LE SUE LACRIME SULLE SUE GUANCECarissimi,
Sapete che non scrivo mai se non per parlare di spiritualità ebraico o per condividere iniziative musicali. Oggi faccio un’eccezione.
Il Ponte Morandi, sopra e sotto il quale ho transitato per decenni, e decine di volte anche nelle ultime settimane, attraversa la Val Polcevera, nelle cui campagne sono nato e cresciuto. Il suo crollo rappresenta per noi genovesi una tragedia il cui impatto è difficile da immaginare, perché simboleggia il destino di una città splendida, fiera, amata, ma sempre più abbandonata dalle istituzioni e dalla politica ipocrita. Le parole delle Lamentazioni di Geremia, che solo tre settimane fa recitavo proprio a Genova, risuonano in me: “Come sta solitaria la città ricca di popolo! È divenuta come una vedova, la grande fra le nazioni; un tempo signora tra le province è sottoposta a tributo. Piangere piange nella notte, le sue lacrime sulle sue guance;”
Non ho parole di conforto, né veementi accuse, ma solo silenzio, come quello che la Torah attribuisce ad Aharon dopo la perdita dei suoi figli. Oggi non posso che abbracciare uno ad uno i miei concittadini, i genovesi che soffrono insieme a me. Riesco solo a trovare un poco di forza per ringraziare i Vigili del Fuoco, il personale del 118 , tutti i soccorritori professionisti e volontari, e tutti coloro che hanno prestato e prestano la loro opera. Possano essere benedetti.
La nostra amatissima e unica Genova, Superba e sofferente, risolleverà il suo capo, con l’aiuto di D-o, ma soprattutto grazie alla proverbiale tenacia dei suoi abitanti, fra cui avrò presto l'onore di annoverarmi nuovamente.
Che i feriti possano presto tornare a una vita normale, e che tutti coloro che sono in stato di trauma possano trovare conforto. Naturalmente prego per le famiglie in lutto, e continuerò a farlo sia solo che nelle diverse sinagoghe in cui celebro.
Possano essere le loro anime avvolte nel fascio dei viventi.
Rabbino Haim Fabrizio Cipriani, Genova
Benetton MalettonMV, Il Tempo 17 agosto 2018
http://www.marcelloveneziani.com/artico ... n-malettonI Benetton non hanno prodotto solo maglioni e gestito autostrade ma sono stati la prima fabbrica nostrana dell’ideologia global. Sono stati non solo sponsor ma anche precursori dell’alfabeto ideologico, simbolico e sentimentale della sinistra. Sono stati il ponte, è il caso di dirlo, tra gli interessi multinazionali del capitalismo global e dell’americanizzazione del pianeta, coi loro profitti e il loro marketing e i messaggi contro il razzismo, contro il sessismo, a favore della società senza frontiere, lgbt, trasgressiva e progressista. Le loro campagne, affidate a Oliviero Toscani, hanno cercato di unire il lato choc, che spesso sconfinava nel cattivo gusto e nel pugno allo stomaco, col messaggio progressista umanitario: società multirazziale, senza confini, senza distinzioni di sessi, di religioni, di etnie e di popoli, con speciale attenzione ai minori. Via le barriere ovunque, eccetto ai caselli, dove si tratta di prendere pedaggi. Di recente la Benetton ha fatto anche campagne umanitarie sui barconi d’immigrati e ha lanciato un video “contro tutti i razzismi risorgenti”. Misterioso il nesso tra le prediche sulla pelle dei disperati e il vendere maglioni o far pagare pedaggi alle auto.
Dietro la facciata “progressista” di Benetton c’è però la realtà di Maletton, il lato B. È il caso, ad esempio del milione d’ettari della Benetton in Patagonia, sottratto alle popolazioni locali, come le comunità mapuche, vanamente insorte e sanguinosamente represse. O lo sfruttamento senza scrupoli dell’Amazzonia, ammantato dietro campagne in difesa dell’ambiente. O la storia dei maglioni prodotti a costi stracciati presso aziende che sfruttavano lavoratori, donne e minori a salari da fame e condizioni penose, come accadde in Bangladesh a Dacca, dove morirono un migliaio di sfruttati che lavoravano in un’azienda che produceva anche per Benetton.
