Casta medica, malasanità e corruzione nella sanità pubblica

Casta medica, malasanità e corruzione nella sanità pubblica

Messaggioda Berto » gio mag 22, 2014 7:06 am

Casta medica, malasanità e corruzione nella sanità pubblica
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Casta medica, malasanità e corruzione nella sanità pubblica

Messaggioda Berto » gio mag 22, 2014 7:13 am

I primati dello stato italiano e dell'Italia in Europa e nel mondo
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sanità pubblica tra le peggiori dell'occidente, generalmente da Roma in giù con qualche caso di orrore speculativo anche al nord dove in cliniche private i medici operavano dei pazienti sani per intascare il corrispettivo pubblico;

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Casta medica, malasanità e corruzione nella sanità pubblica

Messaggioda Berto » gio mag 22, 2014 7:24 am

La malasanità, negli ospedali del sud si muore


Sanità, sei nato al Sud. E allora muori - Il Fatto Quotidiano
Enrico Fierro
il Fatto Quotidiano, 3 Settembre 2014

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... ri/1107442

E allora muori, perché sei nato al Sud e qui ti sei ammalato, qui avevi bisogno di cure, attenzione, professionalità, onestà. E invece hai trovato un medico pavido, che ha fatto scempio del giuramento di Ippocrate (“…regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio; mi asterrò dal recar danno e offesa”) e di ogni senso di umanità. “Il primario ha amicizie e coperture politiche. Io no”. Così si è sfogato nella confessione, tardiva e inutile, registrata da un suo collega e pubblicata, per fortuna, da Basilicata24.it.

È questo il dramma del Sud, le amicizie politiche, le coperture, il familismo amorale e partitico che in queste lande ha trasformato la sanità pubblica, o quel che ancora ne rimane, in un Far West. Un terra di conquista per partiti famelici, direttori sanitari asserviti, presidenti di aziende sanitarie che non rispondono agli ammalati ma ai loro protettori politici. Un Far West degli sprechi. Se in Europa il 5,6% del budget della sanità pubblica viene assorbito dalla corruzione, nel Sud la percentuale sale, schizza in alto, raggiunge vette vergognose. Sarebbe inutile ricordare i casi di ospedali finiti e chiusi, le sale operatorie completate e abbandonate, le forniture sanitarie che in Calabria, Campania, Puglia e Basilicata, costano dieci volte di più che in altre regioni. Sarebbe pietoso ricordare le tante inchieste aperte e i tantissimi politici coinvolti in scandali che proprio la salute dei cittadini hanno al centro. “Questa è terra vattiata”, avrebbe scritto Leonida Répaci, uno dei tanti, inascoltati cantori dei mali del Sud. Vattiata, maltrattata da politici disonesti e incompetenti.

Basta vedere come dalla Campania alla Sicilia si è proceduto al riordino degli ospedali. I “tagli” sono stati fatti con l’elenco dei collegi elettorali alla mano, e qui pesano più che nelle Regioni del Nord, al punto che in un suo ultimo rapporto il Censis parla di vero “abbandono della sanità pubblica”. Chi può scappa, cerca le cure da Roma in su, turisti sanitari li chiamano.

Anche per questo il Sud si avvia a passi spediti a diventare quel “deserto umano” paventato nell’ultimo rapporto Svimez. Sono dati drammatici che raccontano come metà del Paese è ormai senza futuro, dove aumentano povertà, disoccupazione, emigrazione. Per questa metà dell’Italia abbandonata poco o nulla è previsto nei mirabolanti disegni futuri del governo Renzi.

Qui tra Napoli e Catanzaro, Potenza e Avellino, non contano i diritti, ma le protezioni politiche. E allora muori, e la tua morte in un fredda corsia di ospedale per un errore sanitario sarà coperta dalla più totale omertà. Dopo aver perso da vivo il diritto alla salute, da morto perdi anche quello alla giustizia. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha spedito i carabinieri dei Nas oltre Eboli, presto ci saranno novità, forse si capirà qualcosa e chi deve pagare pagherà. Aspettiamo con scarsa speranza, perché al Sud hanno ucciso anche quella.


Malasanità, in Campania e Calabria l'81% dei decessi: qui si muore di più
l'81% dei decessi: qui si muore di più
Giornata nazionale contro la malasanità
2014/13-maggio
http://corrieredelmezzogiorno.corriere. ... 6222.shtml

NAPOLI - «Se pago vengo trattato meglio» questo è il concetto del 18% degli intervistati che sono sfiduciati verso chi dovrebbe garantire cure, diagnosi accurate e puntuali e assistenza al malato. Non è un caso, infatti, che 12 milioni di cittadini migrino dal servizio pubblico alle cure di un privato.

CENTO PUNTI DI ASCOLTO - Codici ha promosso sportelli attivi presso tutta Italia .I cittadini che volessero denunciare o segnalare situazioni anomale possono rivolgersi all’indirizzo e-mail nomalasanita@codici.org oppure ai punti d’ascolto territoriali: a San Giuseppe Vesuviano in Via Leonardo Murialdo, 26 (codici.campania@codici.org) e a Napoli in vico San Sepolcro, 102 (sportello.napoli@codici.org). «Siamo pronti ad accogliere ogni segnalazione» spiega il segretario regionale di Codici, Giuseppe Ambrosio «saremo vigili su tutto quello che verrà denunciato dai cittadini e noi stessi provvederemo ad intervenire laddove sarà necessario».

CALABRIA E CAMPANIA, DOVE SI MUORE DI PIU' - Inquietano ed indignano i numeri sulla malasanità in Italia. In nove anni, errori e incidenti sono costati alla sanità pubblica quasi 1,5 miliardi di euro, 300 milioni solo nel 2012. Tante anche le denunce per errore medico: la Sicilia è al primo posto con il 20% di denunce, segue la Calabria con il 19%. Al terzo posto di questa triste classifica spunta il Lazio, con l’11% di denunce. Drammatici anche i dati relativi alle denunce per eventi con decesso. Facendo le dovute proporzioni denunce/decesso, il quadro che ne esce fuori è il seguente: 81% in Calabria e Campania, 77% in Emilia Romagna, Sicilia con il 72%, 69% in Puglia, il Lazio con il 66%. Non è un caso, dunque, che 12milioni di cittadini migrino dal servizio pubblico alle cure di un privato.

