Mafie e briganti teroneghi

Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » ven giu 17, 2016 8:25 pm

LA QUESTIONE È STATA SOLLEVATA DAL VICE PRESIDENTE DEL CSM, LEGNINI
MALA GIUSTIZIA:MINISTRO ORLANDO CHIEDE ISPEZIONE A NAPOLI PER DECINE MIGLIAIA DI SENTENZE INESEGUIDE
Il vice presidente del Csm, Giovanni Legnini dopo un incontro con i responsabili degli uffici giudiziari sulla carenza di personale amministrativo, ha detto che "nel Distretto di Napoli restano ineseguite attualmente 50mila sentenze definitive, 30mila delle quali di condanna e 20mila di assoluzione". Il ministro Orlando chiede immediatamente un'ispezione ministeriale
17 giugno 2016

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 9c62d.html

Per individuare tutte le cause che nel distretto di Napoli hanno generato il problema di decine di migliaia di sentenze ineseguite, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, a quanto si apprende, ha chiesto all'ispettorato del ministero di svolgere accertamenti.

A sollevare la questione è stato oggi il vice presidente del Csm, Giovanni Legnini che incontrando i giornalisti a Napoli dopo un incontro con i responsabili degli uffici giudiziari sulla carenza di personale amministrativo, ha detto che "nel Distretto di Napoli restano ineseguite attualmente 50mila sentenze definitive, 30mila delle quali di condanna e 20mila di assoluzione".

Dodicimila delle 50mila sentenze definitive non eseguite - hanno precisato fonti del Csm - riguardano persone da arrestare. Ai provvedimenti restrittivi si uniscono - ha sottolineato il procuratore generale di Napoli Luigi Riello - i mancati sequestri di beni.

Durissimo anche l'intervento, a un dibattito sul processo penale, del presidente dell'Anm Piercamillo Davigo,che ha definito le aule di giustizia in Italia dei "suk Arabi", l'opposto di quel che accade negli altri Paesi europei e negli Stati Uniti dove le udienze vengono celebrate in "religioso silenzio". Secondo il presidente dell'Anm questo mette in risalto la distanza tra l'Italia e il resto del mondo occidentale. Altrove, il processo è "una cosa seria, tant'è che il 90 per cento degli imputati si dichiara colpevole e sceglie i riti alternativi";invece "in Italia c'è sempre la speranza di non scontare la pena". Ed è proprio la prospettiva di sfuggire alla pena che in Italia non può far decollare i riti alternativi,un fenomeno a cui contribuisce anche il frequente ricorso all'amnistia: "in 50 anni sono stati 35 provvedimenti", nota Davigo. E se si abbassasse il quorum , come chiede una proposta di legge del senatore Manconi, "rinunceremmo definitivamente alla speranza che qualcuno patteggi". Il risultato di questa situazione è che "continuiamo a fare un numero sterminato di processi , molti di più che negli altri Paesi".



Napoli, il Csm: non eseguite 12mila sentenze su persone da arrestare Interviene Orlando: accerterò i fatti
Mezzogiorno, 17 giugno 2016 - 15:17

http://corrieredelmezzogiorno.corriere. ... cca6.shtml


NAPOLI — È cominciata poco dopo le 9 la visita di una delegazione del Csm, guidata dal vicepresidente Giovanni Legnini agli uffici giudiziari di Napoli. La delegazione, della quale fanno parte i consiglieri Francesco Cananzi, Lucio Aschettino ed Antonio Ardituro sta incontrando in Corte d’ Appello, con il presidente Giuseppe de Carolis di Prossedi i presidenti dei Tribunali ed i Procuratori del Distretto di Napoli. Al centro dell’incontro c’è la carenza di personale amministrativo, segnalata nuovamente dal Csm al ministro della Giustizia con una risoluzione approvata il 15 giugno. La carenza - sottolinea l’ organo di autogoverno della magistratura- non è solo numerica ma qualitativa. Per la gestione del processo telematico, infatti, servono figure professionali di ingegneri e statistici. Legnini ed i consiglieri del Csm avevano partecipato il 5 maggio scorso al vertice sull’ordine pubblico e l’emergenza criminalità a Napoli con il ministro degli Interni Angelino Alfano.

«Nel Distretto di Napoli restano ineseguite attualmente 50mila sentenze definitive, 30mila delle quali di condanna e 20mila di assoluzione». Lo ha detto il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini incontrando i giornalisti a Napoli dopo un incontro con i responsabili degli uffici giudiziari sulla carenza di personale amministrativo. Dodicimila delle 50mila sentenze definitive non eseguite - hanno precisato fonti del Csm - riguardano persone da arrestare. Ai provvedimenti restrittivi si uniscono - ha sottolineato il procuratore generale di Napoli Luigi Riello - i mancati sequestri di beni.

