Corruzione italo veneta nel Veneto

Re: Corousion tałiana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » mar giu 10, 2014 8:17 pm

Xe da dir ke łi skei ke łi ga robà sti ładroni de “venet-tałiani” no łi xe skei tałiani ma veneti; na megnoła parte de tuto coel ke łi tałiani łi ne roba ogni ano.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Corousion tałiana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » gio giu 12, 2014 11:47 am

Mose, la difesa di Giancarlo Galan in vista della Giunta: "Ecco come ho comprato casa, auto e barche"

http://www.huffingtonpost.it/2014/06/11 ... _ref=italy


È tutto teso a dimostrare le “nefandezze altrui” e i “misfatti compiuti da altri” l’impianto della memoria difensiva su cui è da giorni a lavoro Galan.
Nel chiuso della sua villa a Padova, l’ex “doge” è in costante contatto con i suoi legali Ghedini e Franchini. Lucido, isolato dal resto del mondo, sta personalmente mettendo in fila gli elementi per provare a smontare quell’impressionante documentazione arrivata alla Giunta della Camera per richiedere il suo arresto: 160mila pagine, raccolte in 16 faldoni.

E' lì, in Giunta, che Galan ha chiesto di essere ascoltato.
Per giocarsi tutto, guardando negli occhi i suoi colleghi. E' lì, prima ancora che in tribunale, che argomenterà le “nefandezze” che riguarderebbero soprattutto la sua grande accusatrice, l’ex segretaria Claudia Minutillo, il testimone chiave dell’inchiesta. Una che, a suo giudizio, lo avrebbe incastrato ad arte, barattando la sua libertà in cambio di “testimonianze” feroci su Galan . Ma che sarebbe, sempre secondo Galan, la vera artefice di un business portato avanti a suo nome: “Io – ripete il Doge – non ho preso un euro”.
E tra i tanti riscontri che saranno depositati in Giunta ci sono anche le dichiarazioni del grande corruttore Piegiorgio Baita, l’ex ad della Mantovani, riportate dal Corriere del Veneto sabato scorso, riferite a un interrogatorio: “Io – si legge testuale – non ho mai consegnato direttamente un euro a Galan”.

È attorno al sodalizio tra la Minutillo e l’ex assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso che, secondo Galan, prendono forma i misfatti.
Sottolineata con l’evidenziatore sulla scrivania dove ormai l’ex governatore siede giorno e notte c’è anche un’intercettazione, presente nelle carte, in cui emerge un rapporto molto stretto tra i due, nel senso che l’allora segretaria gli si rivolge come ad un suo sottoposto, ordinandogli di muoversi, di fare questo e quell’altro con formule che non sono quelle che di solito usa una segretaria nei confronti di un’assessore.
Ad esempio, la Minutillo ordina perentoria a Chisso: “Scusa, vai sempre a mangiar Da Ugo, alza il culo e vieni qua”. E a proposito di ritardi nelle Tangenziali Venete: “C... cerca di lavorare, son tutti inc... neri”. Insomma, ci sarebbe, per la difesa di Galan, un “sodalizio” tra i due.
E non solo: c’era anche dell’altro? Un legame sentimentale? È questa la domanda su cui tutti quelli vicino a Galan sono alla ricerca di riscontri e prove per dimostrarlo.

Nasce da qui, dalla teste, l’intera difesa che Galan sta cercando di costruire.
Che a cascata affronta ogni capitolo dello scandalo. A partire dalla villa trecentesca di Cinto Euganeo che, secondo l’accusa, è stata ristrutturata grazie al milione e cento dall’imprenditore Piergiorgio Baita. In Giunta arriverà una ricostruzione delle compravendite della Villa, sin da prima dell’acquisto.
Da quando cioè il precedente proprietario l’aveva comprata a un’asta giudiziaria a circa 400milioni di lire, dopo 15 tentativi di aste andate male. Si trattava di un dentista che voleva farne destinarne una parte a clinica di cure dentistiche tenendone un’altra come abitazione. È quando il dentista non ci sta più dentro coi costi che subentra Galan. E la compra “a poco meno di un milione di euro”. Non è da ristrutturare. Si tratta di mettere mano a quegli impianti realizzati nell’ottica di una clinica. I lavori di ristrutturazione compiuti da Galan, riguardano dunque una parte dell’impianto idraulico, l’impianto elettrico e 280 metri di pavimento. Per pagarli, sostiene Galan, di aver acceso un mutuo di 200mila euro, tuttora acceso presso la Banca Popolare di Vicenza.

E non ci sarebbe nessuna sproporzione, come contestato dagli inquirenti, tra i costi dell’abitazione e il reddito percepito. Sarebbe cioè un costo sostenibile. Così come sarebbe sostenibile il costo del “parco auto” della famiglia Galan, composto da sei macchine, nessuna di costi esorbitanti. L’ammiraglia è una Audi A7 con 384mila kilometri, mentre tra gli sfizi una Land Rover dell’80 e una Mini Morris del ’76 regalata da Ghedini per il matrimonio.

E sarebbe sostenibile per Galan la spesa per le barche.
Galan andrà a dire alla Giunta della Camera che non sono una “decina”, tra la riviera adriatica veneta e la Croazia, come scritto sui giornali in questi giorni. Ma due barchette molto diverse da quelle degli “sceicchi”.
Una Boston Whaler del 1993, di circa sette metri, ormeggiata nella darsena di Jesolo, il cui valore commerciale sarebbe di circa 25mila euro. L’altra, di circa otto metri e mezzo del 2001 ormeggiata in Croazia, a Rovigno, ha un valore di circa il doppio. Ed è proprio attorno alla Croazia che gli inquirenti ritengono si fondi la galassia Galan. Sarebbe la Franica Doo, una srl di diritto croato, la società tramite la quale i Galan “gestiscono il proprio patrimonio estero detenuto in Croazia”, patrimonio che risulta comprendere le “imbarcazioni” appunto, ma anche molti “immobili”. Per la difesa non ci sarebbe nulla di strano nell’aver creato società croate, perché sarebbe stato quello, ai tempi, il modo che la prevedeva la legge.

Due settimane. Per finire il fascicolo. E convincere la Giunta a votare contro l’arresto.

Xe vera no la xe na barca da miliardari!
Immagine

???

Mose: Giancarlo Galan pagava di mutuo il doppio di quanto guadagnava

«Vengano a vedere i conti, invece di tirare fango addosso a mio marito», si era sfogata Sandra Persegato, moglie di Giancarlo Galan, dopo che l’ex governatore del Veneto era rimasto coinvolto nello scandalo Mose. Con tanto di richiesta di custodia cautelare in carcere. Gli inquirenti non l’hanno delusa. Così hanno scoperto come la famiglia Galan avesse chiesto un maxi-mutuo con una rata annuale da 150mila euro, acceso con Veneto Banca, per la villa di Cinto Euganeo. Quella che, secondo i pm, l’esponente forzista si sarebbe fatto ristrutturare con i soldi delle tangenti. Peccato che non è chiaro come i coniugi Galan fossero in grado di onorare i debiti. Il motivo? Basta analizzare quanto dichiarato dall’ex governatore e della consorte nel 2012: 88mila euro netti in due, circa la metà rispetto alla stessa rata annuale.


I CONIUGI GALAN E IL MAXI MUTUO PER LA VILLA PADOVANA – I pm stanno cercando di ricostruire tutti i conti di Galan, sia in Italia che all’estero. Erano state proprio le spese fatte dai due coniugi a confermare agli inquirenti tutti i sospetti. A partire dalle denunce dei redditi. Dal 2000 al 2011 i due hanno dichiarato entrate di poco superiori a 1,4 milioni di euro. Un valore molto inferiore a quello delle spese realizzate nello stesso periodo, scovate dalla Guardia di Finanza, che pesavano per oltre 2,6 milioni di euro. Una sproporzione evidente, dietro la quale potrebbe nascondersi quello «stipendio» in nero contestato a Galan, derivato dalla corruzione. Per l’accusa l’ex governatore non soltanto avrebbe evaso il Fisco, ma anche preso mazzette in denaro dal Consorzio Venezia Nuova, per un totale di 4 milioni e 831 mila euro. A incastrare il politico berlusconiano c’è adesso anche il nodo del maxi mutuo. Come ha spiegato Franco Bechis su Libero, era di importo in capitale di un milione e 850mila euro, a un tasso di interesse annuo del 4,211% e con durata del contratto di otto anni e due mesi. La prima rata, quella del 31 dicembre 2013, era di 75mila euro. La stessa da pagare poi ogni sei mesi. Fino all’ultima, del 22 giugno 2021, del valore di 725mila euro. Cifre non certo irrilevanti. Ma soprattutto non in linea con la capacità reddituale emersa dalle dichiarazioni dei redditi. Ovvero, 41.340 euro lordi per Galan (29.700 euro l’anno, netti) e 88.553 euro lordi (58.516 euro, netti) per la coniuge Sandra, sui guadagni del 2012. Resta un “mistero” come la coppia potesse farsi carico del debito.

GALAN E LE DICHIARAZIONI DEI REDDITI – Nel 2012 l’ex governatore si lamentava di essere «senza stipendio da tre mesi»: «Per fortuna qualcosa ho messo da parte e mia moglie guadagna. Ho due mutui, li paga lei. Sto pensando di vendere la barca», spiegava Galan, sul quale pende adesso la richiesta d’arresto (l’iter alla Giunta delle Autorizzazioni della Camera inizierà domani, per poi concludersi entro un mese, ndr). Ma non mancavano le “omissioni”, come ha precisato Repubblica. Il motivo? Nella dichiarazione alla Camera fatta per la XVII legislatura – ricorda il quotidiano diretto da Ezio Mauro – si spiega come il mutuo fosse «co-intestato con la moglie, le barche possedute fossero due, aveva comproprietà e nuda proprietà in quattro case, possedeva un bosco, tre auto, un quad, un trattore». Non proprio una vita da miseria.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Corousion tałiana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » ven giu 13, 2014 10:56 am

Il sindaco di Venezia Orsoni ha chiesto il patteggiamento per 4 mesi in merito all'inchiesta sul Mose, riconoscendo quindi quanto gli veniva contestato. Ha però avuto la sfrontatezza di NON dimettersi da sindaco!

http://www.change.org/it/petizioni/orso ... invitation

Immagine

Mose, Orsoni concorda patteggiamento a 4 mesi: “Non mi dimetto”
Il giudice ha ritenuto che non vi fossero più esigenze cautelari per il primo cittadino accusato di finanziamento illecito dopo i 50 minuti di dichiarazioni spontanee durante l'interrogatorio di garanzia. Secondo l'accusa l'avvocato aveva ricevuto "tra i 400-500 mila euro" per la sua campagna elettorale. Ora è tornato sindaco. La carica era stata sospesa dal prefetto sulla base di quanto prevede dalla legge Severino. "La mia campagna elettorale organizzata dai partiti"

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 12 giugno 2014
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06 ... ip/1024381

A otto giorni dall’arresto sono stati revocati dal gip gli arresti domiciliari al sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, che torna quindi in libertà, pur restando indagato nell’ambito dell’inchiesta sul Mose. Il primo cittadino ha concordato con i pm, attraverso i suoi legali, un patteggiamento a quattro mesi e 15mila euro di multa per il reato di finanziamento illecito. Sulla cui congruità dovrà comunque esprimersi il giudice per l’udienza preliminare. Per quanto riguarda la scarcerazione il gip ha ritenuto che non vi fossero più esigenze cautelari. Anche perché durante i 50 minuti di dichiarazioni spontanee non solo avrebbe confessato, ma anche fatto alcuni nomi.

Orsoni contro il Pd: “La campagna elettorale gestita dai partiti”. Orsoni intanto è tornato sindaco a tutti gli effetti, dopo la remissione in libertà decisa dal gip. La carica era stata sospesa dal prefetto sulla base di quanto prevede dalla legge Severino. Il primo cittadino ha escluso di dimettersi dall’incarico: “Ho operato per il bene della città. Mi sono fatto molti nemici e forse questo è lo scotto che ho pagato”. Orsoni riversa di fatto la colpa su altri: “La mia campagna elettorale è stata gestita dai partiti che mi hanno sostenuto in varie misure. È evidente, questo non posso negarlo, che il maggior organizzatore della campagna è stato il Pd e con loro ho interloquito per le iniziative che mi proponevano. Ma non ho mai saputo come le iniziative elettorali venivano pagate. Non ho mai sospettato che i fondi a sostegno della mia campagna elettorale del 2010 fossero di provenienza illecita”.

Il sindaco: “Non ho mai ricevuto denaro che è stato gestito da altri”. Il sindaco parlando dei 110mila euro che secondo la procura costituiscono una parte dei finanziamenti contestati, ha spiegato di non aver “mai sospettato che le aziende che contribuivano se li fossero illecitamente procurati. Come le imprese che facevano capo al Consorzio Venezia Nuova si procurassero quei fondi non era una cosa che potevo sapere – ha aggiunto – anche perché devo dirvi che ho saputo solo al termine della campagna elettorale chi aveva contribuito e chi non aveva contribuito. Ho incontrato durante la campagna elettorale imprenditori o sedicenti tali che mi hanno detto che mi avrebbero sostenuto e votato senza sapere come e perché. Non ho mai ricevuto denaro che è stato gestito da altri. Io ho fatto il mio lavoro”.

“Addolorato da distanza presa da parte di qualcuno”. “Non mi sono proposto io come sindaco ma mi è stato chiesto dalle segreterie dei partiti e dal mio predecessore. Mi era stato chiesto in altre occasione e avevo rifiutato questa volta ho ceduto ed evidentemente ho sbagliato nel farlo. Mi addolora di più in questa vicenda – ha aggiunto – l’aver visto quanti hanno preso le distanze da me”. Orsoni ha ribadito che la sua campagna elettorale è stata sostenuta dai partiti che l’appoggiavano e da questi aver avuto indicazione che il suo avversario, Renato Brunetta, “aveva grandi disponibilità e che bisognava fare una campagna altrettanto imponente”. “Mi era stato suggerito – ha concluso – di cercare di avere maggiori finanziamenti, per i quali ho dato incarico al mio mandatario al quale non ho chiesto conto sui fondi raccolti”.

