Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » mer gen 05, 2022 10:34 pm

Il video choc del leader “No Green pass” veneto. «Ho il Covid e mi curo con l’Ivermectina»
Andrea de Polo
5 gennaio 2022

https://mattinopadova.gelocal.it/region ... ?ref=fbfmp

Fabio Padovan: «Guarirò a casa». I medici: «Quel farmaco è un antiparassitario per animali e si usa per la scabbia, non usatelo contro il virus»
TREVISO. Nel video di nove minuti parla con la voce affannata, segnale che il Covid sta picchiando duro. I destinatari sono i quasi cinquemila iscritti del gruppo Telegram “Comitato Riccardo Szumski” di cui lui, l’imprenditore Fabio Padovan (Otlav, Santa Lucia di Piave), è presidente.
Il messaggio? «Il Covid esiste ma si cura a domicilio, io sto usando l’Ivermectina, e molti di quelli che sono morti erano stati abbandonati a se stessi».


Covid, assume farmaci per cavalli: «Sto guarendo grazie a Szumski»

Silvia Madiotto
22 gennaio 2022

https://corrieredelveneto.corriere.it/v ... 8e9e.shtml

«Sono positivo al Covid, mi sto curando a casa grazie al dottor Szumski e all’ivermectina». Un antiparassitario usato in ambito veterinario per curare i cavalli, terapia fra le preferite dalla galassia no vax, sconsigliato dalla comunità medica e scientifica perché non efficace e dai potenziali effetti collaterali. Fabio Padovan, presidente del comitato Riccardo Szumski (il sindaco-medico bandiera dei no vax e no pass), parla della sua esperienza attraverso un video social. Undici membri della sua famiglia sono stati contagiati, moglie, figli e nonni. Da una settimana ha la febbre alta e spiega la terapia domiciliare suggerita dai medici “ribelli” delle linee sanitarie. «Sono sulla strada della guarigione – continua -, nella mia casa, grazie alle ricette di Riccardo e di un altro grande medico che mi ha detto di prendere ivermectina dal primo giorno. Non dovete avere paura del Covid. Il virus esiste ma può essere vinto». I sostenitori delle terapie domiciliari continuano a sottovalutare l’infezione, scelgono strade alternative e non si fidano della comunità scientifica. Ma dicono anche che sul territorio i pazienti non vengono curati.

Il presidente dello Snami

Non è così e lo spiega bene Bruno Di Daniel, medico di base a Maserada e presidente del sindacato Snami. «Io consiglio sempre la vaccinazione, poi ognuno è libero e curo tutti i miei pazienti – dice -. Ho circa sette, otto nuovi contagi al giorno. Alcuni sono stati molto male dopo il contagio, alcuni hanno iniziato la terapia monoclonale e mi hanno ringraziato, altri non hanno voluto e sono risultati gravi, anche in terapia intensiva». Di Daniel è sorpreso: «Ivermectina? Mai sentita - scherza -. I miei pazienti sono tutti umani. Stanno funzionando molto bene le terapie monoclonali. Se attivate velocemente, come succede qui, i sintomi spariscono in 24 ore. Uso anche tachipirina, antinfiammatori, antivirali, cortisone a basso dosaggio, antibiotici. E oggi abbiamo un nuovo farmaco antivirale che riduce l’ospedalizzazione dell’80%».

I protocolli

I protocolli ci sono, e i medici di base li seguono. «Il caso di un solo paziente non dimostra niente, la scienza si basa su grandi numeri e linee guida internazionali– evidenzia il medico -. C’è gente che sta meglio e gente che non riesce a guarire. Gli uomini non sono tutti uguali, reagiscono in modo diverso. Ma il modo migliore per stare bene è vaccinarsi: fra i miei pazienti sono stati ricoverati in terapia intensiva solo non vaccinati. La scienza e la medicina sono una cosa seria, non ne discuto con gli stregoni».



Il video choc di Fabio Padovan, imprenditore di Treviso, che ringrazia Szumski

Il leader no Pass ha il Covid e si cura con l'antiparassitario per animali
Ketty Areddia
5 gennaio 2022

https://www.polesine24.it/24/2022/01/05 ... li-135186/

Un video di nove minuti in cui parla con voce affannata e destinato ai 5mila iscritti al gruppo Telegram "Comitato Riccardo Szumski” di cui lui, l’imprenditore Fabio Padovan (Otlav, Santa Lucia di Piave), è presidente. Fabio Padovan - scrive il Mattino di Padova - annuncia di curarsi con "l’Ivermectina, e molti di quelli che sono morti erano stati abbandonati a se stessi".

Una serie di messaggi che hanno fatto rabbrividire il direttore generale dell’Usl 2 di Treviso, Francesco Benazzi, preoccupato per l’effetto che le parole di Padovan potrebbero avere tra i seguaci del gruppo in cui circola il video: "Non ascoltatelo - raccomanda Benazzi - non ha alcun senso usare l’Ivermectina, è un antiparassitario dato agli animali o nei casi di scabbia. Chi sta male per il Covid chiami il medico di base o, se le condizioni peggiorano, il 118. E noi non abbiamo abbandonato proprio nessuno".

Padovan ha fatto parlare di sé durante l’emergenza Covid soprattutto per la creazione del Comitato Riccardo Szumski. Non un gruppo “No vax”, ma un movimento contrario al Green pass e ad altri aspetti di gestione della pandemia. Un movimento che ha protestato a Trieste con il leader dei portuali Stefano Puzzer, e che ha organizzato diverse iniziative anche a Santa Lucia di Piave.

Padovan - racconta lui stesso nel video - si è contagiato durante le feste, un focolaio di undici persone che ha colpito i suoi familiari. «Sono stato subito seguito da Riccardo Szumski, medico straordinario che non mi ha mai lasciato solo» racconta l’imprenditore nel video, «un altro grande medico mi aveva consigliato l’Ivermectina, che io ho preso fin dal primo giorno».



Il presidente del comitato Szumski positivo al Covid. Il video da casa: “Ho preso Ivermectina dal primo giorno, ora sto meglio”. La replica dello Snami
Alice Zaccaron
mercoledì, 5 Gennaio 2022

https://www.qdpnews.it/comuni/santa-luc ... llo-snami/

“Sono diventato positivo al Covid il 28 dicembre”: lo dice Fabio Padovan, presidente del comitato Riccardo Szumski, in un video postato sui social questo lunedì. Anche il resto della sua famiglia ha dovuto fare i conti con il virus: dapprima la moglie, ora negativa, e poi anche il resto della famiglia, con 11 contagiati in totale.

“Per poter parlare di una cosa bisogna farne esperienza e adesso è toccato a me, ho voluto viverla per essere anche io credibile. Ho però visto amici e conoscenti ammalarsi, venire curati da Riccardo e guarire” afferma fiducioso.

Padovan racconta il decorso del suo contagio, con un picco di febbre il 31 dicembre, mostrando le ricette mediche e sostenendo di seguire la cura che gli ha prescritto il dottor Szumski: “Oggi va meglio, la febbre è scesa. Come mi ha consigliato anche un altro grande medico qualche mesi fa, ho assunto Ivermectina dal primo giorno. Il Covid, ripeto, è una malattia che può essere guarita senza intasare gli ospedali”.

Il presidente del comitato si espone elogiando quindi i medici che da due anni si trovano negli ospedali a curare i contagiati chiamandoli eroi: “Non è facile né ripagante”.

Padovan afferma che il Covid, una volta entrato nell’organismo, aiuta a guarire dalle prossime infezioni, e accusa chi ha insistito nel proporre “Tachipirina e vigile attesa”: “Quanti morti hanno sulla coscienza? Li hanno fatti morire a casa e a loro che sono morti soli voglio dedicare la mia piccola sofferenza”.

Padovan conclude con i ringraziamenti al medico Szumski, sostenendo che “solo col cuore si potrà vincere contro questi tecnocrati che vogliono portarci alla rovina”.

Ben diversa la posizione al riguardo del dottor Salvatore Cauchi, presidente regionale dello Snami (Sindacato nazionale autonomo medici italiani), che afferma: “L’Ivermectina è un farmaco che queste persone assumono a pieno rischio e pericolo loro. Mi risulta che si tratti di un antiparassitario per i cavalli, non c’è nessuna valenza scientifica sull’uomo”.

Cauchi sottolinea che non c’è stata nessuna sperimentazione e nemmeno tutti i classici passaggi che determinano l’assunzione sicura da parte dell’uomo, cosa che avviene solo come ultima fase, dopo un iter preciso, proprio per assicurare la sicurezza umana.

Per quanto riguarda la gestione del Covid, il presidente veneto dello Snami afferma che ogni caso è differente e che la cura dipende dai sintomi, anche se di base è fondamentale rivolgersi al proprio medico monitorando l’andamento dei sintomi e soprattutto valutare le eventuali patologie concomitanti: se ci sono sintomi più seri si inizia una cura antibiotica.

