Casta dei magistrati (procuratori-giudici) e degli avvocati

Casta dei magistrati (procuratori-giudici) e degli avvocati

Messaggioda Berto » sab giu 22, 2019 11:27 am

Giustizia, e la chiamano Legge
Mario Giordano
21 giugno 2019

https://www.panorama.it/news/cronaca/gi ... PQRVfAW4W0

Avete presente quel video del nigeriano che picchia, senza motivo, un portantino nella sala d’aspetto di un ospedale? È successo a Roma, al Policlinico Umberto I. Ebbene quel signore (si fa per dire) di nome Aluke Okecku è un pregiudicato, con precedenti per violenza sessuale, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni gravi. Viene scarcerato il 31 maggio. Siccome ha un ordine di espulsione che gli pende sul capo, i carabinieri lo caricano su un’auto per accompagnarlo in un Cpr, Centro per il rimpatrio. Ma durante il tragitto lui li aggredisce a morsi e pugni. Viene arrestato. In cella fa il matto per tutta la notte. Al mattino lo portano in tribunale, processo per direttissima. Nonostante le richieste del pubblico ministero, il giudice decide di scarcerarlo. Conferma l’arresto, ma dice che «la custodia cautelare non appare adeguata alle sue condizioni». Alle condizioni di chi? Di un pregiudicato che appena uscito dal carcere aggredisce i carabinieri? E dà segni di squilibrio? Niente da fare. Scarcerato. Così il nigeriano esce, va al Policlinico, aggredisce il portantino (come da video), poi scappa, gira indisturbato quattro giorni per la Capitale e aggredisce un’altra ragazza alla stazione Termini. Poi viene nuovamente arrestato. Domanda: scommettiamo che presto tornerà di nuovo libero?

È difficile oggi avere fiducia nella magistratura. Il giudice di Roma che ha scarcerato questo brav’uomo di nigeriano, non contento dell’impresa, ha pure chiesto un’indagine sui carabinieri. Magari non sono stati troppo delicati nel caricarlo in auto. Magari non gli hanno steso sotto i piedi un tappeto rosso. Possibile? Un pregiudicato, clandestino, che aggredisce chiunque gli capiti a tiro, viene protetto e lasciato libero dalla nostra giustizia. I carabinieri, invece, finiscono indagati. Ogni giorno, ha raccontato il quotidiano La Verità, sette agenti vengono aggrediti da immigrati fuori controllo. «Alla fine però» si lamentano loro «i magistrati anziché difenderci ci mettono alla sbarra».

È difficile oggi avere fiducia nella magistratura. Nelle stesse ore in cui il nigeriano pregiudicato aggrediva il portantino a Roma, un tunisino, anche lui pregiudicato, assai noto nel quartiere, aggrediva e feriva due agenti a Padova. Erano intervenuti per fermarlo mentre seminava il panico tra i passanti. Portato in tribunale, è stato processato per direttissima. È stato subito lasciato libero. Ed era stato lasciato libero anche Giacomo Oldrati, 40 anni, detto il «guru del corallo»: usava la droga (corallo) per stordire le ragazze e violentarle. Arrestato per sequestro di persona, tentato omicidio e violenza sessuale è stato assolto perché «incapace di intendere e di volere». Lui ha ringraziato continuando a fare quello che sa fare: ha seviziato per quattro giorni una ragazza, rinchiudendola in casa. Lei si è salvata fuggendo nuda dal balcone. La notizia ha fatto il giro dei telegiornali.

È difficile oggi avere fiducia nella magistratura. Ad Albano Laziale un pregiudicato, con precedenti per droga, minacce, lesioni e abusi su minori, già arrestato e poi liberato a dicembre, ha pensato di celebrare la festa della Repubblica a modo suo. Ha tentato di sequestrare una bambina di 9 anni che girava con la bicicletta al parco. Voleva violentarla. La nonna si è messa a gridare, sono intervenuti dei passanti che l’hanno bloccato. Arrestato, portato davanti al giudice, è stato subito rilasciato. Del resto uno che ha precedenti per abusi sui minori e tenta di violentare un bimba di 9 anni per quale motivo deve restare in cella? Prego, pedofilo, torni libero e ci faccia vedere cosa sa combinare…

È difficile oggi avere fiducia nella magistratura. Sono giorni che sentiamo parlare di mercato delle toghe, mercato delle vacche, scambi di favori, riunioni notturne per spartirsi le Procure, trame nascoste, inciuci vergognosi. Abbiamo visto politici (come l’ex ministro Luca Lotti, già braccio destro di Matteo Renzi) metter becco nelle nomine dei giudici che avrebbero dovuto giudicarli. Abbiamo sentito di regali, anelli, viaggi premio e biglietti allo stadio usati come merce di scambio per quella che una volta si chiamava giustizia. E mentre succedeva tutto ciò, ci è toccato raccontare di delinquenti sempre più impuniti che girano a spasso per le nostre città, processati e rilasciati, secondo la legge per carità, ma con grave pregiudizio per la certezza della pena. E per la serenità dei cittadini. I magistrati non ce ne vogliamo. Ma l’impressione inevitabile, in questi giorni, è che essi siano molto più pronti a difendere le loro cadreghe che a difendere i cittadini. E così resta terribilmente difficile aver fiducia in loro.
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » gio lug 04, 2019 7:01 am

“ORA BASTA IPOCRISIE: LO SCANDALO AL CSM NON È UN PROBLEMA DI MELE MARCE”
Claudio Martelli da Il Foglio del 18 giugno 2018

http://www.ilsocialista.com/articolo-or ... 2bEByabq6k

Ma chi sono i diversi? I silenzi di Bonafede sull’Anm, il tentativo furbetto di trovare capri espiatori in politica. Parla l’ex Guardasigilli Claudio Martelli.
“Finalmente è emersa alla luce del sole l’evidenza incontestabile di questa grande stortura che sono le correnti della magistratura”, dice Claudio Martelli, che fu ministro della Giustizia dal 1991 al 1993, gli anni spaventosi di Mani pulite e delle stragi di mafia, gli anni in cui lui – da ministro – costituì la super procura antimafia, quella che esiste ancora oggi. “Fosse stato per il Csm non si sarebbe mai fatta. Ma non solo”, dice Martelli. “Fosse stato per il Csm che lo processò, Giovanni Falcone sarebbe morto dimenticato in qualche landa desolata”. Altro che prestigio del Consiglio superiore della magistratura da difendere o da ripristinare, dice Martelli. “La mia esperienza diretta è che il Consiglio superiore e l’Associazione nazionale sono due organi in cui si è espresso prima il peggiore ideologismo corporativo e poi la più sfrenata clientela di potere. Ricordo bene il 1991. Il Csm seguì a ruota l’Anm che per bocca del suo presidente di allora paragonò la nuova super procura affidata a Falcone a ‘una cupola mafiosa’. Gente che aveva tranquillamente convissuto con la mafia per quarant’anni voleva dare lezioni di coerenza a Falcone. Perché era bravo. Perché era indipendente. Perché era il magistrato più popolare non soltanto in Italia ma forse nel mondo. Quindi era detestato”. E insomma lo scandalo intorno a Luca Palamara non rivela niente di nuovo, dice Martelli. “Ma qualcosa si può fare. Si può sganciare la magistratura dalle logiche di carrierismo lobbistico. Io sono sempre stato favorevole al sorteggio per la scelta dei componenti del Csm”.
L’Anm ha scoperto all’improvviso che i colleghi eletti nel Csm trattano con i partiti. Nelle assemblee – sabato scorso quella di Unicost – i leader della magistratura organizzata sembrano stupirsi del fatto che gli incarichi nei ministeri, le posizioni fuori ruolo e i passaggi in Parlamento dipendessero da questa per enne trattativa. E tutti, all’improvviso, sembrano anche scoprire l’esistenza di Palamara, già segretario della stessa Anm, oggi diventato radioattivo insieme alla corrente di Magistratura indipendente. “Mi ricordano quelli che nel 1992 in Parlamento scoprirono il finanziamento illecito ai partiti”, dice Martelli. “Il mercimonio c’è sempre stato. Però è andato aggravandosi. La logica di spartizione non era giusta quando era l’effetto di un compromesso politico-ideologico, ed è ancora più squallida oggi che non c’è neanche più questa giustificazione. Anche se da un certo punto di vista la spartizione ideologica era più pericolosa. Il pregiudizio ideologico era infatti incontenibile e dilagava in tutte le scelte e in tutti gli atti della giurisdizione. Era un meccanismo più pulito dalle miserie umane, certo, ma più giacobino. Oggi è un meccanismo lobbistico. Forse più semplice da frenare. E’ puro potere. Carrierismo. Opportunismo”.
Ma come se ne esce? “Gli antichi, quando le assemblee diventavano ingovernabili e davano origine a camarille, trovavano la via del sorteggio per sottrarre a logiche di appartenenza organi che dovevano invece tutelare l’interesse collettivo. E poi bisogna anche occuparsi dell’Anm”. In che modo? “Il problema qui non è soltanto Luca Lotti. Il problema sono i magistrati. Il comportamento di Lotti è stato inaccettabile. Tuttavia non è il cuore della materia. Il cuore della materia è il comportamento dei magistrati associati e del Csm. Penso che un ministro della Giustizia che si rispetti dovrebbe intervenire innanzitutto sull’Anm: chiedere chiarimenti. Io Palamara me lo ricordo quando lanciava fulmini e saette contro la politica in favore dell’autonomia della magistratura. Ma questa sacralità dell’autonomia purtroppo si è rivelata troppo spesso un simulacro. E allora ci vuole un cambio drastico delle regole. Bisognerebbe anche rivedere lo statuto dell’Anm. Chiedersi se è vero o no che realizza una lesione dell’indipendenza del singolo magistrato. A me sembra di sì. E non da oggi. E’ abbastanza evidente che l’Anm, all’interno della quale si delineano le elezioni per il Csm, costringe di fatto i magistrati a iscriversi a una corrente. Se vogliono fare carriera e se vogliono sentirsi tutelati, i magistrati sanno di doversi iscrivere. Questo non li rende liberi. E il meccanismo diventa una trappola”. Ma al momento, l’unico effetto provocato dallo scandalo Palamara è che una parte della magistratura organizzata sta radendo al suolo un’altra parte, prendendone il posto. Il presidente dell’Anm, espressione della destra di Mi, si è dimesso, sostituito da un collega della sinistra di Md. E anche nel Csm, per effetto delle dimissioni, la minoranza diventa maggioranza e la maggioranza minoranza. Così nei discorsi pubblici dei togati la linea è “eliminiamo le mele marce e andiamo avanti sulle orme dei diversi”. Ma chi sono i diversi?
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » gio lug 04, 2019 7:03 am

