Banche venete e italiane, ruberie e depredazioni

Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » dom set 17, 2017 8:43 pm

Coop rosse, a rischio 9 miliardi di prestito sociale
Franco Grande - Dom, 17/09/2017

http://www.ilgiornale.it/news/economia/ ... 42687.html

Le Coop rosse rischiano il crack finanziario. Un problema che potrebbe ricadere sui risparmiatori italiani che hanno finanziato per 9 miliardi il prestito sociale

Le Coop rosse rischiano il crack. Un problema che rischia di ripercuotersi sui risparmiatori italiani che hanno finanziato il cosiddetto prestito sociale.
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I soci, spiega La Stampa, prestano soldi alle Coop che pagano un interesse. “Il problema è che i tassi sono inferiori ai rischi che si corrono - spiega Alessandro Pedone di Aduc, una delle associazioni di consumatori che si è occupata dell’argomento -. Se queste coop emettessero obbligazioni sul mercato dovrebbero pagare tassi due o tre volte più alti”. La colpa di tutto questo non è imputabile soltanto alla crisi dei consumi o alla concorrenza ma soprattutto allo stretto legame tra Coop e finanza e ad alcuni investimenti sbagliati con l’ingresso nell’azionariato di grandi banche come Mps e Carige. In passato già la Coop Carnica e la Coop Trieste hanno lasciato più di dieci milioni di buchi nelle tasche dei risparmiatori. Stefano Bassi, presidente dell’Associazione nazionale delle Coop di consumo, spiega, invece, che“il prestito non è raccolta pubblica di risparmio, come ha chiarito Bankitalia. È un istituto legittimo, remunerativo per i soci che soggiace ad una regolamentazione rigorosa”. “Le coop – aggiunge - non si sottraggono a eventuali nuovi confronti normativi. È intenzione delle coop procedere ulteriormente con altri strumenti sul fronte della vigilanza, controlli e garanzie”.

Tra i vincoli posti da Bankitalia vi è che il prestito sociale non può superare tre volte il patrimonio netto. È il caso della catena di controllo di Unipol i cui valori in bilancio lievitano fino a quasi cinque volte il valore in Borsa del titolo Unipol Gruppo Finanziario (Ugf), la capogruppo delle attività assicurative e bancarie. Un problema che ricade su Alleanza 3.0, la più grande coop di consumo italiana, un colosso che gestisce i supermercati Coop tra Emilia, Lombardia e Veneto. Il suo presidente Adriano Turrini si difende spiegando che “Le azioni che abbiamo in carico dirette sono a 2,5 euro, ampiamente al di sotto al valore di Borsa. Per la restante parte abbiamo azioni Finsoe, che ha un valore di carico che deriva dalla storia e dei risultati del gruppo. Ci sono le perizie di soggetti terzi, che tengono conto dei rendimenti attesi e di un premio di maggioranza”. Ma una delle perizie svolte si esclude chiaramente il valore di Borsa come base di calcolo e pone tutta un’altra serie di rilievi.

Una delle cooperative più a rischio è stata l'Unicoop Tirreno che l'anno scorso è stata salvata da un intervento "di sistema" dalle altre grandi coop che hanno sottoscritto degli "strumenti finanziari partecipativi" per 175 milioni di euro. Soldi che, però, sono stati erogati solo in parte e, ora, Unicoop Tirreno si trova nel mezzo di una complicata ristrutturazione. Ma nonostante questo la sola valorizzazione a prezzi di mercato della partecipazione Finsoe, una delle controllate di Unipol, porterebbe una nuova perdita di 113 milioni, facendo saltare il parametro Bankitalia per i 750 milioni di prestito sociale. Prima dell’allarme, il prestito sociale era arrivato a 1,4 miliardi, una corsa allo sportello, lanciata dalla stessa coop per ridurre i rischi.


“Abbiamo perso lavoro e soldi. Le Coop ci hanno tradito”
marco zatterin
2017/09/24

http://www.lastampa.it/2017/09/24/econo ... agina.html

Reggio Emilia. La sala tombola di una bocciofila piena di gente preoccupata per la sorte incertissima dei propri risparmi investiti nei prestiti sociali è l’immagine di un modello di sviluppo rimasto vittima del mercato finanziario, ma soprattutto di se stesso.

I soldi investiti sono almeno 200 mila euro nella sola Emilia Romagna secondo la stima del presidente del coordinamento comitati soci coop Franco Montali. I soci rimasti col cerino in mano e i risparmi assottigliati, seduti nella bocciofila di via Agosti, non si fidano più e dicono apertamente che, se Lega Coop e governo non si danno una mossa al più presto, scenderanno a Roma a protestare. Lo dicono i rappresentanti al microfono e in platea lo confermano loro, quelli che ci hanno rimesso i soldi: i controlli interni sono sostanzialmente inefficaci e chi ha amministrato il denaro dei prestiti sociali, vale a dire il sistema cooperativo, si comporta «come una finanziaria».

La prossima scadenza è l’incontro con Lega Coop e Federconsumatori il 27 settembre a Roma, ma Montali, che ha seguito la vicenda dall’inizio, non si aspetta niente di risolutivo: «Non sono tranquillo rispetto alla fase che si apre, riguardo alle proposte che abbiamo fatto a Lega Coop e governo (un fondo di garanzia a copertura almeno parziale, intorno delle perdite subite dai sottoscrittori, ndr): siamo al punto zero, non abbiamo ottenuto risposte». Nessuno si nasconde poi che a rischiare di affondare non sono solo i risparmi investiti dai soci, ma i principi di fondo su cui si regge l’intero sistema e lo stesso mondo cooperativo, se i dirigenti nazionali non si svegliano e non ascoltano in maniera finalmente costruttiva i loro problemi.

In questa crisi profondissima in cui si stanno perdendo occupazione, denaro prestato – come quello versato da pensionati che ci hanno rimesso tutti i loro risparmi – e persino la casa, per i soci delle coop edilizie assegnatari di abitazioni, la vicenda di Patrizia Mora da Poviglio, nel Reggiano, rimasta invischiata per 38 mila euro nel crollo di Coopsette, ex colosso dell’edilizia affondato con perdite, racconta ascesa e caduta rovinosa di un’esperienza eletta per molti anni a modello vincente, almeno qui nell’Emila rossa: «Ci ho lavorato per 32 anni, eravamo anche proprietari di quote sociali, ma il prestito è come quello che puoi avere in banca, e pure a interessi leggermente superiori. Erano soldi miei, di mio marito, dei miei figli, e ci sono soci pensionati che ci hanno messo fino a 70 mila euro, tutti i loro risparmi». Il problema è anche che i prestiti potevano sorpassare di tre, ma anche di cinque volte il valore del patrimonio netto, di qui l’immensa grana che sta minando persino la fiducia di chi in quel mondo e in quei valori ci credeva sul serio: «I controlli interni del collegio sindacale? Inefficaci al massimo. Eppure per tanti anni ho lavorato benissimo in cooperativa: siamo stati fino a 1.200 dipendenti fino al 2007. Sa la cosa che mi è rimasta sullo stomaco? Tutto quel denaro buttato in consulenze di grandi esperti finanziari, che venivano due volte la settimana, a far cosa non si sa, e ci hanno fatto i soldi sul nostro default».

