Italia politica e dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni

Re: Italia politica, dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni

Messaggioda Berto » ven mar 23, 2018 5:29 am

In Germania ieri come in Italia oggi?
Articolo di Ginzberg sul Foglio di oggi
Emanuel Segre Amar
22/03/2018

https://www.facebook.com/emanuel.segrea ... 5415932555

Da qualche tempo mi turba un’altra elezione. Sempre di marzo. Era la terza volta che votavano per le politiche in otto mesi. Ogni volta nessuno otteneva la maggioranza. Pubblicamente tutti rifiutavano i compromessi. A cominciare dal partito che aveva preso più voti (poco più del 30 per cento): pretendeva il governo tutto da solo. L’anziano presidente della Repubblica gli rispondeva picche. Ma tutti manovravano e trattavano dietro le quinte. Spesso all’insaputa e ai danni dei rivali nel proprio stesso schieramento. Finché un esponente della vecchia politica riuscì a convincere il presidente riluttante a provare col peggiore di tutti. Questa storia non ha a che fare con l’Italia, né con l’attualità. Eppure da qualche tempo mi toglie il sonno. Nella Germania di Weimar si votava. E se non c’erano maggioranze possibili si tornava a votare. Col proporzionale puro. Sulla scheda delle elezioni del 31 luglio 1932 figuravano oltre sessanta simboli. Primo risultò il Partito Nazionale Socialista dei Lavoratori, col 37,27 per cento. Secondo il partito Socialdemocratico col 21,58. Terzo il Partito Comunista col 14,32. Al quarto posto il Centro, col 12,44. Il leader del partito che arrivò primo per tre volte di seguito i chiamava Adolf Hitler. I suoi comizi erano vere performance teatrali. Dopo ogni elezione rivendicava la nomina a cancelliere. Ma non aveva i numeri.

Il presidente della Repubblica, l’anziano Maresciallo Von Hindenburg, lo disprezzava. Aveva fatto sapere a tutti che “mai e poi mai” avrebbe affidato il governo a quel “caporale boemo”, a capo di un partito anticostituzionale. Socialisti e comunisti, arrivati rispettivamente al secondo e terzo posto, si odiavano tra loro peggio di quanto odiassero la destra. Avevano insieme più voti dei nazisti. Ma neanche loro una maggioranza. Una maggioranza aritmetica sula carta ci sarebbe stata per nazisti più comunisti, o nazisti più socialdemocratici, o tutti e tre insieme. Il che era evidentemente impossibile. Fecero dei governi del presidente. Che però caddero uno dopo l’altro. Per andare a rivotare subito dopo. Il primo governo del presidente dopo il voto di luglio fu quello del centrista Von Papen. Si tornò a votare il 6 novembre. Risultato: pressappoco come prima. Unico mutamento percepibile, un cedimento dei nazisti: dal 37 al 33 per cento. Di nuovo un governo del presidente, con alla testa un militare, il generale Kurt Von Schleicher, centrista ma aperto al dialogo con la sinistra. Ma Von Papen odiava Schleicher, benché i due appartenessero alle stessa area politica. Tanto fece, brigò e manovrò dietro le quinte che gli fece lo sgambetto e convinse il presidente che non si correva alcun rischio a nominare al suo posto Hitler. “Datemi due mesi e lo metto all’angolo”, “l’abbiamo messo nel sacco, è alle nostre dipendenze”, spiegava ai dubbiosi. Von Papen aveva cercato e incontrato Hitler in segreto. Gli aveva promesso la cancelleria, a condizione che lo tenesse come vice e rinunciasse a Economia e Difesa. Hitler fino a un momento prima era inamovibile sulla posizione che ai nazisti spettava governare da soli perché erano il primo partito. Da un giorno all’altro accettò di guidare un governo in cui era in minoranza, con solo due ministri nazisti. I nazisti in quel momento erano in calo: tra le elezioni di luglio e quelle di novembre avevano perso due milioni voti, e l’economia si stava riprendendo. Hitler fu nominato cancelliere e giurò il 30 gennaio 1933. Il giorno dopo sciolse per la terza volta il Parlamento e fece convocare nuove elezioni per il 5 marzo. Sarebbero state le ultime. Si svolsero nel clima di violenze, intimidazioni e arresti di avversari politici seguiti all’incendio del Reichstag. Eppure neanche quella volta Hitler ebbe una maggioranza assoluta. I nazisti si fermarono al 43 per cento. Sinistra e centristi insieme avevano una percentuale analoga. Avrebbe confessato Goebbels nel suo diario: “La nostra fortuna fu che i marxisti e la stampa ebraica non ci presero sul serio […] Spesso e amaramente, i nostri avversari hanno dovuto in seguito rimpiangere di non averci assolutamente conosciuto, oppure, quando ci conoscevano, di aver solo saputo ridere di noi”.



הדר ישראל
C'è una paese, invece, DISPREZZATO dai sapientoni Italiani e Tedeschi, rappresentante la negazione dell'ideologismo e del socialismo, di destra o di sinistra, dove dal 1776 si svolgono elezioni alla data prevista dalla Costituzione e dove, ogni quattro anni, il passaggio di potere presidenziale e di governo si svolge secondo le regole della stessa Costituzione. Finché nelle analisi non ci si chiederà il perché e non se ne terrà conto, ma si continuerà a guardarsi l'ombelico, certe cose - assolutamente non accidentali ma FRUTTO DI UNA CERTA CULTURA - continueranno ad accadere, persino rischiando di ripetersi nella loro forma peggiore. In Italia, purtroppo, con l'invenzione dell'OSSIMORO "liberalismo socialista" o "socialismo liberale", certe cose sembra che non si capiranno che dopo qualche cataclisma, naturale o meno... ;-) Le due conflagrazioni mondiali precedenti, ENTRAMBE causate dall'IDEOCRAZIA imperante, non hanno insegnato NULLA. Di certo non agli intellettuali italiani e tedeschi, come questa analisi dimostra.
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Re: Italia politica, dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni

Messaggioda Berto » sab mar 24, 2018 9:04 am

???

Governo M5S-Soros-Bergoglio-Mattarella per tener fuori Salvini.
Alessandro Meluzzi
Martedì, 13 marzo 2018

http://www.affaritaliani.it/politica/go ... 29909.html

"Tenere lontano Salvini dal governo con un esecutivo tecno-Pd-mattareliano-sorosiano-bergogliano-europeista-antifascista con un appoggio esterno di Forza Italia insieme ovviamente a quello dei 5 Stelle". E' quanto sta per accadere in Italia, dopo il voto del 4 marzo, secondo Alessandro Meluzzi, ex parlamentare negli Anni Novanta, medico psichiatra forense e criminologo, intervistato da Affaritaliani.it.

La situazione politica appare bloccata dopo il voto del 4 marzo. Che cosa accadrà ora?
"Ci sono due spinte tra di loro contrapposte. Una è quella della volontà dell'elettorato, che ha votato due forze apparentemente simili ma in realtà cosmicamente diverse: la Lega e i 5 Stelle".

Ovvero?
"La Lega rappresenta genuinamente il sovranismo europeo che si manifesta anche in altri partiti sovranisti e anti-globalisti come il Fronte Nazionale della Le Pen, il partito sovranista olandese, l'attuale maggioranza che regge l'Austria e i Paesi del gruppo di Visengrad".

E il Movimento 5 Stelle?
"I 5 Stelle, invece, sono una creazione della Casaleggio e Sassoon che è un'espressione di centrali finanziarie puramente globaliste e a cui è riuscita la straordinaria operazione di marketing di convogliare buona parte di un certo dissenso, soprattutto meridionale e assistenzialista, in un partito in cui viene neutralizzato. E questo lo ha sempre detto Grillo, quando affermava 'meno male che ci siamo noi altrimenti questo voto sarebbe stato più pericoloso perché sarebbe stato più eversivo rispetto alle grande lobby finanziarie europeiste, sorosiane e globaliste'".

Quindi il governo?
"Se guardiamo a chi comanda in Europa e al grande establishment, l'obiettivo fondamentale sarà quello di tenere Salvini lontano dal governo e questo sarà possibile in due modi".