“Nel caso di complicanze sono i colleghi dell’Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) che vanno ad auscultare i polmoni dei pazienti direttamente a domicilio: non è vero che sono lasciati soli”.




Gino Quarelo

Povero Fabio ... peccato che tu sia stato:
no pandemia grave perché è solo una semplice e ordinaria influenza,
no inutile mascherina che non serve a nulla,
no chiusure, no restrizioni, no distanziamenti che non servono a niente se non a dissociare la socialità e a danneggiare l'economia,
no vax perché non serve e danneggia
e
no green pass perché serve solo alla dittatura sanitaria!
No no, sempre no e sempre contro, mi dispiace caro Fabio ma sei in grave errore.

Poi sull'ivermectina, usata positivamente anche sull'uomo per certe infezioni parassitarie e virali, che possa funzionare anche contro il covid19 in taluni soggetti non significa che sia un toccasana miracoloso per tutti, vi è da dire che il vaccino è assai migliore, previene di più il contagio, la gravità dell'infezione e ha meno effetti collaterali di breve e di lunga durata, come pure sono più che utili tutte le altre misure preventive come la mascherina, la pulizia e il distanziamento.
Peccato Fabio, hai dato un cattivo esempio assieme al tuo amico Szumski, avete esagerato e siete usciti dal seminato, dal sensato e a volte dal lecito.
Non credo che tuo padre possa essere fiero di te in questo caso.
Come uomini politici del venetismo e del Partito dei Veneti avete dimostrato inaffidabilità totale, irresponsabilità e incoscienza, io da veneto non voterei mai per dare un mandato politico a te Fabio e a Szumski.







Che cos'è l'Ivermectina?

https://www.humanitas.it/enciclopedia/p ... ermectina/

L'Ivermectina è un farmaco antielmintico. Uccide o promuove l'espulsione di vermi parassiti intestinali. In caso di strongiloidosi uccide il parassita, mentre in caso di oncocercosi uccide solo i vermi in fase di sviluppo, ma non quelli adulti.
A cosa serve l'Ivermectina?

L'Ivermectina è utilizzata per trattare la strongiloidosi causata dal nematode Strongyloides stercoralis e per tenere sotto controllo l'oncocercosi causata dal nematode Onchocerca volvulus.
A volte trova impiego anche per trattare altre parassitosi, incluse pediculosi e scabbia.

Come si assume l'Ivermectina?

L'Ivermectina si assume per via orale, in genere sotto forma di unica compressa da deglutire con acqua a stomaco vuoto. In caso di oncocercosi può però essere prescritta l'assunzione di nuove dosi 3, 6 o 12 mesi dopo il primo trattamento.

Effetti collaterali riconosciuti

Fra i possibili effetti avversi dell'Ivermectina sono inclusi:

capogiri
perdita dell'appetito
nausea
vomito
gonfiore o dolore allo stomaco
diarrea
costipazione
debolezza
sonnolenza
tremori incontrollabili
fastidi al torace
gonfiore di occhi, volto, braccia, mani, piedi, caviglie o polpacci
dolore alle articolazioni
gonfiore alle articolazioni
gonfiore e dolore alle ghiandole a livello si collo, ascelle o inguine
battito cardiaco accelerato
arrossamenti, lacrimazioni o dolori oculari
gonfiore delle palpebre o dell'occhio
strane sensazioni all'occhio

È bene contattare subito un medico in caso di:

febbre
vesciche o desquamazioni
rash cutaneo
orticaria
prurito

Avvertenze

Il trattamento della strongiloidosi con Ivermectina prevede almeno tre esami delle feci nei tre mesi successivi all'assunzione del farmaco per verificare l'efficacia della cura.

In caso di oncocercosi, il trattamento può causare capogiri e svenimenti quando ci si alza rapidamente. È bene fare particolare attenzione a questo aspetto.
Prima di iniziare ad assumere Ivermectina è necessario informare il medico:

di allergie al principio attivo o a qualunque altro farmaco
di medicinali, dei fitoterapici e degli integratori assunti, citando in particolare ansiolitici, psicofarmaci, anticonvulsivanti, miorilassanti, sedativi, farmaci per dormire o tranquillanti
se si soffre (o si è sofferto) di meningite, tripanosomiasi o disturbi che alterano il funzionamento del sistema immunitario
in caso di gravidanza o allattamento



Network Bibliotecario Sanitario Toscano
https://www.nbst.it/989-coronavirus-nuo ... covid.html

Ivermectina nei pazienti con infezione da SARS-CoV2
Ivermectina, effetti tossici
20 ottobre. NEJM. Toxic Effects from Ivermectin Use Associated with Prevention and Treatment of Covid-19
#NOVITÁ L'Oregon Poison Center ha ricevuto chiamate a un tasso di 0,25 al mese in tutto il 2020, fino alle 21 nel solo agosto 2021, sugli effetti tossici dell'ivermectina nelle persone che hanno usato il farmaco per la prevenzione o il trattamento di Covid-19. I sintomi includevano disturbi gastrointestinali, confusione, atassia e convulsioni e 6 delle 21 persone sono state ricoverate in ospedale.
28 luglio 2021. Cochrane library Ivermectin for preventing and treating COVID-19
Attualmente le prove sull'efficacia e la sicurezza dell'ivermectina per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 e il trattamento di COVID-19 sono contrastanti.Lo studio Randomized, Double-blind, Multi Centre Phase II, Proof of Concept, Dose Finding Clinical Trial on Ivermectin for the early Treatment of COVID-19. COVER (COVid iVERmectin), di cui il promotere è IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, Negrar di Valpolicella (Verona), ha come obiettivo valutare se l'ivermectina, somministrata alla dose di 600 mcg/kg o 1200 mcg/kg una volta al giorno per cinque giorni consecutivi è sicura nei pazienti con infezione SARS-CoV2 iniziale, asintomatica o paucisintomatica e se, somministrata al dosaggio trovato sicuro, riduce la carica virale di SARS-CoV2 al 7 ° giorno. L'ivermectina, un vecchio farmaco utilizzato per una vasta gamma di infezioni parassitarie e, in anni più recenti, con più ampie potenziali indicazioni, si è dimostrata efficace nel ridurre la carica virale del 99,98% in 48 ore in cellule coltivate in vitro infettate da SARS-CoV2.


L'ivermectina è un farmaco antielmintico ad ampio spettro costituito da una miscela di 22,23-diidroavermectina B1a + 22,23-diidroavermectina B1b
.
https://it.wikipedia.org/wiki/Ivermectina
È ampiamente utilizzato anche in campo veterinario per il trattamento di parassitosi negli animali.[6]
L'ivermectina è stata scoperta nel 1975 ed è entrata nella pratica medica nel 1981.[7]
Può essere assunto per bocca oppure applicato direttamente alla pelle, mentre si deve evitare il contatto con gli occhi. In campo dermatologico, sotto forma di crema cutanea, si usa per la cura della rosacea.
Durante la pandemia di COVID-19 il farmaco è stato al centro di diversi episodi di disinformazione in merito alla presunta efficacia dell'ivermectina nel trattamento della COVID-19: tali affermazioni sono, tuttavia, del tutto prive di fondamento scientifico ed al momento non esistono evidenze sufficienti a supporto dell'impiego del farmaco nel trattamento e nella prevenzione dell'infezione.
La scoperta a metà degli anni Settanta della famiglia delle avermectine (insetticidi usati principalmente nelle esche per formiche a uso domestico), da cui deriva l'ivermectina, si deve a Satoshi Ōmura dell'Università Kitasato di Tokyo e a William Cecil Campbell del Merck Institute for Therapeutic Research.
Ōmura identificò l'avermectina dal batterio Streptomyces avermitilis. Campbell purificò l'avermectina da colture ottenute da Ōmura e guidò gli sforzi che portarono alla scoperta del derivato più efficiente e di ridotta tossicità che prese il nome di ivermectina. Ivermectina fu messa in commercio nel 1981.
Metà del Premio Nobel per la medicina del 2015 è stato assegnato congiuntamente a Ōmura e Campbell per la scoperta dell'avermectina, «i derivati del quale hanno radicalmente abbassato l'incidenza della cecità fluviale e della filariosi linfatica, come pure per l'efficacia dimostrata contro un numero crescente di altre malattie causate da parassiti».
L'ivermectina è un antielmintico ad ampio spettro. Negli esseri umani viene utilizzata principalmente per trattare l'oncocercosi, ma è efficace anche contro altre infestazioni da vermi, come la strongiloidosi, l'ascaridiasi, la tricocefalosi, la filariosi e l'enterobiasi, e contro alcune malattie della pelle causate da parassiti, tra cui pidocchi del capo e scabbia, e per il trattamento della rosacea.
L'ivermectina uccide rapidamente le microfilarie, ma non i parassiti adulti. Di conseguenza per proteggere un individuo dall'oncocercosi è necessario che assuma una singola dose orale del farmaco ogni anno per tutta la durata della vita dei parassiti adulti (10-15 anni).