E mentre Giovanni Trisolini, presidente di Federconsumatori Reggio Emilia, elenca le richieste alla Lega Coop, a partire dall’istituzione di un fondo transitorio per restituire al più presto l’80% dei prestiti, dal palco arrivano appelli a una lotta più dura, con mobilitazioni che portino fin sotto le finestre dei dirigenti romani la voce amareggiata dei soci.

Quanto alle dichiarazioni rilasciate di recente a «La Stampa» dal presidente Lega Coop Mauro Lusetti, i comitati allargano le braccia: «Non risponde alle questioni che abbiamo posto, anzi, dice che sono improponibili, perché dice no al fondo di garanzia e difende il codice di autoregolamentazione, che è stato comunque in vigore finora – spiega Montali -. Il vero problema è che una volta la cooperazione faceva la cooperazione, mentre ora fa la società finanziaria. Secondo me sono venute a mancare anche le condizioni per le agevolazioni fiscali di cui gode il movimento cooperativo».

E qualcuno propone di andare a manifestare anche davanti ai grandi ipermercati emiliani, profanazione finale dei templi del consumo solidale dei tempi che furono.
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Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » dom ott 29, 2017 11:38 am

Vittorio Feltri: "Ignazio Visco piace tanto ai politici perchè è un inetto"
28 Ottobre 2017

http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... netto.html

In Italia accadono cose turche, inspiegabili per noi poveri umani abituati alla logica terra terra. Pensate. Il governatore di Bankitalia, in sella da tanti anni, è stato confermato nel suo ruolo di controllore che non controlla o controlla male. Infatti nessuno è più distratto di lui, quindi vale la pena di tenerselo stretto affinché faccia altri danni all' economia nostrana. Sotto la sua gestione, un considerevole numero di banche è saltato per aria, da quella di Siena (Monte dei Paschi) alle consorelle venete e trascuriamo le toscane.

Il governatore non si è accorto di nulla, ha lasciato che si compisse lo sfacelo: miliardi e miliardi che i cittadini hanno dovuto sborsare per tappare i buchi spaventosi di cui i lettori sono a conoscenza.

In pratica il padre di ogni massacro bancario rimane a capo del sistema creditizio che ha sfasciato. Ottima scelta, una garanzia di inefficienza che rende felici i politici, ai quali riconosciamo una rara abilità nel demolire il Paese. Essi primeggiano nella gara a chi più si impegna a mandarci in malora. Non abbiamo alcuna antipatia nei confronti di Visco, persona amabile. Della quale però non possiamo dimenticare l' attitudine spiccata a dirigere Bankitalia con l' obiettivo di dimostrarne l' inutilità.

Essa non batte più moneta da quasi due decenni, la politica monetaria è svolta dalla Bce, quindi i signori (migliaia di funzionari e impiegati) di via Nazionale, Roma, avrebbero esclusivamente l' obbligo di vigilare sull' andamento dei vari sportelli sparpagliati sul territorio, dalle Alpi alla Sicilia, e nulla più. In realtà costoro non hanno vigilato un tubo e le banche ne hanno combinate di qualsiasi colore, senza neanche dover giustificare le proprie maialate.

Che sono costate ai contribuenti una montagna di denaro, mentre gli autori dei furti - gente che ha ottenuto prestiti e non li ha restituiti - non sono stati nemmeno denunciati e i loro nomi occultati per rispetto. Si risparmiano i bucaioli e si perseguitano i poveracci che, non avendo saldato un paio di rate del mutuo, ci smenano l' appartamentino venduto all' asta al fine di ripianare il debito. Un governo che permette simili ingiustizie andrebbe spazzato via con un colpo di ramazza, invece è ancora lì a menare il torrone e, non bastasse questo orrore, decreta che Visco non abbandoni il vertice di Bankitalia benché abbia dato prova di essere inadeguato (eufemismo).

Lo abbiamo già scritto in diverse circostanze, ma merita di essere ripetuto: la Banca centrale va chiusa per manifesta inettitudine. Non serve. Provoca sfaceli e costa un occhio. Poi ci si stupisce che varie regioni chiedano l' autonomia. La pretendono perché hanno capito che il potere centrale è una iattura. Totalmente impreparato ad amministrare i popoli italici. L' unica cosa che merita questo ceto politico sono le manette. Peccato che non siano più di moda.
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Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » ven nov 10, 2017 11:17 pm

Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che cosa ha fatto la Banca d'Italia di Mario Draghi
2017/11/10

http://formiche.net/2017/11/10/popolare ... rio-draghi

Che cosa è successo davvero tra autorità di vigilanza e banche venete? Ovvero: i vertici della Banca d’Italia se e come hanno agito dopo i rilievi degli ispettori di Via Nazionale su Popolare di Vicenza e Veneto Banca? Sono queste due delle principali domande che stanno arrovellando o assillando istituzioni politiche e bancarie dopo le audizioni di ieri del direttore generale della Consob, Angelo Apponi, e del capo della Vigilanza di Bankitalia, Carmelo Barbagallo. I due interrogativi, peraltro, riguardano un periodo in cui al vertice della Banca centrale c’era come governatore Mario Draghi, attuale presidente della Bce, e come direttore generale Fabrizio Saccomanni, prossimo presidente di Unicredit (qui la gallery di Umberto Pizzi sull’economista e banchiere). Sono alcune delle lettere al vaglio della commissione parlamentare sulle crisi bancarie che inducono a domande sul passato di Palazzo Koch. Ecco tutti i dettagli sulla base in particolare di due articoli usciti oggi sul Corriere della Sera e della Stampa.

LA LETTERA

“C’è una lettera trasmessa nel 2009 dagli ispettori di Bankitalia all’allora governatore Mario Draghi che evidenzia alcune «criticità» rilevate durante l’ispezione della Popolare di Vicenza. Indicazioni sulla impossibilità di conversione dei titoli subordinati che Consob sostiene di non aver ricevuto”, è quanto scrive oggi Fiorenza Sarzanini del Corriere della Sera. In effetti, proprio su questo il dg della Consob, Apponi, come approfondito in questo articolo di Formiche.net, ha biasimato indirettamente i colleghi della Vigilanza sostenendo che «le mancate comunicazioni non hanno consentito di inserire nei prospetti informativi le giuste indicazioni». Parole che hanno contribuito a rinfocolare le fibrillazioni tra le due authority. Il capo della Vigilanza dell’Istituto centrale, Barbagallo, ha però ribadito che «i risultati relativi alle ispezioni nella Popolare di Vicenza non sono stati inviati alla Consob perché si riteneva che fossero problemi procedurali risolvibili da parte nostra». E in serata la stessa Banca governata ora dal riconfermato Ignazio Visco ha ricordato che «l’obbligo di comunicazione scatta soltanto in caso di aumento di capitale che invece fino al 2013 non c’è stato».

