontare. Dice ai giudici che non si trattava di bustarelle sporadiche a Galan ma di "un sistema, cioè ogni tot quando loro potevano gli davano dei soldi". Insomma, "pagamenti regolari". "Come uno stipendio?", chiede il magistrato. "Sì, di fatto". Quanti soldi? Tantissimi. Eppure, pareva non bastassero mai: "Baita a volte si lamentava di quanto veniva a costare Galan".

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... -so-mi.jpg



Inchiesta Mose: ‘Giancarlone’ Galan, il Nordest e i due mutui da pagare
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06 ... re/1017415

di Andrea Scanzi | 7 giugno 2014

Non se lo aspettava nessuno, o così amano dire elettori e amici di Giancarlo Galan. Quello che, per una professoressa del liceo, all’Università non ci sarebbe neanche dovuto andare: “È un ragazzo goffo, non si impegna e vuole sole divertirsi, al massimo potrebbe fare l’idraulico”. Quello che chiamano “Pantagruele” e “Giancarlone”, padre medico e partigiano nel Partito d’Azione, fratello oculista notissimo. Quello che, a leggere un appassionato articolone di Salvatore Merlo ieri sul Foglio, “si veste con cura da quando si è risposato, ha cambiato moglie e sarto, è mite e garbato e ha un buon rapporto con il mondo”.

Galan, durante Tangentopoli, tifava per i magistrati: “Non ho mai sopportato corrotti e corruttori. Non tollero le malversazioni, le ruberie. Con i ladri mai”. Ora sembra tutto cambiato. I magistrati sospettano che gli ingenti lavori di ristrutturazione della sua villa di Cinto Euganeo siano stati pagati dall’imprenditore Piergiorgio Baita: 700 mila euro per il corpo principale e 400 mila per la “barchessa”. La moglie, Sandra Persegato, ha difeso il marito: “È una gran persona, gli italiani sono ingrati. Lavori gratis? Bugie, pago due mutui”. Difesa accorata, che pare stridere con i dati scovati dalla Guardia di finanzia. Tra il 2000 e il 2011, Galan e famiglia hanno dichiarato poco più di 1 milione e 413 mila euro; in quello stesso periodo hanno speso 2 milioni e 695 mila euro: come si spiega quella differenza di oltre un milione e 281 mila euro?

Il caso Galan sembra una sorta di remake sbilenco di Signore & signori, il film di Pietro Germi che 49 anni fa vinse il Grand Prix della Giuria del Festival di Cannes. Signore & signori nacque in pieno boom economico, le ruberie presunte dello scandalo Mose hanno per sfondo una crisi economica deflagrante (che colpisce quasi tutti, e Galan è tra i pochi ad abitare perennemente quel “quasi”). I punti di contatto, però, ci sono. Per esempio la location, il Nordest. Germi scelse – senza mai nominarle – Treviso e la Contrada Granda di Conegliano, Galan si muove tra Padova e Venezia. Germi individuò una piccola città come scenario emblematico di un’apparenza festosa e sgargiante che nascondesse segreti e bassezze (???). Un romanzo corale per una feroce satira sociale.

Il Mose è farsa più che satira, ma lo scenario è analogo. C’è il gentiluomo di provincia, c’è il riccone che cerca nel lavoro – e nella esibizione della conquista femminile – la rivalsa per un passato difficile. C’è la borghesia, verosimilmente piccola piccola (???), che sgomita per avere un posto in prima fila nei circoli che contano. C’è la villa immensa e ostentata, quasi che pure il confine tra un Palladio e un Galan fosse diventato ormai labile. E c’è il Nordest, appartenenza prim’ancora che paesaggio. L’autobiografia di Galan, edita nel 2008, si intitolava non a caso Il Nordest sono io. Nella prefazione, il professor Giuseppe De Rita (con cui Galan si è laureato) garantiva: “Una così forte libertà espressiva sarebbe un puro fenomeno caratteriale se non fosse intimamente legata a un animo liberale e a un convinto primato della cultura della diversità”. Parole in antitesi con il giudizio di Fabrizio Cicchitto: “Galan? Un Gauleiter, è arrogante e cattivo”.