IN ITALIA - In Italia, la sanità di «sano ha ben poco»: morti sospette, denunce, indagini della Procura, scarsa trasparenza. A tutto questo, da Nord a Sud, 100 città dicono di “no”. Una forte presa di posizione di Codici che ha così promosso la Giornata nazionale contro la malasanità, dal Piemonte alla Sicilia, 100 delegazioni dell’Associazione scendono in campo per chi volesse denunciare o segnalare casi anomali e poco trasparenti. Il sistema sanitario è un caos volutamente organizzato per permettere speculazioni e sprechi, in cui la politica fa i suoi affari e dove si tenta di nascondere gli errori/orrori medici. L’Associazione vuole quindi ribellarsi a questa situazione di immobilismo, ai compromessi tra classe politica e lobbies. In molte regioni d’Italia, soprattutto nel Meridione, il diritto alla salute è diventato quasi un optional. La salute e la dignità del paziente non sono l’interesse primario, in questo contesto infatti si colloca perfettamente la Campania.

LA CAMPANIA A RISCHIO - La Campaniaè una delle regioni che è più a rischio di tutti, per quanto riguarda il servizio sanitario pubblico. Tagli al personale, posti letto carenti, chiusura di ospedali e come nel caso giornaliero le barelle finite al Cardarelli con l’utilizzo momentaneo di sedie a rotelle. Le liste d’attesa sono l’esempio lampante del disservizio sanitario dove il cittadino può attendere mesi prima di essere sottoposto a visite. Ci sono casi in cui chi non rimane in Campania migra al Nord, per curarsi, o addirittura si sposta all’estero per l'efficienza del servizio che delle cure.


Malasanità, 329 morti in due anni In Calabria il record degli «orrori»
Enza Cusmai - Mar, 25/10/2011

http://www.ilgiornale.it/news/malasanit ... rrori.html

Vibo Valentia: donna di 33 anni muore di parto. Locri: bambina di cinque anni muore dopo essere stata dimessa dall’ospedale. Cosenza: ingessato il braccio sano a una bambina di due anni e mezzo. Basta cliccare su Internet «Malasanità» e l’elenco dei più assurdi decessi o delle distrazioni mediche ci riporta dritti al Sud. Ed è amaro il titolo di una tv locale calabrese che ieri annunciava: «Tranquilli: quanto a malasanità nessuna sorpresa! La Calabria resta saldamente in testa a ogni classifica negativa». Il cronista commentava i dati resi noti ieri dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sanitaria presieduta da Leoluca Orlando. Nel complesso catastrofici: negli ultimi due anni, tra errori, disservizi, carenze strutturali e inefficienze, i casi di malasanità sono cresciuti: 470 in totale, sedici al mese, più di uno ogni 48 ore, di cui 329 terminati con la morte del paziente. Una tendenza in salita negli ultimi 12 mesi, con una media di 19 episodi al mese. Numeri che impressionano ma non quanto il dato geografico. È la Calabria, infatti, la regione in cui si muore di più in ospedale. Gli episodi di sospetta malasanità sono stati 97 e i decessi ben 78. Al secondo posto si piazza la Sicilia, con 91 casi di errori sanitari e 66 decessi. Poi c’è il Lazio dove si contano ben 51 casi di errori e 35 morti. Insomma, queste tre regioni, da sole, totalizzano oltre la metà delle criticità con una media di quasi due al giorno. In Italia, per fortuna, c’è anche la sanità che funziona. In alcune regioni non si sbaglia quasi mai. In Sardegna, zero segnalazioni in 29 mesi. In Molise e in Trentino solo una. Sulle dita di una mano anche le disfunzioni in Umbria, Friuli, Basilicata, Marche e Umbria. Numeri contenuti anche in Valle d’Aosta (10), Piemonte (9), Abruzzo (7), Umbria (4).
Le cosiddette regioni virtuose, con la sanità migliore in Italia, sono affette da pochi episodi di presunta malasanità e si collocano nella seconda parte della classifica: la Toscana si ferma a 29 casi (18 decessi), Lombardia a 28 (11 morti), Emilia Romagna 24 (16 morti) e Veneto 23 (13 morti). In mezzo al guado la Puglia con 31 casi denunciati e la Campania con 29. Ovviamente non tutte le colpe devono essere attribuite ai medici. Su un totale di 470 casi di malasanità, 326 riguardano errori da parte dei medici e del personale sanitario. Che potrebbero aver causato 223 decessi. Ma sono molti anche gli episodi causati da disservizi, carenze e strutture inadeguate. E anche in questo caso il terzetto Calabria, Sicilia, Lazio, colpisce ancora. Ma questa situazione è irrecuperabile? Il presidente Orlando sembra cautamente ottimista ad un patto: «Gli operatori devono denunciare spontaneamente anomalie e disfunzioni». Bisogna spazzare via l’omertà perché - secondo l’ex sindaco di Palermo - è figlia di personalismi e accordi clientelari. «Il vero punto – denuncia Orlando - è che troppo spesso gli operatori si rivelano più interessati a non dar fastidio al politico di turno, piuttosto che assicurare la sicurezza propria e dei pazienti». Parole gravissime che riflettono la situazione in cui si trova la sua Sicilia e la Calabria.
Il caso Calabria: secondo questa indagine la regione svetta per quantità e gravità dei casi di malasanità, con quasi il 25% dei presunti errori che si contano a livello nazionale. Ogni volta che ci scappa un morto, scatta un’indagine, lo sdegno dell’opinione pubblica. Ma poi tutto procede come prima. E calabresi se la passano molto male. Sono secondi in Italia per spesa pro capite sulla sanità e all’ultimo posto per la qualità offerta nei servizi sanitari principali. Chi può emigra e si fa ricoverare in altre regioni spendendo oltre 3mila euro in più. Così, in Calabria si spende il triplo del Veneto. Gli ospedali sono zeppi di amministrativi più che di medici. Un esempio? A Gioia Tauro in ospedale ci sono 26 cuochi per 32 posti letto. Speriamo si mangi meglio che al ristorante.
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Messaggioda Berto » mer ago 27, 2014 6:59 am

Ritardano cesareo per non rimanere oltre l'orario di lavoro, neonato nasce con lesioni gravissime: tre a processo
http://www.ilmessaggero.it/primopiano/c ... 43132.html