Per l’accusa ha ricevuto 400mila euro. “Mazzacurati? Millantatore”. Secondo l’accusa l’avvocato che sconfisse Renato Brunetta alle comunali aveva ricevuto “tra i 400-500 mila euro” per la sua campagna elettorale. E per gli inquirenti sarebbe stato consapevole che i soldi che arrivavano sui conti correnti del comitato elettorale erano fondi creati grazie a false fatturazioni. Ad accusare il sindaco di Venezia era stato Giovanni Mazzacurati, il presidente del Consorzio Venezia Nuova, che in un interrogatorio aveva detto ai pm: “…Poi abbiamo avuto Orsoni. A Orsoni abbiamo finanziato la campagna elettorale” del 2010. “Ecco, noi abbiamo sostenuto Orsoni sulla campagna elettorale – ha raccontato il costruttore – e abbiamo speso quella cifra (400-500mila euro ndr.). Diciamo il risultato è che Orsoni ha vinto al primo turno delle… ed era credo… non so, altro non avrei da dire nel senso che noi gli abbiamo corrisposto questa cifra un po’ a scaglioni e quindi mi pare che in sei mesi l’abbiamo saturata”. A domanda del pm Mazzacurati aveva spiegato che “ci sono stati alcuni contributi regolari”. L’imprenditore prova a spiegare: “No… sì, posso ricostruire ma non me lo ricordo adesso. Il costo della… la parte regolare è una piccola parte rispetto al totale che è stato rilevante, perché siamo stati … siamo arrivati quasi a … noi avevamo previsto di spendere molto meno e poi invece Orsoni mi ha detto che aveva bisogno di tutti… di altri soldi”.

L’ex presidente di Cvn ai pm ha raccontato anche che, almeno in una occasione, ha portati i soldi in una busta al primo cittadino. Ora se le dichiarazione dell’indagato daranno nuovo impulso alle indagini lo si vedrà nei prossimi giorni. Orsoni intanto ha ribattuto che l’imprenditore “è un millantatore”. “L’ho incontrato più volte – ha spiegato -, insistentemente voleva parlarmi dei problemi della città, del Mose e soprattutto dell’Arsenale. Con Mazzacurati ho avuto uno scontro duro e forse c’è stata qualche vendetta nei miei confronti“.


Scandalo Mose, Orsoni si dimette da sindaco di Venezia
http://www.repubblica.it/politica/2014/ ... o-88833365

La decisione dopo la "scomunica" di Debora Serracchiani e del Pd: "Siamo profondamente dispiaciuti, ma non ci sono più le condizioni per continuare il mandato". Lui: "Grande amarezza, ma ho sempre operato nell'interesse della città. Renzi fariseo"

VENEZIA - Giorgio Orsoni si è dimesso da sindaco di Venezia. Dopo la revoca degli arresti domiciliari, le polemiche per il suo ritorno a Ca' Farsetti e una nota molto critica del vice segretario nazionale Pd e governatore del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, ha deciso di lasciare l'incarico. "Provo grande amarezza", ha detto Orsoni in una conferenza stampa stamane, leggendo una lettera, "ma ho sempre operato nell'interesse della città. Ci sono state reazioni opportunistiche ed ipocrite, anche da parte di elementi della giunta". Proprio ieri l'assessore comunale di Venezia alle Politiche educative, Tiziana Agostini, si era dimessa dall'incarico. Con le dimissioni da sindaco di Venezia, Orsoni decade anche dall'incarico di presidente della Fondazione "La Fenice".

LA LETTERA DI DIMISSIONI DI ORSONI

"Lontano dalla politica". "Le conclusioni che ho preso sono molto amare, ho constatato che non c'è quella compattezza che mi era stata preannunciata per le cose urgenti da fare per la città e per questo ho voluto dare un segno chiaro della mia lontananza dalla politica e che si è concretizzato con la revoca della giunta, che vuole solo significare che e venuto meno il rapporto tra la mia persona e la politica che mi ha sostenuto fino ad ora", ha detto Orsoni in conferenza stampa. "E' un gesto solo politico, con una chiara pesa di distanza dalla politica".

La lettera del Pd. La decisione di Orsoni arriva dopo quella che in molti hanno definito una scomunica da parte del Partito Democratico. "Siamo umanamente dispiaciuti per la condizione in cui si trova Giorgio Orsoni", avevano affermato in una nota Debora Serracchiani, vice segretario nazionale Pd e governatore del Friuli Venezia Giulia e Roger De Menech, segretario regionale del Pd Veneto, "ma dopo quanto accaduto ieri, e a seguito di un approfondito confronto con i segretari cittadino, provinciale e regionale del Pd, abbiamo maturato la convinzione che non vi siano le condizioni perché prosegua nel suo mandato di sindaco di Venezia".

La richiesta di dimissioni. "Invitiamo quindi Orsoni", che ieri aveva ripreso le funzioni di sindaco dopo il patteggiamento (video) e la revoca degli arresti domiciliari, "a riflettere sull'opportunità nell'interesse dei cittadini di Venezia e per la città stessa di offrire le sue dimissioni", continuava la nota. "Siamo convinti, inoltre, che non si debba disperdere quanto di buono il Pd di Venezia e tanti bravi amministratori hanno fatto e stanno facendo per la città. Per questo e per la necessaria chiarezza indispensabile in simili frangenti riteniamo che lo stesso orsoni saprà dare prova di grande responsabilità".

LO SPECIALE SULLO SCANDALO MOSE

Lo scontro con il Pd e Renzi. Dopo lo scandalo Mose, che ha portato agli arresti domiciliari anche di Orsoni (ora revocati), i rapporti tra il sindaco e il Pd, che lo ha sostenuto nella corsa a Ca' Farsetti, sembravano oramai compromessi. Alla notizia dell'arresto, il renziano Luca Lotti aveva già scomunicato Orsoni, sottolineando che il sindaco "non fa parte del Pd". E in un'intervista oggi su Repubblica in edicola, Orsoni aveva ribadito la sua innocenza e non aveva esitato ad accusare il Pd e il premier, ribadendo la sua volontà di rimanere a Ca' Farsetti: "Non mi dimetto, sono deluso da Renzi. Si è comportato come un fariseo". Poi, la retromarcia.

"Patteggiamento goccia di sangue". Nell'intervista a Repubblica, comunque, Orsoni, accusato nell'inchiesta Mose di finanziamenti illeciti, aveva dichiarato di voler rimanere al suo posto (anche se "potrei mandare tutti a quel paese") e aveva definito "inaccettabile il comportamento del Partito Democratico", annunciando anche azioni legali contro i vertici. "L'unico a mostrare solidarietà è stato Piero Fassino. Qualcuno è stato troppo frettoloso a giudicarmi. Sono innocente, il patteggiamento è solo una goccia di sangue che ho dovuto versare".

Casson: "Orsoni fa benissimo". Critico verso il Pd Felice Casson, veneziano ma soprattutto uno dei 14 senatori del Pd che si sono autosospesi dal gruppo dopo il caso Mineo sulle riforme. "Se Orsoni ha patteggiato mi conforta come cittadino, vuol dire che i magistrati hanno lavorato seriamente e Orsoni che li criticava ha riconosciuto di dover patteggiare. Le critiche al Pd del sindaco mi trovano consenziente, corrispondono alla realtà e vedremo le indagini come finiranno. Queste critiche riguardano non solo vecchie strutture ma anche renziani. Orsoni fa benissimo a criticare il partito".

Moretti: "Importante segnale". "Il passo indietro di Orsoni è un importante segnale di chiarezza e di opportunità politica: bene ha fatto il sindaco a rassegnare le sue dimissioni, è alla città di Venezia che dobbiamo pensare in questo momento", ha affermato invece l'europarlamentare del Pd Alessandra Moretti, attaccata da Orsoni nell'intervista a Repubblica ("la coerenza non è il suo forte"). "L'amministrazione deve essere messa subito nelle condizioni di proseguire con efficacia il suo lavoro", ha continuato Moretti, "anche per il recupero di quella grande opera che è il Mose".

Zaia: "Dimissioni scontate". "Immagino che le dimissioni siano state un dolore per il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni", ha commentato il governatore del Veneto Luca Zaia (Lega Nord), "però le condizioni che si sono create, soprattutto vedendo che la maggioranza scricchiolava non poco in queste ore, portavano a una soluzione pressoché scontata. Quindi si può parlare di dimissioni scontate".


Mose, le accuse di Orsoni "Così il Pd veneto mi spinse ad accettare quei soldi"

http://ricerca.repubblica.it/repubblica ... ldi10.html

Mister X è il Partito Democratico del Veneto. La fantomatica «terza persona», a cui sarebbero andati i soldi che il Consorzio Venezia Nuova ha girato a Giorgio Orsoni, 110 mila euro «contabilizzati — sostiene la procura, che ha anche parlato di altri 450mila euro in nero — ma frutto di sovraffatturazioni», è dunque il Pd locale. La loro casa madre. È stato lo stesso sindaco a farlo capire chiaramente ai magistrati durante l'interrogatorio di garanzia, avvenuto nell'aula bunker di Mestre sei giorni fa. Durante il quale ha spiegato un retroscena ancora inedito: «Fui spinto dal partito ad accettare i finanziamenti di Mazzacurati, ma io non ho mai visto un euro». Fa anche tre nomi, Orsoni. Quelli di Michele Mognato, Gianpietro Marchese e David Zoggia. Cioè gli uomini che nel 2010 avevano in mano il Pd veneto. Due sono diventati deputati. Uno è finito agli arresti.

L'INTERROGATORIO DI ORSONI
Orsoni ha parlato per due ore, davanti ai pm Paola Tonini, Stefano Ancillotto e Stefano Buccini. I suoi legali sostengono che abbia chiarito tutto, per cui hanno fatto istanza di scarcerazione dai domiciliari. Richiesta che però, al momento, non è stata ancora accolta. Così come è stata rigettata quella di Giancarlo Galan, il quale chiede di essere ascoltato dai pubblici ministeri e, soprattutto, vuole essere sentito alla Camera. Secondo quanto ha ricostruito nell'interrogatorio il sindaco, durante la campagna elettorale del 2010 per le comunali e per le provinciali, la segreteria del Pd veneto non era contenta di come stavano andando le cose. Soprattutto temevano la candidatura di Renato Brunetta, che si presentava per la carica di sindaco. «È a quel punto che vennero da me in tre», sostiene Orsoni. Appunto Michele Mognato, allora segretario provinciale del partito, Zoggia (eletto nel 2013, come Mognato, alla Camera dei deputati) e Marchese, l'ex vicepresidente regionale del Pd arrestato due settimane fa. Sono loro, secondo quanto dice il sindaco, ad aver insistito perché si avvicinasse al Consorzio e ottenesse il finanziamento. I pm, nei 16 faldoni dell'inchiesta, hanno già ricostruito come avvenne quel passaggio di 110mila euro. Sia Piergiorgio Baita, ex ad del Mantovani, sia Giovanni Mazzacurati, il gran burattinaio del Mose, sostengono di aver dato il denaro a Ferdinando Sutto — la persona che effettuava i pagamenti per conto del "supremo" — e di lì al commercialista di Orsoni, il gestore del comitato elettorale. Sutto, secondo un'informativa del nucleo tributario della guardia di Finanza, lo avrebbe anche spinto a fare un bonifico di 30mila euro alla Fondazione Marcianum, nata per la volontà dell'allora patriarca Angelo Scola.

"IL MINISTERO IN MANO A BAITA"
Dalle 110mila carte depositate dal gip, viene fuori anche un interrogatorio ancora inedito di Claudia Minutillo, la segretaria di Galan, la quale racconta di un incontro al ministero delle Infrastrutture, al tempo guidato da Pietro Lunardi: «Ci fu una riunione dell'allora ministro alla presenza cinque presidenti di regioni e Lunardi propose di non fare più la Venezia-Cesena ma la Venezia-Orte, che poi addirittura diventò Venezia-Civitavecchia ». I presenti si trovarono subito d'accordo: «In altre occasioni ci avrebbero impiegato 10 anni, invece in pochissimo tempo misero Vito Bonsignore, che era il promotore di questa cosa, si dice legato a Caltagirone... Mi ricordo che erano tutti d'accordo, anche i vertici di Forza Italia perché ne avevano parlato a Galan sia Dell'Utri che Previti... Baita teneva i contatti con il dottore Albanese del gruppo di Bonsigonore e poi avevano dentro al ministero delle persone…». E qui spunta, ancora una volta, l'ex amministratore del colosso delle costruzioni Mantovani: «C'era il direttore generale delle Infrastrutture, la dottoressa Barbara Marinali, che rispondeva totalmente a Baita. E poi c'era Ercole Incalza… quello era da sempre un riferimento per tutti quanti». Nell'ennesimo interrogatorio fiume, la Minutillo racconta di una busta con 500-600mila euro. Chi erano i destinatari, chiede il magistrato? «Spesso mi fu fatto il nome di Gianni Letta, che era quello che gestiva per nome e per conto del governo Berlusconi, molto spesso per far sì che venissero stanziati i soldi per i fondi destinati al Mose».

I LUSSI DI MAZZACURATI
Leggendo tutte le informative dei finanzieri, che per due anni hanno seguito Mazzacurati, si capisce bene di che pasta è fatto l'uomo. Dell'amore per il lusso, a spese degli Italiani. Analizzando conti correnti e intercettazioni, viene fuori «l'innegabile spreco» e lo «sfrenato uso privatistico delle risorse pubbliche» « del patron del Consorzio Venezia Nuova. Al quale non bastava aver comprato «a spese del contribuente», l'installazione di impianti di climatizzazione «in abitazioni private», «rinfreschi alla Mostra del cinema», non gli era sufficiente essersi aumentato lo stipendio di un milione di euro e aver messo sul bilancio del Consorzio anche il personale di servizio di casa propria. Aveva puntato pure un super attico a Piazza di Spagna. Un appartamento che aveva visto con la consorte Rosangela Taddei, «da acquistare — annotano gli investigatori, che dunque ritengono avere elementi per sostenerlo — sempre a spese del contribuente». Questa era la loro intenzione, erano a un passo dall'effettuare il contratto, ma poi l'affare è sfumato.

SPAZIANTE E PALENZONA
«Di interesse investigativo» ci sono anche i contatti tra l'ex generale casertano Emilio Spaziante e Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit. «Il Big», come lo chiamava Spaziante. Agli atti ci sono decine di sms tra loro. I due si incontrano il 4 ottobre 2013 nella torre A della sede della banca a Milano. «Emilio — si legge nell'informativa della finanza — potrebbe aver avuto la promessa di un impiego nel management della banca ». Ciò si desume dai messaggi che il militare invia a tale Nando Cazzaniga subito dopo l'appuntamento: «Ho accettato eh…sono molto molto contento», scrive Spaziante. Ma non ha raccolto solo per sé, a quanto pare. «Ha utilizzato l'incontro in parola per ottenere indubbi vantaggi per suo figlio (si tratta verosimilmente di un finanziamento) ». Telefona a Daniele (il figlio, ndr ), poco dopo aver contattato Cazzaniga: «È andato tutto benissimo, la pratica è tutta completa quando la porti da Bologna, appena portiamo le carte la trattazione lì dopo una settimana, dieci giorni, dovrebbe passare».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Corousion tałiana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » lun giu 16, 2014 9:18 pm

Inchiesta Mose: vacanza pagata al capo del Cipe, la “cassa” dei grandi appalti

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06 ... ti/1028498

Il Comitato interministeriale è quello che dispensa materialmente i finanziamenti decisi dal governo. Dalle carte dei magistrati di Venezia emergono i rapporti tra gli imprenditori del Consorzio e l'allora numero uno del Comitato Paolo Emilio Signorini. La storia dello stanziamento da 400 milioni quando al Tesoro regnava la coppia Tremonti-Milanese

di Stefano Feltri e Carlo Tecce | 16 giugno 2014

C’è un crocevia essenziale nell’inchiesta Mose: il Cipe, il comitato interministeriale per la programmazione economica. Da questo centro di gravità, fra potere esecutivo e tattica burocratica, escono i milioni, che in fretta diventano miliardi, per la grande opera veneziana e per le tasche di imprenditori e politici. L’ultima delibera è datata 9 settembre 2013, pubblicata in Gazzetta ufficiale il 31 marzo 2014 e già questo lasso di tempo spiega perché Giovanni Mazzacurati e il Consorzio Venezia Nuova avessero così bisogno di avere l’appoggio di uomini chiave del Cipe, come l’ex capo dipartimento Paolo Emilio Signorini: tra la delibera e l’arrivo dei soldi, possono passare poche settimane o molti mesi, anche un anno, il capo dipartimento è il vigile che dirige il traffico e può far scattare i semafori verdi e rosso a sua discrezione.

