Casta padana (de łi połedeganti tałego padani)

Re: Casta padana (de łi połedeganti tałego padani)

Messaggioda Berto » mar nov 10, 2015 11:32 pm

Lega, processo rimborsi famiglia Bossi. Il consulente della procura: “Contabilità imbarazzante”
10 Nov 2015

http://www.lindipendenzanuova.com/lega- ... barazzante

di Francesca Brunati – Soldi pubblici entrati nelle casse della Lega Nord come rimborsi elettorali e usciti senza giustificativi in quanto sarebbero serviti per le spese personali della famiglia Bossi: dalle multe per le violazioni al codice della strada e al conto del carrozziere per migliaia e migliaia di euro, fino all’acquisto in diverse rate della famosa laurea in Albania di Renzo ‘il Trota’.
E’ quanto è andato in scena oggi in aula a Milano al processo in cui sono imputati il fondatore del Carroccio, Umberto Bossi, il figlio Renzo e l’ex tesoriere Francesco Belsito. I tre rispondono di appropriazione indebita per circa mezzo milione assieme al Riccardo Bossi che verrà invece giudicato con rito abbreviato.
A parlare delle spese del fondatore della Lega e dei suoi familiari è stato Stefano Martinazzo il consulente della Procura. Durante la sua deposizione, il commercialista, rispondendo alle domande del pm Paolo Filippini, e alle richieste di precisazioni del giudice monocratico dell’ottava sezione penale del Tribunale Luisa Balzarotti, ha spiegato che dall’analisi contabile da via Bellerio, tra il 2008 e il 2011, sono state individuati “più di due milioni di euro di uscite prive di supporto documentale”, come scontrini o fatture.
Secondo l’esperto, che ha analizzato la documentazione del Carroccio nel periodo preso in esame e 9 conti correnti, “la Lega ha incassato a titolo di rimborsi” elettorali circa 75 milioni e mezzo di euro, dai quali sono stati prelevati poco più di 3 milioni di euro “per alimentare la cassa” del partito. Il “paradosso”, ha sottolineato, è che poi “le uscite sono risultate superiori alle entrate, per uno squilibrio di cassa di 307 mila euro”.
Uscite giustificate solo in minima parte: nei bilanci del Carroccio ci sono infatti “3.900 voci di uscita in 4 anni”. Questo quadro ha portato il commercialista a dire che la contabilità del Carroccio era stata tenuta “in spregio di qualsiasi principio valido nelle aziende e nelle attività commerciali” e in “modo non conforme alla legge sul finanziamento ai partiti”.
Contabilità da cui è emersa una “incompletezza documentale imbarazzante” riguardo la movimentazione dei conti correnti del movimento politico. Martinazzo ha poi parlato delle cartelline trovate nella cassaforte dell’ufficio romano di Belsito più di tre anni fa, in piena inchiesta, durante le perquisizioni della Gdf. “Una di queste – ha raccontato – sul frontespizio riportava la scritta ‘The family’ e dentro c’erano le presunte lauree in Albania di Renzo Bossi e Pierangelo Moscagiuro”.
“Insieme a due fogli di formato A4 che rappresentavano gli attestati di laurea – ha proseguito – c’era anche il libretto con l’elenco dei voti.
Inoltre, nella cartelletta c’erano le spese della famiglia Bossi. Ricordo anche tutta la documentazione medica sulla rinoplastica del figlio minorenne di Bossi, le cartelle di Equitalia, i documenti sui lavori di ristrutturazione delle case di famiglia, le spese per le multe”.
Secondo l’accusa tra il 2009 e il 2011, il Senatur avrebbe speso oltre 208 mila euro: l’assegno da 20 mila con la dicitura ‘Casa Capo Lavori’, cartelle esattoriali, ”lavori edilizi” per la casa di Gemonio (1.583 euro), assegni da 50 mila euro, 160 euro per ”acquisto regalo di nozze”, 27 mila euro per ”abbigliamento”, gioielli, 1.500 euro di dentista, 81 mila euro per lavori in una casa a Roma. A Renzo sono stati addebitati, invece, più di 145mila: migliaia di euro in multe, tremila euro di assicurazione auto, 48mila euro per comprarsi una macchina e 77mila euro per la ”laurea albanese”. Riccardo, infine, ha speso quasi 158mila euro per pagare ”debiti personali”, ”noleggi auto”, le rate dell’Università dell’Insubria, l’affitto, il ”mantenimento dell’ex moglie”, l’abbonamento della pay-tv, ”luce e gas” e anche il ”veterinario per il cane”. (ANSA).
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Casta padana (de łi połedeganti tałego padani)

