Casta sinical o sindacale

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Messaggioda Berto » dom dic 15, 2013 6:46 am

Casta sinical o sindacale
viewtopic.php?f=22&t=209


I kapò e i parasidi

Coldiretti
CIA
Confagricoltura
CASA
CNA
Confartigianato
ASCOM
Associazione Industriali
CISL
CGL
UIL
ENASARCO
Asoçasion de i caminonisti o traspordadori
...

Tuta xentaja ke la ga sfrutà el lavoro de li altri par vivarghe sora, tanti par robar e far cariera poledega, gran parte li ga fato i kapò e li xe caouxa de le dexgràsie e de i problemi ke ghè ancò entel mondo del laoro e dei milioni ke no li ga laoro e de le tante vitime ke ga suiçidà e ke se coparà.

Altro ke la MAFIA E LA CAMORRA!
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Casta sinical o sindacale

Messaggioda Berto » lun dic 16, 2013 6:55 am

L’ALTRA CASTA-L’INCHIESTA SUL SINDACATO DI STEFANO LIVADOTTI
ED. BOMPIANI PAGG. 238 15 EURO

http://snaterveneto.xoom.it/forum/stamp ... dacato.pdf

“Le allegre finanze del sindacato: la sola Cgil ha un giro d’affari valutato in un miliardo di euro.
I delegati delle tre centrali sindacali sono 700 mila, sei volte più dei carabinieri.
I loro permessi equivalgono a un milione di giornate lavorative al mese. E costano al sistema-paese un miliardo e 854 milioni di euro l’anno.”
I sindacati sono oggi nel pieno di una profonda crisi di legittimità, che rischia di cancellare anche i loro meriti storici.
Lo strapotere e l’invadenza delle tre grandi centrali confederali, e le sempre più scoperte ambizioni politiche dei loro leader, hanno prodotto nel paese un
senso di rigetto. Lo documentano tutti i più recenti sondaggi d’opinione: solo un italiano su venti si sente pienamente rappresentato dalle sigle sindacali e meno di uno su dieci dichiara di averne fiducia.
L’immagine del sindacato come di un soggetto responsabile, capace di interpretare gli interessi generali, si è dunque dissolta.
E ha lasciato il posto a quella di una casta iperburocratizzata e autoreferenziale che ha perso via via il contatto con il paese reale, quello delle buste
paga sempre più leggere e delle fabbriche dove si muore troppo spesso. Un apparato che, in nome di una concertazione degenerata in diritto di veto, pretende di avere l’ultima parola sempre e su ogni cosa. Che si presenta come il legittimo rappresentante di tutti i lavoratori.
Ma bada in realtà solo agli interessi dei suoi iscritti, che valgono ormai meno di un quarto dell’intero sistema produttivo nazionale.
E perciò si mette puntualmente di traverso a qualunque riforma in grado di mettere in discussione uno status quo fatto di privilegi.
[…] se gli italiani ne hanno abbastanza della casta dei politici, il discorso vale ancora di più per quella dei sindacalisti, che a differenza dei primi non vengono neanche eletti, ma semplicemente cooptati. […] I numeri parlano chiaro. E spiegano che Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, insieme ovviamente ai loro predecessori, sono riusciti nella straordinaria impresa di dilapidare il patrimonio di credibilità conquistato negli anni dalle loro insegne. […] I tre leader del sindacato italiano, i tre porcellini, […] sono onnipresenti. Considerano di loro competenza qualunque argomento …
Solo il 5,1% degli italiani , uno su venti dunque, si sente adeguatamente rappresentato dai sindacati…
Ebbene, Cgil, Cisl e Uil hanno, tutte assieme, 11 milioni, 731 mila e 269 tesserati (dati 2006). Di questi, 5 milioni, 767 mila e 103, pari al 49,16%, sono pensionati […]
E’ la prima vistosa anomalia italiana
INSOMMA UN LIBRO DA NON PERDERE da http://www.ilvascellofantasma.it il primo sito web degli esternalizzati.

*** NOTE BIOGRAFICHE: Stefano Livadiotti è una delle firme più note de “L’espresso”: da oltre venti anni si occupa di economia e di politica con inchieste, interviste e reportage. ***


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Epifani el sinacalista segretario
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SIN.PA.
http://www.sindacatopadano.org
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Re: Casta sinical o sindacale

Messaggioda Berto » lun dic 16, 2013 8:09 am

Sergio Billè a nome dei commercianti ...