Il Cipe funziona così: è presieduto dal premier, oggi Matteo Renzi, ci sono 13 membri, ma quelli che contano davvero sono i ministri dell’Economia, dei Trasporti e delle Infrastrutture. Questa triade decide cosa proporre al Cipe, quali sono le opere prioritarie da finanziare, poi al capo dipartimento spetta il compito di gestire la complessa macchina amministrativa che muove milioni di euro. Oggi il Cipe lo guida Ferruccio Sepe, fino a tre mesi fa di stanza a palazzo Chigi, al dipartimento per l’editoria dove ha ridotto in modo drastico i finanziamenti ai giornali e aumentato in modo efficace i controlli.

Fino un anno fa, il Cipe era il regno incontrastato di Paolo Emilio Signorini: studi a Yale, una carriera tra ministero del Tesoro e presidenza del Consiglio, fama di civil servant impeccabile. Poi le carte dell’inchiesta sul Mose (non risulta indagato) hanno rivelato la sua prossimità agli imprenditori veneziani arrestati. Ricostruire i rapporti che ruotavano intorno al Cipe e Signorini è utile per capire sia come agiva il gruppo del Mose sia per evidenziare il livello di arbitrio assoluto con cui possono essere gestite le opere pubbliche. Dall’ordinanza del gip di Venezia, Alberto Scaramuzza, si scopre che il Consorzio Venezia Nuova di Mazzacurati, il concessionario unico del ministero delle Infrastrutture per il Mose, ha pagato una vacanza in Toscana a Signorini nel giugno 2011: “Mazzacurati chiama il figlio Giuseppe e dalla telefonata si ha conferma che del pagamento di Signorini per il ‘mare’ se ne occuperà Francesca (De Pol, che è appunto la segretaria del Cvn)”. E infatti Signorini, quando arriva, vicino a Castagneto Carducci, chiama Mazzacurati per ringraziarlo: il presidente del Cvn cerca di fermarlo, perché sa di essere intercettato (“ho un problema col telefonino”), ma il capo del Cipe non coglie l’avvertimento e racconta: “Ho trovato tutto, tutto perfetto […] Abbiamo già fatto mezza giornata di mare”, poi chiede dove andare a cena.

Signorini e il Cipe sono fondamentali per Mazzacurati che vorrebbe il funzionario romano alla guida del Magistrato delle acque, l’istituzione veneziana che ha un ruolo decisivo nel processo di autorizzazione dei lavori in Laguna e per questo il Cvn tiene a libro paga due magistrati delle acque, Maria Giovanna Piva e Patrizio Cuccioletta, e avrebbero voluto fare lo stesso con Signorini, portandolo da Roma a Venezia, tanto lo consideravano di loro fiducia, ma alla fine nel 2013 la spunta il candidato sgradito al Cvn, Fabio Riva. Per la nomina di Signorini si attiva Ercole Incalza, il potentissimo funzionario del ministero delle Infrastrutture, più volte indagato (e sempre prosciolto) che nel 2004 ha beneficiato di 820mila euro ricevuti dall’architetto Angelo Zampolini (l’uomo della cricca) per un appartamento acquistato per sua figlia. Zampolini ci mette la differenza, accade a insaputa di Incalza, stesso trattamento e stessi protagonisti del mezzanino al Colosseo di Claudio Scajola. Incalza si attiva, tra 2011 e 2013, per ottenere la nomina di Signorini al Magistrato delle acque.

Incalza è il capo della “struttura tecnica di missione” che al ministero delle Infrastrutture si occupa di grandi opere. E in ogni delibera sul Mose del Cipe targato Signorini si legge che, in base a una legge del 2006, la “responsabilità dell’istruttoria e la funzione di supporto alle attività di questo comitato al ministero delle Infrastrutture e trasporti che può in proposito avvalersi di apposita Struttura tecnica di missione”. Ricapitolando: Signorini e Incalza operano insieme; gli imprenditori del Mose premono sui ministri membri del Cipe, arrivando a consegnare (secondo l’accusa) 500mila euro a Marco Milanese, principale collaboratore del ministro del Tesoro Giulio Tremonti, considerato non abbastanza collaborativo da Mazzacurati. Poi dialogano con l’amico Signorini che si accerta di far arrivare i provvedimenti sulla corsia rapida di approvazione e Signorini rimanda la gestione delle centinaia di milioni di euro “sbloccati” a un altro uomo di fiducia del giro Mose, cioè Ercole Incalza, per contro del ministero.

Un meccanismo perfetto. Che s’era incagliato nella primavera 2014. E fu sbloccato – dopo i contatti diretti fra Milanese e Mazzacurati e fra Tremonti e lo stesso Mazzacurati attraverso Roberto Meneguzzo di Palladio Finanziaria – con una delibera Cipe del 18 novembre 2010 da 400 milioni di euro. Fu Gianni Letta, all’epoca sottosegretario a palazzo Chigi, a consigliere all’anziano Mazzacurati di cercare l’attracco al Tesoro. La tensione di quei mesi – in ballo c’erano 400 milioni di euro – viene affrescato dal memoriale di Mazzacurati, confermato – annotano gli inquirenti – dall’interrogatorio di Piergiorgio Baita, il vice a Cvn: “Il dottor Meneguzzo mi metteva in contatto con l’on. Milanese, che si presentava come soggetto direttamente competente sul piano politico, a gestire le questioni del finanziamento delle opere alle bocche di porto. In sostanza, l’on. Milanese rappresentava che avrebbe assicurato che i finanziamenti di volta in volta richiesti dal ministero delle infrastrutture sarebbero stati concessi con positivo parere del ministero dell’Economia solo se gli fosse stata assicurata la disponibilità di una somma di euro 500.000,00. Tale dazione avveniva nel corso dell’anno 2010 a Milano, presso gli uffici di Palladio Finanziaria in presenza del dottor Meneguzzo”.

Tra il 23 aprile (2010) e il 28 luglio ci sono decine di chiamate e messaggi fra Mazzacurati e Meneguzzo. La delibera tanto desiderata (e tanto costata, secondo l’accusa) è timbrata 18 novembre 2010, ma già il 31 maggio 2010 un decreto legge – n.78, articolo 46, comma 3 – prevede che “il Cipe, su proposta di Tesoro e di concerto con i Trasporti [c'era Altero Matteoli, che dai faldoni assume un ruolo, ndr], dà priorità al finanziamento Mose nel limite massimo di 400 milioni di euro”. Esattamente quel che chiedono Mazzacurati e soci. Al Cipe, va ricordato, c’è Signorini. Al Tesoro, la coppia Tremonti-Milanese. Il ministero è rapido: il 23 settembre il Magistrato alle Acque sollecita i 400 milioni, il 29 il Tesoro individua risorse per 231,8 milioni (a spese di alcune revoche di stanziamento). E l’11 ottobre, sbocciano altri 230 milioni di euro.

Il Cipe e la struttura di Incalza completano il percorso e il 18 novembre c’è il via libera. Quando Signorini lascia il Cipe, si trasferisce proprio al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti guidato, sotto Enrico Letta e ora con Renzi, da Maurizio Lupi. La sua nuova mansione è quella di “Capo del Dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali ed il personale”, come si legge nel decreto di nomina del Quirinale del 4 giugno 2013. Una posizione meno strategica di quella di capo del Cipe, ma anche da lì Signorini può essere prezioso per gli amici del Mose.

Il 28 ottobre 2013 l’ex capo del Cipe dal ministero dei Trasporti firma un “Avviso pubblico di selezione per l’individuazione del capo della struttura tecnica di missione per l’anno 2014”, cioè il ruolo che Ercole Incalza ricopre con rinnovi di anno in anno, secondo la bizzarra tradizione italiana per la quale importanti dirigenti ministeriali possono essere inquadrati come collaboratori. I requisiti prevedono un’esperienza almeno decennale in posizioni simili, che praticamente solo lo stesso Incalza può vantare. I curricula vengono valutati da una commissione nominata dallo stesso Signorini. Alla fine il vincitore risulta essere – sorpresa! – il solito Ercole Incalza. Non c’è rottamazione che possa smontare la rete di potere degli amici del Mose.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Corousion tałiana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » gio giu 19, 2014 7:49 am

Mose, il “golden boy” Pd Davide Zoggia oscurato dall’avvento di Matteo Renzi

Da sindaco di Jesolo è riuscito a diventare presidente della Provincia nel 2004. Nonostante la sconfitta nel 2009 diventa il collante tra Roma e Venezia diventando responsabile nazionale Enti Locali del Pd su scelta di Bersani. Con Epifani diventa responsabile nazionale dell’organizzazione politica del Pd. E infine arriva il seggio. Con l'attuale segretario inizia la fase calante, sancita con il suo nome fatto da Orsoni ai pm

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06 ... zi/1026816

Sei in: Il Fatto Quotidiano > Politica & Palazzo > Mose, il “...
Mose, il “golden boy” Pd Davide Zoggia oscurato dall’avvento di Matteo Renzi
Da sindaco di Jesolo è riuscito a diventare presidente della Provincia nel 2004. Nonostante la sconfitta nel 2009 diventa il collante tra Roma e Venezia diventando responsabile nazionale Enti Locali del Pd su scelta di Bersani. Con Epifani diventa responsabile nazionale dell’organizzazione politica del Pd. E infine arriva il seggio. Con l'attuale segretario inizia la fase calante, sancita con il suo nome fatto da Orsoni ai om

A guardarlo così sembrerebbe un po’ il golden boy della politica del centrosinistra. Davide Zoggia, 50 anni compiuti a febbraio, originario di Jesolo, è uno dei tre nomi chiave che sono ruotati attorno alle dichiarazioni spontanee fornite dall’avvocato Giorgio Orsoni, ormai ex sindaco di Venezia, lunedì scorso davanti ai pm che ne hanno richiesto l’arresto. Zoggia, faccia da bravo ragazzo, sposato, è uscito dall’istituto Alberti di San Donà di Piave con un diploma e l’abilitazione da ragioniere commercialista. Il suo nome è nel pizzino della contabilità delle elargizioni ufficiali della Coveco.

Negli anni ’80 prima fa il consigliere comunale a Jesolo, poi diventa sindaco della località balneare del litorale veneziano vincendo le elezioni del 1990. Fare il primo cittadino a Jesolo gli vale come trampolino di lancio verso una poltrona da consigliere provinciale e assessore (Personale e Lavori pubblici) sotto la gestione di Luigino Busatto. Ha dei buoni sponsor il rampollo jesolano. È il tempo in cui a Venezia il centrosinistra, dopo la lunga egemonia Dc, si spartisce Comune e Provincia, lasciando a Giancarlo Galan di imperare sul fronte della Regione. L’abilità politica e la virtù di essere una faccia nuova lo spingono verso la poltrona di Presidente della Provincia. È il 2004 e Zoggia raccoglie il 50,5%dei voti grazie anche ad una coalizione che unisce l’allora Ulivo, il PRC, Verdi, Rosa nel Pugno, Italia dei Valori e Comunisti Italiani. Cinque anni in cui da buon ragioniere quale è Zoggia governa e gestisce senza grandi sussulti, convinto di poter concedere il bis senza problemi.

Tanta sicurezza nel porsi e nel comunicare, però, non fa i conti nel 2009 con la candidatura di Francesca Zaccariotto della Lega, già sindaco di San Donà. Il Carroccio è ancora lontano dagli scandali e a Venezia, soprattutto fuori della Laguna, c’è chi non crede più alla buona gestione del centrosinistra e alle elezioni cambia e fa vincere il nuovo vento del centrodestra. Quella che per Zoggia appare una sconfitta netta sia a livello di immagine che politica, si trasforma nella sua rinascita con un nuovo ruolo, non più locale ma nazionale. È lui che diventa il collante tra Roma e Venezia. Nel novembre del 2009 diventa responsabile nazionale Enti Locali del Pd su scelta di Pierluigi Bersani che lo nomina anche all’interno della sua segreteria nazionale. Lo si vede spesso in televisione, il suo compito di raccordare le forze locali del Pd gli riesce bene, quale capace e buon organizzatore quale si rivela. Lui esegue quel che Roma gli dice e lo fa diligentemente. E alla fine arriva il premio malgrado il passaggio da Bersani ad Epifani con il quale diventa Responsabile nazionale dell’organizzazione politica del Pd. È il prologo alla candidatura e all’elezione a deputato che avviene nel giugno del 2013 anche se per lui non viene scelto il collegio di Venezia ma quello di Padova-Verona dove, forse, lo conoscono meno per la sconfitta alle urne nel tentativo di bissare il mandato in Provincia a Venezia. In tutto questo c’è spazio anche per una sponsorizzazione, ma politica, dello zio Valerio Zoggia, che vince le elezioni comunali e diventa sindaco di Jesolo come lo era stato il nipote.

L’avvento di Renzi alla segreteria e quindi a capo del Governo, però, lo oscurano. Il resto lo fa Orsoni lunedì scorso facendo il suo nome ai magistrati assieme a quello del deputato Michele Mognato, ex vicesindaco e segretario provinciale del PD veneziano e a quello noto del consigliere regionale Giampietro Marchese. Adesso che l’avvocato veneziano, ormai ex sindaco, si è tolto i sassi dalla scarpa resta da capire in quale lago li tireranno i tre mister “x” non più senza nome.