LE CRITICHE

Una delle contestazioni di Apponi, come sottolineato ieri da Formiche.net, ha riguardato il prezzo delle azioni di Popolare Vicenza. Nella loro relazione del 2009 gli ispettori spiegano al governatore che «il permanere di un gap positivo tra rendimento implicito dell’azione e redditività caratteristica di impresa postula un ripensamento dei criteri di calcolo del prezzo del titolo, con possibile conseguenza sul flusso, già marcato, di riacquisto di azioni proprie e prevedibile mancata conversione del subordinato esercitabile nel 2010». E dunque mettono in guardia sull’impossibilità che si convertano le obbligazioni subordinate, ma nonostante questo — ecco l’accusa di Consob presieduta da Giuseppe Vegas — «Bankitalia non ritenne di doverci avvisare». In pratica, rimarca La Stampa, gli ispettori avevano sottolineato che “il prezzo delle azioni troppo elevato rispetto alla redditività della banca. E come il suo allineamento a valori più congrui avrebbe causato problemi all’istituto, con evidenti ricadute sulle vendite di azioni da parte dei soci e di conseguenti rischi per la stabilità della banca”, scrive Gianluca Paolucci del quotidiano torinese: “La nota, firmata dagli stessi ispettori che avevano condotto le verifiche di controllo del 2009, sottolinea anche come nonostante i correttivi adottati su richiesta della Vigilanza permangano una serie di squilibri, in particolare ricalca in gran parte le considerazioni del rapporto riservato di quella ispezioni. Ma se ne discosta significativamente proprio in questo passaggio”.

L’APPROFONDIMENTO DELLA STAMPA

Agli allarmi lanciati dagli ispettori nel 2008/2009 seguirono alcuni provvedimenti di Bankitalia contro la Vicenza, che venne multata per oltre 500 mila euro (poco più di 25 mila euro per ogni componente del cda e del collegio sindacale) e alla quale venne proibito di effettuare altre acquisizioni. “Ma nulla venne fatto – scrive La Stampa – sul prezzo delle azioni, che continuò a crescere anno dopo anno fino al picco di 62,5 euro toccato nel 2011. Se non la previsione di una perizia assegnata ad un soggetto indipendente che però ha sempre confermato il prezzo deciso dal cda. Le due ispezioni condotte a partire dall’autunno del 2007 sulla Popolare assumono un ruolo chiave nel ricostruire la vicenda che ha portato al collasso dell’istituto e al suo salvataggio a carico dello Stato nell’estate scorsa”.

LE ISPEZIONI

La prima ispezione, di carattere generale, si svolse dal 23 ottobre 2007 al 12 marzo del 2008 e si concluse con un giudizio «parzialmente sfavorevole». Nella relazione finale, gli ispettori sottolineavano una lunga serie di problematiche emerse, dal ruolo predominante di Gianni Zonin ai prestiti concessi in conflitto d’interesse ad alcuni consiglieri (tra i quali lo stesso Zonin, le cui aziende erano allora affidate per circa 22 milioni di euro), fino alla concessione del credito effettuata su base «relazionale» più che sulla base di criteri oggettivi di merito creditizio. Emblematico il caso dei 96,5 milioni concessi nel 2004 «dal presidente», ovvero Zonin, alla Magiste di Stefano Ricucci senza attendere la delibera degli organi della banca, si legge nell’articolo della Stampa.

Il NODO ISPEZIONI

Continua La Stampa: “In quella ispezione emersero anche problemi sui crediti – con la necessità di una serie di svalutazioni – e sulla liquidità della banca, che in una situazione «di stress» avrebbe avuto secondo gli ispettori una cassa per soli 5 giorni. Di questa ispezione venne comunicata a Consob solo la parte relativa alla vendita da parte della banca ai propri clienti di derivati speculativi, estremamente rischiosi. Il divieto di fare acquisizioni venne tolto nel 2011, con una lettera firmata da Fabrizio Saccomanni.

La successiva ispezione (dal 16 aprile al 7 agosto 2009), definita di «follow up», doveva valutare i progressi compiuti dalla banca per correggere i problemi emersi nella ispezione precedente. Malgrado il giudizio finale («parzialmente favorevole», secondo gradino in una scala di sei), gli ispettori sottolineavano che il ruolo di Zonin restava ancora predominante malgrado il ritorno in banca di Divo Gronchi come ad. E restava irrisolto il nodo del prezzo dell’azione, con un «disallineamento fra rendimento del titolo e redditività d’impresa» che incentivava l’ingresso di nuovi soci e di fatto «la preservazione degli assetti di governance». Ovvero, la poltrona di Zonin”.

I RILIEVI DEL CORSERA

Restano però da capire alcuni punti tuttora oscuri nell’operato degli ispettori perché – sottolinea il Corriere della Sera – come si comprende dalla lettura dell’appunto trasmesso, al governatore fu comunicato che «il collegio sindacale, inalterato nella composizione rispetto ai precedenti accertamenti, recentemente ha mostrato segni di differenziazione rispetto alle scelte aziendali», ma non fu segnalato che «questi segni di differenziazione rispetto alle scelte aziendali si sono concretizzate nei rilievi formalmente mossi sul prezzo delle azioni».

DOSSIER VENETO BANCA

Anche sull’altra Popolare, la Veneto Banca di Montebelluna in passato guidata da Vincenzo Consoli, la disputa tra i due organismi prosegue. Gli atti acquisiti dimostrano infatti – scrive il Corsera - che «nella nota di novembre 2013 Bankitalia indicò un prezzo delle azioni costantemente crescente e incoerente con il contesto economico e con le performance reddituali dell’ultimo bilancio e quindi il livello del prezzo poteva risultare di ostacolo al compimento di operazioni societarie». Ma questo appare in contrasto con il verbale ispettivo dell’agosto 2013, che la Consob ha acquisito nel 2015, secondo cui «la modalità di determinazione del prezzo era effettuata in violazione del principio di prudenza e delle procedure stabilite dalla stessa banca».




Banche, scambio di accuse Consob-Bankitalia. Salta il confronto diretto
Scontro in commissione, dove gli interventi avranno valore di testimonianza. Il dg dell'authority Apponi: "Nel 2013 su Veneto Banca non indicò problemi". Il capo della vigilanza di Via Nazionale Barbagallo: "Segnalammo prezzo incoerente per le azioni, indicazioni sufficienti per allarme"
09 Novembre 2017

http://www.repubblica.it/economia/2017/ ... -180644682

MILANO - Consob e Bankitalia si scontrano a distanza sulle banche venete ma salta all'ultimo il confronto "all'americana" previsto per oggi tra i due rappresentanti, il direttore Generale della Consob Angelo Apponi e il reponsabile della vigilanza di Bankitalia Carmelo Barbagallo. Al termine di una seduta molto tesa il presidente della Commissione di incihesta sulla banche Pierferdinando Casini ha scelto alla fine di non mettere i due direttamente uno contro l'altro, spiegando che possono "ritenersi superate le criticità circa le possibili contraddizioni dell'audizione del 2 novembre", motivo che aveva spinto la commissione a riconvocare. L'atteso doppio intervento di oggi era inziato così com'è finito, con una sorpresa: la decisione della commissionedi audire in forma testimoniale i due rappresentanti. I loro interventi, sotto giuramento, avevano quindi valore di testimonianza, esattamente come se si trovassero in un'aula di tribunale.


L'ATTACCO DELLA CONSOB: "NEL 2013 BANKITALIA NON INDICO' PROBLEMI"
A sferrare il primo attacco è il dg Consob Angelo Apponi, spiegando che Banca d'Italia nel 2013 non segnalò all'authority "problemi" di Veneto Banca in vista dell'aumento di capitale anzi indicò che l'operazione era "strumentale a obiettivi previsti dal piano per effettuare eventuali acquisizioni coerenti con il modello strategico della banca salvaguardando liquidità e solidità".