«Per evitare di rimanere a lavorare oltre l'orario previsto, avrebbero omesso di eseguire un parto cesareo, nonostante i molteplici episodi di sofferenza fetale emersi dal tracciato». E per «simulare una inesistente regolarità nell'esame medico» avrebbero «somministrato atropina alla gestante». La procedura, e «il non avere informato della situazione i colleghi del turno successivo, avrebbe causato la nascita del neonato con lesioni gravissime».
È l'accusa contestata dalla Procura di Catania a due dottoresse dell' ospedale Santo Bambino, struttura da oltre 2.000 parti l'anno, Amalia Daniela Palano e Gina Corrao, per le quali è stato chiesto il rinvio a giudizio per lesioni gravissime colpose, omissioni e falso in atti d'ufficio. Davanti al Gup Ragazzi, il prossimo 22 maggio, comparirà anche la dottoressa Paola Cairone che, secondo l'accusa, «pur non essendo a conoscenza degli avvenimenti precedenti, praticava alla paziente per due volte le manovre di Kristeller, bandite dalle linee guida, nonostante un tracciato non rassicurante, e non contattava in tempo il neonatologo».
L'episodio risale al 2 luglio 2015 e le indagini sono state avviate dalla squadra mobile e coordinate dal procuratore Carmelo Zuccaro dopo la denuncia dei familiari. Il neonato, venuto al mondo con un giro di cordone ombelicale attorno al collo, ha riportato lesioni gravissime e danni irreversibili cerebrali e motori. I familiari e il bambino si costituiranno parte civile con l'avvocato Gianluca Firrone.


"Noi Italia”, 100 statistiche Istat per capire il Paese. Salute: Italia migliora ma forte divario regionale e in Europa è a metà classifica
14 aprile 2017

http://www.quotidianosanita.it/studi-e- ... o_id=49899

L'Istat ha pubblicato l'edizione 2017 di "Noi Italia": le cento statistiche Istat per capire il Paese.
Rispetto al livello europeo, da oltre un decennio il sistema sanitario è sotto riforma per razionalizzare le risorse e contenere la spesa quasi del tutto pubblica. Quella privata nel 2015 è stata in Italia è del 24,5% del totale, come in Estonia e Finlandia; i contributi maggiori si registrano in Grecia (39,4%), i contributi minori in Germania (15,0%).

L’Italia migliora in salute e welfare. E si pone sopra la media europea nonostante la spesa sanitaria pubblica italiana sia inferiore a quella di importanti paesi partner,

L’ultima analisi è quella proposta da “Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”, dell’Istat, che offre un quadro d’insieme dei diversi aspetti economici e sociali del nostro Paese, della sua collocazione nel contesto europeo e delle differenze regionali che lo caratterizzano.
La pubblicazione presenta una selezione dei più interessanti indicatori statistici interattivi (consultabili a questo link http://noi-italia.istat.it/index.php?id ... 4b9307fc74 o scaricare il data base completo a questo link http://noi-italia.istat.it ), che spaziano dall’economia alla cultura, al mercato del lavoro, passando dalle condizioni economiche delle famiglie, alla finanza pubblica, all’ambiente.



Per quanto riguarda la salute, gli indicatori di mortalità (infantile, per tumori e per malattie circolatorie) continuano a contrarsi e si mantengono più bassi della media europea.

Tra gli indicatori sugli stili di vita l’Italia presenta la percentuale più bassa di adulti in eccesso di peso, mentre la diffusione dell’abitudine al fumo vede il nostro Paese in una posizione centrale. L’Italia si conferma tra i paesi europei più longevi, sia per gli uomini sia per le donne.

Gli altri indicatori demografici mettono in luce, tuttavia, un quadro di scarsa dinamicità, con un indice di vecchiaia secondo solo a quello della Germania, un indice di dipendenza tra i più alti, un tasso di crescita naturale negativo e peggiore della media europea e una fecondità tra le più basse, con un valore ben inferiore alla soglia del ricambio generazionale.

La spesa in R&S in rapporto al Pil si sta avvicinando all’obiettivo nazionale per il 2020 (1,53%), ma il progresso è ancora insufficiente a ridurre la distanza con gli altri principali paesi europei. Ritardi rispetto alla media europea contraddistinguono anche la formazione e l’occupazione di persone con alta professionalità tecnico-scientifica, mentre famiglie e imprese italiane rimangono lontane dai paesi più evoluti nell’utilizzo del web.

Scendendo in un maggiore dettaglio, a livello nazionale nel 2014 l’Istat segnala che la spesa sanitaria pubblica italiana si attesta intorno ai 2.400 dollari pro capite a fronte degli oltre 3.000 spesi in Francia e dei 4.000 in Germania (fonte Ocse). Le famiglie italiane hanno contribuito alla spesa sanitaria complessiva per il 23,3%, in lieve aumento rispetto all’anno precedente, ma in calo di oltre due punti percentuali rispetto al 2001.

In Italia i decessi per tumori e malattie del sistema circolatorio sono stati rispettivamente 25,8 e 31,0 ogni 10mila abitanti nel 2014. Nel Mezzogiorno la mortalità per tumori si conferma inferiore alla media nazionale, mentre quella per malattie del sistema circolatorio è più elevata. La mortalità per queste cause è in continua diminuzione e inferiore alla media europea (27,4% e 38,3% dati 2013). Il tasso di mortalità infantile, importante indicatore del livello di sviluppo e benessere di un paese, continua a diminuire, nel 2014 in Italia è di 2,8 per mille nati vivi, tra i valori più bassi in Europa.

Nel 2015 la spesa sanitaria pubblica corrente ammonta a circa 112 miliardi di euro (circa 1.838 euro annui per abitante), pari al 6,8 % del Pil. L'offerta ospedaliera si riduce anche per la promozione di un modello di rete ospedaliera integrato con l'assistenza territoriale (nel 2002 i posti letto ordinari erano 4,3 ogni mille abitanti, nel 2013 sono 3,2).

I tumori e le malattie del sistema circolatorio sono le patologie per cui è più frequente il ricovero ospedaliero; si registra una riduzione nel tempo perchè sono sempre più spesso curate in contesti assistenziali diversi (day hospital o ambulatori).
La mortalità per tumori è in costante diminuzione grazie a misure di prevenzione primaria e avanzamenti diagnostici-terapeutici; anche se gli uomini presentano livelli di mortalità maggiori delle donne, il divario di genere diminuisce nel tempo. Sebbene la mortalità per malattie del sistema circolatorio, tipiche delle età adulte e senili, sia in continua diminuzione su tutto il territorio, essa è responsabile della maggior parte dei decessi, soprattutto per gli uomini.

