Casta dei magistrati (procuratori-giudici) e degli avvocati

Casta dei magistrati (procuratori-giudici) e degli avvocati

Messaggioda Berto » sab giu 08, 2019 3:23 am

Firenze. Nardella assume per chiamata diretta la figlia della pm che archiviò Renzi
Davide Vecchi
2018/01/18

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edi ... m43XHsyEdc

Come Matteo Renzi anche Dario Nardella nutre aspirazioni da talent scout. E se il rottamatore nel 2009, da sindaco di Firenze, nominò nella controllata Publiacqua la giovanissima – appena 28enne – Maria Elena Boschi, ora il suo erede a Palazzo Vecchio, Dario Nardella, tenta altrettanto e scommette su Celeste Oranges, anche lei 28enne, come Boschi laureata in legge e al suo primo impiego. Ma per quanto abbiano molte cose in comune – sono pure entrambe nate a Montevarchi, in provincia di Arezzo – difficilmente Nardella riuscirà a eguagliare quanto il suo Principe ha fatto per Maria Elena. Inizia dal tentare di evitare gli stessi errori, tanto che nella scelta sembra aver tenuto conto anche dei genitori così da non incappare in un nuovo caso Etruria. E Celeste Oranges ha natali specchiati: la mamma, Acheropita Mondera Oranges, dal 6 giugno guida la procura della Corte dei Conti della Toscana dopo esserne stata a lungo viceprocuratore generale.

Un ruolo piuttosto rilevante, considerati i burrascosi trascorsi con i giudici amministrativi avuti sia da Renzi sia dallo stesso Nardella: i bilanci di entrambi sono stati sovente bocciati. L’ex premier si era visto contestare anche spese per 20 milioni negli anni in cui ha guidato la Provincia di Firenze, poi finito in nulla. Un altro fascicolo, sempre della Corte dei Conti e sempre relativo al periodo in cui Renzi era presidente di Palazzo Medici Riccardi, si è chiuso solo nel settembre 2014. Ironia della sorte: fu proprio Acheropita Mondera Oranges, in veste di viceprocuratore generale, a formulare la richiesta d’archiviazione dell’allora premier decretando che il danno erariale era da attribuire agli amministratori e non ai vertici politici. Eppure fu Renzi a nominare ben quattro dirigenti per sostituirne uno, portando i costi da 3,5 milioni di euro del 2006 a 4,2 milioni.

Nardella sarà sicuramente all’oscuro della coincidenza e, come fa sapere Palazzo Vecchio, la nomina di Celeste Oranges è dovuta “alla necessità di creare un gruppo di lavoro specifico con determinati profili professionali”. Nel decreto di nomina del “sindaco metropolitano” Dario Nardella il 26 ottobre 2017 si fa riferimento al “patto per la giustizia della città metropolitana di Firenze” e alla “individuazione di una figura specializzata in ambito giuridico”. L’incarico prevede un compenso annuo di 47mila euro lordi e viene assegnato a Celeste Oranges “visto il curriculum” da lei presentato, scrive Nardella nel decreto. L’unico curriculum, trattandosi di chiamata diretta, è allegato all’atto. Dopo una laurea magistrale in legge conseguita nel 2014 con una votazione di 106/110 svolge 6 mesi di pratica legale nello studio di Gaetano Viciconte. Poi frequenta vari corsi. Dal giugno 2016 è tirocinante presso la procura della Repubblica di Firenze, nel settembre dello stesso anno frequenta il corso di preparazione al concorso per magistrato ordinario tenuto a Roma da Rocco Galli, infine, nel 2017 frequenta un master universitario di secondo livello in Criminologia presso l’università Internazionale di Roma. Queste le voci indicate come “istruzione e formazione”. Esperienze professionali? Nessuna. Lasciate in bianco anche le “capacità e competenze personali”. Tra quelle tecniche, invece, Oranges annovera, testuale: “Conoscenza informatica Office discreta”, “conoscenza Internet discreta”, “superamento del testo obbligatorio per il corso di laurea Magistrale in Giurisprudenza”. Infine le “capacità e competenze artistiche”: “Attitudine alla grafica, ritrattistica ed all’arte canora”. Sarà forse questo ad aver colpito il sindaco Nardella. Lui, appassionato violinista sopraffino, recente massacratore del finale della Carmen, avrà apprezzato le doti artistiche.
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » sab giu 08, 2019 3:23 am

Massimo Fini: “Magistratura corrotta, nazione infetta”
Massimo Fini
4 giugno 2019