Secondo Apponi la Consob ricevette dalla Banca d'Italia nel 2013 informazioni incomplete per valutare il prezzo dell'aumento di capitale lanciato quell'anno da Veneto Banca. "Ci viene detto (nella comunicazione ricevuta da via nazionale, ndr) che il prezzo è alto. Altro è quello che leggiamo nel verbale ispettivo, che riceviamo nel 2015, dove si dice che la metodologia di calcolo del prezzo è irrazionale e ci sono dei vizi. L'informazione è significativamente diversa". Quanto a Banca Popolare di Vicenza, ha rilevato Apponi, Consob "non ricevette nessuna informazione da parte di Bankitalia sul prezzo".

Il tema del prezzo delle azioni dell'aumento di capitale lanciato dagli istiuti veneti è proprio uno di quelli su cui sono emerse le maggiori contraddizioni nel primo intervento in aula dei due. Prezzo che sarebbe stato stabilito al di sopra del valore di mercato con meccanismi carenti e oggetto di forti rilievi nelle ispezioni di Banca d'Italia. Verbali ispettivi che non è chiaro se siano stati trasmessi a Consob anche in forma non integrale.

LA REPLICA DI BARBAGALLO: "BANKITALIA SEGNALO' PREZZO INCOERENTE"
Diversa la posizione del capo della vigilanza di Bankitalia Carmelo Barbagallo, secondo cui nel novembre 2013 la Banca d'Italia segnalò alla Consob che il prezzo per l'aumento di capitale di Veneto Banca era "incoerente con il contesto economico, vista la crisi in atto" e considerate anche le "negative performance reddituali dell' esercizio 2012". Barbagallo ha precisato che "questa è informativa mandata alla Consob" che, a suo parere "era più che sufficiente a far scattare il warning della Consob".

La Banca d'Italia, ha spiegato Barbagallo, segnalò che il prezzo per l'aumento di capitale di Veneto Banca era "incoerente con il contesto economico". "Nel momento in cui la Consob ritiene di non avere i mezzi per poter fare una verifica poteva chiedere a noi, cosa che non ha fatto. Ricordo che esiste un luogo deputato a scambio di informazione, il comitato tecnico e lì poteva chiedere", ha aggiunto il capo della vigilanza di Bankitalia, "se non avesse avuto i mezzi avrebbe potuto dire che non li aveva e avremmo ispezionato noi".
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Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » dom gen 21, 2018 2:01 pm

BPVi, la difesa dei truffati contro KPMG pluri sanzionanata »
di Monica Mandico, da GliStatiGenerali.com
Domenica 14 Gennaio 2018

http://www.vicenzapiu.com/leggi/banca-p ... sanzionata

Per molte associazioni dei consumatori, che tutelano i risparmiatori delle banche venete, ci sono state fin troppe "distrazioni" da parte delle autorità, che avrebbero dovuto controllare la gestione e i bilanci delle banche risolte, ed in particolare della Banca Popolare di Vicenza, ora in liquidazione coatta amministrativa. In questi giorni, dopo il "teatrino" avvenuto presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, con il giochetto dello "scarica barile" degli obblighi di vigilanza e controllo, sono emersi concreti sospetti, sulle eventuali responsabilità dei controllori degli istituti di credito, nello specifico della Consob, di Bankitalia e del "colosso" KPMG, multinazionale olandese, che è tra le quattro società di revisione, che al mondo si spartiscono la grande parte del mercato.

Le altre "big" sono ‘Pricewaterhouse Coopees', ‘Deloitte & Touche' e ‘Ernst & Young', che mettono insieme ricavi per circa 130 miliardi di dollari. Il settimanale "Venerdi" del giornale "La Repubblica" del 23.11.17, le ha definite come "Autentiche potenze planetarie, un'oligarchia contabile costruita con un sistema a rete che coinvolge decine di migliaia di analisti di diverso rango (circa 800 mila) e competenze distribuiti in tutto il mondo, un network globale in grado di determinare fortune o rovine di molte grandi aziende".
Eppure, la KPMG, è coinvolta da decenni, in tutti i più grossi "crac" finanziari e bancari del mondo, e nonostante le ripetute condanne e multe, continua a ricevere incarichi tra i più prestigiosi.

Fatto sta che questo ente certificatore, questa mega e intoccabile società di consulenza, "ritorna di continuo", nelle vicende giudiziarie e giornalistiche, anche del nostro bel paese.

Il caso di IFC.

Difatti si ricorda che, la KPMG, fu condannata dal tribunale di Torino a pagare una provvisionale di otto miliardi e 800 milioni al fallimento dell' Istituto Fiduciario Centrale (Ifc), una fiduciaria del gruppo Bersano, travolta da un tracollo di circa 56 miliardi e posta in liquidazione coatta nel 1988. Si tratta di un importante, precedente giurisprudenziale, considerato che, la società di revisione avrebbe contribuito, con la propria certificazione di bilancio, a causare il danno, evitando di evidenziare che l' Ifc aveva raccolto pubblico risparmio, prima di inviare il relativo prospetto informativo alla Consob e dopo la sua scadenza, e che la fiduciaria non aveva iscritto a bilancio la sanzione riguardante la raccolta abusiva di denaro.

In queste circostante, il tribunale di Torino, ha ritenuto che avrebbe dovuto rifiutare la certificazione. Al contrario, l'omissione dell' informazione da parte della società di revisione, anzi l' aver offerto un' informazione inveritiera e falsa, ha concesso ai cattivi gestori di portare a compimento, gli effetti devastanti e non ha impedito la cessazione del danno in un momento in cui lo si poteva integralmente (o in gran parte) evitare.

Il caso di M.P.S.

Si rammenta, che la Kpmg è stata multata, dalle Autorita' di vigilanza , per 450mila euro, anche per le verifiche sui bilanci 2008 e 2009, in merito alle operazioni condotte dal Monte dei Paschi di Siena,sotto la vecchia gestione. A tale proposito nella delibera della Consob, viene rilevata la violazione dei principi di revisione sulle verifiche svolte in merito al collegamento della ristrutturazione delle obbligazioni Alexandria con il repo sui Btp con Nomura. Si tratta, in pratica, dell'operazione che ha portato al primo processo a Siena contro gli ex vertici, condannati in primo grado per l'ostacolo alla Vigilanza. La società di revisione inoltre e' stata sanzionata dalla Consob, anche per le verifiche sullo strutturato Santorini e sul Fresh, l'oscura emissione che fu utilizzata da MPS, per pagare l'acquisto di Antonveneta.

Il caso "Deiulemar"

Altro scandalo, in cui appare coinvolta la KPMG è quello del crack ‘Deiulemar'. La società armatoriale di Torre del Greco, nella quale quasi 13mila risparmiatori hanno investito nel corso degli anni oltre 720 milioni di euro, è poli fallita miseramente.

Oggi, i risparmiatori che avevano sottoscritto certificati al portatore a favore della compagnia, hanno perso tutto.

Una società che - già nel 2005 - era stata saccheggiata di ogni asset dai soci fondatori: tutti appartenenti alle famiglie di armatori, Della Gatta-Iuliano-Lembo. I presunti responsabili del crack sono stati condannati in primo grado a pene complessive per quasi 90 anni.

