Agguato a foggia: la faida mafiosa del GarganoGianni Santucci
Milano, 10 agosto 2017
http://www.corriere.it/cronache/17_agos ... c4db.shtmlIn due anni 29 omicidi, i clan abbondano di armi. La fama di killer infallibili dei «montanari». Lo scontro tra le famiglie di Manfredonia e Monte Sant’Angelo non rispetta più nemmeno il tacito patto che metteva al sicuro la stagione turistica
Il luogo dell’agguato a San Marco in Lamis (Ansa) Il luogo dell’agguato a San Marco in Lamis (Ansa)
La mafia del Gargano ammazzava sempre d’inverno. Perché tra luglio e agosto la costa accoglie i turisti, alberghi e ristoranti stracolmi, l’Italia conserva intatta l’immagine del paradiso turistico di buona cucina e acque cristalline: e non deve (non doveva) sapere che quell’industria così florida, in provincia di Foggia, viene taglieggiata senza tregua e senza pietà dalle estorsioni della criminalità organizzata. Questa era la ratio di quella legge sotterranea: mai sangue d’estate. E invece il 27 luglio scorso, nel centro storico di Vieste, in una pozza di sangue i carabinieri hanno raccolto il cadavere di Omar Trotta, 31 anni, pregiudicato, ammazzato davanti alla moglie e in mezzo ai turisti.
Strage d’estate
Poi arriva il 9 agosto, data che farà storia in quest’epica balorda: non un omicidio, ma una strage d’estate, per ammazzare un capo clan di Manfredonia, Mario Luciano Romito, 50 anni. Conta anche (e molto) il luogo, San Marco in Lamis, paese dell’interno garganico attaccato a San Giovanni Rotondo, dove mercoledì, come ogni giorno, gli autobus turistici hanno accompagnato i devoti di San Pio. E così bisogna aggiornare le statistiche: dodici omicidi negli ultimi tre mesi in provincia di Foggia, 29 morti ammazzati in poco meno di due anni, tentati omicidi a ripetizione, un’autobomba esplosa nel 2014, una disponibilità di armi da Paese balcanico: eccola, la guerra di mafia più feroce e dimenticata d’Italia. Che sia degenerata, lo testimonia la mattanza di mercoledì: azione da guerra sotto il sole d’agosto.
Disinteresse
Tre anni fa, durante un’audizione davanti alla Commissione parlamentare sulle intimidazioni agli amministratori locali, l’allora questore di Foggia, Piernicola Silvis, raccontò: «Se un’autobomba esplode qui, non lo viene a sapere nessuno. Queste cose devono essere dette, perché non possiamo aspettare, all’italiana, il morto eccellente, che ammazzino un procuratore della Repubblica, o un bambino, o che facciano una strage con qualche morto innocente per ricordarci che a Foggia c’è un’associazione criminale di stampo mafioso». Il bambino hanno rischiato d’ammazzarlo a settembre 2016, nell’agguato al boss Roberto Sinesi una pallottola ha trapassato la scapola del nipote, 4 anni (si sono salvati entrambi). Solo nell’ultimo anno e mezzo la Squadra mobile di Foggia ha chiuso quattro inchieste e arrestato oltre cento persone per armi, estorsioni, agguati, omicidi. Mercoledì infine, a quanto pare, sarebbero morti due «innocenti». Silvis è appena andato in pensione, oggi è solo uno scrittore (il suo ultimo romanzo, Formicae, è ambientato in quelle zone), e riflette: «In questi anni c’è stato un grande disinteresse dell’opinione pubblica nazionale; forze dell’ordine e magistratura lavorano, ma solo se l’Italia si accorge di questa situazione il contrasto alla criminalità organizzata potrà essere più determinato».