Quali?
"O con un governo 5 Stelle che si regge con un appoggio esterno di quanto rimane del Pd e di forze residuali oppure, molto più probabilmente, con un governo tecno-Pd-mattareliano-sorosiano-bergogliano-europeista-antifascista (eccetera eccetera), magari con un appoggio esterno di Forza Italia insieme ovviamente a quello dei 5 Stelle, che abbia come obiettivo fondamentale quello di tenere lontano Salvini, e forse anche la Meloni, dal governo. Questa seconda ipotesi, proprio perché sponsorizzata dal potere, ha molte più probabilità di realizzarsi".

E il premier? Draghi?
"Draghi o chiunque altro. Qualunque espressione dell'establishment. Penso anche a Frattini, Fassino o ad espressioni della Banca Centrale Europea. Il premier in questo caso potrebbe essere chiunque. Anche Cottarelli".

Una manovra contro il popolo...
"Una manovra contro una maggioranza sovranista. L'obiettivo è quello di far ripartire l'immigrazione massiciamente, di fare la tassa patrimoniale e di mettere una sorta di salario di cittadinanza. E penso che tutto ciò sia già stato deciso nelle centrali che contano".
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Re: Italia politica, dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni

Messaggioda Berto » sab mar 24, 2018 9:05 am

Presidenza Camere, Napolitano: "Il voto del 4 marzo ha travolto le certezze politiche italiane"
23 marzo 2018
di Cristina Pantaleoni e Marco Billeci

https://video.repubblica.it/politica/pr ... 469/301099
"Sulla scena politica nazionale le ultime elezioni hanno determinato un netto spartiacque, a inequivocabile vantaggio dei movimenti e delle coalizioni che hanno compiuto un balzo in avanti clamoroso nel consenso degli elettori e che quindi di fatto sono oggi candidati a governare il Paese. In pari tempo, il partito che, nella scorsa legislatura, aveva guidato tre esecutivi ha subito una drastica sconfitta ed è stato respinto all'opposizione". Lo ha affermato il presidente provvisorio del Senato, Giorgio Napolitano, nel passaggio del suo intervento in apertura di seduta.
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Re: Italia politica, dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni

Messaggioda Berto » sab mar 24, 2018 9:06 am

Parlamento: oggi è nato un leader, Salvini. - Ne è morto un altro, il Berlusca.
Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)
https://www.facebook.com/bruno.venturi. ... 3688861611

Il Matteo leghista si è affrancato (finalmente) dall'abbraccio di Arcore ciò che non era mai riuscito né a Umberto Bossi né a Roberto Maroni.
Oggi è nato un leader: Matteo Salvini. Il segretario della Lega, ben consigliato dal suo Richelieu Giancarlo Giorgetti, ha avuto la forza e l'intelligenza di smarcarsi da Silvio Berlusconi votando a Palazzo Madama per la senatrice di Forza Italia Anna Maria Bernini, mollando così Paolo Romani (bocciato dal Movimento 5 Stelle). Salvini ha messo da parte la comune fede rossonera e ha dimostrato che la politica non si fa con le cene e con le pacche sulle spalle. Il Matteo leghista si è affrancato (finalmente) dall'abbraccio di Arcore ciò che non era mai riuscito né a Umberto Bossi né a Roberto Maroni, tanto che gli ex segretari avevano portato la Lega costola dell'ex Cavaliere al 3%.

Salvini taglia il cordone ombelicale con Berlusconi e dimostra così di essere un leader di spessore anche e soprattutto perché con questa mossa mette a rischio le proprie ambizioni politiche. Se infatti salta il Centrodestra, il numero uno del Carroccio resta con il suo 17%, terza forza politica italiana, mettendo così fine alle proprie ambizioni su Palazzo Chigi. Ma questa è la prova che è un uomo onesto, perbene e che ha una linea di moralità e soprattutto di orgoglio, di coerenza politica e di progettualità che potrebbe anche costargli cara. Ma i principi sono principi e non si barattano con ipotetiche carriere. Chi vivrà vedrà, incluse eventuali fratture in Forza Italia (magari nascerà una quinta colonna intorno a Giovanni Toti), e lo scenario può mutare in vari modi. Ma su un punto non ci sono dubbi: oggi è nato un leader, Salvini, e un altro è finito, Berlusconi. Punto e accapo.


Paolo Romani: merita il Senato, lanciò Maurizia Paradiso.

Da un recente articolo del Fatto abbiamo infatti appreso che Romani è ideologicamente un radicale (del resto come tutti i personaggi che Berlusca ha portato in parlamento, escort comprese); insieme al neocon pannelliano Marco Taradash ha fondato nel ’74 TeleLivorno; che è stato direttore generale per un decennio di Rete A, quella dove ha fatto fortuna Vanna Marchi; che ha lavorato per Salvatore Ligresti in una sua tv; che infine ha fondato una sua propria tv, Lombardia 7., che lui ebbe l’intuizione di incentrare sui programmi notturni “per adulti”. Un successone dove la star è stata Maurizia Paradiso, il primo trans-spettacolo della Repubblica Italiana, spogliarelli – e come stacchetti pubblicitari – “ filmati osé, senza penetrazioni visibili, abbinati ai numeri proibiti, 144 e 166, coi quali Romani incassava tra i 60 e i 70 milioni al mese. Ritmi da 1500 telefonate a notte. Intere famiglie sul lastrico. Un successo clamoroso”, scrive Il Fatto.

E ora i numeri 144 e 166 sono vietati.

Non è certo un caso che Berlusca lo ami, se lo tenga a fianco e lo promuova a fidato consigliere facendolo salire a ministro: è un altro “imprenditore tv” che con la tv discutibile e porchetta ci ha fatto i soldi, un’anima gemella. Né personaggio più degno di ricoprire la seconda carica dello Stato di un pornografo radicale di successo, che è sfuggito in tempo ai rigori della legge – quando i 144 sono stati proibiti, in quanto strumenti di truffe lucrosissime. Con Romani, in fondo, le luminose che hanno illustrato il Paese, sono Vanna Marchi e Maurizia Paradiso che entrano – spiritualmente – ai vertici del Porno-Stato.


Romani, dagli "144" alla condanna per peculato: il "fedele indipendente" che Berlusconi vorrebbe capo del di ...
Diego Pretini | 15 marzo 2018

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... to/4228354

Dall'avventura con le prime tv libere e il successo con i programmi con gli strip-tease e gli 144 all'incarico di ministro con delega alla difesa di Mediaset. Pregiudicato per aver lasciato il cellulare da assessore alla figlia (grandi spese, poi risarcite), rappresenta il (presunto) "volto buono" dei berlusconiani. Tanto che di Salvini disse che "parla come l'avventore del bar sport"

Di Matteo Salvini, una volta, disse: “Parla come l’avventore del bar sport”. Un’altra volta, sempre dopo aver sentito il segretario della Lega, lo apostrofò così: “Il Le Pen versione italiana dice cose terrificanti”. Mentre la sacerdotessa renzian-berlusconiana, Barbara D’Urso, commentava gli attentati di Parigi, lui prese il telefono e twittò: “D’Urso sei inadeguata e insopportabile. Occupati di amori, canti, balli e pettegolezzi, non di problemi seri”. Mentre Forza Italia sprofondava nei sondaggi, nella primavera del 2015, dette una descrizione del partito che nessun dirigente del Pd si è mai azzardato: “Siamo divisi e litigiosi, siamo riconosciuti solo per i litigi, i peggiori di noi vanno in tv solo per dire stupidaggini: dalle intransigenze stile Brunetta alla melassa a cui appartengo…” e infatti per la parola “intransigenze” Brunetta si imbestialì oltremodo come sempre. “Brunetta non capisce le battute” la replica. “Io sono il più berlusconiano di tutti. Sto con lui da vent’anni, gli devo politicamente tutto”. Indipendente, ma leale. Devoto: trascinato dalla melassa a cui appartiene, Paolo Romani, 70 anni, monzese, per il suo partito è l’uomo giusto per salire su, su, dal seggio del Senato fino a quello più alto del palazzo.