“Aveva legami con la camorra”, arrestato per corruzione un giudice di Napoli
2019/07/03

https://www.lastampa.it/cronaca/2019/07 ... 1.36636611

In pieno scandalo Csm, un'altra maxi operazione anticorruzione porta in manette un giudice del tribunale di Napoli accusato di corruzione in atti giudiziari e di legami con i clan della Camorra. Si tratta di Alberto Capuano, 60 anni, gip presso il tribunale di Napoli nella sezione distaccata di Ischia. Avvicinare e 'comprare' il giudice era facile, «bastavano tessere gratis per stabilimenti balneari, ma anche pastiere e bottiglie di vino, fino alle somme di denaro in contanti». Insieme a lui, tra i destinatari di misura cautelare, ci sono altre quattro persone: il consigliere circoscrizionale di Bagnoli, Antonio Di Dio, di 66 anni, l'avvocato Elio Bonaiuto, di 71 anni, Giuseppe Liccardo, 31 anni, pregiudicato e vicino al clan Mallardo di Giugliano, e il 52enne libero professionista, Valentino Cassini. I reati contestati agli indagati sono la corruzione nell'esercizio della funzione, la corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio e in atti giudiziari, il traffico di influenze illecite, il millantato credito, la tentata estorsione e il favoreggiamento personale. Dalle indagini della Squadra Mobile, coordinate dall'aggiunto Paolo Ielo, sono emersi legami tra gli indagati e la camorra. Sono in corso perquisizioni nelle abitazioni e negli uffici degli indagati.

I «legami» tra Capuano e il clan Mallardo
Faceva favori un po' a tutti il gip di Napoli, Alberto Capuano, e tra questi c'erano anche personaggi legati al clan camorristico dei Mallardo. Secondo quanto ricostruito, dai poliziotti dellq Squadra Mobile, il giudice 60enne ha accettato da due intermediari di Giuseppe Liccardo, pregiudicato e legato a doppio filo col clan Mallardo di Giugliano, la promessa di una grossa somma di denaro, circa 70 mila euro, «20 prima e 50 dopo», in cambio dell'intervento del giudice su uno o più componenti un Collegio penale, designato per decidere il processo penale a carico di Giuseppe Liccardo, del fratello Luigi e della madre Granata. I tre sono imputati per violazione dell'articolo 12 quinquies D.L. 306/1992, che riguarda il trasferimento illecito di valori, in continuità con il clan mafioso dei Mallardo. Lo scopo: ottenere un'assoluzione nel corso dell'udienza finale del processo che si sarebbe dovuta celebrare il 25 giugno scorso, poi rinviato di qualche mese.

In un’intercettazione contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare si sente un intermediario che riferisce a Liccardo le rassicurazioni del giudice Capuano: «Mi ha detto: dì ai ragazzi che stiano tranquilli (…) il presidente è una cosa loro, già sa tutte cose, ok? (…) però già aveva parlato con il nuovo collegio, il presidente è una cosa solo con loro. Già sanno tutto. Anche se l’avvocato ti ha detto la prescrizione, loro devono uscire assolti a te e a tutta la famiglia , sarete assolti, punto». «Liccardo, preso atto delle notizie, specificava che non voleva solo l’assoluzione per sé e per tutti gli imputati della sua famiglia – scrive il gip di Roma nell’ordinanza – ma anche il dissequestro dei beni, ottenendo anche in questo caso esplicita rassicurazione dal Di Dio: «E’ automatico che ti ridanno i beni, è chiaro che quando vieni assolto ti ridanno pure i beni, è abbinato hai capito?».



Napoli: corruzione in tribunale, sospetti su altri magistrati
Giovedì 4 Luglio 2019

https://www.ilmattino.it/AMP/napoli/giu ... QZSCxUgQ7M

Ventimila euro per il giudice competente, quello che deve firmare la sentenza di assoluzione. Ventimila euro da dare prima della sentenza, da girare al magistrato prima del verdetto, in un piano che prevede anche una ricompensa finale: 50mila euro dopo l’assoluzione, una maxitangente a cose fatte, che serve a chiudere i conti. Ventimila più cinquantamila euro, tanto costa un’assoluzione a Napoli?

Ipotesi choc che spinge il gip di Roma Costantino De Robbio a parlare di «sistema» napoletano per aggiustare i processi, che andrebbe ben al di là delle mosse di Alberto Capuano, il giudice cinquantenne napoletano finito in cella con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Ad essere arrestato anche il consigliere della municipalità di Bagnoli Antonio Di Dio, oltre a Valentino Cassini (indicato come tuttofare di Capuano) e l’imprenditore di Giugliano Giuseppe Liccardo (indicato come il corruttore, interessato ad ottenere assoluzioni e dissequestri in un processo che si sarebbe concluso a giugno a Napoli); mentre finisce ai domiciliari, in un’altra vicenda, l’avvocato Elio Bonaiuto. Quanto basta a spingere la Procura di Roma a condurre verifiche sui processi che hanno fatto registrare l’interessamento di Capuano - sempre su input di amici e mediatori - in vista di presunte tangenti che, in alcune intercettazioni, vengono chiamate «panzarotti», «polpette», «mazzi di fiori».

C’è una conversazione in particolare che spinge gli inquirenti romani a condurre verifiche approfondite sul caso Napoli, quella in cui si parla della «maxitangente» da 70mila euro. È il sette maggio scorso, quando Antonio Di Dio incontra uno degli imprenditori della famiglia Liccardo e - in assenza di altri testimoni - gli avanza la richiesta di denaro: «Lui vuole 20 adesso e 50 dopo la sentenza». Secondo il gip De Robbio, «lui» non può che essere Capuano, alla luce dei dialoghi intercettati ad aprile, sia tra Di Dio-Cassini e il magistrato napoletano, sia in un faccia a faccia tra Di Dio e lo stesso Capuano, in cui si fa riferimento a un «regalo» successivo al verdetto. Ma restiamo alla conversazione dello scorso nove maggio, almeno secondo la ricostruzione del gip De Robbio: «I “venti” da dare subito sarebbero stati destinati, secondo le istruzioni che Di Dio aveva ricevuto (o millantava di aver ricevuto) da Capuano al giudice componente del collegio».

Una ricostruzione che spinge il gip di Roma ad esprimere un giudizio severo su un sistema non ancora messo a fuoco del tutto: «Accelerazioni o sospensioni di processi penali, assoluzioni, scarcerazioni, dissequestri, ed ancora il superamento del concorso in magistratura e di quello per sottufficiale dei carabinieri: tutto si può ottenere e tutto si può comprare attraverso il giudice del Tribunale di Napoli Alberto Capuano, che vanta vere o presunte influenze su numerosi altri magistrati del Tribunale e della Corte di Appello di Napoli...». Parole che presuppongono una conoscenza di altre carte, di altre tracce investigative, su cui è logico attendersi verifiche a stretto giro. Intanto, al di là di qualche regalo (sconti per una vacanza in Colombia, trenta tessere omaggio in uno stabilimento balneare, vino e pastiera) non ci sono riscontri concreti sui soldi promessi allo stesso Capuano.

Unica traccia di denaro cash in questa storia risale al nove maggio scorso, quando Di Dio riesce a farsi dare 3mila euro dalle mani di Liccardo, soldi che verranno divisi tra il consigliere di Bagnoli e il suo socio Cassini. Una somma considerata «irrisoria», che viene divisa in auto (come emerge da un’intercettazione che registra anche il fruscìo delle banconote ricevute da Liccardo), senza farne cenno allo stesso Capuano. Insomma, è una storia di corruzione o di millanteria?

Difeso dai penalisti Giuseppe Fusco e Maurizio Loiacono, questa mattina Capuano risponderà alle domande del collega che lo ha arrestato, dopo due notti a Poggioreale: si dice convinto della possibilità di dimostrare la correttezza della propria condotta, al di là del narrato delle intercettazioni, di fronte alla mancanza di interventi concreti in grado di cambiare il corso dei processi. Interrogatorio di garanzia anche per Di Dio (difeso dai penalisti Marco Campora e Aniello Cozzolino) altro personaggio chiave di una storia di accordi e intese tutte da mettere a fuoco.
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » ven lug 05, 2019 9:36 pm

Arrestato a Fiumicino il magistrato Longo
di ALESSANDRA ZINITI
2019/07/04

https://www.repubblica.it/cronaca/2019/ ... GLPOQ6nT4k

Arrestato all’aeroporto di Fiumicino il magistrato Giancarlo Longo, l’ex pm di Siracusa già condannato nel primo troncone del processo per il cosiddetto “sistema Amara” dal nome dell’avvocato siracusano al centro di un vasto sistema di corruttela al Consiglio di Stato, ma che ha portato anche all’apertura del filone d’inchiesta che vede indagato il pm di Roma Luca Palamara.