Ricerca

L'ivermectina è stata anche studiata come potenziale agente antivirale contro il virus chikungunya e la febbre gialla.

Un numero della rivista Cochrane ha trovato delle deboli prove del fatto che l'ivermectina possa ridurre le lesioni corioretinali e prevenire la perdita di vista in persone con oncocercosi.

Nel 2013, uno studio ha dimostrato che l'ivermectina è un nuovo ligando del recettore nucleare Farnesoide X, un target terapeutico per la steatosi epatica non alcolica.
Impiego nella COVID-19

A partire dal 2020 sono stati svolti alcuni studi per analizzare l'efficacia del farmaco contro il virus SARS-CoV-2, responsabile della pandemia di COVID-19.

L'ivermectina ha dimostrato capacità in vitro di poter contrastare alcuni virus, tra cui il virus Zika, il West Nile, il poliomavirus BK, i virus Dengue e della febbre gialla e, per l'appunto, il SARS-CoV-2. Contro quest'ultimo, in particolare, agirebbe inibendo i trasportatori a livello della membrana del nucleo cellulare che importano le proteine virali all'interno del nucleo stesso. Le dosi impiegate per ottenere tali effetti sulle linee cellulari in vitro tuttavia risultano assai maggiori rispetto a quelle ritenute sicure per l'impiego nell'uomo. Secondo una revisione sistematica della Cochrane Collaboration, attualmente non vi sono prove sufficienti per suggerire l'impiego dell'ivermectina nel trattamento della COVID-19.

Nonostante gli stessi autori avessero indicato che si trattasse solo di studi preliminari e che l'efficacia nel trattare la malattia nell'uomo fosse ancora da valutare, tali ricerche hanno generato un ampio clamore mediatico: sono sorte varie associazioni dedite alla promozione dell'impiego dell'ivermectina per trattare la patologia, e si sono verificati numerosi casi di automedicazione che hanno portato ad episodi di intossicazione e morte. Il forte aumento delle prescrizioni in Australia ha indotto il governo a vietarne l'impiego off-label.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » mar gen 11, 2022 7:24 am

Sono vaccinato 3 volte per scelta e non per obbligo e, no, non so cosa c'è dentro - né in questo vaccino, né in quelli ricevuti da bambino, né nel Big Mac, o negli hot dog, o in altri farmaci per trattare il cancro, l’AIDS, la poliartrite, o i vaccini per neonati o bambini. Mi fido del mio medico quando dice che è necessario.

Inoltre, non so cosa ci sia nell'ibuprofene, nel tylenol o in altre medicine, so che curano solo il mio mal di testa e i miei dolori.
Non so cosa ci sia nell'inchiostro per tatuaggi, o quali siano i singoli ingredienti del mio sapone o shampoo o persino nei deodoranti. Non conosco l'effetto a lungo termine dell'uso del telefono cellulare o se quel ristorante in cui ho appena mangiato usava DAVVERO cibi puliti e se in cucina si lavavano le mani.
In breve, ci sono molte cose che non so e non conoscerò mai.
Da bambino e da adulto sono stato vaccinato contro la parotite, il morbillo, la rosolia, la poliomielite, la varicella e parecchi altri; io e i miei genitori ci siamo fidati della scienza.
Sono vaccinato non per compiacere il governo, ma:
* per non morire di Covid-19;
* per NON ingombrare un letto d'ospedale se mi ammalo;
* per abbracciare i miei cari;
* per non dover fare PCR o test antigenici per uscire, andare al ristorante, andare in vacanza e tante altre cose;
* per vivere la mia vita;
* per far tornare i miei figli/nipoti a scuola e fare sport;
* perché il Covid-19 sia un vecchio ricordo;
* per proteggerci."
Mi sono vaccinato con paura, ma l'ho fatto per me e per i miei cari e pure per quelli che grazie al mio vaccino si possono permettere di protestare contro il vaccino stesso.
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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » mar gen 11, 2022 8:31 am

Il premier in conferenza stampa: “La gran parte dei problemi che abbiamo derivano dai non vaccinati”
10 Gennaio 2022
https://www.nicolaporro.it/draghi-si-ac ... ui-no-vax/
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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » ven gen 14, 2022 9:29 pm

???
Siete medici, non Schettino: rimettetevi quei camici
Andrea Zambrano
14 gennaio 2022

https://lanuovabq.it/it/siete-medici-no ... uei-camici

La vera emergenza sanitaria è la "diserzione" dei medici di base che non curano i sintomi dei pazienti Covid i quali devono poi ricorrere al fai da te rischiando l'ospedale. Oppure scrivono alla Bussola, che non può fare nulla. Le realtà sussidiarie di medici in rete sono state demolite da campagne denigratorie oppure intasate perché non possono sostituirsi allo Stato. Storture di una rete di medicina territoriale che ha detto ai professionisti di non curare il virus, ma di occuparsi di burocrazia. Però se si mettono a vaccinare ricevono subito 80 euro in più di diaria.

In questi ultimi giorni, complici anche alcuni articoli sull’argomento cure domiciliari (QUI https://lanuovabq.it/it/il-mio-covid-le ... -fai-da-te e QUI https://lanuovabq.it/it/curarsi-presto- ... guarigione ) nella cura del covid, la Bussola sta ricevendo moltissime richieste di intervento medico o di consulenza. C’è chi chiede il contatto di questo o quel medico che ha scritto sulle nostre colonne, chi invece vorrebbe avere consulenze su farmaci e dosaggi, chi inoltre domanda se conosciamo medici nella zona di Pavia o Macerata (sono esempi) disposti a curare i positivi sintomatici a casa. Positivi, i quali vorrebbero seguire un minimo di terapia sotto controllo medico per non ricorrere al fai da te e magari vedersi peggiorati dopo pochi giorni andando all’ospedale.

La Bussola può testimoniare dal suo modesto osservatorio che si tratta di numero ingente di persone: sono dieci? Sono venti? Sono 50? Sono comunque tanti. Sono lettori del nostro giornale, alcuni affezionati sostenitori, che sono in estrema difficoltà a causa dell’abbandono dei medici di base del loro compito principale di cura e sostegno.

E sono un campione di una maggioranza di italiani molto più vasta. Sono lo specchio di una situazione che per molti casi è drammatica perché trovarsi a casa con la febbre e non poter contare su un contatto medico non è piacevole. C’è ancora chi – ed è medico - siccome il 99% dei malati covid non finisce all’ospedale, sostiene che tanto vale affidarsi alla attesa più o meno vigile. Così tende a minimizzare una situazione che presuppone non poter essere curata sistematicamente.

Il fatto, però, è che quell’1% che finisce all’ospedale, poi, è quasi sempre – anzi, togliamo il quasi -, un paziente che non è stato curato adeguatamente a casa. Il paziente si cura male senza colpe e il gioco è fatto.

Però ci preme chiarire un fatto. Ringraziamo tutti i lettori e i sostenitori che ci investono di così tanta fiducia nel condividere le loro situazioni mediche. È una confidenza della quale portiamo volentieri il peso spiritualmente e che affidiamo alle nostre povere preghiere nel Rosario quotidiano.

Ma purtroppo, e qui vorremmo rispondere fisicamente a tutti quanti ci hanno scritto, non possiamo dare loro i contatti dei medici, né segnalare i casi, né farci tramite per una consulenza medica. E neppure consigliare schemi terapeutici perché ciò sarebbe una pesante ingerenza nel campo della sicurezza sanitaria che non ci compete per nessun motivo oltre che un’invasione della privacy di professionisti che in queste ore sono subissati di richieste di cura.

Non possiamo, semplicemente perché non è il nostro mestiere, che invece è quello dei giornalisti. Ed è in quel campo che abbiamo cercato di dare il nostro meglio segnalando quelle associazioni di medici che hanno iniziato a curare indipendentemente dai protocolli vigile attesa & Tachipirina del Ministero e senza curarsi delle ritorsioni che in alcuni casi sono arrivate.

È bene ricordare a tutti i lettori perché siamo finiti in questa situazione di totale e sistematica assenza di cure da parte dei medici di base. Perché dal 22 febbraio 2020 una circolare del Ministero diceva che questo misterioso virus non era curabile. Da quel momento ai medici delle Asl è stato praticamente detto – circa la cura di covid - di togliersi il camice e di dedicarsi a certificati di isolamento e a pratiche mediche inerenti la pandemia. È un discorso che rischia di essere generalizzato e qualunquista, lo sappiamo, se non motivato bene (noi dalle nostre colonne l’abbiamo fatto sempre), ma che per la gran parte del territorio italiano è vero. I pochi medici che hanno continuato a curare i sintomi del covid ben sapendo che non esiste una cura specifica, ma che la cura è aiutare il nostro corpo a lottare per scongiurare un ingresso in ospedale, sono stati ostacolati in ogni modo.