Mose, il passo indietro di Davide Zoggia dalla Giunta
http://www.giornalettismo.com/archives/ ... lla-giunta

di Alberto Sofia - 17/06/2014 - L'onorevole non è indagato, ma rischiava di imbarazzare il Pd, dopo che Giorgio Orsoni l'aveva indicato tra i dem che l'avrebbero pressato per accettare i finanziamenti di Mazzacurati

Rischiava di mettere in imbarazzo il Pd e la stessa Giunta per le autorizzazioni della Camera, chiamata a decidere sulla richiesta di arresto per l’ex governatore veneto Giancarlo Galan, coinvolto nello scandalo Mose. Così Davide Zoggia, ex responsabile organizzazione a Largo del Nazareno, ha deciso di farsi da parte, pur non essendo indagato. Chiedendo con una lettera al capogruppo Roberto Speranza di essere sostituito dalla Giunta – della quale è membro, ndr – fino alla conclusione dei lavori. «Questione di opportunità», secondo il deputato dem, bersaniano doc ed ex presidente della Provincia di Venezia, tra il 2004 e il 2009. Il motivo? Sul suo conto pesano le accuse dell’ormai ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, che, prima di chiedere un patteggiamento di quattro mesi per il finanziamento illecito e dimettersi dalla carica, aveva denunciato pressioni dal partito di riferimento (lo stesso Pd) per ottenere i fondi di Giovanni Mazzacurati, il «grande burattinaio» di Venezia e presidente del Consorzio Venezia Nuova. Proprio Zoggia, insieme al consigliere regionale Giampietro Marchese (arrestato nell’inchiesta condotta dalla procura veneziana) e al deputato Michele Mognato, era stato indicato da Orsoni tra e responsabili politici di quelle presunte ingerenze.

DAVIDE ZOGGIA E LA RICHIESTA DI SOSTITUZIONE IN GIUNTA – Il gesto di Zoggia è stato accolto con sollievo in casa dem, dove era già stata posta, seppur senza clamore, la questione della sua possibile sostituzione. Lo stesso Renzi, nel corso dell’assemblea nazionale del partito di sabato scorso, aveva lanciato un invito ai colleghi: «Chi è a conoscenza di notizie di reato, le riferisca alla magistratura», aveva spiegato il presidente del Consiglio. Nel parlamentino dem, non pochi avevano interpretato quell’operazione di moral suasion come un invito allo stesso Zoggia (e non solo). Già accusato, durante un interrogatorio di garanzia, dall’ex amministratore delegato della società “Autostrada di Venezia e Padova”, Lino Brentan, di aver beneficiato a sua volta di 65mila euro come finanziamento per la campagna elettorale. Dichiarazioni che erano state subito smentite dallo stesso parlamentare: «Mai ricevuti, mi riservo azioni legali», si era difeso.
Anche nella lettera inviata a Speranza, Zoggia ha ribadito la sua totale estraneità rispetto alla Tangentopoli della laguna. Eppure la presenza del suo nome sui quotidiani, accostato all’inchiesta Mose, ha suggerito al parlamentare un passo indietro. Anche per non mettere in difficoltà il partito.
Leggi anche: Mose: Giancarlo Galan pagava di mutuo il doppio di quanto guadagnava
GALAN E LA RICHIESTA DI ARRESTO - Sarà sostituito da Laura Garavini in Giunta. Forse già da domani, quando riprenderà l’iter per la decisione dell’arresto del forzista Giancarlo Galan, accusato di corruzione, concussione e riciclaggio. I membri dell’organo parlamentare dovranno esaminare i 18 faldoni trasmessi dall’autorità giudiziaria, per decidere se concedere il via libera alla misura cautelare, nel caso ritengano non esista “fumus persecutionis” nei confronti dell’ex governatore veneto. Un verdetto definitivo dovrebbe arrivare entro un mese. Nonostante i sospetti e le accuse dei magistrati nei confronti di Galan siano state rafforzate dall’analisi dal confronto tra dichiarazioni dei redditi e spese fatta dalla famiglia Galan, l’esponente forzista - considerato “uno stipendiato a vita” dal Consorzio - ha continuato a negare qualsiasi contestazione. Oltre ad aver chiesto di essere ascoltato e di poter depositare delle memorie (il 25 giugno, ndr). A decidere sul suo conto non ci sarà così Zoggia, che aveva già disertato la riunione di mercoledì scorso della Giunta. E la stessa assemblea di sabato. «Ha fatto un bel gesto, non era dovuto e nessuno aveva chiesto nulla», ha replicato Speranza, come ha riportato il Corsera. Ma l’impressione è che a Largo del Nazareno preferissero evitare possibili strumentalizzazioni o accuse da parte delle opposizioni. Anche per le insidie nascoste dietro i lavori della Giunta.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Corousion tałiana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » lun giu 23, 2014 8:15 pm

Mose, Galan: 'Io non colpe', duello con Pm - Su mio patrimonio e casa fesserie colossali

http://www.ansa.it/sito/notizie/flash/2 ... 073f5.html

Il deputato di Forza Italia Giancarlo Galan si difende dalla richiesta di arresto in Giunta alla Camera e nel frattempo da Venezia spuntano nuovi elementi a suo carico nell'inchiesta sul Mose

GALAN IN GIUNTA

"Sono stato investito da un ciclone umano, mediatico, giudiziario che mai avrei pensato. Io non ho le colpe che mi vengono attribuite". Lo dice il deputato di Fi Giancarlo Galan illustrando la memoria difensiva depositata in Giunta per le autorizzazioni alla Camera relativamente all'inchiesta Mose e alla richiesta di arresto.

"Sulle mie condizioni patrimoniali e sulla casa sono state dette fesserie colossali. Non esiste una parola sul fatto che io abbia avuto soldi" aggiunge Galan in Giunta per le autorizzazioni.

Ecco alcuni passaggi rilevanti dell'intervento di Galan in Giunta.

"Finalmente dopo 20 giorni posso parlare. Finora non ho parlato con nessuno per rispetto nei confronti della magistratura: volevo che i magistrati fossero i primi a ascoltare. Non hanno voluto farlo e ora io sono qui"

"Nel frattempo non è che non abbiate scritto le peggiori infamie. Io so che il politico è un mostro, ma mi aspettavo più rispetto nei confronti miei e della mia famiglia"

"Mia moglie non faceva la cubista, non ha neppure il fisico anche se è una bellissima donna a cui voglio bene. Quando mi ha conosciuto lavorava nel volontariato ed è stato licenziata. Almeno questo"

"Io, fino a prova contraria, credo sempre nella buona fede delle persone. Voglio sperare si leggano bene la carte"

"Una rappresentazione assolutamente falsa ma grave"

"La casa l'ho comprata da un dentista di Pantelleria, già restaurata. Quante balle"

"Se rispondo fino in fondo sono un po' irrispettoso. La memoria è stata già consegnata ed è di più di 500 pagine".

"Non c'e' uno che dica che mi ha messo in mano mille euro. Non esiste una parola sul fatto che io abbia avuto soldi".

"L'ingegner Mazzacurati sostiene che il Consorzio Venezia Nuova mi avrebbe corrisposto ben 1 milione di euro all'anno dal 2005 al 2011. Un'accusa fantasiosa e infamante. E' semplicemente assurdo" scrive Galan nella sua memoria difensiva sull'inchiesta Mose aggiungendo come "da diverse fonti processuali emerga che molti denari consegnati a Mazzacurati servivano a scopi personali dello stesso per milioni di euro. Il che - sottolinea Galan - fa pensare che costui abbia usato la fantasiosa storia del milione di euro all'anno quale 'copertura' di proprie ingenti appropriazioni".

L'INDAGINE INTANTO CONTINUA

Pm a Tribunale del Riesame: "Su Galan intercettazioni,si parla fondi estero" - A carico di Gianfranco Galan, finito nell'inchiesta della Procura veneziana sul Mose, emergono delle intercettazioni ambientali che gli attribuiscono fondi non ben precisati portati all'estero. Lo ha reso noto, davanti ai giudici del riesame, il pm Stefano Ancillotto che con i colleghi Paola Tonini e Stefano Buccini sta gestendo l'inchiesta. Secondo quanto riferito da Ancillotto, le intercettazioni ambientali riguardano dialoghi tra il commercialista di Galan, Paolo Venuti - anch'egli indagato - e sua moglie. Dal dialogo tra Venuti e la donna si capisce che il commercialista fungeva da prestanome per Galan e che proprio per conto del parlamentare di Forza Italia del denaro sarebbe stato portato all'estero e che, proprio mentre esplodeva l'inchiesta, Venuti avrebbe detto alla moglie che solo l'ex governatore del Veneto avrebbe potuto decidere il da farsi. Nel corso del riesame il legale di Venuti, Emanuele Fragasso, ha minimizzato l'intercettazione ricordando che il commercialista era amico da sempre di Galan (quindi i fondi potrebbero essere antecedenti la vicenda Mose) e che tutta la contabilità della famiglia dell'ex governatore era in mano al commercialista. Fragasso ha anche sottolineato che nella vicenda Venuti-Galan "ci sono aspetti paradossali, perché quando il commercialista si occupa di un altro cliente, che non è Galan, viene perquisito proprio per delle carte che fanno riferimento a investimenti all'estero, documenti risultati in regola che però nell'inchiesta 'diventano' di Galan".

Procura, riconducibili Galan affari 50 mln dlr - Nelle carte dell'inchiesta Mose si parla di "cospicue operazioni commerciali nel Sud Est asiatico" nell'ordine di 50 milioni di dollari, trovate in documenti in possesso del 'prestanome' Paolo Venuti, per le quali emergerebbe "la riconducibilità alla famiglia Galan".
Lo affermano i pm nella richiesta al gip degli arresti del 4 giugno scorso



“Io travolto da un ciclone, non ho colpe”
Il deputato di Forza Italia coinvolto nell’inchiesta sulle tangenti
per la costruzione delle dighe veneziane: “Sul mio conto un mucchio di fesserie”. Per la Procura: “Riconducibili a lui operazioni per 50 milioni di dollari”.

http://www.lastampa.it/2014/06/23/itali ... agina.html

Per quasi un’ora l’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan prova a smontare punto per punto le accuse della procura contro di lui. «Sono stato investito da un ciclone umano, mediatico, giudiziario che mai avrei pensato - esordisce - Io non ho le colpe che mi vengono attribuite e le fesserie più colossali riguardano la mia condizione patrimoniale».
Dopodomani il deputato di Forza Italia sarà sentito dalla Giunta per le autorizzazioni alla Camera relativamente all’inchiesta Mose e alla richiesta di arresto. E oggi illustra la memoria difensiva con cui rivendica la propria innocenza. Anche se non vuole rispondere alla domanda circa il tema dell’immunità parlamentare in questi giorni al centro delle discussioni per la riforma del Senato.

Galan parla quasi sempre sorridendo, si lancia anche in qualche battuta, si infervora solo in difesa della moglie, «non è vero che faceva la cubista», e per ribadire che «la Guardia di finanza ha costruito un castello di carte modesto contro di me». E ancora: «Se le leggessi da estraneo anche io mi convincerei della mia colpevolezza, ma così non è perché i documenti presentati dalla guardia di Finanza sono zeppi di imprecisioni».
E per un’ora si difende anche se prima parla di persecuzione e poi dice che non si sente un perseguitato dai magistrati.

Innanzitutto la soddisfazione di avere una platea.
«Finalmente dopo 20 giorni posso parlare - sottolinea -. Finora non ho parlato con nessuno per rispetto nei confronti della magistratura: volevo che i magistrati fossero i primi ad ascoltare. Non hanno voluto farlo e ora io sono qui, perché in questo frattempo sono state scritte tutte le peggiori infamie sul sottoscritto, sono stato investito da un ciclone giudiziario, umano e mediatico che mai avrei pensato, anche perché non ho le colpe che mi vengono attribuite dai miei tre accusatori».

«Io so che il politico è un mostro, ma mi aspettavo più rispetto nei confronti miei e della mia famiglia. Mia moglie non faceva la cubista, non ha neppure il fisico anche se è una bellissima donna a cui voglio bene. Quando mi ha conosciuto lavorava nel volontariato ed è stato licenziata».
E Galan prosegue nella sua autodifesa tirando in ballo anche le accuse che gli sono state mosse in relazione al suo patrimonio. Il deputato smentisce che il conto corrente con 50 mila euro a San Marino sia suo. «La firma» messa per prelevare quei soldi «è falsa ed è attestata da due perizie grafiche, non ho nulla da nascondere, nulla di segreto e cifrato, non c’è assolutamente nulla». E puntualizza anche sulla vicenda del presunto restauro milionario din una sua casa di proprietà:«Sulla storia della casa sono state dette colossali fesserie. Altro che restauro milionario». La casa, spiega, «l’ho comprata da un dentista già restaurata. Gli infissi sono esattamente gli stessi, il restauro riguarda il terzo piano e la suddivisione in 7 stanze della parte dell’agriturismo. Ho speso 700 mila euro e i lavori erano finiti già nel 2007. Quante balle».

E a proposito del capitolo su Claudia Minutillo, sua ex segretaria, Galan dice che «va aperto prima con i magistrati che con i giornalisti». «Volevo assumere mia cugina, ma Minutillo - racconta il deputato - era stata appena licenziata da Paolo Scarpa Bonazza Buora, molto influente all’epoca in quanto coordinatore regionale di Forza Italia, che la mise in mezzo ad una strada e lei con grande abilità si ingraziò tutti andando a lavorare al gruppo regionale. Essendo una gran lavoratrice si fece assumere. L’ho mandata via più di otto anni fa per l’antipatia che aveva con mia moglie. Sì, ma la verità è che era antipatica a tutti, nessuno la sopportava. Ed era la segretaria più lussuosamente e costosamente vestita dell’emisfero boreale... Quando ho saputo che indossava un cappotto da 16 mila euro, allora qualche dubbio mi è venuto...».
E conclude: «Non mi sento né tradito dagli ex collaboratori, né perseguitato dai giudici, ma le accuse della Guardia di finanza sono infondate».

Intanto i pm nella richiesta al gip degli arresti dell’ex governatore del Veneto, del 4 giugno scorso, affermano che nelle carte dell’inchiesta Mose si parla di «cospicue operazioni commerciali nel Sud Est asiatico» nell’ordine di 50 milioni di dollari, trovate in documenti in possesso del `prestanome´ Paolo Venuti, per le quali emergerebbe «la riconducibilità alla famiglia Galan». A queste operazioni - compravendite societarie soprattutto in Indonesia - i pm erano arrivati tramite documenti trovati dal Gico in possesso di Venuti in occasione di uno suo espatrio il 19 luglio 2013. Venuti era in partenza dall’aeroporto di Tessera per l’Indonesia.

I magistrati annotano che la «riconducibilità alla famiglia Galan» emergerebbe da una serie di conversazioni intercettate tra lo stesso Venuti e la moglie di questi, nel periodo in cui si diffonde la notizia del decesso della suocera di Galan. I coniugi Venuti, amici dei Galan, si sentono in obbligo di partecipare al funerale. In un intercettazione ambientale Venuti parla con la moglie sull’opportunità di rinviare la partenza ed andare al funerale. «Senti Paolo - risponde la moglie - c’è un po’ l’idea che tu sei là per lavoro per la storia del gas che Giancarlo è cosa a cui lui è molto sensibile...se stessimo andando a Rovigno ancora ancora...ma tu sei lì per lavoro! ... chiama Giancarlo ... digli che è la storia dell’Indonesia del gas spiegagli che è il gas ... che è la conclusione della vicenda del gas». Al che Venuti conferma, «sì sì, lo so».