https://infosannio.wordpress.com/2019/0 ... 55TEBXtP7g

Delle sorde, sordide, lotte intestine che si sono scatenate fra le varie correnti del Csm e i magistrati a esse legati per accaparrarsi il posto di Procuratore capo di Roma lasciato libero un mese fa da Giuseppe Pignatone, che hanno a loro volta scoperchiato, come in una matrioska, altri fondi e sottofondi dello stesso genere per assicurarsi posizioni apicali nell’ordine giudiziario, col corollario di altissimi magistrati sospettati di essere disposti a vendersi per un anello da regalare alla moglie, per sbafare una vacanza in qualche località prestigiosa, e di frequentazioni equivoche, in questo caso non più sospettate ma documentate, con uomini politici, faccendieri, imprenditori indagati per gravi reati, insomma di questo guazzabuglio sinistro e quasi inestricabile abbiamo capito una sola cosa, quella scritta (Fatto, 31.5) da Gian Carlo Caselli, ex Procuratore della Repubblica di Torino fra i tanti incarichi che ha avuto, cioè che “l’impatto vero e tremendo” di questa storia grava “sull’indipendenza della Magistratura”. Noi, che non siamo magistrati né ex magistrati, e siamo quindi liberi da ogni riguardo di colleganza, diremo qualcosa di più: dalle notizie emerse in questi giorni, anche se fossero confermate solo in parte, si ricava che la Magistratura italiana, come ogni altro corpo del nostro Stato, è corrotta, con tutta probabilità anche penalmente, di sicuro moralmente. ‘Pecore nere’ ci possono essere ovunque, questo è ovvio, ma qui il dissesto morale, e forse anche penale, appare di sistema. E se anche si trattasse solo di sospetti bastano per incrinare la fiducia dei cittadini nella credibilità della Magistratura. E con una Magistratura ritenuta, a torto o a ragione, più a ragione, temiamo, che a torto, poco credibile, si minano alle radici le fondamenta stesse dello Stato e della democrazia. In uno Stato di diritto la Magistratura è il massimo organo di garanzia di una corretta convivenza fra i cittadini, non lo è, benché sia capo del Csm, il Presidente della Repubblica che in quest’ambito ha di fatto solo un potere di ‘moral suasion’ che in un Paese come il nostro dove l’immoralità e la corruzione, nelle Istituzioni e non, sono dilaganti, lascia il tempo che trova. Se settori della Magistratura e singoli magistrati non agiscono per la difesa di quella legalità di cui dovrebbero essere gli integerrimi custodi, ma per fini propri diversi da quelli di giustizia, allora casca l’asino. Si rompe cioè il contratto sociale che dovrebbe tenerci insieme. Diventa anche patetico il disperato grido dei Cinque Stelle “legalità, legalità” se a violarla sono proprio quelli che dovrebbero assicurarla. E si rischia di dar ragione al mantra di Silvio Berlusconi che, coadiuvato dalla potenza di fuoco dei suoi media, ha sempre sostenuto, e tuttora sostiene, di essere stato e di essere vittima di una “magistratura politicizzata”. E allora avremo davvero toccato il fondo.
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » sab giu 08, 2019 3:35 am

La scarsa credibilità dei magistrati pro-migranti - Marco Gervasoni
Meluzzi
7 giugno 2019

https://www.nicolaporro.it/la-scarsa-cr ... zgXgt5MzVo

Partecipiamo a un gioco mentale e proiettiamoci circa una quarantina di anni addietro. Immaginiamoci pm impegnati nelle indagini sul terrorismo che, nello stesso tempo, partecipano a convegni organizzati dall’ultrasinistra al nome di «né con lo Stato né con le Br» (ma più con le Br) e contro «le leggi di polizia». Come avrebbero reagito i ministri dell’interno di allora, Francesco Cossiga, Vittorio Rognoni, Oscar Luigi Scalfaro?

Per fortuna i clandestini (o «migranti irregolari», altrimenti l’Agicom multa) non rappresentano un pericolo paragonabile a quello terroristico. Ma dal punto di vista formale (e la legge è soprattutto forma) non cambia molto. Quale credibilità possono vantare, nelle sentenze su immigrati e sicurezza, magistrati che si spendono pubblicamente in convegni, firmando appelli, rilasciando dichiarazioni, in cui la politica del governo viene non solo criticata, ma demonizzata e paragonata a pagine, queste sì nere, della storia italiana? A nostro avviso, scarsa.

Il magistrato è certo un cittadino, ma non è un cittadino come gli altri, come non lo sono il militare o il poliziotto, Da servitori dello Stato dovrebbero misurare la propria parola pubblica, utilizzare l’arte della prudenza e della discrezione: o perlomeno, evitare di intervenire su dossier in cui sono implicati nelle loro indagini.

Ma sei Alice nel paese delle Meraviglie? chiederà qualcuno. È da una vita che si comportano così. Non è tuttavia una buona ragione per continuare a tollerare questa situazione. Ha fatto quindi benissimo Salvini a denunciare il diciamo «conflitto di interessi» di alcuni magistrati e soprattutto a richiedere un’indagine informale. Certo, che se ne occupi il Viminale è curioso, visto che sarebbe uno dei compiti del Ministro guardasigilli: così come sarebbe uno dei suoi doveri inviare ispettori nelle Procure. Fa sorridere perciò Galli Della Loggia sul Corriere di oggi, il quale, dopo aver elencato tutte le storture dell’attuale magistratura, parte a testa bassa contro le supposte «liste di proscrizione» di Salvini e aggiunge che di denunciare tutto ciò dovrebbe occuparsi il giornalismo. Si, campa cavallo, il Corriere della sera di Sarzanini e di Ferrarella!

La mossa di Salvini reca poi una tempistica precisa. Colpisce la magistratura proprio nel momento in cui lo scandalo Csm sta mostrando a tutti quelli che già molti sapevano: che le nomine al suo interno sono assimilabili a guerre per bande.



Gino Quarelo
Scrive Porro che i clandestini per fortuna non rappresentano un pericolo come quello terroristico delle BR et similia, io credo che Porro si sbagli alla grande poiché la situazione è ben peggiore, vi è il terrorismo quotidiano della criminalità dei clandestini e quello dello stato che ci sottrae risorse per dedicarle a costoro e in più vi è l'accumulo terroristico dei nazi maomettani che incombe e si fa sempre più minaccioso.



Salvini: ecco lista dei giudici pro-migranti che bocciano le mie ordinanze
5 giugno 2019

https://www.ilmessaggero.it/politica/sa ... 84prgVjytY

Il Viminale mette nel mirino i magistrati pro-migranti. Sotto osservazione finiscono quei giudici che hanno emesso sentenze contro provvedimenti del governo. L'annuncio è arrivato dopo il Tar della Toscana ha annullato il provvedimento sulle cosiddette zone rosse di Firenze.

Migranti, Salvini contro giudice di Firenze: «Si candidi alle prossime elezioni per cambiare le leggi che non condivide»

Fonti del Viminale hanno fatto sapere che il ministero dell'Interno impugnerà la sentenza del Tar di Firenze sulle zone rosse e quelle dei tribunali di Bologna e Firenze a proposito dell'iscrizione anagrafica di alcuni cittadini stranieri.