Longo e’ stato fermato dagli uomini della Guardia di finanza mentre stava per imbarcarsi su un aereo per Catania dopo che la Cassazione aveva reso definitiva la condanna a 5 anni patteggiata davanti al giudice di Messina.
Longo era uno dei magistrati sui quali l’avvocato Amara poteva contare per aprire procedimenti paralleli con i quali controllare o inquinare fascicoli d’inchiesta di altre procure italiane, ad esempio quelli sul caso Eni aperti a Milano, che gli interessavano per suoi clienti eccellenti. Ha confessato di aver ricevuto somme e regali e ha patteggiato la pena che ora dovra’ scontare in carcere
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » mer lug 10, 2019 9:11 pm

Scontro totale tra Salvini e i magistrati: «Se un giudice sbaglia va licenziato, adesso serve una riforma seria»
10 luglio 2019

https://www.giustizianews24.it/2019/07/ ... rCnnUYK4jo

Dopo lo schiaffo subito con la scarcerazione di Carola Rackete, il capitano della Sea Watch3 che ha forzato il divieto di attracco a Lampedusa per fare sbarcare i migranti aprendo così la strada alle altre navi umanitarie, il ministro dell’Interno Matteo Salvini continua a fare la voce grossa contro i magistrati e torna nuovamente a dettare, o almeno ci prova, le riforme in materia di Giustizia. Se da un lato preme affinché la riforma della Giustizia tanto annunciata ma ad oggi ancora ‘ignota’ arrivi in Aula il prima possibile («Oltre alla riforma fiscale è assolutamente urgente una riforma della giustizia come Dio comanda»), dall’altro cerca di porre nuove condizioni per la riforma. E le condizioni, alla luce del contesto in cui cadono, hanno il sapore amaro della punizione. «Un magistrato se sbaglia paga», ha sottolineato Salvini nella giornata di ieri, domenica 7 luglio, alla festa della Lega di Fubine, nell’Alessandrino.

E ha aggiunto: «Se un giudice sbaglia deve potere essere licenziato, come in qualunque altro lavoro». Salvini, dunque, vorrebbe la mano nei confronti dei magistrati, ai quali è legato da un rapporto di amore-odio. Non sfugge infatti che in questi mesi Salvini ha salutato con favore provvedimenti dei magistrati in linea con la sua politica, mentre non ha mancato di gridare allo scandalo o alla sovversione quando invece i provvedimenti dell’autorità giudiziaria andavano contro i suoi desiderata. Ma tant’è: l’ultima parola spetta al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede che pochi giorni fa ha annunciato – per l’ennesima volta – che la maxi-riforma (sul codice penale, civile e sul Csm) è pronta e che sarà in Consiglio dei ministro nel giro di dieci giorni. Un annuncio cui è seguito uno scontro con l’Associazione nazionale magistrati proprio sulla riforma del Csm.

Dagli spoiler che Bonafede ha fatto della riforma non è sembrano essere previsti provvedimenti di licenziamento nei confronti dei magistrati come invece Salvini vorrebbe. Sono invece previsti paletti per evitare che un magistrato che entra in politica non possa più tornare in politica. E questo punto accomuna sia i Cinque Stelle che la Lega. Sempre a Fubine Salvini ha affermato: «Aggiungo anche che se un giudice si candida, ha finito per tutta la vita di fare il giudice. Non è possibile fare tribunale-Parlamento, Parlamento-tribunale».
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » ven lug 12, 2019 5:17 am

Bari, imponeva minigonne e tacchi alle borsiste: arrestato l'ex giudice Francesco Bellomo,non solo taglio e piega
9 luglio 2019
https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca ... 8k3jhPQnSQ


Arresti domiciliari per Francesco Bellomo, ex giudice barese del Consiglio di Stato, docente e direttore scientifico dei corsi post-universitari per la preparazione al concorso in magistratura della Scuola di Formazione Giuridica Avanzata "Diritto e Scienza". Bellomo risponde dei reati di maltrattamenti nei confronti di quattro donne, tre borsiste e una ricercatrice, alle quali aveva imposto anche un dress code.

Contestata anche l'estorsione aggravata ai danni di un'altra corsista. I fatti contestati risalgono agli anni 2011-2018. L'arresto è stato disposto dal gip del Tribunale di Bari Antonella Cafagna. Il reato di maltrattamenti sarebbe stato commesso da Bellomo nei confronti di donne con le quali aveva avuto una relazione sentimentale, in concorso con l'ex pm di Rovigo Davide Nalin, coordinatore delle borsiste.

Le ragazze dovevano sottoscrivere un contratto con i "doveri" da rispettare - Stando alle indagini dei carabinieri, coordinate dal procuratore aggiunto di Bari Roberto Rossi e dal sostituto Iolanda Daniela Chimienti, Bellomo, con "l'artifizio delle borse di studio offerte dalla società" che consentivano tra le altre cose la frequenza gratuita al corso e assistenza didattica individuale, "per selezionare ed avvicinare le allieve nei confronti delle quali nutriva interesse, anche al fine di esercitare nei loro confronti un potere di controllo personale e sessuale" si legge nell'imputazione, avrebbe fatto sottoscrivere un "contratto/regolamento" che disciplinava i "doveri", il "codice di condotta" ed il "dress code" del borsista.

Imposto alle borsiste il divieto di nozze e l'obbligo di fedeltà - Alle ragazze era imposto "il divieto di contrarre matrimonio a pena della decadenza automatica dalla borsa", ma anche la "fedeltà nei confronti del direttore scientifico" e "l'obbligo di segretezza sul contenuto delle comunicazioni intercorse". Il contratto prevedeva poi "un addestramento del borsista" e "attribuiva un potere di vigilanza e un potere disciplinare alla società. A selezionare le donne tramite colloquio, sottoponendole al "test del fidanzato sfigato" sarebbe stato l'ex pm Nalin, incaricato anche di vigilare sul rispetto degli obblighi contrattuali, svolgere istruttorie in caso di violazioni e proporre sanzioni.

Il "dress code" da classico a estremo - Le borsiste, si legge nel contratto, dovevano inoltre "attenersi ad un dress code suddiviso in 'classico' per gli 'eventi burocratici', 'intermedio' per 'corsi e convegni' ed 'estremo' per 'eventi mondani'" e dovevano "curare la propria immagine anche dal punto di vista dinamico (gesti, conversazione, movimenti), onde assicurare il più possibile l'armonia, l'eleganza e la superiore trasgressività' al fine di pubblicizzare l'immagine della scuola e della società". L'abbigliamento definito "estremo" prevedeva "gonna molto corta (1/3 della lunghezza tra giro vita e ginocchio), sia stretta che morbida, più un maglioncino o maglina, oppure vestito di analoga lunghezza".

Calunnie e minacce anche al premier Conte - Bellomo è indagato per i reati di calunnia e minaccia ai danni dell'attuale presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte. L'accusa, contenuta nell'ordinanza di arresto per maltrattamenti ed estorsione nei confronti di cinque ex borsiste, risale al settembre 2017, quando Conte era vicepresidente del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa e presidente della commissione disciplinare chiamata a pronunciarsi su Bellomo. La presunta estorsione, invece, sarebbe stata commessa nei confronti di un'altra corsista, costretta a rinunciare ad un lavoro da co-presentatrice in una emittente televisiva "in quanto incompatibile con l'immagine di aspirante magistrato".
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » ven lug 12, 2019 11:47 am

Il Csm sospende il procuratore Luca Palamara
Francesca Bernasconi - Ven, 12/07/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... UF8wT173Q0


La decisione arriva a seguito dello scandalo sulla compravendita delle nomine, che lo aveva visto protagonista negli scorsi mesi

Luca Palamara è stato sospeso. Lo ha stabilito la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura (Csm), che ha accolto la richiesta del procuratore generale di Cassazione Riccardo Fuzio, dopo lo scandalo che aveva coinvolto le toghe.

Il procuratore era finito al centro del caos che si è abbattuto sulla magistratura nei mesi scorsi. Secondo gli inquirenti, Palamara avrebbe cercato di fare pressioni per le nomine dei procuratori italiani, così da sistemare sulle giuste poltrone le toghe da lui prescelte, in cambio di favori e insabbiamenti. L'inchiesta parla di riunioni notturne, durante le quali si discuteva delle nomine per le più importanti procura italiane, prima fra tutte la procura di Roma, per cui il gruppo indendeva piazzare Marcello Viola, con lo stesso Palamara a fargli da braccio destro, per poter fare pressioni. L'intento era quello di vigilare e orientare le indagini che lo riguardavano e quelle sul caso Consip.

Nella bufera, però, era finito anche il pg che aveva chiesto la sospensione, Riccardo Fuzio, accusato di aver rivelato all'amico pm i dettagli sull'indagine a suo carico. Le intercettazioni avevano fatto emergere il rapporto tra il pg di Cassazione e il pm di Roma, indagato per corruzione: anche Fuzio avrebbe partecipato alle riunioni nelle quali venivano decise le nomine.

Il pm di Roma è stato sospeso dalle funzione e dallo stipendio. "Continuerò a difendermi nel processo", è stato il commento che Palamara ha rilasciato all'Agi, dopo la notizia della sospensione.




Il procuratore generale della Cassazione si è dimesso. E non era mai accaduto

https://www.agi.it/cronaca/fuzio_procur ... LM2X8-95vQ

Una "condizione di disagio", ovvero l'impossibilità di garantire "la piena funzionalità della Procura generale" della Cassazione, cosa che invece lui sperava proseguisse ad esserci. Questo ha spinto Riccardo Fuzio, procuratore generale della Cassazione, ad anticipare ulteriormente, "con rammarico", la data dell'addio alla magistratura: non più novembre ma sabato 20 luglio. Lo riferiscono all'AGI persone vicine a Fuzio.

E adesso si pone un problema inedito per la giustizia italiana: non c'è infatti precedente di un pg della Cassazione che si sia dimesso e che l'ufficio sia vacante da subito. Se ne farà carico l'aggiunto?, è la domanda che ci si pone negli ambienti. A risolvere la questione sono chiamati il capo dello Stato, il vice presidente e l'intero Csm, il dicastero della Giustizia, che sebbene non ha potere di proposta né di nomina, deve dare il suo consenso alla scelta operata dal Csm.

La decisione di anticipare ancora, "di fare questo ulteriore passo indietro", è stata comunicata due giorni fa a Csm, ministero della Giustizia e agli stessi colleghi della procura generale. In una nota ufficiale diffusa dall'avvocato Grazia Volo, che assiste il magistrato, si parla di decisione che rappresenta "ancora un atto per spirito di servizio per poi poter liberamente esprimere il proprio pensiero sulla intera vicenda". Al di là di questa formula viene spiegato che Fuzio ha voluto sottolineare l'assenza di sospetti e di ombre su di sè, come pure "sul piano del rispetto delle istituzioni".