«A Napoli si concentrano tutte le criticità e le emergenze, ma anche le positività del sistema giudiziario italiano», ha continuato Legnini. Il Csm ribadisce - è stato detto in un incontro con i giornalisti - le richieste sugli organici del personale amministrativo e dei magistrati evidenziate nella delibera assunta il 15 giugno scorso. Nel dettaglio «la scopertura degli organici dei soli magistrati - ha detto il consigliere Antonello Ardituro - oscilla tra il 20 ed il 40 per cento».


Il ministro Orlando

Il ministero della Giustizia, Andrea Orlando, a quanto si apprende, ha chiesto all’ispettorato del ministero di svolgere accertamenti per individuare tutte le cause che nel distretto di Napoli hanno generato il problema di decine di migliaia di sentenze ineseguite. A sollevare la questione è stato oggi il vice presidente del Csm, Giovanni Legnini




Il giudice in ritardo non scrive la sentenza. I mafiosi tornano liberi
Marcello Sorgi

http://www.lastampa.it/2016/06/15/itali ... agina.html

Nel silenzio della politica e delle istituzioni (anche togate), dei professionisti e dei dilettanti dell’antimafia, la Calabria sprofonda in un baratro giudiziario. Solo negli ultimi giorni sono scivolati inosservati, come fossero normali, alcuni casi clamorosi. La scarcerazione di alcuni ’ndranghetisti condannati in primo grado e in appello, ma salvati da un giudice che a 11 mesi dalla pronuncia della sentenza non ha ancora depositato le motivazioni; il ritardo di cinque anni con cui ricomincia un altro processo per mafia; l’agonia del processo ai caporali di Rosarno, scaturito sei anni e mezzo fa dalle testimonianze dei migranti e non ancora arrivato nemmeno alla sentenza di primo grado.

LE REAZIONI - Il ministro Orlando manda gli ispettori sul caso del giudice ritardatario in Calabria

«Cosa mia»

La vicenda più grave riguarda il processo «Cosa Mia», nato nel 2010 da un’indagine della procura di Reggio Calabria, allora retta da Giuseppe Pignatone oggi procuratore a Roma, sulle famiglie della piana di Gioia Tauro, protagoniste di una sanguinosa guerra di mafia negli Anni 80-90, con 52 omicidi e altri 34 tentati. L’inchiesta aveva svelato il controllo delle cosche sui lavori dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, con una tangente del 3% imposta alle imprese sotto la voce «tassa ambientale» o «costo sicurezza».

Il processo si è svolto con relativa celerità, considerando l’ampiezza della materia da trattare, il numero di imputati e alcune rilevanti difficoltà logistiche. Basti pensare che la polizia penitenziaria, intimorita dalla caratura degli imputati, si rifiutava di trasportarli nell’aula del processo. Per garantire lo svolgimento del processo, il ministero fu costretto a mobilitare i reparti speciali, usati in genere solo per sedare le rivolte nelle carceri.

Nel 2013 la corte d’assise commina 42 condanne per complessivi trecento anni di carcere, con una sentenza monumentale di 3200 pagine. Impianto sostanzialmente confermato nella sentenza d’appello, pronunciata a fine luglio dell’anno scorso.

A questo punto, non resta che il passaggio in Cassazione, il più celere. Dato che la durata massima della custodia cautelare è di sei anni e i boss furono arrestati nel giugno 2010, il calcolo è semplice. La corte d’appello avrebbe dovuto depositare le motivazioni entro 90 giorni (quindi entro fine ottobre 2015), poi gli avvocati avrebbero avuto 45 giorni per presentare il ricorso in Cassazione. Ai supremi giudici sarebbero rimasti sei mesi, fino alla scadenza del termine della carcerazione preventiva, per chiudere il processo con la sentenza definitiva. Un tempo più che sufficiente: in Cassazione è prassi anticipare i processi per i quali sta maturando la prescrizione (fu così per il caso Berlusconi, frode fiscale, nell’agosto 2013) o stanno per scadere i termini di carcerazione degli imputati.

Liberi tutti

Invece in questo caso i termini sono scaduti la scorsa settimana senza che la Cassazione abbia nemmeno ricevuto le carte del processo, ancora ferme nella corte d’assise di Reggio Calabria perché il giudice Stefania Di Rienzo non ha ancora depositato le motivazioni della sentenza. Scaduto il primo termine di 90 giorni, aveva chiesto una proroga: altri tre mesi. Spirati invano. Di mesi ne sono trascorsi undici e delle motivazioni non c’è traccia.

E così tre imputati, a dispetto della doppia condanna per associazione mafiosa, nei giorni scorsi sono usciti dal carcere. Altri dieci erano tornati liberi precedentemente, sempre per scadenza dei termini della custodia cautelare. Il danno processuale è enorme, quello sociale maggiore. Il ritorno alla libertà degli ’ndranghetisti ne rafforza il potere e scoraggia chiunque (sia dentro che fuori dal sodalizio criminale) dalla collaborazione con la giustizia.