Messaggioda Berto » mar dic 15, 2015 9:06 am

Riccardo Bossi: «Chiedevo soldi per me, pensavo fossero di famiglia»
Il figlio maggiore del Senatur ha detto che si rivolgeva ai collaboratori del padre «perché lui era sempre impegnato» e che non sapeva che i fondi erano del partito ] Riccardo Bossi: «Chiedevo soldi per me, pensavo fossero di famiglia»
Il figlio maggiore del Senatur ha detto che si rivolgeva ai collaboratori del padre «perché lui era sempre impegnato» e che non sapeva che i fondi erano del partito
14 dicembre 2015

http://milano.corriere.it/notizie/crona ... F020103COR

Riccardo Bossi «non si è mai rivolto alla Lega per avere quei soldi, ma li ha chiesti al padre, tramite la segretaria Loredana, solo per il 2011 e pensava fossero soldi di famiglia». È la linea difensiva del primogenito del fondatore del Carroccio, anticipata dal suo legale, Agostino Maiello, fuori dall’aula del processo con rito abbreviato (a porte chiuse) nel quale il figlio del Senatur, imputato per appropriazione indebita perché avrebbe fatto spese personali con i fondi del partito, è stato interrogato.
Rapporti difficili
Il difensore di Riccardo Bossi, che ha depositato al Tribunale una memoria, ha spiegato che il suo cliente, «non ha mai chiesto i soldi all’ex tesoriere» del Carroccio, Francesco Belsito, ma ad altri collaboratori del padre al quale, invece, «non si rivolgeva direttamente perché con lui aveva rapporti difficili o era sempre impegnato». Soldi, ha ripetuto l’avvocato, «di cui non sapeva la provenienza». «Lui non c’entra con il partito» dal quale però, ha proseguito l’avvocato, «riceveva un emolumento di 3.200 euro al mese per sponsorizzare la Lega all’estero durante le gare automobilistiche».
«Solo nel 2011»
Rispondendo alle domande del pm Paolo Filippini, l’avvocato di Bossi ha spiegato che il suo cliente «non può rispondere di queste somme» e poi che «ci sono addebiti per 20/25 mila euro relativi alle macchine che proprio non lo riguardano». E per dimostrare la sua tesi Riccardo Bossi, con il suo legale, ha depositato anche una serie di documenti «che avrebbe dovuto produrre il pm», sottolinea l’avvocato, e che «riguardano le sue fonti di reddito. Vorrei sottolineare che il mio assistito è indipendente da quando ha 22 anni: per una sola vola nella sua vita, nel 2011, ha avuto bisogno del padre, per il resto se l’è sempre cavata da solo». «Per quell’anno non aveva disponibilità finanziarie - ha proseguito l’avv. Maiello - in quanto è venuta meno una sponsorizzazione consistente. Così ha pensato di rivolgersi alla segretaria del padre, Loredana Pizzi», la cui richiesta di citazione come teste della difesa «non è stata accolta dal giudice».
Spese per 158 mila euro
Quanto a Belsito, Riccardo Bossi «l’avrà visto sì e no una decina di volte - ha aggiunto il difensore - e non conosceva gli addetti ai lavori della Lega. Lui era un semplice militante e nulla di più». Ora Riccardo Bossi - è l’unica cosa che ha detto prima dell’interrogatorio - lavora per un’azienda estera che tratta petrolio. Al primogenito dell’ex leader della Lega sono stati contestate spese personali attorno ai 158.000 euro, denaro usato per pagare anche «il mantenimento dell’ex moglie», l’abbonamento della pay-tv, luce e gas e anche il veterinario per il cane.
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Re: Casta padana (de łi połedeganti tałego padani)

Messaggioda Berto » sab feb 06, 2016 6:40 pm

La sentenza del giudice: non è reato dire a Salvini che non ha mai lavorato
Interni - 31/01/2016

http://www.giornalettismo.com/archives/ ... i-lavorato

Il gip di Bergamo Tino Palestra ha archiviato la querela del segretario della Lega Nord contro un giornalista del Fatto. Il laader del Carroccio era stato accusato di essere un politico di professione