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DA ‘Ł GADHETIN Giovedì, 22 Dicembre 2005


Sergio Billè a nome dei commercianti si lamentava ogni giorno che gli italiani consumassero poco, che spendessero pochissimo. Senza consumi, si sa, non c'è ripresa economica. Era convincente Billè tra tg e salotti televisivi, buona presenza, sempre rasato di fresco, cravatta del colore giusto, una critica al governo e una all'opposizione, poi una lisciatina a destra e una a sinistra. Le famiglie italiane quasi si commuovevano. Adesso c'è il sospetto che abbia fatto speculazioni con i soldi della cassa previdenziale della Confcommercio; che abbia concluso qualche affare non proprio limpidissimo con Ricucci, l'odontotecnico diventato in poco tempo immobiliarista ricchissimo.
Dice Billè: «Ho sbagliato a fidarmi di Ricucci». Sembra un ritornello, anche l'ex Governatore di Bankitalia si è lasciato andare: «Mi sono fidato delle persone sbagliate». Intanto, nella casa romana di Billè, durante la perquisizione, hanno trovato un museo in piena regola: quadri d'autore, mobili antichi, vasi, argenti. Un inventario di due milioni di euro, "pagati con i soldi dei soci", lasciano capire gli inquirenti. Ogni anno il presidente avrebbe sottratto 14 dei 17 milioni di contributi associativi e speculato su palazzi e altro. Non è insolito trovare ricchezze nelle case dei ricchi, meno solito quando si scoprono musei nelle abitazioni di uomini che ricoprono cariche istituzionali o incarichi pubblici. Non è una novità la storia dei potenti che accumulano opere d'arte, qualcuno lo ha fatto persino con aspetti patologici. Duilio Poggiolini, direttore del servizio farmaceutico della Sanità, al tempo dello scandalo della Malasanità, con la moglie raccoglieva avidamente di tutto, monete d'oro, gioielli, banconote nascoste nel puff del salotto, tele di De Chirico e Guttuso tenute in cantina.

D'accordo questa storia è diversa da "Tangentopoli", però mette a nudo un retroscena inquietante e torbido. Deputati e senatori sospettati di aver fatto da sponda tra politica e banche, immobiliaristi che hanno accesso a tutti i palazzi del potere; parlamentari con incredibili fidi concessi senza garanzia. Se persino l'Abi annuncia che si costituirà parte civile nei processi sullo scandalo della Bpi; se la stessa Banca Popolare fa sapere che rifonderà i risparmiatori danneggiati, significa che le operazioni fatte non sono state proprio limpidissime. Senza tenere conto del costo dei servizi bancari italiani, tra i più alti in Europa e tra i più misteriosi.

Questa storia è incominciata malissimo con la famosa telefonata tra Gianpiero Fiorani e la signora Fazio, la moglie del Governatore. In piena notte e in piena scalata di Fiorani all'Antoveneta. È continuata peggio tra banchieri che cantano a sguarciagola e politici che temono. Fiorani, per esempio, ha fatto sapere al giudice che ad avvertire Ricucci delle intercettazioni disposte dalla magistratura fu un sottosegretario alla Giustizia! Sarebbe stato il marito di Anna Falchi, informando Fiorani, a innescare lo scandalo che ha toccato via Nazionale. Questi nuovi potenti non sanno proprio tacere, al telefono o a viva voce sono disposti a raccontare tutto. Storie italiane, è vero, Ma qualche volta faremmo a meno del bis. Un dubbio: adesso che per Natale i consumi aumenteranno, Billè sarà più contento o si sentirà triste?

PIETÀ PER LA VERITÀ

«Il fascismo? In Italia non fu criminale». Se a dirlo è il Presidente del Consiglio significa che in questo Paese la Storia del Novecento è stata insegnata male. Certo il Cavaliere non è fortissimo sul nostro passato e ogni tanto si tradisce. Come la volta che voleva lasciare uno studio televisivo per correre a stringere la mano ad Alcide Cervi, padre di sette figli trucidati dai nazifascisti. Per raggiungerlo non gli sarebbe bastato il ponte sullo Stretto, il vecchio Alcide era morto da troppi anni, era lontanissimo in un angolo del cielo.

Adesso Berlusconi spiega che il fascismo ha commesso solo un errore, le leggi razziali: «Null'altro da paragonare con il nazismo e il comunismo. Era una dittatura, però è nata e finita con se stessa». Forse, ma per finire ha impiegato vent'anni, culminati con una guerra disastrosa, con un governo collaborazionista che ha portato anche a una guerra civile. Per affermarsi il fascismo ha soppresso ogni libertà, abolito sindacati, partiti e elezioni, ridotto la stampa a veline del Minculpop, la radio alla voce del padrone. Ha mandato a morte gli oppositori e migliaia di antifascisti in galera e al confino, che non era una villeggiatura come qualcuno sostiene. Ha costretto ad avere la tessera del Pnf per lavorare e i professori a giurare fedeltà al regime o ad andarsene. Oltre, naturalmente, alle leggi razziali, alle barbarie in Abissinia e alle bombe sulla Spagna repubblicana. Sicuro, non era il nazismo e nemmeno il comunismo. Era il fascismo e agli italiani è bastato. Se questa Italia è diversa, libera, democratica è perché tanti sono morti combattendo quel fascismo e costruendo questa Repubblica. La storia va rispettata, sempre; non piegata alla propria convenienza politica o negata perchè non piace. Bella o brutta questa è la nostra Patria, con questa storia.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... 2845.shtml
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Re: Casta sinical o sindacale