«Miracolati» e «morti che camminano»
Nelle guerre di mafia ci sono i «miracolati» e i «morti che camminano». Mario Luciano Romito rientrava in entrambe le categorie. Miracolato, anzi, lo era due volte. Scampato prima a una bomba nel cofano della sua Audi A4, il 18 settembre 2009; uscito poi soltanto ferito da una Lancia Y10 investita dalle pallottole l’anno dopo, il 27 giugno 2010 (suo nipote Michele morì nell’agguato). Pochi giorni fa, uscito dal carcere, il miracolato Romito è dunque tornato nella sua Manfredonia da sorvegliato speciale (per carabinieri e magistrati), ma soprattutto da morto che camminava, per il clan rivale. Sentenza da eseguire senza attesa, evidentemente: l’hanno ammazzato d’estate e con una strage. I gruppi mafiosi del Gargano sono conosciuti come «montanari» e hanno la fama di sicari infallibili. C’è una vecchia faida: Romito di Manfredonia contro Libergolis di Monte Sant’Angelo. Un tempo alleati, dal 2009 hanno iniziato a trucidarsi dopo un maxi processo (oggi si parla di «eredi» dei Libergolis, perché i boss sono in carcere o al cimitero). Nel Gargano, però, c’è anche un altro scontro in corso, iniziato dopo l’omicidio del boss Angelo Notarangelo, nel gennaio 2015 a Vieste. Ogni tanto qualcuno scompare: e si dice che finisca a pezzi nelle mangiatoie dei porci. L’ultima sparizione in zona è del 26 maggio 2017.
Mafia Foggia, Minniti: "La risposta dello Stato alla morte di due innocenti sarà durissima. Serve una rivolta morale"di F. Q. | 10 agosto 2017
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/08 ... ma/3787993 “La risposta dello Stato rispetto alla morte di due innocenti sarà durissima“. Sono le parole del ministro dell’Interno Marco Minniti al termine del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica a Foggia, convocato dopo la stage di mercoledì a San Marco in Lamis in cui è stato ucciso un presunto boss mafioso con altre tre persone. Una risposta che si articolerà in tre livelli di intervento: “Controllo del territorio, rafforzamento della capacità investigativa e uso delle moderne tecnologie”. Ma servirà anche “una rivolta morale dei cittadini della provincia di Foggia – ha spiegato Minniti – in cui i sindaci giocheranno un ruolo decisivo”. Tutto ciò insomma che sindaci, magistrati, investigatori e attivisti antimafia chiedevano da tempo, come aveva raccontato ilfattoquotidiano.it a marzo.
“Questa riunione serve a dimostrare che la partita che si gioca a Foggia è una partita di carattere nazionale“, ha detto il ministro in conferenza stampa dopo la riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica. “Abbiamo di fronte un’organizzazione criminale che ha le caratteristiche della mafia – ha continuato – Possiede una struttura chiusa tenuta insieme da principi di omertà. Non ci sono collaboratori di giustizia, in analogia per esempio con la ‘ndrangheta. Poi hanno anche una caratteristica ‘gangsteristica’”. Il ministro dell’Interno ha sottolineato anche l’importanza strategica della zona del Gargano, che “è di fronte all’Albania, da dove arriva la maggior parte del traffico di stupefacenti”.
“La lotta contro le mafie è una grande battaglia di civiltà“, ha continuato Minniti. “E naturalmente su questo fronte è molto importante coinvolgere l’opinione pubblica – ha aggiunto – avere cioè un partecipazione attiva della gente ed è per questo che io oggi ho voluto ascoltare i sindaci e i loro consigli. E a loro ho chiesto di essere parte attiva, perché serve una sorta di rivolta morale nelle popolazioni di questa Provincia”.
Il ministro ha quindi annunciato i “tre grandi filoni di intervento”. “Il controllo del territorio è la prima risposta: 192 unità aggiuntive arriveranno in provincia di Foggia, la prima parte già stasera. Si tratta di uomini – ha spiegato – dei reparti prevenzione e anticrimine della polizia di stato, delle compagnie di intervento dei carabinieri, dei baschi verdi della Guardia della finanza. Il loro compito sarà saturare il territorio”. Poi “da un punto di vista strettamente investigativo, verranno trasferiti in Puglia reparti speciali delle Forze di polizia. In particolare, ci saranno investigatori dello Sco, del Ros e dello Scico che rafforzeranno, rispettivamente, i reparti della Polizia, dei carabinieri e della Guardia di Finanza”.