Dire a Matteo Salvini che è un politico di professione e che non ha mai lavorato non è reato. A stabilirlo è una sentenza del gip di Bergamo Tino Palestra, che ha archiviato una querela del segretario della Lega Nord contro un giornalista del Fatto Quotidiano, Davide Vecchi. Sul giornale diretto da Marco Travaglio scrive oggi Ferruccio Sansa:

Il gip non si scaglia contro la politica. Prende solo atto di un sentire diffuso: “Quanto alla storia del non aver mai lavorato, basta osservare che – nel linguaggio comune – costituisce una frase che si predica del (deprecatissimo!) ‘professionista della politica’ che – magari ‘politicamente’ occupato per 15 ore al giorno – tuttavia non svolge o non ha mai svolto nessuna ‘attività civile’”. Salvini, quindi, politico di professione, che nemmeno brillerebbe per le sue presenze in aula: “Si tratta – aggiunge il gip – innanzitutto di valutare quali siano gli aspetti platealmente menzogneri dell’articolo di Vecchi: e francamente non se ne ritrovano, nella misura in cui l’accusa di “assenteismo” viene collegata alle specifiche affermazioni di un eurodeputato socialista francese (e comunque non trovano una particolare smentita nei report del parlamento europeo)”. Povero Salvini, bocciato su tutta la linea, anche quando si indigna per le accuse sulla gestione della Padania : “L’accusa di aver mandato (economicamente) a catafascio il giornale di partito, tenuto in vita soltanto dai contributi pubblici, riporta a circostanze sotto gli occhi di tutti (e poco importa che si tratti di un destino rivelatosi comune a tutte le altre testate di partito)”. Lo dice il giudice.
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Re: Casta padana (de łi połedeganti tałego padani)

Messaggioda Berto » mer feb 17, 2016 9:55 pm

Sanità e mazzette nella Lega di Maroni
In manette 21 persone. C’è il consigliere regionale Rizzi vicino al governatore.
INTERCETTAZIONI "Tu fatti un preventivo. Il romano non vincerà"
17/02/2016
CORRUZIONE E POLITICA

http://www.iltempo.it/cronache/2016/02/ ... -1.1509936

Bufera giudiziaria in Lombardia. In manette 21 persone, tra le quali il braccio destro del governatore Roberto Maroni, l’ex senatore e consigliere regionale leghista Fabio Rizzi, "padre" della riforma sanitaria lombarda, e Mario Longo, del suo staff. Nei confronti di tutti sono ipotizzati, a vario titolo e secondo le posizioni, i reati di associazione per delinquere, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e per un atto dell’ufficio, turbata libertà degli incanti e riciclaggio.

L’indagine è del Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano che, col coordinamento della Procura della Repubblica, ha smantellato una presunta associazione che avrebbe avuto lo scopo di far incassare appalti nella sanità all'imprenditrice Maria Paola Canegrati, cui è riconducibile la società Odontoquality. Stando all’accusa, gli indagati avrebbero avuto dei ruoli ben definiti. La Canegrati, per esempio, sarebbe stata il «capo e promotore dell’organizzazione, nella sua qualità di amministratrice di diritto e di fatto di un complesso sistema societario attivo nel campo dell’odontoiatria e ortodonzia», avrebbe procurato «attraverso turbative d’asta, la corruzione degli associati Longo e Rizzi e la corruzione dei funzionari pubblici preposti alla gestione dei servizi di odontoiatria affidati in service ai privati dalle singole aziende ospedaliere e alla fornitura del materiale odontoiatrico e ortodontico per i medesimi servizi». Rizzi e Longo, anche loro presunti «promotori dell’organizzazione» avrebbero utilizzato la loro posizione istituzionale per favorire l’imprenditrice. In particolare, Rizzi - quale primo consigliere regionale della Lombardia e presidente della commissione Sanità - e Longo «inducevano i funzionari pubblici preposti alla gestione dei servizi di odontoiatria e alle forniture odontoiatriche delle aziende ospedaliere della Regione, nonché gli amministratori delle strutture private e convenzionate con la Regione, a favorire nell’indizione delle gare d’appalto o nella scelta del contraente privato le società riconducibili alla Canegrati». Sulla vicenda è intervenuto lo stesso governatore Maroni: «Non vogliamo coprire nessuno, non abbiamo nessuno da difendere. Se qualcuno ha sbagliato, pagherà, chiunque sia. Sono molto incazzato, subito una commissione ispettiva». Contro chi chiede le dimissioni di Maroni, interviene l’ex ministro Maurizio Lupi: «Meno che mai l’indagine su un componente della maggioranza del Consiglio regionale può comportare le dimissioni del presidente. Maroni ha tutto il nostro sostegno nel portare avanti l’esperienza d’eccellenza del Governo che un centrodestra unito ha assicurato da più legislature alla Regione Lombardia».
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Re: Casta padana (de łi połedeganti tałego padani)