Le loro facce non le abbiamo mai viste negli spot umanitari di Benetton, così come non vedremo nessuna maglietta rossa, nessun cappellino rosso sponsorizzato da Benetton o promosso da Toscani per le vittime di Genova. A questo si aggiunge per la Benetton l’affarone di gestire prima gli autogrill e poi interamente le Autostrade, dopo che lo Stato italiano ha investito per decenni miliardi per far nascere la rete autostradale. Un “regalo” del pubblico al privato, come succede solo in Italia. Il capitalismo italiano ha sempre avuto questo lato parassitario e rapace: non investe, non rischia di suo ma campa a ridosso del settore pubblico o delle sue commesse. A volte socializza le perdite e privatizza i profitti, come spesso faceva per esempio la Fiat, o piazza i suoi prodotti scartati dal mercato allo Stato, come faceva ad esempio De Benedetti accollando materiali un po’ vecchiotti dell’Olivetti alla pubblica ammministrazione. Aziende che si scoprivano nazionaliste quando si trattava di mungere dallo stato italiano e poi si facevano globalità quando si trattava di andarsene all’estero per ragioni di produzione, fisco o costi minori. O si rileva la gestione delle Autostrade come i Benetton e i loro soci, con sontuosi profitti ma poi è tutto da verificare se si siano curati di investire adeguatamente per ammodernare la rete e fare manutenzione efficace. La tragedia di Genova pende come un gigantesco punto interrogativo tra i cavi sospesi sulla città.
Di tutto questo, naturalmente, si parla poco nei media italiani, soprattutto nei grandi; non dimentichiamo che Benetton, oltre che importante cliente pubblicitario nei media, è azionista nel gruppo de la Repubblica-L’Espesso-La Stampa, dove si sono incrociati – ma guarda un po’ – i sullodati Agnelli e De Benedetti. In miniatura, segue lo stesso modello ideologico e d’affari alla Benetton, anche Oscar Farinetti, il patron di Eataly. Il capitalismo nostrano da un verso sostiene battaglie “progressiste” appoggiando forze politiche pendenti a sinistra e finanziando campagne global e antirazziste; poi dall’altro si trova invischiato in storie coloniali di espropriazione delle terre alle popolazioni indigene, di sfruttamento delle risorse e di uomini per produrre a costi minimi e senza sicurezza, ottenendo il massimo profitto.
Poi vi chiedete perché in Italia certe opinioni politically correct sono dominanti: si è cementato un blocco tra un ceto ideologico-politico progressista, radical, di sinistra che fornisce il certificato di buona coscienza a un ceto affaristico di capitalisti marpioni. Un ceto che è viceversa adottato, tenuto a libro paga, dal medesimo. In questa saldatura d’interessi si formano i potentati e contro quest’intreccio ha preso piede il populismo.
Però alle volte insorge la realtà. Drammaticamente, come è stato il caso di Genova. Dove ci sono da appurare le responsabilità, i gradi e i livelli. Inutile aggiungere che con ogni probabilità non ci sarà un solo colpevole, ci saranno differenti piani di responsabilità, anche a livello di amministratori locali, di governi centrali e ministeri dei trasporti, che avrebbero dovuto vigilare e imporre alla società autostrade di spendere di più in sicurezza, pena la decadenza della concessione. Col senno di poi è facile dire che se gli azionisti della società autostrade avessero speso la metà dei loro utili (oltre un miliardo di euro l’anno) per ulteriore manutenzione, sicurezza e rifacimento di strutture a rischio, come era notoriamente il ponte Morandi a Genova, oggi probabilmente non staremmo a piangere i morti e una città stravolta, sventrata. Ma richiamare altre responsabilità non vuol dire buttarla sulla solita prassi del tutti colpevoli nessun condannato; no, ci sono gradi e livelli di responsabilità diversi, e qualcuno dovrà pagare per quel che è successo, ciascuno secondo il suo grado di colpa effettivamente accertata. A questo punto rivedere le concessioni è necessario. Ma non può essere la sola risposta. C’è da ripensare al modello italiano che non funziona più da anni, vive di rendita sul passato e manda in malora il suo patrimonio. Bisogna ripensare alla nostra scassata modernità, al nostro obsoleto repertorio strutturale, vecchio come i capannoni di archeologia industriale e le cattedrali nel deserto che spesso deturpano il nostro paesaggio e ricordano il nostro passato, quando l’industria era il radioso futuro. Un paese che non sa più pensare in grande, investire, intraprendere, far nascere, pensare al futuro. Resistono i ponti dei romani, resistono i ponti di epoca fascista, opere “aere perennius”, ma scricchiolano o crollano le opere recenti, perché non c’è stata vera manutenzione, perché c’è stato sovraccarico, o perché furono fatte in origine con materiali inadeguati, con permessi ottenuti in modo obliquo, perché qualcuno vi speculò, e non solo le imprese di costruzione.
In tutto questo, purtroppo, la linea grillina del non fare, del tagliare, del risparmiare sulle grandi opere o sui grandi rifacimenti non è una risposta adeguata ai problemi e alle urgenze. Non dimentichiamo che per i grillini fino a ieri era una “favoletta” il rischio di crollo del ponte Morandi di Genova, era solo un modo per mungere soldi; e dunque pur di frenare eventuali corrotti e corruttori, per loro è meglio tenersi strade scassate e ponti insicuri.