Rientrati in Italia, Venuti e la moglie - si legge sempre nella carte dell’inchiesta - riferiscono alla moglie di Galan di essere appena tornati dall’Indonesia e chiedono con urgenza un incontro. La sensazione, secondo i pm, è che tale urgenza «vada ricondotta proprio all’anzidetto controllo doganale e quindi all’acquisizione di documentazione che si ritiene riconducibile alla famiglia Galan».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Corousion tałiana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » gio lug 10, 2014 7:32 am

IL CASO MOSE – Gli oboli di Mazzacurati per tutti: oltre 32 milioni di sponsorizzazioni a pioggia tra enti, associazioni, sodalizi sportivi e non, gruppi di volontariato e fondazioni private – Il punto ad un mese dagli ultimi arresti: C’è ancora un latitante e resta aperto il caso-Galan

http://www.i300.it/?p=20015

Gli oboli di Mazzacurati finivano a tutti: oltre 32 milioni di sponsorizzazioni a pioggia a enti, associazioni, sodalizi sportivi e non, gruppi di volontariato e fondazioni private

Venerdì 4 Luglio 2014,

da Il Gazzettino

I concetti base erano due: liberalità e pubblica informazione. Due facce della stessa medaglia. Una sorta di “cassa continua” con la quale il sistema Mazzacurati erogava fondi, contribuiva alle cause più disparate o soltanto puntava a sostenere iniziative, incontri, dibattiti o riunioni sportive o parasportivi. Insomma di tutto un po’. E a batter cassa erano veramente tutti. Un sistema che erogava a chiunque e dovunque, senza tralasciare nessuno. In qualche modo, visto che i soldi erano tanti, il denaro affluiva ad enti, associazioni, sodalizi sportivi e non, gruppi di volontariato e fondazioni private. Tutti pronti a fare una richiesta con il Consorzio Venezia Nuova pronto ad esaudire senza discriminazione.

E così, secondo i primi calcoli, dal 1995 al 2013 (ma in alcuni casi gli impegni finanziari giungono anche in questo burrascoso 2014) il Consorzio Venezia Nuova pare abbia speso oltre 32 milioni di euro per impegnarli nelle due fonti di spesa indicate. Attenzione però: non è affatto detto che questa cifra sia comprensiva di tutti i soldi usciti a vario titolo dalla casse del Cvn nel corso degli anni. Infatti secondo un rapido calcolo pare che solo per le liberalità siano stati spesi dal 1995 al 2013 circa 13 milioni e qualche ulteriore spicciolo. Discorso non molto diverso per l’altra “voce”, quella della pubblica informazione. In questo settore, sempre dal 1995 al 2013, i soldi versati per iniziative promozionali (editoria, libri, visite guidate ai cantieri, convegni, dibattiti, merchandising, sito internet etc etc.) si aggirerebbero sui 19 milioni di euro che conterrebbero tra l’altro anche il milione che il Consorzio mise a disposizione della società Argonauti del figlio di Mazzacurati, Carlo, il regista recentemente scomparso. E qui rientrerebbero anche i soldini per la famosa villa in California a La Jolla, usata ancor oggi da Mazzacurati. In ogni modo il “sistema” di erogazioni liberali e di pubblica informazione è ora allo studio della nuova governance del Consorzio Venezia Nuova che, con il nuovo presidente Mauro Fabris, ha di fatto “staccato la spina” ad ogni forma di contribuzione o “obolo” concesso limitandosi a rispettare gli impegni come nel caso del sostegno al Teatro La Fenice che dura da tempo, per un valore che oscilla tra i 250mila e i 350mila euro all’anno.

Ed è proprio con il contributo dato al teatro veneziano che Mazzacurati, in qualche modo, negli anni scorsi, prese atto che le erogazioni liberali non solo davano lustro al Consorzio, ma potevano essere importanti come strumento di raccolta del consenso nel tessuto cittadino. Così per esempio nel 2006 investe 450mila euro per l’allestimento de “Il Flauto Magico” di Mozart, raccogliendo in qualche modo l’appello dell’ente lirico che aveva invitato gli enti e gli imprenditori veneziani a sostenere le spese di allestimento degli spettacoli. Un’operazione di grande marketing che lo stesso Mazzacurati rivendicherà, vergando la prefazione di un libro “Forma di Venezia” scritto da Sergio Bellini.

Ma è solo l’inizio. E sarà da allora in poi un vero e proprio “crescendo rossiniano”, tanto che secondo l’attuale Cvn, nel corso degli anni, c’è un aumento esponenziale dei fondi per le cosiddette “liberalità” che passano dai 60mila euro del 1995 al milione e 750mila euro del 2012. Un incremento che parallelamente riguarda anche la voce “pubbliche informazioni” che aumenta vertiginosamente dai 173mila euro del 1995 al 1 milione 779mila del 2011, per scendere poi al 2012 a 973mila. Insomma, cifre importanti in un ginepraio di stanziamenti e finanziamenti a pioggia. Che vanno valutati considerando però anche l’altra “faccia della medaglia”. Se è vero infatti che il Consorzio non diceva – praticamente – mai di no a nessuno – dall’altra erano la stessa società civile (!), il mondo dell’associazionismo e l’arcipelago di enti e sodalizi a bussare alla porta di Giovanni Mazzacurati & Co. sapendo di poter ottenere un robusto finanziamento o almeno qualche spicciolo. E qui si apre veramente un mondo. Perchè nel corso degli anni, come raccontiamo nell’altro articolo in queste pagine, l’intera Venezia, dalla grande alla piccola organizzazione, ha chiesto, ottenuto e utilizzato i fondi concessi dal Consorzio Venezia Nuova.

——————————————————————————–

Una laguna di soldi: dalla Fenice alla Fondazione Marcianum

Venerdì 4 Luglio 2014,

da Il Gazzettino

VENEZIA – Non c’era solo La Fenice, ma una vera e propria galassia con tanti satelliti, grandi e piccoli. E tutti – goccia a goccia nel mare dei 5 miliardi spesi per il Mose – hanno ottenuto dal Cvn, ognuno per proprio conto, finanziamenti o sostegni. Grandi, medi o infinitesimali. Anche per questo, quei 32 milioni di euro ufficialmente usciti tra liberalità e pubbliche informazioni, potrebbero essere solo una parte delle erogazioni effettuate. Ma, come diceva Pirandello: così è, se vi pare. E allora, detto dei soldi concessi nell’arco degli anni all’ente lirico veneziano, e noto il “contributo” dato nel tempo alla Fondazione Marcianum (almeno 250 mila euro all’anno dal 2008 al 2013), cerchiamo di capire come nel corso degli anni il dinamismo del Consorzio Venezia Nuova gestione Mazzacurati ha innervato la realtà sociale veneziana. Denari, è bene sottolinearlo, usciti dalle casse del Cvn in modo legale e spesso importanti per l’attività di realtà sociali o culturali di indubbio valore. È il caso, oltreché de La Fenice, della Biennale di Venezia che ottiene un sostegno “liberale” di 100 mila euro all’anno almeno fino al 2013, indipendentemente dall’inizio della gestione Fabris. Tra i beneficiari c’è poi anche la prestigiosa Fondazione Banca degli Occhi di Mestre che negli anni, a partire dal 2006, vede oscillare il proprio finanziamento da parte del Cvn tra i 300 ai 500mila euro. Un po’ come butta il “convento”. Parola, che non vuole essere una battuta perché il mondo ecclesiastico o della Chiesa è sicuramente ben rappresentato negli elenchi dei contributi offerti dal Consorzio Venezia Nuova. E in questo senso si va dai 10mila euro nel 2012 a sostegno della Diocesi di Venezia per transitare agli assegni da 100 mila euro ciascuno per gli anni 2011 e 2012 alla Conferenza episcopale Triveneta sotto la presidenza dell’allora Patriarca, cardinale Angelo Scola. E poi addirittura i 220mila euro per l’Istituto di Santa Maria della Carità come ente beneficiario in previsione dell’organizzazione della visita di papa Ratzinger a Venezia nel 2011 fino a raggiungere quote di beneficenza vera e propria rivolta ad alcune parrocchie del centro storico per lavori e riassetti di piccole e medie dimensioni senza dimenticare un sostegno alla Mensa dei poveri di Mestre.

Ma quello che più emerge è soprattutto la ramificazione dei finanziamenti “liberali” che il Consorzio Venezia Nuova mette in atto negli anni. E c’è veramente di tutto. Innanzitutto l’”aiutino” dato al Comune in alcune occasioni. Si è già detto dei 5 milioni offerti per l’allestimento, gestione e organizzazione delle gare di Coppa America 2012, ma vanno segnalati anche gli “oboli” offerti per altri eventi veneziani come la compartecipazione all’organizzazione delle feste tradizionali come quelle del Redentore, terzo sabato di luglio con barche e fuochi pirotecnici, o della Regata Storica alla prima domenica di settembre. Nella maggior parte dei casi, secondo la nuova dirigenza del Consorzio Venezia Nuova che sta studiando la documentazione, il Cvn offriva cifre che andavano tra i 25mila e i 30mila euro alla bisogna, e per più anni a seguire. Ma si tratta solo di alcuni esempi. Anche perché l’erogazione di denaro “stornato” dalle necessità istituzionali (si intende) ha riguardato non solo le grandi istituzionali culturali della città, ma anche altri organismi vedi l’Ateneo Veneto (con cifre all’incirca attorno ai 20mila euro per sei/sette anni) e la Fondazione Querini Stampalia (sempre per più anni e con cifre analoghe di 20mila euro) e pure la dinamica Fondazione Pellicani, di Mestre, che si occupa di politica, con erogazioni però sensibilmente minori (5mila euro per alcuni anni).

Ma non solo. Mazzacurati ci teneva anche ad essere socio sostenitore del Fai, il Fondo Ambiente Italiano, sborsando a titolo di adesione una somma d’iscrizione attorno ai tremila euro (2900) per alcuni anni. E poi c’è anche Emergency, la creatura di Gino Strada che ottiene un finanziamento, di qualche migliaio di euro, per la fornitura di alcuni servizi e organizzazione di convegni. E non è finita. Non mancano le “erogazioni liberali” ai teatri veneziani. Ci sono denari (comunque cifre modeste) al Teatro a l’Avogaria di Venezia; al Teatro Fondamente Nuove, mentre per il prestigioso Teatro Goldoni, il Cvn gestione Mazzacurati per sostenere l’ente acquista una decina di abbonamenti. E soldi, ancora in fase di quantificazione, sono serviti a sostenere attività, corsi ad hoc e seminari dell’università di Ca’ Foscari oppure dell’Istituto di architettura (Iuav). E finanziamenti vanno a raggiungere anche la società Dante Alighieri di Venezia per le “Letture dantesche” (3mila euro) oppure per partecipare alla gara di solidarietà di Telethon (settemila euro), ma qualche spicciolo va anche al circolo scacchistico di Venezia “Ernesto Canal”. Tra gli enti locali non mancano sostegni alla Municipalità del Lido per iniziative culturali, e pure al Comune di Cavallino-Treporti.

E infine lo sport. Anche qui il Cvn di Mazzacurati non badava a spese: si contano 20 mila euro per la Compagnia della Vela (2011); per il Calcio Venezia 1907 della vecchia gestione della famiglia Marinese (200 mila euro) fino al Cus Venezia (15 mila euro) nel 2009. E poi ancora la Venice Marathon con fondi che oscillano tra i 5mila/8mila euro fino ai diecimila per la realizzazione della gara podistica.

A completare il quadro c’era poi l’attività editoriale, concentrata essenzialmente nella pubblicazione di strenne natalizie. Ogni anno il Consorzio proponeva a un giornalista di vaglia o a un personaggio famoso la realizzazione di un libro con tema Venezia. Il tomo veniva poi regalato, in occasione delle festività di fine anno, a migliaia di persone in tutta Italia. Dal 2002 la stampa dei libri viene affidata in esclusiva alla casa editrice veneziana Marsilio. Gli autori sono invece in larga parte “foresti”. Come il giornalista, ex Manifesto, Guido Moltedo, autore di “Welcome to Venezia. Cento volte imitata, copiata, sognata” (39mila euro di compenso più 31mila a Marsilio per la stampa) o la critica cinematografica Irene Bignardi che nel 2011 riceve dal Cvn 37mila euro per realizzare il libro “Storie di cinema a Venezia”. Ma c’è anche spazio per il disegnatore Lorenzo Mattotti che per il suo “Scavando nell’Acqua” incassa 49mila euro mentre 57mila vanno a Marsilio per la stampa e per il celebre archeologo-scrittore Valerio Massimo Manfredi che per la sua “Isola dei Morti” si deve però accontentare di 17mila euro.

P.N.D.

——————————————————————————————-

UN MESE DOPO IL BLITZ. C’è ancora un latitante e resta aperto il caso-Galan

Venerdì 4 Luglio 2014,

da Il Gazzettino

MESTRE – (m.d.) È passato un mese esatto dalla maxi retata del Mose. All’alba del 4 giugno, come annunciò per primo il Gazzettino.it, i finanzieri avevano bussato alla porta di 35 persone e le avevano portate in caserma. Dopo l’identificazione e le foto segnaletiche, 25 erano state smistate nelle carceri di tutta Italia mentre alcune erano finite ai domiciliari. Nel giro di poche ore l’inchiesta aveva fatto il giro del mondo anche perché agli arresti domiciliari era finito pure il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni. Ebbene, trenta giorni dopo il blitz, all’appello mancano ancora Andrea Agostinone, 45 anni, abruzzese, e l’ex ministro Giancarlo Galan, 57 anni. Per entrambi è stato chiesto dai giudici veneziani l’arresto, solo che Agostinone è latitante, mentre per Galan bisogna attendere il voto del Parlamento, atteso per fine mese. Intanto però si sta stringendo il cerchio attorno ad Agostinone. Proprio ieri la Guardia di finanza ha trovato e sequestrato in un’aviosuperficie in provincia di Bologna un aereo privato a quattro posti appartenente al commercialista che aveva inventato il nuovo sistema della fatture false – utilizzando alcune società canadesi – dopo che era saltato quello messo in piedi a San Marino da William Colombelli. Il valore commerciale dell’aereo – che si aggiunge allo yacht da 3 milioni di euro sequestrato a La Spezia – è di 300mila euro: immatricolato con la sigla N, che indica la provenienza statunitense, è di proprietà di un trust del Delaware, ma Agostinone risulta l’utilizzatore.