Il tasso di mortalità infantile, importante indicatore del livello di sviluppo e benessere di un paese, continua a diminuire raggiungendo valori tra i più bassi in Europa.
Nel 2015 tra le persone di 14 anni e più, la quota dei fumatori è pari al 19,6%, dei consumatori di alcol a rischio è il 16,1%, mentre l'incidenza delle persone obese risulta pari al 9,8% della popolazione adulta di 18 anni e più.

A livello regionale invece la spesa pubblica pro capite è molto variabile per le differenze esistenti nelle condizioni socio-economiche e nei modelli di gestione dei sistemi sanitari regionali; nel Mezzogiorno è notevolmente inferiore alla media nazionale. Anche il contributo delle famiglie alla spesa sanitaria totale è più basso nel Mezzogiorno (18,9% nel 2014), in particolare in Molise, Sicilia e Campania; le incidenze più alte si registrano in Friuli-Venezia Giulia (31,0%), Valle d'Aosta ed Emilia-Romagna (28,6%).

Resta il divario tra Nord e Mezzogiorno per i posti letto ospedalieri.
I sistemi ospedalieri di Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana si confermano veri e propri "poli di attrazione" di ricoveri per i non residenti. Al contrario Calabria, Sicilia e Campania mostrano flussi in uscita significativamente più elevati dei flussi in entrata.
Per i ricoveri ordinari per malattie del sistema circolatorio si riduce nel tempo l'eterogeneità territoriale ed i tassi di ospedalizzazione tendono a convergere verso la media nazionale.

Nel Mezzogiorno la mortalità per tumori è inferiore alla media nazionale, mentre la mortalità per malattie del sistema circolatorio, sia per i maschi che per le femmine, è più elevata della media; anche la mortalità infantile è più alta nel Mezzogiorno, nonostante la più ampia riduzione nell'ultimo anno, perchè il miglioramento nel tempo è più lento in queste regioni svantaggiate.

L'obesità e il consumo di alcol a rischio mostrano situazioni territoriali contrapposte: nel Centro-Nord è più alta la quota di consumatori di alcol, nel Mezzogiorno quella di persone obese. Per i fumatori, le quote più elevate si rilevano in Campania, Liguria e Umbria.

Rispetto al livello europeo, da oltre un decennio il sistema sanitario in generale è sottoposto a riforme che puntano alla razionalizzazione delle risorse e al contenimento della spesa; il finanziamento pubblico dei servizi sanitari rappresenta comunque la scelta prevalente.

Nel 2015 la quota di spesa sanitaria privata in Italia è pari al 24,5% del totale, come in Estonia e Finlandia; i contributi maggiori si registrano in Grecia (39,4%), i contributi minori in Germania (15,0%).
La spesa sanitaria pubblica italiana è inferiore a quella di altri importanti paesi europei: a fronte dei circa 2.431 dollari per abitante, in parità di potere d’acquisto, spesi in Italia nel 2014, Regno Unito e Francia superano i 3 mila e la Germania i 4 mila dollari per abitante.
Riguardo l'offerta di posti letto ospedalieri, nel 2014 l'Italia si conferma al di sotto della media Ue28 (3,4 rispetto a 5,2 posti letto ogni mille abitanti).

Il nostro Paese si posiziona quasi a metà della graduatoria dei ricoveri ordinari per tumori e per malattie del sistema circolatorio (rispettivamente 1.116,6 e 1.947,6 per 100 mila abitanti).
Il tasso di mortalità italiano per tumori e per malattie del sistema circolatorio nel 2013 è inferiore alla media europea. L'Italia si conferma anche tra i paesi con il più basso valore del tasso di mortalità infantile (2,8 per mille nati vivi nel 2014), confrontabile con quello di Estonia, Spagna, Lussemburgo e Portogallo.

L'abitudine al fumo è meno diffusa in Svezia, Lussemburgo e Finlandia; l'Italia si colloca in posizione centrale nella classifica dei 21 paesi europei aderenti all'Oecd, che vede nelle prime posizioni Grecia, Ungheria ed Austria. Rispetto all'obesità, l'Italia è tra i paesi con i valori più bassi insieme a Svezia, Belgio e Paesi Bassi.

Per una sintesi degli altri indicatori diversi dalla salute si può consultare il comunicato stampa di presentazione Istat
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Messaggioda Berto » mer lug 26, 2017 7:42 am

Napoli, donna ricoverata in un letto pieno di formiche. De Luca: “Sanità inquinata da camorristi e affaristi”
Edoardo Izzo
2017/06/13

http://www.lastampa.it/2017/06/13/itali ... agina.html

http://www.lastampa.it/rf/image_lowres/ ... mpa.it.jpg


Centinaia di formiche che assediano una pazienta costretta in un letto d’ospedale. Un’immagine che richiama situazioni da terzo mondo ma, invece, accade a Napoli in un reparto dell’ospedale San Paolo. A diffondere la foto e a denunciare il caso di malasanità in Campania è il consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli. La signora era in cura per uno choc settico post frattura e sotto antibiotici. Al momento dell’invasione di formiche era sola. Dopo quanto accaduto il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin ha disposto l’invio della task force ministeriale e dei carabinieri del Nas.

napoli

“Gravissimo caso di degrado e malasanità”

Quello che mette in risalto Borrelli è «un gravissimo caso di degrado e di mala sanità; una signora ricoverata in Medicina Generale al quinto piano ed immersa tra le formiche in un letto sporco. Un livello di sciatteria e mancanza di igiene che non possiamo accettare da parte del personale medico». Peraltro, il fatto non sarebbe nuovo. «Sono anni - aggiunge il componente della commissione Sanità della Regione - che denunciamo la presenza di insetti, compresi gli scarafaggi all’interno dell’ospedale e le rassicurazioni che ci hanno fornito fino ad oggi si sono rivelate inattendibili. Per questo chiediamo la rimozione immediata di tutti i responsabili e i membri del reparto che hanno permesso una simile vicenda. Il direttore sanitario inoltre dovrà dare serie spiegazioni anche in commissione sanità dove lo farò convocare per un’audizione e sulla cui azione amministrativa ho deciso di chiedere una inchiesta interna». Per Borrelli «non possiamo accettare che i pazienti siano trattati in questo modo e non accettiamo giustificazioni superficiali. La signora va subito rimossa e sistemata in condizioni mediche, sanitarie e di decoro degne di questo nome. O si lavora in modo serio e con grande rispetto per i malati o per quanto ci riguarda si va a casa».