Non è un caso isolato. In questi giorni si celebra a Catanzaro l’appello del processo Revenge, con sette imputati di mafia. Peccato che sarebbe dovuto partire nel 2011, ma sono stati necessari cinque anni per formare un collegio di giudici. E sei anni non sono bastati ad arrivare a sentenza nel processo ai caporali di Rosarno.

Il panorama

Fotografie di una resa giudiziaria nella regione con il record di Comuni commissariati per infiltrazioni mafiose e in cui, recita l’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia (Dia), la ’ndrangheta opera un «atavico, asfissiante strangolamento del territorio» e rappresenta «un pesante fattore frenante per lo sviluppo economico e sociale» grazie alla capacità di «fare sistema» attraendo «nella propria sfera di influenza soggetti legati al mondo dell’imprenditoria, della politica, dell’economia e delle istituzioni».

Non ce n’è abbastanza perché Csm e commissione antimafia se ne occupino?
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » mer giu 22, 2016 7:34 am

Esami venduti all’Università Magna Graecia: processo al via. L’Ateneo è parte civile
22 Ott 2014

http://www.giornaledicalabria.it/?p=4076

CATANZARO. L’Università Magna Graecia di Catanzaro si è costituita parte civile nel processo a carico di 72 persone imputate a seguito dell’inchiesta della Procura della Repubblica su presunti casi di esami venduti all’Ateneo. È avvenuto davanti al tribunale del capoluogo, dove il processo si è incardinato a distanza di un anno e mezzo dalla data inizialmente fissata per il suo avvio, che risale al 12 aprile del 2013, e numerosi rinvii dovuti sempre a difetti di notifiche. E le questioni di problemi di forma sono tornate anche oggi, in aula, dove le difese hanno eccepito la mancata notifica a qualcuno della proroga delle indagini oltre alla maturata prescrizione dei reati contestati ad alcuni indagati. Su tutto il presidente il collegio si è riservato di decidere alla prossima udienza dell’11 febbraio. Nell’inchiesta, condotta dai militari della Sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri coordinati dai sostituti procuratori Salvatore Curcio e Paolo Petrolo, sono stati contestati a vario titolo i reati di corruzione, falso ideologico e materiale del pubblico ufficiale in atto pubblico, falso per indurre in errore l’Ateneo, soppressione e distruzione di atti. Il caso della presunta compravendita di esami scoppiò nel novembre del 2007, e travolse prima la facoltà di Scienze economiche aziendali e poi quella di Giurisprudenza, facenti capo all’unica segreteria didattica di cui era responsabile il 50enne Francesco Marcello, principale accusato, finito in manette il 13 novembre di quell’anno. Nell’ambito di quel primo filone d’indagine i pm incassarono tre patteggiamenti – fra i quali quello di Marcello, cui fu applicata una pena di tre anni di reclusione, ed il pagamento di 2.000 euro per le spese di costituzione di parte civile dell’Università – e una condanna a carico delle prime quattro persone finite nei guai. In seguito altre 16 persone furono raggiunte da avviso di garanzia ad agosto 2009 (un diciassettesimo avviso era per il solito Marcello). Pochi giorni dopo il giudice per le indagini preliminari di Catanzaro emise un provvedimento cautelare con cui fu interdetto lo svolgimento dell’attività forense a 39 persone. A marzo 2010, infine, un nuovo capitolo dell’inchiesta, con un’informazione di garanzia notificata ad altre 53 persone.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » mer giu 22, 2016 7:35 am

Prima falcidiata all’istituto Rossi Solo 4 i promossi
21.06.2016

http://www.ilgiornaledivicenza.it/terri ... -1.4950483

Quattro promossi su ventitré. Il bilancio della prima BI dell’istituto tecnico Rossi è da brividi. A saltare all’occhio è un tabellone quasi interamente lasciato in bianco, ad eccezione di quattro righe in corrispondenza degli studenti ammessi alla classe successiva. Il resto sono colonne vuote relative a nove alunni bocciati e dieci sospesi. Ma scorrendo i risultati pubblicati all’ingresso della scuola si scopre che in tutte le otto classi prime l’esito degli scrutini è desolante. Nella prima AI su ventitré iscritti i promossi sono otto, dieci i bocciati e cinque i rimandati a settembre. In prima CE su ventitré studenti otto risultano promossi, nove bocciati e sei sospesi. In prima CI su ventuno soltanto sei hanno passato indenni l’anno scolastico, mentre cinque dovranno ripetere e dieci colmare il debito. Poco più in là nei tabelloni delle seconde si assiste ad un lieve miglioramento, con il 50 per cento di ammessi, il 7 di respinti e un corposo 43 di sospesi. Vedi la 2BI dove su venti allievi sei hanno ottenuto la promozione a fronte di quattordici che dovranno sostenere l’esame a settembre. (...)