Dal Viminale sottolineano di essere pronti a «riformulare l'ordinanza per allontanare da alcune aree cittadine balordi e sbandati» ma, ribadiscono, si valuta anche la possibilità di chiedere un intervento dell'Avvocatura dello Stato per valutare se i magistrati che hanno emesso le sentenze avrebbero dovuto astenersi e passare il fascicolo ad altri a causa delle proprie posizioni sulla politica del governo. Idee che, dice il Viminale, sono state «espresse pubblicamente o attraverso rapporti di collaborazione o vicinanza con riviste sensibili al tema degli stranieri come "Diritto, immigrazione e cittadinanza" o con avvocati dell'Asgi (associazione studi giuridici per l'immigrazione) che hanno difeso gli immigrati contro il Viminale.

Il ministero fa riferimento in particolare alla giudice Luciana Breggia - il magistrato del tribunale di Firenze che ha emesso la sentenza che ha escluso il ministero del giudizio sull'iscrizione anagrafica di un immigrato e contro la quale si è già scagliato il ministro dell'Interno Matteo Salvini («si candidi per cambiare le leggi che non condivide») - ma anche altri due magistrati che «collaborano con la rivista»: Rosaria Trizzino, che, dice il Viminale, è il giudice che presiede la sezione del Tar della Toscana che ha bocciato le zone rosse e Matilde Betti, la presidente della prima sezione del tribunale civile di Bologna che il 27 marzo 2019 non ha accolto il ricorso proposto dal ministero dell'Interno contro la decisione del giudice monocratico del capoluogo emiliano che disponeva l'iscrizione nel registro anagrafico di due cittadini stranieri.

«Non intendiamo controllare nessuno né creare problemi alla magistratura, soprattutto in un momento così particolare e delicato come quello che sta vivendo il Csm. L'Avvocatura dello Stato saprà consigliarci per il meglio: ci chiediamo, col dovuto rispetto, se alcune iniziative pubbliche, alcune evidenti prese di posizione di certi magistrati siano compatibili con un'equa amministrazione della giustizia. Parliamo di iniziative pubbliche e riportate dai media, come è facilmente verificabile su internet», ha detto il ministro dell'Interno, Matteo Salvini.

Immediata la reazione dell'Anm: «Le modalità adottate da autorevoli rappresentanti delle istituzioni gettano discredito sull'intera funzione giudiziaria e perdita di serenità da parte di chi la esercita. Per questo chiediamo che il Csm effettui tutti i passi necessari a tutela della collega Luciana Breggia e a tutela dell'autonomia e dell'indipendenza della giurisdizione». L'associazione nazionale magistrati esprime «sconcerto» per gli attacchi a Breggia, che dopo aver dichiarato inammissibile il reclamo del Viminale contro la decisione di un giudice che aveva autorizzato un somalo richiedente asilo a presentare domanda di iscrizione all'anagrafe al Comune di Scandicci, è stata invitata da Salvini a candidarsi alle elezioni. «È inaccettabile che la critica non sia rivolta al merito del provvedimento ma alle supposte opinioni del giudice, afferma l'Anm, che evidenzia come un post pubblicato dal ministro sulla vicenda «è stato seguito da commenti contenenti insulti e minacce, che non risultano essere stati rimossi».
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » sab giu 08, 2019 9:55 am

Lo scandalo nella magistratura italiana, spiegato
2019/06/05

https://www.ilpost.it/2019/06/05/palama ... bJcd5PEYNI

«O sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti». Con queste parole David Ermini si è rivolto ieri all’assemblea plenaria del Consiglio superiore della magistratura (CSM), l’organo di autogoverno dei giudici di cui è vicepresidente – il presidente è il capo dello Stato – nonché quello incaricato di distribuire promozioni e punizioni e di assegnare le migliaia di magistrati italiani nelle varie sedi distribuite per il paese.

Il discredito a cui si riferisce Ermini, ex deputato del PD e uno degli otto membri del CSM scelti dal Parlamento, è quello scaturito dall’indagine per corruzione che ha coinvolto uno dei più celebri e potenti magistrati italiani, Luca Palamara, ex membro del CSM ed ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati (una specie di sindacato della categoria). Secondo le accuse, Palamara avrebbe ottenuto soldi e regali da alcuni lobbisti vicini a importanti imprenditori per influenzare alcune sentenze. Palamara sarebbe poi venuto a conoscenza dell’indagine su di lui grazie alle sue amicizie tra i colleghi. A quel punto avrebbe cercato di influenzare la nomina del prossimo procuratore di Perugia, in modo da avere un alleato a capo dei magistrati che stavano indagando su di lui (la procura di Perugia è infatti competente per le indagini sui magistrati di Roma, come Palamara).

Nel corso dell’indagine sono emersi altri dettagli che, anche se direttamente hanno poco a che fare con il caso, hanno rivelato come numerosi componenti del CSM si siano incontrati con politici di vari schieramenti per concordare nomine e promozioni di giudici in questa o quella sede giudiziaria. Lo stesso Palamara trattava con alcuni colleghi per essere promosso a procuratore aggiunto di Roma e sistemare al vertice della procura un suo alleato, in sostituzione di quello che considerava un suo nemico, il procuratore Giuseppe Pignatone, andato in pensione lo scorso maggio.