Il Nordest, nel percorso di Galan, c’è sempre. Nella sua adolescenza da ragazzone che “quando mangiava si impataccava la cravatta e la giacca” (racconta il Foglio), nella sua idea di partito prima territoriale che ideologico (al punto da trovare affinità con Riccardo Illy e Massimo Cacciari). Soprattutto: nella terra come tramite per il riscatto e il successo. Galan è descritto come spiritoso e bon vivant. Anche autoironico: nove mesi fa accettò i fischi alla festa del Fatto Quotidiano; lui ci mise la faccia, i colleghi no. Ha cavalcato finché ha potuto l’onda lunga del Nordest placido e danaroso, che nel frattempo ha finito col somigliare più ai romanzi di Carlotto che ai colori di Germi. Di quel film, mezzo secolo dopo, è rimasta la tinta meno desiderabile: quella fosca, cinica e senza speranza. Nelle vicende del Mose, più che la scaltrezza del dongiovanni Toni Gasparini (Alberto Lionello), si ritrovano l’ipocrisia che condannava il ragionier Bisigato (Gastone Moschin) e l’amoralità dei paesani che si approfittano di una ingenua sedicenne di campagna. La Chiesa celerà i nomi dei colpevoli, la stampa accetterà le omissioni e perfino il padre della ragazza si farà comprare, anteponendo le brame di ricchezza a un gusto minimo per la morale.
Ieri come oggi. ???



Mose, spunta un affare da 50 milioni, fermato il commercialista di Galan
http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/C ... 3807.shtml

Il presidente, il fiduciario, le quote societarie schermate e una serie di documenti per operazioni commerciali da decine di milioni di dollari in Indonesia. È uno spiraglio su una vicenda di dimensioni enormi quello che ha aperto una trappola che il Gico della Finanza ha messo in atto all’aeroporto Marco Polo di Venezia. Aveva lo scopo di cercare prove sul rapporto indissolubile tra Giancarlo Galan e il suo commercialista Paolo Venuti (anch’egli finito in carcere mercoledì scorso), nell’ipotesi che il professionista 57enne fosse il prestanome di Galan in due società.

Ovvero, Adria Infrastrutture e Nord-Est Media, di cui un misterioso acquirente deteneva rispettivamente il 70% e il 7%, quote pagate in buona parte dalla Mantovani. Ora quelle partecipazioni rientrano nei capi d’accusa riferiti a Galan (e a Venuti) perché avrebbero costituito - secondo i Pm - un canale della corruzione dell’ex presidente della Regione Veneto da parte di Piergiorgio Baita. E Venuti è diventato così un personaggio-chiave nell’inchiesta che riguarda il deputato di Forza Italia.

Il gip Scaramuzza scrive che sono stati trovati «riscontri oggettivi del ruolo di Venuti quale prestanome di Galan nella società PVP» che deteneva le quote di Adria Infrastrutture e Nord-Est Media, per un valore complessivo quantificato in 431.200 euro. Una di queste prove è la «trappola dell’aeroporto». Il 19 luglio 2013 il Gico sa che dal Marco Polo sta per partire Venuti, assieme a moglie e figli, diretto in Indonesia, con scalo Dubai. Il controllo doganale appare casuale, ma non lo è, perché le intercettazioni telefoniche e ambientali ne sono la premessa.

La ricostruzione. Alle 14.10 gli uomini del Gico chiedono a Venuti di aprire la valigia. Annota il gip: «Tale controllo ha condotto al rinvenimento di copiosa documentazione afferente cospicue operazioni commerciali (compravendite societarie dell’ordine di 50 milioni di dollari) nel sud est asiatico, principalmente in Indonesia». Cosa c’entrano quelle carte con Galan? «Vi è il verbale di operazioni, da cui risulta che è stata sequestrata al Venuti una serie di documenti riferibili alla società Thema Italia Spa con sede presso lo studio Venuti e ai suoi rapporti con società indonesiane».

Quindi, Thema Italia fa affari in Indonesia, tramite Venuti. Ma «da alcune conversazioni telefoniche del 18 luglio 2013 immediatamente prima del controllo della Finanza tra Venuti e la moglie Alessandra si evince che i due erano perfettamente consapevoli della riferibilità al Galan delle operazioni economiche gestite dal Venuti nel sudest asiatico la cui documentazione è stata sequestrata a Tessera».

