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Perché le convenzioni autostradali sono segretedi Maurizio Caprino
2018-08-16
http://mobile.ilsole24ore.com/solemobil ... d=AEuoMubF Qual è la legge che impone allo Stato di tenere segrete le convenzioni con cui assegna le concessioni autostradali? Nessuna: la segretezza è solo una prassi. Iniziata già ai tempi in cui gli accordi con i gestori li firmava l’Anas per conto dello Stato e gelosamente conservata quando l’ufficio competente è stato incorporato nel ministero delle Infrastrutture. Dunque, nulla poté nemmeno la furia mostrata nel 2006 da Antonio Di Pietro nei panni di ministro delle Infrastrutture nel fermare la prima operazione Autostrade- Abertis attaccando i privilegi dei concessionari.
All’epoca, Di Pietro creò l’Ivca (l’Ispettorato di vigilanza concessioni autostradali, poi diventato struttura Svca dopo il passaggio al ministero), che fece apparire come un ufficio di superispettori. Ma nell’estate 2013, di fronte alla morte di 40 persone sul bus precipitato da un viadotto dell’A16 presso Avellino, non fece una piega.
Per tutti questi anni qualcuno – anche all’interno del ministero - si è reso conto che rendere pubbliche le convenzioni sarebbe stato opportuno. Ma la risposta era che occorreva tutelare la riservatezza del percorso seguito nella procedura che ha portato ad assegnare le concessioni.
Una motivazione probabilmente in contrasto anche con il principio stabilito dalla Ue, secondo il quale le concessioni vanno assegnate con una gara pubblica, per tutelare la concorrenza. La quale normalmente richiede trasparenza.
Ma tant’è. Né si poteva pretendere la desecretazione in base a una norma specifica. Anzi. Giuridicamente le convenzioni hanno natura di contratti di diritto privato, tra due parti libere di accordarsi tra loro, tenute a registrare l’accordo dal notaio ma non a renderlo pubblico. Per la legge, poco importa se una di esse è lo Stato e l’altra una società importante.
Le clausole non certo penalizzanti per i concessionari forse spiegano perché si è lasciato che non ci fosse un obbligo di pubblicazione. Ma questa è un’altra storia.
Gino Quarelo??? Lo stato non può mai e in nessuna circostanza essere paragonato a un privato.
Concessioni autostradali, un indecente segreto di stato: perché non possiamo conoscere gli accordi?Vitalba Azzollini per
www.phastidio.net , il blog a cura di Mario Seminerio
16 ago 2018
http://www.dagospia.com/rubrica-4/busin ... 180980.htm Le concessioni autostradali hanno costituito oggetto di uno dei segreti più blindati dallo Stato fino a quando Graziano Delrio, giorni fa, ne ha annunciato la desecretazione. Sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Mit), infatti, sono stati pubblicati “i testi degli Atti Convenzionali che regolano le concessioni autostradali sulla rete a pedaggio” e “gli allegati tecnici che definiscono i profili specifici del rapporto concessorio”, per consentire “l’accesso generalizzato alle informazioni di interesse pubblico sugli operatori autostradali, organizzazione e costo del servizio”.
Tuttavia, la trasparenza effettiva si è subito rivelata di portata ben più limitata di quella proclamata dal ministro. Infatti, “nelle decine e decine di pagine offerte alla consultazione (…) ci sono buchi vistosi e grandi come voragini: mancano gli allegati fondamentali, quelli su cui sono incardinati i contenuti economici e finanziari del contratto”. Sono così rimasti secretati dati necessari a fare luce sui “Signori delle autostrade”, quali “la remunerazione del capitale ..la revisione delle tariffe ..il piano economico finanziario ..la descrizione delle opere da realizzare ..il recupero degli introiti per gli investimenti non realizzati o ritardati ..il cronoprogramma degli investimenti ..le inadempienze”.
Dunque, la recente pubblicazione ha soddisfatto in maniera molto parziale – per usare un eufemismo – l’istanza di full disclosure avanzata da più parti, compresa l’Autorità dei Trasporti, la quale necessita dei dati tenuti riservati per poter espletare al meglio i propri compiti istituzionali. Ma perché le informazioni presenti nei documenti non pubblicati sono così rilevanti? È la stessa Autorità dei Trasporti a chiarirlo: si tratta di “dati gestionali sulle concessioni, oggi detenuti – ahimè – in via esclusiva dalla struttura organizzativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti”, i quali “consentirebbero, fra l’altro, di distinguere correttamente gli investimenti aggiuntivi che si intendono fare da quelli già previsti nelle convenzioni in essere e non realizzati. Questi dati, al momento, non sono nella disponibilità dell’Autorità, nonostante la nostra richiesta”.