Infine, ha aggiunto Minniti, “vogliamo sperimentare in provincia di Foggia le tecnologie migliori che abbiamo a disposizione come la videosorveglianza, il sistema satellitare e i droni. Il meglio delle nuove tecnologie che ci sono sul mercato in questo momento. Mettiamo in campo un progetto organico strategico” ha spiegato. “Il Ministero dell’Interno considera questo quadrante strategico per la sicurezza del nostro Paese – ha concluso il ministro – L’obiettivo che ci siamo dati è che ogni due mesi ci riuniremo qui per fare il punto della situazione”. Con lui in conferenza stampa il governatore della Puglia, Michele Emiliano, il viceministro Filippo Bubbico, il capo della polizia Franco Gabrielli e il presidente dell’Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro.
“È quello che ci aspettavamo dal governo – ha commentato Decaro – quella contro la criminalità organizzata è una battaglia che si deve combattere uniti, tutti insieme per la propria parte: le istituzioni e i cittadini, quella stragrande maggioranza che non intende girare lo sguardo. Altrimenti non si vince”. “A nome di tutti i sindaci italiani – ha riferito il presidente Anci – ho detto agli amministratori, da Michele Merla a tutti gli altri primi cittadini, che ci uniamo alla loro richiesta urgente che lo Stato sia più presente su questo territorio attraversato da fenomeni mafiosi che non possono essere ancora sottovalutati”. “Serve la presenza di tutti”, ha concluso.
“Abbiamo bisogno che lo Stato ci sia vicino”, ha dichiarato il sindaco di San Marco in Lamis, Michele Merla. “Spero – ha aggiunto il primo cittadino – che le nostre preoccupazioni siano ascoltate dal ministro Minniti perché ci troviamo in un territorio importante, dov’è venerato un santo come Padre Pio. Se non ci ascoltano sarebbe grave per uno Stato moderno come quello italiano. Noi ci aspettiamo, perciò, più forze dell’ordine e più forze in grado di poter investigare perché è proprio questo che manca sul Gargano”.
Prima delle parole del ministro dell’Interno c’erano state quelle del procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti: “La criminalità pugliese e in particolare questa efferatissima forma di criminalità foggiana, è stata considerata troppo a lungo una mafia di serie B“, ha detto intervenendo nella trasmissione 6 su Radio 1. Il magistrato ha poi spiegato che le faide tra clan nel Foggiano vanno avanti da 30 anni e “ci sono stati 300 omicidi, l’80% di questi è rimasto impunito”. Una “sottovalutazione della mafia” denunciata anche al fattoquotidiano.it dalla vice presidente nazionale di Libera, Daniela Marcone.
Infatti, prima della strage di mercoledì, la “risposta” dello Stato ai 28 clan (con 900 affiliati) che tengono sotto scacco una delle province con il più alto tasso di reati in proporzione alla popolazione residente era stata una Procura della Repubblica sotto organico, una sede della Direzione distrettuale antimafia troppo lontana e reparti investigativi in sofferenza. A Foggia ci sono 18 sostituti procuratori e due aggiunti, nonostante dovrebbero essere in 22. Ai numeri striminziti della Procura si unisce un problema legato ai reparti investigativi, costretti a operare in un contesto difficile sia a livello territoriale che di numeri.
L’esecuzione in pieno giorno di mercoledì mattina, vicino alla stazione di San Marco in Lamis, è stata portata a termine da un commando che ha ucciso quattro persone. Due le vittime designate: Mario Luciano Romito, figura di spicco dell’omonimo clan di Manfredonia scarcerato solo 6 giorni fa e suo cognato. Mentre gli altri due assassinati sono dei contadini incensurati, i fratelli Luigi e Aurelio Luciani, probabilmente testimoni involontari dell’agguato. La prima domanda alla quale dovranno rispondere gli investigatori è cosa ci facesse Romito, sei giorni dopo la scarcerazione, a quasi 50 chilometri da casa. Sono tre le piste dell’indagine in corso: business della droga, vecchie faide e lontane parentele.