La trappola era stata decisa quando alle 9.57 del 18 luglio i coniugi Venuti si parlarono al telefono, citando Galan, gli affari in Indonesia e l’interesse del deputato: «Chiama Giancarlo digli che è la storia dell’Indonesia del gas spiegagli che è il gas... che è la conclusione della vicenda del gas». Tanto basta ai finanzieri (e al gip) per scrivere che «il Venuti doveva andare in Indonesia per affari con le società indonesiane risultate dalla documentazione sequestrata in contatto con la società Thema, per conto del Galan, dovendosi precisare che la società Thema (capitale sociale 3.300.000 euro) anche se non intestata formalmente ai coniugi Venuti, è risultata senz’altro ad essi riferibile».

La moglie di Venuti. I finanzieri hanno indagato su queste scatole cinesi. E hanno scoperto che la moglie di Venuti era intestataria di un mandato fiduciario per amministrare obbligazioni nominali per oltre 1 milione emesse da Thema (il 9 dicembre 2010), tramite la società fiduciaria Sirefid di Milano «risultata dagli accertamenti patrimoniali a carico dei Galan utilizzata dai coniugi Galan». Anzi, dopo la notifica degli accertamenti bancari nell’ottobre 2013 «vi è stato il rimborso delle predette obbligazioni ai Venuti e il trasferimento delle somme su conto corrente croato intestato a fiduciaria italiana (Unine Fiduciaria spa)».

Da questo coacervo di interessi emerge la posizione centrale del commercialista Venuti nella gestione del patrimonio di Galan. Secondo i Pm, che ne hanno ricostruito l’entità, è composto da proprietà immobiliari: la villa di Cinto Euganeo che vale qualche milione di euro, una tenuta agricola a Castel del Rio (Bologna), una villa in Croazia. Ma ci sono anche partecipazioni in diverse società del settore energetico. I nomi di tutte le società? Margherita (di famiglia), San Pieri (21.5%), Green Power (10%), Ihlf (50%, settore sanitario), Amigdala (20% della moglie), Franica Doo (società di diritto croato). Nello studio Venuti hanno sede sia Nord Est Media che PVP coinvolte nel capitolo della corruzione. Tornando al reale beficiario delle quote fiduciariamente in mano a Venuti (che per i Pm è Galan), ci sono alcuni coimputati che accusano. Claudia Minutillo: «La PVP di Padova ha come riferimento per me Paolo Venuti.

È un amico di Giancarlo Galan. Si collega a Galan, solo a Galan». Che le quote fossero di Galan, Minutillo l’ha saputo da Venuti e da Baita. E Baita delle quote ha detto: «La PVP è intestata credo a Paolo Venuti. I rapporti sono molto stretti, è stato il governatore Galan che ci ha detto di parlare con Venuti per la questione, non ho dubbi».



Galan inguaiato anche dal maxi-mutuo: la rata era superiore al reddito dichiarato

http://www.repubblica.it/politica/2014/ ... o-88534740

L'ex governatore e la moglie nel 2012 hanno dichiarato 88mila euro netti in due. Ma la rata annua per la villa è di 150mila. I pm di Venezia a caccia dei conti segreti per spiegare la sproporzione tra reddito ufficiale e tenore di vita della coppia

di CORRADO ZUNINO

ROMA - Il Galan che ha sempre pianto miseria per comprare il villone di Cinto Euganeo ha chiesto un mutuo con una rata pari al doppio di quella che poteva restituire. Come faceva, e faccia, a onorarlo, è tutto da spiegare. Innanzitutto, alla Procura di Venezia. L'ex governatore "tre mandati" sui soldi non finisce di stupire.

Il nucleo tributario della Finanza ha acceso un faro e le intercettazioni sull'uomo quando si è accorto che in dieci anni (dal 2001 al 2011) aveva guadagnato un milione e 413 mila euro e ne aveva spesi 2 milioni e 695 mila. Quel milione e tre non giustificato era, come hanno scritto i tre sostituti procuratori pronti a chiedere l'arresto, una "sproporzione evidente".