Messaggioda Berto » mer feb 17, 2016 10:04 pm

Sanità e mazzette nella Lega di Maroni
In manette 21 persone. C’è il consigliere regionale Rizzi vicino al governatore.
INTERCETTAZIONI "Tu fatti un preventivo. Il romano non vincerà"
17/02/2016
CORRUZIONE E POLITICA

http://www.iltempo.it/cronache/2016/02/ ... -1.1509936

Bufera giudiziaria in Lombardia. In manette 21 persone, tra le quali il braccio destro del governatore Roberto Maroni, l’ex senatore e consigliere regionale leghista Fabio Rizzi, "padre" della riforma sanitaria lombarda, e Mario Longo, del suo staff. Nei confronti di tutti sono ipotizzati, a vario titolo e secondo le posizioni, i reati di associazione per delinquere, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e per un atto dell’ufficio, turbata libertà degli incanti e riciclaggio.

L’indagine è del Nucleo investigativo dei carabinieri di Milano che, col coordinamento della Procura della Repubblica, ha smantellato una presunta associazione che avrebbe avuto lo scopo di far incassare appalti nella sanità all'imprenditrice Maria Paola Canegrati, cui è riconducibile la società Odontoquality. Stando all’accusa, gli indagati avrebbero avuto dei ruoli ben definiti. La Canegrati, per esempio, sarebbe stata il «capo e promotore dell’organizzazione, nella sua qualità di amministratrice di diritto e di fatto di un complesso sistema societario attivo nel campo dell’odontoiatria e ortodonzia», avrebbe procurato «attraverso turbative d’asta, la corruzione degli associati Longo e Rizzi e la corruzione dei funzionari pubblici preposti alla gestione dei servizi di odontoiatria affidati in service ai privati dalle singole aziende ospedaliere e alla fornitura del materiale odontoiatrico e ortodontico per i medesimi servizi». Rizzi e Longo, anche loro presunti «promotori dell’organizzazione» avrebbero utilizzato la loro posizione istituzionale per favorire l’imprenditrice. In particolare, Rizzi - quale primo consigliere regionale della Lombardia e presidente della commissione Sanità - e Longo «inducevano i funzionari pubblici preposti alla gestione dei servizi di odontoiatria e alle forniture odontoiatriche delle aziende ospedaliere della Regione, nonché gli amministratori delle strutture private e convenzionate con la Regione, a favorire nell’indizione delle gare d’appalto o nella scelta del contraente privato le società riconducibili alla Canegrati». Sulla vicenda è intervenuto lo stesso governatore Maroni: «Non vogliamo coprire nessuno, non abbiamo nessuno da difendere. Se qualcuno ha sbagliato, pagherà, chiunque sia. Sono molto incazzato, subito una commissione ispettiva». Contro chi chiede le dimissioni di Maroni, interviene l’ex ministro Maurizio Lupi: «Meno che mai l’indagine su un componente della maggioranza del Consiglio regionale può comportare le dimissioni del presidente. Maroni ha tutto il nostro sostegno nel portare avanti l’esperienza d’eccellenza del Governo che un centrodestra unito ha assicurato da più legislature alla Regione Lombardia».
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Re: Casta padana (de łi połedeganti tałego padani)

Messaggioda Berto » lun mar 14, 2016 3:47 pm

BOSSI DA LEGA-RE - RICCARDO BOSSI (NON IL TROTA, L'ALTRO) CONDANNATO A UN ANNO E OTTO MESI PER APPROPRIAZIONE INDEBITA: HA USATO I FONDI DEL PARTITO PER LE SUE SPESE PERSONALI (158MILA EURO PER NOLEGGI AUTO, RATE DELL'UNIVERSITÀ, MANTENIMENTO DELL'EX MOGLIE, PAY TV E VETERINARIO) - NIENTE CARCERE: PENA SOSPESA

14 mar 2016 13:05

http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... 120518.htm

Se questa tranche sulle appropriazioni indebite è rimasta a Milano, la parte principale dell'inchiesta che nel 2012 ha travolto il 'Senatur' e la sua famiglia è stata trasferita a Genova dove è in corso il processo per truffa ai danni dello Stato sui rimborsi elettorali che vede imputati Umberto Bossi, Belsito e tre ex revisori del partito...
ANSA - Riccardo Bossi, il primogenito del fondatore della Lega Umberto, è stato condannato a un anno e otto mesi per appropriazione indebita aggravata per le presunte spese personali con i fondi del Carroccio. Lo ha deciso l'ottava sezione penale del tribunale di Milano. E' la prima sentenza dopo lo scoppio dello scandalo sui fondi del partito emerso nel 2012.