In particolare, quelli che si sono organizzati in reti di supporto tanto volontariste quanto lodevolmente sussidiarie. La Bussola ha raccontato l’esperienza di cura di Ippocrate e del Comitato di Terapie domiciliari retto dall’avvocato Erich Grimaldi, ma anche della formidabile chat del dottor Mangiagalli.

Il primo è stato massacrato da una campagna stampa denigratoria e da un’inchiesta giudiziaria ed è praticamente finito, il secondo invece, organizzatosi con una web app per cercare di offrire un servizio il più serio possibile, è ora subissato di richieste e a volte di pretese da parte di quei tanti pazienti abbandonati dai medici, che lo hanno scambiato per un sostituto delle Asl. Ma è chiaro che un’opera nata dalla buona volontà di pochi medici non può sostituirsi alla rete della medicina territoriale che, evidentemente, non sta facendo il suo dovere, sempre salvo eccezioni lodevoli.

È a questi medici che abbiamo dato voce, ma adesso che la variante Omicron sta infettando metà della popolazione, è chiaro che anche queste associazioni vanno in sofferenza.

Che fare? È indispensabile che i medici oggi impegnati a occuparsi solo di scartoffie da igiene pubblica, si rimettano il camice e ricomincino a visitare, telefonare, informarsi sui loro pazienti e prescrivere antinfiammatori con coscienza retta e scienza medica, che non hanno scordato, ma hanno solo messo da parte un attimo.

Non è una questione di soldi, ma di volontà e di opposizione a un modus operandi partito dall’alto, ma che è il colpo di grazia alla medicina territoriale italiana che era il nostro fiore all’occhiello nazionale e oggi viene sempre più depauperata.

Ma se anche fosse una questione di soldi, potremmo fare così: gli 80 euro in più di diaria che si danno ai medici vaccinatori, (chissà perché ma quelli non mancano e si trovano sempre), possono essere destinati agli stessi medici di base togliendogli la siringa e mettendogli il fonendoscopio sul collo anche se sappiamo che i medici sono già lautamente pagati dalle Asl.

In ogni caso i malati a casa devono pretendere dai medici di base di essere ascoltati, anche a costo di risultare molesti o fastidiosi per evitare un triste e penoso pellegrinaggio telefonico alla ricerca di un'anima pia disposta a farsi carico di una malattia che potrebbe portare il poveretto all'ospedale. È successo e sta succedendo ancora oggi.

A dieci anni dal disastro della Concordia, ci vorrebbe qualcuno nelle vesti del comandante De Falco che imponga ai dottori Schettino di questo Paese di rimettersi il camice e uscire dal centro vaccinale per salire in ambulatorio a fare quello per cui sono lautamente pagati: curare il covid.



Il mio covid: le cure domiciliari salvano, non il fai da te
Andrea Zambrano
11-01-2022

https://lanuovabq.it/it/il-mio-covid-le ... -fai-da-te

Non vaccinato, ma con piena fiducia negli uomini di scienza tanto da partecipare a una sperimentazione terapeutica. Non solo il trivaccinato Galli può guarire: il covid si vince con le cure domiciliari purché ci sia un medico che si prenda cura di te e il paziente faccia tutte le cure senza sospenderle alla scomparsa dei primi sintomi. La cronaca di una guarigione e il pensiero per chi invece è stato abbandonato e si è buttato sul fai da te, insieme alla Tachipirina e vigile attesa la strada migliore per complicanze e ricovero.

Questa è la cronaca del mio covid. Risparmio al paziente lettore i cuscini sudati, le vestaglie da camera, i brividi e gli affanni, le tazze di tè caldo e tutto l’armamentario tipico di una “scoppola” dicembrina: ho solo una verità da condividere ed è a difesa delle cure domiciliari. A patto, però, che vengano fatte bene e non un tanto al braccio.

Cure domiciliari non vuol dire cure fai da te. È la prima e grande verità che porto a casa dopo questa esperienza che qui si fa cronaca.

Di mestiere faccio questo e dato che per due anni ho documentato in tutte le salse di cure domiciliari anti covid, di schemi terapeutici, contestando il metodo funesto della Tachipirina & vigile attesa, la sorte – io dico: la Provvidenza – ha voluto che capitasse anche a me di metterci la faccia e toccare con mano ciò di cui ho scritto per tanti mesi, spesso nel silenzio. Silenzio generale perché – memento a beneficio degli smemorati – questo giornale ha scritto di terapie domiciliari molto prima di tanti altri e ha continuato a difenderle anche quando è partita l’epica del vaccino e si è continuato a sbeffeggiarle come roba di stregoni e ciarlatani.

«Le difenderò anche stavolta?». Sono sincero, questo mi chiedevo all’alba del 27 dicembre quando mi sono svegliato con la percezione di essere stato travolto da un treno in corsa e ben sapendo che nelle chat non avrei avuto più scuse con nessuno: neanche con Bario, il quale mi avrebbe rimproverato di curarmi con le bucce di banana o le pelli di carciofo e neppure con Ápparo che mi avrebbe rinfacciato Ippocrate e tutto il resto, ma nemmeno col Boldo che mi ha estorto tutta la terapia.

Dolori osteoarticolari, non ci vuole un genio per immaginare che di lì a poco sarebbe arrivata anche la febbre. E così è stato. 37.7. Le classiche due linee.

Che fare?

Sicuramente la telefonata al medico di base, che tutte le volte che l’ho cercata è sempre stata presente, il tampone in farmacia e la messa in quarantena di tutta la family (siamo in sei, alla vigilia dell’ultimo dell’anno, per giunta e con la prova stagionale degli scarponi da sci in corso…della serie: ciao core). Ma prima di ogni altra cosa, prim’ancora di chiedermi se si tratterà o no di covid, prima ancora di annullare l’ordine di pesce per il Veglionissimo dai Guàiti, prim’ancora di mandare il vocale a Giova che forse gli toccava anche a lui se solo non si fosse presentato a casa mia due giorni prima con il Trento doc e la mascherina FFP2, s’impone una decisione: chi mi cura?

Non mi sono chiesto con che cosa mi curo, ma come prima cosa mi sono domandato: chi potrà seguirmi in un cammino che per me, quarantaquattrenne non vaccinato, avrebbe potuto costituire anche un potenziale rischio di cui ero consapevole. Oltre, ovviamente, farmi carico delle reprimende – puntualmente arrivate al grido di «se ti fossi vaccinato» – di tutto il comparto famigliare da mamma in giù fino al terzo o 4° grado di cuginanza.

Non ho dubbi: chiamo i medici Paolo Bellavite e Paolo Gulisano con i quali in questi mesi abbiamo condiviso il percorso di un cammino importante di giornalismo scientifico all’insegna della cura e della libertà.

Con loro decidiamo di farmi seguire dal professor Serafino Fazio, che con Bellavite ha messo a punto uno schema terapeutico che nasce dall'esperienza del Comitato terapie domiciliari pubblicato recentemente su una rivista scientifica a base di indometacina, acido acetilsalicidico, esperidina e quercetina. Scordatevi che vi passi lo schema, non perché si tratti di una ricetta segreta di una torta, ma perché a ognuno il suo mestiere: una terapia per un virus sistemico ha variabili, differenze di dosaggio, cambi di posologia, valutazioni in corso che solo un medico può e deve fare. Lo schema che il dottor Fazio, dopo un’attenta anamnesi, ha applicato a me, ad esempio, si discosta di qualche milligrammo in più o in meno, per necessità varie, da quello ufficiale, quindi, non è proprio il caso che mi metta a spacciare la mia cura miracolosa.

Quello che è importante affermare è però un principio: curare il covid ha a che fare con l’arte medica e non con la fredda applicazione di un protocollo ministeriale passato per telefono, i sintomi sono tali e tanti e variabili nel tempo e carsici, che appaiono e scompaiono con tale repentinità, che serve un medico, il quale tutte le mattine si faccia vivo con un oggi come va? In grado di indagare tutto. Io ho avuto la grazia di avere un medico che si è preso cura di me ogni giorno, che mi ha chiesto meticolosamente saturazione e temperatura e che per giunta mi ha anche proposto di entrare nella sua sperimentazione.

Eh sì, perché dopo la pubblicazione, Fazio e Bellavite stanno continuando a curare e a raccogliere importanti informazioni sulla cura del covid, così partecipare alla loro ricerca scientifica mi è sembrato doveroso oltre che un onore e una risposta a chi pensa che chi non è vaccinato sia nemico della scienza.

Invece, eccola qua la scienza: ero consapevole di essere una cavia? Sì. Quali alternative avrei avuto? L’alternativa erano la vigile attesa o, peggio ancora, la seconda via sicura per la complicazione o il ricovero: il fai da te. Un antinfiammatorio oggi, un anticoagulante domani e poi speriamo che tutto si sistemi con la scomparsa dei sintomi.