Messaggioda Berto » lun dic 16, 2013 8:16 am

Terremoto Ascom, Tonetto lascia la presidenza

DA EL GADHETIN Giovedì, 22 Dicembre 2005

Era già nella precedente Giunta coinvolta in un’indagine interna e per la quale il vice Zilio dichiara: «Chiederemo i danni a Chiesa»

Le dimissioni. Alcide Tonetto, 57 anni, ottico a Piove di Sacco ed eletto nel giugno scorso alla presidenza dell'Ascom ha rassegnato ieri le dimissioni dall'associazione che da oggi è nelle mani del consigliere anziano Augusto Ruggero. È questo l'ultimo atto di una azione di rinnovamento che l'Ascom ha avviato sotterraneamente da mesi e culminata nell'avvicendamento dell'ex presidente Gianfranco Chiesa, proprio con Tonetto.
La pulizia.Nel settembre scorso poi l'Ascom, per bocca del suo vicepresidente Fernando Zilio, aveva annunciato un'indagine interna che facesse luce sulla gestione economica dell'associazione negli ultimi anni. E lo aveva fatto al seguito della notizia pubblicata dalGazzettino il 6 settembre che raccontava come il potente direttore generale dell'associazione, Luigi Vianello, 67 anni, da almeno 25 in Ascom, fosse stato messo alla porta dalla sera alla mattina.

Vianello. È partito tutto da lì. Evidentemente il nuovo management appena ha aperto i cassetti ha notato qualcosa che non andava a partire dai circa 29mila euro mensili che il direttore avrebbe percepito senza nessun contratto ufficiale (ma qui l'ex presidente Chiesa dice: «Aspettavo le elezioni per rinnovarlo, mi sembrava più corretto che a farlo fosse il nuovo presidente, io o chiunque altro»). Questo però appare dai primi risultati dell'indagine interna, che cominciò proprio in quei giorni, affidata alla Iter-Audit di Roma, società di revisione iscritta all'Albo della Consob.

Tonetto. La società ha ultimato il suo lavoro in questi giorni e quello che ha rilevato sarà oggetto di una pesante rivendicazione da parte dell'Ascom nei confronti dell'ex presidente Gianfranco Chiesa e del direttore generale Vianello. Come leggiamo nell'intervista a fianco al vicepresidente Zilio, l'Ascom è infatti del tutto intenzionata a chiedere in sede civile il risarcimento di presunti danni per un'amministrazione non corretta. Ma in quel consiglio, con la carica di vicepresidente e consigliere delegato all'amministrazione, c'era anche Alcide Tonetto che ieri, proprio per allontanare qualsiasi responsabilità dall'associazione che presiede, ha deciso di dimettersi. Dal punto di vista "strategico" le dimissioni sono avvenute nel momento in cui l'Ascom ha deciso di cambiare pelle alla società di servizi, quella con 120 dipendenti, che da oggi non è più una srl, ma una spa.

Zilio. L'impressione è che il vicepresidente Fernando Zilio, oggi più che mai uomo forte dell'Ascom voglia andare fino in fondo nella sua azione di "pulizia", arrivando al rinnovamento totale anche dei rappresentanti Ascom in Camera di Commercio nella quale «noi non ci sentiamo rappresentati nè da Chiesa nè da questo consiglio di amministrazione» dice. Del resto su questa strada aveva già registrato le dimissioni all'inizio di settembre di un altro simbolo, Gian Ernesto Zanin, da anni presidente del sindacato albergatori dell'associazione commercianti. Zanin però è tutt'oggi il rappresentante di Ascom in Camera di Commercio, peraltro disconosciuto dai nuovi vertici.

«Per il futuro la nostra idea è che i nostri rappresentanti non si creino più la loro Repubblica negli enti in cui siedono ma che al contrario debbano rispondere a noi, visto che li abbiamo messi lì, come recita l'articolo 10 del nostro statuto quando dice "le persone designate dovranno comunque seguire le direttive dell'associazione ed informare la stessa sull'attività del consesso di cui fanno parte"».

