Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » dom nov 28, 2021 9:27 am

Gli esperti: il tasso di ricoveri No Vax in rianimazione è 12 volte più alto
L'Iss: impennata di casi nei bimbi tra 6 e 11 anni. Novità green pass, sospeso ai vaccinati positivi
Andrea Cuomo
28 Novembre 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1638078181

Continuano a salire i numeri della pandemia in Italia. I 12.877 contagi di ieri, se fanno registrare un lieve regresso rispetto al giorno precedente, è comunque record per il sabato dal 25 aprile scorso. L'incidenza dei contagi degli ultimi sette giorni sale a 133,21 casi ogni 100mila abitanti, la percentuale dei tamponi positivi rispetto a quelli effettuati del 2,16 per cento. I morti sono stati 90, record dai 102 dell'8 giugno. In crescita anche i ricoveri: 4.826 in area non critica (+78), 624 in terapia intensiva (+18), con la provincia di Bolzano che torna ad avere numeri da zona gialla, toccando il 10 per cento di occupazione delle terapie intensive. La prossima settimana difficilmente l'Alto Adige sfuggirà al cambio di colore.

Ieri l'Iss nel suo report settimanale ha confermato che il vaccino perde di efficacia sei mesi dopo il completamento del ciclo vaccinale, passando dal 72,5 al 40,1 per cento nella protezione dalle diagnosi e dal 91,6 all'80,9 nella protezione dalle forme più gravi. Del resto, fa sapere il report, «il tasso di terapie intensive nei non vaccinati, negli ultimi 30 giorni, è 6,7 ogni 100mila. Nei vaccinati da meno di sei mesi, invece, il tasso è 0,54 ogni 100mila». Quindi ben 12 volte più basso. Meno tranquillizzante il fatto che nelle ultime settimane si sia verificato un boom di contagi tra i bambini. «Nel periodo 8-21 novembre segnalati 31.365 nuovi casi, di cui 153 ospedalizzati e 3 ricoverati in terapia intensiva». Attualmente più di un contagio Covid su quattro in Italia (il 27 per cento) riguarda individui in età scolare, dei quali oltre la metà (il 51 per cento) nella fascia d'età 6-11 anni.

I ragazzini ovviamente si infettano sempre più spesso perché non ancora vaccinati. Ma anche chi ha fatto due visite agli hub rischia il contagio, man mano che la data della seconda dose si allontana nel passato. Per questo il governo ha deciso che il green pass di chi pur da vaccinato risulti positivo venga temporaneamente bloccato dalla app che attinge alla black list dei contagiati. Una volta terminata la quarantena, il green pass torna automaticamente valido fino a scadenza.

La scienza discute anche della nuova variante Omicron: un tocco di ottimismo arriva da Andrew Pollard, lo scienziato britannico che ha guidato la ricerca che ha condotto allo Janssen di AstraZeneca, secondo cui i vaccini esistenti dovrebbero funzionare contro il nuovo ceppo, anche se sarà necessario attendere ulteriori studi, ma comunque «i processi su come si sviluppa un nuovo vaccino sono sempre più ben oliati, quindi se è necessario è qualcosa che potrebbe essere preso in esame molto rapidamente». Ciò che consente a Pollard di sostenere che «è estremamente improbabile che, come abbiamo visto l'anno scorso si verifichi un riavvio di una pandemia in una popolazione vaccinata». Parla di allarme esagerato anche Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica del Sacco di Milano: «È assolutamente da incoscienti comunicare che si tratta di una variante pericolosissima e super contagiosa perché, al momento, non ne conosciamo le caratteristiche».
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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » lun nov 29, 2021 8:30 am

Un esempio della diversità di situazione della pandemia di covid in Lombardia al 18 novembre tra l'anno 2020 e il 2021

Tamponi effettuati il 18 novembre 2020 = 38.100, positività 20%
Tamponi effettuati il 18 novembre 2021 = 135.080, positività 1,2%