Ecco il punto: trattandosi di un virus sistemico, un sintomo che scompare non significa che il virus sia sconfitto. Bisogna continuare con metodo, per evitare che insorgano nuovi sintomi. Il medico – e solo lui - è il metronomo di questo metodo. La strada degli antinfiammatori, ad esempio è illuminante: la maggior parte delle persone (anche io solitamente) li prende al bisogno senza quantificare nemmeno i dosaggi; il segreto invece, da quello che ho capito sulla mia pelle, è continuare nel tempo con la stessa terapia facendo zero affidamento sulla scomparsa temporanea dei sintomi. Così ho fatto per dieci giorni, nel mentre mi sono beccato due giorni di febbre alta, un mal di gola, una rinite, una fastidiosa oppressione tracheale, problemi intestinali e tanta tanta stanchezza.

C’è chi mi dice, fatalisticamente, che «mi è andata bene», ma questo è un ragionamento che rifiuto: se mi è andata bene significa che le cure che ho fatto sono state ininfluenti, ma se sono state ininfluenti significa che il covid in due anni non ha insegnato nulla e che curarsi o no non fa alcuna differenza, tutto è affidato alla cieca fortuna, vaccinatevi. Questo è il ragionamento di chi affida il covid alla roulette russa del caso salvo poi affermare di credere nella scienza con la stessa granitica certezza con cui Peter Pan credeva nelle fate. Lo stesso pensiero di chi, leggendo queste righe, penserà che forse sarei guarito comunque anche senza tutto "sto cinema": mi spieghi allora perché avrei dovuto fare il vaccino sotto costrizione.

Invece la cura è tutto, infatti stiamo vedendo in queste ore che anche tanti vaccinati finiscono in ospedale. Ancora una volta la domanda da fare è sempre la stessa: come si sono curati? Purtroppo, questa è la domanda che resterà ancora per molto tempo senza risposta.

Il professor Massimo Galli, ad esempio, trivaccinato, sappiamo che si è curato con gli anticorpi monoclonali, ma tutti gli altri come si curano? Le strade sono tre: o Tachipirina e vigile attesa, o fai da te oppure ti curi bene con un medico vigile. Se a Galli “è andata bene” non è per il vaccino, né per il fato, ma per le cure che ha ricevuto. Vale per me, come per lui.

Anche nel mio caso, i medici mi hanno detto che la differenza l’ha fatta la terapia e non il destino o il fato se, ad esempio, non sono passato agli antibiotici o al cortisone. Infatti, alla fine del terzo giorno finalmente la febbre mi ha abbandonato. Che cosa sarebbe accaduto se avessi smesso di prendere gli antinfiammatori perché finalmente sfebbrato e quindi senza sintomi? Che l’infezione si sarebbe spostata da qualche altra parte inevitabilmente aggravandosi e rendendo necessarie altre cure. Non è un’opinione, è scienza medica. E vale per un non vaccinato, ma anche per un vaccinato in bi-tri dose, evidentemente. Penso ai tanti pazienti che non hanno avuto un medico così vicino e si sono affidati al fai da te, vaccinati e non, e ora soffrono in reparto: a loro vanno le mie preghiere.

Metto volentieri questa cronaca a disposizione come contributo per una discussione serena sul tema della cura del covid. Ho avuto la possibilità di condividere un percorso medico con professionisti del settore a cui sono grato e l’ho portato a termine con diligenza e speranza. La virtù, però, non il ministro.



Curarsi presto e bene, è il segreto della guarigione
Paolo Gulisano
11 gennaio 2021

https://lanuovabq.it/it/curarsi-presto- ... guarigione

Non è vero che se si prende il Covid senza essere vaccinati si finisce in terapia intensiva e si muore. Ma si deve seguire con assoluta fiducia e costanza le terapie sotto controllo medico. Ecco alcuni consigli.

Andrea Zambrano ha contratto il Covid, ed è guarito. È andato ad aggiungersi a quei milioni di italiani che si sono ammalati e che sono guariti. Ma come, dirà qualcuno? Il Presidente del Consiglio negli scorsi mesi aveva perentoriamente affermato che se si prende il Covid si finisce in terapia intensiva e si muore. Una narrazione a cui purtroppo tantissime persone hanno dato credito, consegnando la propria vita alla paura, nella incerta speranza che dosi ripetute di vaccino possano evitare loro almeno il destino funesto.

Il giornalista reggiano si è permesso di contraddire Draghi nei fatti guarendo perfettamente. Come tante altre persone. Grazie alle cure fatte, come egli stesso ci racconta.

Dalla sua testimonianza, è tuttavia importante rimarcare un aspetto, a beneficio, direi quasi a servizio, di tutti coloro che potrebbero essere chiamati ad affrontare questa malattia.
Andrea è guarito perché ha seguito con assoluta fiducia e costanza le terapie che gli sono state date. C’è da dire che ha avuto modo di incontrare chi ha valutato le sue condizioni cliniche, che ha tenuto di vari fattori anamnestici, e gli ha assegnato di conseguenza un preciso schema terapeutico.

Non tutti i malati hanno questa possibilità: vivono - come mi è capitato spessissimo di sentire raccontare - una condizione di abbandono terapeutico: medici di base irreperibili, in ferie senza essere sostituiti, oppure fermi in modo inossidabile al famigerato protocollo ministeriale: paracetamolo ad oltranza. Magari con la concessione di un saturimetro, strumento che spesso è fonte di ansia e di ulteriori paure, quando non esista una figura medica che aiuti il paziente a valutarne il dato. Così molte persone sono costrette ad un fai da te sanitario, attingendo magari ad internet, o a un “sentito dire” tra conoscenti, che non di rado porta ad errori terapeutici.

Personalmente ho osservato alcuni di questi errori, a cui fa cenno lo stesso Zambrano. Il primo riguarda la durata della terapia. Il paziente comincia ad assumere i farmaci giusti, ne beneficia, e quindi decide autonomamente di sospenderli. “Non avevo più febbre, mi sentivo bene..” mi sono sentito dire, magari dopo che il decorso della malattia aveva avuto una recrudescenza.
Molti pazienti hanno anche una grande, inspiegabile fretta di finire l’assunzione dei farmaci. “Quando posso smettere? Quando comincio a scalare?” e inevitabilmente mi tocca invitare alla pazienza, e a ricordare che il Covid non è un mal di testa o una influenzina che passa dopo qualche pastiglia.

Vedo le persone spaventate dalla lunghezza del decorso. Probabilmente manca una corretta informazione in merito.Il paziente che dopo una settimana continua ad avere sintomi spesso si terrorizza, e comincia a pensare al peggio: al ricovero ospedaliero, alla terapia intensiva. Con il Covid bisogna avere pazienza e costanza. Non bisogna farsi prendere dal panico, non bisogna stare incollati al saturimetro, e soprattutto non bisogna sospendere assolutamente la terapia in corso. Non pochi lo fanno magari per via degli effetti collaterali. È noto che gli antinfiammatori provocano bruciore di stomaco, e in tal senso è importante assumere anche gastroprotettori, ma non può e non deve essere il motivo per smettere la cura, o diminuirla. Così come per altre sintomatologie intestinali che non sono conseguenza dei farmaci, ma dell’azione patogena del virus che provoca anche forme di coliti, attenuabili con l’assunzione di fermenti lattici. Mi capita spesso, di fronte a pazienti perplessi dalla possibilità di effetti collaterali della terapia, dire che il vero problema è la malattia, non la cura.

Se quindi il Covid non deve essere sottovalutato, non si deve pensare di avere vinto la partita dopo i primi segni di miglioramento, non si deve avere fretta di chiudere la questione e nemmeno di fare il tampone che segna la negatività, che può venire nella maggior parte dei casi dopo almeno 15 giorni; infine non bisogna avere paura. La paura è il più forte alleato del virus. Può anche indebolire le difese immunitarie. Per battere la paura occorre il coraggio, e se spesso il malato non riesce a trovarlo in sé, è importante che lo abbiano i suoi cari. I malati di Covid non devono essere lasciati soli, isolati. Il giusto distanziamento di chi se ne prende cura non deve tradursi in allontanamento di una presenza affettiva assolutamente importante e doverosa. Non lo si dimentichi.
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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » sab gen 22, 2022 3:17 am

Vaccini covid e Africa. Intervista ad Anna Bono
Info Alleanza Cattolica
Venerdì, 21 gennaio 2022

https://alleanzacattolica.org/intervista-ad-anna-bono/

Torniamo sul tema dei vaccini in Africa (già trattato nei giorni scorsi) e, per fare seguito anche all’appello del Santo Padre nel discorso al corpo diplomatico del 10 gennaio 2022, abbiamo voluto approfondire l’argomento intervistando la professoressa Anna Bono, sociologa con una lunga esperienza di ricerca in Africa.

a cura di Alleanza Cattolica

In un quadro di dottrina sociale della Chiesa, certamente il cristiano è chiamato a prendersi cura del prossimo, per agevolare il bene possibile, con realismo e senza utopie, né falsi scopi utilitaristici.