Intanto, è polemica sulla richiesta di Galan, nella memoria depositata alla Giunta per le autorizzazioni, di considerare il suo caso alla luce del recente decreto che evita la custodia cautelare a chi viene accusato di un reato che comunque non sarebbe punito con una pena superiore ai tre anni. Secondo il relatore di minoranza Gianfranco Chiarelli (Forza Italia) «non si propone alcuna norma “salva-Galan”, ma solo l’analisi di una situazione che suscita molte perplessità sulla richiesta di arresto». Ecco le ragioni del rinvio dopo la seduta dell’altro ieri: «Galan ora rischia cinque anni – conviene Chiarelli – ma tra attenuanti generiche, speciali e di rito, come il patteggiamento, è molto probabile che si scenda sotto i tre anni».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Corousion tałiana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » gio lug 10, 2014 7:44 am

Carlo Mazzacurati, se ne va la vera anima del nord est

22 gennaio @ 21.22 - Roberto Silvestri
http://www.pagina99.it/news/cultura/324 ... ne-va.html

57 anni. Cineasta e studioso di cinema. Presidente della Fondazione Cineteca di Bologna. Regista di una quindicina di film "fuori schema"
Una malattia fulminante ha sconfitto poche ore fa il regista di Vesna va veloce, Il toro e di altri classici del ‘rinascimento italiano’ . Di quel cinema di ricerca che, dopo la rottura e l’anarchia dei linguaggi degli anni settanta, ha cercato di ritessere i fili con il passato, realista e neorealista soprattutto, ma anche zavattinianamente surrealista morbido, raccontando i cambiamenti traumatici del nostro paese, senza rifugiarsi nella torre d’avorio dello stile calligrafico, con onestà, rispetto del grande pubblico e cercando ‘armonie’ e ‘melodie’ altre, che non fossero manipolazioni di sentimenti e effettistica prefabbricata.

Né solo drammi né solo commedie, ma opere libere e avvincenti architetture emozionali, contaminanti generi e performance d’attore mai scolastiche, sulla base di una complessa tessitura visuale e letteraria e di una conoscenza profonda e mai manichea di un territorio: il ‘nordest’, set malinconicamente amato e criticato della maggior parte delle sue avventure cinematografiche. Sono sempre solitari, spaesati e fatalmente perdenti i suoi eroi, mai preda di facili scorciatoie esistenziali e sempre costretti alla lotta per la sopravvivenza. Uomini e donne ‘senza qualità’, capaci però di superare crisi economica e miseria antropologica ritrovando in loro stessi ‘tesori sepolti’.

Se Carlo Mazzacurati fosse stato tra gli interpreti dell’ Armata Brancaleone avrebbe interpretato con maestria il ruolo del crociato veneto, fiero del suo accento padovano, dei lunghi capelli biondi e del suo grande corpo da combattente barbaro.

Figlio di un ingegnere, veniva dalla militanza liceale in Potere operaio, dalle lotte nelle scuole e nelle fabbriche, e aveva imparato il cinema a scuola di Piero Tortolina, un collezionista raffinato e un finissimo conoscitore del cinema classico e moderno, le cui letture trasversali permettevano ai frequentatori di Cinema Uno, il club che Tortolina aveva fondato nei primi anni 70, di leggere e collegare senza difficoltà Hollywood, le nouvelle vagues e i movimenti sociali, indocili alle strette repressive e autoritarie piuttosto paurose in quel decennio.

Sapeva urlare. Sapeva anche gridare, Carlo, anche se di solito maneggiava con maggiore destrezza le armi della gentilezza e dell’ironia. E lo fece anche quando, assieme a Enzo Monteleone, un altro futuro cineasta padovano della stessa generazione, e a un gruppo di tesserati impazienti e più adulti, misero in minoranza Tortolina a Cinema Uno e se ne impadronirono, in nome del ‘movimento’, bisognoso di opere più barricadiere delle “slapstick comedy” che fiancheggiassero la rivoluzione in arrivo, e scavalcando il maestro a sinistra.

Nel 1979, dopo la rivoluzione fallita, il suo passaggio al cinema, nel cortometraggio Il vagabondo, un noir di provincia molto dark, come fosse un piccolo Ossessione, di nuovo rispettoso di Tortolina (che ne interpretò, perfettamente, il ruolo di villain). Lo realizza grazie a fondi ricevuti in eredità e a un piccolo finanziamento pubblico. Ministro del turismo e dello spettacolo era allora un politico dc piuttosto bigotto, Bernardo D’Arezzo, un bersaglio prediletto di Carmelo Bene. Ma a quel corto suggestivo e originale, diretto con mano esperta, nessuno poteva dire di no.

Mi piace dunque immaginarlo lì dentro quell’Armata piena di ideali e di onestà “amatoriale”, al fianco di Gassman, anche se il suo esordio nella regia di un lungometraggio lo dovrà poi proprio al nemico uno uno di Mario Monicelli e al rottamatore della commedia italiana consolatoria. Nanni Moretti inaugurò la Sacher nel 1987 proprio con un soggetto di Mazzacurati – che era stato tra i primi laureati al Dams di Bologna - Notte italiana, e a lui affidò coraggiosamente la regia.

Colto e originale sceneggiatore anche televisivo, collaboratore di un altro reduce dal movimento studentesco, Franco Bernini (scrive anche Marrakesch Express, per Gabriele Salvatores), per il cinema Mazzacurati firmerà 13 lungometraggi, molti documentari soprattutto di argomento letterario (le monografie dedicate a scrittori a lui cari, Meneghello, Rigoni Stern, Zanzotto), vincendo il premio speciale della giuria alla Mostra di Venezia del 1994 per Il toro. Fu anche un ottimo attore, come ogni buon regista deve essere (parola di Welles e di Jerry Lewis) e per ben quattro volte con Nanni Moretti.

Il festival di Torino diretto da Virzì gli aveva appena tributato un grande omaggio, attribuendogli il gran premio città di Torino, nel novembre scorso e presentando il suo ultimo lungometraggio, ancora inedito, La sedia della felicità, una caccia al tesoro attraverso un nordest abitato da una bizzarra umanità, banditi, cinghiali, estetiste in bolletta, tatuatori, maghi e immancabili cinesi, anche qui un impasto tra commedia crazy e film sentimentale.

Infine un ricordo personale, da amico di Carlo. In Caro diario a Carlo Mazzacurati viene affidato il ruolo di un critico cinematografico che avendo convinto Nanni Moretti a vedere Henry pioggia di sangue, dalle pagine di un quotidiano per altro prestigioso e serio deve pentirsi del misfatto. E piangere, disperato, ascoltando le mille altre sciocchezze che ha scritto recensendo film per il manifesto. Il lavoro di Nanni Moretti di ricostruzione della “scrittura manifesto” è un frammento di alta filologia, ironia e comicità. Siamo rimasti tutti a bocca aperta, da Giuseppe Salza (il vero fan di McNaughton, regista di Henry pioggia di sangue) a Mariuccia Ciotta, io e altri citati. Che lettore implacabile delle nostre recensioni, Nanni! E che momento di estasi narcisistica vedersi sbeffeggiati con tanta simpatia. Decontestualizzare le frasi dal contesto, con il metodo cut up di William Burroughs, migliorava le recensioni e contagiava anche i lati più estremisti e underground di Moretti. E di Carlo, amante dell’underground, di Hawks, di Godard, di Marker, ma che aveva dovuto uccidere tutti i suoi padri per diventare un regista, un racconta-immagini che ci mancherà tanto.

E sto kì el saria l'anema del Nord Est ?
Sì sì, lè vera, purpio del Nord Est ma no del Veneto!
El Nord Est lè na roba taliana el Veneto no, el Veneto lè na roba veneta e ouropea.
Maxacurati fiolo lè come Maxacurati pare, l'enxegner del Consorsio Venesia Nova, do veri taliani ma no boni veneti.





Inchiesta sul Mose, così Mazzacurati finanziò il film del figlio Carlo
Un dvd su Venezia presentato nel 2010 alla Mostra del cinema e poi regalato dal Consorzio come strenna natalizia. Oggi l’interrogatorio dell’ingegnere, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova
http://nuovavenezia.gelocal.it/cronaca/ ... -1.7476627

VENEZIA. Tra i centomila conflitti d’interesse del Belpaese quello dell’ingegner Giovanni Mazzacurati che con i soldi del Consorzio Venezia Nuova (denaro pubblico) sponsorizza un documentario del figlio Carlo, peraltro affermato regista, è una goccia nel mare. Non si può neanche dire che urti troppo la sensibilità dei contribuenti, anche perché non se ne conosce l’entità, persa com’è nella mole delle pubblicazioni finanziate dal Consorzio in questi anni. Di sicuro sarà un’inezia se confrontata con i miliardi versati finora dai contribuenti per la grande opera. Forse è per questo che l’ufficio stampa, benché richiesto, non riesce a rintracciare la documentazione. Eppure era solo il 2010 quando il documentario di Carlo Mazzacurati veniva presentato fuori concorso alla 67° mostra del cinema, in attesa di essere regalato dal Consorzio come strenna di Natale. La ventiduesima della serie, per la precisione. L’unica in dvd, tutti gli altri sono libri.
Il regista raccontava sei storie di ordinaria quotidianità – la cameriera di un albergo di lusso, un archeologo, un pensionato, un pittore dilettante, un ladro d’appartamenti e un ragazzino che vuol diventare gondoliere – rese particolari dall’atmosfera di Venezia. Magari l’insistenza sui turisti che da un episodio all’altro continuano a camminare per Venezia con i piedi in ammollo poteva sembrare un po’ sospetta: in tutto il 2010 l’acqua alta a Venezia si è vista 21 volte su 365 giorni. Ma un po’ di pubblicità subliminale per il Mose non guastava.
Chi invece si è infastidito e non poco è un altro regista padovano, Michele Francesco Schiavon, il quale chiede pubblicamente «se sia lecito produrre un film con i soldi di un consorzio pubblico e distribuirlo attraverso una società che ha lo stesso numero civico dello studio del presidente del consorzio, finanziatore del progetto con denari pubblici». In effetti gli indirizzi coincidono, anche se i due Mazzacurati fanno mestieri diversi. La storia di Schiavon dimostra che a muoverlo non è la gelosia professionale ma l’esasperazione. Il suo è un caso uguale e contrario a quello di Mazzacurati junior. Da regista Schiavon ha prodotto nel 1995 un documentario sull’Orto Botanico di Padova, nel 450° anniversario della fondazione. Alla co-produzione si era detta interessata la Regione Veneto, salvo poi smentire per bocca del dirigente il funzionario che s’era sbilanciato. Niente paura, Schiavon porta a termine da solo l’operazione: ci lavora un anno, il documentario riceve apprezzamenti lusinghieri, segnalazioni, premi. Per la cronaca si intitola Hortus Botanicus Patavinus. I tentativi successivi per rientrare nell’accordo con la Regione non hanno esito. Ognuno va per la sua strada.
Nel 2003 Schiavon si riaffaccia in Regione con un’altra proposta. Mentre tratta con i funzionari del dipartimento scopre che il suo Hortus Botanicus è inserito nel catalogo della mediateca regionale. Pretende i diritti, quelli non vogliono saperne. Propone alla Regione l’acquisto di un sub-master da diffondere nelle biblioteche e scuole, per 30.000 euro. Il dipartimento cultura dice 15.000, poi 10.000, poi non sa quando pagherà.La lite va a finire in tribunale, il contenzioso tra sentenze e ricorsi non è ancora finito. Ma non è finito nemmeno l’interesse del pubblico verso l’Hortus Botanicus, a dispetto di quello che pensava Angelo Tabaro, il dirigente regionale che ne ha decretato l’ostracismo. Qualche settimana fa dall’Australia hanno scritto a Schiavon chiedendogli l’invio di una copia del documentario. È l’ennesima richiesta che gli arriva, per un prodotto che ha sicuramente valore scientifico e pubblico. Morale: il regista padovano si trova a svolgere un lavoro di supplenza dell’assessorato regionale alla cultura. Gratis. Facciamo una proposta: perché quest’anno il Consorzio Venezia Nuova non regala a Natale l’Hortus Botanicus Patavinus, visto che sarà un’annata di vacche magre?
Ieri interrogato Sutti, ora tocca a Giovanni Mazzacurati. Esegue incondizionatamente gli ordini di Mazzacurati senza discuterli» scrive il pubblico ministero Paola Tonini nella sua richiesta di cattura di Federico Sutto, un tempo segretario di Gianni De Michelis ed ex sindaco di Zero Branco poi in prestito al Consorzio come addetto ai rapporti di rappresentanza del presidente. E ieri, la rappresentante della Procura lo ha interrogato per poco meno di due ore alla presenza del suo difensore, l’avvocato padovano Gianni Morrone. Nessuno ha voluto rilasciare dichiarazioni alla fine del colloquio, ma sembra che Sutto non si sia sbottonato. Insomma, ha cercato di spiegare quelle due o tre telefonate intercettate, ha spiegato che lui eseguiva le direttive del capo. Un atteggiamento che si potrebbe definire di attesa, attesa di quello che accadrà oggi: il pm Tonini, infatti, sentirà proprio Giovanni Mazzacurati su sua specifica richiesta. Difeso dagli avvocati veneziani Giovanni Battista Muscari Tomaioli e Alfredo Biagini, l’anziano ingegnere sembra orientato a raccontare quello che sa, insomma a vuotare il sacco. Probabile che il magistrato non si accontenti delle sue ammissioni sull’accordo tra le imprese per truccare la gara d’appalto dell’Autorità portuale per lo scavo dei canali navigabili. Gli chiederà delle 400 pagine del lungo rapporto della Guardia di finanza che nessuno ancora ha letto perché coperto dagli omissis. Presumibilmente in quelle pagine ci sono i nomi di coloro che Mazzacurati ha incontrato e pagato, le identità dei politici nazionali e locali che potrebbe aver corrotto in modo da ottenere i finanziamenti statali per procedere con i lavori di salvaguardia della laguna, in particolare il Mose. È evidente che se Mazzacurati imbocca questa strada, gli altri indagati non hanno speranza di cavarsela se non facendo la stessa scelta.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Corousion tałiana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » dom lug 20, 2014 7:29 pm