La battaglia. La guerra è ben lungi dall'essere conclusa. Zilio punta ad un nuovo corso della politica Ascom, imperniato sulla trasparenza. Bisognerà vedere quanto riuscirà a convincere gli associati dopo il "sacrificio" di Tonetto che ieri ha scritto al consiglio direttivo: "Le verifiche hanno evidenziato criticità rilevanti e profili di responsabilità del precedente vertice dell'Ascom che impongono la necessità di valutare con serenità come tutelare l'associazione. Il fatto che in passato io abbia ricoperto taluni ruoli nell'associazione potrebbe essere strumentalmente utilizzato per indebolire la posizione dell'Ascom stessa. Ed oggi avverto come prioritario il compimento del percorso intrapreso con tutti voi, in direzione di una ristrutturazione profonda dell'associazione, nel rispetto della legalità e dei principi etici ai quali ci ispiriamo nella nostra condotta".

E non c'è solo il punto di vista interno. È di questi giorni la polemica con la Confesercenti sulla zona industriale. Zilio accusa i "cugini" di non sostenere la sua battaglia contro i cinesi, il cui arrivo a suo giudizio costituisce l'anteprima della fine delle industrie alla Zip e anche del commercio all'ingrosso, vedi Centro grossisti di cui è presidente.

Le cifre. Intanto dall'indagine interna fatta dalla Iter-Audit emergerebbero particolari come il compenso dell'ex direttore Vianello stimato dal 2000 al 2005 in 1.803 mila euro, con una media mensile di circa 29mila euro. «Una cifra assolutamente troppo elevata» commenta Zilio. Ma i capitoli non finirebbero qui. C'è ad esempio quello degli "omaggi a terzi" 196mila euro in quattro anni. Qui la relazione dice: "Ci si chiede chi fossero i destinatari di tali regali. Certa è la non inerenza alla spesa". Ovviamente sottolineiamo che una relazione di questo tipo equivale ad una perizia di parte e senza un'azione legale da parte di chi si sente penalizzato ha un valore relativo, visto che è pagata dal committente. Comunque la relazione sottolinea "un sistema di gestione improntato alla personalizzazione". Il documento sarebbe dovuto rimanere riservato ma evidentemente il "new deal" dell'Ascom non contempla ancora la cultura della riservatezza, base fondamentale per far funzionare bene le cose. Anche di questo avranno parlato certamente ieri sera in un consiglio straordinario Ascom convocato in tutta fretta e che non dev'essere stato facile.

Mauro Giacon
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Re: Casta sinical o sindacale

Messaggioda Berto » lun dic 16, 2013 8:23 am

Coldireti, CIA, Confagricoltura e quote late


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Rigodanzo, il “mungivacche” che se ne è sbattuto delle “quote latte”

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http://www.lindipendenza.com/rigodanzo- ... uote-latte

La sua guerra la combatte dal sedile di un trattore: e anche ieri, prima ancora di arrivare al presidio di Soave, il “guerriero del latte” Eugenzio Rigodanzo ha voluto dire la sua. Nel suo stile, stavolta inchiodando il trattore per mezzora sul cavalcavia sulla A4, a San Lorenzo, e non si è capito se per farci cadere un po’ di letame o meno.
E da lì, dal trattore, ha spiegato le ragioni della sua rabbia sventolando una sentenza attesa da 17 anni che anziché dargli del matto, come accade spesso, lo definisce parte lesa assieme a tutti gli allevatori italiani “vittime” delle quote latte. «Matto io?», gridava imprecando dalla cabina del suo trattore. «Guarda qua!». Tutte le risposte sono scritte in una sentenza del Tribunale di Roma depositata nemmeno un mese fa.
In quella sentenza Rigodanzo, «l’unico Veneto dei cinque mungivacche che non hanno mollato», da guerriero aggressivo diventa parte lesa.
«In cinque!», si scatena, «in un Paese che conta 36 mila allevatori e 110 mila agricoltori».

In questa mezzora di blocco della bretella che dalla provinciale di San Lorenzo scende verso il casello e la regionale 11, tra le 10.30 e le 11, Rigodanzo parafrasa la sentenza: «Per le quote latte, ho parlato con gli ultimi sette ministri all’Agricoltura. La mia rabbia è colpa loro, perchè non mi hanno permesso di fare il mungivacche come volevo io. Io l’ho fatto lo stesso, e per tutta risposta mi hanno fatto arrivare cartelle di Equitalia mezze false. Per darmi ragione ci hanno messo 17 anni».
La sentenza con cui il Gip Giulia Proto archivia il procedimento per truffa a carico di Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) ma suggerisce al Pm di procedere per falso parla chiaro. «Dopo 17 anni, dopo rinvii continui, l’arresto del Capo dipartimento del Ministero delle Politiche agricole e forestali un anno fa, il Csm che nell’ottobre del 2012 solleva dall’incarico il pm di questa inchiesta, il giudice che cambia e quello nuovo che viene nominato e a me comunicato una settimana prima dell’ultima udienza. Hanno verificato che le quote latte non erano state correttamente quantificate, cagionando danni sia ai produttori che allo Stato italiano per le sanzioni, ma che, soprattutto, i funzionari Agea per giustificare l’errore modificarono i criteri di calcolo del numero di capi potenzialmente da latte».