E perché è importante la distinzione tra investimenti passati, realizzati e non, e futuri? La risposta è nei comunicati con cui il Mit rende noti “gli adeguamenti delle tariffe di pedaggio autostradale” (decisi di concerto da Mit e Ministro dell’Economia): tali adeguamenti sono basati su “parametri legati all’inflazione (…), alla qualità, al recupero della produttività nonché agli investimenti in beni devolvibili effettuati” (c.d. price cap). In altri termini, come spiega la Banca d’Italia, “accrescimenti specifici” dei pedaggi servono anche a remunerare “investimenti aggiuntivi” cui i cessionari si siano obbligati contrattualmente: quindi, la mancanza di trasparenza su documenti che consentirebbero di verificare investimenti programmati per il passato, compiuti e non, e investimenti futuri (anche per accertare che non siano riedizioni di quelli passati non realizzati…) rende impossibile per i terzi valutare, tra le altre cose, gli aumenti dei pedaggi.
Inoltre, spiega ancora la Banca d’Italia, si deve pure distinguere tra “investimenti imposti dal regolatore e da remunerarsi in tariffa in quanto non redditizi, e investimenti decisi dalle concessionarie perché ritenuti convenienti”, dunque tali da “generare un incremento di traffico, e quindi di ricavi, sufficiente a giustificarli”, per evitare “rischi di doppia remunerazione”.
Anche a tal fine servirebbe esaminare i piani di investimento dei concessionari, ma tale esame è limitato dalla “scarsità di informazioni disponibili pubblicamente”: quindi, in assenza di trasparenza sui piani economico-finanziari, “è difficile valutare la congruità dell’evoluzione tariffaria effettiva e la sua coerenza coi principi regolatori e normativi stabiliti”. Quest’opacità è tanto più grave se si considera che gli investimenti sono “proposti dalle concessionarie ma ‘assentiti’ dal ministero che ne garantisce quindi la redditività ex ante con incrementi di tariffa. Nella logica del sistema italiano le concessionarie hanno tutto l’interesse a sottovalutare la redditività attesa dei loro investimenti per farseli remunerare con incrementi di pedaggi, visto che se poi in futuro la redditività risulterà maggiore di quella concordata con l’Ispettorato tutto il beneficio resterà acquisito alla concessionaria stessa. Gli investimenti sono poi proposti dalle concessionarie e pertanto il sistema tende a selezionare quelli che appaiono di volta in volta più utili alle concessionarie stesse piuttosto che al paese”
È più chiaro ora perché servirebbe piena trasparenza? Vale ancora la pena ricordare l’uso invalso in passato da parte dei concessionari di individuare, in prossimità della scadenza del contratto, nuovi lavori urgenti che ne giustificassero la proroga: in questo modo, i relativi investimenti sono stati “pagati due volte: prima con le proroghe della concessione e poi con gli aumenti di tariffa”.
L’assenza di trasparenza ha impedito un sindacato pubblico e, quindi, perpetuato la pratica esposta. Nel 2014, con una norma del decreto c.d. Sblocca Italia, tale pratica venne pure legalizzata, accordando ai concessionari proroghe senza gara pubblica in cambio di investimenti sulle tratte. Il recente codice degli appalti ha abrogato detta norma e vietato le proroghe (ma i contratti vigenti hanno scadenze molto in là nel tempo, pertanto la regola non avrà per ora particolare incidenza), disponendo altresì che le concessioni possano durare più di cinque anni solo se il maggior tempo serve al concessionario per il “recupero degli investimenti (…) insieme ad una remunerazione del capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici come risultante dal piano economico-finanziario”. Anche riguardo a quest’ultima disposizione, senza trasparenza su piani di investimento e altro sarà difficile fare valutazioni relativamente alla durata delle concessioni.
Come rilevato circa un tema connesso, già la “grande resistenza ad aprire il mercato autostradale alla libera concorrenza” è causa di scarsa trasparenza. E se la mancanza di full disclosure nell’operazione-verità di Delrio trova giustificazione in qualche forma di segreto (ad es. industriale e commerciale) o di cautela nella divulgazione di particolari informazioni (ad es. in tema di società quotate), il Mit – nel tutelare certe opacità – avrebbe fatto bene a chiarirlo. Un’istanza di accesso ex Foia (recente legge sulla trasparenza della P.A.) – che qualcuno ipotizza di fare – forse non consentirebbe di superare quei limiti di segreto che il Mit ha reputato di non valicare, ma permetterebbe almeno di portarli alla luce, poiché l’eventuale rigetto dell’istanza stessa dovrebbe essere argomentato in maniera puntuale.