Il bene comune coinvolge i singoli come le Nazioni e l’esempio del Buon Samaritano si dipana nella storia e nel mondo. Fornire farmaci ai Paesi che non ne abbiano disponibilità, come aiuti in generi di necessità, è un compito alto e da perseguire. Dopo averne valutato la bontà (che comprende l’eticità, la qualità e l’opportunità), insieme alle “cose” è inoltre necessario garantire anche i mezzi adeguati ad un corretto utilizzo degli aiuti forniti: con una battuta semplificatrice si potrebbe chiosare sulla bontà di regalare frigoriferi al Polo Nord o computer in Amazzonia.

Fatte queste premesse, pur consapevoli che non è possibile semplificare più di tanto una geopolitica così variegata come quella africana, ci chiediamo:

Domanda: Il 30 dicembre 2021 Albert Bourla, ceo di Pfizer ha annunciato con un tweet che la sua azienda aveva appena raggiunto l’obiettivo di 1 miliardo di dosi donate ai paesi più poveri ma, leggendo i giornali, apprendiamo che in Africa la vaccinazione è rallentata da molti fattori, dalla penuria di siringhe e frigoriferi alle capacità logistiche: l’Algeria ha rifiutato una fornitura di vaccini dalla Francia perché su 22 milioni di dosi ricevute ne ha somministrate soltanto 12,5 e le restanti sono prossime alla data di scadenza. Il problema delle vaccinazioni nel continente Africano risiede dunque principalmente nella mancanza di vaccini?

Risposta: Evidentemente no. E agli ostacoli elencati si deve aggiungere l’impraticabilità di territori non solo per mancanza di infrastrutture (strade, ferrovie…), ma perché troppo insicuri, infestati da gruppi armati e organizzazioni criminali. Al 30 dicembre 2021 il continente aveva ricevuto più di 474 milioni di dosi, in gran parte donate da diversi paesi e dal COVAX, un programma creato per garantire l’accesso equo e globale ai vaccini anti Covid-19, ovvero a far sì che i paesi ricchi regalino a quelli poveri dosi di vaccini, o contributi finanziari per acquistarle. Ma decine di milioni di dosi di vaccini non sono state somministrate e una parte di esse è scaduta o sta per esserlo. Secondo l’OMS finora è stato usato solo il 63 per cento delle dosi complessivamente disponibili. Fin dallo scorso aprile hanno incominciato a trapelare notizie di vaccini scaduti che le autorità sanitarie si vedevano costrette a distruggere, insieme ad altri quantitativi inutilizzabili per non essere stati conservati adeguatamente. Tra i casi più clamorosi c’è quello della Repubblica democratica del Congo: aveva ricevuto 1,7 milioni di vaccini all’inizio di marzo 2021; due mesi dopo aveva vaccinato solo mille persone e ha restituito 1,3 milioni di dosi. Tuttora risulta vaccinato solo lo 0,1 per cento della popolazione. Lo scandalo più recente riguarda la Nigeria che il 22 dicembre ha mandato al macero più di un milione di dosi scadute. Come mostrano le riprese effettuate dalle autorità sanitarie, un bulldozer le ha distrutte, ancora contenute in confezioni di cartone e plastica, dopo che erano state portate in una discarica di Abuja, la capitale. Una settimana prima le autorità sanitarie si erano giustificate dicendo che le dosi donate avevano una scadenza troppo vicina. Il direttore esecutivo dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’assistenza sanitaria di base Faisal Shuaib incredibilmente ha dichiarato: “Siamo riusciti a ritirare e distruggere 1.066.214 dosi di AstraZeneca. Abbiamo mantenuto fede alla promessa di essere trasparenti fatta ai nigeriani. La distruzione eseguita oggi fa sì che i nigeriani possano avere fiducia nel nostro programma di vaccinazioni”.

Domanda: Quale è la distribuzione percentuale del personale sanitario in grado di valutare, discernere clinicamente l’appropriatezza profilattica e terapeutica delle condizioni vaccinali?

Risposta: Non lo so e dubito che qualcuno lo sappia. Sono disponibili però, ad esempio, dati sul numero di medici e di posti letto per abitante, paese per paese. Da soli bastano a rendersi conto della drammatica inadeguatezza dei sistemi sanitari africani. Uno dei paesi meglio dotati è il Sudafrica che ha 91 medici ogni 100.000 abitanti. Ma il Mali, ad esempio, ne ha 13; la Liberia ne ha 4; la Repubblica democratica del Congo ne ha 7… la Nigeria, che contende al Sudafrica il primato di più grande economia del continente e che esporta petrolio dagli anni 60 del secolo scorso, ne ha 38.

Domanda: Qual è, realisticamente, l’accoglienza che un farmaco come un vaccino (che non ha effetti immediati di benessere, ma al contrario di possibili disagi) può avere su fasce di popolazione non facilmente informabili? Abbiamo letto della presenza i forti riserve sui vaccini tra la popolazione africana: le risulta?

Risposta: Sì, anche questo è un problema. La riserva è sulle iniziative in generale proposte dai governi di cui molti africani non si fidano ritenendoli, non a torto, corrotti e male intenzionati. L’accoglienza di farmaci e in particolare di vaccini dipende poi molto dalla gravità del problema sanitario e dalla sua percezione. È più facile far accettare i vaccini contro malaria, Ebola, morbillo, polio, meningite… che non un vaccino contro il Covid che al confronto rappresenta un pericolo minore. Ricordo una donna nell’est della Repubblica democratica del Congo che, intervistata durante una epidemia di Ebola, ha risposto a proposito del Covid: “qui si muore di Ebola (di morbillo, di malaria…), di Covid non vedo morire nessuno”. Ricordo che le previsioni OMS per l’Africa erano di almeno tre milioni di morti, praticamente tutta la popolazione infettata. A oggi i casi risultano complessivamente poco più di 10 milioni su una popolazione di oltre 1,3 miliardi e i morti superano di poco i 232.000. Anche mettendo in conto che molti casi e decessi non vengono registrati, al confronto con Asia, Americhe e Asia, il continente finora è stato risparmiato dalla pandemia. Solo di malaria ogni anno muoiono più di 300.000 africani.

Domanda: Per la sua esperienza, le culture tribali che caratterizzano ampie zone africane, oltre a essere in zone particolarmente impervie, con quale strategia comunicativa potrebbero essere indotte ad una buona accoglienza di progetti vaccinali?

Risposta: Come ho appena detto, è l’evidenza della diffusione e della letalità di una malattia il fattore decisivo. Campagne di vaccinazione anche di grandi proporzioni, come quelle contro la meningite e la poliomielite che hanno raggiunto centinaia di milioni di persone, da tempo non incontrano grandi resistenze. Problemi seri in anni recenti sono sorti nei 12 stati a maggioranza islamica della Nigeria dove si era diffusa la voce che le sostanze spacciate come vaccini contro la polio in realtà non lo fossero. Molti musulmani si sono convinti che si trattasse di un piano dell’Occidente (dei cristiani…) per sterilizzare i loro bambini e purtroppo questo ha fatto sì che la malattia si diffondesse in Nigeria (solo da poco dichiarata libera dalla polio) e comparisse in altri stati africani nei quali era stata debellata

Domanda: La necessità, spesso citata, di raggiungere un alto livello di popolazione mondiale vaccinata per debellare in modo consistente i virus del tipo SARS2-CoVid, appartiene ad una reale preoccupazione altruistica o ad un ‘egoismo’ planetario di tipo utilitaristico?

Risposta: Questo non lo so. Non sono nella mente di chi ha facoltà di decidere come e perché affrontare questa o altre emergenze sanitarie. Quale che sia la preoccupazione, ben venga l’obiettivo… io ho fiducia nei vaccini. La letalità di Ebola varia a seconda delle terapie adottate, ma resta molto molto elevata. Il suo tasso di mortalità però crolla quando è possibile impiegare i vaccini finalmente disponibili

Domanda: Una autentica politica di aiuto efficace – immaginiamo che improvvisamente e miracolosamente tutta la governance mondiale si impegni a debellare l’ingiustizia nel mondo, come ogni anno da 55 anni a questa parte i Romani Pontefici chiedono – potrebbe vedere in questa emergenza da CoViD19 una opportunità? Ovvero: raggiungere ampie zone con metodologia efficace significa necessariamente portare, insieme ai vaccini, personale qualificato, strutture (frigoriferi e materiale accessorio), logistica, intermediazione culturale. Quanto è fattibile? E, soprattutto, quanto sarebbe illogico limitarsi a generarlo per il solo CoViD? Altri e più semplici problemi sarebbero a quel punto risolvibili: penso alla somministrazione di sulfamidici, antibiotici, vaccini per noi banali e a costo zero, farmaci antimalarici… Oppure, al contrario, fino a quando tutto questo non fosse già realizzato sarebbe vano sperare in un efficace progetto di vaccinazione?