Sicuramente, Galan per riempire il gap tra l'avere e il dare ha evaso il fisco e, secondo l'accusa, ha poi preso tangenti in denaro dal Consorzio Venezia Nuova per 4 milioni e 831 mila euro. I finanzieri, su mandato della procura, stanno ricostruendo tutti i conti - italiani ed esteri - dell'ex presidente della Regione Veneto.
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Re: Corousion tałiana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » lun giu 09, 2014 7:33 pm

Scandalo Mose, interrogato Orsoni “Sono innocente, fornirò le prove”
Galan: “Non mi farò distruggere”


http://www.lastampa.it/2014/06/06/itali ... agina.html

Il sindaco: «Sono un uomo prestato alla politica». La Corte dei conti istituisce una commissione d’indagine. Perquisito ex generale della Guardia di finanza


Un uomo «prestato alla politica» incapace di compiere le azioni di cui è accusato: si sarebbe definito così, «innocente», il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, sentito questa mattina dal Gip di Venezia Alberto Scaramuzza. Agli arresti domiciliari per lo scandalo degli appalti del Mose (la diga che dovrebbe proteggere venezia dall’acqua), Orsoni è stato interrogato per meno di un’ora nell’aula bunker di Venezia. «A me hanno chiesto di fare il sindaco, non è passato un solo centesimo nelle mie mani e nelle mie tasche» sono le parole che, riporta l’agenzia Ansa, Orsoni avrebbe pronunciato davanti al Gip.

Galan: “Non mi farò distruggere per misfatti commessi da altri”
«Su ogni cosa che ho detto e fatto nella mia vita, politica e non, ho sempre messo la faccia. Ho tutta l’intenzione di farlo anche stavolta, su questo non vi deve essere alcun dubbio». Giancarlo Galan affida ad una nota le ragioni del suo silenzio, dopo l’inchiesta sul Mose che lo ha travolto. «Non ho ancora ritenuto opportuno - spiega- rilasciare interviste semplicemente perché reputo doveroso rispettare l’iter giudiziario, quindi, parlare innanzitutto con la magistratura alla quale ho intenzione di spiegare e motivare, punto per punto, la mia totale estraneità alle accuse che mi vengono mosse: spero che ciò avvenga al più presto, veramente al più presto». Galan sta leggendo le carte accusatorie e sta disponendo tutto il materiale per respingere le accuse che gli sono state mosse. «Non mi voglio nascondere e non voglio nascondere proprio niente - assicura - anzi, esattamente il contrario. Voglio fare luce su tutto. Il processo mediatico è mostruoso, leggo profili della mia persona che stento a credere anche solo immaginabili, non poter rispondere o difendermi sin da subito è umanamente molto difficile». Galan conclude definendosi pronto a dimostrare che «stanno tentando di scaricare su di me nefandezze altrui. Non mi farò distruggere per misfatti commessi da altri».

La difesa: «E’ convinto di riuscire a dimostrare la sua innocenza»
Le dichiarazioni ufficiali le ha lasciate al suo legale, Daniele Grasso: Orsoni «non ritiene che gli sia addebitabile alcun tipo di responsabilità» e si propone «di dimostrarlo attraverso una serie di indagini difensive a integrazione della documentazione acquisita dal procuratore». Per Grasso, poi, «è giusto dare conto che l’inserimento in questo contesto della sua persona poteva essere evitato» perché la posizione di Orsoni «non c’entra niente con tutte le altre imputazioni». «È molto provato, sta soffrendo dal punto di vista istituzionale come da quello umano» ha aggiunto il legale, spiegando che il sindaco di Venezia «è profondamente convinto del fatto di riuscire a dimostrare che la sua situazione in questo contesto non va letta come è stato fatto. Si risolverà tutto spero in tempi relativamente brevi».

Corte dei conti, sul Mose una commissione d’indagine
La Corte dei conti ha istituito una commissione di indagine sul Mose dopo che le indagini hanno coinvolto anche a provvedimenti contro un ex magistrato della stessa. La decisione è stata presa dal presidente della Corte, Raffaele Squitieri, sentito il consiglio di presidenza, e d’intesa con il Procuratore generale. La commissione avrà il compito di condurre accertamenti su «tutte le procedure di controllo effettuate negli anni in merito all’opera» oltre che di verificare «gli atti e le relative risultanze». A presiederla è stato nominato il Presidente di sezione Adolfo De Girolamo.