Il processo penale d'appello, per bancarotta fraudolenta, si è di recente concluso con la riduzione delle condanne inflitte in primo grado ai sette imputati per il fallimento nel 2012.

Risultano attivate azioni legali ed esposti, presentati dai risparmiatori contro la KPMG e la CONSOB; invero il caso, potrebbe avere risvolti penali e di responsabilità civile, per responsabilità derivante da culpa invigilando, che avrebbe provocato il danno dall'investimento rovinoso del risparmiatore.
Ma non è finita, l'elenco delle azioni a tutela dei risparmiatori, delle sanzioni e delle condanne alle società di consulenza, è ancora lungo.

Il caso Consip

Il 7.11.17, il "Sole 24 ore", ha pubblicato un articolo rendendo nota, la multa dell'Antitrust, per 23 milioni a Deloitte, Kpmg, Ernst&Young e Pwc, a seguito dell'istruttoria eseguita, sui comportamenti delle "Big four", accertando l'esistenza di un'intesa restrittiva della concorrenza, per mezzo della quale, le multinazionali, avrebbero "condizionato l'esito della gara bandita da Consip, per l'affidamento dei servizi di supporto e assistenza tecnica alle Pubbliche Amministrazioni, per l'esercizio e lo sviluppo della funzione di sorveglianza e audit dei programmi, confinanziati dall'Unione Europea (gara Consip AdA), il cui valore ammonta a 66 milioni".

Il caso di Banca Popolare Di Vicenza

La Consob, autorità di vigilanza sulle società e sulla Borsa, ha multato nel dicembre di quest'anno per 300 mila euro, la società di revisione Kpmg in relazione ai lavori di revisione svolti sui Bilanci di esercizio e consolidato al 31 dicembre 2014, di Banca Popolare di Vicenza.

Questo è un primo passo che indica precise responsabilità, anche della società di revisione che ha certificato i bilanci della BpVi

LA MULTA.

La delibera della Consob del 6 dicembre, spiega che già a marzo l'organo vigilante, ha contestato la revisione del bilancio di BpVi 2014, emesso dal socio Vito Antonini di Kpmg, sostenendo che c'erano state «irregolarità inerenti l'attività di revisione svolta sui bilanci» in particolare per «la valutazione delle attività finanziarie disponibili (specie per la gestione del risparmio collettivo), la valutazione dei crediti verso la clientela» e poi le famose operazioni "baciate" di finanziamenti dati a soci che poi compravano azioni.

La Consob ha ritenuto di confermare i rilievi: Kpmg è ritenuta responsabile di avere violato le norme di revisione, sia per la pianificazione della sua attività, sia per la valutazione delle attività disponibili per la vendita, dei crediti verso la clientela, delle attività immateriali e delle azioni proprie. La conclusione è che c'è stata una «gravità oggettiva delle violazioni accertate» e anche una «gravità soggettiva delle condotte poste in essere.

Consob verbalizza che Kpgm «ha commesso precedenti violazioni in materia finanziaria», per cui c'è quantomeno colpa.

Viene applicata, nei confronti di Kpmg la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 300 mila, di cui è contestualmente ingiunto il pagamento». Kpmg, peraltro, può ancora ricorrere alla Corte d'appello contro la sanzione.

Ma questo è purtroppo un film già visto.

Il caso Unipol

La KPMG è stata sanzionata, con delibera Consob n. 19304 del 5 agosto 2015.

Infatti con ricorso, avverso la delibera n. 19304 del 5 agosto 2015, KPMG spa ha proposto opposizione ex art. 195 comma quarto d.lgs. 58/98, avverso la citata delibera Consob, con la quale detta Commissione irrogava ai certificatori, la sanzione amministrativa di € 100.000,00, relativamente all'attività di revisione, da questa svolta, sul bilancio consolidato al 31 dicembre 2011 di Unipol Gruppo Finanziario spa (UGF), contestando:

a) violazione dei principi di revisione n. 300 e n. 330, in relazione alle verifiche concernenti lo "scorporo dei derivati impliciti";

b) violazione dei principi di revisione n. 330 e n. 500, in relazione al lavoro di revisione concernente la "classificazione di titoli con clausole di rimborso anticipato a fair value per clausole tax event".

La vicenda si colloca nell'ambito dell'attività di revisione effettuata da KPMG, nella persona del socio della stessa, dott. Luca Ferranti, responsabile dei lavori di audit, sul bilancio consolidato di UGF spa, società controllante Unipol Assicurazioni spa.

La Commissione ha rilevato che il Bilancio consolidato di UGF al 31 dicembre 2011 non era conforme rispetto alle norme che ne disciplinano la redazione (principi contabili IAS), in particolare con riferimento alle modalità di rilevazione e valutazione di alcuni investimenti in titoli di debito detenuti dalla UGF o da società consolidate, tra i quali quelli definiti dalla stessa "strutturati".

L'istruttoria nei confronti della società di revisione stessa, si è conclusa con l'emanazione della delibera opposta, in data 5 agosto 2015.

La Corte d'Appello di Milano si è pronunciata sull'opposizione proposta da KPMG spa nei confronti della delibera n. 19304 del 5 agosto 2015 emessa dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa - accogliendo l'opposizione e per l'effetto, ha però annullato la delibera n. 19304 del 5 agosto 2015; - condannando la Consob alla restituzione all'opponente dell'importo percepito in base a tale delibera.

Due pesi due misure!

Invero, tutt'altra soluzione, è stata intrapresa dalla giustizia Brasiliana a carico della multinazionale olandese, per un caso omonimo a quello della Banca Popolare di Vicenza.

La società di revisione KPMG e uno dei suoi partner, sono stati condannati in prima istanza, a risarcire le perdite subite da un risparmiatore, che aveva, investito i suoi soldi, nei certificati di credito della banca BVA, oggi fallita.

Questa è la prima decisione di merito, presa dai tribunali brasiliani, che riconosce piena responsabilità alla società che doveva controllate e certificare i bilanci di una banca, delle perdite subite da un investimento rovinoso.

La decisione è stata presa nel 2015, dal giudice Miguel Ferrari Júnior, della quarantratreisima Corte Civile della Corte di Giustizia di São Paulo.

In un procedimento parallelo, presentato alla Procura della Repubblica di San Paolo, la KPMG è anche un imputata di ipotesi di reato, e le sue attività, sono state sospese, in prima fase, con una misura cautelare, basata su un addebito della Banca centrale sul BVA.

La tesi dell'accusa, ( rappresentata da Fernandes Figueiredo & Advogados), si è basata un principio, logico e giuridico, - che potrebbe essere, preso a riferimento per i risparmiatori delle banche venete, -vale a dire, il parere senza riserve rilasciato da KPMG sul bilancio del Banco BVA, ha inevitabilmente, condizionato le scelte del risparmiatore, inducendolo, a considerare "come sicuro investimento" l'operazione bancaria e finanziaria di acquisto di titoli della banca fallita.

L'argomentazione, si è fondata su un dato: l'opinione del revisore è un fine, non un mezzo per verificare la solidità economica di un istituto di credito e dei suoi prodotti finanziari.