Il giudice Vincenzina Greco nel processo con rito abbreviato condannando Riccardo Bossi a un anno e 8 mesi, con la sospensione condizionale della pena e il riconoscimento delle attenuanti generiche, è andato oltre la richiesta di 1 anno del pm Paolo Filippini. Il figlio di Umberto Bossi era imputato per spese con i fondi della Lega per circa 158mila euro.

Soldi pubblici che avrebbe usato, tra il 2009 e il 2011, per pagare "debiti personali", "noleggi auto", le rate dell'università dell' Insubria, l'affitto di casa, il "mantenimento dell'ex moglie", l'abbonamento alla pay-tv, "luce e gas" e anche il "veterinario per il cane".

Il pm, nella sua requisitoria, aveva citato come riscontri all'ipotesi d'accusa intercettazioni e documenti, tra cui l'ormai famosa cartelletta con la scritta 'The Family' sequestrata nell' ufficio romano dell'ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito, che è anche lui imputato per appropriazione indebita per le presunte spese ma con rito ordinario (il processo è ancora in corso) e assieme al padre e al fratello di Riccardo, cioè Umberto e Renzo 'Il Trota'.

Se questa tranche sulle presunte appropriazioni indebite è rimasta a Milano, la parte principale dell'inchiesta che nel 2012 ha travolto il 'Senatur' e la sua famiglia è stata trasferita nei mesi scorsi a Genova dove è in corso il processo per la presunta truffa ai danni dello Stato sui rimborsi elettorali che vede imputati Umberto Bossi, Belsito e tre ex revisori del partito.
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Re: Casta padana (de łi połedeganti tałego padani)

Messaggioda Berto » ven mag 20, 2016 12:20 pm

Boni, la procura archivia: nessuna tangente, l’ex presidente del Consiglio regionale lombardo innocente. Ma dovette dimettersi

20/05/2016

http://www.lindipendenzanuova.com/boni- ... dimettersi

Ci sono voluti più di 2 anni e 4 mesi per archiviare, su istanza della Procura di Milano, l’indagine in cui l’ex presidente del Consiglio regionale lombardo e attuale segretario milanese della Lega Davide Boni e altre 8 persone erano state accusate a vario titolo per un presunto giro di tangenti che risale al 2008/2009 e che riguardava l’amministrazione del comune di Cassano D’Adda (Milano). Il gip Manuela Scudieri lo scorso 27 aprile – ma la notizia si è saputa oggi – ha depositato il decreto di una sola pagina con cui ha messo la parola fine al caso ritenendo “pienamente da condividersi le ragioni poste dal pm alla base della sua richiesta di archiviazione” del 10 dicembre 2013. Il legale di Boni ha espresso “massima soddisfazione per un provvedimento che nel merito scagiona il mio assistito da tutte le accuse a suo tempo formulate. Comprendo, d’altra parte, la sua amarezza per aver dovuto dimettersi dalla sua carica di presidente del Consiglio regionale per meglio difendersi da simili contestazioni”.
< “Rinnovo la mia fiducia nella magistratura, non augurando a nessuno però di dover rimanere imprigionato per anni in una vicenda giudiziaria, prima di poter finalmente dimostrare la propria estraneità ad accuse fatte con il solo fine di danneggiare me e la mia parte politica”: con queste parole l’ex presidente del Consiglio regionale lombardo, Davide Boni, attuale segretario milanese della Lega Nord ha annunciato su Facebook l’archiviazione, dopo due anni e 4 mesi, per le “accuse infamanti” di corruzione. “Con enorme soddisfazione – ha scritto Boni – mi permetto di comunicare, a tutti quelli che mi conoscono e mi hanno sostenuto in questi anni, da che avevo deciso di dimettermi da Presidente del Consiglio della Regione Lombardia, che il Gip di Milano mi ha definitivamente archiviato dalle accuse infamanti di corruzione che mi erano state mosse”
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Re: Casta padana (de łi połedeganti tałego padani)