Nuove perquisizioni
Nell’ambito dell’indagine sono stati perquisiti anche Mario Forchetti, generale d’armata in congedo della Gdf, che dallo scorso anno è presidente del comitato regionale per la trasparenza sugli appalti e la sicurezza di cantieri, e Walter Manzon, fino a tre anni fa comandante provinciale della Finanza a Venezia, oggi al vertice in Puglia. Nessuno dei due, tuttavia, è indagato e la perquisizione è stata effettuata «presso terzi» per i rapporti che li legano ad alcuni degli arrestati.

I grandi accusatori di Orsoni
Su Orsoni gravano la ricostruzione di una serie di fatture realizzate per creare del nero da parte di aziende del Consorzio e le testimonianze delle `voci profonde´ dell’inchiesta, quei `big´ che da semplici accusati con le loro dichiarazioni sono diventati `accusatori´. Parole messe a verbale che ritraggono il sindaco a fianco di Mazzacurati in momenti che paiono aver poco di istituzionale. I due, secondo gli atti, nella casa del sindaco a San Silvestro sul Canal Grande, si sono incontrati otto volte tra il maggio del 2010 e il giugno 2011. Una frequentazione che «non è spiegabile solo con rapporti di tipo istituzionale» ha scritto il Gip nell’ordinanza.
A mettere sulla graticola Orsoni, oltre a Mazzacurati, anche l’ex presidente della Mantovani Giorgio Baita. Ha raccontato ai giudici che il 17 settembre del 2013 fu lui a dare 50mila euro in nero per Orsoni, «a fronte di una richiesta di 89mila euro». Ancora più «ampie», le definisce il Gip, le dichiarazioni di Mazzacurati: il 31 luglio scorso ha affermato di aver dato ad Orsoni dai 400 ai 500mila euro. Di questi solo il 10% è riconducibile a contributi formalmente deliberati della società consorziate, mentre il 90% erano fondi neri: ha detto Mazzacurati.
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Re: Corousion tałiana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » mar giu 10, 2014 3:57 pm

Mose, nel "sistema Galan" anche Tremonti

http://www.unita.it/italia/inchiesta-mo ... i-1.573652

A Venezia si prepara una settimana decisiva per l'inchiesta che ha sconquassato la città lagunare tra fondi neri e sprechi per centinaia e centinaia di milioni, mazzette, finanziamenti illeciti e assunzioni stile parentopoli. Una rete di malaffare, una cricca politico-imprenditoriale che andava avanti da una decina d’anni con numeri da capogiro: 35 arrestati (dieci ai domiciliari), un centinaio di indagati per reati che vanno dalla corruzione alla frode fiscale passando per il finanziamento illecito ai partiti, con un giro di tangenti e affari illeciti tra i 20-25 milioni di euro. La Guardia di Finanza ha sequestrato a titolo preventivo beni per 40 milioni tra cui la villa e le barche di Galan e opere d’arte (quadri di Canaletto).

Le fonti di prova sono accertamenti bancari, la scoperta di fondi neri su conti esteri, pedinamenti, intercettazioni ma soprattutto i verbali dei costruttori e dei responsabili del Consorzio Venezia Nuova, da Giovanni Mazzacurati, dominus e regista del sistema di tangenti basato sul principio ferreo che tutti hanno prezzo, dai politici a chi ha funzioni di controllo (magistrati e Guardia di finanza). Basta pagare.

Ma in attesa dei nuovi verbali, di nuove rivelazioni o, come dicono sia Orsoni che Galan respingendo ogni accusa, «di fare chiarezza», dalle circa 400 pagine della richiesta di custodia cautelare emergono già nuovi filoni di indagine. Il numero degli omissis nei verbali alimenta l’idea di prossimi sviluppi di indagine. Magari presso altre procure.