Rigodanzo ricostruisce la questione e cita ampi passaggi della sentenza: ci aggiunge solo che «ora si dovrà fare chiarezza su qualcosa come 426 milioni di euro». Ieri, però, ce l’aveva anche con Alfano: «Ha accusato tutti di aver lordato i pantaloni delle divise delle forze dell’ordine! Sono stato io a dare l’ordine (il lancio di letame nei pressi di Vancimuglio oltre 15 anni fa, ndr), e me ne assumo tutta la responsabilità. L’unico colpevole sono solo io: ho preso 4 mesi e 10 giorni».

FONTE ORIGINALE: http://www.larena.it

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Cosa ke li scriveva prima so enderiso de la Coldireti:
http://www.dirittodicritica.com/2011/02 ... atte-multa

Quote latte: supermulta in arrivo per l’Italia. Grazie alla Lega
Per difendere una delle lobby che sostengono il Carroccio, il governo proroga la scadenza del pagamento delle multe. E lo fa con i soldi della ricerca
Scritto da Paolo Ribichini il 24 febbraio 2011 in Politica / Società
1621

cobas latte e1298486123328 Quote latte: supermulta in arrivo per lItalia. Grazie alla LegaEssere furbi conviene. Soprattutto quando il governo fa di tutto per non punire chi “ci prova”. Nel decreto Milleproroghe si ritorna a parlare di quote latte. Quando sembrava che fosse una questione sepolta dal tempo, ecco che la Lega la rispolvera. Sfruttando il suo accresciuto peso specifico nella maggioranza ha inserito un emendamento al decreto che prevede una ulteriore proroga, per il pagamento delle multe da parte di chi aveva violato il tetto massimo, al 30 giugno 2011, per un valore complessivo di 280 milioni di euro. E a pagare per pochi furbi saranno tutti i cittadini.

Un po’ di storia. Le quote latte vengono stabilite nel 1984 a livello europeo. Si tratta di una soglia oltre la quale gli allevatori possono continuare a produrre latte ma a costo di un tributo molto elevato che di fatto disincentiva una produzione eccedente. Le quote latte si sono rese necessarie per tenere alto il prezzo del latte in modo da favorire gli stessi produttori europei. Ad ogni paese è stata assegnata una quota in base alla produzione dell’anno precedente calcolata sulla cessione di latte dagli allevatori ai trasformatori. All’Italia è stata fissata una quota pari a 8.823 migliaia di tonnellate di latte. Mentre per gli allevatori questo limite appariva troppo stringente, i vari ministri dell’Agricoltura che si sono succeduti negli anni seguenti hanno di fatto incentivato il superamento della quota, spiegando che sarebbe stato il Paese ad accollarsi il costo delle “multe”. Questa politica che strizzava un occhio a chi violava la normativa europea, è proseguita fino al 1995, quando la Finlandia, nuovo membro della Ue, ha sollevato la questione di fronte alla Corte di Giustizia. Gli allevatori che avevano sforato, quindi, sono stati costretti a versare il dovuto. Dopo anni di proteste e di rinvii, nel 2003 si giunse ad un compromesso tra Roma, Bruxelles e gli allevatori: le “multe” sarebbero state pagate con una rateizzazione trentennale, senza interessi. Molti allevatori, legati alle principali associazioni di categoria, hanno accettato, mentre una parte minoritaria (541 produttori di latte) ma non ininfluente (i cosiddetti Cobas del Latte) tutt’oggi si rifiuta di versare il dovuto.

Ora è l’Italia a rischiare una multa. Se il decreto dovesse essere approvato con l’emendamento “incriminato”, l’Italia rischia “l’apertura di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea”, come spiega il ministro dell’Agricoltura Giancarlo Galan. Il nostro Paese sarebbe costretto a pagare una salatissima multa (un miliardo di euro, secondo alcuni analisti) per venire incontro a quegli allevatori che rappresentano in alcune aree agricole del nord il nucleo fondamentale della base elettorale leghista. Ma al danno si aggiungerebbe la beffa. Lo stesso ministro Galan è convinto che tutto ciò “minerebbe la credibilità che attualmente ha il nostro Paese in Europa”. Così, la stessa posizione del ministro a livello europeo “risulterebbe assai indebolita se passasse l’ennesima ‘furbata all’italiana’, volta a premiare chi non rispetta le normative comunitarie”.