De Luca: “Sanità inquinata da camorristi e affaristi”

«La sanità della Campania è un disastro e stiamo lavorando all’ultimo respiro per riqualificare una sanità che ha delle eccellenze ma è stata per tanti decenni al servizio della politica politicante, inquinata da camorristi, da affaristi di ogni tipo» ha commentato il presidente della Regione Campania, Vincenzo Da Luca, ai microfoni di SkyTg24 a proposito del caso della donna circondata da formiche su un letto dell’ospedale San Paolo di Napoli. «La signora in questione è arrivata che era quasi in fin di vita», ha aggiunto.

L’ospedale: “Un fatto che non doveva accadere”

Il direttore sanitario del San Paolo, Vito Rago, si dice «mortificato. Il fatto è vero. Le formiche sono sul letto, non sul corpo della paziente, ma di sicuro questo è un fatto che non doveva assolutamente accadere. Abbiamo preso immediati provvedimenti». Rago ricorda: «Ricopro questo incarico da appena 20 giorni ma non voglio giustificarmi certo per questo. Ho chiamato il servizio bonifica che interverrà domani mattina nell’intero reparto. Ho provveduto inoltre ad appaltare ad una ditta specializzata l’incarico per una bonifica definitiva». Il dottor Rago ribadisce: «È un fatto che non doveva assolutamente accadere. E farò in modo che non succeda mai più. La prima cosa, fatta subito, è stata quella di cambiare il letto della signora». Mentre il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, annuncia per domani la presentazione di un esposto in Procura a Napoli, Bruno Zuccarelli, segretario regionale Anaao, parla di «immagine vergognosa, di una Sanità da terzo mondo, colpevolmente piegata dall’assenza della politica. Ci chiediamo da tempo cosa stiano aspettando da Roma per nominare il nuovo commissario alla Sanità in Campania, la risposta a questa domanda ci lascia senza parole. A quanto pare la nomina a commissario di De Luca, che è la soluzione a questo punto più ovvia, sarebbe congelata a causa di una ripicca politica».
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Messaggioda Berto » mer lug 26, 2017 7:43 am

La casta dell’ordine dei medici e le assurde limitazioni per accedere alla professione

http://www.oggi.it/posta/lettere/2012/1 ... rofessione

di Antonio Giangrande

La torta della sanità.
Impediscono l’accesso alla professione, limitando la concorrenza, e svolgono il doppio lavoro: pubblico e privato. Il lavoro presso gli ospedali a disposizione del lavoro presso lo studio privato. Intanto le liste d’attesa ingrossano, come le loro tasche: vuoi far prima? Paga……Ed in Parlamento ognuno tutela la propria lobby.
Perché nessuno ha il coraggio di dire veramente come stanno le cose. Basta leggere il mio libro sul tema “CONCORSOPOLI”. Opere che i media si astengono a dare la dovuta visibilità e le rassegne culturali ad ignorare.
Per esercitare le funzioni dello Stato, anche se sono truccati, i concorsi pubblici stabiliscono già il numero chiuso per l’accesso alla funzione.
Per quanto riguarda l’esercizio delle professioni, i concorsi pubblici non prevedono il numero chiuso, anche perché la Costituzione non lo prevede, ma tant’è i criminali impuniti (per abuso d’ufficio, falso, associazione a delinquere, concussione e corruzione, ecc.) stabiliscono da sé ed a loro vantaggio un limite invalicabile di numero di idonei. Questo numero, sempre e comunque, riconducibile a principi familistici od amicali.Per limitare la concorrenza tutti gli Ordini professionali (di stampo ed origine fascista, con il bene placido di destra e sinistra) adottano sistemi di limitazione della concorrenza, ledendo il libero mercato e ledendo il diritto dei cittadini impedendo l’accesso meritocratico.
Gli avvocati, ed altri Ordini, intervengono durante i concorsi pubblici di abilitazione, stabilendo impunemente un limite di abilitazione che non supera mai il 20-30% dei candidati e con giudizi arbitrari, in quanto le prove non sono sottoposte a correzione, così come, d’altronde, succede per il concorso dei magistrati.
Altre professioni, tra cui l’Ordine dei medici, interviene direttamente sui bandi di accesso ai corsi dell’università, stabilendo un risibile numero chiuso ed oltretutto con criticabili test d’accesso, che nulla hanno a che fare con la professione da svolgere. Viene il voltastomaco, non tanto per gli abusi che si commettono, ma come la massa non si renda conto che continua a votare in Parlamento persone che sono impegnati a perpetrare una ignominia contro il popolo e solo a vantaggio della loro casta o lobbies.
Forse alcuni non lo considerano un problema politico o di interesse generale di cui occuparsi, invece lo è. Se non altro perché va a toccare la nostra pelle, cui tutti teniamo in maniera particolare. Per questo motivo la questione del numero chiuso a medicina deve interessare tutti. Si tratta di uno sbarramento assurdo e dannoso che va abolito al più presto. Esso dovrebbe “selezionare” gli studenti più adatti a fare il medico chirurgo. Ma i test che dovrebbero avere questa funzione sono un’accozzaglia di domande strampalate che a tutto possono servire, meno che a selezionare chi ha attitudine o meno a fare il medico. E non ci si venga a parlare di esigenze didattiche. Almeno per i primi tre anni si tratta per lo più di andare a lezione. La pratica al letto del malato viene successivamente. E poi, oltre ai policlinici universitari ci sono un sacco di ospedali dove gli studenti possono andare a imparare. E poi il vero problema sono le scuole di specializzazione. Infatti, su 11 mila studenti che hanno superato i test questo anno e inizieranno il percorso di studi in Medicina riusciranno a laurearsi, fra sei anni, 8.500/9 mila studenti (l’80% degli iscritti si laurea infatti entro il primo anno fuori corso). I posti disponibili per le scuole di specializzazione sono invece 5 mila e quelli per medicina generale circa mille. Sono destinati a restare così senza un’occupazione qualificata 3 mila nuovi medici. Ne consegue che pochi medici si spartiscono la torta della sanità.
Le “liste di attesa” sono il più grave degli scandali tollerati. È il sistema “intramoenia” che degenera in abusi ormai risaputi e rende privata la struttura pubblica. Occorrono mesi per una visita, un esame o un intervento. Bastano ore o giorni, se si paga. «C’è un sistema per far presto, accetta?» solita domanda. È il sistema “intramoenia” che degenera in abusi ormai risaputi, che rende privata la sanità pubblica, che favorisce i malati ricchi sui malati poveri. Come mai qualche medico ha poco tempo per chi è in lista, ma tanto per chi stacca l’assegno? La crisi della sanità pubblica nasce con lo scandalo del doppio lavoro dei medici. Perché la sanità italiana è così negativa nonostante i costi sopportati dalla collettività? Una spiegazione c’è. I medici sono i soli dipendenti pubblici in Italia autorizzati a fare il doppio lavoro. Ci sarebbe in realtà il divieto generale, per tutti quanti, sancito dal vecchio regolamento del 1957, ma a furia di deroghe con le contrattazioni pubbliche, la casta dei medici tramite il proprio sindacato di categoria ha ottenuto il privilegio di poter tenere il piede in due scarpe. Il doppio lavoro legalizzato porta illustri nomignoli latini: intramoenia ed extramoenia. Con la prima, il medico ospedaliero può usare la struttura pubblica a proprio comodo per visite private a pagamento. Con la seconda, il medico pubblico può direttamente lavorare in privato, in cliniche o studi (che paradossalmente potrebbero lavorare in convenzione con l’ospedale per il quale lavora in pubblico!), teoricamente fuori dall’orario del servizio pubblico. Così i medici lavorano a cottimo, senza sosta, nel pubblico a raccogliere i frutti di ciò che hanno seminato con le lucrose visite private. Il paziente pagante viene ricevuto con cortesia e dignità per l’intervento nella struttura pubblica, naturalmente dopo la visitina privata di prassi, e con la benedizione del medico viene operato con impegno e dedizione. A questo punto per accedere alla professione medica ogni sistema è buono, anche quello truffaldino dei test d’accesso. Ma il fatto è che si persegue penalmente sempre e solo i poveri cristi e non i mafiosi fautori del sistema criminale per l’accesso alla professione.
Dr Antonio Giangrande
Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia
http://www.controtuttelemafie.it e http://www.telewebitalia.eu
099.9708396 – 328.9163996
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Casta medica, malasanità e corruzione nella sanità pubblica