Il sistema Galan, ad esempio, fa già intravedere nuovi sviluppi. Per fare cassa in modo illecito e sfuggire ai controlli, entrava con prestanome nelle società che lavoravano all'interno del Consorzio Venezia Nuova incassando la percentuale sugli utili sui lavori per il Mose. L’ex governatore e uomo di punta di Forza Italia avrebbe così incassato circa 5 milioni di euro. Corrotti e corruttori in un solo corpo. L’ex segretaria di Galan Claudia Minutillo, detta anche la Dama nera, era diventata il vertice di un triangolo Galan-Chisso-Minutillo. In un interrogatorio Minutillo, dice che «Baita decise di assegnare delle quote di Adria infrastrutture a Galan e Chisso attraverso dei prestanome. Una attraverso la Pvp di Padova, che fa riferimento a Paolo Venuti, amico e uomo di Galan». Chisso aveva il 5 per cento di Adria e Galan il 7 per cento. La Finanza ha trovato tracce di investimenti in Croazia e in Indonesia.

I tre pm veneziani Ancillotto, Bucini e Tonino e la Guardia di finanza stanno tirando anche un altro filo dell’inchiesta, quello che porta dritto al ministero delle Finanze e a una parte precisa della Guardia di finanza. L’arresto del generale Emilio Spaziante (corruzione) e la richiesta di arresto (respinta dal gip) di Marco Milanese (ex della GdF prima dell’avventura politica e parlamentare nel Pdl accanto a Tremonti di cui è stato il consigliere politico) è una storia ancora tutta da scrivere.

Secondo la Minutillo, in particolare, l’ex ministro dell’economia sarebbe stato tra i destinatari delle somme raccolte da Giovanni Mazzacurati e in particolare di una supermazzetta da mezzo milione di euro.

A Spaziante al momento è contestata l’offerta di due milioni e mezzo di euro per congelare alcuni controlli sul CvN in corso proprio da parte dei suoi stessi uomini a Venezia. Milanese ne ha incassati 500 mila per aver liberato un finanziamento Cipe di 600 mila (o mioni?) euro destinati al CvN e che era stato bloccato. Il punto è che sono stati perquisiti altri due alti ufficiali delle Fiamme Gialle. I finanzieri hanno bussato a casa di Mario Forchetti, generale di Corpo d’armata in congedo, che dalla primavera 2013 il governatore Roberto Maroni ha promosso controllore degli appalti in Lombardia, alla guida cioè del Comitato regionale per la trasparenza degli appalti. In pratica il Cantone di Maroni. Perquisizioni anche a casa dell’ex generale Walter Manzon, fino a tre anni fa comandante generale a Venezia e oggi numero uno della Finanza in Puglia. Non risultano al momento indagati. Ma il filone che coinvolge la Finanza diventa ogni giorno più inquietante. Anche per chi sta facendo le indagini.

Infine c’è un terzo filone. Riguarda il nuovo ospedale di Padova su cui, come risulta da alcune intercettazioni riportate nell’ordinanza di custodia, Giovanni Mazzacurati aveva messo gli occhi. Per questo nel 2012 e nel 2013, prima di essere arrestato, si stava muovendo per creare il «consenso politico al progetto». Da qui alcuni incontri con rappresentanze istituzionali, come una cena documentata con l'allora sindaco di Padova Flavio Zanonato a Le Calandre. Il costruttore Pio Savioli - arrestato nella prima tranche dell'inchiesta nel luglio scorso - in una intercettazione telefonica definisce la cena «abbastanza importante» perché «il capo supremo mio (Mazzacurati, ndr) era un po’ scoglionato e invece è ritornato arzillo». Un incontro che al momento non ha avuto rilevanza per le indagini.
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Re: Corousion tałiana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » mar giu 10, 2014 7:13 pm

Inchiesta Mose: Spaziante, profilo del finanziere indagato

http://www.lettera43.it/cronaca/inchies ... 131389.htm

Amico di Milanese. Sponsorizzato da Lavitola. Chi è l'ex generale della Gdf accusato di essere la talpa della cricca.