Tutti contro l’emendamento. Oltre al ministro, sono contrarie all’emendamento le principali organizzazioni agricole, Coldiretti, Confagricoltura e Cia e, come era prevedibile, i parlamentari dell’opposizione. Per Ernesto Carbone del Pd si tratta di un “emendamento salva-ladri”. “La proroga delle multe sulle quote latte è del tutto ingiustificata e appare ancora più grave se si considera che nello stesso provvedimento non sono stati accolti importanti emendamenti di interesse agricolo sull’attività delle associazioni degli allevatori e sul gasolio”, sostiene il presidente di Coldiretti Varese Fernando Fiori.

Finanziare la proroga con i soldi della ricerca sul cancro. E come se non bastasse, per finanziare la dilazione il governo utilizzerà 5 dei 50 milioni previsti per la ricerca sul cancro. Una contrazione del 10% dei soldi a disposizione nel fondo istituito dalla Finanziaria 2011 per “interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico, allo sviluppo dei territori, alle attività di ricerca, alle attività di assistenza, ricerca e cura dei malati oncologici e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali”. Un danno doppio: ai malati oncologici e agli allevatori onesti che hanno sempre rispettato le quote, nonostante fossero inique.

See more at: http://www.dirittodicritica.com/2011/02 ... 89546.dpuf
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Re: Casta sinical o sindacale

Messaggioda Berto » lun dic 16, 2013 9:01 am

Xane Xbalkiero (Giovanni Sbalchiero)
Confartixanà (Confartigianato vixentina e veneta)
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On kapò de li artexani veneti!
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Re: Casta sinical o sindacale

Messaggioda Berto » lun dic 16, 2013 9:06 am

I sinacà kapò de li camionisti

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http://www.grandain.com/2013/12/12/allo ... otrasporto

All’origine dei Forconi una lotta intestina tra sindacati dell’autotrasporto?
12 dicembre 2013 11:51 - Approfondimenti - Temi caldi su Facebook », Notizie / 268 Letture
Dieci su undici associazioni dell’autotrasporto hanno negato legami con la protesta dei forconi. Lo hanno comunicato i sindacati di Controtrasporto, Assotir e altri ancora. I sindacati autonomi avevano lanciato la protesta tra il 9 e il 13 dicembre ma a seguito di un accordo con il Governo intercorso il 28 novembre – durante il quale si è ottenuto che l’esecutivo inserisse nella legge di stabilità 350 milioni per il recupero dell’accise sul gasolio e la firma di un protocollo per il rilancio dell’intesa – l’allarme era rientrato. “Per quanto riguarda il nostro settore” spiega Claudio Donati, Segretario Generale di Assotir, “che era stato da tutti indicato come l’origine della vicenda, occorre dire che il fermo dell’autotrasporto non c’è stato, e che quei pochissimi che si sono incautamente uniti alla protesta, sono stati rapidamente fagocitati, fin da lunedì mattina, dalla presenza e dalle parole d’ordine dei Forconi”.
“La scelta irresponsabile” continua Donati “è di una piccola sigla che non ha voluto sottoscrivere il protocollo d’intesta con il Governo e ha sperato di acquisire una qualche briciola di notorietà rilanciando la proposta di un fermo generale del settore che i fatti si sono incaricati di dimostrare del tutto velleitaria. Una scelta che ha prodotto una gravissimo danno a decine di migliaia di imprese”. La piccola sigla è la veneta L.i.f.e. e quindi parlare di sciopero originato dagli autotrasportatori in generale non è del tutto corretto. Anzi: le principali rappresentanze degli autotrasportatori si ritengono integrate nel mercato e vedono il movimento “9 dicembre” come un rischio.
La L.i.f.e è capitanata da Lucio Chiavegato, uno dei leader dei forconi. Reduce dell’esperienza indipendentista di Veneto Stato, Chiavegato lotta per un Veneto Indipendente senza tasse e senza Italia. Ma aldilà di queste sigle di cui non si capisce bene il legame con gli autotrasportatori, la verità è che le principali associazioni di categoria da Confartigianato a Cna, dalla confederazioni agricole ai commercianti, pur non nascondendo il malcontento, non si sottraggono al confronto con il governo e non si vogliono confondere con una protesta che sta assumendo toni eversivi.
Che si tratti di una protesta originata da una lotta sindacale lo fa pensare anche la storia di Maurizio Longo, altro leader dei Forconi, ora alla guida di Trasporto Unico ma in passato leader di Fita-Cna. Proprio la stessa Fita-Cna di cui la presidente Cinzia Franchini è stata minacciata di morte dai Forconi siciliani per non aver aderito al fermo.
Insomma, le origini della rivolta sono ancora ben poco chiare.
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Re: Casta sinical o sindacale