Secondo quanto emerso dall’indagine, diversi magistrati hanno partecipato a riunioni con Palamara o con altri politici (si parla soprattutto di due esponenti del PD di area renziana: l’ex ministro Luca Lotti e l’ex sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri), sembra con lo scopo di accordarsi su nomine e promozioni. Le molte notizie e indiscrezioni degli ultimi giorni hanno portato alle dimissioni o all’autosospensione di cinque dei sedici membri togati del CSM (cioè quelli provenienti dalla magistratura). Alcuni di loro sono indagati per aver favorito Palamara rivelandogli delle indagini in corso nei suoi confronti, ma la maggior parte per il momento non sembra abbia commesso reati ma che si sia invece limitata a comportamenti compromettenti e imbarazzanti per la categoria.

Oggi tutti i principali quotidiani hanno intervistato importanti magistrati che hanno espresso sdegno e preoccupazione per quanto è accaduto. «In gioco c’è la credibilità istituzionale della nostra funzione», ha detto per esempio il vicepresidente dell’ANM Luca Poniz al Corriere della Sera. Giuseppe Cascini, membro del CSM, ha detto a Repubblica che l’attuale scandalo gli ricorda l’inizio degli anni Ottanta, quando si scoprì che moltissimi magistrati erano affiliati alla loggia massonica eversiva “P2”. Marzio Breda, veterano dei giornalisti che seguono il presidente della Repubblica, scrive che Sergio Mattarella è «scandalizzato» e «profondamente contrariato», e che per questo ha ordinato che si proceda rapidamente alle elezioni suppletive per sostituire quei consiglieri del CSM che si sono autosospesi o dimessi.

Altri giornali sottolineano come l’inchiesta di questi giorni stia portando alla luce fatti e comportamenti che sono da tempo ben noti agli addetti ai lavori. Da sempre, sostengono giornalisti come Filippo Facci su Libero, i magistrati si autogovernano in maniera del tutto indipendente, stabilendo promozioni e nomine sulla base di logiche politiche interne alla loro categoria. La magistratura è infatti del tutto autonoma dagli altri poteri dello Stato ed è divisa in “correnti” (come “Unità per la Costituzione” e “Magistratura Democratica”) che funzionano in modo non molto diverso dai partiti politici: alcune sono più centriste, altre più vicine alla sinistra oppure alla destra.

Queste fazioni si contendono la guida del “sindacato” ANM e poi, all’interno del CSM, decidono procedimenti disciplinari e promozioni alleandosi e scontrandosi tra loro e con i componenti “politici” del Consiglio (come il vicepresidente Ermini). Secondo Facci, quella rivelata dall’inchiesta «è solo una guerra di nomine interne alla magistratura che verranno comunque decise dalla magistratura, la quale renderà conto soltanto a se stessa».

Il sistema giudiziario italiano è da tempo considerato il meno efficiente tra tutti quelli dei grandi paesi europei. I processi, in particolare quelli civili, sono lentissimi, anche perché i tribunali non hanno abbastanza personale e sono cronicamente a corto di risorse. Tutti i tentativi di riformare il sistema fino a questo momento sono rimasti bloccati, in particolare per il frequente sospetto che siano spesso riforme “interessate” con le quali una parte del ceto politico mirerebbe a tutelarsi da eventuali procedimenti giudiziari. Il risultato di questo stallo è che la fiducia degli italiani nella magistratura, anche se è ancora alta rispetto a quella nei confronti della politica, è in costante calo da quasi vent’anni.
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » sab giu 08, 2019 9:55 am

Salvini, la crociata contro i magistrati e una democrazia non ancora matura
Carlo Melzi d'Eril
2019-06-06

https://www.ilsole24ore.com/art/norme-e ... 1559838731

I giornali riportano una “offensiva” del Viminale nei confronti di tre magistrati che si sono recentemente occupati di casi in materia di pubblica sicurezza e immigrazione. La circostanza ha fatto molto rumore, pur non essendo chiaro se tali affermazioni – di cui non si conosce il testo preciso – provengono da una nota ufficiale o da fonti diverse.

L'Ansa riferisce che il ministro sta verificando «la possibilità di chiedere un intervento dell'Avvocatura dello Stato per valutare se i magistrati che hanno emesso le sentenze avrebbero dovuto astenersi e passare il fascicolo ad altri a causa delle proprie posizioni sulla politica del governo». Idee che, dice il Viminale, sono state «espresse pubblicamente o attraverso rapporti di collaborazione o vicinanza con riviste sensibili al tema degli stranieri come “Diritto, immigrazione e cittadinanza” o con avvocati dell'Asgi (associazione studi giuridici per l'immigrazione) che hanno difeso gli immigrati contro il Viminale».

Vengono poi citati per nome e cognome tre giudici: “responsabili” – da soli o in collegio – della decisione circa l’esclusione del ministero dal giudizio sull’iscrizione anagrafica di un immigrato; di quella che ha bocciato le “zone rosse”, dove le persone denunciate per alcuni reati non potevano circolare; di quella che non ha accolto il ricorso del ministero contro la decisione che disponeva l’iscrizione nel registro anagrafico di due cittadini stranieri.

Se, come sembra avere confermato il Ministro Salvini in una trasmissione televisiva, l’iniziativa ministeriale è stata correttamente riportata, possiamo senza timore incolonnarci tra coloro che ne stigmatizzano merito e metodo. E ciò per almeno tre ragioni.

La prima, e più ovvia: il Ministero non può tentare di fare pressione sulla magistratura, il cui sindacato sugli atti amministrativi deve restare libero e indipendente. Una simile condotta ricorda la grave insofferenza del governo nei confronti di chiunque non aderisca plaudente e, con ciò, dimostra se non altro scarsa dimestichezza con l’esistenza di poteri e contropoteri, tipica della dialettica di una democrazia liberale.

La seconda: al Ministero non può spettare un controllo ideologico sulle menti dei magistrati, a maggior ragione di quelli che si occupano di procedimenti in cui l’amministrazione stessa è coinvolta. Un conto è prendere parte attivamente alla vita politica, circostanza inopportuna per un magistrato, un conto è avere delle idee. Mentre la militanza infatti potrebbe – ma si sottolinea il condizionale – influenzare la delicata attività interpretativa della legge, avere opinioni è ciò che contraddistingue un essere umano pensante ed esprimerle liberamente è diritto di tutti, anche di chi indossa la toga.