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di Gabriella Colarusso

Ci sono le intercettazioni ambientali, telefoniche, i pedinamenti, le riprese in video. Ma, soprattutto, ci sono le confessioni di alcuni degli indagati - racconti «convergenti», dicono i giudici - a rivelare uno degli aspetti forse più «inquietanti», per usare le parole di Raffaele Cantone, della maxi-inchiesta sul Mose: gli enti preposti al controllo, gli organismi che avrebbero dovuto vigilare sul corretto svolgimento dei lavori, erano invece parte attiva del sistema corruttivo. Magistrati contabili, poliziotti, uomini dei servizi e della Guardia di finanza piegati - con le mazzette - ai voleri della cricca.
Servitori dello Stato che hanno abdicato al loro ruolo, anteponendo interessi privati e per giunta «criminali», come scrive il gip Alberto Scaramuzza, alla tutela del bene pubblico.

Un nome su tutti spicca nelle carte dell'inchiesta: è quello di Emilio Spaziante, oggi generale in pensione, ma fino a qualche mese fa uno degli ufficiali più potenti della Guardia di finanza, di cui è stato comandante in seconda dall'11 febbraio al 4 settembre 2013.
Intercettato, pedinato e poi fermato dai suoi stessi uomini.
Secondo i magistrati, per mesi Spaziante avrebbe fornito agli indagati informazioni riservate sulle indagini in corso e su alcune verifiche fiscali operate dalle Fiamme gialle sulle attività del Consorzio Nuova Venezia, sfruttando le sue conoscenze e il suo potere all'interno del corpo.

LA MAZZETTA DA 500 MILA EURO. Un «sistematico informatore», lo definisce il giudice, che in cambio dei suoi servigi avrebbe ricevuto dagli imprenditori coinvolti nelle indagini una mazzetta da 500 mila euro, dopo averne chiesti 2 milioni e mezzo.

«Questo incontro che Mazzacurati aveva fatto con Meneguzzo avrebbe comportato il pagamento di 2 milioni e mezzo alla Guardia di finanza, di cui 300 mila subito e il conferimento a Meneguzzo (numero uno della Palladio Holding, ndr) di 300 mila euro all’anno, più 400 mila euro di fee… Seppi poi che la Guardia di finanza a cui si riferiva era il generale Emilio Spaziante e, oltre ai 300 mila euro, ne furono richiesti altri 200 mila…», ha raccontato ai magistrati Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani Costruzioni, gola profonda dell'intera inchiesta.

«Sei mesi di registrazioni… il mio telefonino, mi hanno detto è ancora sotto controllo fino alla fine dell’anno», spiega Giovanni Mazzacurati, ex presidente del consorzio, all’ex diplomatico Antonio Armellini in una conversazione intercettata e agli atti dell'inchiesta.

LE SOFFIATE SUI TELEFONI INTERCETTATI.
«Mi hanno detto che mi hanno registrato una telefonata con Matteoli (l’ex ministro di An finito sotto inchiesta) e col dottor Letta… pensi che la telefonata che mi hanno raccontato io me la ricordavo benissimo…». Ad avvisare gli imprenditori intercettati sarebbe stato proprio Spaziante, che chiamava frequentemente il capo della Gdf di Venezia per avere informazioni sulle indagini.
Le amicizie con Milanese e Romei Pasetti

Spaziante del resto non è uno qualunque. È stato uno dei più alti vertici della Gdf - capo del II reparto del Comando generale, comandante regionale della Lombardia, capo di Stato Maggiore del comando generale, capo del Comando interregionale dell'Italia centrale e del Comando aeronavale centrale - e, soprattutto, vicedirettore del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, la centrale di comando dei nostri servizi segreti.

GLI APPOGGI POLITICI.
Il generale è anche molto amico di Marco Milanese - ex deputato del Pdl e plenipotenziario del ministero dell'Economia per tutto ciò che riguardava le Fiamme gialle, gli appalti, le grandi opere, ai tempi in cui il dicastero era retto da Giulio Tremonti (II governo Berlusconi) - e di Manuela Romei Pasetti, magistrato, ex presidente della corte d'appello di Venezia, ed ex membro del comitato di sorveglianza di Finmeccanica.
Romei Pasetti è finita sotto indagine nell'inchiesta del procuratore Eugenio Fusco sulle presunte tangenti che sarebbero state pagate da Agusta Westland per aggiudicarsi una commessa in India dal valore di 560 milioni di euro.