"Lui ha provato a rimanere - viene detto successivamente all'AGI da persone vicine a Fuzio - ma ha realizzato che sul piano organizzativo c'era questa condizione di disagio. E così, per evitare polemiche e che si potessero creare dubbi e ombre sul suo operato ha preferito questo ulteriore passo indietro".

Anticipando appunto l'uscita, "in modo da eliminare qualsiasi polemica o turbare il clima dell'ufficio", ritenendo non ci fossero le condizioni per rispettare quella volontà di arrivare fino al 20 novembre, scadenza fissata da Fuzio a poco più di quattro mesi in avanti proprio al fine di tutelare la funzionalità dell'ufficio ed anche per ragioni istituzionali, ovvero 'accompagnare' una transizione che avrebbe portato alla nomina del suo successore nel delicatissimo ruolo.

Cosa che invece ora non sarà più di qui a una settimana, anzi già non lo è più dal momento in cui Fuzio ha comunicato, due giorni fa, la sua decisione agli organi istituzionali di riferimento, puntando ad affrontare il nodo della esclusiva titolarità della azione disciplinare che lo riguarda. Garantendosi così la piena libertà nella difesa dinanzi agli uffici giudiziari della procura di Perugia, dove, sulla scorta del contenuto di una conversazione intercettata dal trojan inserito nel cellulare di Luca Palamara, è indagato per rivelazione di segreto d'ufficio.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » sab set 28, 2019 7:48 pm

Giudice condannato, lo sfogo degli impiegati: «Tante le toghe come lui»
Luca Fazzo - Sab, 28/09/2019

http://www.ilgiornale.it/news/milano/gi ... SoZ56XvGg8


La testimonianza di chi lavora negli uffici comunali: «Ogni giorno ci fanno pressioni»

A Milano ci sono giudici col vizietto del «lei non sa chi sono io», toghe che sventolano il tesserino da magistrato per ottenere trattamenti di favore.

Uno per questo è finito sotto processo ed è stato condannato: Giorgio Alcioni, in servizio alla settima sezione civile fino a quando, dopo la condanna a due anni e otto mesi per concussione, è stato messo sotto procedimento disciplinare. Ma proprio dalle motivazioni del processo ad Alcioni, depositate nei giorni scorsi a Brescia, si scopre che alcuni dei comportamenti attribuiti all'imputato sono condivisi da altri suoi colleghi. Negli uffici comunali che si occupano di urbanistica e edilizia accadono sgradevoli faccia a faccia tra impiegati e toghe decise a far valere il loro status. A raccontarlo in aula è il testimone Giancarlo Bianchi Janetti, dirigente del settore. Quando il tribunale gli chiede se comportamenti come quello di Alcioni si verifichino spesso, risponde: «Tutti i giorni». Fatti esposti anche all'assessore? «Tutti i giorni, sempre». Anche da parte di magistrati? «Sì».

Assodato che il giudice Alcioni non è una perla rara, resta la gravità dei comportamenti che la sentenza di condanna gli attribuisce. Tutto ruota intorno al progetto del bar «Birillo» di viale Monte Nero di traslocare nei locali di fronte ed espandersi, trasformando in locale pubblico anche l'appartamento del primo piano. Ma al secondo piano abita con la moglie il giudice Alcioni che scatena una guerra personale contro il trasloco del bar e i lavori di ristrutturazione. Una guerra legittima negli obiettivi ma condotta con metodi che il tribunale di Brescia - cui la vicenda è approdata per competenza - ha ritenuto in larga parte inammissibili.

Alcioni è stato assolto per l'accusa di avere minacciato Emanuele Marinoni, proprietario del «Birillo»: l'atteggiamento del giudice viene definito «inutilmente provocatorio e presuntuoso», «pedante e cavilloso», ma senza contenuto minatorio. Viene invece ritenuto colpevole - ma il reato è dichiarato prescritto - di abuso d'ufficio per l'episodio forse più sconcertante: quando per ingraziarselo nomina per otto volte consecutive come consulente in cause a lui assegnate l'ingegnere che deve dirimere la controversia tra il condominio e il bar. Quanto ai suoi attacchi agli uffici comunali, che vengono sommersi di ricorsi «inutilmente pedanti e ripetitivi», per la sentenza Alcioni supera i confini del lecito in due occasioni, quando fa irruzione pretendendo di vedere la pratica di ristrutturazione.

La prima volta non raggiunge il risultato, perché anche se urla «io sono un giudice del tribunale e pretendo», il capoufficio lo mette alla porta: e qui il reato è di tentata concussione. La seconda volta ad Alcioni va meglio, perché gli impiegati terrorizzati («Sono un magistrato, voglio questo fascicolo e lo voglio vedere subito») gli consegnano la pratica. In questo modo «ha fatto un esplicito riferimento alla sua professione non soltanto per essere accolto con maggiore deferenza e solerzia, ma per ottenere un trattamento di favore che il rispetto delle procedure non avrebbe consentito (..) l'obiettivo era vincere le resistenze della funzionaria e suscitare nella sua psiche, dall'alto della sua qualifica e della sua arroganza, il timore di subire ripercussioni negative». In conclusione, «rispondeva ad un preciso intento dell'Alcioni quello di operare una continua confusione tra la professione esercitata e la veste di privato con cui si presentava agli uffici comunali». Tanto che come recapito lasciava il numero del suo ufficio in tribunale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » sab set 28, 2019 7:52 pm

Reggio Emilia, lavaggio del cervello e falsi documenti per allontanare bambini dai genitori
Diciotto persone, tra cui il sindaco Pd di Bibbiano Andrea Carletti, raggiunte da misure cautelari. Sono accusate di aver sottratto i minori alle famiglie per darli in affido retribuito a conoscenti. Tra gli affidatari anche titolari di sexy shop. Il premier Conte: "Sconvolgente". Una vicenda analoga di 20 anni fa raccontata dall'inchiesta "Veleno"
27 giugno 2019

https://bologna.repubblica.it/cronaca/2 ... slaXUnEFbQ

REGGIO EMILIA - Come 20 anni fa, in quel paese della Bassa Padana raccontato dall'inchiesta "Veleno" di Pablo Trincia. Ore e ore di intensi lavaggi del cervello durante le sedute di psicoterapia, bambini suggestionati anche con l'uso di impulsi elettrici, spacciati ai piccoli come "macchinetta dei ricordi", un sistema che in realtà avrebbe "alterato lo stato della memoria in prossimità dei colloqui giudiziari". Sono alcune contestazioni che emergono dall'inchiesta Angeli e Demoni sulla rete dei servizi sociali della Val D'Enza, nel Reggiano, che ha portato a misure cautelari per diciotto persone, tra cui il sindaco Pd di Bibbiano Andrea Carletti. E poi politici, medici, assistenti sociali, liberi professionisti, psicologi e psicoterapeuti di una Onlus di Moncalieri, "Hansel e Gretel", perquisita questa mattina.

Le misure cautelari sono state eseguite dai carabinieri di Reggio Emilia. Il sindaco è agli arresti domiciliari. Uguale provvedimento per la responsabile del servizio sociale integrato dell'Unione di Comuni della Val d'Enza, una coordinatrice del medesimo servizio, un'assistente sociale e due psicoterapeuti della Onlus torinese. Ulteriori otto misure di natura interdittiva (divieto temporaneo di esercitare attività professionali) sono state eseguite a carico di altrettanti dirigenti comunali, operatori socio-sanitari, educatori. Tra i 27 indagati anche Fausto Nicolini, direttore generale dell'Ausl di Reggio Emilia.

L'inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore di Reggio Emilia Valentina Salvi, ha dell'incredibile: vede al centro la rete dei servizi sociali della Val D'Enza, accusati di aver redatto false relazioni per allontanare bambini dalle famiglie e collocarli in affido retribuito da amici e conoscenti. E non solo.


Il caso Veleno, scatta la revisione del processo
di GIUSEPPE BALDESSARRO

Secondo il quadro accusatorio, quello che veniva spacciato per un modello istituzionale da emulare sul tema della tutela dei minori abusati, altro non era che un illecito business ai danni di decine e decine di minori sottratti alle rispettive famiglie. I destinatari delle misure cautelari sono accusati, a vario titolo, di frode processuale, depistaggio, abuso d'ufficio, maltrattamenti su minori, lesioni gravissime, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d'uso.

I minori venivano allontanati dalle rispettive famiglie attraverso le "più ingannevoli e disparate attività". Tre queste, sempre secondo la ricostruzione dei militari, relazioni mendaci, disegni dei bambini artefatti attraverso la mirata "aggiunta" di connotazioni sessuali, terapeuti travestiti da personaggi "cattivi" delle fiabe messi in scena ai minori in rappresentazione dei genitori intenti a fargli del male, falsi ricordi di abusi sessuali ingenerati con gli elettrodi.

Il podcast Il caso "Veleno": nel paese dei bambini perduti di Pablo Trincia e Alessia Rafanelli

Il tutto durante, spiegano gli investigatori, i lunghi anni nei quali i Servizi sociali omettevano di consegnare ai bambini lettere e regali dati dai genitori naturali che i carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato in un magazzino dove erano accatastati. Tra gli affidatari dei minori anche titolari di sexy shop, persone con problematiche psichiche e con figli suicidi. Infine secondo il quadro accusatorio ci sarebbero stati due casi di abusi sessuali presso le famiglie affidatarie ed in comunità, dopo l'illegittimo allontanamento. In un caso, stando a fonti investigative, si tratterebbe di un bimbo stuprato da un cugino della coppia affidataria.

Alcune vittime dei reati, oggi adolescenti, "manifestano profondi segni di disagio, tossicodipendenza e gesti di autolesionismo" evidenziano i carabinieri di Reggio Emilia, che hanno svolto gli accertamenti.

Le indagini sono iniziate alla fine dell'estate 2018 dopo un'anomala escalation di denunce all'autorità giudiziaria, da parte dei servizi sociali coinvolti, per ipotesi di reati di abusi sessuali e violenze a danni di minori commessi da parte dei genitori. L'analisi dei fascicoli vedeva puntualmente approdare le indagini verso la totale infondatezza di quanto segnalato. Da questo spunto si è sviluppata l'indagine che ha svelato numerosi falsi documentali, redatti secondo l'accusa dai servizi sociali in complicità con alcuni psicologi.