Il patriarca taglia il Marcianum e destina i fondi ai poveri

Immagine
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... -Scola.jpg

Monsignor Moraglia chiude i costosissimi istituti teologici voluti dal predecessore Angelo Scola la cui gestione era finita nell’inchiesta sul Mose e i fondi neri: «Il denaro da sempre affascina l’uomo ma devo pensare alle famiglie in difficoltà e ai disoccupati». La decisione ha avuto il plauso di Papa Francesco. Caso tangenti: Chi ha sbagliato si faccia da parte e rifletta

http://nuovavenezia.gelocal.it/cronaca/ ... -1.9617297

VENEZIA. Addio al “Marcianum”, il gigantesco “studium” voluto dal precedente patriarca e attuale arcivescovo di Milano Angelo Scola, istituzione finita nell’inchiesta sulle tangenti pagate dal Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico per il Mose e i lavori di salvaguardia. L’attuale patriarca Francesco Moraglia di fronte al “buco” creato dal Marcianum nei bilanci della diocesi ha proposto a Scola di finanziarlo. Scola ha rifiutato e il patriarca Moraglia, con l’esplicito avallo di Papa Francesco, ha deciso di ridimensionarlo ai minimi termini.
Addio quindi al costosissimo Convitto internazionale e agli altrettanto dispendiosi Facoltà di Diritto Canonico, l’Istituto Superiore di Scienze Religiose, con decine e decine di docenti di fama provenienti da tutto il mondo. Una decisione obbligata per evitare il crac del Patriarcato di Venezia, che segue di un anno la chiusura del “Liceo Giovanni Paolo I”, in pratica un doppione del ben più antico Istituto Cavanis, che era stato aperto sempre da Scola pochi anni fa.
Istituzioni tutte di notevole spessore, ma poco calibrate dal punto di vista economico in una comunità cattolica esigua come quella veneziana e che giocoforza si sono dovute appoggiare su sponsor e, come farebbero risultare le carte sequestrate nel corso dell’inchiesta sulle tangenti Mose, anche a quelli che si sospetta essere “fondi neri” generati dal Consorzio Venezia Nuova, chiamato a vario titolo da Scola nella fondazione del Marcianum.
Di fronte a quest’intreccio di interessi che ben poco hanno a che fare con la fede Moraglia aveva sin da subito lanciato chiari messaggi. Sin dal momento del suo ingresso in Basilica di San Marco aveva spiegato di “avere bisogno di opere di fede più che di grandi esperti teologi” e poco dopo, di fronte al disastro creato dalla gestione dell’era Scola nei conti della diocesi, aveva dovuto giocoforza cominciare a limare. Un’azione che aveva preso vigore con la scoperta da parte di Moraglia delle carte portate a galla dall’inchiesta della magistratura.
In una lunga intervista al settimanale diocesano “Gente Veneta”, in edicola sabato 19 luglio, il patriarca Moraglia ricostruisce passo dopo passo i tentativi di salvataggio di alcune delle attività dello Studium Generale Marcianum. Il patriarca spiega di essersi rivolto prima di ogni decisione «Alla Congregazione per il Clero, il dicastero competente in materia e poi, data la delicatezza della situazione e per le persone coinvolte - e penso ancora ai dipendenti -, ho voluto riferirmi anche alla Segreteria di Stato. Non ho voluto solamente trattare la questione a voce ma ho avuto uno scambio epistolare e, in una lettera del 19 giugno 2014, viene approvato l’orientamento che stava progressivamente emergendo. E ho anche seguito il consiglio di informare il Santo Padre».
Quindi lo stesso Papa Francesco ha dato il via libera al ridimensionamento della pachidermica istituzione. Quindi l’offerta fatta direttamente a Scola, il fondatore, a capo dell'immensa arcidiocesi di Milano, poteva continuare a finanziare la sua creatura. Ma Scola ha prontamente rifiutato l'offerta. «Mi sono recato personalmente a Milano col vicario generale e ho chiesto al Cardinale se lui - che è il “padre” e il fondatore del Marcianum - di fronte al venir meno degli sponsor e alla luce dei recenti fatti veneziani intravedeva strade che io non riuscivo a scorgere. Soprattutto gli ho domandato se intendeva farsi carico della “sua” antica creatura, spiegando a Sua Eminenza che la Diocesi di Venezia non è assolutamente in grado di sostenere l’impegno finanziario necessario, sia per il numero dei dipendenti sia per il fortissimo costo della struttura, dati questi a lui ben noti. Il Cardinale l’ha però escluso ritenendo la strada non praticabile.... Per non lasciare strade intentate, la stessa richiesta l’ho rivolta anche alla Santa Sede. In questi mesi - lo ripeto - ho tentato tutte le vie, eccetto quelle che ritengo non compatibili con una realtà ecclesiale o non possibili poiché non garantiscono la libertà e l’indipendenza di cui la cultura in genere e quella cattolica in specie hanno bisogno. Senza libertà - lo ripeto - non si dà cultura e ritengo, allora, che sia meglio fare “poco” in modo libero che tentare il “molto” con una libertà ridotta».
Quindi la decisione: il Marcianum a ranghi ridottissimi dovrà lavorare per la diocesi con studi da essa richiesti di carattere sociale ed ecclesiale riguardanti la situazione locale. Per il resto i fondi che si riusciranno a risparmiare torneranno alle attività di carità, al sostegno delle famiglie in difficoltà e alla formazione di preti e laici: «Così, nella preghiera e dinanzi a Dio», spiega Moraglia, «ho voluto considerare le priorità pastorali: le parrocchie e le collaborazioni interparrocchiali; i poveri (v. l’apertura del dormitorio-mensa a Marghera e intitolato a Papa Francesco); le giovani famiglie; la trasmissione della fede ai giovani; la formazione degli adulti; l’attenzione al clero, al seminario e alla pastorale vocazionale».
Infine l’analisi finale sul “fascino del denaro” con cui Venezia, e anche la precedente gestione della diocesi, deve fare i conti con l'invito a chi ha sbagliato a farsi da parte per riflettere sugli errori: «Il denaro da sempre affascina l’uomo e, quando il denaro è molto, il fascino cresce in maniera esponenziale; lo stesso vale se parliamo di potere economico e di potere politico. Il primo compito che abbiamo in questa situazione è di non fare di ogni erba un fascio, colpevolizzando ingiustamente chi non lo merita. Certamente però chi oggi è caduto non va lasciato solo; chi ha sbagliato sarebbe auspicabile che lo capisse, ne tirasse le conseguenze, ritagliandosi un periodo di riflessione personale e di silenzio. Ma, ripeto, nessuno deve dare giudizi sulle persone, perché il giudizio appartiene solo a Dio che ne è gelosissimo. A noi, piuttosto, viene richiesto il discernimento a partire dai fatti e dalle situazioni perché domani non siamo, a nostra volta, trovati manchevoli. Si tratta di ricominciare dai fondamenti, dall’abc dell’etica, chiamando il bene bene e il male male, e avendo il coraggio di farlo anche quando si è personalmente coinvolti. Partiamo dalle piccole cose proprio perché sono piccole e, quindi, alla nostra portata e di tutti i giorni; le grandi menzogne iniziano dalle piccole menzogne. Lo stesso vale per il “piccolo” appropriamento indebito o la “singola” prepotenza. Dobbiamo tornare a interrogarci sul modo in cui facciamo le cose. Aver conseguito un fine significa ancora poco, veramente poco; è essenziale il modo in cui abbiamo conseguito quel fine. Da qui nasce una regola fondamentale: prima viene il cuore dell’uomo e da lì tutto consegue».

Se łi doprava ła łengoa veneta, par “sti studi teołojeghi” no ocoreva tuti sti skei e sti gran profesoroni de talian, grego e latin, bastava e gh’in vansava n’omo senpliçe co ła so łengoa veneta ke ła ndava direta al cor de Dio; altro ke sti tałiani ladri de tuti sti skei.

Ła vera e bona teołoja ła se fa co na pipà de tabàco!
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Corousion tałiana entel Veneto - Consorsio Venesia Nova

Messaggioda Berto » mer lug 23, 2014 6:50 am

Arrestato Galan, portato nel carcere di Opera

Immagine
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... -so-mi.jpg

Fanfaron d'on tałian, ła te sta pì ke ben, a ki credevito de fargheła macaket, ti no te si veneto a te si on nordestin tałian!
A te si conpagno del to paron e amigo en prexudegà Berlusconi, forsa tałioti!

http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca ... -1.9637928

Attorno alle 20 un'ambulanza e una macchina della polizia penitenziaria nella villa di Cinto Euganeo. Portato nel carcere milanese di Opera. Nel primo pomeriggio disco verde alla Camera, con 395 sì, alla richiesta richiesta all’arresto del deputato padovano Giancarlo Galan, avanzata della Procura di Venezia nell’ambito dell’inchiesta Mose. I voti contrari sono stati 138, 2 gli astenuti. Renato Brunetta aveva chiesto il rinvio del voto in aula, ma la proposta è stata bocciata. L'ospedale firma la lettera di dimissioni

PADOVA. Con 395 voti a favore, 138 contrari e due astenuti la Camera ha approvato - con voto a scrutinio segreto - la richiesta di misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Giancarlo Galan, coinvolto nel caso Mose. A favore della richiesta hanno votato Partito democratico, Movimento 5 stelle, Sel, Led, Lega Nord, Per l’Italia e Scelta civica. Contrari Forza Italia, Ncd, Maie-Api, Psi.
Gli avvocati di Giancarlo Galan, appena conclusa la votazione alla Camera sulla richiesta di arresto del parlamentare di Fi, hanno presentato una richiesta di arresti domiciliari. Lo ha annunciato l'avvocato Antonio Franchini, che assieme al collega Nicolò Ghedini, assiste Galan, attualmente ricoverato in ospedale a Este.


Ore 20.50. Galan nel carcere milanese di Opera. È il carcere milanese di Opera la destinazione di Giancarlo Galan, raggiunto stasera dall'ordinanza d'arresto dei magistrati di Venezia. Lo si apprende da fonti investigative.
Ore 20.45. Galan: "Io come un appestato". Lo ha chiamato Berlusconi. Tra i tanti messaggi che hanno raggiunto Giancarlo Galan in queste ore particolarmente apprezzato sarebbe stato, riferiscono fonti vicine all'ex governatore, quello di Daniele Capezzone. Mentre non è mancata una telefonata di solidarietà da parte di Silvio Berlusconi. Galan non ha rinunciato alla sua abituale ironia: "Sono diventato un appestato, neanche più in ospedale mi vogliono", avrebbe detto. E sempre secondo le stesse fonti, l’ex ministro avrebbe spiegato di essere «incazzato» nei confronti dei suoi tre accusatori che gli hanno spalancato le porte della prigione.
Ore 20.35. Galan sarà portato fuori dal Veneto, probabilmente a Opera. Galan, secondo quanto si apprende, sarà portato in un carcere con una struttura infermieristica adeguata alle cure di cui necessita, fuori dal Veneto. La destinazione finale sarà probabilmente il carcere di Opera, nel milanese.
Ore 20.30. Notificata l'ordinanza di arresto. È stata notificata poco fa dalla Guardia di Finanza a Giancarlo Galan l'ordinanza di custodia in carcere emessa dal Gip di Venezia il 4 giugno scorso. Lo si apprende da fonti investigative.
Ore 20.15. Arrivata la polizia penitenziaria nella villa di Cinto Euganeo. Un'ambulanza della Croce Verde assieme a una macchina della polizia penitenziaria è appena arrivata nella villa di Giancarlo Galan a Cinto Euganeo. Gli agenti sono entrati nell'abitazione dell'ex governatore del Veneto.
Ore 19.30. Valori clinici normali per Galan, dimissioni decise ieri. Da fonti mediche dell'ospedale di Este si apprende che la decisione di dimettere l'ex ministro Giancarlo Galan era stata presa già ieri sera, poichè i valori clinici erano tornati alla normalità. L'ex ministro avrebbe potuto lasciare il nosocomio nelle prime ore di stamane - la lettera di dimissioni è stata firmata alle 9 - ma non essendovi problemi di posti letto, è rimasto ancora qualche ora nel reparto di medicina. Questo in attesa di organizzare il suo trasporto a casa, avvenuto poi con un'ambulanza che ha lasciato l'ospedale nei momenti in cui la Camera votava sull'arresto.
Ore 19.00. Brunetta: "Amarezza per assenze di FI". «Amarezza e dolore per deputati Forza Italia assenti ingiustificati oggi in Aula su voto Galan. Il garantismo si testimonia sempre e comunque«. Lo scrive su Twitter Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati
Ore 18.30. Rotondi (FI): "Spettacolo umiliante, aboliamo immunità". «Dopo questo inchino della ’Costa Parlamentò al potere dei magistrati, annuncio la mia conversione: aboliamo del tutto questo moncherino di immunità che espone solo i deputati malcapitati a pubblicità e umiliazioni. Mai più spettacoli come quello di oggi». Così commenta Gianfranco Rotondi di Forza Italia
Ore 18.15. Galan nella sua casa a Cinto e "di umore nero". Giancarlo Galan attende nella sua casa di Cinto Euganeo lo sviluppo degli eventi - anche se è improbabile che l'arresto scatti nelle prossime ore - e chi gli è vicino lo descrive di umore nero. La sensazione dell'ex Governatore, riferisce chi l'ha sentito, è di aver subito «una doppia ingiustizia»: prima la richiesta di arresti dei giudici di Venezia, poi il voto favorevole della Camera. Le sue dimissioni sono state firmate stamane dai medici dell'ospedale di Este perchè hanno ritenuto - si apprende - che le patologie di cui soffre non richiedano necessariamente l'ospedalizzazione, ma possano essere curate anche con l'assistenza domiciliare. Galan viene sottoposto ogni 4 ore al controllo del livello di glicemia, riceve terapie per le apnee notturne, per il diabete, e deve restare con la gamba ingessata in estensione
Ore 18.00. Gli avvocati di Galan: "Pagina buia, negati i diritti". «Oggi si è scritta una pagina buia alla Camera dei Deputati che costituisce un precedente assai preoccupante. Si è, infatti, votata l’autorizzazione a procedere in assenza dell’on. Galan che avrebbe voluto essere presente per difendersi. Gli si è negato anche questo diritto minimo». Così gli avvocati Antonio Franchini e Niccolò Ghedini. «L’on. Galan - proseguono - è stato dimesso nel primo pomeriggio dall’ospedale di Este. Permane l’obbligo di assoluta immobilità con valva gessata e arto in scarico come risulta dalla lettera di dimissioni».
Ore 17.35. La nota di Berlusconi: "Sono certo della correttezza di Galan". «Sono profondamente addolorato per il voto parlamentare che ha dato il via libera all’arresto dell’on. Galan». Così in una nota il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi. «Trovo particolarmente ingiusto - ha aggiunto - che, non accettando il rinvio del voto proposto da Forza Italia, sia stato impedito a Galan di essere presente in Aula per potersi difendere dalle accuse che gli sono state rivolte. Sono vicino a Giancarlo, della cui correttezza dopo trent’anni di collaborazione e amicizia sono assolutamente certo, in questo momento così drammatico e difficile».