La terza ragione è stata forse quella meno sottolineata. Tra le “colpe” dei magistrati vi sarebbe la collaborazione a una rivista scientifica, “Diritto, immigrazione e cittadinanza”, additato come un organo “di parte”. Così, una delle riviste più affermate ed apprezzate nel settore viene svilita a foglio propagandistico, il che da un lato mistifica la realtà, dall’altro mostra ancora una volta quanto poco l’impegno e la ricerca siano considerati dai vertici del governo. Quando invece, non ci stancheremo di ripeterlo, è cosa antica e buona che tutti i giuristi, teorici e pratici, seduti su qualunque banco delle aule di giustizia, partecipino al confronto sui temi del diritto.

Infine, una considerazione: è nota la teoria dei vasi comunicanti tra i poteri, secondo la quale quando quello politico è più fragile, quello giudiziario tende a prendere il sopravvento, con un'opera di supplenza tante volte criticata. Ora sembra che simile teoria valga anche in senso opposto: in un momento in cui la magistratura pare piegata da polemiche e discussioni, la politica ne approfitta per occupare un terreno che non le spetta.

Insomma: siamo ben lontani da una democrazia matura, ove chi è forte non usa il proprio potere per regolare i conti con altri poteri in quel momento più deboli.


Gino Quarelo
Salvini ha più che ragione. L'ordine giudiziario deve sottostare alla volontà politica dei cittadini che attraverso il Parlamento e il Governo (potere legislativo ed escutivo) fanno le leggi che i magistrati debbono rispettare e non certo manipolare e calpestare.
Forza Salvini!
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » dom giu 09, 2019 6:56 am

Il fallimento del Partito dei Magistrati
Mauro Mellini
2019/06/07

http://www.opinione.it/editoriali/2019/ ... a-bonafede

Il Partito dei Magistrati, quello che si era proposto come il gestore di un’operazione politico-istituzionale che avrebbe dovuto colpire la classe politica nel suo complesso, dopo aver colpito ed annientato partiti e settori specifici della politica e delle amministrazioni, è fallito. La corruzione, da esso sfruttata contestandola dove c’era e c’è e dove non c’è, emerge ora come caratteristica di quelli che si erano imposti come i padroni della moralità pubblica, manovratori del linciaggio dei media in danno di uomini d’ogni livello, colpevoli e, soprattutto, innocenti. Quelli, insomma, che scalpitavano per “mettere a posto l’Italia”.

Travolto dalla corruzione, e dallo stesso “uso alternativo della giustizia” che lo aveva reso temibile ed intoccabile, va in rovina un altro partito: quello dei Magistrati. Con il Consiglio superiore della magistratura paralizzato e sputtanato, con una facilmente prevedibile presunzione di corruzione totale e non solo per il meccanismo dell’attribuzione delle cariche, la Magistratura, nel suo complesso, rischia di essere travolta da un’ondata di discredito che non le consentirà più di presentarsi come “ultima speranza” per la moralità e la rettitudine nella vita del Paese. Piercamillo Davigo è costretto a tacere dopo aver imperversato con le sue aggressioni ed i suoi insulti.

Come già per le ondate di linciaggio mediatico che, partite dalle Procure, hanno colpito e stravolto la vita sociale e politica negli scorsi anni, a farne le spese saranno i magistrati non solo quelli truffaldini, mestatori, insofferenti di ogni limite e di ogni regola di compostezza nelle loro funzioni, ma forse, ancor di più, quelli che non hanno cessato di applicare e rispettare la legge.

Crolla il Partito dei Magistrati, tramontano le prospettive di una sua sopraffazione globale degli altri pubblici poteri. Ma, al contempo, non cessano e non perdono potere e velleità di emergere proprio i peggiori, gli inventori di “compiti” personali, gli aspiranti a “passare alla politica”, quelli che sentono un irrefrenabile impulso, come diceva un certo magistrato mio coetaneo simulando lo scherzo: “Il potere è bello perché se ne può abusare!”.

Non finirà lo squadrismo giudiziario di certi Procuratori di nostra e di vostra conoscenza, sempre alla ricerca di occasioni per l’imposizione di un “timore reverenziale”, che è assai poi poco reverenziale e degno di riverenza e somiglia molto alla intimazione ed al “rispetto” mafiosi. Sarebbe questo il momento in cui la classe politica potrebbe riguadagnare la dignità e libertà del suo ruolo e liberarsi dalla gabbia di pausa in cui si è lasciata intrappolare dal momento in cui, nei giorni di “Mani Pulite”, sciaguratamente rinunziò all’immunità parlamentare che aveva il dovere di conservare per farne buon uso a tutela della libertà del Parlamento. Torneremo sull’argomento.

Ma, intanto, dobbiamo prendere atto che non c’è un ministro della Giustizia (non voglio far ridere facendo il nome di Alfonso Bonafede!) che sappia dare al Paese il segnale della capacità di un intervento straordinario per assicurare, intanto, la continuità, la regolarità della funzione del Csm e, poi, una riforma sostanziale delle istituzioni giudiziarie.

Un’ultima considerazione; non si dica che quanto avvenuto col “caso Palamara” ha sorpreso Capo dello Stato, Ministri, Parlamento. Lo abbiamo già scritto nei giorni scorsi. Il marcio emerge oggi. Ma forse oggi si aggiunge solo la coscienza della corruzione con il denaro. Ma da quando il Csm è divenuto un mercato, una borsa valori delle varie “correnti” di magistrati che si affannano a creare i presupposti per un loro “uso alternativo della giustizia”, di marca conforme al modello della loro corrente, c’era una sostanziale corruzione delle istituzioni e delle funzioni giudiziarie cui mancava solo, o così sembrava, l’uso del denaro.