Il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, da poco rieletto con il 79% dei voti, è indagato per abuso d'ufficio in concorso con altri: secondo la Procura reggiana avrebbe omesso di effettuare una procedura ad evidenza pubblica per l'affidamento del servizio di psicoterapia. Anche Nicolini risponde dello stesso reato per il quale sono cinque gli indagati (anche Federica Anghinolfi, Nadia Campani e Nadia Bolognini). Secondo l'accusa si sarebbero incontrati il 10 dicembre 2018 e, "in violazione del nuovo codice degli appalti del 2016 e delle connesse linee guida dell'anticorruzione", avrebbero dato "illecita prosecuzione" al servizio di psicoterapia che aveva un importo superiore a 40.000 euro, procurando così "un ingiusto vantaggio al centro Hansel e Gretel".
"Ricordi che hai paura di papà?": l'ordinanza
Una bambina che ribadisce di non capire il motivo per cui non poteva più vedere i genitori naturali, dicendo di volerli riabbracciare. E le psicologhe, le assistenti sociali, insieme alla coppia di affidatari - tutti indagati - che le rispondono, martellandola, con un'incalzare di frasi e domande per instillarle il dubbio. E' uno dei dialoghi shock, citati nell'ordinanza del Gip Luca Ramponi, che spiega come i bambini venissero di fatto plagiati, in modo da formare false relazioni, nel sistema smantellato dai carabinieri in provincia di Reggio Emilia.

"Ma io non mi ricordo perché non li posso più vedere", dice la bambina, le cui parole, di ottobre 2018, furono captate da un'intercettazione ambientale. "Ma non ti ricordi che hai detto che (tuo padre, ndr) non lo volevi più rivedere? Io ricordo questo", risponde la psicologa. Ma la bambina: "Non ho detto questo". "Sì, hai detto che non volevi vederlo perché avevi paura che ti facesse del male... che si potesse vendicare... o che ti potesse portare via. Ti ricordi la paura che hai sentito. Te la ricordi adesso?", le viene risposto dall'affidataria. Subito si inserisce una psicologa: "Quello che tu dirai al giudice il tuo papà non lo saprà, neanche la tua mamma".

Di nuovo una psicoterapeuta poco dopo: "Forse sono io che mi ricordo male, ma quando ti hanno detto che non avresti più visto il tuo papà tu eri contenta, te lo ricordi?". La bambina: "Non mi viene in mente, non mi ricordo di aver detto così". "Tu vorresti incontrarli", le chiede la psicoterapeuta. "Mi piacerebbe - la risposta della bambina - anche per rivederli, anche fisicamente. Ogni tanto mi capita di piangere perché mi mancano gli abbracci del papà".

Le reazioni. Conte: "Sconvolgente"
Da Osaka dove si trova per il G20 summit il premier Giuseppe Conte commenta la vicenda: "Tutto ciò che riguarda i bambini rischia di essere drammatico. Ho letto le notizie su Reggio Emilia. Se fossero confermate, si tratta di ipotesi accusatorie sconvolgenti e raccapriccianti".

Il vicepremier Luigi Di Maio parla di "una galleria di atrocità assolute che grida vendetta" e ha dato indicazione ai suoi uffici di scrivere immediatamente una lettera al ministro Fontana per chiedere una verifica immediata di tutto il sistema di affidi nazionale, perchè "orrori simili non sono accettabili". Di Maio attacca il Pd: "Quello che viene spacciato per un modello nazionale a cui ispirarsi sul tema della tutela dei minori abusati, il modello Emilia proposto dal Pd, si rivela oggi come un sistema da incubo".

Il ministro Matteo Salvini annuncia di aver chiesto una commissioned'inchiesta sulle case famiglia: "Al di là del fatto incredibile di Reggio Emilia ho tantissime segnalazioni, che sto valutando col ministro della Famiglia, di abusi e veri e propri sequestri in nome del vantaggio economico. Ci sono tante case famiglia che fanno bene il loro lavoro ma proprio per tutelare queste, bisogna beccare quelle che sequestrano i minori".

Su Facebook la ministra Giulia Grillo scrive: "Non c'è niente di più sacro e intoccabile dei bambini. La storia venuta a galla grazie all'inchiesta dei magistrati è raccapricciante. Ci vuole rigore assoluto e severità massima nel punire le responsabilità che eventualmente emergeranno".

"Schifoso e orribile quanto emerge dall'inchiesta 'Angeli e Demoni' sulla gestione di minori. Si vada avanti, fino in fondo, per accertare le responsabilità, la verità e per punire i colpevoli senza esitazione. Patetici i tentativi di strumentalizzare politicamente questo dramma" scrive su Twitter il segretario nazionale del Pd Nicola Zingaretti.

I parlamentari emiliani Dem Graziano Delrio, Vanna Iori, Antonella Incerti e Andrea Rossi annunciano che il Pd si costituirà parte civile: "Oltre ai minori e alle famiglie, vengono colpiti l'immagine e il lavoro di tanti professionisti che operano nei tanti servizi socio-sanitari che hanno fatto sì che questo territorio rappresenti una eccellenza nelle politiche a sostegno e supporto delle persone in difficoltà. Per questo è utile che il Pd si costituisca parte civile nel processo".

La giunta del Comune di Bibbiano esprime solidarietà al sindaco Andrea Carletti ora ai domiciliari: "Abbiamo assoluta certezza che abbia sempre operato nel rispetto delle norme. Prima che come sindaco, conosciamo Andrea come uomo e siamo assolutamente convinti della sua estraneità ai fatti".

“Ciò che sta emergendo ha contorni che, se confermati, sarebbero di una gravità inaudita. In quel caso, è chiaro che la Regione si troverebbe ad essere parte lesa. E, soprattutto, in quel caso, la Regione si aspetta che i delinquenti siamo puniti severamente, come meritano” afferma Sergio Venturi, assessore regionale alla Sanità.



Alberto Pento
Solo il disumano Mondo dei sinistrati di sinistra, progressisti e liberal, salvatori assoluti del Mondo, degli ultimi, dei deboli, dei poveri, del terzo mondo, delle minoranze "discriminate" spesso presuntuose e senza rispetto per le maggioranze, ... della strumentale e pretestuosa falsa bontà in generale, poteva generare una mostruosità simile.



Scandalo affidi a Reggio Emilia, le intercettazioni choc: come manipolavano i bambini
28 giugno 2019

https://www.open.online/2019/06/28/scan ... no-bambini

Sono iniziati nella mattinata di oggi, venerdì 28 giugno, gli interrogatori di garanzia dell’operazione ‘Angeli e Demoni’ sul presunto giro di affidamenti illeciti di bambini nella provincia di Reggio Emilia.

Davanti al Giudice per le indagini preliminari Luca Ramponi, Federica Anghinolfi, dirigente dei servizi sociali dell’Unione dei Comuni della Val d’Enza, considerata dagli inquirenti figura chiave del ‘sistema’ e l’assistente sociale Francesco Monopoli, entrambi agli arresti domiciliari e accusati di aver praticato il «lavaggio del cervello» ai bambini coinvolti attraverso diverse metodologie.

«Mi sono occupato di fatti molto provanti di ‘Ndrangheta per dieci anni, ma quest’inchiesta è umanamente devastante», dice il procuratore capo di Reggio Emilia, Marco Mescolini. «Per la velocità con cui tutto è emerso, restituisce un quadro assai allarmante. Ma conta il giudizio della legge». Il capo dei pm reggiani aggiunge che «è stato sequestrato altro materiale ora al vaglio degli investigatori. Le indagini proseguiranno e nulla sarà intentato».


Le intercettazioni ambientali

Il quadro che emerge dalle intercettazioni è oltre l’immaginazione. In una intercettazione di una seduta di psicoterapia, per esempio, si consiglia al bambino di organizzare il funerale del padre da cui il bimbo è stato allontanato, «per elaborare il lutto».

Poi c’è la storia di una bimba, riportata dalla Gazzetta di Reggio. Non capisce, e lo ripete, perché non può vedere i genitori. Li vuole vedere, le mancano «gli abbracci di papà». Ma le psicologhe, le assistenti sociali, la coppia affidataria la incalzano. Con domande, dubbi, ribaltando le parole della bambina.

«Ma io non mi ricordo perché non li posso più vedere», dice la piccola, secondo la ricostruzione della Gazzetta di Reggio in base a un’intercettazione ambientale dell’ottobre dell’anno scorso. «Ma non ti ricordi che hai detto che (papà) non lo volevi più rivedere?», dice la psicologa. «Non ho detto questo», risponde la bimba. «Non ho detto che non volevo vederlo». «Sì, hai detto che non volevi vederlo perché avevi paura che ti facesse del male… che si potesse vendicare… o che ti potesse portare via. Ti ricordi la paura che hai sentito. Te la ricordi adesso?», dice la donna che l’ha avuta in affidamento. «Quello che tu dirai al giudice il tuo papà non lo saprà, neanche la tua mamma», ricorda la psicologa. «Forse sono io che mi ricordo male, ma quando ti hanno detto che non avresti più visto il tuo papà tu eri contenta, te lo ricordi?», dice una terapeuta. «Non mi ricordo di aver detto così». «Guarda che non c’è niente di male! Perché se tu hai vissuto una situazione che ti hanno fatto stare tanto male… d’accordo, tu come bimba puoi dirlo che stai proprio male e che non hai voglia di star male così», incalza l’affidataria. «Non è che se tu hai detto che stavi tanto male e non volevi più vederlo sei una brutta bambina». Poi la domanda della psicoterapeuta: «Vorresti incontrarli?». «Mi piacerebbe. Ogni tanto mi capita di piangere perché mi mancano gli abbracci del papà», risponde la bambina.