Risposta: Altre campagne di vaccinazione risultano efficaci anche in Africa, nonostante gli ostacoli. La “governance mondiale”, in realtà più che altro i paesi occidentali (Stati Uniti, Unione Europea e paesi UE in particolare che sono i maggiori finanziatori delle agenzie Onu e di altri organismi di cooperazione allo sviluppo e umanitaria), da decenni realizza progetti intesi a “debellare l’ingiustizia nel mondo”, non senza evidenti risultati. Le risorse riversate nei paesi africani cosiddetti poveri sono astronomiche. Restando ai problemi sanitari, nessun risultato però è sostenibile, cioè duraturo, e nessun problema è risolvibile definitivamente solo continuando a “portare” medicine, tecnologia, finanziamenti, personale… e finché gli stati africani non decidono di aver cura di quanto ricevono in dono e prima di tutto di investire loro in sistemi sanitari efficaci e adeguati, cosa che molti governi africani, anzi forse tutti, sarebbero in grado di fare, se solo volessero, grazie alle risorse di cui dispongono. In sintesi, “debellare l’ingiustizia nel mondo” non è solo questione di “governance mondiale” (anche), spetta soprattutto a ciascun paese, ai suoi abitanti, a chi governa e amministra: vale per l’Italia come per il Burundi o lo Zimbabwe. Se si parla di Africa, i cuori che il Natale dovrebbe rendere generosi (come auspicavaPapa Francesco), affinché tutti ricevano cure e vaccini, sono prima di tutto quelli africani. È importante sapere che I cittadini UE, tramite le loro imposte, solo per il COVAX contribuiscono con un miliardo di euro.

Domanda: Ci sono esperienze significative di strategie sanitarie, proprio in Africa, in occasione delle epidemie di SARS e di Ebola: ho in mente la figura del dottor Carlo Urbani, morto per SARS da lui scoperta e descritta; il Lacor Hospital, fondato da Piero Corti e sua moglie Lucille Teasdale, che ha visto la figura eroica di un medico ugandese, il dottor Matthew Lukwiya, che ha fermato un focolaio di Ebola, una ventina di anni fa, con le sole disposizioni igieniche, uno straordinario intuito clinico e una abnegazione che lo ha portato alla morte. Quanta autorevolezza potrebbero avere gli esempi virtuosi?

Risposta: Di simili esempi virtuosi è piena l’Africa. Penso a tutti gli ospedali e gli ambulatori missionari. Solo che, purtroppo, difficilmente costituiscono “esempi” nel senso di stimoli a fare altrettanto. Sostituendosi alle autorità locali e rimediando almeno in parte alla loro negligenza, per molti governi rappresentano un utile sistema per attenuare il disagio e quindi lo scontento della popolazione. La popolazione vi ricorre volentieri. Gli africani come il dottor Matthew Lukwiya e Denis Mukwege in Congo Kinshasa sono tanti, ma non abbastanza.

L’ospedale del Cottolengo di Chaaria in Kenya, ad esempio, fondato nel 1984, è l’unico presidio sanitario in un raggio di decine di chilometri e serve quattro distretti. Dal 1998 il direttore dell’ospedale è stato il medico missionario Beppe Gaido. Il presidio in media assiste 65.000 persone all’anno. L’ambulatorio, aperto tutti i giorni, 24 ore su 24, accoglie e visita in media 300 persone al giorno. Nessuno viene respinto e a nessuno si chiede del denaro, per costosi che siano interventi e cure e lunghe le degenze. Si invitano i pazienti dimessi a contribuire con offerte se possono, la richiesta, spiega Gaido in un suo libro “Polvere rossa”, è soprattutto per far capire che “se vogliono che queste realtà abbiano un futuro, devono gradualmente contribuire a sostenerle, facendo ciascuno la propria parte”. La sua preoccupazione è per l’ospedale, che continui a funzionare dopo di lui, anche senza finanziamenti e medici stranieri. Pensa a tutti gli ospedali finanziati e amministrati dai missionari, in rovina in pochi mesi dopo essere stati affidati a dirigenti e personale africano. Occorre – dice – impegnarsi per “africanizzare” i servizi – scuole, ospedali, asili, mense… – coinvolgendo nel loro sostentamento la popolazione locale e, nel caso degli ospedali, gli operatori sanitari, i medici, gli infermieri.

Domanda: In alcuni commenti lei fa notare che l’Africa ha già ricevuto in dono centinaia di migliaia di dosi di vaccini, molto spesso sperperandole o addirittura facendole diventare l’ennesima occasione di affari per governi corrotti: ci può dare un quadro preciso della situazione, magari distinguendo i governi “virtuosi”, che si sono attivati come hanno potuto in favore dei propri cittadini, da quelli corrotti o incapaci?

Risposta: Non sono in grado di dare un quadro preciso della situazione. Ci sono paesi che si sono mossi meglio di altri, ad esempio il Senegal e il Sudafrica. Finora però solo sette stati africani hanno raggiunto l’obiettivo fissato di vaccinare il 40 per cento della popolazione entro la fine del 2021: tre arcipelaghi con pochissimi abitanti (Mauritius, Seychelles e Capo Verde) e inoltre Marocco, Tunisia e due piccoli stati, Botwsana e Rwanda. “Dobbiamo concentrare la nostra attenzione sugli ostacoli alle vaccinazioni – ha detto di recente Matshidiso Moeti, direttore dell’ufficio regionale dell’OMS per l’Africa – che includono mancanza di fondi, di apparecchiature, di personale sanitario, della capacità di garantire la catena del freddo e anche di superare la diffidenza che si riscontra in una parte della popolazione”. Io non direi “dobbiamo”, ma “devono”. Quelli elencati sono tutti problemi impossibili da risolvere in poche settimane in grandissima parte imputabili a quei governi africani che dalle indipendenze investono troppo poco in infrastrutture, nei sistemi sanitari e nei servizi sociali, lasciano quel poco in mano a persone spesso inadatte e inaffidabili o permettono che diventi inutilizzabile per incuria e per l’insicurezza che regna nei territori infestati da gruppi armati e organizzazioni criminali. La stessa esitazione di una parte della popolazione a vaccinarsi deriva dall’immagine negativa che gli africani hanno dei loro amministratori e che, come ho detto, li induce a diffidare delle iniziative governative.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » ven feb 04, 2022 9:11 pm

Chi sono gli "invincibili" del Covid: "Perché non si ammaleranno mai"
Alessandro Ferro
4 giugno 2022

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 1643974529

Li chiamano gli "invincibili" del Covid: si parla di chi, indipendentemente dalla vaccinazione, in questi due anni di pandemia non ha mai contratto l'infezione pur trovandosi a stretto contatto con il partner, amici, familiari, conoscenti e sconosciuti di cui poi si è scoperta la positività al virus.

Quali sono i fattori protettivi

Il New York Post li ha definiti "Covid invincibles" e ha cercato di capire perché sono immuni: fortuna? Genetica? Oppure supereroi progettati per promuovere la razza umana come ironicamente si legge in rete con dei meme condivisi sui social? “Quando scoppia una malattia infettiva, l’infezione non dipende soltanto dal virus ma anche dall’ospite. Si capisce automaticamente dal fatto che ci sono persone asintomatiche, persone con una forma lieve o moderata, persone con una forma grave e altri gravissima. Ma il virus è lo stesso", afferma al Giornale.it il professore Giuseppe Novelli, genetista e rettore dell'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata”. Cos'è che fa la differenza? È l'ospite, cioè il nostro organismo che "ospita" l'infezione. "Per questo motivo, è del tutto normale che possano esserci risposte diverse all’infezione".

Chi sono i "resistenti"

Accanto a queste categorie, troviamo i resistenti: per tutte le malattie infettive esistono persone più suscettibili e altre meno. "Ciò non significa che abbiano una corazza e siano super eroi, non è così. I fattori di resistenza li abbiamo dentro di noi, altrimenti non riusciremmo ad eliminare il virus”, ci spiega il prof. Novelli. Insomma, hai voglia a mangiare frutta e verdura, non fumare, prendere tanta vitamina D come spesso è stato consigliato come "barriera" anti-Covid: nulla di tutto ciò può fermare l'infezione virale se non la genetica di ognuno di noi, che predispone o difende. Ecco quali sono i fattori di resistenza. "Ognuno di noi risponde in maniera diversa ma non al Covid, a qualunque malattia - sottolinea Novelli - Perché c’è chi sviluppa il cancro e quelli che non lo sviluppano? Perché c’è chi si ammala di diabete e chi no? La genetica ci rende tutti diversi, non esistono due individui uguali su questa Terra”.

Così entra in gioco la genetica

Quindi, se io sono un resistente al virus, cosa succede se sono protetto geneticamente? Prendo il virus senza neanche accorgermene? “Certo, come si spiegano gli asintomatici?", domanda il genetista. "C’è gente che se ne accorge successivamente, se si fa il test per gli anticorpi si trovano. In molti scoprono di aver avuto il virus dopo essere guariti". Il professore ci ha spiegato che le nostre cellule eliminano virus e batteri ogni giorno "altrimenti saremmo già morti", ma nessuno se ne accorge perché fa parte della nostra natura. Sappiamo, per esempio, che il gruppo sanguigno 0 offre un minimo di resistenza in più ma non si può definire resistente chi ha il gruppo 0. "Il 40% della popolazione fa parte di questo gruppo, dovremmo avere il 40% di resistenti ma non è così. I fattori aggiungono un pezzettino di resistenza ma non basta per essere sicuri di non prendere il Covid”.