Alberto Pento
Il problema è che al sud promuovono tutti e danno voti più alti così gli studenti meridionali hanno punteggi mediamente maggiori e si accaparrano i posti pubblici anche qui da noi, a tutto svantaggio dei nostri ragazzi che restano disoccupati. Mi ricordo mio padre che lavorava al Rossi, rimproverava i professori perché per dimostrarsi serveri davano voti inferiori a quelli che invece gli studenti meritavano, mentre i professori del sud davano voti alti anche a emeriti somari a tutto svantaggio dei nostri studenti veneti. Bisognerebbe che i posti e i concorsi pubblici fossero locali e regionali o che il Veneto diventasse indipendente.


http://archivio.panorama.it/opinioni/re ... -preparati

http://ricerca.repubblica.it/repubblica ... sud28.html

http://www.corriere.it/scuola/secondari ... 9db1.shtml

http://www.corriere.it/scuola/maturita- ... 69d6.shtml

http://www.orizzontescuola.it/news/ajel ... he-alla-ma

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... bassi.html
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » sab lug 23, 2016 6:19 am

Nel mirino membri dello cosche reggine Maxi-operazione contro la 'ndrangheta: indagato il vice presidente del consiglio calabrese
19 luglio 2016

http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 146fa.html

Nei confronti di D'Agostino viene ipotizzato il reato di intestazione fittizia di beni, aggravata dall'avere agevolato la 'ndrangheta Tweet 'Ndrangheta: Ros scopre cupola segreta, 5 arresti. Interagiva con politica e istituzioni 'Ndrangheta, 10 fermi in tutta Italia: tra gli indagati funzionari pubblici e imprenditori 'Ndrangheta, capo ultras Juventus suicida: indagine su rapporti tra cosche e curve 'Ndrangheta, in manette chi nascose e aiutò superlatitanti Crea e Ferraro. Nel covo armi e ostriche 19 luglio 2016 Il vice presidente del Consiglio regionale della Calabria Francesco D'Agostino (eletto nel 2014 con la lista "Oliverio presidente") è una delle persone indagate in stato di libertà nell'inchiesta Alchemia della Dda di Reggio Calabria. Nei confronti di D'Agostino viene ipotizzato il reato di intestazione fittizia di beni, aggravata dall'avere agevolato la 'ndrangheta. D'Agostino, che stamani ha avuto perquisiti casa e ufficio, non sarebbe indagato, secondo quanto si è appreso, in qualità di politico. Interessi in settori strategici, quali il movimento terra, l´edilizia, l´import-export di prodotti alimentari, la gestione di sale giochi e di piattaforme di scommesse on line, la lavorazione dei marmi, autotrasporti, smaltimento e trasporto di rifiuti speciali. E, tra i vari interessi, c'erano anche dei sub-appalti già aggiudicati per la realizzazione Terzo Valico, attualmente in fase di costruzione con l´avvenuta cantierizzazione di siti afferenti al settore ligure/piemontese. E, allo scopo di agevolare l´inizio dei lavori, alcuni affiliati hanno anche sostenuto il movimento "SI´ TAV". Sono solo alcuni degli aspetti della operazione della polizia di Stato e della Dia che oggi hanno eseguito 42 misure cautelari - 34 in carcere, 6 ai domiciliari e 2 interdittive dall´esercizio di un pubblico ufficio - a carico di altrettanti soggetti appartenenti ed affiliati alla `ndrangheta delle cosche reggine "Raso - Gullace - Albanese" e "Parrello - Gagliostro", indagati per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società. L´inchiesta, denominata "Alchemia", si è sviluppata in due fasi operative: una condotta dal centro operativo Dia di Genova, in collaborazione con quelli di Reggio Calabria e Roma, nei confronti di elementi affiliati alla cosca mafiosa "Raso-Gullace-Albanese" di Cittanova (RC); l´altra, coordinata dal servizio centrale operativo della Polizia di Stato, condotta dalle squadre mobili delle Questure di Genova, Reggio Calabria e Savona, su appartenenti alla medesima consorteria mafiosa ed a quella denominata "Parrello-Gagliostro" di Palmi. Affiliati alla cosca cittanovese operanti in Liguria hanno confermato il loro profilo di pericolosità e di solido collegamento con la "casa madre", evidenziando ancora una volta il rilevante ruolo della Liguria nelle dinamiche e negli interessi della `ndrangheta nel Nord Italia. E´ stata anche documentata la partecipazione a diversi summit mafiosi da parte degli indagati, sancendo la loro intraneità all´organizzazione criminale di matrice calabrese. Inoltre è stata accertata la rituale affiliazione di figli di `ndranghetisti al momento del compimento della maggiore età. Sono state comprovate relazioni con esponenti della politica reggina, anche a livello nazionale, funzionali ad un reciproco scambio di favori, che hanno confermato l´interesse che le cosche hanno nel coltivare le indispensabili connessioni con il mondo politico. Altri rapporti intrattenuti con le medesime finalità sono stati