Intanto è necessario rimettere in discussione il modello imperante, con un residuo di statalismo incapace e impotente, che si accompagna a un capitalismo vorace e parassitario sotto le vesti progressiste e umanitarie, con tutte le sue connivenze politiche denunciate da Di Maio. Quelle aziende che mettevano in cerchio i bambini del mondo, salvo vederli sfruttare nelle aziende del Terzo mondo o espropriare delle loro terre. Quelle aziende che volevano abbattere muri e frontiere nel mondo e nel frattempo crollavano i ponti di casa…
Ferrara difende i Benetton e attacca Salvini e Di Maio: "Sciacalli"Franco Grilli - Ven, 17/08/2018
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 65802.htmlGiuliano Ferrara non usa giri di parole e mette nel mirino chi in queste ore ha puntato il dito contro i Benetton per il crollo del ponte Morandi a Genova.
Una reazione quella dell'Elefantino che vene articolata in un editoriale sul Foglio in cui non risparmia critiche ai grillini e all'esecutivo che ha decisio di revocare la concessione ad Autostrade. "Giggino e il lobbista vice del suo vice, mentre l'addetto alle Infrastrutture se la prendeva con i camionisti polacchi rei di caricare troppo i loro Tir, additavano - sempre a macerie ancora fumanti - la società privata Autostrade della famiglia Benetton come imputato da condannare senza attendere i tempi dell'accertamento via indagini ed eventuale processo, facendosi tribunale di giustizia sommaria e aggiungendo velenose insinuazioni sul sostegno finanziario dei Benetton ai governi e alle forze politiche del passato", afferma Ferrara.
Poi arriva l'affondo e definisce "miserabile il teatrino di poveri sciacalli". Ma non risparmia critiche nemmeno a Matteo Salvini: "Il Truce, nel bel mezzo di una spanzata tra i suoi a Messina, ha messo sotto tiro l' Unione europea, colpevole di aver tagliato fondi, per via dell'austerità, destinati alla manutenzione delle infrastrutture. È stato smentito su tutta la linea". Infine si interroga su quali possanno essere state le cause di una tragedia così grande che è costata la vita a 39 persone: "Tutti sanno, chi per scienza chi per semplice senso comune, che per adesso il crollo del Morandi a cinquant' anni dalla sua costruzione può avere molte cause diverse e nessuna accertata". Insomma Ferrara mette in discussione la linea dell'esecutivo che 24 ore dopo il disastro ha deciso di avviare l'iter per revocare la concessione ad Autostrade. Il premier Conte ha affermato: "Non possiamo attendere i tempi della Giustizia". Ma la sua scelta in queste ore sta dividendo (e non poco) il governo.
Sotto un ponte si sgretola anche lo Stato di dirittoAlessandro Gnocchi - Ven, 17/08/2018
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 65567.htmlConcessioni sfavorevoli allo Stato, incuria nella manutenzione, indifferenza nei confronti di chi aveva segnalato il pericolo imminente ...
Il crollo del ponte Morandi, a Genova, diventa di giorno in giorno lo specchio di tutto il peggio del nostro Paese. Un altro tema emerge ora dalla disgrazia: la giustizia. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha detto che «non possiamo aspettare i tempi della giustizia». In 24 ore il governo ha aperto e chiuso l'inchiesta, individuato i colpevoli e spiccato il verdetto: revoca della concessione ad Atlantia, la società che controlla Autostrade. Vedremo se Conte passerà dagli annunci ai fatti. Per ora il governo, guidato da un professore di Diritto, mette in discussione proprio le regole dello Stato di diritto, spalancando le porte all'arbitrio. Quale sarà il prossimo caso in cui non si potranno attendere le decisioni della giustizia? È una questione che va al di là della cronaca tragica di questo Ferragosto. Le parole di Conte sono condivise da molti. Basta ascoltare le interviste ai genovesi o leggere cosa scrivono gli utenti dei social network. Circola la convinzione che il processo sarà infinito e si concluderà con un nulla di fatto. Come sempre l'Italia si spacca in due. Chi vuole la revoca immediata della concessione ad Atlantia è accusato di giustizialismo e di incompetenza. Chi preferisce aspettare la sentenza dei magistrati è accusato di voler insabbiare la vicenda per proteggere le responsabilità politiche e il tesoro della famiglia Benetton, proprietaria di Atlantia (che si adopera per rendersi odiosa, riuscendoci in pieno). Tutto questo è sintomo della sfiducia nello Stato di diritto. Sarebbe però sbagliato ascriverla solo alla mancanza di cultura liberale del nostro Paese. La crisi deriva anche dalla disillusione nei confronti della magistratura. Negli ultimi decenni, la giustizia ha dato l'impressione di interessarsi solo alle questioni «da prima pagina» e di imporre una sorta di commissariamento costante della vita politica. Inoltre non è riuscita a dimostrarsi super partes, affondando il solo centrodestra a colpi di inchieste moralistiche finite poi nel nulla o giunte a condanne discutibili. I post-comunisti invece sono stati risparmiati, eccezione fatta per qualche caso di cattiva amministrazione. A questo possiamo aggiungere pubblici ministeri affamati di notorietà, inchieste tanto spettacolari quanto risibili, processi interminabili, sospette «fughe» di documenti dalle procure. Insomma, il campionario è vasto e suggerisce che, negli ultimi decenni, la giustizia abbia scalfito soprattutto la propria credibilità. In questa confusione dei ruoli, che intacca la separazione dei poteri, sono coinvolti anche i giornali. La stampa, con le dovute eccezioni, ha sposato il metodo di condannare prima delle sentenze, arrivando, in alcuni casi, a mettersi a disposizione dei giudici pur di infangare l'immagine del «nemico».