La sua storia racconta di una sorta di prosecuzione di Berlusconi con altri mezzi. Le televisioni, i programmi con le signorine che a volte facevano intravedere e più spesso facevano vedere proprio, il carattere dell’uomo fatto da sé, la fama di donnaiolo, l’energia di saltare su una scialuppa di salvataggio al momento giusto mentre la barca affonda. Rispetto al capo, ha molta più eleganza, non si scontra mai in pubblico, ha sorrisi e deferenza per comunisti e grillini. Lo aiuta il fatto di essere zero istrionico: non si mette in evidenza, il tono della voce non ha sbalzi. Nella notte del disastro elettorale, mentre accanto a lui La Russa sgasava con il tosaerba, dava l’impressione di un giocatore al tavolo del bridge: “Vede, dottoressa Sala” (l’inviata), “Sa, dottor Vespa”. Non twitta per fare rissa con gli hater, ma per condividere notizie dall’estero, di giornali americani e inglesi, in particolare sul Medio-Oriente e sulla Siria.

Da liberale comincia come uno dei condottieri delle tv libere, appunto: arriva a Livorno con la mamma che si risposa con un costruttore di piccole barche (fonte Giancarlo Perna sulla Verità) e nel 1974 fonda TeleLivorno, la prima televisione della città, insieme a Marco Taradash, un’avventura ancora oggi ricordata con i contorni della leggenda dai protagonisti.

Ma è anche al fianco di Nichi Grauso per Videolina, di Alberto Peruzzo per Rete A dov’è direttore generale per quasi dieci anni e dove diventa famosa Wanna Marchi, di Salvatore Ligresti che lo chiama per fare l’amministratore delegato di TeleLombardia. Per una biografia ufficiale che girava sul sito del ministero e rimbalza ovunque sia ospite (come al Meeting di Rimini) in questo momento “è anche corrispondente di guerra, in particolare seguendo la rivoluzione rumena del 1989, la guerra dell’ex Jugoslavia ed i conflitti in Iran-Iraq“. Tra una bomba e l’altra, riesce a fare anche una televisione tutta sua, Lombardia 7. Gli va bene e non per le notizie dagli scenari di guerra. Il possibile sostituto di Mattarella in caso di impedimento del presidente ebbe l’intuizione di lanciare Vizi privati con Maurizia Paradiso mentre invece non ebbe a che fare (così dicono alcune verifiche) con Colpo Grosso. Wikipedia aiuta la memoria con un brano del libro di Giancarlo Dotto e Sandro Piccinini, Il Mucchio Selvaggio: “La Paradiso – scrivono – giocherà morbosetta con il pubblico maschile a casa, mentre delle pin-up si spogliano. Con la flessibilità che lo distingue, Romani tralascia il dibattito culturale e passa al puro svago per adulti, con implicazioni economiche interessanti, soprattutto per lui. ‘Ma la guardavano anche i bambini’ esagera ‘avevo bandito qualunque volgarità’. Proibiti doppi sensi e parolacce inutili, partono tra un gioco e l’altro della Maurizia filmati osé, senza penetrazioni visibili, abbinati ai numeri proibiti, 144 e 166, coi quali Romani incassava tra i 60 e i 70 milioni al mese. Ritmi da 1500 telefonate a notte. Intere famiglie sul lastrico. Un successo clamoroso“.

Ma breve. Nel 1994 Romani vende quasi tutte le quote “giusto in tempo per evitare l’onta del fallimento” come racconta Gianni Barbacetto sul Fatto. Ancora una volta il destino riflette la stessa luce di quello di Berlusconi che proprio quell’anno peraltro lo accoglie in Forza Italia. Qui inizia una storia intricata: in breve, Romani lascia la società di Lombardia 7 ma per 9 anni tiene la guida della concessionaria, Lombardia pubblicità. Dalle inchieste di tre Procure esce senza perdere un capello (è a lungo indagato per bancarotta senza conseguenze), ma alla fine deve comunque restituire 400mila euro come risarcimento al curatore fallimentare della tv ormai morente.

Come Berlusconi, ha anche una condanna definitiva. Il reato è peculato. La pena è un anno e 4 mesi ma sarà ricalcolata perché gli avvocati hanno chiesto ed ottenuto di concedere le attenuanti. Il fatto è questo: lasciò alla figlia il cellulare che il Comune di Monza gli dette perché era assessore. Furono spesi 12800 euro di bollette tra il gennaio 2011 e il febbraio 2012 tra telefonate, messaggi, connessione internet. Contattato (su un altro telefonino) da ilfatto.it Romani spiegò che “per il lavoro che faccio ho quattro cellulari, può quindi capitare che a uno risponda la mia segretaria o qualcuno della mia famiglia. Quello del Comune lo lascio a Milano, per questo è capitato che rispondesse mia figlia, ma non gliel’ho certo dato in uso io”. E’ finito con un altro risarcimento dell’intera spesa, motivo per cui i legali chiedono uno sconticino.

Nel partito c’è sempre, ma sempre un passo indietro, come alle consultazioni al Quirinale, come sul palco del Teatro Manzoni per il comizio finale di Berlusconi. Si infila nella buca del suggeritore, più che nella livrea del servitore. Entra nel governo Berlusconi quarto da sottosegretario e ne esce – con lo spread – da ministro. E’ stato spesso accusato di agire per Palazzo Chigi nel senso di Cologno Monzese. Senza farla troppo tecnica e per dirne una sola delle tante: dopo aver messo molto del suo nella legge Gasparri, cercò per esempio di impedire a Sky di ottenere dall’Unione Europea una deroga per partecipare all’asta per le frequenze per il digitale. Tra l’altro “del tutto dimentico del suo passato di pornografo – scrivono Alessandro Gilioli e Arturo Di Corinto in I nemici della rete – arriverà a proporre l’istituzione di un sistema gestito dal ministero per avvisare i genitori via sms nel caso qualcuno in casa navighi in internet su siti a luci rosse”.

Fedele, leale: quando nel 2010 Berlusconi mollò a suo beneficio – dopo quasi 6 mesi – l’interim della delega allo Sviluppo Economico, lui attese un po’ prima di dimettersi da assessore all’Urbanistica a Monza. Alcuni da sinistra dissero che era perché doveva lasciare ben curata l’operazione che aveva guidato per anni, quella della Cascinazza, il terreno acquistato da Paolo Berlusconi reso edificabile per 420mila metri cubi nella variante al Pgt del centrodestra. L’operazione fallì, anche per colpa della Lega. E’ probabile che accada lo stesso per la sua promozione a vice di Mattarella.



Presidente Senato, centrodestra spaccato. Lega: "Votiamo Bernini". Di Maio: "Noi disponibili". Lei frena. Berlusconi: "Rotta la coalizione"
di SILVIO BUZZANCA
2018/03/23

http://www.repubblica.it/politica/2018/ ... -192033750

ROMA - È rottura nel centrodestra. Silvio Berlusconi si scaglia contro la Lega dopo la svolta di Matteo Salvini, che lancia il nome della forzista Anna Maria Bernini come presidente del Senato, invece di sostenere il candidato indicato ufficialmente da Forza Italia: Paolo Romani. La reazione di Berlusconi non si è fatta attendere: "Dalla Lega arriva un atto di ostilità a freddo", dice. I voti del Carroccio a Bernini "rompono l'unità della coalizione del centrodestra e smascherano il progetto per un governo Lega-M5S". In un vertice a Palazzo Grazioli, Berlusconi ha detto alla senatrice di Forza Italia: "Non possiamo accettare candidature scelte da altri". E Bernini ha offerto la disponibilità a ritirarsi in assenza del sostegno di Berlusconi.

"Il candidato resta Romani", dice Berlusconi in tarda serata.

Dopo aver fatto muro, il Movimento 5 Stelle prova a incunearsi nella frattura creata dalla Lega: "Siamo disponibili a sostenere l'esponente di Forza Italia Anna Maria Bernini o un profilo simile", twitta in serata Luigi Di Maio. Una decisione appoggiata anche da Alessandro Di Battista: "Ho fatto opposizione a Berlusconi come pochi in questi anni, ma se Salvini propone Bernini al Senato è giusto votarla", scrive su Facebook l'ex deputato M5S. E poco prima di mezzanotte arriva una "sorpresa" anche per quanto riguarda la Camera: sembrava fatta per Roberto Fico, ma i capigruppo 5 stelle, Danilo Toninelli e Giulia Grillo, annunciano che il candidato ufficiale del Movimento è Riccardo Fraccaro.