riscontrati con funzionari dell´Agenzia delle Entrate e della Commissione Tributaria di Reggio Calabria. Particolarmente intensi sono stati i rapporti accertati tra le imprese della cosca "Raso - Gullace- Albanese" e gli amministratori di alcuni comuni liguri, il cui operato è stato oggetto di condizionamento, anche mediante la sollecitazione al pagamento indebito di somme di denaro, con specifico riferimento alla fornitura di servizi in materiale ambientale. Le imprese edili e di movimento terra riferibili alla cosca "Raso - Gullace - Albanese", hanno acquisito anche appalti dalla Cooperativa "Coopsette", attraverso la corruzione di dipendenti infedeli che assegnavano le commesse a seguito dell´approvazione di preventivi appositamente "gonfiati", così consentendo un maggior guadagno alle imprese mafiose e assicurarsi il pagamento di un corrispettivo. L'attività investigativa ha permesso infine di documentare gli stretti rapporti e la sussistenza di interessi economici comuni tra la cosca "Raso - Gullace - Albanese" e quella dei "Parrello-Gagliostro" di Palmi (RC), i cui affiliati gestiscono numerose società - attive prevalentemente nel settore dei servizi di igiene ambientale con sedi in Lombardia, Emilia Romagna e Calabria - intestate a prestanome che, grazie a compiacenti imprenditori e manager genovesi e romani, avevano acquisito, tra gli altri, il sub-appalto per i servizi di igiene civile e industriale di "Poste Italiane S.p.a." e "Alleanza Assicurazioni S.p.a." in provincia di Reggio Calabria. "In particolare - spiega la procura - appare interessante la tendenza della `ndrangheta ad investire i propri capitali illeciti nel settore della produzione e commercializzazione di lampade a led". Inoltre, sono stati documentati investimenti all'estero nel settore immobiliare mediante una serie di operazioni realizzate in costa Azzurra, nelle Canarie ed in Brasile, attraverso il riciclaggio di capitali di provenienza illecita e la contestuale acquisizione di disponibilità finanziarie in quei Paesi in forza di rapporti instaurati con fiduciari locali. E´ stato, infine, eseguito il sequestro preventivo di beni mobili, immobili, depositi bancari di 21 società, la maggior parte delle quali con sedi in Liguria, Piemonte, Lombardia, Lazio e Calabria, riconducibili alle consorterie mafiose per un valore complessivo di circa 40 milioni di euro. La Dda aveva chiesto l'arresto, non autorizzato dal gip, dell'onorevole Galati La Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria aveva chiesto l'arresto di due parlamentari in carica nell'ambito dell'operazione che stamane ha portato in carcere 40 persone, accusate a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione, intestazione fittizia di beni e società. Si tratta del deputato Giuseppe Galati (Ala) e del senatore Antonio Caridi (Gal). Le richieste sono state rigettate dal Gip. Su Caridi, peraltro, pende una richiesta di autorizzazione all'arresto nell'ambito di un'altra inchiesta della Dda reggina, quella denominata "Mamma Santissima". Le richieste d'arresto sono state presentate dal procuratore Capo Federico Cafiero De Raho, dal suo aggiunto Gaetano Paci e dai sostituti Di Palma e Pantano. Secondo quanto si apprende, nel caso di Galati il Gip non aveva ritenuto sufficienti gli elementi necessari per giustificare l'arresto, mentre nel caso di Caridi, sempre secondo il Gip, le accuse sarebbero state assorbite nell'ambito della richiesta d'arresto formulata nell'inchiesta "Mamma Santissima
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » gio lug 28, 2016 8:26 pm

Cosentino, ecco chi è il maresciallo arrestato. Coinvolto anche un clan dell'area Nord di Napoli

2016/07/28

http://www.edizionecaserta.it/2016/07/2 ... ord-napoli

CASERTA. Atti coperti da segreto d’ufficio, informative e note investigative con richieste di intercettazioni sul clan Puca di Sant’Antimo. Sono i documenti rintracciati su una pendrive, per gli inquirenti napoletani consegnata dal maresciallo dei carabinieri in servizio a Castello di Cisterna all’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino e sequestrata il 3 aprile di due anni fa durante una perquisizione nell’abitazione dell’uomo politico.

La copia forense di quel materiale informatico e la successiva analisi hanno portato gli inquirenti sulle tracce del carabiniere infedele, ora sospeso, che ha ‘volontariamente’ rivelato a Cosentino cio’ di cui era a conoscenza grazie al fatto che per un decennio lavorava al Nucleo investigativo del gruppo di Castello di Cisterna. Tra questa documentazione, anche la versione informatica di un falso verbale di interrogatorio, apparentemente reso da un collaboratore di giustizia, di cui Cosentino aveva ammesso solo il possesso di una copia cartacea che era stata pure sequestrata in quella perquisizione.