Il male della giustizia ha origini lontane.
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » dom giu 09, 2019 7:01 am

Il vero scandalo del Csm: autosospesi e strapagati
Luca Fazzo - Sab, 08/06/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... Qcci25ImtU

I componenti del Consiglio superiore della magistratura coinvolti nel caso Palamara perdono soltanto il "gettone"

Altro che linea dura. I quattro membri del Consiglio superiore della magistratura inciampati nelle intercettazioni del «caso Palamara», scoperti mentre partecipavano alle cene con Luca Lotti in cui si spartivano le poltrone degli uffici giudiziari, sono in questo momento «autosospesi» dal Csm.

Cosa significhi in concreto è presto detto: sono pagati senza lavorare. Non partecipano ai lavori delle commissioni, non si presentano al plenum. Se ne stanno a casa loro. E a fine mese prendono lo stipendio.

Antonio Lepre, Corrado Cantoni, Paolo Criscuoli (di Magistratura Indipendente) e Gianluigi Morlini (di Unicost) hanno respinto bruscamente l'invito esplicito dell'Associazione nazionale magistrati e quello - altrettanto netto, anche se implicito - del Quirinale a dimettersi dal Csm per salvaguardare l'immagine dell'istituzione. Lo hanno fatto perché le dimissioni suonerebbero come una ammissione di colpevolezza, e i quattro rivendicano la propria innocenza, sostenendo che Luca Lotti - il plenipotenziario di Renzi sul fronte delle nomine - si materializzò a fine cena senza essere stato annunciato. «Siamo vittime di una caccia alle streghe», dice Criscuoli. Posizione legittima. Ma non è irrilevante il fatto che evitando di dimettersi i consiglieri continuano a prendere lo stipendio. Certo, prenderebbero lo stipendio ugualmente se si dimettessero, come ha fato il loro collega Luigi Spina, e tornassero negli uffici di provenienza. Ma in quel caso dovrebbero lavorare.

La «autosospensione» ha, economicamente parlando, una sola conseguenza: la perdita dei gettoni di presenza, che sono collegati alla partecipazione dei lavori e delle commissioni. Venalità a parte, la scelta dei quattro consiglieri solleva un tema rilevante: la sostanziale inamovibilità dei membri del Csm. Se l'organismo di autogoverno dei giudici si è trasformato nel corso degli anni in un potere irresponsabile, sottratto a qualunque controllo, è anche per questo. E dovrà farci i conti anche il presidente Mattarella, i cui propositi di «tolleranza zero» rischiano di andare a sbattere contro le garanzie di cui godono i membri del Consiglio.

Nella giornata di giovedì, davanti alle richieste di dimissioni che venivano dai magistrati di mezza Italia, è dovuta intervenire Alessandra Dal Moro, consigliere Csm di Magistratura democratica, con una mail indirizzata alla base. È un documento interessante, perché fa capire che o i diretti interessati scelgono di togliere il disturbo dimettendosi, o mandarli a casa è impossibile.

La Dal Moro spiega che la «autosospensione» è solo un termine giornalistico, e che per i quattro si tratta di «volontaria astensione dei consiglieri coinvolti dalle attività consiliari». Una effettiva sospensione dalla carica o una decadenza definitiva sarebbero possibili solo in cinque casi. Assai ardui (e in alcuni casi del tutto impossibili) da verificarsi.

Primo caso: il magistrato sottoposto a procedimento penale per un reato non colposo può essere sottoposto a «sospensione facoltativa», ma serve un voto del Plenum a scrutinio segreto e con una maggioranza dei due terzi: improbabile. Secondo caso, la sospensione automatica in caso di procedimento disciplinare con sospensione dalle funzioni o dallo stipendio: ipotesi impossibile, perché i membri del Csm non sono considerati in servizio attivo e quindi non possono essere sottoposti a procedimento disciplinare. Terzo caso: la decadenza in caso di condanna disciplinare a una sanzione più grave dell'ammonimento: vedi sopra. Quarto caso, la decadenza in caso di condanna penale irrevocabile: che, visti i tempi della giustizia, arriva solo quando il membro ha già finito il suo mandato.

Resta il quinto caso: sospensione se il consigliere finisce in galera. Vabbé, almeno in quel caso si può cacciarlo. Provvisoriamente.
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » lun giu 10, 2019 1:57 am

Giudice firma la sua assoluzione, Renzi la promozione a capo della Corte dei Conti
di Thomas Mackinson
26 Febbraio 2015

https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/0 ... AVBhv0L7P4

Il giudice firma la sua assoluzione in appello, Renzi la sua nomina a capo della Corte dei Conti. Sei giorni dopo la pubblicazione della sentenza che ha definitivamente assolto il Presidente del Consiglio per la vicenda dei portaborse assunti in Provincia il Governo, su proposta dello stesso Renzi e per decreto, ha ratificato la nomina del magistrato che presiedeva il collegio giudicante a Procuratore Generale della Corte dei Conti.

Si tratta di Martino Colella, classe 1945, magistrato napoletano di lungo corso a un passo dalla pensione. La sua promozione è arrivata neanche una settimana dopo il deposito della sentenza della I Sezione centrale d’appello di Roma, avvenuto il 4 febbraio, che sollevava il premier da ogni responsabilità sulla vicenda degli incarichi dirigenziali conferiti senza concorso né laurea al personale di staff della sua segreteria che era costata a Renzi due condanne per danno erariale. Non è un dettaglio. Proprio Colella ha firmato, insieme a quattro magistrati, l’assoluzione che il 7 febbraio ha provocato l’esultanza del diretto interessato (“La verità è ristabilita”) e non poche perplessità nel mondo del diritto, giacché le motivazioni sono ricondotte al fatto che era un “non addetto ai lavori” e quindi poteva non percepire l’illegittimità degli atti che autorizzava. Singolare non è solo la pronuncia che, come rilevato da più parti, rischia di spalancare le porte a un sistema diffuso di elusione della responsabilità erariale, mandando assolti i tanti politici “non addetti ai lavori”.