IL QUARTIER GENERALE LOMBARDO.
La sua carriera, il generale di origini casertane entrato nella Gdf nel 1970, l'ha costruita soprattutto a Milano e in Lombardia, il cuore del suo network di potere, come racconta bene Carlo Bonini in un articolo pubblicato su La Repubblica nel 2007: «Quando lascia per il comando a Roma, Spaziante impone quale suo successore un amico fraterno, un compagno di corso: il generale Mario Forchetti».
Sia Spaziante sia Forchetti sono stati ufficiali del II Reparto, l'intelligence della Guardia di Finanza, «l'occhio e l'orecchio che lavora in perfetta osmosi con il Sismi dell'ex generale di corpo d'armata della Fiamme gialle Nicolò Pollari e da cui Pollari pesca decine e decine di suoi ex ufficiali», spiega ancora Bonini.

FORCHETTI E IL CONTROLLO SU EXPO.
Anche Forchetti, che attualmente è il capo del comitato di controllo sugli appalti pubblici della Regione Lombardia, una task force voluta da Roberto Maroni che avrebbe dovuto vigilare anche sugli appalti Expo ma che non è servita a molto - come raccontato da Lettera43.it - è finito nell'indagine sul Mose.
La sua casa è stata perquisita e i suoi conti correnti passati ai raggi X.
Ma Forchetti e Spaziante non sono gli unici esponenti della Gdf coinvolti a diverso modo nell'inchiesta. C'è anche Walter Manzon, fino a qualche anno fa comandante provinciale a Venezia, cui pure è stata effettuata una perquisizione.
Forchetti e Manzon non sono indagati, Spaziante invece è accusato di corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio.
Dall'appoggio di Lavitola alla soffiata su Mediolanum

Non è la prima volta che il generale finisce nel mirino dei magistrati. Nel 2004 fu indagato per una fuga di notizie legata a un'indagine monzese sui bilanci di Impregilo, ma la sua posizione fu poi archiviata.
Nel 2011, invece, il suo nome saltò fuori nell'inchiesta sui finanziamenti al giornale L'Avanti di Walter Lavitola, il faccendiere ora in carcere per tentata estorsione, indagato e imputato in diversi processi.
Lavitola, da sempre vicino al generale Paolo Poletti, numero due dell'Aisi, sponsorizzò presso l'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi la nomina di Spaziante per fare «non il numero uno, ma il numero due», ossia il capo di Stato maggiore delle Fiamme gialle, come si lesse all'epoca dalle intercettazioni effettuate a carico del faccendiere.
L'ascesa di Spaziante in quel momento era messa in forse proprio dalla vicinanza del generale con Milanese e Tremonti. Lavitola ne perorò la causa, partecipando anche a un incontro tra il generale e Berlusconi.

L'INDAGINE SULLA P4.
Nello stesso anno i giornali si occuparono di Spaziante anche per un'altra inchiesta, quella della procura di Napoli sulla P4, nel corso della quale saltò fuori che Mediolanum era stata preavvertita di una verifica fiscale.
Che ci fosse stata una soffiata, spiegò Milanese al pm Henry John Woodcock, l'ex deputato Pdl l'aveva saputo proprio da Spaziante.
«Vi dico che il generale Spaziante potrebbe riferirvi particolari su alcune informazioni che l’Adinolfi avrebbe “passato” agli interessati in occasione di una verifica fatta dalla Gdf a una importante società», disse l'ex deputato Pdl agli inquirenti.
Ascoltato dai magistrati, Spaziante confermò: «È possibile che io abbia raccontato all’onorevole Milanese che c’è una “voce” diffusa all’interno del Nucleo di polizia tributaria di Milano secondo la quale durante una verifica - credo a Mediolanum - i sottufficiali operanti abbiano trovato un appunto o comunque un documento dal quale sembrerebbe che Mediolanum stessa fosse stata preavvertita della verifica in oggetto».
Spifferi, segreti, voci, fughe di notizie che ora, tra le indagini su Expo e quelle sul Mose, rischiano di mettere in seria difficoltà l'intero corpo della Guardia di finanza.

Marco Milanese (ex della GdF prima dell’avventura politica e parlamentare nel Pdl accanto a Tremonti di cui è stato il consigliere politico)
Venerdì, 06 Giugno 2014
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