Il ministero non potrebbe cioè opporre un diniego basato sull’astratta sussistenza di una delle molteplici fattispecie, previste dalla legge e interpretate dall’Anac, che forniscono una serie di ragioni (nonché di alibi e appigli) per rifiutare la trasparenza: dovrebbe, invece, dimostrare in concreto che ricorrano ipotesi così rilevanti da escludere l’accesso in modo tassativo (eccezioni assolute); o che la trasparenza, se concessa, potrebbe causare un danno reale, non solo potenziale, a situazioni tutelate giuridicamente (eccezioni relative).
In questo secondo caso, il Mit dovrebbe operare una ponderazione degli interessi in gioco, per stabilire se quello alla disclosure sia prevalente ovvero vada sacrificato a fronte di interessi garantiti con maggior vigore (c.d. harm test). La trasparenza su tale processo valutativo, che poi è trasparenza sulle motivazioni dell’eventuale diniego – se resa in modo pieno, cioè avulso dagli alibi e appigli sopra accennati – consentirebbe forse di fugare la sgradevole sensazione insorta in chi ha compreso appieno la beffa dell’opacità scientemente custodita tra le pieghe della trasparenza proclamata da Delrio: cioè che il diritto alla conoscenza di ogni cittadino, in merito a documenti essenziali per vagliare le concessioni autostradali, sia reputato dal ministro di rango inferiore rispetto ad altri diritti, quelli dei concessionari e dello Stato stesso.
Il Foia ha l’esplicita funzione “di favorire forme diffuse di controllo (…) sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”. Una richiesta di accesso consentirebbe forse di comprendere se ciò è vero o se, come affermato sin da tempi non sospetti, in Italia la trasparenza resta un’operazione di mera facciata. Quella del Mit, comunque, ne rappresenta l’ennesima conferma.
Genova, il procuratore: "Lo Stato ha abdicato al controllo. Autostrade come fosse proprietario: maggiori responsabilità"19 agosto 2018
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/0 ... ta/4568045 Lo Stato è “espropriato dei suoi poteri“, è diventato “una sorta di proprietario assenteista che ha abdicato al ruolo di garante della sicurezza“. “Il concessionario è come se fosse diventato il proprietario delle autostrade”, quindi “ha maggiori poteri” e “maggiori responsabilità“. Il procuratore di Genova Francesco Cozzi è al lavoro da poche ore dopo il crollo del ponte Morandi. Già la mattina del 15 agosto, il giorno dopo, diceva che “non è stata una fatalità ma un errore umano”. L’attenzione dei pm per ora si sta concentrando soprattutto sull’argomento più dibattuto, quella concessione con la quale è stata assegnata ad Autostrade per l’Italia quasi la metà della rete a pedaggio italiana e che ora il governo vuole revocare alla società della famiglia Benetton. Chi indaga deve analizzare i termini del rapporto tra pubblico e concessionario, contenuto in quegli atti coperti da segreto di stato che il vicepremier Luigi Di Maio ha detto di voler desecretare e che in Procura stanno già esaminando.
Ed è su questo rapporto che interviene il procuratore Cozzi, intervistato dal Corriere della Sera, criticando duramente “la filosofia del nostro sistema”. “Ho qualche difficoltà ad accettare l’idea che il tema della sicurezza pubblica stradale sia rimesso nelle mani dei privati“, dice il magistrato. Il suo è “un ragionamento generale”, che prescinde dall’indagine in corso ancora “in una fase preliminare”. Una critica alla struttura della norma che disciplina le convenzioni: “Basta vedere come è strutturata per sospettare uno sbilanciamento del rapporto dalla parte del privato”. “Nel momento in cui è stata decisa la privatizzazione delle autostrade – continua Cozzi – lo Stato si è ritagliato un ruolo riguardante soprattutto il controllo del rapporto fra investimenti e ricavi, il giusto prezzo dei pedaggi, l’inflazione… Meno la sicurezza delle infrastrutture”.
Lo Stato è relegato quindi a un ruolo marginale nei controlli sulla sicurezza: “Cercheremo di capire quali sono esattamente i poteri degli organi di controllo del ministero, anche se temo che siano molto blandi“, spiega il procuratore riguardo alle indagini. “Il concessionario è come se fosse diventato il proprietario delle autostrade, non l’inquilino che deve gestirle. Se la suona e se la canta, decide che spese fare, quando intervenire, fa i controlli periodici sulla rete che gestisce…”. E quindi è “chiaro” che le maggiori responsabilità sono in capo ad Autostrade: “Maggiori poteri, maggiori oneri, maggiori responsabilità (non intende dire penali, ndr). E io aggiungerei anche maggiori guadagni“, spiega Cozzi.