La “Carta di Noto”

Dialoghi agghiaccianti, ma non sono i soli. La ‘Carta di Noto’, cioè il protocollo con le linee guida deontologiche per lo psicologo forense, quando si trova di fronte ad abusi su minori, viene definita nelle intercettazioni da uno degli indagati «una roba scritta da quattro pedofili». A parlare è Matteo Mossini, psicologo dell’Asl di Montecchio cui è stato vietato di esercitare l’attività professionale per sei mesi, in un dialogo con la psicoterapeuta Nadia Bolognini, ai domiciliari.

Nel valutare la sua posizione, il Gip parla di «disprezzo per i metodi comunemente adottati di valutazione e audizione nonché di approccio terapeutico con i minori sospette vittime di abusi».





Affidi illeciti Reggio Emilia, chi è la dirigente al centro dell'inchiesta
ALESSANDRA CODELUPPI e DANIELE PETRONE
Reggio Emilia, 29 giugno 2019

https://www.ilrestodelcarlino.it/reggio ... -1.4669841

Obbligava gli assistenti sociali a redigere e firmare verbali dove si attestava il falso riguardo allo stato familiare o al contesto abitativo dei bambini. Che poi decideva a chi affidare (elargendo addirittura contributi doppi fino a 1.200 euro rispetto alle ‘rette’ previste), influenzata tra l’altro dal suo attivismo nel mondo gay, per la lotta in favore dell’adozione alle coppie omosessuali, ma anche dai suoi intrecci sentimentali. E stabiliva pure a quali psicoterapeuti bisognava mandare in cura i piccoli una volta strappati dalle famiglie naturali. Assume quasi il volto di una zarina dei servizi sociali Federica Anghinolfi, dirigente dell’Unione val d’Enza, finita ai domiciliari con numerose accuse tra cui falso in atto pubblico, abuso d’ufficio, violenza privata e lesioni personali gravissime, nelle carte dell’inchiesta 'Angeli e Demoni', lo scandalo scoppiato in provincia di Reggio Emilia sul presunto sistema illecito di affidamenti dei minori strappati alle famiglie naturali con falsificazioni di atti e altri escamotage: 16 misure cautelari emesse, 27 indagati.

AGGIORNAMENTO Affidi illeciti, quei regali mai dati ai bimbi

La donna, 57 anni – che ieri si è avvalsa della facoltà di non rispondere davanti al gip nel primo degli interrogatori di garanzia assieme all’assistente sociale indagato Francesco Monopoli – è ritenuta la figura chiave. A partire dall’inizio del ‘sistema’ collaudato secondo gli inquirenti. Arrivava quasi a ricattare giovani operatrici con contratto a tempo determinato, esercitando dunque la sua posizione di potere, affinché redigessero verbali che attestassero muffa sui soffitti, poco cibo in frigo o assenza di giocattoli. Era il primo passaggio – con le presunte falsificazioni delle dichiarazioni degli stessi bimbi al fine di screditare madri e padri naturali – che serviva per ottenere il decreto di allontanamento. Poi l’affidamento, spesso ad altre coppie ‘amiche’ o a lei vicine. E addirittura con un legame affettivo passato.



Qui i nomi degli indagati - La procura di Modena si attiva dopo il caso Reggiano

La Anghinolfi, omosessuale dichiarata, ha avuto una relazione – provata dagli inquirenti – con Fadia Bassmaji, anch’essa indagata, alla quale è stata data in affido la piccola Francesca (nome di fantasia) assieme alla compagna Daniela Bedogni (anche lei nel registro della pm Valentina Salvi).
Queste ultime due – si legge nell’ordinanza – avrebbero «imposto un orientamento sessuale» alla minore vietando tassativamente alla piccola di lasciarsi i capelli sciolti, perché ritenuto dalle due «matrigne» atteggiamento di vanità e di richiamo appetibile per i maschietti a scuola. Il gip definisce questo episodio in modo molto forte come un «comportamento ideologicamente e ossessivamente orientato». Procura e inquirenti stanno infatti scavando nel mondo Lgbt. Nella vicenda è finito ai domiciliari, con le accuse di abuso d’ufficio e falso, anche il sindaco pd di Bibbiano, Andrea Carletti che ieri tramite il legale ha dichiarato di «non aver mai fornito copertura politica a fatti illeciti».
Il procuratore reggiano Marco Mescolini, dopo aver premesso che non bisogna estendere le accuse a tutto il mondo degli affidi, ieri ha commentato così l’operazione: «Mi sono occupato di fatti molto provanti di ‘ndrangheta per dieci anni, ma quest’inchiesta è umanamente devastante».




L'orrore di Reggio: bambini affidati a persone malate e stupratori
28giugno 2019

https://www.lapressa.it/notiziario/la_n ... L6THUrm1rE


Dall'inchiesta condotta dai Carabinieri emerge una realtà inquietante, da film horror. Due casi accertati di stupro nelle famiglie affidatarie

Affidi pilotati che facevano finire i minori in mano ad amici e conoscenti degli assistenti sociali, ma anche a persone in alcuni casi discutibili e in altre senza ombra di dubbio problematiche. Ci sono anche due casi stupro accertati nelle nuove famiglie assegnatarie. E' sempre più inquietante, e sta assumendo i caratteri di un film horror, la vicenda che a più livelli vede coinvolti, nella complessa indagine dei Carabinieri, addetti dei servizi sociali dell'Unione dei Comuni della Val d'Enza e il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti (Pd), arrestato.

Quello che emerge dall'indagine è un business illecito ai danni di decine e decine di minori che sono stati sottratti alle rispettive famiglie con la complicità di politici, medici, assistenti sociali, che per anni hanno alterato documenti, ed addirittura i disegni dei bambini, in un ‘sistema’ orientato ad una catena di affidi pilotati, con bambini affidati ad amici e conoscenti degli operatori dei servizi sociali, tra cui titolari di sexy shop, persone con problematiche psichiche o con figli suicidi. Si registrano - scrive l'agenzia Dire - anche due casi accertati di stupro nelle famiglie affidatarie ed in comunità.

Le misure sono scattate sulla base di un’ordinanza di custodia cautelare: sono coinvolti politici, medici, assistenti sociali e liberi professionisti. Come spiegano i militari in una nota, da diversi anni gli arrestati avevano messo in piedi un illecito e redditizio sistema di “gestione minori”. I minori protagonisti di questa vicenda, alcuni oggi adolescenti, manifestano profondi segni di disagio come tossicodipendenza e gesti di autolesionismo.

I reati contestati ai 16 indagati, a vario titolo, sono frode processuale, depistaggio, abuso ’ufficio,
maltrattamentisu minori, lesioni gravissime (nei confronti dei minori), falso in atto pubblico, violenza privata, entata estorsione, peculato d’uso.

Nella nota, i Carabinieri spiegano di avere intercettato “ore e ore di intensi lavaggi del cervello durante le sedute di psicoterapia effettuate sui minori, anche di tenera età, dopo che gli stessi erano stati allontanati dalle rispettive famiglie attraverso le più ingannevoli e disparate attività, tra le quali:relazioni mendaci, disegni dei bambini artefatti attraverso la mirata ‘aggiunta’ di connotazioni sessuali, terapeuti travestiti da personaggi ‘cattivi’ delle fiabe messi in scena ai minori in rappresentazione dei genitori intenti a fargli del male, falsi ricordi di abusi sessuali ingenerati con gli elettrodi di quella che veniva spacciata ai bambini come ‘macchinetta dei ricordi’”.

Bambini dati in affido anche a persone con problemi psichici

Stando a quanto emerso dalle indagini, i bambini allontanati in modo illegittimo dalle loro famiglie (suggestionati psicologicamente per convincerli della cattiveria dei genitori o di abusi mai avvenuti) venivano poi affidati ad amici e conoscenti degli operatori dei servizi sociali, tra cui titolari di sexy shop, persone con problematiche psichiche o con figli suicidi. E, secondo i Carabinieri che indagano, si registrano due casi accertati di stupro nelle famiglie affidatarie ed in comunità.

In tutto 16 le persone indagate: sei sono state sottoposte alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Tra loro c’è il sindaco di Bibbiano (Reggio Emilia) Andrea Carletti appena rieletto e una responsabile del Servizio sociale integrato dell’Unione dei Comuni della Val d’Enza. Arrestati anche una coordinatrice del medesimo servizio, un’assistente sociale edue psicoterapeuti di una onlus torinese.

Altre otto misure cautelari di natura interdittiva, costituite dal divieto temporaneo di esercitare attività professionali sono state eseguite a carico di altrettanti soggetti, nelle relative qualità di dirigenti comunali, operatori socio-sanitari ed educatori.

Infine ci sono due misure coercitive del divieto di avvicinamento ad un minore, che hanno colpito una coppia affidataria accusata di maltrattamenti.

Le indagini sono iniziate alla fine dell’estate del 2018 dopo l’anomala escalation di denunce all’autorità giudiziaria, da parte dei servizi sociali coinvolti, per ipotesi di reati di abusi sessuali e violenze a danni di minori che sarebbero stati commessi dai genitori. L’analisi dei fascicoli vedeva però puntualmente approdare le indagini verso la totale infondatezza di quanto segnalato.

Nonostante ciò, i servizi sociali coinvolti proseguivano nel percorso psicoterapeutico richiesto più volte. Da qui si è sviluppata l’intensa indagine che ha svelato i numerosi falsi documentali redatti dai servizi sociali in complicità con alcuni psicologi, artatamente trasmessi all’autorità giudiziaria.

Come funzionava il meccanismo

In pratica si realizzava la diagnosi di una mirata patologia post traumatica a carico dei minori, condizione questa necessaria a garantirne la presa in carico da parte di una Onlus di Torino. Il pagamento delle prestazioni psicoterapeutiche avveniva quindi in assenza di procedura d’appalto: gli affidatari venivano incaricati dai servizi sociali di accompagnare i bambini alle sedute private di psicoterapia e di pagare le relative fatture a proprio nome. Mensilmente le stesse persone che avevano i minori in affido ricevevano rimborsi sotto una simulata causale di pagamento, falsando così i bilanci dell’Unione dei Comuni coinvolti. I Servizi sociali dell’Unione dei Comuni e l’associazione erano quindi legati a doppio filo. E si scambiavano favori.