Il punto è che il giudice che presiedeva il collegio che a metà dicembre, in camera di consiglio, ha deciso il proscioglimento dell’imputato Renzi è lo stesso che un mese e mezzo dopo il presidente Renzi ha nominato PG della Corte, cioè capo di coloro che debbono indagare se sussistono ipotesi di danno erariale. La sentenza è stata depositata il 4 febbraio e la nomina è stata ratificata il 10, a margine del Cdm numero 49. “Su proposta del Presidente del Consiglio Matteo Renzi”, si legge nei documenti della riunione, vengono nominati un presidente aggiunto e il capo della Procura Generale della Corte dei Conti, con decorrenza a partire dal 25 marzo 2015. Il primo è Arturo Martucci di Scarfizzi. Il secondo è, appunto, Martino Colella. L’indicazione era stata avanzata il 13 gennaio dal Consiglio di presidenza della Corte dei Conti che ha deliberato all’unanimità e trasmesso i nominativi a Palazzo Chigi.

L’interessato, contattato dal Fatto, si dice certo che le due vicende siano distinte. “La Presidenza del Consiglio riceve la delibera e la formalizza”, spiega Colella che rivendica un cv di prima grandezza sugli altri sei presidenti di sezione in corsa: “Sono stato il più giovane vincitore del concorso per l’Avvocatura di Stato, ho vinto quello d’ingresso alla Corte a soli 26 anni. Dopo il terremoto dell’Aquila ho ricostruito e riorganizzato la sezione, sono presidente d’appello da oltre due anni e nel 2014 ho redatto e sottoscritto 115 sentenze (una è quella che ha assolto Renzi, ndr). Renzi non l’ho mai visto né sentito”. Di più, Colella giura di non aver ricevuto affatto regali dall’attuale Governo, anzi: “L’incarico che mi danno, grazie a questo governo, non comporta alcun guadagno aggiuntivo perché il mio stipendio è già al tetto dei 240mila euro lordi l’anno. Dovrò anzi restituirne 20mila. Sempre grazie a questo governo, poi, andrò in pensione il 31 dicembre prossimo rinunciando ai migliori anni della carriera”. Proprio così, l’altro aspetto curioso della vicenda è che il nuovo incarico durerà soltanto nove mesi e mezzo. Non è ancora partito, e già si parla del successore.

Sia come sia, le domande restano tutte: tra 600 magistrati contabili, possibile che sia stato scelto proprio quello che ha presieduto il collegio che un mese e mezzo prima ha mandato assolto il premier? Potevano ignorarlo i consiglieri della Corte? Proviamo dall’altra parte: poteva non sapere Renzi che stava ratificando la nomina del suo giudice a Berlino? Proprio alla luce delle motivazioni della sentenza vergate dal collegio di Colella si direbbe che sì, tutto è possibile. Così come non si era accorto di aver firmato delle nomine illegittime di portaborse, perché in fondo non era un addetto ai lavori, è possibile che non si sia accorto di aver promosso il giudice che lo ha assolto. Renzi, presidente di Provincia e del Consiglio. Ma sempre a sua insaputa.

Dal Fatto Quotidiano del 26 febbraio 2015

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Nomina del Procuratore Generale, precisazione su articolo di stampa.
Relativamente a quanto riportato in un articolo di stampa nel quale sono contenute alcune illazioni particolarmente gravi e prive di ogni fondamento nei confronti della Corte dei conti, l’Ufficio stampa precisa quanto segue.La nomina del Procuratore Generale della Corte dei conti è disposta dal Consiglio di presidenza – a seguito di un’apposita procedura concorsuale – e formalizzata con un Decreto del Presidente della Repubblica, controfirmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri.Nello specifico, alla procedura concorsuale bandita dal Consiglio di presidenza il 17 dicembre 2014, hanno partecipato sette Presidenti di Sezione della Corte dei conti. All’esito delle audizioni personali degli interessati e valutati i fascicoli e i curricula dei singoli candidati, il Consiglio di presidenza, nell’adunanza del 13-14 gennaio 2015, ha nominato, all’unanimità, Procuratore Generale della Corte dei conti il Presidente di Sezione dott. Martino Colella, peraltro già primo nella graduatoria parziale elaborata sulla base dell’anzianità di servizio e della professionalità specifica, in considerazione dell’elevatissimo spessore professionale e dell’indiscusso prestigio dello stesso.
Corte dei conti – Ufficio stampa

LA REPLICA DELL’AUTORE
Riceviamo la nota e volentieri pubblichiamo. Rileviamo che la ricostruzione dell’articolo e della nota sono sostanzialmente identici nella definizione delle date e delle procedure che hanno portato il presidente Colella a capo della Procura Generale della Corte dal prossimo 25 di marzo. Proprio per fornire una ricostruzione esatta dei fatti e anche una spiegazione delle circostanze con cui è avvenuta la procedura abbiamo provveduto a contattare il presidente Collela dando ampio spazio alla sua posizione in merito. Aggiungiamo, per completezza, quello che la nota non dice. E cioé che a sei giorni dal deposito della sentenza, avvenuto il 4 febbraio, il Presidente del Consiglio ha formalizzato la delibera di nomina del magistrato che a metà dicembre ha presieduto il collegio che l’ha mandato assolto.
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » lun giu 10, 2019 6:07 am