Per cui, se la relazione del revisore mostra, che il patrimonio netto della banca è positivo e soprattutto solido, ancorchè in aumento, quando in realtà non lo era, è di per sé elemento sufficiente, per far scattare la responsabilità per il risarcimento del danno a carico della società di revisione, che non ha operato, seguendo il criterio della trasparenza e della diligenza.

Dalla relazione della Banca centrale sul caso, emergono errori, determinanti nelle procedure di revisione che giustificherebbero, la condanna di KPMG.

Pur riconoscendo che l'audit non dovrebbe garantire il futuro finanziario di un'entità, l'accusa rileva che la differenza di capitale, esisteva già alla data di riferimento del bilancio ed era sufficientemente ampia per essere inclusa nei test.

Secondo il giudice, a cui è stata devoluta la decisione sul caso, "il revisore ha il dovere di fornire informazioni autentiche, vere e reali e non è esente da responsabilità per il fatto che i dirigenti della società, abbiano fornito informazioni inesatte nei bilanci sottoposti a revisione contabile. In realtà, questo è esattamente l'audit per verificare l'autenticità o l'inesattezza dei dati nei bilanci ".

La KPMG, ha molto probabilmente proposto appello a questa rilevante sentenza di condanna.

Sta di fatto, che forse sembra giusta, la strada che sta intraprendendo, qualche risparmiatore truffato dalle banche venete, prendendo nel mirino, proprio la Kpmg . Tutto ciò alla luce del fatto che lo scorso 6 dicembre la Consob ha applicato una sanzione amministrativa di 300mila euro alla società di revisione in relazione ai lavori di revisione svolti sui bilanci di esercizio e consolidato al 31 dicembre 2014 di BpVi. "

In ogni caso non si escludono, le responsabilità della Consob, per le banche risolte, che ricordiamo è l'ENTE PUBBLICO DI GARANZIA DI CONTROLLO E VIGILANZA SUL MERCATO DEI VALORI MOBILIARI E SULLA RACCOLTA FINANZIARIA DEL RISPARMIO, la cui funzione deve svolgersi nei limiti e con l'esercizio dei poteri previsti dalle leggi speciali che la istituiscono, ma anche della norma primaria del neminem laedere, in considerazione dei principi di legalità imparzialità e buona amministrazione dettati dallo art. 97 Cost., in correlazione con l'art. 47 Cost., prima parte; pertanto la Consob potrebbe esser tenuta a subire le conseguenze stabilite dallo art. 2043 c.c. atteso che tali principi di garanzia si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale.

L'illecito civile, per la sua struttura, segue le comuni regole del codice civile anche per quanto concerne la imputabilità soggettiva, la causalità, l'evento di danno e la sua quantificazione. (cfr. Cass. Cass. civ., sez. III, 23 marzo 2011, n. 6681; Cass. 2001 n. 3132; 2001 n. 12672; 2003 n. 1191 e vedi Cass. SU 9 marzo 2007 n. 5396 sui poteri di controllo e di autonomia della CONSOB).
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Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » gio feb 01, 2018 11:18 am

La stampa americana si mobilita per mandare Zonin sul lastrico. 'Boicottiamo i suoi vini'
27/01/2018

http://www.altovicentinonline.it/attual ... -suoi-vini

L’America del vino si mobilita per boicottare Gianni Zonin, il ‘re del vino’, che non ricorda e non sa nulla di come ha rovinato un esercito di azionisti vicentini che ha gettato sul lastrico senza pietà, sta avendo gli onori della stampa internazionale. Ma questa volta non è pubblicità gratuita come spesso ha avuto immeritatamente, anche dalla stampa nazionale e locale. Questa volta gli americani vogliono fare partire una campagna per boicottare i vini Zonin . È addirittura finito su una rivista specializzata americana sul vino e questo la dice tutta su come il noto imprenditore pagherà, se la lenta e deludente giustizia italiana rischia di arrivare quando i buoi (leggi quote azionarie delle sue società) sono già scappati, lo scotto di essere a capo di un marchio che fattura da capogiro con l’export e si prepara ad una crisi non indifferente, se i consumatori americani decideranno di aderire alla campagna di boicottaggio dei suoi vini.

Sul giornale americano, si parla di Zonin come un tempo si parlò di Al Capone

Almeno lui risparmiava gli anziani, mentre i pensionati erano le ‘prede’ innocenti di un meccanismo che faceva diventare esperti di borsa anziani con la quinta elementare pur di vendergli azioni di nessun valore. L’articolo sulla rivista americana parla di come, appena qualche settimana prima del crack ufficiale della Banca Popolare di Vicenza e della rovina dei risparmiatori, per i quali è in agguato l’azzeramento delle azioni, lui passeggiasse come un vip in via Montenapoleone a Milano. Consorte presa dalle vetrine luccicanti della sfarzosa strada milanese e lui, con fare da miliardario la segue mentre guarda sfrenatamente il cellulare come un uomo d’affari.

Come se tutto quello che sta colpendo risparmiatori e azionisti non fosse affare suo. Stesso atteggiamento non sfuggito durante le audizioni in seno alla commissione d’inchiesta indetta dal Parlamento sul caso Banche, dove lascia di stucco il suo glaciale ‘non ricordo’, il suo vano tentativo di difendersi con un ‘ormai sono anziano e ho dei vuoti di memoria’.

Quasi una beffa al dolore lacerante di cui sono ormai ammalati i risparmiatori che non si danno pace e invocano giustizia. Risparmiatori, che ogni giorno subiscono un cazzotto in pancia quando, proprio come racconta DoBianchi in America, vengono sequestrati a Zonin i beni cautelativamente: ‘Zonin e la sua famiglia hanno fatto nuovamente notizia questa settimana sui media italiani quando è stato riferito che le autorità italiane avevano sequestrato solo 346.000 euro all’ex banchiere in seguito allo scandalo finanziario.
Zonin

“Una goccia nel mare”, è stato il modo in cui Giulio Romani, Federazione sindacale italiana (Prima Cisl), lo ha descritto. “Corrisponde a malapena al 34% dello stipendio di Zonin di oltre 1 milione di euro nel 2015”.

In un altro rapporto pubblicato sui media italiani all’inizio di questa settimana, gli investigatori finanziari hanno riferito che al fine di proteggere la sua fortuna, l’enologo ha trasferito la proprietà di “quasi tutte le sue proprietà” a uno dei suoi figli e sua moglie in due transazioni il 15 gennaio e il 13 maggio 2016.

Secondo il magistrato italiano Roberto Venditti, il giudice che ha ordinato il sequestro, “l’imputato ha dato la maggior parte delle sue risorse finanziarie ai membri della famiglia nel corso di due anni”.

La notizia del sequestro e gli accordi finanziari di Zonin sulla scia del crollo della banca hanno fatto crescere ancora il numero dei membri della pagina Facebook Noi che credevamo nella Banca Popolare di Vicenza’.