Messaggioda Berto » lun dic 16, 2013 6:54 pm

O naltri o luri
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_De_Marchi_(psicologo)

La rubriga de L. De Marki
http://www.radioradicale.it/rubrica/53

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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... kwconp.jpg

Produttori contro burocrati.
La vera lotta di classe per la rivoluzione liberale
di Alfredo Biondi

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L’interesse di questa nuova opera di Luigi De Marchi nasce da alcune sue qualità specifiche, che ne fanno un valido contributo agli studi sulla Rivoluzione Liberale. Anzitutto, il libro propone una nuova interpretazione della storia politica europea ed americana del ‘900. Nella nuova ottica proposta dall’Autore, le vicende politiche ed elettorali euro-americane del XX secolo sembrano ridursi a un fenomeno tanto ripetitivo quanto inconcludente: e cioè il continuo rimbalzo dei lavoratori dipendenti e indipendenti del privato (definiti da De Marchi il Popolo dei Produttori) tra un progressismo malato di statalismo (quello della Sinistra tradizionale) e un liberismo malato di conformismo (quello della Destra tradizionale). Nessuno di questi due poli tradizionali, però, ha saputo rispondere simultaneamente al bisogno non solo di libertà economica ma anche di libertà civile e di modernizzazione culturale che, come l’Autore documenta persuasivamente, caratterizza il Popolo dei Produttori.
La grande sfida politica del nostro tempo, secondo De Marchi, sta quindi nel riuscire a creare una forza politica antiburocratica, antifiscale e federalista in campo economico ed amministrativo e, al tempo stesso, innovativa e creativa sul piano culturale e sociale.

In sostanza, De Marchi ribalta il concetto marxiano di lotta di classe indicando nei lavoratori dipendenti e indipendenti del settore privato la vera classe sfruttata e innovatrice e nella classe burocratica la vera classe conservatrice, parassitaria e sfruttatrice, insomma la vera razza padrona, del nostro tempo.

E sostiene coerentemente che, ai fini di un’autentica Rivoluzione Liberale, è essenziale diffondere e radicare nella classe sfruttata una coscienza di classe e una volontà di lotta unitaria che sino ad ora sono mancate. Da quest’analisi emerge con chiarezza il fattore cruciale del fallimento generalizzato non solo del comunismo ma anche dello Stato assistenziale e di tante altre riforme socialdemocratiche: sia il comunismo che la socialdemocrazia hanno infatti preteso di riformare o addirittura di rivoluzionare le società ‘900 distruggendo o combattendo la classe innovatrice (cioè quella dei piccoli imprenditori e dei liberi professionisti) ed affidando il cambiamento alla classe conservatrice e parassitaria (la burocrazia). La ridefinizione della lotta politica contemporanea proposta da De Marchi poggia su solide basi scientifiche: quelle di una Psicologia Politica di stampo liberale che manda in soffitta la Psicologia Politica tradizionale della Scuola di Francoforte, pesantemente condizionata e distorta dall’ottica marxista. Le prospettive aperte da questo nuovo metodo di analisi consentono infatti all’Autore di proporre una Rivoluzione Liberale che sappia investire non solo l’ambito dell’economia e della politica in senso stretto, ma tutti gli aspetti della vita sociale e culturale.
Luigi De Marchi, “O noi, o loro!”, Edizioni bietti, 2000 - L. 25.000

O naltri o luri
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... Njejg/edit
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Re: Casta sinical o sindacale

Messaggioda Berto » ven dic 20, 2013 9:17 am

Disoccupazione? Colpa del sindacato, difensore dei parassiti pubblici

http://www.lindipendenza.com/disoccupaz ... i-pubblici

di FRANCO FUMAGALLI

La situazione occupazionale dei lavoratori italiani nel dopoguerra negli anni ‘46 -’60 era in continua, incessante dilatazione seppur limitati erano per i lavoratori i criteri remunerativi. La causa della dinamica espansiva del lavoro era da ricercarsi nella necessità di ricostruzione del Paese, quindi da concrete esigenze che stimolavano le iniziative e inducevano gli imprenditori italiani ed esteri ad investire. Non estranea a questa situazione espansiva il relativamente basso livello dei salari. Quest’ultima componente aveva generato anche una necessaria presenza del vero sindacalismo. Dopo le otto ore di fabbrica (per 6 giorni la settimana) i lavoratori più sensibili alle problematiche aziendali, facevano opera di proselitismo sindacale e non di rado, per tale attività, venivano licenziati. Con il ’68 il mondo sindacale ha imboccato un strada tendente esclusivamente all’impostazione politica dei suoi problemi con la tutela delle associazioni per mezzo di privilegi di ogni tipo. Stava iniziando un percorso di progressivo abbandono delle reali ed uniche condizioni necessarie ai lavoratori che sono identiche per tutti e non scindibili: retribuzione e sicurezza in tutte le sue forme. Data la presenza di una “triplice” sembrerebbe quasi che si fossero voluti risolvere in tre modi diversi quei problemi.