???
https://www.startmag.it/economia/ponte- ... autostradeCrollo Ponte Morandi a Genova, ecco come il governo tampona Autostrade (Atlantia) dei Benettondi Michele Arnese
15 agosto 2018
https://www.startmag.it/economia/ponte- ... autostradeIl titolo Atlantia casca in Borsa, il governo chiede le dimissioni dei vertici del gruppo Autostrade, i Benetton borbottano sui manager della concessionaria e studi della stessa società svelano alcuni aspetti non tranquillizzanti sullo stato del viadotto Morandi crollato ieri a Genova. Ecco tutti i dettagli.
AUTOSTRADE SBANDA IN BORSA
Il crollo del ponte Morandi sulla A10 ha affondato ieri in Borsa Atlantia, la controllante di Autostrade per l’Italia che ha in concessione quel tratto di autostrada. Il mercato intravvede i costi che la società dovrà sostenere e ne penalizza il titolo, che chiude perdendo il 5,39%, a 23,54 euro, bruciando oltre 1,1 miliardi di capitalizzazione, dopo aver toccato ribassi che hanno sfiorato il -10%.
IL POST DI TONINELLI SU FACEBOOK
Stamattina la doccia fredda per il gruppo dei Benetton. annuncio choc del governo: “I vertici di Autostrade per l’Italia devono dimettersi prima di tutto. E visto che ci sono state gravi inadempienze, annuncio fin da ora che abbiamo attivato tutte le procedure per l’eventuale revoca delle concessioni, e per comminare multe fino a 150 milioni di euro”, ha scritto su Facebook il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli (Movimento 5 Stelle).
DI MAIO PUNTA IL DITO CONTRO ATLANTIA
I vicepremier rincarano la dose contro il gruppo Atlantia che controlla la società Autostrade per l’Italia. “E’ possibile, in caso di inadempienze, ritirare la concessione e far pagare multe fino a 150 milioni di euro. Autostrade non ha fatto la manutenzione” sul ponte Morandi: “Toninelli ha avviato le procedure” per il ritiro della concessione. Lo ha detto il vicepremier Luigi Di Maio in un’intervista a Radio Radicale. “Può gestire lo Stato. Ad Autostrade paghiamo i pedaggi più alti d’Europa e loro pagano tasse bassissime”, sottolinea il ministro.
LE PAROLE DI SALVINI
“La revoca delle concessioni è il minimo che ci si possa aspettare”, ha aggiunto il vice premier Matteo Salvini intervistato da Radio 24 e dicendosi “assolutamente” d’accordo sulla revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia.
LE TENSIONI FRA GOVERNO E AUTOSTRADE
Le critiche dell’esecutivo ad Autostrade sono anche il frutto di commenti della società che sono stati ritenuti poco consoni da ambienti dell’esecutivo anche dal punto di vista della comunicazione. Nella maggioranza di governo c’è chi sostiene che il ponte Morandi sul viadotto Polcevera fosse un rischio noto da tempo. Ma da Autostrade per l’Italia, che ha in gestione quel tratto della A10 e che effettuava controlli continui su quest’opera, risalente agli anni Sessanta, ieri hanno assicurato che non è mai emerso nulla che potesse far presagire il crollo che ha provocato finora 35 morti. Ma indiscrezioni giornalistiche parlando di un certo borbottio della famiglia Benetton, che controlla il gruppo Atlantia, sulla gestione post crollo da parte dei vertici della società concessionaria. Verità o gioco delle parti? Vedremo. Le parole del top management sono state emblematiche ieri.
LE RASSICURAZIONI DI CASTELLUCCI
Ad escludere che il ponte fosse pericoloso, oltre alla Direzione locale, è stato ieri anche l’amministratore delegato della sociteà Giovanni Castellucci (“non mi risulta”), numero uno anche della holding Atlantia. La società ha assicurato che “lavorerà insieme alle istituzioni per accertare le cause” e annuncia di essere “alacremente impegnata a valutare le soluzioni migliori per ricostruire il viadotto nel minor tempo possibile”. Il crollo, ha spiegato il direttore del Tronco di Genova di Autostrade per l’Italia Stefano Marigliani, è “per noi qualcosa di inaspettato e imprevisto rispetto all’attività di monitoraggio che veniva fatta sul ponte. Nulla lasciava presagire” che potesse accadere. “Assolutamente non c’era nessun elemento per considerare il ponte pericoloso”, assicura Marigliani, spiegando che “il ponte è una struttura dal punto di vista ingegneristico molto complesso: da qui la moltitudine di controlli”. L’opera era infatti soggetta a costante attività disservazione e vigilanza, con strumenti avanzati e prove riflettometriche (l’ultima ad inizio 2017): ma mai “nulla è emerso che facesse presagire” l’accaduto.