Da un lato la onlus era affidataria dell’intero servizio di psicoterapia voluto dall’ente e dei relativi convegni e corsi di formazione, organizzati in provincia. Dall’altra, alcuni dipendenti dello stesso ente ottenevano incarichi di docenza retribuiti nell’ambito di master e corsi di formazione tenuti sempre dalla onlus. Il sistema era talmente consolidato che ha portato all’apertura di un centro specialistico regionale per il trattamento del trauma infantile derivante da abusi sessuali e maltrattamenti (che di fatto è risultata una costola della onlus). In questa struttura, infine, veniva garantita l’assistenza legale ai minori attraverso la sistematica scelta, da parte dei servizi sociali, di un avvocato, anch’egli indagato per “concorso in abuso d’ufficio”, attraverso fraudolente gare d’appalto gestite dalla dirigente del servizio per favorirlo. Gli investigatori stanno ora vagliando le posizioni di decine e decine di minori seguiti negli anni passati proprio dai servizi sociali.



Affidi illeciti Emilia, ex candidata sindaca M5s si dimette: difende la dirigente del Servizio sociale indagata
Stefano Galeotti
1 Luglio 2019

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/0 ... ta/5293955

La consigliera grillina e avvocata ha deciso di lasciare il suo posto in Comune. Sarà la legale di Federica Anghinolfi, accusata di essere una delle figure chiave del sistema di affidamento dei minori emerso nell'indagine Angeli e demoni

Una scelta di carattere personale, per evitare ulteriori malumori all’interno del Movimento reggiano, già reduce da un risultato per niente positivo alle recenti elezioni amministrative. Rossella Ognibene, candidata sindaco dei Cinquestelle lo scorso 26 maggio, si è dimessa dall’incarico di consigliera comunale, ottenuto insieme ad altri tre candidati pentastellati in virtù del 14% dei voti raccolto al primo turno. La decisione, presa in autonomia e senza rilasciare, al momento, nessuna dichiarazione ufficiale, è strettamente legata allo scandalo degli affidi in Emilia: la Ognibene è infatti l’avvocata di Federica Anghinolfi, dirigente del Servizio sociale integrato dell’Unione di Comuni della Val d’Enza che la procura di Reggio Emilia considera figura chiave del sistema illecito di affidamenti dei minori descritto nelle carte dell’inchiesta “Angeli e Demoni”. E se è vero che la posizione professionale della Ognibene non è in conflitto con il ruolo di consigliera, questa suo impegno sarebbe politicamente poco compatibile con la dura condanna espressa dai vertici nazionali e locali del Movimento, i primi a prendere una posizione molto netta sulla vicenda.

“Che voi siate maledetti. Carcere a vita e buttare la chiave”, aveva commentato a caldo la vicepresidente della Camera, Maria Edera Spadoni, volto reggiano dei Cinquestelle, molto vicina al vicepremier Luigi Di Maio. La battaglia politica sul tema si è inasprita anche per il coinvolgimento nell’inchiesta del sindaco Pd di Bibbiano, Andrea Carletti, ai domiciliari con l’accusa di abuso d’ufficio e “consapevole della totale illeicità del sistema”. E tra i 27 indagati, di cui 16 sottoposti a misure cautelari, c’è anche la Anghinolfi, ai domiciliari con le accuse di falso in atto pubblico, abuso d’ufficio, violenza privata e lesioni personali gravissime. Per i pm, era lei che aveva affidato la psicoterapia all’interno di una delle strutture coinvolte alla onlus Hansel e Gretel, firmando le determine delle spese relative a prestazioni che arrivavano anche a 135 euro all’ora, nonostante la Ausl di Reggio Emilia potesse utilizzare i propri professionisti gratuitamente. Ed era sempre la Anghinolfi, secondo l’accusa, che in alcuni casi era arrivata a obbligare gli assistenti sociali a redigere e firmare falsi verbali sul contesto familiare e abitativo in cui vivevano i bambini, che poi decideva di affidare in modo arbitrario. La Ognibene, oltre a difendere la Anghinolfi, si trova anche molto vicina a Marco Scarpati, suo collega di studio, un avvocato molto stimato in città per il suo storico impegno a difesa dei minori vittime di abusi e il cui nome figura ora tra quello degli indagati nell’inchiesta che ha scosso l’Emilia.

Le dimissioni della Ognibene rischiano però di creare un’altro problema per i Cinquestelle reggiani: a subentrarle sarà infatti l’ex consigliere comunale Cristian Panarari, primo dei non eletti con le sue 138 preferenze ottenute il 26 maggio. Su di lui, ex wrestler, però pende una richiesta di espulsione mossa in prima persona dalla Spadoni per un post relativo alla Nazionale italiana di calcio femminile pubblicato su Facebook: “Forza Azzurre, regalate ‘notti magiche’ agli italiani”, aveva scritto sul social Panarari, allegando una foto allusiva di Laura Giuliani,la portiere delle Azzurre, durante un’azione di gioco. Il nome di Panarari aveva diviso il Movimento locale anche prima dell’uscita sessista: a ridosso del ballottaggio, per il quale la stessa Ognibene non aveva dato indicazioni di voto ai suoi elettori, l’ex consigliere aveva invece espresso la propria preferenza per il candidato sindaco del centrodestra Roberto Salati, poi comunque nettamente sconfitto dal primo cittadino uscente del Pd, Luca Vecchi. Una presa di posizione che era costata a Panarari la segnalazione da parti di alcuni attivisti pentastellati per la sua mancata imparzialità.



“Io accusato di omofobia per togliermi il figlio e darlo a una coppia gay”
Costanza Tosi - Lun, 01/07/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 5esawl6u2w


"Mi dissero che io ero omofobo. E che dovevo cominciare ad abituarmi alle relazioni di genere"

Da un lato bambini traumatizzati, plagiati dagli psicologi e strappati dall'affetto dei loro cari.

Dall'altro i loro genitori che non si danno pace. Tutte vittime di una rete di donne e uomini disposti a tutto, come si legge nelle carte dell'inchiesta "Angeli e demoni".

Ma non solo. Incontriamo un uomo - che ci chiede di restare anonimo e che chiameremo Michele - che inizia a parlarci. La sua odissea inizia nel 2017, quando gli vengono strappati i figli per darli in adozione a una coppia gay. Tutto inizia con una denuncia per maltrattamenti (adesso archiviata dal tribunale di Reggio Emilia) fatta dalla sua ex moglie. I servizi sociali della Val D'Enza cominciano a monitorare la famiglia, come ci racconta lo stesso uomo: "Venivano a controllare in continuazione. Mi contestavano che la casa non fosse idonea a far vivere i miei figli. Mi hanno detto che la camera dei bambini era troppo pulita, quasi che loro non avessero mai dormito in quella stanza. I giocattoli erano riposti nell'armadio e anche questo a loro non tornava. Cercavano sempre delle scuse, a volte banali".

Ispezioni assidue e incontri continui. Gli assistenti stilavano lunghe relazioni, spesso fantasiose, secondo Michele. Relazioni che però non corrispondevano alla realtà dei fatti in qunato falsificavano gli eventi. Tra le righe delle relazioni infatti ci sarebbero racconti di fatti che però non sarebbero mai avvenuti. Mese dopo mese, anzi, i servizi sociali aggiungevano ulteriori dettagli per creare la figura del "papà cattivo", un pretesto - per gli inquirenti - per togliere i bambini al genitore e affidarli alla madre che, dopo essere andata via di casa, viveva con la sua nuova compagna. Michele doveva quindi diventare l’orco cattivo, il padre violento sia con i figli che con la moglie.

“Un giorno - racconta Michele a ilGiornale.it - mentre mi stava per salutare, mio figlio ha iniziato a piangere perché non voleva andare con la madre. Io non riuscivo a capire, ma siamo riusciti a calmarlo e tutto si è sistemato. Poi è andato via con lei". Ma non solo. Poco dopo Michele scopre dei dettagli agghiaccianti, nelle relazioni dei servizi sociali: "Scopro che Beatrice Benati, che aveva redatto la relazione, nel raccontare i fatti scriveva: 'I bambini si riferivano al padre, insultandolo'. Lì ho capito che c’era qualcosa di strano. Perché avrebbero dovuto scrivere una cosa per un'altra? A che scopo? Ancora oggi me lo chiedo".

Il 15 giugno del 2018 Michele viene convocato dagli assistenti sociali. Incontra Federica Anghinolfi e Beatrice Benati (oggi agli arresti domiciliari) che gli comunicano che non potrà più vedere i suoi figli se non “in forma protetta una volta ogni 21 giorni.”

La motivazione? "Lei è omofobo!", gli spiega la Anghinolfi, responsabile dei servizi sociali, e attivista Lgbt. "Io ero sconvolto, non volevo crederci - spiega Michele- Chiesi spiegazioni e mi dissero che io ero omofobo. E che dovevo cominciare ad abituarmi alle relazioni di genere". Adesso, dopo un anno, Michele pensa solo ai suoi figli, soprattutto al più piccolo. A causa delle pressioni psicologiche e dei traumi subiti durante il percorso di allontanamento dal padre ora il bambino soffre di problemi psichici. "Sta soffrendo molto, questa situazione lo sta distruggendo e io ho le mani legate. Ha degli atteggiamenti preoccupanti, me lo hanno detto anche le insegnati di scuola - sospira Michele, che fa fatica a parlare e ha la voce rotta dal dispiacere - Dice spesso che non sa che farsene della sua vita, che vuole morire". Sono questi i pensieri di un bambino allontanato dalla propria famiglia. Pensieri che nessuno dovrebbe mai fare. Soprattutto un bambino.




"Angeli e Demoni", si allarga l'inchiesta: indagati altri due sindaci dem
Costanza Tosi - Mar, 02/07/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... nZepth1xB4

Il Pd emiliano elogiava l'esperienza della Val d'Enza tanto da promuovere in quei luoghi "un incontro pubblico della commissione, per ascoltare il territorio e condividere azioni di sistema". Bignami: "Il Pd c'è dentro fino al collo"

Il Partito democratico finisce nell'occhio del ciclone nell’inchiesta sul business degli affidamenti dei minori.

Non solo Andrea Carletti nel registro della pm si aggiungono altri due uomini del Pd.