Csm, l'affondo del giudice Ayala: «Un verminaio destinato a venire alla luce»
sabato 8 giugno
Massimo Baiocchi

https://www.secoloditalia.it/2019/06/cs ... 950beqi8Rk

«Da tempo sono giunto alla conclusione che il Csm funziona male. Il Csm è un groviglio inestricabile di interessi di varia natura, da cui la magistratura non riesce a liberarsi: queste incrostazioni corporativistiche, correntizie e politiche provocano uno stato di paralisi nei rapporti con le istituzioni. Troppe volte il Csm è mancato all’appuntamento con decisioni importanti». Parole di Giovanni Falcone citate in un intervento sul Corriere della Sera di Giuseppe Ayala, vicepresidente della Fondazione Giovanni Falcone, in riferimento allo «tsunami tanto devastante» da cui è stato investito il Csm. Quindi Ayala commenta: «Le odierne vicende consiliari possono suscitare qualsivoglia sensazione tranne la sorpresa o lo stupore. Era scontato che, prima o dopo, il verminaio fosse destinato a venire alla luce. Mi sono sempre riconosciuto nei severi giudizi di cui sopra, sino a farli miei».


Ayala: «Le correnti dell’Anm sono macchine elettorali»

«Le correnti dell’Anm anche se, per fortuna, non tutte in egual misura – scrive il magistrato siciliano, citando ancora Falcone in un estratto della relazione pronunciata a Milano il 5 novembre 1988 – si sono trasformate in macchine elettorali per il Csm e quella occupazione delle istituzioni da parte dei partiti politici che è alla base della questione morale, si è puntualmente presentata in seno all’organo di autogoverno della magistratura, con note di pesantezza sconosciute anche in sede politica».


«Falcone, una vittima»

Ayala ricorda poi che «Falcone ne era stato vittima proprio nel gennaio di quell’anno, allorché la maggioranza dei membri del Csm gli impedì di andare a ricoprire l’incarico di capo dell’Ufficio istruzione di Palermo», una «scelta infausta» che decretò il progressivo sfaldamento del mitico “pool antimafia”, ricorda il magistrato siciliano, «grazie al cui lavoro lo Stato aveva ottenuto, per la prima volta, risultati davvero straordinari nel contrasto a Cosa Nostra. Basta ricordare il maxiprocesso del 1986-87 nel io 1988».


«Il Csm è un groviglio inestricabile di interessi di varia natura»

«Da tempo sono giunto alla conclusione che il Csm funziona male – commenta il vicepresidente della Fondazione intitolata a Falcone – Il Csm è un groviglio inestricabile di interessi di varia natura da cui la magistratura non riesce a liberarsi: queste incrostazioni corporativistiche, correntizie e politiche provocano uno stato di paralisi nei rapporti con le istituzioni. Troppe volte il Csm è mancato all’appuntamento con decisioni importanti. Le odierne vicende consiliari, insomma, possono suscitare qualsivoglia sensazione tranne la sorpresa o lo stupore. Era scontato che, prima o dopo, il verminaio fosse destinato a venire alla luce».


«Non esagerare con l’originalità»

Poi Ayala accenna a una delle proposte di riforma tornate in questi giorni agli onori della cronaca, quella dell’elezione a sorteggio dei membri del Csm: «A parte la assai dubbia costituzionalità della stessa, mi chiedo se esista qualcosa di simile nelle altre democrazie occidentali per determinare la composizione di un organo di rilevanza costituzionale. Penso proprio di no. E allora è meglio non esagerare con l’originalità e ponderare bene ogni intervento innovativo. In ogni caso mala tempora currunt. Il mio pensiero solidale – conclude – va al mio vecchio amico Sergio Mattarella. Settennio più complicato non poteva capitargli. Da semplice cittadino mi conforta pensare che forse, proprio grazie alla sua riconosciuta saggezza, riusciremo a evitare il disastro. Non sarà facile».


Gino Quarelo
A parità di competenza e di disponibilità il sorteggio è sempre la soluzione migliore, ed è più democratico dell'elezione perché presuppone appunto l'egualianza democratica di base ed esclude ogni imbroglio preventivo.
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Re: Casta de judiçi e dei avogadori, justisia tałiana

Messaggioda Berto » lun giu 10, 2019 7:40 pm

Magistrati arrestati, Savasta ammette: “Chiesi 300mila euro per archiviare indagine. Ma fu idea di Nardi”
8 giugno 2019

https://www.telebari.it/cronaca/24646-m ... cTiUMdv5LY

Si è detto vittima del collega Michele Nardi e ha ammesso di aver chiesto 300mila euro all’imprenditore di Corato, Paolo Tarantini, per archiviare un’indagine che era stata avviata solo per ottenere danaro. Così l’ex magistrato di Trani, Antonio Savasta, durante l’incidente probatorio dinanzi al gip di Lecce nel quale ha detto che la richiesta di 300mila euro sarebbe stata un’idea di Nardi.

L’ascolto dell’ex pm proseguirà il 19 e il 28 giugno prossimi. Durante l’incidente probatorio ha ammesso le proprie responsabilità anche l’ispettore di polizia Vincenzo Di Chiaro. Questi ha detto al gip Giovanni Gallo di non aver mai preso soldi dall’imprenditore D’Introno, né di aver avuto regalie, ma di aver falsificato firme e atti per una sorta di rispetto nei confronti dell’imprenditore, che intendeva favorire.

Ad oggi Nardi e Di Chiaro sono detenuti in carcere, Savasta, che ha collaborato alle indagini e si è dimesso dalla magistratura, è ai domiciliari. Sono tutti e tre accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari e falso commessi tra il 2014 e il 2018 per aver pilotato, in cambio di mazzette, indagini istruite dalla Procura di Trani dove Savasta era pubblico ministero. Al momento dell’arresto, il 14 gennaio, i due magistrati erano in servizio al Palazzo di Giustizia di Roma.
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