CHE COSA DICE AUTOSTRADE SULLA MANUTENZIONE
C’è da dire però che una relazione di Autostrade del 2011, evidenziava già allora un “intenso degrado della struttura del viadotto” per il volume raggiunto dal traffico. Il viadotto era da anni oggetto di una manutenzione continua e nel 2016 le Autostrade hanno avviato dei lavori di manutenzione straordinaria ora in via di ultimazione con interventi sulle barriere di sicurezza. Sulla struttura erano in corso, spiega una nota di Autostrade, lavori di consolidamento della soletta del viadotto ed era stato installato un carro-ponte per consentire lo svolgimento delle attività di manutenzione. Ed è proprio di qualche mese fa un nuovo bando di gara da 20 milioni per “interventi di retrofitting strutturale (una sorta di ristrutturazione profonda) del Viadotto Polcevera”. Ha chiosato il Sole 24 Ore oggi: “L’esigenza di consolidare quella parte del ponte era presente, ma non si riteneva che vi fosse un’emergenza, tanto che l’inizio dei lavori non era previsto prima del 2019”.
LE PREOCCUPAZIONI IMPLICITE
Che significa? Messa urgente in sicurezza dei tiranti sulla parte poi crollata. Le offerte erano state presentate l’11 giugno e finita l’estate – per non intralciare il viavai turistico che segna la Liguria fino ai primi di settembre – sarebbe partito un intervento lungo 784 giorni, che avrebbe comportato blocchi a singhiozzo delle varie carreggiate. Ha spiegato Enrico Sterpi, attuale segretario dell’Ordine degli ingegneri liguri: “Questo bando significa due cose: Autostrade aveva focalizzato la criticità ed era disposta a prendersi una bella responsabilità, con una gara ristretta per un importo tanto elevato. È chiaro insomma che a un certo punto ci fosse necessità di accelerare la procedura”.
AUTOSTRADE: DEMOLIAMO IL PONTE?
Meglio demolire il Ponte Morandi per ricostruirlo che manutenerlo ancora? E’ la domanda che fa capolino in un rapporto tecnico della società Autostrade di tempo fa. Ecco tutti i dettagli. Da 8 a 12 mesi: questo il tempo, che nel 2009, era stato calcolato per la demolizione controllata del viadotto Polcevera, con lo smontaggio della “struttura con un ordine inverso rispetto alle fasi della costruzione dell’opera. In tal modo sarà sufficiente evacuare provvisoriamente le abitazioni che attualmente insistono nell’impronta e negli immediati dintorni del viadotto, senza procedere ad alcun abbattimento dei fabbricati”. Lo si legge nello studio “La Gronda di Genova. Presentazione sintetica delle ipotesi di tracciato” che Autostrade per l’Italia aveva realizzato assieme alla società d’ingegneria SPEA e pubblicato nel febbraio 2009 come base per un dibattito pubblico.
L’IPOTESI DEMOLIZIONE CONTROLLATA
Il documento, nel capitolo dedicato ad una delle ipotesi di varianti di tracciato studiate da Autostrade per l’Italia (quella definita “Gronda Bassa” che “affianca l’esistente viadotto Morandi, di cui è prevista la dismissione, ad una distanza di circa 150 m verso nord”), spiega: “Una volta demolita la struttura del Ponte Morandi, i proprietari delle abitazioni potranno rientrare nei rispettivi alloggi”. Questa demolizione controllata del viadotto Morandi, precisavano gli autori, “richiede di smantellare circa 80.000 mc di calcestruzzo”.
LE CRITICITA’ SOTTOLINEATE DA AUTOSTRADE
Autostrade per l’Italia aveva sottolineato in più punti la criticità della situazione: nel documento si legge, tra l’altro, che “il tratto più trafficato è il viadotto Polcevera (Ponte Morandi) con 25,5 milioni di transiti l’anno, caratterizzato da un quadruplicamento del traffico negli ultimi 30 anni e destinato a crescere, anche in assenza di intervento, di un ulteriore 30% nei prossimi 30 anni”.