Messaggioda Berto » mer lug 26, 2017 7:43 am

Medici poco umani e arroganti, anche a me è capitato spesso....voi che ne pensate?

http://forum.alfemminile.com/forum/psyc ... nsate.html

Aumentano le proteste raccolte da Cittadinanzattiva - In corsia ci vuole più gentilezza
La sanità concede sempre meno tempo alle relazioni con i pazienti. Ma questa tendenza negativa va arginata

MILANO - Racconta il figlio di un malato: "Chi l'ha mandato questo?" ha chiesto il primario di pneumologia quando ha visitato mio padre, ammalato di tumore in fase terminale. E a mamma che voleva notizie ha risposto seccato: "Ma non lo vede come sta?". Non ho mai trovato tanta arroganza e disumanità. Un altro paziente, di Roma: Quando il dentista si è accorto che ho applicato per errore il gel adesivo sulle gengive, è andato su tutte le furie, urlandomi: "Proprio come tutti i vecchi rincoglioniti che mi tocca curare.... Episodi che non dovrebbero mai verificarsi, tanto meno in ospedale. Casi limite, certo, eppure i ricoverati continuano a denunciare tanti comportamenti sgarbati e irrispettosi come questi. E casi di incuria: ricoverati che non vengono lavati e cambiati in modo adeguato, o che non trovano un aiuto per alzarsi dal letto. Queste denunce sono l'8-9% delle circa 16 mila segnalazioni di "disservizi" che giungono ogni anno, da 14 anni, al Progetto integrato di tutela (PiT) di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato. Gli ultimi dati sono stati resi noti pochi giorni orsono: rispetto al 2008 i casi di incuria e comportamento scorretto sono in aumento (i dati 2009).

OROLOGIO IN MANO - Gli episodi negativi vedono protagonisti soprattutto i medici ospedalieri, ma peggiora il comportamento di infermieri e medici di famiglia. Vittime più frequenti: anziani e disabili. Mancata umanizzazione è chiamare un paziente con il numero di letto, o passare vicino al dolore di una persona senza accorgersi che sta soffrendo - dice la coordinatrice nazionale del Tribunale, Francesca Moccia -. Non si pu generalizzare, ma il problema esiste e non va sottovalutato: non si tratta solo della maleducazione di qualcuno; la cortesia non è un favore, è un dovere professionale, come prevedono i Codici deontologici. Conferma Annalisa Silvestro, presidente della Federazione collegi infermieri: Dedicare tempo ai pazienti, ascoltando i loro bisogni, non è un optional, ma fa parte del nostro servizio. Certo, se sei pressato da obiettivi di "produttività", tendi a fermarti sempre meno accanto al letto del malato. Dello stesso parere è Costantino Troise, segretario nazionale del sindacato medici ospedalieri Anaao Assomed: A un professionista che visita in ambulatorio s'impone di "liquidare" l'assistito in circa 15 minuti, ma non puoi fare il medico con l'orologio in mano. Medici e infermieri concordano: questa tendenza negativa va arginata. Come? Servono più risorse umane, più tempo, ma anche più rispetto della deontologia e più formazione. Un gesto di calore umano forse non guarisce, ma sicuramente aiuta a stare meglio.

Maria Giovanna Faiella
05 dicembre 2010
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Casta medica, malasanità e corruzione nella sanità pubblica

Messaggioda Berto » mer lug 26, 2017 7:44 am

Sanita': medici distratti o poco umani, +4% segnalazioni al Tdm in 10 anni

http://www.liberoquotidiano.it/news/sal ... tti-o.html

Roma, 3 apr. (Adnkronos Salute) - Distratti, poco sensibili, oberati di lavoro, quando non arroganti, bruschi e poco umani. Sono i medici e gli infermieri protagonisti delle segnalazioni di pazienti infuriati e parenti scontenti che arrivano ogni anno al Tribunale per i diritti del malato. Un fenomeno che fa da contraltare alle storie di buona sanità, e risulta in crescita del 4% negli ultimi 10 anni. Secondo gli ultimi dati del Tdm, inoltre, oggi il 13% delle denunce riguarda la disattenzione del personale sanitario, e il 6% di queste segnala la mancanza di 'umanizzazione' degli operatori.