Alberto Pento
Così sarà costretto a vendere/svendere le sue aziende mal avute e i produttori autonomi del vino di Zonin a prendere in considerazione la possibilità/necessità di non venderglielo più. Mi dispiace solo per quelli, lavoratori dipendenti e produttori autonomi, che avranno da patire per colpa del boicottaggio a Zonin.
Vergogna per noi veneti ad avere gentaglia di questa razza come Galan e Mazzacurati.
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Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » mer mar 21, 2018 9:53 pm

Popolare Vicenza: sequestrati beni nella villa di Zonin per 19 milioni di euro
Katy Mandurino
2018-03-21

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AEiLd7KE

«Andate a prendere i soldi a Zonin!» , era il grido che più di un corteo di risparmiatori truffati inneggiò per mesi davanti alle ville dell'ex patron della Banca Popolare di Vicenza all'indomani del crac dell'istituto vicentino. Molti di quegli stessi risparmiatori oggi, a distanza di quasi tre anni, sono autorizzati a pensare che quello che auspicavano stai accadendo veramente e potrebbe portare agli agognati risarcimenti.
Questa mattina, su ordine del Tribunale di Vicenza, sono stati sequestrati, nella villa palladiana di Montebello di proprietà della famiglia Zonin, a titolo conservativo, beni per oltre 19 milioni di euro. Quadri antichi, tappeti, mobili e oggetti preziosi su cui sono stati apposti i sigilli dagli ufficiali giudiziari, arrivati nell'abitazione accompagnati da due legali, Michele Vettore e Renato Bertelle, che rappresentano circa 300 ex soci e risparmiatori dell'ex popolare.

Il via libera al sequestro conservativo è scattato già lunedì, con le trascrizioni del Tribunale di Vicenza, e porterà presumibilmente ad ulteriori sequestri di case, beni e terreni, anche all'estero – in California, Sudafrica, Canada, Argentina, dove stanno indagando i legali dei risparmiatori che chiedono i risarcimenti -, e ai congelamenti di conti correnti e quote azionarie. L'operazione di oggi rientra nel solco dell'ordinanza del giudice Roberto Venditti, che ha concesso sigilli per un ammontare complessivo di 260 milioni di euro, in modo tale che i beni degli imputati al processo non vengano dispersi da qui alla fine del processo. L'avvocato Bertelle è stato autorizzato dal giudice a sequestri per 15,5 milioni di euro, Vettore per 3,8 milioni. «Oggi si è passati ai beni mobili – ha spiegato Bertelle - andando a mettere i sigilli a quanto contenuto nella villa di famiglia che si ritiene appartenga ancora di fatto all'ex presidente della Popolare». Le operazioni sono solo all'inizio e proseguiranno anche domani. «La villa è molto grande - ha continuato l'avvocato - e gli oggetti che stiamo trovando sono sicuramente di grande pregio, direi importanti».

All'interno dell'abitazione non c'era Gianni Zonin, ma i figli Michele, al quale il padre ha ceduto l'abitazione, e Domenico. Il tribunale nominerà quasi sicuramente Michele Zonin custode dei beni. Tutti gli oggetti sequestrati saranno congelati fino alla sentenza finale, che dovrà passare per i tre gradi di giudizio, e rimarranno al loro posto senza poter essere venduti, spostati, alienati o distrutti. Alla fine del processo si procederà o con il pignoramento o con la liberazione. Se pignorati, saranno messi in vendita in un'asta e il ricavato servirà in parte per risarcire i risparmiatori vittime del fallimento della Popolare di Vicenza.

Popolare di Vicenza, sequestro da 106 milioni

L'operazione di oggi giunge dopo il sequestro preventivo da parte della Procura di Vicenza di 106 milioni di euro, depositati in una filiale milanese in un conto corrente intestato a “Bpvi in liquidazione coatta amministrativa”. L'inchiesta a carico di Gianni Zonin vede l'ex presidente indagato per ostacolo agli organismi di vigilanza Consob, Bankitalia e Bce. Ma i tronconi di indagine sono diversi. La procura punta a unificare tutti i rami di indagine, per arrivare a un unico maxi-processo.




Crac BpVi, sequestrate case e ville di Zonin e Zigliotto
5 aprile 2018

http://www.venetoeconomia.it/2018/04/bp ... -zigliotto


Dopo i beni mobili, tocca agli immobili: il sequestro conservativo – cioè a tutela degli ex soci eventualmente beneficiari di un risarcimento – nell’ambito del processo per il crac BpVi tocca ora alle abitazioni dell’ex presidente Gianni Zonin e dell’ex componente del consiglio di amministrazione e già presidente di Confindustria Vicenza Giuseppe Zigliotto. L’avvocato Michele Vettore, che tutela alcune decine di soci della Banca Popolare di Vicenza che hanno perso il valore delle loro azioni nella liquidazione dell’istituto di credito, ha chiesto e ottenuto dalla Conservatoria del Tribunale di Vicenza la trascrizione del sequestro di diversi immobili riconducibili ai due ex dirigenti. L’atto è stato perfezionato ieri 4 aprile 2018.
BpVi, quali sono i beni sequestrati a Zonin e Zigliotto

Il valore complessivo dei beni posti sotto sigillo si aggira attorno ai 3 milioni di euro. Che si vanno ad aggiungere ai 19 milioni di euro “fermati” nel precedente sequestro di beni mobili avvenuto il 21 marzo nella villa di Zonin a Montebello Vicentino.

Quali sono i beni sequestrati ieri a Zonin e Zigliotto? Si tratta di un palazzo in centro città a Vicenza, seconda abitazione dell’ex presidente BpVi dopo la villa, di diversi fabbricati a Montebello Vicentino e terreni a Gambellara, sempre nella provincia berica. A Zigliotto sono stati sequestati una villa a Longare e alcuni terreni.
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Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » gio apr 12, 2018 7:32 pm

Ex funzionario inguaia Veneto Banca: «Sapevano tutto»
Denis Barea
Martedì 10 Aprile 2018

https://www.ilgazzettino.it/nordest/tre ... 60569.html

TREVISO - Non avrebbero saputo nulla del bidone che sarebbe stato confezionato ai danni della clientela: semplicemente vendevano a raffica per disposizioni di natura squisitamente commerciale. E quelle procedure forzate, come quando attribuivano a totali sprovveduti dei profili da investitore consapevole dei rischi del mercato azionario, venivano messe in atto perché c'era bisogno di fare numeri. Ma nessuno sapeva le vere ragioni starebbero raccontando i tanti dipendenti di Veneto Banca al pool GdF che ipotizza i reati di falso in bilancio, falso in prospetto, falso in certificazione e truffa. Ma ora le dichiarazioni di un ex funzionario della sede centrale di Montebelluna, che sono parte integrante di due nuova denunce depositate lo scorso 26 aprile in Procura a Treviso dall'avv. Sergio Calvetti a nome di 43 clienti della ex Popolare, potrebbero cambiare radicalmente le carte in tavola.

Secondo l'ex dipendente nel 2013 a tutto il personale di Veneto Banca arrivò infatti una direttiva che assegnava l'incarico di raccogliere più soci azionisti possibili perché la Banca aveva problemi di crediti deteriorati da coprire e quindi aveva la necessità di recuperare denaro per rappresentare un patrimonio netto che rientrasse nei parametri di legge. Quindi non una operazione di collocamento da condurre in porto con il miglior risultato commerciale, ma una vera e propria missione di salvataggio per una Banca la cui stessa esistenza era messa a repentaglio dai crediti a rischio. «Tutti i miei colleghi ne erano a conoscenza» ha spiegato l'ex funzionario.