I POTENZIALI RISCHI
La relazione, redatta 9 anni fa, metteva in guardia sui potenziali rischi: “Il ponte Morandi – si legge – costituisce di fatto l’unico collegamento che connette l’Italia peninsulare ad est, la Francia meridionale e la Spagna ad ovest, ed è il principale asse stradale tra Genova, le aree residenziali periferiche, il porto di Voltri, l’aeroporto e le aree industriali di ponente. Lo svincolo di innesto sull’autostrada per Serravalle, all’estremità est del viadotto, produce quotidianamente, nelle ore di punta, code di autoveicoli ed il volume raggiunto dal traffico provoca un intenso degrado della struttura sottoposta ad ingenti sollecitazioni. Il viadotto è quindi da anni oggetto di una manutenzione continua”.
LE VERIFICHE E LA VIGILANZA
Ma quali obblighi di vigilanza aveva Autostrade per l’Italia? E chi esegue le verifiche? A queste domande ha cercato di rispondere un’inchiesta del quotidiano La Stampa: “Poiché il viadotto è stato realizzato nel 1967, il gestore non deve fornire un piano di manutenzione (il diktat vige per chi ha incarico le strutture nate dal ‘99 in poi). Non solo. Autostrade esegue per legge due tipi d’ispezione, certificate una volta compiute: trimestrale con personale proprio (controlli sostanzialmente visivi) e biennale con strumenti più approfonditi. In quest’ultimo frangente, al massimo, la ricognizione viene affidata a ingegneri esterni, ma alla fine sempre pagati da Autostrade. Né gli enti locali, né il ministero delle Infrastrutture intervengono con loro specialisti. E di fatto non esistono certificazioni di sicurezza recenti che non siano state redatti da tecnici retribuiti da Autostrade per l’Italia”.
Autostrade (Atlantia), ecco tutte le anomalie su pedaggi e controlli. Parla il prof. Arrigodi Michele Arnese
16 agosto 2018
https://www.startmag.it/smartcity/autos ... -controlli “Autostrade si controlla da sola in tema di sicurezza, senza alcun ruolo in merito da parte di organismi pubblici. È sconcertante . È inaccettabile”. Parola di Ugo Arrigo, economista dei trasporti che insegna all’università degli studi di Milano-Bicocca.
Arrigo spiega e approfondisce la questione dei controlli di sicurezza sulla rete autostradale dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova e sulla scia di un articolo del quotidiano La Stampa in cui si sostiene: “Autostrade è, di fatto, l’unico controllore di se stesso, esegue con personale proprio ispezioni e (auto)certificazioni, oppure le affida a consulenti pagati dalla medesima società”.
IL NODO DELLA VIGILANZA E DELLE VERIFICHE DI AUTOSTRADE PER L’ITALIA
Che obblighi di vigilanza aveva Autostrade per l’Italia? Chi esegue le verifiche? A queste domande, l’inchiesta di due giornalisti della Stampa e del Secolo XIX risponde così: “Poiché il viadotto è stato realizzato nel 1967, il gestore non deve fornire un piano di manutenzione (il diktat vige per chi ha in carico le strutture nate dal ‘99 in poi). Non solo. Autostrade esegue per legge due tipi d’ispezione, certificate una volta compiute: trimestrale con personale proprio (controlli sostanzialmente visivi) e biennale con strumenti più approfonditi. In quest’ultimo frangente, al massimo, la ricognizione viene affidata a ingegneri esterni, ma alla fine sempre pagati da Autostrade. Né gli enti locali, né il ministero delle Infrastrutture intervengono con loro specialisti. E di fatto non esistono certificazioni di sicurezza recenti che non siano state redatte da tecnici retribuiti da Autostrade per l’Italia”.
DA DOVE NASCE LA NORMATIVA ATTUALE PRO AUTOSTRADE SECONDO IL PROF. ARRIGO
Ma perché sono queste le regole? Quando e perché sono state stabilite? Arrigo ha ricostruito la genesi della normativa: “Quando Autostrade era Iri si controllava da sola in quanto pubblica. Non avrebbe avuto senso che un soggetto pubblico con la mano sinistra (ossia Anas) controllasse un soggetto pubblico con la mano destra”, ha twittato ieri: “Con la privatizzazione il controllo pubblico è invece divenuto indispensabile ma non è stato attivato in quanto immagino abbiano ‘copiato’ la concessione precedente che non lo prevedeva. Non so se questo sia avvenuto per miopia burocratica o volutamente per favorire l’acquirente”.
I DUE FAVORI DI CUI GODE IL GRUPPO ATLANTIA DEI BENETTON
In ogni caso – aggiunge Arrigo con Start Magazine – “almeno due altri grossi favori sono stati fatti all’acquirente, ossia alla società della famiglia Benetton ora Atlantia che controlla la concessionaria Autostrade per l’Italia”. Il primo favore? “È stata la vendita senza previa istituzione di un regolatore indipendente dei trasporti, come esplicitamente previsto dalle norme generali allora vigenti sui processi di privatizzazione”. Infatti l’obbligo dell’istituzione del regolatore indipendente ante privatizzazione per le società di servizi pubblici era previsto dall’articolo 1 bis della legge 474 del 1994. “Dunque la privatizzazione di Autostrade avvenne in violazione di questa norma”, chiosa l’economista.