Messaggioda Berto » mer giu 08, 2016 5:54 am

Processo Lega Nord, giudice: "Bossi e famiglia mantenuti da soldi partito"

http://www.ilgiorno.it/milano/lega-boss ... -1.2230615

Milano, 6 giugno 2016 - Dalle intercettazioni tra l'ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito e l'ex segretaria di via Bellerio Nadia Dagrada emerge che "dopo la malattia di Umberto Bossi, non solo costui, ma la moglie e i figli erano interamente mantenuti dalla Lega e che i 'costi dei ragazzi' erano addirittura di gran lunga superiori a quelli che lo stesso segretario della Lega immaginava". È uno dei passaggi delle motivazioni alla sentenza con cui il giudice dell'ottava sezione penale di Milano, Vincenzina Greco, ha condannato con rito abbreviato Riccardo Bossi a un anno e otto mesi per appropriazione indebita aggravata. Le intercettazioni che cita il giudice fanno parte degli atti relativi al primo processo arrivato a sentenza, lo scorso 14 marzo, sui fondi pubblici del partito che sarebbero stati usati per fini privati. Il giudice sottolinea che "l'impianto probatorio" a carico di Riccardo Bossi, imputato per spese con i fondi della Lega per circa 158mila euro, "è ponderoso e granitico". Per il legale di Riccardo Bossi, l'avvocato Francesco Maiello, "l'impressione è che con questa sentenza si sia voluto coinvolgere, a tavolino, il figlio nel reato al massimo commesso dal padre. Il padre autorizzò un suo collaboratore a dare quei soldi al figlio, figlio che non sapeva nulla del fatto che quei soldi derivassero, secondo l'ipotesi d'accusa, da finanziamento pubblico". (Fonte AGI)
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Re: Casta padana (de łi połedeganti tałego padani)

Messaggioda Berto » dom dic 25, 2016 8:40 am

Espulsi, sospesi, indagati. Lega, tra nemici politici e trappoloni
24 Dec 2016
STEFANIA PIAZZO

http://www.lindipendenzanuova.com/espul ... trappoloni

La politica spesso non chiede sconti. Procede secondo una logica che viene dalla notte dei tempi, e cioè i nemici politici vanno eliminati, elegantemente si dice espulsi. Per altri occorre invece attendere il tempo del giudizio terreno, cioè i processi. Ma anche qui, a volte le regole si applicano con discrezionalità. Poi c’è il capitolo dei “complotti”, dei bocconi avvelenati, ma per quelli ci vuole un po’ di tempo per capire, terminato il clamore dei media.

La Lega per i politologi è un boccone ghiotto, pieno di casi.

Ripassiamo qualche nome. La vicenda di Rosi Mauro, ad esempio. “Rosi, puttana, l’hai fatto per la grana”, cantava l’allegra brigata in pizzeria. L’allora vicepresidente del Senato non si volle fare da parte, fu espulsa. Non venne mai condannata. Nessun processo giudiziario, il suo fu un processo politico. Fu cacciata preventivamente. Dal palco di Bergamo Maroni avvertì: se non si dimette, la dimetterà la Lega. Così fu. Perché in una guerra politica non si fanno prigionieri.

Andiamo avanti. Non diversamente andò in Veneto. Si fa prima a fare la sintesi in commissariamenti ed espulsioni ricordando la gestione di Flavio Tosi. O con me o contro di me. Poi fu la volta dello stesso Tosi, fatto fuori, così si dice, nella corsa per la leadership del centrodestra.

Forse è lui il caso più eclatante, che supera ogni immaginazione. Prima Maroni lo fece diventare candidato premier, in accordo con Salvini: Matteo segretario, Flavio candidato del centrodestra. Questo era il ticket. Poi, fermi tutti, retromarcia di Salvini, scaricamento di Maroni dopo che Flavio al Palabam a Mantova aveva avuto il viatico a distanza dell’allora segretario Bobo per la sua fondazione, per andare a prendere i voti anche dei non leghisti. Alla fine sappiamo come andò a finire: la fondazione diventò indigesta, o la lasci o sei fuori dalla Lega. E un Tosi sconcertato, da prodigio a traditore, venne messo fuori dalla porta.

Insomma, a dirla tutta, il caso Tosi è forse quello che stride di più. Perché era uno di loro, e loro, l’hanno cacciato.