Ore 17.30. Berlusconi: "Sono profondamente addolorato".
ore 16.55. Prestigiacomo (Fi): "Sentenza politica". «Un altro capitolo buio per la nostra Repubblica, l’ennesima sentenza politica sollevata per di più in assenza dell’interessato». Lo dichiara, in una nota, la deputata di Forza Italia Stefania Prestigiacomo. «Il sì pronunciato dall’aula sull’arresto di Galan - ha aggiunto - ben descrive il massacro mediatico cui il collega è stato sottoposto.È una vergogna assoluta».
Ore 16.25. Marcucci (Pd): "Umanamente colpito". «Sono umanamente colpito dall’autorizzazione all’arresto del collega Giancarlo Galan, concessa dalla Camera. Spero che il mio omologo a Montecitorio riesca a dimostrare in tempi celeri la sua innocenza nel processo». Lo afferma il senatore Andrea Marcucci del Pd e presidente della commissione Cultura di Palazzo Madama.
Ore 16.10. Galan è a Cinto Euganeo e chiama i carabinieri. Giancarlo Galan, dimesso stamane dall'ospedale di Este, è giunto nella sua casa a Cinto Euganeo, dove adesso ha chiamato i carabinieri, per capire cosa succede dopo il sì al suo arresto votato dalla Camera. Galan, si apprende da fonti a lui vicine, è «imbestialito ed incredulo» di fronte alla decisione dei medici dell'ospedale di dimetterlo, provvedimento - assicurano le stesse fonti - che non aveva in alcun modo preventivato.
Ore 15.45. Galan esce dall'ospedale. «Sono incazzato e sapete benissimo con chi». Con queste laconiche parole l’ex ministro ed ex presidente del Veneto, Giancarlo Galan, ha lasciato l’ospedale di Este. Galan, per cui oggi la Camera ha detto «sì» all’arresto nell’ambito dell’inchiesta sul Mose, è uscito in carrozzella ed è poi salito su un’ambulanza, che si è allontanata.
Ore 15.30. Mattinale di Forza Italia: "Vince la barbarie". «Giancarlo Galan è ricoverato in ospedale e non era presente in Aula oggi mentre si decideva se procedere o no al suo arresto. Il capogruppo Renato Brunetta aveva chiesto invano, in ogni sede, fosse accolta la richiesta contenuta nella lettera di ieri di Galan alla Presidente della Camera Boldrini. Galan in quel momento non era "libero", ma incatenato al letto da una malattia che lo rende intrasportabile. Dunque che fretta c’era nel decidere?». Lo scrive ’Il Mattinalè, la nota politica redatta dallo staff del gruppo Forza Italia della Camera dei deputati. «Come può un cittadino ricoverato in ospedale per una doppia frattura alle gambe ed una tromboflebite, certificate, costituire un rischio al normale svolgimento della procedura inoltrata nei suoi confronti?», si legge, tra l’altro. «Se fosse un cittadino qualsiasi, si dice, ora sarebbe già in carcere. Sicuri? Noi no. Se non fosse stato deputato, proprio secondo il gip, non sarebbe stato nella condizione di commettere i reati attribuitigli. Insomma. L’essere deputato - scrivono ancora gli ’azzurrì - diventa ragione di carcerazione. Più fumus persecutionis di così...Che tristezza, che barbarie».
Ore 15.15. L'ospedale di Este firma lettera di dimissioni per Galan. All’ospedale di Este, dove si trova tutt’ora Giancarlo Galan, è stata firmata stamattina da parte dei sanitari una lettera di dimissioni per il parlamentare di Forza Italia, ricoverato presso il nosocomio.
Ore 14.40. L'avvocato di Galan: "Chiesti i domiciliari". "Abbiamo presentato una richiesta di arresti domiciliari", ha detto l'avvocato Antonio Franchini dopo aver lasciato l'ospedale di Este. "Adesso non sappiamo bene cosa accadrà: potrebbe essere piantonato qui in ospedale oppure trasferito altrove. Galan in questi minuti è molto reattivo e combattivo, come sempre", ha concluso.
Ore 14.30. Voto favorevole della Camera all'arresto di Galan. La Camera ha votato sì all'arresto di Giancarlo Galan. Favorevoli si sono espressi in 395, contrari sono 138.
Ore 14.29. La Camera vota sì all'arresto di Giancarlo Galan.
Ore 14.25. L'avvocato di Galan lasica l'ospedale: "Non è un voto di coscienza". E' uscito in questi minuti dall'ospedale di Este l'avvocato di Galan Antonio Franchini: "Sta avvenendo un voto politico e non di coscienza. Per questo Galan sarà arrestato", ha spiegato. Galan non sta seguendo il voto nella sua camera in ospedale ma è in compagnia della moglie. Viene aggiornato costantemente dagli avvocati.
Ore 14.20. Il Pd: "Voteremo a favore dell'arresto". Il Pd voterà a favore dell'arresto di Giancarlo Galan. Lo ha annunciato nell'Aula della Camera Anna Russomando in dichiarazione di voto. «Ci sentiamo anche noi paladini del garantismo ma le battaglie per l'applicazione delle garanzie dei cittadini non si fanno nelle Giunte. Noi le facciamo nelle sedi opportune. Nessun cedimento, nessuna resa nè rinuncia. Esercitiamo la prerogativa stando al merito e senza pregiudizi», conclude Russomando sottolineando che «il valore tutelato è l'autonomia del Parlamento».
Ore 14.15. M5s: "Ok ad arresto Galan, è uguale agli altri". M5S voterà a favore dell'arresto di Giancarlo Galan. Lo ha annunciato nell'Aula della Camera Marco Brugnerotto in dichiarazione di voto. «Non c'è fumus persecutionis. Vogliamo solo che la Giustizia faccia il proprio corso affermando il principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge», rileva. «Non vinceremo la peste fino a quando non si farà piazza pulita degli appestati».
Ore 13.55. Leone (Ncd): "Voteremo no all'arresto". Ncd voterà contro l'arresto di Giancarlo Galan. Lo ha annunciato nell'Aula della Camera Antonio Leone in dichiarazione di voto. «Si stanno assecondando gli istinti giustizialisti di una parte di questa Aula», ha detto richiamando il caso di Francantonio Genovese: «solo dopo due giorni di carcere il nostro collega del Pd è stato mandato ai domiciliari, una misura cautelare più lieve di quella concessa dall'Aula»
Ore 13.50. Scelta civica: "Sì all'arresto, la giunta ci ha convinto". Scelta civica voterà a favore dell'arresto di Giancarlo Galan. Lo ha annunciato nell'Aula della Camera il capogruppo Andrea Mazziotti in dichiarazione di voto. «I toni di M5S non si confanno molto a chi dice di voler tutelare la Costituzione. Mi dispiace che ci sia stato qualcuno, anche nel Pd, a contestare l'opportunità che questo voto sia segreto», ha rilevato Mazziotti sottolineando che «non si deve decidere secondo quello che piace o non piace all'esterno. Noi siamo stati convinti dalle argomentazioni della relazione della Giunta».
Ore 13.45. Capezzone: "Grave il voto favorevole della Lega". «È un fatto politico rilevante e grave che la Lega voti per l'arresto di Galan. Il garantismo dovrebbe contare qualcosa nella futura coalizione. O no? E lo dice chi, come me, vorrebbe un accordo con Lega. Ma il giustizialismo è un macigno: il nodo va affrontato». Lo scrive su Twitter Daniele Capezzone, Forza Italia, Presidente della Commissione Finanze della Camera
Ore 13.40. Anche Sel voterà a favore. Sel voterà a favore dell'arresto di Giancarlo Galan. Lo ha annunciato nell'Aula della Camera Daniele Farina in dichiarazione di voto
Ore 13.35. LeD dice sì all'arresto di Galan. LeD voterà a favore dell'arresto di Giancarlo Galan. Lo ha annunciato nell'Aula della Camera Claudio Fava in dichiarazione di voto
Ore 13.30. Le Lega annuncia il voto a favore dell'arresto. "Non c'è fumus persecutionis", così la Lega Nord, per bocca di Matteo Bragantini, ha annunciato il voto favorevole alla richiesta di arresto per Galan.
Ore 13.15. La Russa chiede il rinvio alla prossima settimana. Ancora una richiesta di rinvio del voto. Stavolta arriva dal deputato di Fratelli d'Italia Ignazio La Russa che chiede il rinvio di una settimana. Ma la presidente della Camera Laura Boldrini ha respinto la richiesta del presidente della Giunta per le Autorizzazioni di Montecitorio. «Abbiamo già affrontato il tema ed una decisione è stata già presa», ha detto
Ore 12.45. Ore di attesa all'ospedale di Este. Sono ore di attesa all'ospedale di Este dove è ricoverato Giancarlo Galan, l'ex governatore del Veneto e ora parlamentare di Fi nei cui confronti oggi la Camera è chiamata a votare la richiesta d'arresto per l'inchiesta Mose. L'ex ministro è attualmente ricoverato nel reparto di Medicina, dopo una decina di giorni trascorsi a Cardiologia. Da poco è iniziato l'orario delle visite ma al momento non si è vista la moglie del parlamentare, Sandra Persegato, che lo ha sempre assistito dopo il ricovero dovuto a complicanze legate a una frattura a una gamba. Massimo riserbo anche tra i medici che chiudono in continuazione la porta del reparto per evitare possano entrare curiosi.
Ore 12.30. Capezzone: "Gravissimo il no al rinvio". «Su Galan prima pagina molto brutta: Camera impedisce autodifesa in Aula. No al rinvio nemmeno per ragioni (vere e accertate) di salute». Lo scrive su Twitter Daniele Capezzone, Forza Italia, Presidente della Commissione Finanze della Camera.
Ore 12.17. Chiesta l'inversione dell'ordine del giorno. Il deputato Leone di Forza Italia ha chiesto l'inversione dell'ordine del giorno perché si discutano prima gli altri argomenti.
Ore 12.16. Respinta la richiesta di rinvio del voto su Galan con 289 voti di differenza.
Ore 12.15. Forza Italia: "Se siamo un paese civile rinviamo il voto". «Se siamo un Paese civile dobbiamo dimostrarlo accogliendo la richiesta di rinviare il voto sull'arresto di Galan che è malato in ospedale». Lo ha detto nell'Aula della Camera Pier Paolo Sisto di Fi
Ore 12.13. Cicchitto: "Non è in ospedale per finta". "Non ci risulta che Galan sia degente in ospedale per finta e allora sarebbe auspicabile che il voto sul suo destino venga fatto con lui presente". È quanto si legge in un tweet di Fabrizio Cicchitto
Ore 12.10. Scelta civica si astiene sul rinvio. Sc si asterrà sulla richiesta di rinvio del voto sull'arresto di Giancarlo Galan. Lo ha detto nell'Aula della Camera Andrea Mazziotti, specificando che il suo gruppo voterà per l'arresto del deputato di Fi
Ore 12.00. Nuovo CentroDestra: "Rinviamo il voto per Galan". Ncd è favorevole alla richiesta di rinvio del voto sull'arresto di Giancarlo Galan. Lo ha detto nell'Aula della Camera Antonio Leone. «Se la richiesta di arresto per Galan passasse per un solo voto dopo avergli tolto il diritto di votare oggi non avreste un peso sulla coscienza?», ha detto Leone mentre da M5S qualcuno urlava «nooo!». E Leone: «non parlo ai giustizialisti...».
Ore 11.55. Il Pd: Galan è già stato sentito dalla giunta. Il Pd dice no alla richiesta di rinvio del voto sull'arresto di Giancarlo Galan. Lo ha detto nell'Aula della Camera Sofia Amodio del Pd. «Non possiamo permetterci, con molta serenità, un ulteriore rinvio. Galan è stato già ascoltato dalla Giunta per tutto il tempo che ha ritenuto», ha spiegato la deputata.
Ore 11.45. M5S dice no al rinvio. M5S dice no alla richiesta di rinvio del voto sull'arresto di Giancarlo Galan. Lo ha detto nell'Aula della Camera Giulia Grillo. «Non c'è nessuna persecuzione. Non ci sono cittadini di serie A e di serie B», ha concluso.
Ore 11.30. Forza Italia chiede il rinvio del voto. Forza Italia ha chiesto il rinvio del voto dell’aula della Camera sull’arresto del deputato di Forza Italia, Giancarlo Galan, richiesto dalla procura di Venezia nell’ambito dell’inchiesta sul Mose. La richiesta è stata avanzata dal capogruppo di Fi alla Camera, Renato Brunetta, nel corso della conferenza dei capigruppo di Montecitorio: non essendo stata raggiunta l’unanimità sulla proposta, sarà ora l’aula della Camera a decidere se accettare o meno la richiesta di rinvio.
Gli schieramenti della vigilia. Gli schieramenti di partenza pendono, in modo schiacciante, in favore dell’arresto, a cominciare dal blocco Pd-M5S che conta ben 400 dei 630 deputati. In avvio di seduta, saranno i relatori della Giunta - il montiano Mariano Rabino per la maggioranza, il forzista Giovanni Chiarelli per l’opposizione - a ricapitolare i fatti, invitando i colleghi a pronunciarsi sull’unico quesito di loro competenza: non già la colpevolezza o l’innocenza di Galan - materia prettamente giudiziaria - bensì l’eventuale esistenza di un fumus persecutionis nei suoi confronti. Rabino ha più volte affermato che nelle carte processuali non vi è traccia di intenti persecutori e analoga convinzione è stata manifestata dal presidente della Giunta, Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia) che non ha partecipato al voto mentre la Lega, mai tenera con Galan nonostante i lunghi anni di alleanza in Regione, voterà per consentire l’arresto.
La richiesta di Galan. Ma l’ex ministro non getta la spugna e rivendica il diritto a partecipare al dibattito. Lo fa in una nuova lettera al presidente della Camera, Laura Boldrini: «Dal 12 luglio sono ricoverato all’ospedale di Este a causa dell’aggravamento delle mie già complesse condizioni di salute, in conseguenza di un incidente domestico», è l’esordio, accompagnato da ulteriori riferimenti al quadro clinico; «Valva gessata dell’arto sinistro per un totale di 40 giorni, riposo assoluto con arto in scarico. Ghiaccio e terapia farmacologica indicata dall’angiologo per la trombosi venosa», certifica il medico ortopedico; «Cardiopatia ipertensiva e diabete con controllo subottimale», rincara il cardiologo. Conclusione? «Le ribadisco la mia ferma volontà di partecipare alla discussione in Assemblea, sede in cui potrò illustrare agli onorevoli colleghi le ragioni che depongono per la sussistenza del fumus persecutionis. Mi permetto quindi, di rinnovarle la richiesta affinché voglia rinviare la discussione e la decisione in ordine all’autorizzazione richiesta nei miei confronti, ad una data in cui, terminata la convalescenza, quindi non prima del 20 agosto, mi sarà possibile essere presente in Aula».
L’istanza last minute, pur corredata da ampia documentazione, non è stata accolta. Una settimana fa Boldrini - già destinataria degli appelli del deputato e dei suoi avvocati Antonio Franchini e Nicolò Ghedini, rimasti senza esito - aveva acconsentito allo slittamento della seduta in calendario il 17 luglio, affrettandosi ad informare i capigruppo che la data attuale è «ultimativa e indifferibile». Non ha mutato opinione. Così, nel dibattito di stamane che avrà inizio alle 11, Forza Italia farà proprie le ragioni del rinvio «umanitarie» della votazione finale ma l’eventualità appare ormai remota.
«L’immunità non deve diventare impunità», commenta Stefano Pedica del Pd anticipando l’orientamento del gruppo «e il voto su Galan non può essere rimandato alle calende greche. L’Aula può decidere con o senza la presenza della persona interessata, e non sarebbe la prima volta, dal momento che c’è una richiesta della magistratura». Drastico il segretario dell’Idv, Ignazio Messina: «Ci dispiace che stia male ma non è più possibile temporeggiare, la legge è uguale per tutti e i parlamentari non fanno eccezione, l’età dei privilegi deve avere fine».

Immagine
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38319
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Ençeveltà tałega, straji, połedega, caste, corusion

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 8 ospiti

cron