D'altra parte in Senato Lega e M5s potrebbero eleggere da soli il presidente già nella terza votazione di domani. Infatti da regolamento nel terzo scrutinio il quorum è pari alla maggioranza assoluta dei voti dei presenti, contando tra i voti anche le schede bianche. Lega e 5 stelle, insieme, possono contare su 170 senatori, 58 del Carroccio e 112 del Movimento 5 stelle.

Intanto Salvini fa sapere con una nota di essere disponibile ad appoggiare un candidato M5s a Montecitorio: "Vista la disponibilità dei 5 stelle a sostenere un candidato del centrodestra alla presidenza del Senato, noi ne appoggeremo uno dei 5stelle alla presidenza alla camera. Aspettiamo di conoscere nomi".

Lo scontro si consuma durante una giornata di fumate nere sia a Montecitorio che a Palazzo Madama, dove per ore si è continuato a cercare una soluzione al rebus delle presidenze. Poi la mossa del leader leghista che ha spiazzato Forza Italia: Bernini, esponente di Forza Italia come Romani, anziché scheda bianca come il resto della coalizione. Salvini sostiene di aver avvisato Silvio Berlusconi, ma anche il commento di Renato Schifani è gelido: "Ne prendiamo atto".

Berlusconi convoca in serata i vertici azzurri a Palazzo Grazioli, dove riceve anche Umberto Bossi - segno che una parte della Lega non ha gradito lo strappo - e la linea sul nome di Paolo Romani non cambia.
Presidente Senato, centrodestra spaccato. Lega: "Votiamo Bernini". Di Maio: "Noi disponibili". Lei frena. Berlusconi: "Rotta la coalizione"

C'è un voto mancante nella Lega su Anna Maria Bernini, spiegano fonti del Carroccio, sarebbe quello di Umberto Bossi che "avrebbe scritto il nome della senatrice azzurra con mano tremante, quindi è stata annullata per questo". Dal Carroccio infatti insistono che nel gruppo non vi è stata alcuna defezione, "siamo 58 a palazzo Madama, i 57 voti sono dovuti a una scheda nulla". Poco dopo Bossi è andato a Palazzo Grazioli per incontrare Silvio Berlusconi

Salvini motiva la scelta di sostenere Bernini come un atto di responsabilità per uscire dal pantano. "Abbiamo dato la disponibilità a votare un'esponente di Forza Italia, speriamo che anche altri abbiano lo stesso senso di responsabilità", dice. E aggiunge: “Il M5s sbaglia a porre veti, ma sbaglia anche chi si arrocca su un solo nome: ognuno di noi, in questo momento deve parlare con tutti e mettersi di lato di qualche centimetro, noi della Lega ci siamo messi di lato di un chilometro".

Da Giorgia Meloni arriva un appello a fare un passo avanti perché "questo delicato passaggio sulle presidenze delle Camere non si risolva in un liberi tutti". La leader di Fratelli d'Italia si dice disponibile ad un nuovo vertice dei partiti di centrodestra "nella speranza che ci sia ancora un margine per ricomporre".

Più sibillino Ignazio La Russa: per il senatore di FdI la mossa di Salvini è una "boutade" per smuovere lo stallo: "Sta a Berlusconi", aggiunge, "trovare il colpo magico per sventare chi tenta di divaricare il centrodestra".

I grillini avevano mandato a monte la possibile intesa con il centrodestra sui nomi di Roberto Fico alla Camera e Paolo Romani al Senato motivandola con un no al forzista, in quanto condannato per peculato.

L'IPOTESI ZANDA
In mattinata era circolata l'ipotesi di un possibile sostegno dei grillini al ballottaggio al Senato per il dem Luigi Zanda. "Un po' come accadde nel 2013 - facevano filtrare fonti del M5S - quando si doveva scegliere tra Renato Schifani e Pietro Grasso". Allora una parte dei grillini votò per l'ex magistrato eletto nelle file del Pd. E la scelta provocò il primo scontro interno al gruppo grillino e le prime espulsioni. Oggi la manovra sembrava invece essere ispirata dal gruppo dirigente del Movimento.

"Se ci sono delle scelte del M5S che riguardano il Pd ce lo vengano a dire. Per ora non è arrivata nessuna proposta”, aveva detto il capogruppo uscente Ettore Rosato, freddo sull'ipotesi Bernini lanciata da Salvini: "Non la votiamo". Ma ora i giochi sembrano fatti a prescindere dal Pd.
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Re: Italia politica, dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni

Messaggioda Berto » sab mar 24, 2018 2:31 pm

Camere: Regge l'accordo, Casellati e Fico eletti presidenti
2018/03/24

http://www.ansa.it/sito/notizie/politic ... ba6b2.html

Roberto Fico (M5S) risulta eletto presidente della Camera con voti 422. Lo ha comunicato all'Assemblea di Montecitorio il presidente provvisorio Roberto Giachetti, rendendo noto il risultato dello spoglio. Giachetti ora si reca a comunicare personalmente a Fico, che non è nell'Emiciclo, la sua elezione.

Al raggiungimento del quorum di 311 voti solo i deputati M5S si sono alzati in piedi per una standing ovation. Tutti gli altri sono rimasti fermi. Abbracci e baci per Luigi Di Maio da parte dei colleghi.

Un applauso si è levato dall'Aula del Senato dopo il raggiungimento del quorum per l'elezione di Maria Elisabetta Alberti Casellati a presidente del Senato. L'applauso, partito dai banchi di Forza Italia, si è poi propagato a tutto l'emiciclo con i senatori in piedi.

Maria Elisabetta Alberti Casellati al Senato e Roberto Fico alla Camera sono i candidati presidenti del nuovo Parlamento che escono 'vincitori' da una notte dei lunghi coltelli nella trattativa centrodestra-M5s, segnata fino all'ultimo dai veti incrociati. I loro nomi escono dai vertici di Fi-Lega-Fdi, che si ritrovano di buon'ora con Berlusconi a palazzo Grazioli dopo lo strappo di Salvini, e dei Cinquestelle all'Hotel Forum, con Di Maio e Beppe Grillo. Alla fine, l'intesa c'è e possono cominciare le votazioni, la quarta a Montecitorio e la terza a Palazzo Madama, che eleggeranno i vertici del Parlamento della XVIII legislatura: infatti, stavolta basterà la maggioranza assoluta, contate anche le schede bianche.

LA DIRETTA DALLA CAMERA

Il Pd annuncia che voterà per candidati di bandiera: Valeria Fedeli al Senato e Roberto Giachetti alla Camera. Il botta e risposta tra i partiti che hanno vinto le elezioni e ora si uniscono per eleggere i presidenti delle Camere è andato avanti per tutta la notte. Dopo il passo indietro di Anna Maria Bernini, indicata da Salvini contro la volontà di Berlusconi, il M5s ha aperto uno spiraglio al Cavaliere a patto di avere i voti di Fi per un proprio candidato alla Camera: Di Maio, infatti, ha fatto sapere di essere pronto a votare 'Bernini o un profilo simile'.

In questo spiraglio, l'ex presidente del Consiglio si è infilato cambiando cavallo, la Alberti Casellati al posto della Bernini, e ponendo però altre due condizioni. La prima al MoVimento Cinquestelle, il veto su Fraccaro alla Camera per ripagare con la stessa moneta quello di Romani al Senato. Così anche il candidato del M5s è costretto al 'passo indietro', come fa - ma solo dopo - il capogruppo azzurro a Palazzo Madama bocciato dai grillini. La seconda condizione è posta a Salvini: nel comunicato finale del vertice, il Cavaliere fa mettere a verbale una indicazione che tenta di bloccare la strada a un governo Lega-M5s. 'I leader del centrodestra - si legge - confermano le intese intercorse in questa fase non sono prodromiche alla formazione del governo e che non avranno nessuna influenza sul percorso istituzionale successivo per il quale l'indicazione spetterà al presidente della Repubblica. Confermano che in ogni caso vi è l'impegno di tutte le forze politiche del centrodestra a non ricercare accordi individuali per la formazione del governo'.