Se a favorire queste vicende spesso sono anche le condizioni di lavoro degli operatori, in reparti sovraffollati e con poco ricambio di personale, i pazienti non ci stanno: chiedono rispetto e sono pronti a raccontare le loro storie. "Sono andata al pronto soccorso per una distorsione al ginocchio - scrive una donna - Dopo aver atteso due ore per il consulto finale il chirurgo di turno, che mi aveva visitato vedendomi senza pantaloni come è giusto che sia per una distorsione al ginocchio, e a cui mi ero affidata in tal modo spogliandomi, mi ha offeso dicendo che ero troppo grassa e dovevo dimagrire dato che il mio sedere era gigantesco. Porto la taglia 44. Il caso vuole che io abbia sofferto di disturbi alimentari per due anni. Il mio peso ora è normale - si legge nella segnalazione - sono 66 kg per 175 cm di altezza. Voleva semplicemente offendere il mio corpo, non c'è altra spiegazione. Vi offro la mia testimonianza sperando che non avvengano più atti così gravi".

E ancora: "Ho subito una grandissima umiliazione, che ancora oggi mi fa stare male. La dottoressa mi ha fatto presente che un soggetto con la mia patologia oggi non sarebbe nato. Sono rimasta senza parole", racconta questa paziente. "Dicono che l'ospedale sia il quinto in Italia per i malati di tumore allo stomaco (reparto chirurgia oncologica) - si legge in un'altra segnalazione - Ebbene, non ci crederete, abbiamo passato due mesi d'inferno: vi lavora gente sgarbata e incompetente; pochissimi sono gli infermieri che sanno fare il loro lavoro con umanità; in direzione sanitaria non ti ascoltano e non sanno rispondere. E il lavoro dei dottori seri per quella gente va a farsi benedire; nei periodi di ferie ci sono solo due infermieri (e che infermieri) per 20 malati terminali, di cure palliative neanche a parlarne".

Disattenzioni, arroganza, ironia ma a volte vera e propria crudeltà traspaiono dalle segnalazioni. "Una mia parente, dimessa da un grosso ospedale ove era stata ricoverata per insufficienza respiratoria acuta, a causa della carenza di posti letto che affligge le strutture sanitarie italiane è stata indirizzata, per proseguire la terapia necessaria presso una casa di cura privata, convenzionata, ove avrebbe dovuto rimanere per 60 giorni. Il giorno del suo trasferimento non ho potuto presenziare al trasporto effettuato tramite ambulanza, ma mi sono recata da lei la mattina dopo. L'ho trovata praticamente nuda nel letto (pigiami spariti), e soprattutto legata alle spranghe del letto per i polsi. Ho chiesto informazioni e mi è stato detto che era necessario perché la paziente voleva alzarsi e non era consentito".

"Premetto che la persona di cui parliamo - sostiene la parente - non è mai stata allettata. Probabilmente le erano stati somministrati dei tranquillanti perché solo al mio arrivo si è resa conto di essere legata e ha cominciato a disperarsi. Non poteva neanche alzarsi per andare in bagno. Le era stato applicato un catetere e doveva chiamare per altri bisogni. La direzione sanitaria mi ha con insistenza chiesto di firmare per autorizzare la contenzione, cosa che non ho fatto", ma "dopo 5 giorni di questo trattamento invece ho firmato per portare via la mia parente prima che impazzisse. Come ultima chicca la clinica si è rifiutata al momento della dimissione di toglierle il catetere, in quanto tale procedura non era ritenuta sicura in una paziente che stava uscendo. A distanza di 15 giorni la mia parente ha ancora incubi notturni che riguardano il periodo in quella clinica lager, oltre ad avere ancora i lividi sui polsi e sulle braccia e indolenzimenti alle spalle per i disperati continui tentativi di liberarsi".

E ancora: "Non ho mai visto in tutta la mia vita tanta arroganza e disumanità. Devo segnalare un nome, il primario della pneumologia, che ha trattato malissimo mio padre malato di tumore in fase terminale con la febbre alta... Ecco che cosa ha detto il dottore - anche se non è degno di chiamarsi tale - appena è entrato in stanza per la visita a mio padre: 'e cu u mannò a chisto?' ('chi l'ha mandato questo?'). E quando mia mamma gli ha chiesto notizie di mio padre, ecco la risposta: 'Che c'a diri, unnu viri com'è?' ('che devo dire, non lo vede com'è?'). Con modi molto bruschi questo medico butta le persone fuori dalla stanza e non ha rispetto per i malati né per i loro familiari; sono sicura che per lui il codice deontologico è come la bibbia per un ateo".

Dalle parole di pazienti e familiari emergono le difficoltà nel districarsi tra sovraffollamento e posti letto carenti, ma anche come la scortesia e la mancanza di comprensione di alcuni operatori sia vissuta particolarmente male. "Mia madre si recava al pronto soccorso per un forte dolore toracico, essendo cardiopatica e in cura con radioterapia per un tumore al seno; l'hanno tenuta in osservazione tutto il giorno e tutta la notte seduta su una sedia a rotelle e solo stamattina le hanno trovato una lettiga", racconta la figlia.

"Le hanno detto che non ci sono posti letto e quindi non sanno quando potranno ricoverarla. Non ha assistenza adeguata al suo stato, il personale è scortese e non fanno neanche rimanere mia sorella a darle quel minimo di assistenza di cui ha bisogno. Aggiungo che mia madre indossa ancora gli abiti che indossava al momento dell'accettazione senza aver avuto la possibilità di lavarsi e rinfrescarsi. Non credo che questo sia il modo di trattare una persona malata e sofferente. Sono disperata - conclude la segnalazione - non so come fare per poterle assicurare un trattamento più umano".
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Casta medica, malasanità e corruzione nella sanità pubblica