Paolo Colli e Paolo Burani, ex sindaci di due comuni nel reggiano, Montecchio e Cavriago. Anche loro adesso sono indagati per abuso d'ufficio. Proprio come lui, il primo cittadino di Bibbiano - Carletti, appunto - finito agli arresti domiciliari che, come scritto nell'ordinanza del tribunale di Reggio Emilia, era "pienamente consapevole della totale illiceità del sistema (…) disponeva lo stabile insediamento di tre terapeuti privati della Onlus Hansel e Gretel all'interno dei locali della struttura pubblica della Cura". Il tutto in "costante raccordo" - si legge sempre - con Federica Anghinolfi, la donna paladina delle coppie gay che dava in affido i bambini anche a donne omosessuali a lei legate.

A collegare i due nomi c'è anche una certa familiarità con il mondo della sinistra. Se il sindaco era politicamente legato al Pd, anche la responsabile del servizio sociale integrato dell'Unione di Comuni della Val d'Enza non sembra essere sconosciuta a quell'ambiente, vista la sua partecipazione - per esempio - alla festa dell'Unità di Bologna del 2016. "Il Pd c'è dentro fino al collo", dice senza esitazioni Galeazzo Bignami, di Forza Italia, parlando di quello che considera uno "scandalo in salsa rossa".

Eppure, dopo i 18 arresti disposti dal Gip, a sentire le dichiarazioni degli esponenti del Partito democratico sembra quasi che il sindaco sia una sorta di pecora nera nel sistema del welfare della Regione. "Ciò che sta emergendo dall'operazione dei carabinieri ha contorni che, se confermati, sarebbero di una gravità inaudita", ha detto l'assessore rosso alla Sanità dell'Emilia-Romagna, Sergio Venturi. "In quel caso è chiaro che la Regione si troverebbe ad essere parte lesa". Sulla stessa linea anche il segretario regionale del Pd Paolo Calvano e il capogruppo democratico in Regione Stefano Caliandro che, in una nota congiunta, hanno dichiarato: "Se quei fatti fossero confermati, la Regione sarebbe parte lesa e in quanto tale in sede giudiziaria va presa in considerazione anche la costituzione di parte civile". Il Partito democratico sembra quindi lavarsene le mani. Si dissocia dal sindaco e lo disconosce.

Spulciando tra i resoconti della Regione Emilia, però, spunta un incontro che fa discutere. Era il 2015 quando in commissione parità venivano ascoltati Federica Anghinolfi e il primo cittadino Carletti. "Ero consigliere regionale quattro anni fa, vennero e ci portarono quel sindaco e la responsabile del progetto come esempio in Regione di un sistema virtuoso di tutela dei bambini", racconta l'onorevole Bignami al Giornale.it. In tale occasione Federica Anghinolfi parlò proprio di "creare sul territorio un centro specialistico sul trattamento dei minori vittime di violenza insieme all'Asl di Reggio Emilia". La consigliera Yuri Torri, di Sel, invitava addirittura l'ente a "intervenire per mettere a sistema l’esperienza sviluppata in Val D'Enza in questo anno e a formalizzare dei protocolli". E fu proprio in quell' occasione che emerse anche che il numero di abusi su minori segnalati sul territorio era troppo alto.

Ma in Commissione, Luigi Fadiga, Garante per l’infanzia e l' adolescenza dell' Emilia Romagna, a tal proposito spiegò che "l' errore più grave sarebbe etichettare l'area, perché il fenomeno non è certo circoscritto, nel reggiano semmai c'è stato il coraggio di denunciare e intervenire". E non tardò l’appoggio dell’Anghinolfi che aggiunse: “È stata molto importante”, disse, “la volontà di proseguire l'ascolto delle giovani vittime anche dopo aver raccolto un numero apparentemente sufficiente di informazioni”.

Insomma, solo pochi anni fa, la sinistra emiliana elogiava i metodi della Val d'Enza tanto da promuovere in quei luoghi "un incontro pubblico della commissione per ascoltare il territorio e condividere azioni di sistema", come si legge negli atti. Oggi, invece, si dichiara "parte lesa" e fa finta di non sapere. "Federica Anghinolfi partecipava continuamente a incontri con la sinistra - fa notare però Bignami - E quello è l'esempio che il Pd ci portava". Un modello che si è rivelato un incubo. Un modello che non va certamente seguito ma condannato.

“Siete stati voi, il caro Partito democratico, a rendere potente questa gente sfuggendo al vostro controllo, nella migliore delle ipotesi…” aggiunge Bignami in un video sulla sua pagina Facebook. Un controllo a cui, i responsabili degli orrori compiuti ai danni dei bambini, sono sfuggiti proprio sotto i loro occhi. Sotto gli occhi disattenti degli uomini del Pd.

Come è possibile che nessuno nell’amministrazione locale del Partito democratico sia riuscito a scovare le falle di questo sistema? Sarebbe stato sufficiente non farsi sfuggire i numeri. Numeri, peraltro, riportati nei bilanci dell’Unione. Sarebbe bastato controllare quanti erano i bambini che, negli ultimi anni, erano stati dati in affido dai servizi sociali e, magarim verificare anche gli importi degli assegni erogati dai centri di assistenza per minori.

Come ha fatto Natascia Cersosimo, consigliere comunale del Movimento 5 stelle nell'Unione Comuni Val d'Enza. Fu lei a chiedere, a seguito di una proposta di aumentare di 200mila euro i fondi a favore delle strutture di accoglienza per minori, i documenti che giustificassero tale richiesta. Dai documenti era tutto chiaro. Chiaro e allarmante.

Dal 2015 al 2018 il numero degli affidi era aumentato in maniera sorprendente. Come scrive Paolo Pergolizzi su Reggiosera.it, “i bambini dati in affidamento erano zero nel 2015, 104 nel 2016, 110 nel 2017 e 92 nei primi sei mesi del 2018”. Quindi dal 2015 al 2016 cento bambini sono stati dati in affido e, negli anni a seguire, il numero era in costante crescita.

Ma c’è di più. Tutti i numeri erano in aumento. “Le prese in carico per violenza sono state 136 nel 2015, poi 183 nel 2016, fino alle 235 del 2017 e le 178 del primo semestre 2018. In sostanza, se si fosse arrivati fino a fine anno, si potrebbe dire che nel 2018 sarebbero state praticamente triplicate rispetto a tre anni prima”, scive sempre Reggiosera.it.

Di conseguenza a crescere erano anche i soldi pubblici destinati all’assistenza dei minori. Più affidi, più soldi. “Si passa dai 245.000 euro del 2015, ai 305.000 euro del 2016, fino ai 327.000 euro del 2017 e, infine, a una proiezione di spesa di 342.000 euro nel 2018. Stessa cosa per quanto riguarda le spese necessarie per gli incontri con gli psicologi: dai 6.000 euro del 2015 ai 31.000 del 2017, fino ai circa 27.000 del primo semestre 2018”.

Ma se le cifre destavano sospetto, gli amministratori locali della zona interessata si giustificavano e mettevano le mani avanti. Nel documento ufficiale sulla gestione dei servizi avevano scritto infatti: “I dati di grave maltrattamento ed abuso della Val d'Enza, superiori alla media regionale, non sono ascrivibili ad un fenomeno locale specifico, ma sono in linea con i dati mondiali dell'Oms e di importanti organizzazioni internazionali come Save the Children e Terre des Hommes. Tali dati dimostrano l'essenzialità di un lavoro di rete efficace e qualificato, in linea con le ottime - ma ampiamente disattese - linee guida regionali sul tema”.

Un confronto, che a dirla tutta, non regge proprio. O, per meglio dire, aggrava la situazione. Infatti, con questa dichiarazione, si sostiene che i dati sugli abusi fossero in linea con quelli forniti da Ong internazionali operanti in territori di guerra o in Paesi in via di sviluppo. Non proprio una condizione ideale per un comune italiano.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » sab set 28, 2019 7:54 pm

Truffa alle assicurazioni: anche tre giudici fra i ventidue arrestati
Falsi incidenti stradali, perizie pilotate, sentenze ad hoc; e in casa di un indagato trovati migliaia di euro in contanti: è quanto emerge da un provvedimento emesso dalla procura di Roma in seguito ad una indagine della Finanza.
di Francesco Giorgi
28 settembre 2018

https://www.motori.it/attualita/770364/ ... Nzfzd27fLk

Ci sono anche tre magistrati – un giudice di pace, attualmente agli arresti domiciliari, ed altri due giudici – fra le persone sottoposte a misura cautelare, da parte della Procura di Roma, oltre ai 22 arrestati (nell’abitazione di uno dei quali sarebbero stati trovati migliaia di euro in contanti), in seguito ad una operazione condotta nei giorni scorsi a Torre Annunziata (Napoli), da parte della Guardia di Finanza in merito ad una indagine rivolta a smascherare un “giro” di incidenti stradali fasulli che ha provocato un notevole raggiro ai danni di alcune Compagnie di assicurazione.

Pesanti i capi di accusa: da corruzione a corruzione in atti giudiziari, al favoreggiamento. “In 45 giorni di indagine – spiegano, in un “lancio” di agenzia, i magistrati del Tribunale di Roma Paolo Ielo e Maria Golfieri – sono stati riscontrati ben 37 episodi di reato”. “Oltre ai tre giudici, sono stati arrestati una ventina fra avvocati e consulenti; indagati anche due appartenenti alle forze dell’ordine, che avrebbero rivelato l’esistenza dell’inchiesta”.

Dalla dichiarazione dei magistrati, e dall’entità delle indagini, si comprende come la “macchina” delle truffe fosse particolarmente articolata: sentenze aggiustate, perizie compiacenti, responsabilità “limate”. Molto di tutto ciò comparirebbe, nero su bianco attraverso la stesura delle conversazioni che compromettono ed offendono la funzione, nell’ordinanza firmata dal giudice Costantino De Robbio. Nel mirino dei militari della GdF anche l’assegnazione di alcune perizie “pilotate” a consulenti che pagavano per vedersi assegnati gli incarichi. Al momento c’è un ulteriore indagato, che le Fiamme Gialle stanno cercando.
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