Fraccaro, lieto passo indietro,prima bene M5S - "I sacrifici che siamo disposti a fare dimostrano il valore che hanno le cose in cui crediamo. Il bene del MoVimento viene prima di tutto, se serve a renderci più forti sono lieto di fare un passo indietro: è un atto di amore verso la nostra comunità. Roberto Fico saprà interpretare il ruolo di Presidente della Camera con autorevolezza e competenza. Grazie a tutto il M5S per l'affetto e la fiducia, ora avanti ancora più determinati.". Lo scrive, su Facebook, il deputato M5S Riccardo Fraccaro.

Toninelli, ora ottimista per partita governo - "Con le presidenze delle Camere è stato fatto il primo passo, dopodiché possiamo iniziare a trattare la questione governo e io sono convinto che possa andare bene pure questa partita. I cittadini possono però stare tranquilli: è finito il tempo dei caminetti". Così il capogruppo M5s al Senato, Danilo Toninelli in sala stampa. Quanto alla composizione di un eventuale governo Toninelli taglia corto: "Dei ministri ne parlerà il candidato premier con il Presidente della Repubblica".
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Re: Italia politica, dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni

Messaggioda Berto » dom mar 25, 2018 3:55 am

Casellati, nel 2005 polemiche per l'assunzione della figlia

http://mattinopadova.gelocal.it/regione ... 1.16632125

ROMA. Non solo la giustizia. Nella sua storia politica, Maria Elisabetta Alberti Casellati si è occupata per anni anche di sanità, prima come presidente della omonima commissione al Senato, dal 1994 (anno del suo ingresso in Parlamento) al 1996, poi come sottosegretario alla Salute quando il dicastero era guidato da Girolamo Sirchia, nominata il 29 dicembre 2004 e fino al 2006.
Proprio in quel ruolo Casellati fu oggetto di polemiche per l'assunzione della figlia, Ludovica Casellati, a capo della sua segreteria.
All'epoca la vicenda finì sul Corriere della Sera, seguita da un no comment dell'allora sottosegretario, ruolo ricoperto anche da aprile 2005 a maggio 2016 nel corso del terzo governo Berlusconi.



Elisabetta Casellati, la pasdaran di Berlusconi che fece assumere la figlia al ministero della Salute
In Parlamento dal 1994, anno della discesa in campo del Cavaliere, nel 2005 ricoprì l'incarico di sottosegretaria nel dicastero guidato da Sirchia. E la figlia Ludovica divenne capo della segreteria ministeriale. Nel curriculum della neo presidente del Senato anche il contributo alle leggi ad personam e il contrasto alle unioni civili. E sui social se la prendono con i 5 stelle
di PAOLO GALLORI
24 marzo 2018

http://www.repubblica.it/politica/2018/ ... -192123054

Era il 2005. Maria Elisabetta Alberti Casellati, fedelissima del Cavaliere, si trovò a ricoprire la carica di sottosegretario al Ministero della Salute, guidato all'epoca dal "tecnico" Girolamo Sirchia. Appena insediata, non perse tempo e piazzò a capo della segreteria del dicastero la figlia Ludovica. Inevitabili, piovvero sulla sua testa le accuse di familismo e clientelismo. Proprio a lei, esponente di un governo a guida Berlusconi, il premier dell'"Italia Azienda" che aveva giurato di fare piazza pulita della vecchia politica e dei suoi metodi.

Casellati non restò in silenzio. O meglio, fu la figlia Ludovica a rispondere a chi la accusava di aver scavalcato a destra (sic) tutti gli altri possibili e meritevoli candidati grazie al cuore della mamma che aveva fatto in modo che il suo curriculum finisse in pole position. Raccontando a mezzo stampa di averci messo 10 anni a liberarsi dell'etichetta "figlia di" e di essersi guadagnata l'assunzione sul campo, grazie a una professionalità nota solo a chi la conosceva davvero". Davvero pochi, quanto meno nel campo della sanità, dove il suo nome non perveniva nelle ricerche incrociate seguite alla polemica. Lo "skill" nella Salute di Ludovica, davvero un segreto custodito gelosamente, difficilmente intuibile dalla precedente carriera manageriale trascorsa in Publitalia, la concessionaria Mediaset per la pubblicità.

Quanto alla mamma, avvocata e docente universitaria, esperta in diritto canonico e ecclesiastico diventata parlamentare di Forza Italia con la discesa in campo di Silvio Berlusconi nel 1994, "sistemata" Ludovica (si scrisse di uno stipendio da 60mila euro annui) e commossa dalla sua appassionata autodifesa, si era elegantemente sottratta a qualsiasi provocazione, domanda e pubblica richiesta di chiarimento su un presunto personale conflitto d'interesse. Perché, come spesso amava dire, "noi della Casa delle Libertà governiamo solo nell'interesse dei cittadini".

Dall'interesse dei cittadini all'interesse di Berlusconi, Casellati viene ricordata e "celebrata" per il suo attivismo negli anni del confronto tra il Cavaliere e le "toghe sporche". Quando buona parte dello staff legal-politico del premier-imprenditore fu impegnato nel disegno di quell'architettura di provvedimenti consegnata alla storia contemporanea d'Italia come "leggi ad personam". Casellati lavorò tanto dietro le quinte, da esperta in materia, quanto in prima linea, sul piano della comunicazione.

In particolare da sottosegretaria alla Giustizia nel triennio 2008-2011, quando fece della necessità di combattere la narrazione di un Ministero della Giustizia piegato sulle esigenze difensive del premier e del tutto assente su tutto il resto della materia - dai tempi dei processi alla riforma carceraria -, una sua sentitissima missione. E, da autentica "frontwoman" fu un grande momento televisivo il suo faccia a faccia con Marco Travaglio a Otto e Mezzo. Casellati si schierò a favor di telecamera in difesa del Cav, i toni inevitabilmente salirono e lei arrivò al punto di minacciare l'abbandono dello studio.

Casellati presidente del Senato, quando difendeva Berlusconi condannato: "Un golpe"

Ora che sul suo nome si è "trovata la quadra" nel Centrodestra e con i 5 stelle per la presidenza del Senato, l'hashtag #Casellati è diventato trending topic. Soprattutto sulla spinta di chi tiene a ricordare altre pagine della storia personale di Elisabetta, dalla strenua difesa di Berlusconi nel caso Ruby alla radicale opposizione alle unioni civili. "Lo Stato non può equiparare il matrimonio e unioni civili, né far crescere un minore in una coppia che non sia famiglia. Le diversità vanno tutelate ma non possono diventare identità, se identità non sono", diceva nel 2016 Casellati, all'epoca membro del Csm.

Un profilo che divide, quello di Maria Elisabetta Alberti Casellati, che non ci si aspetterebbe da chi dovrebbe essere garanzia di imparzialità nella super partes seconda carica dello Stato. E che finisce col mettere nel mirino degli sfottò via social soprattutto il Movimento 5 Stelle duro e puro che fu, adeguatosi alla vecchia logica spartitoria. Proprio quel M5s a cui, solo il 13 febbraio scorso, anche Casellati aveva rinfacciato su Facebook il caso dei mancati rimborsi elettorali dei suoi candidati: "La campagna elettorale dei 5stelle è iniziata con la ricerca delle 'nefandezze' dei competitori politici. La macchina del fango si è rovesciata su di loro".

Post al vetriolo in risposta all'ordine impartito in chat ai candidati veneti del movimento, scrivevano le cronache locali a inizio febbraio, dal capo della comunicazione del M5s, Ferdinando Garavello: "Cercate nefandezze e foto imbarazzanti dei concorrenti. Tutto il peggio che si può tirare fuori. Nefandezze, foto imbarazzanti, dichiarazioni e tutto quello che può servire a fare campagna negativa su di loro“.