Iannini e’ agli arresti domiciliari fuori dalla Campania. L’indagine e’ la costola di un’inchiesta dei carabinieri di Caserta nata nel marzo 2011, che ha gia’ portato all’esecuzione di 23 provvedimenti cautelari a carico di imprenditori, funzionari pubblici, politici locali e affiliati ai clan, nonche’ a un sequestro beni di oltre 100 milioni di euro.

Mentre il provvedimento restrittivo a carico del maresciallo e l’informazione di garanzia e la perquisizione in casa di Cosentino sono stati eseguiti dai carabinieri, alla guardia di finanza e’ stata demandata una serie di perquisizioni in molte localita’ italiane legate sempre ai documenti trovati nell’abitazione di Cosentino ad aprile 2014, “per approfondire spunti investigativi connessi alle attivita’ di altre persone gia’ sottoposte a indagini”, si legge in una nota firmata dall’aggiunto Giuseppe Borrelli e dal vicario del procuratore Nunzio Fragliasso.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » gio ago 04, 2016 7:18 pm

Colpo alla mafia statunitense - Fbi arresta 46 affiliati a Cosa Nostra
Quarantasei affiliati alle famiglie Genovese, Gambino, Lucchese e Bonanno sono stati arrestati nel corso di una operazione condotta dall’Fbi all'alba di giovedì in 5 Stati
Milano, 4 agosto 2016

http://www.corriere.it/cronache/16_agos ... 1635.shtml

Quarantasei affiliati alle famiglie Genovese, Gambino, Lucchese e Bonanno sono stati arrestati nel corso di una operazione condotta dall’Fbi all'alba di giovedì in 5 Stati [Esplora il significato del termine: Colpo alla mafia statunitense Fbi arresta 46 affiliati a Cosa Nostra Quarantasei affiliati alle famiglie Genovese, Gambino, Lucchese e Bonanno sono stati arrestati nel corso di una operazione condotta dall’Fbi all’alba di giovedì in 5 Stati]

Duro colpo a Cosa Nostra negli Stati Uniti. 46 affiliati alle famiglie Genovese, Gambino, Lucchese e Bonanno sono stati arrestati nel corso di una operazione condotta nelle ultime ore a New York dall’Fbi. Si tratta delle famiglie più famose della Cosa Nostra statunitense.


L’operazione coinvolge 5 stati

La notizia è stata diffusa dalla stessa agenzia federale su Twitter. Secondo il New York Post, tra gli arrestati nell'operazione c'è il boss di Filadelfia Joseph Merlino, arrestato in una sua residenza estiva in Florida. Il blitz è scattato all'alba di giovedì negli Stati di New York, in New Jersey, Florida, Massachusetts e Connecticut.


Le accuse

La maggior parte delle attività criminali orbitavano intorno a New York City. Soprannominato «East Coast LCN Enterprise», il gruppo portava avanti lo schema per arricchire i membri e i capi delle varie famiglie con violenza ed estorsione, incendio doloso, racket, vendita illegale di armi da fuoco e gestione illecita di saloni di gioco d'azzardo. Contestati anche frode all'assistenza sanitaria e contrabbando di sigarette. Alcuni degli affiliati citati nell'atto di accusa hanno soprannomi significativi, spiega il New York Post, come Nicholas «Nicky la Parrucca» Vuolo, Anthony «noy lo storpio» Cassetta, John «rimorchiatore» Togino e Eugene «Gallo» O'Nofrio. Rischiano una pena fino a 20 anni di carcere.


Le famiglie coinvolte

La famiglia Bonanno è una delle più antiche famiglie mafiose statunitensi: nata alla fine dell'800 a Castellammare del Golfo, in Sicilia, si trasferì a New York all'inizio del '900, diventando sempre più influente ed attiva. La famiglia Genovese, invece, è stata fondata nel 1931 da Charles Luciano (conosciuto come «Lucky» Luciano). I Gambino nascono nel 1910 con il boss Salvatore «Totò» D'Aquila, che prese in consegna ciò che rimaneva della Camorra newyorkese. Fondata nel 1922 da Gaetano «Tommy» Reina, la famiglia Lucchese, invece, è da sempre una delle più stabili famiglie di Cosa Nostra degli Stati Uniti.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » ven ago 26, 2016 1:06 pm

Amatrice: primo arresto per sciacallaggio
25/08/2016 21:15:00
Si tratta di un pluripregiudicato di Napoli arrivato sul posto con l'intento di fare razzia

http://www.osservatorelaziale.it/2016/0 ... 19141-11-3

I carabinieri del comando provinciale di Rieti, nell’ambito dei servizi messi in atto al fine di reprimere il fenomeno dello sciacallaggio a seguito del forte sisma che ha colpito i comuni di amatrice, Accumoli E Arquata del Tronto e relative frazioni, hanno arrestato un pluripregiudicato napoletano M. M. di quarantacinque anni. Una delle pattuglie poste in campo e composta dal comandante della stazione di Leonessa e da un militare dipendente dello stesso reparto, coadiuvati da militari del 7° Rgt Laives, nel pomeriggio di giovedì, nella frazione “Retrosi” del comune di Amatrice, hanno colto all'improvviso il pluripregudicato napoletano, nel tentativo di forzare con un cacciavite, la serratura di un’abitazione colpita dal sisma e disabitata.