Ricoveri per covid esistenti all'ospedale al 18 novembre 2020 = 8.323 + 172 il giorno 18
Ricoveri per covid esistenti all'ospedale al 18 novembre 2021 = 584 + 28 il giorno 18

Ricoveri per covid esistenti in terapia intensiva al 18 novembre 2020 = 903 + 9 il giorno 18
Ricoveri per covid esistenti in terapia intensiva al 18 novembre 2021 = 56 + 3 il giorno 18

Cittadini vaccinati nel 2020 = 0
Cittadini vaccinati con la prima dose nel 2021 = 90%
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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » lun nov 29, 2021 8:30 am

Contagiato Omicron, 'contento di essermi vaccinato'
"Sono soddisfatto di essermi vaccinato, perché il vaccino nel nostro caso ha funzionato in maniera egregia".
A dirlo al giornale radio Rai è il paziente zero italiano della variante Omicron.
Agenzia ANSA
28 novembre 2021

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronac ... d142a.html

"Considerati i sintomi blandi miei e della mia famiglia, che è stata contagiata e comprende persone tra gli 8 e gli 81 anni,posso dire che l'infezione si è manifestata solo in modo lieve",aggiunge il manager che fa sapere di essere in isolamento e monitorato in maniera assidua da medici e autorità sanitarie.

Intanto sono stati attivati i test sui 133 passeggeri sul volo proveniente dal Sudafrica e atterrato a Fiumicino l'11 novembre scorso e sul quale viaggiava il dipendente dell'Eni risultato successivamente contagiato dalla variante Omicron. La Regione Lazio, una volta avuta la lista dei passeggeri, ha subito disposto i tamponi e il tracing. I tamponi verranno poi sequenziati all'Istituto Spallanzani per verificare eventuali altri casi di variante Omicron.

Monitoraggio dei passeggeri che arrivano all'aeroporto Fiumicino da aree a rischio dopo il caso del primo contagiato dalla variante Omicron registrato in Italia. Nel caso di passeggeri che arrivano da aree a rischio, si apprende da fonti della sicurezza aeroportuale, "le compagnie aree sono tenute a consegnare le liste dei passeggeri e questi vengono prelevati direttamente sottobordo, per essere poi sottoposti ai controlli sanitari di rito". Questi viaggiatori, inoltre, sono tenuti, prima dell'ingresso in Italia, a compilare il Passenger Locator Form, il modulo di localizzazione digitale, e a sottoporsi a tampone molecolare o antigenico 72 ore prima del viaggio. Devono anche comunicare il proprio ingresso in Italia al Dipartimento di prevenzione dell'azienda sanitaria competente per territorio e devono raggiungere la propria destinazione finale solo con mezzo privato e sottoporsi ad isolamento fiduciario indicato nel Passenger Locator Form per 10 giorni. All'aeroporto di Fiumicino dal 1 ottobre non atterrano voli diretti dal Sudafrica.

Il paziente casertano contagiato dalla variante Omicron è un dipendente dell'Eni: sarebbe sbarcato all'aeroporto di Fiumicino partito dal Sudafrica - proveniente dal Mozambico - l'11 novembre scorso. Al momento della partenza non aveva sintomi ed era negativo al Covid.

Dopo l'arrivo nello scalo romano è andato a casa per passare qualche giorno con la sua famiglia a Caserta, dove vive con moglie, due figli e i due suoceri. Il 15 novembre è partito in aereo - riporta Repubblica - dallo scalo di Capodichino (Napoli) alla volta di Milano per sottoporsi ad una visita medica programmata dalla sua azienda. Sarebbe dovuto quindi rientrare in Mozambico.