IL BLUFF DELL’AUTORITA’ DEI TRASPORTI
L’autorità di regolazione dei trasporti (Art) è stata istituita (con 17 anni di ritardo) da un decreto legge del 2011, il collegio è stato nominato nel 2012 e l’authority è pienamente operativa dal 2013, ossia 19 anni dopo la legge del 1994. Ma c’è una sorpresa, di certo apprezzata molto dalla società Autostrade per l’Italia: “L’Art ha competenza su tutte le tipologie di trasporto, comprese le autostrade, ma solo per le ‘nuove concessioni’. Non dunque su quelle in essere e tra esse neppure su quella più importante per la quale vi era un obbligo di istituzione ante privatizzazione”.
CONVENZIONI SECRETATE O NO?
In questi giorni si dibatte anche sul segreto delle convenzioni che legano lo Stato alle concessionarie autostradali. È vero che sono ancora secretate? Risponde Arrigo: “Tutte le concessioni autostradali sono da sempre secretate e non è possibile sapere all’opinione pubblica cosa prevedono. Il ministro Delrio effettivamente ha finalmente deciso all’inizio di quest’anno di renderle pubbliche. Esse sono state dunque rese disponibili sul sito del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Peccato manchino gli allegati di maggiore interesse., in particolare i piani finanziari che giustificano le tariffe e loro variazioni”. Secondo Arrigo, “solo dai piani finanziari è possibile comprendere se le tariffe e la loro crescita nel tempo sono giustificate o meno e se i concessionari rispettano le promesse di investimento che le tariffe permettono comunque di recuperare”.
TUTTI I DIFETTI DELLE REGOLE SU TARIFFE-PEDAGGI
Ma qual è il secondo favore elargito ad Autostrade? “È stato – risponde Arrigo, come ha scritto anche su Twitter – il mantenimento del principio che si possa caricare in tariffa già oggi un investimento che si farà (forse) in futuro. Esso ha senso solo per gestori pubblici non per gestori privati. Andava bene per un sindaco che doveva rifare un acquedotto e che anziché aumentare le tasse ai cittadini aumentava la tariffa dell’acqua potabile, così poteva mettere da parte i soldi per l’investimento. Ma la stessa cosa non ha alcun senso per un gestore privato il quale, una volta incamerata la maggiorazione tariffaria per investimenti futuri inizia a distribuirla sotto forma di dividendi agli azionisti e bonus ai manager”.
Ecco come Conte, Di Maio, Salvini e Toninelli sbandano sulla concessione di Autostrade-Atlantiadi Michele Arnese
17 agosto 2018
https://www.startmag.it/economia/ecco-c ... e-atlantiaLa revoca diventa “eventuale”. La decisione lascia spazio a una commissione. E comunque alla fine forse ci sarà una multa più che la revoca/decadenza sbandierata dal premier-giurista Giuseppe Conte; annuncio che ha provocato un ruzzolone in Borsa del titolo Atlantia (la capogruppo dei Benetton che controlla la concessionaria Autostrade per l’Italia). Nel frattempo, la procedura per la “caducazione” della concessione è partita, annuncia Palazzo Chigi.
Il parziale dietrofront rispetto ai tuoni e ai fulmini assicurati subito dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova è arrivato questa mattina. La retromarcia è innestata ufficialmente dal leader leghista Matteo Salvini. Il vicepremier del Carroccio non ha mai parlato di revoca della concessione, ma più volte negli ultimi tre giorni aveva invocato ed evocato la nazionalizzazione delle autostrade. Eppure si intesta di fatto oggi, in una conversazione con il Corriere della Sera, il ruolo di dialogante mediatore con la società autostradale: soldi e investimenti subito, il resto (la concessione) si vedrà. Questo il senso delle parole del ministro dell’Interno.
“Stiamo lavorando con gli avvocati e di sicuro va rivisto tutto il sistema delle concessioni, c’è chi ha fatto soldi a palate e mentre registra a bilancio miliardi di utile rivede al ribasso le cifre per la sicurezza. Ma non è questo il momento di parlare di rescissioni di convezioni o di contratti, faremo il punto nel governo la settimana prossima, prima vediamo cosa succede”. Queste le parole precise al Corriere della Sera del vicepremier Salvini.
Servono, ha aggiunto Salvini, “almeno alcune decine di milioni di euro che mi auguro nelle prossime ore vengano messe a disposizione dalla società per le vittime, per la ricostruzione, per la messa in sicurezza. Questo è il punto di partenza”. E prima di parlare di una eventuale rescissione, “facciamo una verifica su quanti miliardi sono disposti a investire non nei prossimi anni, come da programmi che a questo punto appaiono chiaramente obsoleti, ma nei prossimi mesi”.