Da qui la convinzione del procuratore di Genova che il crollo del ponte Morandi debba portare a una revisione di tutta la materia, perché “nel momento in cui lo Stato abdica alla funzione di controllo ci vorrebbe almeno un’agenzia terza che garantisse la sicurezza, non il concessionario stesso”. L’esempio pratico è la segnalazione da parte del Politecnico di Milano dei rischi su un tirante. Anche in questo caso, spiega Cozzi, “se il Politecnico dice che i tiranti non vanno bene e bisogna fare un monitoraggio continuo, chi è che impone al concessionario il monitoraggio, visto che sono stati loro stessi a chiedere lo studio?”.
Anche questo punto è oggi al centro dell’inchiesta. Dopo lo studio commissionato dalla società dei Benetton, era stata indetta ad aprile 2018 una gara d’appalto che non si è mai conclusa, perché il ponte nel frattempo si è sbriciolato. Il lavoro dei pm ha lo scopo di verificare la regolarità di tempistiche e controlli, e pure in questo caso qual è stato il ruolo di concessionario e ministero dei Trasporti. L’inchiesta è solo agli inizi, si procede per i reati di disastro colposo, omicidio colposo plurimo e attentato colposo alla sicurezza dei trasporti. “Purtroppo” capi che prevedono pene risibili, dice sempre il procuratore Cozzi: “La pena del disastro va da uno a cinque anni. Un anno, come il furto in abitazione“. “E d’accordo che l’omicidio plurimo colposo può arrivare a un tetto più alto dei cinque anni, ma siamo pur sempre di fronte a un ponte che crolla e a quaranta persone che hanno perso la vita”, conclude il magistrato.
Concessione articolo 28Shar Kisshati
https://www.facebook.com/shar.kisshati/ ... 5665012879Premetto che non sto dando colpe al Ministro Toninelli che si trova lì solo da tre mesi, ma è giusto far capire quanto le responsabilità siano distribuite e non possano essere attribuite solo a Benetton. Lo Stato ha enormi responsabilità, la politica degli ultimi 15 anni non ne parliamo!
L'art. 28 della concessione prevede:
"Il concedente vigila affinché i lavori di adeguamento delle autostrade siano eseguiti a perfetta regola d'arte a norma dei progetti approvati. Il concedente vigila anche sui lavori di manutenzione ordinaria, straordinaria e sui ripristini. Il concedente ha anche il potere di richiedere informazioni ed effettuare controlli, con potere di ispezione, di accesso, di acquisizione della documentazione e delle notizie utili. Il concedente visita e assiste ai lavori, può eseguire prove, sperimenti, misurazioni, saggi e quant'altro necessario per accertamenti sul buon andamento dei lavori stessi."
Il concedente è il Ministero dei trasporti il quale, dalla crisi del 2008, non è stato adeguatamente finanziato dai vari bilanci dei governi che si sono succeduti. Ovviamente un ministro serio avrebbe sbattuto i pugni sul tavolo, anziché starsi zitto. La verità è che la politica e lo Stato non hanno meno responsabilità di Benetton, quindi la finissero di trovare un capro espiatorio per defilarsi. In questo paese sono ormai decenni che si sprecano soldi in modo assurdo e non si fanno i tagli davvero necessari, lasciando tutto il territorio nel degrado.
Gino QuareloSi tratta di due ordini di responsabilità diverse. La responsabilità del concessionario è primaria e diretta, quello dello stato è indiretta e (...). La responsabilità dello stato non incide minimamente su quella civile e penale del concessionario, non la vanifica né la sminuisce.
Lo stato ha molte responsabilità però le responsabilità dei cittadini, degli operatori economici, dei professionisti, delle persone, degli uomini ... restano le prime, faccio alcuni esempi:
1) in un ospedale la responsabilità di un dottore operativo che sbaglia e provoca danni o la morte di un paziente viene prima della responsabilità amministrativa e politica dell'ente ospedaliero;
2) lo stato tra le sue molteplici responsabilità e oneri ha anche quelli di tutelare la proprietà privata e la vita dei cittadini però se un ladro ruba a casa mia, non si può certo accusare lo stato di non aver ottemperato al suo dovere di difendere anche i miei beni; se io ubriaco vado in giro in auto e ammazzo qualcuno la responsabilità e mia e lo stato non può essere accusato di non aver fatto il suo dovere; lo stesso si può dire se uno circola in auto senza assicurazione e in caso di incidente con danni alle cose e alle persone, lo stato non può essere accusato di non aver controllato e impedito a quell'automobilista di circolare senza assucurazione.
Le responsabilità dello stato sono importanti ma di un ordine indiretto e diverso da quelle dei cittadini e degli operatori economici e professionali.
Certo si può chiamare in causa anche la responsabilità dello stato, dell'aministrazione pubblica, ma la responsabilità primaria nel caso del ponte di Genova resta del concessionario.