Il 16 novembre - dopo una notte passata in albergo nel capoluogo lombardo - si reca nella struttura sanitaria per la visita e viene anche sottoposto a tampone Covid. Lo stesso giorno riparte da Milano diretto a Fiumicino dove avrebbe dovuto imbarcarsi per tornare in Africa, ma durante il viaggio viene informato della sua positività; prosegue quindi verso casa a Caserta.

Si attendono nelle prossime ore, più probabilmente per domani, gli esiti dei sequenziamenti sul materiale genetico dei cinque familiari del manager casertano che ha contratto la variante Omicron. Lo rende noto il direttore generale dell'Asl di Caserta Ferdinando Russo. I tamponi eseguiti finora hanno evidenziato la positività al Covid della moglie, dei suoceri e dei due figli del manager, che vivono nella stessa abitazione, e si attende ora la conferma sul fatto che si tratti anche per loro della variante sudafricana.

Le analisi indicheranno che anche i suoi familiari sono positivi e le classi dei due figli vengono messe in quarantena In seguito all'emergere dell'allarme Omicron vengono fatti approfondimenti sul suo caso, proveniendo l'uomo proprio dall'area a rischio. Le analisi dell'ospedale Sacco di Milano sequenziano la nuova variante. Scattata, sia in Lombardia che in Campania, la corsa al tracciamento dei contatti dell'uomo durante il suo soggiorno in Italia.

Due classi di scuola elementare di Caserta in isolamento per motivi precauzionali in seguito al primo caso di positività alla variante Omicron riscontrato in un manager di ritorno dal Mozambico; si tratta delle classi frequentate dai due figli dell'uomo, entrambi positivi, dove però non sono emersi nuovi casi. La Asl di Caserta ha tracciato nei giorni scorsi tutti i contatti avuti dall'uomo e dai parenti, in particolare dai figli, effettuando alcune decine di tamponi agli alunni e ai docenti delle due classi; già due le serie di test effettuate a distanza di cinque giorni, ed entrambe hanno dato esito negativo.

Sono buone le condizioni di salute del 'paziente zero' e dei suoi cinque familiari conviventi: in tutto quattro adulti, tutti vaccinati, e due bambini. "La situazione è sotto controllo - dice il direttore generale della Asl di Caserta Ferdinando Russo - il paziente zero e i suoi familiari hanno una carica virale molto bassa, e ciò, mi riferisco in particolare agli adulti, è riconducibile al fatto che sono vaccinati con due dosi". Russo sottolinea che la Asl continua a seguire "con la massima attenzione" la situazione sul versante scolastico, con le due classi elementari frequentate dai figli del manager in isolamento precauzionale. A proposito dell'efficacia dei vaccini, il direttore generale della Asl di Caserta tiene a sottolineare anche un altro dato: degli otto pazienti Covid ricoverati in terapia intensiva negli ospedali della provincia nessuno è vaccinato, così come i 13 che si trovano nelle sub-intensive.

Il paziente italiano colpito dalla variante Omicron "non ha avuto contatti con altre persone, né in ambito lavorativo né in ambito extra-lavorativo, sul territorio lombardo". È quanto si apprende da fonti interne all'assessorato al Welfare di Regione Lombardia. L'ingegnere campano - si apprende - non si è mai recato nella sede di lavoro di Milano e, per massima cautela, sono state informate le strutture ospedaliere visitate per la sorveglianza degli operatori sanitari che hanno visitato il caso.
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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » lun nov 29, 2021 8:24 pm

Schiaffo ai No vax: il referendum in Svizzera salva il green pass
Secondo le proiezioni dell'istituto Gfs.bern, ad esprimere il proprio parere favorevole è stato il 63% degli svizzeri. Festeggia la vice capogruppo di Forza Italia al Senato Licia Ronzulli
Federico Garau
28 Novembre

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/re ... 92425.html

Alla fine in Svizzera ha vinto il Sì al referendum su quella che è stata denominata legge sul certificato Covid. La popolazione locale, infatti, è stata chiamata ad esprimersi sull'obbligo di esibire la certificazione (si tratta del primo paese europeo a farlo) e, malgrado la forte opposizione portata avanti dal gruppo di contrari, la risposta è stata affermativa. Va ricordato che il certificato Covid è in vigore in Svizzera dallo scorso 13 settembre, ed è espressamente richiesto per andare al ristorante, in palestra, al cinema o prendere parte alle grandi manifestazioni culturali o sportive.