Se la ragion di Stato chiama, anche nel Movimento 5 stelle si può fingere di aver dimenticato. E accettare il nome di Casellati, accusano ancora i social rivolti ai pentastellati, dopo aver detto "no" al povero Paolo Romani, ex capogruppo forzista al Senato incastrato dalle telefonate rubate dalla figlia al suo telefono istituzionale. Per quella vicenda Romani è stato condannato. La fedina di Casellati è immacolata. Così, ancora sui social, si rinnova l'eterno duello tra forma e sostanza.
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Re: Italia politica, dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni

Messaggioda Berto » dom mar 25, 2018 8:06 am

Salutate Roberto Fico, il nostro nuovo presidente della Camera dei Deputati. Lo stesso che ha chiesto di ritirare l'ambasciatore italiano a Tel Aviv e la sospensione di tutti gli accordi con Israele. Povera Italia!
Giulio Meotti

https://www.facebook.com/noicheamiamois ... 9849882071


Un antisionista alla presidenza della Camera
Di Riccardo Ghezzi
24 marzo 2018

http://www.linformale.eu/un-antisionist ... lla-camera

Ce lo aspettavamo. Il buon risultato elettorale del Movimento 5 Stelle ha portato in dote alla truppa della Casaleggio Associati s.r.l. la terza carica dello Stato. La presidenza della Camera dei Deputati va ad un pentastellato, anche in virtù di un accordo politico con il centro-destra: il Senato alla berlusconiana di ferro Maria Elisabetta Alberti Casellati di Forza Italia, la Camera a Roberto Fico del Movimento 5 Stelle.
L’accordo si è chiuso dopo due giorni di tatticismi e nomi bruciati, tra cui quelli del forzista Romani e del grillino Fraccaro, ma ormai ad interessare non sono più le partite di poker figurato tra i banchi di Montecitorio e Palazzo Madama, bensì i profili istituzionali delle due figure chiamate a rappresentare le due Camere del Parlamento.
Su Roberto Fico ci eravamo già espressi su queste colonne, nella seconda puntata della nostra guida elettorale. Analizzando i candidati della regione Campania, avevamo messo il semaforo rosso proprio sul nome dell’attuale presidente della Camera. Le posizioni di Fico sul Medio Oriente e su Israele sono sovrapponibili a quelle degli esponenti più illustri del Movimento 5 Stelle e questa non è affatto una bella notizia.

Sono due i post su facebook, vecchi di qualche anno, in cui Fico si esprime sulla questione israelo-palestinese, argomentando concetti degni di Manlio Di Stefano (che Fico ringrazia pure in uno dei due post) e Alessandro Di Battista. In uno di questi, datato 28 febbraio 2015, l’attuale presidente della Camera propone addirittura di richiamare l’ambasciatore di Tel Aviv.
Idee confuse e senza dubbio poco imparziali, che probabilmente Roberto Fico dovrà limare ricoprendo un’importante carica istituzionale. Forse però, prima di appoggiare la sua candidatura in virtù di una accordo di spartizione delle presidenze della Camere, anche il centrodestra avrebbe dovuto valutare meglio il profilo e la caratura del candidato proposto dal Movimento 5 Stelle, esercitando il diritto di veto e suggerendo di proporre un altro nome.
Non ci illudiamo che alla politica italiana interessino particolarmente le sorti di Israele, ma da parte nostra è perlomeno lecito pretendere che un onorevole che scrive su facebook frasi del genere non possa essere considerato idoneo ad essere eletto alla presidenza della Camera.
Oggi la politica italiana ha commesso un ennesimo grave autogol.



Roberto fico e i clandestini

E il M5S si spacca sulle Ong, Fico dice il contrario di Di Maio
14.08.2017

https://www.giornalettismo.com/archives ... co-di-maio

La giornata di Roberto Fico comincia con una smentita di Repubblica. L’esponente M5S accusa oggi il quotidiano di aver dato una chiave di lettura sbagliata ad un suo messaggio sulla vicenda Ong, di aver parlato di spaccatura e strappo nel Movimento. «Faccio una riflessione di ampio respiro sull’immigrazione mettendo in forte discussione il lavoro dell’Europa e contestando allo stesso tempo alcuni dati detti da Gentiloni e ‘la Repubblica’ riporta i miei contenuti come lotte interne al movimento, linee sconfessate ecc…», ha scritto il deputato su Facebook avvertendo i suoi follower. Secondo Fico, insomma, la sua uscita non sarebbe nessuna battaglia ai vertici del M5S. Una precisazione apprezzabile di chi sembra non voler alzare i toni. Restano però le divergenze di vedute con altri due rappresentanti di primo piano del Movimento, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, che sostengono che il governo sull’immigrazione ha copiato il Movimento.

MIGRANTI E ONG, FICO: «DA GOVERNO FALSA RAPPRESENTAZIONE DELLA REALTÀ»

Fico, nel post di Facebook ripreso da Repubblica, ha scritto che il termine ‘rifugiato’ «dovrebbe riguardare anche i rifugiati ambientali, cioè coloro che non hanno più mezzi per vivere a causa di fenomeni come la desertificazione, la deforestazione, la carenza di acqua o altri disastri ambientali che pregiudicano la loro salute». Poi ha attaccato il governo perché le Ong «sembrano essere considerate quasi le responsabili dei flussi migratori». «Se una di loro – ha aggiunto il deputato – avesse agito non rispettando le norme internazionali e interne, sarà la magistratura ad accertarlo». Fico dice di considerare l’esecutivo «il primo a cavalcare» una «falsa rappresentazione della realtà», «con Gentiloni che da mero esecutore si presta a diffondere bufale come quella per cui l’85 per cento dei migranti sarebbe costituito da ‘migranti economici’». Per l’esponente M5S sono solo «cifre sparate a caso». E cita «studi scientifici, come quello della Middlesex University commissionato dal Consiglio per le ricerche economiche e sociali britannico».

MIGRANTI E ONG, DI MAIO: «IL GOVERNO COPIA DEL M5S»

«Le stesse identiche proposte sono razziste se le fa il Movimento 5 Stelle e diventano buone se a proporle è il governo», scriveva un mese fa Di Maio sul blog delle Stelle. L’esecutivo – affermava il probabile candidato premier alle Politiche 2018 – « tre mesi di ritardo si è accorto che le soluzioni per fermare il traffico di esseri umani e contenere l’emergenza immigrazione esistono. E non sono né di destra, né di sinistra, sono semplicemente buone idee». «I primi a lanciare l’allarme sulle operazioni di salvataggio nel Mediterraneo ad opera di alcune Organizzazioni non governative e a proporre soluzioni di buon senso – affermava ancora Di Maio – siamo stati noi del Movimento 5 Stelle, tra gli insulti e le critiche del Pd, della stampa mainstream e del governo. Oggi, dopo tre mesi, lo stesso allarme e le stesse proposte le ritroviamo sulla bocca del ministro dell’Interno Minniti e sono quelle che il governo ha portato in Europa». Ma a Fico piacciono davvero poco.
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Re: Italia politica, dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni

Messaggioda Berto » mar mar 27, 2018 11:44 am

Roberto Fico rinuncia all'indennità di funzione da presidente della Camera: "L'epoca dei privilegi è finita"
2018/03/26

https://www.huffingtonpost.it/2018/03/2 ... a_23395736

"L'epoca dei privilegi è finita. Dobbiamo tagliare i costi della politica ed io voglio dare il buon esempio rinunciando alla mia indennità di funzione da presidente della Camera". Lo annuncia Roberto Fico al Tg1. "La lotta alla povertà è una priorità del nostro Paese" così come "dare sostegno a chi è in difficoltà", ha aggiunto rispondendo a chi gli chiede se il reddito di cittadinanza sia ancora una priorità del programma M5S.
Quanto alle imminenti consultazioni per la formazione di un Governo, "ho grande fiducia nel presidente della Repubblica con il quale ho avuto un colloquio cordiale".



Arriva il diktat della Bce: "Aumentate ancora l'età della pensione"
Antonio Signorini
Lun, 26/03/2018

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 09002.html

L'istituto di Francoforte pretende le riforme: un messaggio indiretto al prossimo governo
Sembra ritagliato su misura per l'Italia l'ultimo richiamo della Banca centrale europea sulle pensioni.