Dalla direzione centrale, secondo il racconto del dipendente di Veneto Banca, arrivavano in continuazione comunicazioni che dovevamo incentivare il collocamento. In una si legge: «Dobbiamo tornare con forza su questa classe di attivo (le azioni, ndr), non c'è bisogno di dire ancora quanto sia importante per il gruppo e per i soci stessi... ». E c'era una tecnica che secondo il supertestimone sarebbe stata utilizzata quando tanti clienti, alla luce del crollo del valore dei titoli, dai primi mesi del 2014, chiesero di vendere.



CRACK VENETO BANCA. EX FUNZIONARIO: «TUTTI I DIPENDENTI SAPEVANO»
https://www.youtube.com/watch?v=3JJu337uKMs
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Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » mer set 12, 2018 2:05 am

Tremila risparmiatori perdono tutto: maxi-truffa, arrestati falsi promotori
Brillante operazione delle Fiamme gialle
di Marco Corazza
Martedì 11 Settembre 2018

https://www.ilgazzettino.it/nordest/pri ... 66136.html

Truffe e abusivimo finanziario: raffica di arresti tra Veneto e Friuli Venezia Giulia. La Guardia di Finanza del Gruppo di Venezia-Portogruaro sta eseguendo i provvedimenti disposti dalla Procura di Pordenone. L'indagine è partita diversi mesi fa dopo che migliaia di risparmiatori, oltre 3.000, non erano più riusciti a tornare in possesso del denaro investito. Sono oltre 72,3 i milioni di euro abusivamente raccolti. Sul caso gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno lavorato per svariati mesi per ricostruirne il "tragitto".

Nella notte un centinaio di militari hanno eseguito decine di perquisizioni e 17 provvedimenti cautelari: l'uomo considerato la mente del sodalizio criminale è stato arrestato, arresti domiciliari per cinque, obbligo di dimora per altre 11 persone.

Sono in corso sequestri preventivi per complessivi 47 milioni di euro. I reati contestati sono quelli di associazione a delinquere, truffa aggravata, esercizio abusivo di attività di gestione del risparmio, autoriciclaggio.
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Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » dom dic 02, 2018 9:35 am

Banche, titoli tossici: bomba da 6.800 miliardi negli istituti tedeschi e francesi
di Morya Longo
01 Dicembre 2018
(Aleandro Biagianti / AGF)

http://amp.ilsole24ore.com/pagina/AE0pP ... Ur3DwNQLrs

Nei bilanci delle banche europee c’è una montagna di attivi e di passivi, pari a 6.800 miliardi di euro, con una caratteristica che non può non inquietare almeno un po’: l’opacità. A tanto ammontano infatti i cosiddetti titoli illiquidi, quelli nel gergo tecnico chiamati di «Livello 2 e 3» e nel linguaggio più popolare «titoli tossici».

Sebbene questo appellativo sia sbagliato per molti aspetti, nei bilanci delle banche europee c’è un gigantesco rischio potenziale e imponderabile: gli attivi e passivi illiquidi hanno un ammontare 12 volte superiore a quello dei crediti deteriorati e per il 75% sono concentrati in due soli Paesi. Cioè Germania e Francia. Basterebbe che subissero una svalutazione del 5% per erodere mediamente il capitale delle banche più esposte di 330 punti base. Con punte di 1.500. Insomma: se accadesse, buona parte del cataclisma patrimoniale colpirebbe gli istituti di due soli Paesi. Quelli ritenuti più solidi...

Ecco perché la Banca d’Italia, in un Convegno organizzato ieri dall’Università Cattolica con Crif e Credit Risk Club, ricordando questi dati emersi in un suo studio, ha ancora una volta puntato il dito sugli attivi e passivi illiquidi: perché rappresentano un potenziale problema sul quale la Vigilanza europea deve alzare la guardia. «Possono non essere tossici - commenta Fabio Panetta, Vicedirettore generale della Banca d’Italia e componente del Consiglio della Vigilanza Bce -, ma producono potenzialmente rischi materiali».

«La pericolosità è sconosciuta - gli fa eco Rosario Roca, ispettore senior di Bankitalia -, ma verosimilmente non è distante da quella dei crediti in sofferenza». Questo perché gli attivi di «Livello 2 e 3» sono tutti gli strumenti (spesso complessi e opachi) per i quali non esiste un mercato di riferimento che stabilisca un prezzo: non avendo un valore certo, dunque, le banche li iscrivono nel bilancio a un prezzo ricavato o dal confronto con titoli simili (nel caso del «Livello 2») oppure da complessi calcoli matematici (nel caso del «Livello 3»). Insomma: una montagna da 6.800 miliardi di euro è iscritta nei bilanci a valori opinabili. E non verificabili da parte della Vigilanza.

È Rosario Roca ad elencare i potenziali rischi. Uno: il processo di valutazione da parte delle banche è discrezionale. «Gli istituti creditizi sono incentivati a usare la discrezione nel valutare questi attivi a proprio vantaggio». Due: «Le banche hanno l’interesse a classificare il più possibile gli strumenti al Livello 2 piuttosto che al Livello 3, per evitare una stigmatizzazione sul mercato». Questo perché quelli di Livello 3 sono ritenuti da mercato e agenzie di rating più “tossici”. Tre: per le banche è difficile fare corrette coperture dei rischi (hedging). Negli ultimi stress test l’ ha imposto di stimare shock esterni sugli attivi tossici, dimostrando crescente attenzione sul tema. Ma c’è un problema, evidenziato da Andrea Resti, Professore della Bocconi: il valore di partenza di questi attivi è stato, anche negli stress test, quello che le banche le banche si auto-assegnano. E, come detto, proprio questo valore è opinabile.
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Re: Banke e łe so ladrarie

Messaggioda Berto » lun feb 18, 2019 10:44 pm

Così Banca Etruria ha ingannato i risparmiatori
Giorgia Baroncini - Lun, 18/02/2019

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 47274.html

Responsabili dell'istituto decisero di vendere le obbligazioni ai piccoli risparmiatori, sapendo che il prodotto doveva essere destinato solo ad acquirenti "istituzionali"

I clienti di Banca Etruria che furono convinti a comprare le obbligazioni subordinate sono stati ingannati.

I responsabili dell'istituto di credito decisero di vendere le obbligazioni anche ai piccoli risparmiatori, sapendo che il prodotto doveva essere destinato solo agli acquirenti "istituzionali".

Quanto accertato dall'inchiesta penale, trova ora conferma nell'esito degli arbitrati condotti dall'Anac, l'autorità anticorruzione guidata. Lo riporta il Corriere.

Dall'esame delle pratiche emerge un particolare inquietante: i requisiti di chi comprava sono stati modificati per dimostrare che erano informati e consapevoli dei rischi. "I clienti, soprattutto anziani, sono stati spinti a effettuare il disinvestimento di operazioni a capitale garantito per favorire l’acquisto delle obbligazioni subordinate", si legge in una nota.

Le domande

Come ha spiegato il quotidiano, sono oltre 850 richieste presentate da chi si ritiene truffato dal decreto salvabanche approvato dal governo Renzi per evitare il fallimento. Il provvedimento, varato nel novembre 2015, non ha infatti protetto i risparmiatori che avevano scelto le obbligazioni subordinate.

Fino ad ora le commissioni arbitrali create da Raffaele Cantone hanno esaminato 588 istanze per un valore di 18 milioni di euro e ne hanno accolte 495 concedendo il via libera all'erogazione di 14 milioni di euro.
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