Fin dall'inzio, a quanto pare, la percentuale di favorevoli risultava superiore ai contrari, si parla di un 61% contro circa il 38%, anche perché all'interno del provvedimento di legge erano compresi aiuti finanziari che altrimenti non sarebbero stati prorogati. Insieme alla legge sul certificato, infatti, era incluso anche lo sblocco di miliardi di franchi svizzeri predisposti per tutelare aziende e lavoratori colpiti dalla crisi economica scaturita in seguito all'emergenza sanitaria.

In Svizzera, nel frattempo, l'andamento dei contagi sta continuando a salire: in due settimane si è arrivati a 870,82 positivi ogni 100mila abitanti. Il tasso di vaccinazione, è attualmente arrivato al 65% della popolazione.

In queste ultime ore, dunque, è arrivato l'annuncio dell'emittente Rsi: a vincere è stato il fronte del Sì con una buina maggioranza. Dopo aver dato l'ok alla legge sul Covid approvata dal parlamento lo scorso giugno, oggi la Svizzera ha acconsentito anche al certificato Covid. Dunque per partecipare ad eventi pubblici e accedere a determinate strutture, sarà necessaria la certificazione, ottenibile tramite vaccino, guarigione o tampone negativo.

La notizia ha suscitato l'entusiasmo della vice capogruppo di Forza Italia al Senato Licia Ronzulli, che parla di autentico successo del referendum indetto in Svizzera. "I cittadini approvano la linea della responsabilità", ha dichiarato la senatrice, "una linea che in Italia trova conferma innanzitutto nella eccezionale adesione alla campagna vaccinale che ha raggiunto una percentuale di ben circa 20 punti più elevata della Svizzera".

Secondo la Ronzulli è chiaro che "la stragrande maggioranza dei cittadini italiani ed europei si fidano della scienza e sono a favore di vaccini e green pass", ed è dunque anche evidente che "non può essere una minoranza di 'bastian contrari' a compromettere la sicurezza sanitaria di tutti". La rappresentante di FI ha quindi concluso: "Chi rifiuta vaccini e green pass deve quindi accettare le limitazioni a cui è soggetto a causa di una scelta assolutamente incomprensibile oltre che pericolosa per l'intera comunità".




In Svizzera primo referendum sul green pass: netta vittoria del sì
La consultazione
I favorevoli al certificato verde sono stati il 62% dei votanti contro il 38% di no
di Lino Terlizzi
28 novembre 2021

https://www.ilsole24ore.com/art/in-sviz ... si-AEwSHnz

I cittadini svizzeri confermano con una maggioranza non enorme ma chiara il green pass anti coronavirus. Nel referendum su quello che nella Confederazione elvetica si chiama certificato Covid-19, i sì hanno vinto con una maggioranza del 62%. Gli oppositori, con il 38%, sono quindi rimasti molto lontani dalla soglia della vittoria.

Si è trattato di una verifica interessante certo per la Svizzera ma non soltanto, perché è chiaro che questa votazione popolare elvetica è anche un messaggio verso l'esterno, considerando le tensioni innescate in molti Paesi da quanti in vario modo si oppongono ai vaccini e/o ai green pass.