Nel bollettino economico, l'istituto centrale di Francoforte chiede che i governi dell'area Euro non facciano passi indietro sulle riforme e si appella perché si intraprendano ulteriori interventi per innalzare, l'età evitando di frenare l'attuazione delle riforme già approvate.
Secondo la Bce l'invecchiamento demografico comporta «pressioni al rialzo sulla spesa pubblica per pensioni, assistenza sanitaria e cure a lungo termine. Ciò renderà problematico per i paesi dell'area ridurre il consistente onere del loro debito e assicurare la sostenibilità dei conti pubblici nel lungo periodo».
Nell'anticipo del bollettino di qualche giorno fa, la Bce aveva corredato l'analisi sulla previdenza con le stime sulla crescita della percentuale di over 65 rispetto alla popolazione lavorativa. Da poco più del 30% nel 2016 a oltre il 52% nel 2070. In Italia, dove questa percentuale è già ora fra le più alte in Europa insieme a Germania, Grecia, Portogallo e Finlandia, nel 2070 sarà a oltre il 60%, una condizione che il paese condividerà con Grecia e Cipro mentre il Portogallo deterrà il primato negativo con il 67%.
La Bce ricorda che «hanno adottato riforme pensionistiche a seguito della crisi del debito sovrano». Peccato che ora «la rapidità di attuazione di tali riforme sia recentemente diminuita».
Il riferimento nemmeno troppo velato è all'Italia, anche se gli economisti di Francoforte specificano come non sia possibile «trarre conclusioni relative ai piani di riforma dei singoli paesi».
Il fatto è che, dopo la riforma Fornero, c'è già stato un intervento per attenuare gli effetti della riforma (l'Ape social, volontaria e Rita). Poi, nei palazzi delle istituzioni internazionali sono forti i timori che il nuovo esecutivo italiano, espresso da una maggioranza che ha tra i pochi punti in comune proprio quello di intervenire sulla previdenza, allenti ulteriormente i requisiti per la pensione.
La direzione da prendere è opposta: «l'implementazione di ulteriori riforme in questa area si rivela essenziale e non deve essere differita, anche in vista di considerazioni di economia politica».
Un richiamo molto simile a quello recente del Fondo monetario internazionale. Ma la Bce aggiunge un ulteriore tassello, specificando che l'unico modo per rendere sostenibile il sistema previdenziale è proprio quello di agire sui requisiti, quindi sull'età pensionabile.
«L'aumento dell'età di pensionamento» può «ridimensionare gli effetti macroeconomici negativi dell'invecchiamento». Abbassare l'importo delle pensioni, invece, può «contrastare in misura molto limitata tali effetti macroeconomici». Da respingere l'aumento di contributi che pagano datori e lavoratori, che rischia di esacerbare gli effetti negativi sui conti pubblici dell'invecchiamento della pensione.
Tra le righe, insomma, gli economisti della Bce bocciano interventi che puntino su una maggiore flessibilità in uscita in cambio di un calcolo meno favorevole dell'assegno previdenziale. Quindi anche l'Ape nelle varie versioni varato dai governi Renzi e Gentiloni. No all'aumento dei contributi, che poi è quello che propongono senza troppo clamore i sindacati.
Sì, invece, ad aumenti dell'età del ritiro. I richiami delle istituzioni internazionali riguardano spesso l'Italia, ma solo per ragioni di tenuta dei conti pubblici (nemmeno quelli strettamente previdenziali che sono in equilibrio). La nostra età del ritiro, per i pensionati del futurio, è già tra le più alte d'Europa.



https://www.facebook.com/karim.hassanal ... 1975837179



Alberto Pento
Bisognerebbe fare come in Svizzera: tre pilastri, il primo quello pubblico, obbligatorio minimo e uguale per tutti, il secondo obbligatorio professionale, il terzo privato libero e diverso per tutti. Nell'attesa bisogna cancellare o ridurre le pensioni d'oro, d'argento e di bronzo, quelle doppie e triple, quelle false come quelle di invalidità, quelle privilegiate come per i sindacalisti, quelle dei colonnelli andati in pensione da generali, quelle baby, quelle adottate per i disoccupati vicini alla pensione, quelle trasmesse ai parenti che non siano il marito o la moglie a carico. Poi ridurre tutti i mega compensi ai parlamentari, agli impiegati del Parlamento, del Quirinale, di Palazzo Chigi, dei Ministeri, degli enti vari, ai dirigenti pubblici delle amministrazioni e delle burocrazie, ai magistrati e molto altro ancora come i trasferimenti alle regioni parassitarie tipo la Sicilia che paga assurdamente i suoi consiglieri regionali più di tutte le altre. Elevare a prezzi di mercato gli affitti degli immobili degli enti dati a prezzi irrisori agli amici degli amici, ... togliere l'8xmille, il 5xmille, ridurre al minimo il finanziamento e i rimborsi pubblici ai partiti e agli eletti, eliminare il finanziamento di sostegno all'editoria, eliminare tutti gli aiuti di stato alle imprese parassitarie come l'Alitalia, l'ATAC di Roma e all'AMA, eliminare gran parte delle spese per l'accoglienza dei clandestini che va portata a livello prossimo allo zero, ... .
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Re: Italia politica, dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni

Messaggioda Berto » mar mar 27, 2018 11:46 am

Salvini: avanti fino all'indipendenza della Padania. Ma era nel 2013, appena eletto segretario…
BENEDETTA BAIOCCHI
26 Mar 2018

http://www.lindipendenzanuova.com/salvi ... segretario

Puoi anche voltare pagina ma la storia non la cancelli. Nel dicembre 2013 Matteo Salvini veniva proclamato segretario federale della Lega Nord.
«Perchè la Lega, per vincere e tornare ad essere forza di maggioranza – diceva – deve fare la Lega». «Abbiamo provato per vent’anni a cambiare le cose da Roma, ora la Lega fa la Lega», aggiungeva.
«Non ci fermeremo fino all’indipendenza», disse appena eletto. Svenoltavano le bandiere del Carroccio, della Padania, del sole delle alpi, il Va” Pensiero esisteva ancora. Poi, ancora: «La Padania è pronta a disubbidire: abbiamo migliaia di sezioni pronte a essere centri di lotta e di controinformazione».
È lo stesso Salvini ora al secondo mandato da segretario?
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Re: Italia politica, dei ladri, dei parassiti, dei fanfaroni

Messaggioda Berto » gio mar 29, 2018 6:18 pm

Populisti? No “pauperisti”
Gerardo Verolino
2018/03

http://ilnapoletano.org/2018/03/populisti-no-pauperisti

Il primo atto dell’onorevole Fico, neopresidente della Camera, è stato quello di farsi vedere seduto in autobus in direzione Montecitorio. Proprio come fa Papa Bergoglio, che lui cita ad esempio, quando vuole mostrarsi, non sulla comoda Papamobile da Capo dello Stato, ma seduto, nelle ultime fila, di un semplice autobus di pellegrini, lui umile fra gli umili. Naturalmente i due eventi sono solo delle messe in scena ad uso e consumo degli spettatori che entrambi vogliono stupire con la loro condotta spartana.

Egli ci teneva a far sapere al suo elettorato, assai esigente riguardo allo stile di vita dei suoi esponenti, che lui non appartiene alla vituperata e spendacciona Casta e che l’auto blu non rientra nei suoi programmi. Naturalmente, potremmo definirla, una fake-news, perché, anche per motivi di sicurezza, l’onorevole presidente, non userà più i mezzi pubblici così come già non li usava abitualmente prima (Luciano Capone del “Foglio” sostiene che l’ultimo autobus su cui sia salito Fico risalga a sei anni prima) e nell’ultimo quinquennio da parlamentare ha ricevuto rimborsi solo in merito alla voce taxi e treni a lunga percorrenza. Bene.