Sorpreso ad Amatrice in flagranza di reato ingaggia colluttazione con i Carabinieri I militari lo hanno sorpreso alle spalle e l’uomo, vistosi braccato, ha tentato di divincolarsi ingaggiando con i militari, una violenta colluttazione, ferendo con il cacciavite, uno dei militari. I Carabinieri, al termine della breve colluttazione, sono riusciti a immobilizzarlo e ad ammanettarlo, ponendo fine alla condotta criminale. I militari dopo averlo disarmato, lo hanno accuratamente perquisito rinvenendo nella tasca dei pantaloni, un biglietto ferroviario datato 24 agosto 2016 tratta Napoli – Roma, confermando la tesi degli stessi, che il pregiudicato, era giunto sul luogo del sisma, con l’intento di far razzie all’interno delle abitazioni delle malcapitate persone colpite dall’evento tellurico.

L'uomo, gravato da numerosi precedenti penali per detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione e porto abusivo di armi e’ stato tratto in arresto con l’accusa di rapina impropria e lesioni personali e tradotto presso la casa circondariale di Rieti a disposizione dell’Autorita’ giudiziaria locale. I Carabineiri, ricorsi alle cure mediche da parte dei sanitari presenti nel campo allestito per le vittime del sisma, sono stati giudicati guaribili in sei giorni.

http://www.liberoquotidiano.it/news/ita ... ieri-.html

Forse è uno zingaro napoletano.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » ven ott 14, 2016 9:04 pm

Agenti della Polizia di Stato arrestati, ecco cosa hanno fatto
Sono ben 13 gli agenti di Polizia arrestati a seguito di una indagine delegata dalla Procura della Repubblica di Nola

http://it.blastingnews.com/cronaca/2016 ... 82721.html

In provincia di Napoli per quello che riguarda la #Cronaca non si parla solo di Camorra è della recente guerra in atto nelle periferie della città. Il Ministero degli Interni ora dovrà giustificare un evento grave accaduto nella provincia di Napoli, ovvero l'arresto di 13 Poliziotti che al posto di adempiere al proprio dovere servendo la patria, minacciavano gli automobilisti al fine di estorcere denaro.


Sono 13 i Poliziotti arrestati e sospesi dal servizio

Un episodio gravissimo quello che ha colpito la Polizia di Stato e nello specifico, della sezione di Polizia Stradale. Le indagini, partite a seguito di una denuncia per estorsione presentata da un imprenditore del Nolano, hanno fatto sì che la Procura delegasse le indagini del caso agli stessi colleghi dei presunti rei. Le indagini, condotte dalla sezione di Polizia Giudiziaria della stessa Polizia di Stato, in collaborazione alla Stradale, hanno portato a seguito di una complessa indagine, l'arresto di ben 13 poliziotti accusati a vario titolo, sia agenti che sottufficiali, di concussione, falsità ideologica commessa da pubblici ufficiali, false dichiarazioni, danneggiamento e altro. Tra i vari episodi che incastrano i poliziotti disonesti, risalta all'occhio, un presunto inseguimento con tanto di sparatoria, inscenato dagli agenti al fine di richiedere un riconoscimento per l'operazione di servizio.


La polizia fa piazza pulita

Sono passati solo pochi giorni dalle ultime proteste da parte della Polizia di Stato proprio all'esterno di palazzo Montecitorio. La polemica degli uomini e donne in divisa era mirata a protestare contro il governo a seguito dei continui tagli alla sicurezza ed a manifestare, secondo quanto riferito dagli addetti ai lavori, contro le normative che non mettono in condizione agiata le forze di Polizia di lavorare degnamente, e far rispettare le leggi. Ora come un fulmine a ciel sereno la stessa Polizia di Stato si è ritrovata costretta a fare pulizia interna di agenti, non si esclude che l'amministrazione possa costituirsi parte civile nel processo contro i 13 poliziotti arrestati.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » ven gen 20, 2017 10:55 am

La ’ndrangheta padrona degli appalti - Agli imprenditori lasciato solo il 3%
Inchiesta delle procure antimafia di Reggio Calabria e Catanzaro: fermati 35 appaltatori. Il controllo anche dal carcere del capoclan Franco Muto
Milano, 19 gennaio 2017

http://www.corriere.it/cronache/17_genn ... F020103COR

Franco Muto, conosciuto come «il re del pesce»

REGGIO CALABRIA - In Calabria negli ultimi anni la ’ndrangheta ha direttamente gestito i più importanti appalti pubblici. È questa l’analisi che viene fuori dall’inchiesta delle procure antimafia di Reggio Calabria e Catanzaro che ha portato al fermo di 35 imprenditori.