Messaggioda Berto » mer lug 26, 2017 7:44 am

Restare incinta è un’odissea nel Veneto quasi indipendente

http://www.lindipendenzanuova.com/sanit ... lce-attesa

da PLEBISCITO.EU

Scrivo questa lettera per rendere nota la mia esperienza di gravidanza “seguita” dall’ULSS n. 20 di Verona.
Tutto comincia ad aprile 2014 quando, in seguito al test di gravidanza acquistato in farmacia, scopro con grande gioia di aspettare un bambino.
Informo il mio medico di base che mi prescrive le analisi delle beta-HCG per confermare la gravidanza.
Nel frattempo contatto il Consultorio di riferimento dell’ULSS 20 di Verona e chiedo un appuntamento con la ginecologa. Mi viene risposto dal CUP del consultorio che la prima data disponibile sarebbe stata nel mese di giugno (quindi al terzo mese di gravidanza) !!! Ringrazio e saluto.
Confermata la gravidanza dalle analisi del sangue, il mio medico mi fa l’impegnativa per una visita ginecologica. Chiamo quindi il CUP dell’ULSS 20 e mi dicono che non è esatto prenotare una visita ginecologica, ma che avrei bisogno di una visita ostetrica, che mi viene fissata per il giorno 28 aprile presso il Distretto 3.
Durante tale visita scopro che solo la visita ostetrica rientra negli esami gratuiti per le donne in gravidanza, per fortuna il ginecologo compila l’impegnativa corretta, e mi prescrive le analisi del sangue e l’ecografia del primo trimestre.
Una volta a casa contatto gli ospedali di Verona per prenotare l’ecografia,e mi viene detto che non ci sono posti disponibili per il mio primo trimestre, e mi viene suggerito di chiamare l’ULSS 20, che contatto immediatamente. Nemmeno all’ULSS 20 risulta disponibile alcun posto, nè presso i distretti, né presso i privati convenzionati.
MI ritrovo così a contattare laboratori di analisi privati di Verona, che però non svolgevano ecografie in gravidanza.>Così chiamo la clinica Pederzoli di Peschiera del Garda, che so essere convenzionata con l’ULSS n.22.
Mi viene fissata l’ ecografia nel periodo corretto (20 maggio 2014); naturalmente essendo fuori dalla mia ULSS di riferimento ciò mi è costato 80 Km tra andata e ritorno in termini di benzina, autostrada e tempo.
Nel frattempo mi reco all’Ospedale di Marzana dell’ULSS 20 per fare le analisi del sangue prescritte; all’accettazione mi viene detto che una sigla riportata nell’impegnativa non è corretta, in quanto non è un esame di accertamento in gravidanza, e che probabilmente il medico aveva confuso la sigla dell’esame per la sifilide. Mi chiedono se voglio fare l’esame errato prescritto (naturalmente a pagamento) o se firmo per escluderlo, e mi suggeriscono di farmi fare un’impegnativa a parte per l’esame corretto, che avrei dovuto fare separatamente in seguito. Firmo e decido di non farlo. Il giorno 4 giugno mi reco alla seconda visita ostetrica dal medesimo medico e distretto.
All’accettazione la signora mi comunica in toni alquanto sgarbati che il codice di esenzione che identifica la settimana di gravidanza è errato… chiaramente il mio medico di base mette la settimana di gravidanza in cui mi trovo quando mi reco da lui, non potendo sapere la settimana esatta di quando mi fisseranno l’appuntamento (a Peschiera l’impiegata aveva modificato il codice senza nessuna lamentela, sottolineando la normalità della questione).
Durante la visita il ginecologo mi comunica che le analisi vanno bene e di farmi prescrivere dal mio medico di base la seconda ecografia e le analisi di routine, poi mi saluta dicendomi che ci saremmo rivisti a metà luglio per la visita seguente.
Riesco a prenotare l’ecografia l’ultimo giorno disponibile con un centro privato accreditato con l’ULSS 20 che si trova dall’altra parte della città rispetto alla mia residenza, e, memore dell’esperienza precedente, prenoto già l’ecografia del terzo trimestre, che dato il largo anticipo riesco finalmente ad ottenere al distretto 3 vicino casa.
Quando telefono per prenotare la visita come concordato, mi viene comunicato dal CUP che è impossibile, perchè il medico è andato in pensione e non c’è nessun sostituto (mi chiedo la mia cartella che fine farà…) e che la prima data disponibile con un’altra ginecologa del distretto 3 sarebbe quella dell’11 agosto.
Basita, prenoto per tale data. Quando mi reco a tale visita, mi viene fatta una nuova cartella e mi viene comunicato che le analisi svolte finora sono insufficienti (le ultime le avevo fatte la settimana prima di recarmi da lei), mi vengono prescritte tali analisi mancanti, che però, essendo fuori dal periodo previsto per l’esenzione, saranno interamente a mio carico.
La dottoressa mi raccomanda di vederci il mese seguente; quando subito dopo aver ottenuto l’impegnativa dal medico di base, telefono per prenotare tale visita, specificando che avrei dovuto fissarla per metà settembre come da indicazioni, mi viene detto che il primo posto disponibile sarà il 14ottobre, ovvero due mesi dopo. In alternativa, mi viene comunicato che probabilmente, se tornavo dal mio medico e mi facevo mettere in nuova impegnativa una priorità, avremmo forse >potuto cercare di trovare un posto prima, oppure di tentare ripetutamente di telefonare sperando in una disdetta di qualche altra paziente. Infine questa mattina mi reco a fare le analisi mancanti a mio carico presso un centro convenzionato con l’ULSS 20 vicino casa; mi viene comunicato che non accettano più prestazioni in convenzione perchè non vengono rimborsate dall’ULSS, e che procedendo privatamente, avrei comunque speso solo 70 centesimi in più rispetto alla prestazione in convenzione.
Visto tutte queste disavventure che mi sono finora capitate, e avendo precedentemente deciso di partorire in un’Ospedale dell’ULSS 20, mi ritrovo ora a chiedermi se non sia il caso di cambiare ULSS, vista l’organizzazione dimostrata. Inoltre mi ritengo una persona dotata di strumenti cognitivi ed emotivi in grado di sostenere situazioni stressanti e di affrontare diverse difficoltà (nonostante la gravidanza sia un momento particolare nella vita di una donna, soprattutto visto che è la prima per me), e mi chiedo come abbiano potuto barcamenarsi in questa odissea donne dotate di meno strumenti o senza una rete sociale di sostegno.
Mi chiedo inoltre se questo sistema sanitario possa essere considerato adeguato ad un Paese che si ritiene sviluppato e che appartiene all’Unione Europea, e ad una Regione in cui viene tanto decantata l’assistenza sanitaria.
In particolare credo che il Consultorio sia la struttura per eccellenza in dovere di prendere in carico qualsiasi richiesta di visita o colloquio inerente la gravidanza, e che sia inaccettabile che il primo appuntamento a seguito della richiesta telefonica venga fissato a distanza di mesi; per fortuna non è il mio caso, ma se fossi stata una ragazza giovane, spaventata e sola, e magari con il pensiero di poter interrompere la gravidanza, avrei avuto un appuntamento che mi precludeva questa possibilità…come mi sarei sentita? Cosa avrei potuto fare?
Io come donna non penso solo a me stessa, ma anche a tutte quelle donne che hanno subito passivamente queste ingiustizie della sanità pubblica, e mi indigno per me e per loro.
Cordiali saluti
Una giovane donna veneta
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