C’è però un filo rosso che lega la politica dei grillini che si fonda sull’astratto concetto del pauperismo che non può essere un’ideologia politica ma un moto dell’animo con quella plasmata dal gesuita argentino che ha esasperato il concetto di umilismo nella sua azione pastorale. Entrambi gli aspetti, spinti al parossismo, necessitano di una condizione che li renda accettabili anche e soprattutto nella società della comunicazione in cui siamo immersi oggi: la riservatezza.

Se un pauperista-morigerato grillino intende esercitare in pienezza il suo mandato di parlamentare deve fare, potremmo dire, opere di bene, che nel caso in questione può essere anche la riduzione delle indennità, (come è nel credo del suo popolo) ma non vantarsi di ciò. Soprattutto non ostentarlo. Lo si può accettare solo per vie traverse.

Come può esserlo una dichiarazione dei redditi. O un’esplicita richiesta, a gran voce, della base del partito. Ancor di più per un cristiano. Se Bergoglio intende svolgere vita “iper-francescana” e farne il caposaldo della sua dottrina pastorale, cosa molto più attinente alla vita della Chiesa che a quella di un partito, deve assolutamente stare attento a non scivolare nel peccato di superbia (che si lega a doppio filo anche alla falsità e all’ipocrisia). Invece cosa fanno entrambi? Mostrano la narrazione della propria vita più vicina alle persone comuni che agli uomini pubblici e di potere che essi incarnano.

Certo, il messaggio finora ha funzionato se Bergoglio riscuote alti indici di popolarità e il movimento dell’onorevole Fico si è riconfermato primo partito italiano.

Ma compito dell’osservatore delle cose della politica e del mondo che ci circonda è sempre quello di decifrare la realtà oltre lo stato apparente.

O almeno provarci. E mettere in guardia la società dal rischio di star scivolando, per svogliatezza o scarsa comprensione, in una trappola.

Qualcuno può veramente credere che l’onorevole presidente Fico, da qui in avanti, si sposterà, lui e la sua famiglia, solo con gli sgangherati mezzi pubblici di Roma, aspettando come un comune cittadino, alle lunghe attese delle fermate, sotto il Sole cocente d’estate, magari scontrandosi con molestatori e borseggiatori di vario tipo, anziché spostarsi, anche per ragioni di sicurezza, sempre sulle comode autovetture di rappresentanza?

Lo stesso dicasi per Bergoglio (naturalmente ancor più esposto di Fico). Quante altre volte salirà o sarà salito su di un autobus mostrandosi rannicchiato nelle ultime fila del mezzo come un anonimo fedele fra tanti mentre guarda distrattamente il panorama dal finestrino come fece quella volta ad Ariccia, o come faceva da arcivescovo di Buenos Aires quando prendeva il metrò?

Probabilmente sarà accaduto quella sola volta, come sarà per Fico, ma la vulgata deve essere che il nuovo Papa e i nuovi politici a Cinquestelle, pur nella loro invidiabile posizione di privilegio e pur potendone sfruttare tutti gli agi, rinuncino ad essi, perché uomini probi e castigati, preferendo vivere come tutti i poveri cittadini o fedeli di questo mondo. Verrebbe da dire.

Signori, accà nisciuno è fesso. Ma a quanto pare i “fessi” sono tanti se i suddetti mietono consensi. Naturalmente l’assunto che l’uomo di potere (anche nel Vaticano) debba mostrarsi uno del popolo tra il popolo è vecchio come il cucco e non l’hanno inventato né Fico né Bergoglio. Il rapporto tra i potenti e l’uso dei mezzi di trasporto (e del law-profile) per fini propagandistici è antico ed è trasversale a tutti i partiti. Mussolini, per dire, arriva a Palazzo Chigi, con nonchalace, viaggiando in un semplice vagone letto, mentre le impavide camicie nere marciano su Roma, su un direttissimo partito da Milano.

Qualche anno dopo Craxi si presenta al Quirinale per ricevere l’incarico di formare il nuovo governo, da Pertini, in blue-jeans. “Vai, vai ne riparliamo più tardi” gli dice Il Presidente.

In tempi più o meno recenti abbiamo visto sindaci come quello di Roma, Rutelli, arrivare al lavoro in scooter, così come il suo omologo Marino arriverà in bicicletta.

E in bicicletta circolerà l’ex ministro dell’Ambiente, Pecoraro Scanio. pedalare, pedalare, che passione. La bicicletta è anche il mezzo preferito dai reali d’Olanda. La Regina Beatrice, dopo aver firmato l’abdicazione a favore del figlio, lascia il trono su una democratica bicycle-monarchy. La regina Elisabetta non disedgna invece la metropolitana.

Per tornare in Italia, l’ex premier, Renzi, ama farsi vedere in scooter e, userà un camper per la sua campagna elettorale così come, qualche anno prima, il suo maestro Romano Prodi sceglie un pullman per girare in lungo il Paese.


Nello stesso momento, Berlusconi, sale su una “Nave azzurra” che sa tanto di grandeaur e non gli porterà bene. E il famigerato loden di Monti, presto divenuto simbolo di austerità e rigore?

Neanche l’attuale Capo dello Stato, Mattarella, uomo sobrio e misurato, ha resistito alla tentazione di farsi immortalare, non senza un certo imbarazzo, seduto su di un tram a Firenze come ogni semplice cittadino. Insomma, la politica si nutre del mito del potente che si fa uomo comune. Ma tutto sta nel risultare credibili. In fondo, le filosofie neospartane dei Cinquestelle e della Chiesa a trazione bergogliana, che stanno facendo proseliti ovunque, non sono altro che il frutto di un albero molto più grande, quello del politically correct che, da svariati anni, sta appestando le nostre culture.

La politica dei Cinquestelle e il Vaticano “bergogliato” non fanno altro che assecondare il gusto delle masse che spingono per quello che potremmo definire come un “effetto cilicio” che spinge ad accettare il successo dei personaggi popolari solo attraverso una loro pubblica espiazione o purga.

Ecco allora il Papa che deve portare la croce di ferro e non d’oro, alloggiare in un appartamento disadorno, calzare modeste scarpe ortopediche come un semplice pensionato o peritarsi di usare i bagni chimici.

Lo stesso dicasi per i politici, soprattutto di fede grillina ca va sans dire, che, una volta eletti, devono garantire un rimborsino “purificatore”, devono fingere di usare i mezzi pubblici e devono addentare dozzinali focacce per le strade bandendo tassativamente i ristoranti di lusso.

Questo chiede la gente in epoca di invidia social. Una recita che attenui il loro dolore.



Pauperismo
https://it.wikipedia.org/wiki/Pauperismo_medievale
Il pauperismo fu un sistema di pensiero spirituale, caratteristico di alcuni esponenti degli ordini mendicanti e di altri predicatori cristiani durante il medioevo. In contrapposizione all'opulenza delle gerarchie ecclesiastiche, i pauperisti intendevano basarsi soltanto sugli insegnamenti e sugli esempi di Gesù Cristo così come sono riportati dai Vangeli; predicavano l'altruismo e una vita modesta, e la preminenza delle ricchezze spirituali sopra quelle materiali.

« Gesù e gli apostoli non avevano mai posseduto niente »
(Dolcino)

Ebbe tra i suoi difensori Valdo di Lione, Francesco d'Assisi, Dolcino da Novara, Ubertino da Casale e Arnaldo da Villanova.

Il pauperismo appartiene sicuramente alla più ampia corrente dell'ascetismo cristiano, ma se ne differenzia in alcuni aspetti. L'ascetismo, per esempio, ha sempre posto l'accento sulla povertà individuale, del singolo cristiano (religioso o secolare che fosse), e su altre forme di penitenza e di austerità, mentre raramente poneva in discussione la possibilità che l'istituzione (il monastero, l'Ordine, la Chiesa stessa) potessero possedere ricchezze. Il pauperismo medievale, invece, non era tanto una ricerca della povertà personale quasi fosse una forma di penitenza o una via di perfezionamento, ma spesso sceglieva di rinunciare alle ricchezze per condividere la vita degli strati più umili della società e aderire più fedelmente all'esempio di Gesù Cristo. Inoltre a differenza dell'ascetismo il quale è una ricerca volontaria della povertà, il pauperismo ne è un'accettazione filosofica.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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