L’indagine della Guardia di Finanza

Sino ad oggi si è sempre parlato di un «pizzo» del 3% che le cosche ottenevano dagli imprenditori a salvaguardia dell’appalto che, comunque, veniva gestito dalle imprese. Oggi questa inchiesta ha capovolto questo principio. Sono gli imprenditori che ricevono l’«obolo» del 3%, mentre il resto della torta viene diviso dalle cosche. L’indagine della Guardia di Finanza ha accertato che le famiglie mafiose calabresi sono direttamente coinvolte negli appalti, con mezzi e attività proprie e con prestanomi al di sopra di ogni sospetto. A Cosenza tutti gli appalti pubblici sono stati effettuati da ditte vicine al capoclan Franco Muto che, seppure in carcere, ha lasciato le redini del comando alla moglie Angelina Corsanto che ha continuato ad amministrare le attività illecite della cosca.


Nel mirino 27 gare d’appalto

Tra gli imprenditori coinvolti c’è Giorgio Ottavio Barbieri che gli inquirenti indicano come «vicino» al clan Muto. Nell’occhio della magistratura di Catanzaro sono finite tutte le ultime mega opere gestite dall’imprenditore. Anche in provincia di Reggio Calabria le attività imprenditoriali erano in mano alla ’ndrangheta. Un gruppo di imprese si era affidato al clan Piromalli di Gioia Tauro per «turbare» quasi tutte le gare pubbliche, riuscendoci. Almeno 27 quelle passate al setaccio dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria che abbracciano il periodo 2012/2015.
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Re: Mafie e briganti teroneghi

Messaggioda Berto » gio feb 02, 2017 11:32 pm

Le mani della 'ndrangheta su fondi Ue, arrestato ex assessore Calabria Nazareno Salerno
L'inchiesta riguarda la gestione dei fondi del credito sociale. Nove gli arresti
02 febbraio 2017
http://www.ansa.it/calabria/notizie/201 ... 97564.html

L'ex assessore al Lavoro della Regione Calabria, Nazareno Salerno, è stato arrestato nell'ambito dell'inchiesta della Dda di Catanzaro sull'ingerenza della cosca di 'ndrangheta dei Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia) nella gestione dei fondi della comunita' europea diretti al sostegno economico di nuclei familiari in difficolta'. L'inchiesta riguarda, in particolare, la gestione dei fondi del credito sociale ed ha portato complessivamente all'arresto di nove persone.

Si tratta di esponenti politici, imprenditori e amministratori pubblici della Regione Calabria, nonché due soggetti contigui alla cosca Mancuso. Le indagini hanno documentato l'ingerenza mafiosa della potente cosca 'ndranghetista nella gestione dei fondi della Comunita' europea diretti al sostegno economico di nuclei familiari in difficolta'.

I reati contestati, a vario titolo, agli indagati sono minaccia ed estorsione aggravata dal metodo mafioso, corruzione, peculato, turbativa d'asta ed abuso d'ufficio.

In corso di esecuzione anche un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di circa 2 milioni di euro.

In particolare, l'attivita' ha accertato l'esistenza di un comitato d'affari che distraeva i finanziamenti comunitari vincolati al progetto regionale 'Credito sociale' indirizzandoli su conti correnti di societa' private, anche all'estero. Il provvedimento viene eseguito in queste ore dal Ros unitamente al Comando provinciale Carabinieri di Catanzaro e a quello della Guardia di finanza di Vibo Valentia, ed è stato emesso su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro.

L'operazione, coordinata dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, è stata condotta dai Carabinieri del Ros unitamente ai militari del Comando provinciale di Catanzaro ed alla Guardia di finanza di Vibo Valentia.

Tra gli arrestati, oltre all'ex assessore regione ed attuale consigliere regionale di Forza Italia Nazzareno Salerno, figurano anche l'ex presidente della fondazione Calabria Etica Pasqualino Ruberto, consigliere comunale a Lamezia Terme, e dell'ex direttore generale del dipartimento lavoro della Regione Vincenzo Caserta.

Uno degli arrestati, Vincenzo Spasari, ritenuto contiguo alla cosca Mancuso di Limbadi, inoltre, è il padre della ragazza che per il suo matrimonio atterrò con l'elicottero nella piazza centrale di Nicotera. E' quanto si legge nell'ordinanza di custodia cautelare del gip di Catanzaro.
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