Tra i cantoni che più si sono schierati per il sì al certificato Covid-19 ci sono l'italofono canton Ticino e il canton Zurigo capitale economica elvetica di lingua tedesca, il primo con il 65% circa e il secondo con il 66%; a Basilea campagna e città hanno vinto i sì rispettivamente con il 65% e il 70%. Gli unici due cantoni in cui ha vinto il no sono Svitto e Appenzello Interno, entrambi di piccole dimensioni e di lingua tedesca. Sul versante dell'area di lingua francese, il canton Ginevra ha registrato la vittoria dei sì con un percentuale del 62%. Nel complesso c'è stata tra gli svizzeri una prevalenza netta del sì al green pass, sulla base di una consapevolezza della lotta al virus e sull'onda anche di timori su nuove ondate del virus.

La legge su cui si è votato prevede tra l’altro, oltre al green pass, anche i piani anti pandemia di sostegno all'economia e questo può aver pure contribuito alla vittoria abbastanza chiara dei sì. Dopo aver varato la prima legge anti Covid (approvata con il 60% in votazione popolare) il Governo e il Parlamento svizzeri hanno inasprito le misure di prevenzione anti coronavirus e hanno modificato la legge, creando le basi per il certificato Covid-19, che documenta l'avvenuta vaccinazione, o la guarigione dalla malattia, o il risultato negativo di un test.

Il certificato è in sostanza una versione elvetica del green pass, è riconosciuto a livello internazionale ed è necessario in Svizzera per andare in luoghi pubblici come ristoranti, palestre, cinema, e partecipare a eventi di ampie dimensioni. Quasi tutti i partiti elvetici hanno appoggiato il sì in questo referendum sull'inasprimento della legge Covid, hanno fatto eccezione l'Udc (destra nazionalista, partito di peso in Parlamento) e alcune piccole formazioni politiche.
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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » mer dic 01, 2021 7:48 am

Sospesa la terapia col plasma dei guariti: «Non è più richiesta e non porta guadagni»
Michela Nicolussi Moro
4 agosto 2021

https://corrieredelveneto.corriere.it/p ... 0577.shtml

Il suicidio del dottor Giuseppe De Donno, l’ex primario di Pneumologia all’ospedale Carlo Poma di Mantova che per primo l’anno scorso aveva iniziato a curare i pazienti colpiti dal Covid-19 con le trasfusioni di plasma iperimmune, cioè ricco di anticorpi, donato dai malati guariti, ha portato alla ribalta una realtà sotto traccia.
E cioè che la terapia da lui lanciata si è fermata in tutta Italia. Anche all’ospedale di Padova, che con il San Matteo di Pavia nell’aprile 2020, al culmine della prima ondata pandemica e in seguito al confronto con i medici di Wuhan arrivati in delegazione il 19 marzo, l’aveva adottata subito dopo De Donno.
Ottenendo dalla Regione il via libera all’attivazione di una banca di raccolta del plasma iperimmune, che ha rifornito pure ospedali del resto d’Italia, e poi di una rete con gli altri sei hub del Veneto per la conservazione, a loro volta, di scorte sempre pronte all’uso.


La testimonianza

«Ormai i clinici non chiedono più questo trattamento — conferma la dottoressa Giustina De Silvestro, direttore del Centro immunotrasfusionale in Azienda ospedaliera a Padova — nell’ultimo periodo l’hanno ricevuto solo un paio di pazienti. La letteratura scientifica non l’ha molto sostenuto, preferendo gli anticorpi monoclonali per i soggetti non ospedalizzati e gli antivirali insieme ad altri farmaci per i degenti. Ma noi stiamo chiudendo in questi giorni uno studio sulle centinaia di casi trattati negli ospedali veneti, e in attesa di pubblicazione su una rivista scientifica, che dimostra come un impegno così importante non sia stato vano. È nata come terapia sperimentale in un momento in cui ci siamo tutti trovati a dover combattere una malattia sconosciuta a mani nude — aggiunge De Silvestro — non è una cura miracolosa, ma ha dato buoni risultati. Lo testimoniano per esperienza diretta gli stessi pazienti, molti dei quali medici guariti con il plasma iperimmune, che sostengono questo metodo, risultato salva-vita soprattutto per le persone fragili e anziane.
Sconta però due limiti: non è facile capire a priori quali siano i soggetti ideali ai quali somministrarlo e non porta guadagno, ma solo tanto lavoro. La spesa non è confrontabile a quella dei farmaci».