Poi venne la volta di Marco Reguzzoni. Messo da parte perché ritenuto dal nuovo corso maroniano troppo berlusconiano. Poi, dopo la sua iniziativa, nel giugno scorso, dei “Repubblicani”, una sorta di convention del centrodestra, partì dalla segreteria provinciale di Varese la richiesta della sua espulsione, cui non è mai stato dato seguito, tanto che Reguzzoni, ad oggi, è ancora militante della Lega. E giusto l’altro giorno Reguzzoni sulla Provincia di Varese dichiarava: “La mia espulsione dalla Lega? L’aveva chiesta Fabio Rizzi. L’hanno archiviata lunedì”.
Spedito fu l’iter lombardo quando alla vigilia del voto regionale Marco Desiderati, ex deputato, ebbe l’impertinenza di postare su facebook che sarebbe stato meglio non ricandidare gli indagati, e chiedere a quelli che erano parlamentari di lungo corso di farsi magari da parte. Desiderati venne espulso. Fu lesa maestà? Sul nemico (politico?) parte la ghigliottina del regolamento. Dei conti.

Il pallottoliere delle espulsioni o delle sospensioni si ferma invece per altri casi.

Da Andrea Gibelli, maroniano, già Segretario generale del Pirellone, ora capo a Trenord, indagato per concorso in turbata libertà di scelta del contraente nell’inchiesta che coinvolge lo stesso Maroni, accusato di aver favorito l’assunzione della sua collaboratrice Mara Carluccio nell’ente di ricerca regionale Eupolis. Per passare a Massimo Garavaglia, maroniano, assessore al Bilancio sul quale grava l’ipotesi di reato di turbativa d’asta. Tutti innocenti, i gradi di giudizio sono tre. Ma nessuna espulsione e neppure nessuna sospensione.

Nella barca delle accuse c’è anche Fabrizio Cecchetti, vicepresidente del Consiglio regionale, rinviato a giudizio per peculato. Stessa sorte per il capogruppo in Regione, Massimiliano Romeo, accusato di “spese pazze”, con un altro consigliere, Angelo Ciocca. Tutti operativi.

Come Gianluca Pini, brillante maroniano, accusato di bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice. Per l’accusa avrebbe distratto dei soldi o dei beni da una società edile-immobiliare. Innocente fino a prova contraria, al suo posto nel partito.

Altro capitolo da “dossieraggi” è quello di Monica Rizzi. Ex assessore allo sport in Regione Lombardia, costretta alla dimissioni perché accusata di essere l’autrice di una serie di dossier costruiti ad arte per facilitare l’elezione di Renzo Bossi, il “Trota”, al Pirellone nel 2010. Le accuse vennero poi archiviate dal procuratore Fabio Salomone. Era un dossier falso. Così come fu prosciolta in merito alla vicenda della presentazione del falso curriculum presentato per un incarico in provincia.

Ci siamo chiesti su queste colonne, quanto la vicenda sanitaria di Fabio Rizzi, militane sospeso dopo la grana sanità, possa cambiare gli equilibri di potere all’interno della Lega, quanto indebolire o rafforzarne i vertici. Maroni, che non ha più intorno il sistema Canegrati, è più libero. Ma c’è anche chi pensa l’esatto contrario e cioè che finalmente tocchi a Salvini poter dire qualcosa sulla Regione, come non aveva fatto prima.

Grimoldi, è segretario lumbard. Giorgetti docet. Ed era la candidatura che si opponeva a quella del salviniano Massimiliano Romeo. Ma fu Grimoldi a raccogliere firme e consensi e diventare segretario, scegliendo come suo vice Fabio Rizzi. Giorgetti incassava il successo.

In Regione arriva il momento di un rimpasto. Salvini sponsorizza Ciocca, in opposizione a Gianni Fava. Giorgetti ridocet. Ma Salvini anche questa volta non riesce a toccar palla. La vicenda Rizzi servirà a riportare equilibrio nei poteri interni alla Lega? Gibelli, maroniano, è indagato. Il nome del vicesindaco di Castellanza, giorgettiano, è tirato per la giacca dalle notizie sull’inchiesta sanitaria.
Insomma, tutti i castelli di potere non sono più intatti come prima. Quale sarà il primo a venir giù?