Negli ultimi tempi, sono stati scoperti due fattori genetici che aiutano a rimanere naturalmente immuni al Covid-19. "Uno si chiama OAS1, è stato appena scoperto. Un altro TMPRSS2. Si tratta di forme alternative del gene che sono diversamente attivi”. Possedere queste varianti genetiche, però, non significa avere una patente di immunità genetica: questa "difesa" non ha nulla a che fare con i vaccini che sono e rimarranno per lungo tempo i farmaci più importanti per combattere la pandemia.

Qual è la funzione dei vaccini

A tal proposito, abbiamo chiesto al prof. Novelli il ruolo dei vaccini in questa vicenda, qual è la loro funzione. "I vaccini non eliminano il virus ma ci difendono, ci aiutano, ma non entrano dentro le cellule ad eliminare il virus che fa copie di se stesso. La funzione del vaccino è impedirgli di entrare nel nostro organismo addestrando e stimolando le nostre cellule ad eliminarlo". I vaccini, quindi, “allenano” le cellule che possono rispondere bene o meno bene rispetto all’eliminazione dell’agente patogeno. Ormai da anni si stanno studiando questi fattori che servono a capire bene come si riproduce il virus, come entra nelle nostre cellule, come si replica, come esce e come viene eliminato. "Ci aiuterà a capire come funziona la biologia del virus e a sviluppare farmaci mirati e specifici. I fattori di resistenza sono dentro di noi, ognuno di noi è diverso”, afferma il genetista.

Quanto influisce il sistema immunitario

Chi pensa di essere "forte" e protetto per un discorso legato all'età e al sistema immunitario si sbaglia. O meglio, anche il nostro sistema immunitario, a monte, è regolato e dipende da un'unico fattore. "Ci può aiutare ma dipende sempre dai geni, il sistema immunitario è geneticamente definito ed è produzione di anticorpi chiamate cellule immuno-competenti che vanno a distruggere virus e batteri". Novelli ci spiega che sono delle "armi" che vengono prodotte sempre dai geni. Quando arriva un batterio ci difendiamo, produciamo dei fattori contro questi invasori ma la linea di difesa la facciamo noi. "Infatti, i geni che producono l’interferone sono importantissimi perché rappresentano la prima linea di difesa contro tutti i batteri e virus. Lo scorso anno abbiamo scoperto che coloro i quali hanno un difetto nella produzione di interferone si ammalano della forma più grave di Covid, ma può essere anche al contrario: chi ha una difesa più forte si ammala di meno". I geni non vanno in un’unica direzione: possono rendere più sensibile o più resistente, "la genetica ha sempre un rovescio della medaglia".

L'esempio che abbiamo chiesto a Novelli riguarda la popolazione sarda, che ha una maggior frequenza del gene talassemico, l’anemia mediterranea. Proprio perché hanno questo difetto, però, i portatori sani del difetto genetico sono più resistenti alla malaria. "La genetica funziona così".

Il Long Covid: come influisce l'ospite

Questi studi per identificare i fattori di suscettibilità e di resistenza, sono importantissimi perché faranno scoprire nuovi farmaci e come eliminare questo virus più rapidamente. Come abbiamo recentemente trattato sul Giornale.it, il Long Covid colpisce mediamente il 30% di chi ha sviluppato anche in maniera leggera la malattia legata a Sars-CoV-2. Anche in questo caso "dipende dall’ospite, non è più il virus. L’infezione evidentemente ha modificato qualcosa che ha provocato sintomi dopo sei mesi vedi depressione, dolori". Il Covid-19 rimane pur sempre una malattia nuova, "per tante altre ci abbiamo impiegato anni per capire il loro funzionamento - sottolinea il genetista - È straordinario il porgresso fatto in due anni, con vaccini efficaci, anticorpi monoclonali di prima e di seconda generazione, e incominciamo ad avere anche nuovi farmaci. È una lotta continua”.

I tre fattori determinanti per la pandemia

In conclusione, il prof. Novelli ci dice che da quando è scoppiata la pandemia ha sempre affermato che si sarebbe dovuto guardare alla "triade": il patogeno, l’ospite e l’ambiente, questi tre fattori vanno a braccetto. "Molti si focalizzano solo sul virus ma è sbagliato, vanno visti tutti insieme. Ambiente significa clima ma anche strutture sanitarie, stile di vita, comportamenti, co-morbidità. Le famose varianti si sono originate dove c’erano meno vaccini e sistemi sanitari efficienti, ecco cos’è l’ambiente”, conclude.
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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » dom feb 13, 2022 10:09 am

Scacco matto al Covid con i vaccini di seconda generazione
Autore Federico Giuliani
11 febbraio 2022

https://it.insideover.com/scienza/scacc ... zione.html

Dagli spray nasali ai cerotti. I vaccini anti Covid di seconda generazione, oltre a risultare efficaci contro le nuove varianti di Sars-CoV-2, potrebbero essere molto diversi rispetto ai prodotti che abbiamo osservato negli ultimi anni. La comunità scientifica, e dunque case farmaceutiche e ricercatori, devono affrontare due enormi sfide. La prima: fare in modo che il vaccino risulti progressivamente aggiornato e quindi in grado di neutralizzare, o quanto meno arginare, gli effetti prodotti da Omicron e dai suoi possibili fratelli. Sappiamo infatti che tutti i virus tendono a mutare per adattarsi all’ambiente.

L’interrogativo fondamentale, allora, ruota attorno alla capacità dei prossimi vaccini di restare al passo di Sars-CoV-2. Per far questo è auspicabile che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) allestisca un sistema di sorveglianza globale e centralizzato capace di registrare ogni singola mutazione del misterioso coronavirus, in modo tale da consegnare alle case farmaceutiche una sorta di “bussola orientativa” con la quale organizzare le produzioni dei futuri vaccini. Tra l’altro non ci sarebbe niente di strano, visto che qualcosa di simile accade già per la preparazione dei vaccini influenzali.

I vaccini di seconda generazione

Passiamo alla seconda sfida: rendere il vaccino anti Covid più “digeribile” possibile. Che cosa significa? Semplice: la maggior parte delle persone sembra avere una paura quasi innata nei confronti di aghi e siringhe, gli strumenti impiegati per iniettare le dosi dei vaccini più comuni. Trovare il modo di realizzare un vaccino più facile da somministrare, e magari senza ago, potrebbe rappresentare un traguardo fondamentale. Anche per convincere una buona parte di indecisi o terrorizzati.

Al momento, i ricercatori stanno testando 116 vaccini in studi clinici sull’uomo, e 48 hanno raggiunto le fasi finali del test; oltre 75 vaccini preclinici, invece, sono oggetto di studio attivo negli animali. Accanto alle grandi case farmaceutiche, è interessante dare un’occhiata generale a quanto sta accadendo. La Washington University ha progettato un vaccino spray nasale in grado di produrre elevati livelli di anticorpi contro il Sars-CoV-2 per il quale si attendono i risultati degli studi di fase 3. In Iran, è iniziata la sperimentazione clinica di Cov-Pars Razi, vaccino sviluppato dal Razi Vaccine and Serum Research Institute e somministrato in tre dosi: due iniezioni e uno spray nasale. E la lista potrebbe arricchirsi di altri esempi.

Non solo ago e siringa

Interessante citare il PepGNP, un vaccino cerotto sviluppato in Inghilterra da Emergex Vaccines e pronto per essere sperimentato in Svizzera. Questo vaccino, ha spiegato il centro di ricerca anglosassone, è stato sviluppato per indurre l’immunità cellulare piuttosto che la produzione di anticorpi. PepGNP, che difficilmente vedremo prima del 2025, si affida ai linfociti T per eliminare le cellule infette dal coronavirus Sars-CoV-2 e impedirne la riproduzione.

In Italia, merita attenzione LeCoVax2, un candidato vaccino sviluppato in concerto dall’Università Statale di Milano e VisMederi Research. Questo possibile vaccino del futuro ha almeno due caratteristiche innovative. Intanto LeCoVax2 si affida a una piattaforma vaccinale sui generis, basandosi su un microrganismo unicellulare modificato, la Leishmania tarentolae, in grado sia di produrre sia di trasportare le proteine virali che fungono da antigeni, e che possono stimolare la produzione di anticorpi nel soggetto vaccinato. Come se non bastasse, questo vaccino potrebbe essere somministrato per via mucosale, ad esempio orale. Insomma, la carne al fuoco non manca. Non resta che pazientare ancora un po’ per capire quali saranno i prossimi vaccini con i quali sferrare un colpo decisivo al Sars-CoV-2.
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