Nella maggioranza le posizioni divergono: se la Lega ammorbidisce la minaccia della revoca, il Movimento 5 Stelle con il vicepremier Luigi Di Maio avverte che “chi è contro la revoca dovrà passare sul mio cadavere”. E dopo la frenata di Salvini, il capo politico del Movimento pentastellato dice: “La sentenza già c’è stata, sono i 40 morti e il crollo del ponte. posizione del Governo è che chi non vuole revocare le concessioni ad Autostrade deve passare sul mio cadavere. C’è un volontà politica chiara”.
Parole che vengono lette come una risposta alla prudenza della Lega. La volontà sarà pure chiara come assicura Di Maio, ma era chiara pure la volontà di mettere in stato d’accusa il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per il no del Quirinale a Paolo Savona come ministro dell’Economia, ma poi si sa come è finita la vicenda.
“Il governo è compatto, nessun dubbio sulla procedura di revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia”, assicura via Twitter il capogruppo del M5S alla Camera, Francesco D’Uva.
In verità anche il ministro pentastellato delle Infrastrutture e dei Trasporti, Danilo Toninelli, ha rivisto le sue posizioni. Ha scritto ieri su Facebook: la commissione ispettiva sul crollo del Ponte Morandi a Genova, istituita dal Ministero delle infrastrutture e trasporti, sarà già oggi “sul luogo del crollo del ponte Morandi per i primi accertamenti”. Toninelli ha anche precisato che “l’esito del loro lavoro, che dovrà arrivare entro un mese, entrerà nella procedura di un’eventuale revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia”. La revoca è stata dunque revocata.
Il premier-giurista Giuseppe Conte aveva annunciato la revoca della concessione perché “non si possono attendere i tempi della giustizia penale”. Un processo sommario – senza alcuna contestazione formale – che esporrebbe il governo a un contenzioso legale monstre, con il rischio di dover pagare un indennizzo che esperti hanno stimato in non meno di 20 miliardi. Per questo, secondo l’economista Andrea Giuricin intervistato da Mf/Milano Finanza, alla fine ci sarà una multa più che una revoca, come ha scritto ieri l’agenzia Reuters sulla base di indiscrezioni governative.
Ma in serata il presidente del Consiglio annuncia: “Oggi il Governo, tramite la competente Direzione del Ministero delle Infrastrutture, ha formalmente inoltrato ad Autostrade per l’Italia la lettera di contestazione che avvia la procedura di caducazione della concessione. Il governo contesta al concessionario che aveva l’obbligo di curare la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’autostrada A10, la grave sciagura che e’ conseguita al crollo del ponte”, ha scritto il premier Giuseppe Conte in un comunicato.
Ma la strada per il governo non è in discesa. La clausola della convenzione che garantisce di più Autostrade per l’Italia – ha spiegato Maurizio Caprino del Sole 24 Ore – è il comma 3 dell’articolo 8, che impone allo Stato di pagare alla controparte l’equivalente dei ricavi che sarebbero prevedibilmente stati realizzati fino al termine naturale del contratto, al netto di alcuni “correttivi”. “Non è possibile valutarne esattamente l’entità, perché va fatto riferimento anche ad allegati alla convenzione a tutt’oggi segreti”.
Inoltre la revoca che era stata annunciata sembra tecnicamente una decadenza (non a caso il premier ora parla di “caducazione”): così la definisce l’articolo 9 della convenzione, scrive il Sole 24 Ore oggi: “Per arrivarvi, occorre che il ministero delle Infrastrutture «accerti che si sia verificato un grave inadempimento» (articolo 8) di alcuni degli obblighi del gestore. Questo è il compito della commissione ministeriale istituita ieri, che dovrà produrre una relazione dettagliata entro 30 giorni, termine previsto dalle norme generali della legge sul procedimento amministrativo (legge 241/1990). Non è chiaro come questo possa conciliarsi con la complessità dell’indagine da fare”.
Non sarebbe l’unico problema. Il governo non ha mai chiarito se l’eventuale decadenza/revoca riguarda tutta la rete in concessione ad Aspi o solo la tratta interessata dal crollo: “Inadempienze eventuali relative a un tratto – ha detto l’ex-ministro della Funzione pubblica, Sabino Cassese – non possono coinvolgere la concessione come tale, ma il tratto coinvolto. Altrimenti, vi sarebbe una sproporzione tra evento contestato e misura adottata”.
Resta una domanda, avanzata da Start Magazine: invece di evocare revoche di concessioni autostradali e invocare nazionalizzazioni, perché il governo non modifica le anomalie delle convenzioni (analizzate dal prof. Ugo Arrigo in questa intervista
https://www.startmag.it/smartcity/autos ... -controlli ) e non vara una sorta di piano Marshall di sostituzione dei ponti (come indicato dal prof. Antonio Occhiuzzi)?