Si osservava tempo fa su queste colonne…. E Bossi? “Nella Pontida del 2013, dal palco del pratone, il vecchio Capo non mosse un dito e nei giorni successivi, il consiglio federale ebbe carta bianca per eliminare gli avversari politici. L’11 aprile infatti arrivarono puntuali le proposte di espulsione per i bossiani tra cui Marco Reguzzoni, Desiderati e Torazzi. Maroni disse: “Per chi è stato espulso fino al 30 giugno le regole sono quelle del vecchio statuto” e dunque chi non aveva fatto ricorso ai probiviri non poteva appellarsi alla nuova commissione presieduta da Umberto Bossi”. Come nelle finestre per andare in pensione, fino a.. e non oltre… Altrimenti diventavi un esodato politico.

“Per una guerra cinica di potere, due schieramenti opposti sono stati mandati allo scontro. Per vedere chi prevalesse. Ma la rivoluzione il Nord, alla fine, l’ha persa giocando in casa”. Basta questo per chiudere il cerchio, solo lotte di potere, oppure quello di Rizzi, dopo la notte delle scope, è il secondo trappolone che rifilano alla Lega? In altre parole, quanto pesa ancora in Italia la politica dei servizi, dei dossier?


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Re: Casta padana (de łi połedeganti tałego padani)

Messaggioda Berto » ven gen 27, 2017 3:41 pm

Appalti truccati, condannato a tre anni l’ex sindaco di Adro Oscar Lancini
Il tribunale di Brescia ha emesso la sentenza a carico dell'ex primo cittadino del comune lombardo. L'inchiesta è quella del 2013 che lo aveva condotto agli arresti domiciliari. Le accuse erano di truffa e turbata libertà degli incanti
di F. Q. | 27 gennaio 2017

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/01 ... ni/3344509

L’ex sindaco di Adro e attuale vicesindaco, Oscar Lancini, leghista, conosciuto alle cronache per aver tappezzato con il ‘sole delle Alpi‘ simbolo del Carroccio la scuola del paese bresciano, è stato condannato dal tribunale di Brescia a tre anni. Insieme a lui, l’intera giunta era finita sotto inchiesta: 21 gli imputati e dodici le assoluzioni. Le accuse a vario titolo formulate erano quelle di truffa e turbata libertà degli incanti. Tra i condannati di oggi anche l’attuale sindaco di Adro Paolo Rosa (un anno) e gli assessori Lorenzo Antonelli (1 anno e sei mesi) e Giovanna Frusca (2 anni).

L’inchiesta è quella che nel 2013 lo aveva portato agli arresti domiciliari. La contestazione rivolta all’ex primo cittadino era di aver manipolato gli appalti per la realizzazione dell’area feste a Adro. Lavori per un valore di 642mila euro, affidati ad alcune ditte “in violazione delle norme che regolamentano i lavori pubblici – scriveva il pm Silvia Bonardi nella richiesta di rinvio a giudizio – senza ricorso ad una procedura negoziata” tramite una onlus, l’associazione Smeraldo, “direttamente riconducibile all’amministrazione comunale”.

Nel 2010, Lancini divenne noto alle cronache quando fece tappezzare la scuola elementare del paese con oltre 700 simboli del ‘sole delle alpi’ e questo gesto innescò molte polemiche. La Camera del Lavoro, Flc e Cgil presentarono un ricorso al tribunale di Brescia che fu accolto dal giudice Gianluca Alessio. Il magistrato, valutando il presunto carattere discriminatorio dei simboli affissi dall’amministrazione comunale su banchi, zerbini e vetrate dell’istituto, sentenziò che si esponesse la bandiera italiana. Questo, scriveva il giudice, appellandosi “alla necessita’ di evitare che i lavoratori della scuola pubblica siano obbligati ad operare all’interno di un ambiente politicamente connotato (i simboli sarebbero riconducibili alla Lega Nord) in contrasto con la natura laica e non ideologica del soggetto con il quale i lavoratori stessi hanno stipulato il loro contratto di lavoro”. In quell’occasione, ilfattoquotidiano.it lanciò una raccolta firme per chiedere la “cancellazione di quei simboli tracciati con intenti secessionisti” e “in evidente spregio al principio costituzionale della Repubblica una e indivisibile“. La petizione raccolse centinaia di migliaia di firme.

Oltre alla vicenda dei simboli, Lancini divenne noto anche per aver ‘negato la mensa’ ai bambini dell’istituto comprensivo Gianfranco Miglio, i cui genitori non erano in regola per il pagamento. Fu solo l’intervento di un benefattore che si fece carico dei quasi diecimila euro di debito a risolvere la situazione.
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