Stava lentamente trionfando la nefanda politicizzazione del sindacato che impostava la sua funzione all’esterno della fabbrica ed avulsa ai suoi problemi. Si è assistito alla scalata dei segretari sindacali, generali e non, a caccia alle poltrone parlamentari. Per fronteggiare la politicizzazione le aziende hanno cominciato a delocalizzare le fabbriche. Il costo del lavoro (non le retribuzioni dei lavoratori) era in costante inarrestabile aumento. Altra conseguenza dell’irresponsabile azione sindacale, è stata la diminuzione delle assunzioni di dipendenti nelle aziende private e un incremento delle “partite IVA”. In questo Paese vi sono tanti lavoratori autonomi quanti in tutti i Paesi europei messi insieme. Per contrastare tale tendenza che li privava di sostegno e consenso, la “Triplice” e le centinaia di sigle sindacali presenti nella funzione pubblica, con la necessaria connivenza di politici imbelli, miopi e incapaci, hanno ottenuto una indiscriminata estensione della burocrazia. Completa il quadro una serie di leggi, fatte approvare nel tempo, vedi pensioni baby, lo statuto dei lavoratori ( per effetto del quale i veri sindacalisti sono diventati i magistrati che di problematiche del lavoro sono perfettamente a digiuno), il sostituto d’imposta, contributi figurativi, 3esenzione della pubblicazione dei bilanci ed una serie di benefici e privilegi vari del tutto ingiustificati ed estranei all’azione sindacale.

Il “geniale” correttivo utilizzato dal sistema politico-sindacal-burocratico per mantenere una sempre più dilatata massa di parassiti pubblici è stato l’indebitamento Tale soluzione permette (fino a quando?) al sistema di sopravvivere ma in realtà iugula l’economia. Il rapporto Debito/Pil è arrivato a percentuali impressionanti.

Proseguendo nella demonizzazione dell’impresa con un numero spaventoso di adempimenti da assolvere, siamo giunti all’ideale di questi sindacati: i lavoratori non sono più sfruttati (vecchio e immarcescibile slogan sovietico). Infatti, chi è meno “sfruttato” di un disoccupato? La “tutela del lavoro” praticata da questi sindacati ideologicizzati è stata così efficace che lo stesso, il lavoro, sta scomparendo. L’adozione dell’euro, indicato come la causa di tutti i mali dell’economia, è un’altra “scusa” del sistema. L’euro ha evidenziato, sostanzialmente, due situazioni: la consolidata incapacità e insipienza della classe politica nostrana e e la perversità di un sistema generato da un dettato costituzionale inadeguato che permette e protegge l’irresponsabilità. Nel Paese, infatti, nessun gestore della funzione pubblica paga i suoi errori. Politici, sindacalisti, burocrati magistrati, hanno raggiunto il massimo perseguibile delle loro specifiche attività: potere senza responsabilità.
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Re: Casta sinical o sindacale

Messaggioda Berto » ven gen 17, 2014 9:47 am

Piacenza, ecco come la CGIL truffava i vecchietti

Immagine

http://www.lindipendenza.com/piacenza-cgil-truffa

Il processo contro le false deleghe Cgil si sviluppa lentamente anche perché, a istruttoria già avanzata, si è scoperto, ad esempio, che il software truffaldino della Cgil, che pescava nel mucchio senza guardare in faccia a nessuno (il requisito per essere spennati era solo quello di essere in pensione) aveva sottratto indebitamente anche le quote della madre di un magistrato che ha dovuto disimpegnarsi dal processo per evidente incompatibilità, essendo stata anche sua madre, fin a quel momento, una inconsapevole parte lesa. La Cgil regionale e nazionale, anziché fare chiarezza su questa vicenda truffaldina, ha cercato a lungo di spegnere lo scandalo arrivando addirittura a punire, non chi aveva scientificamente organizzato il furto delle quote indebite ai pensionati, ma «facendo leva, in modo arrogante, sul proprio potere, ha invece allontanato e disperso il gruppo dirigente Cgil che aveva denunciato e combattuto lo scandalo».
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