Il profitto

Ecco, questo secondo punto è il più realistico, stando agli addetti ai lavori. Per le case farmaceutiche non c’è profitto, visto che il plasma viene raccolto direttamente dai Centri trasfusionali degli ospedali e poi conservato a 30 gradi sottozero fino al suo utilizzo. Ogni dose costa 200 euro al Sistema sanitario pubblico, un ciclo completo 600/650 euro, meno di una giornata di ricovero, meno dei duemila euro a somministrazione richiesti dai monoclonali e meno delle centinaia di migliaia di euro spesi per i farmaci specifici. «Abbiamo visto che, trasfuso precocemente, anche al primo giorno di ricovero, il plasma iperimmune funziona — assicura «la signora del sangue», come la chiamano affettuosamente in ospedale —. Benché dopo la fine della seconda ondata pandemica siano stati sospesi sia la raccolta, anche perché non ci sono più potenziali donatori che si propongano, sia il monitoraggio regionale dei dati, ne custodiamo una buona scorta. Solo a Padova basterebbe per un’ottantina di pazienti e gli altri hub dispongono di diverse unità. Tutte ad alto titolo anticorpale. Insomma, in caso di bisogno siamo pronti. È difficile capire perché in alcuni malati il plasma iperimmune abbia avuto il suo significato e in altri meno, ci sono ancora tanti punti interrogativi in sospeso — chiude De Silvestro —. Ma anche un dato di fatto: questa terapia anti-Covid non si è persa per strada, come è invece accaduto ad altre. La prima impressione, insomma, è che non abbiamo faticato tanto per niente. Certo, adesso per fortuna la vaccinazione ha cambiato l’evoluzione della malattia, evitandone le manifestazioni più gravi e abbattendo la mortalità, soprattutto tra gli anziani». Se sia il caso o meno di riprendere in mano la plasmaterapia potrebbe sancirlo l’esito dello studio che dovrebbe essere pubblicato a giorni.
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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » sab dic 11, 2021 8:58 am

???
Effetti collaterali del vaccino



Effetti collaterali, i numeri choc che nessuno vuol vedere e diffondere: come stanno le cose
1 Dicembre 2021

https://www.ilparagone.it/attualita/pan ... i-vaccino/

Noi abbiamo cercato di raccoglierli e divulgarli fin dall’inizio della campagna vaccinale, con i nostri articoli e con il gruppo Facebook “Danni collaterali” che continua a crescere ogni giorno con segnalazioni costanti su reazioni avverse al vaccino. Adesso si sa che i casi sono migliaia in tutta Europa, segnalati sul sito Eudravigilance dell’agenzia del farmaco Ema, i sospetti “effetti avversi” che si sono verificati dopo la somministrazione dei quattro vaccini contro il Covid. E che hanno coinvolto vari organi, dal cuore al cervello, dagli occhi alla pelle. Nell’attuale corsa all’immunizzazione, però, tutte queste testimonianze sembrano cadere nel vuoto, con l’innalzarsi di una fitta ombra che va a coprire tutto, col favore di politica, media e poteri forti. Sono dati, invece, su cui la scienza – e non solo – dovrebbe interrogarsi.

Angela Camuso su Panorama ha provato a fare ordine e a raccogliere i dati di questa catastrofe vaccinale. “Ora a 47 anni sono cieca”, racconta Caterina Santangelo, di Catania, titolare di un’azienda agricola. “Due giorni dopo la seconda dose Pfizer non ci vedevo più. Forse per un trombo o un’ischemia al cervello di cui ho trovato traccia negli esami. Un medico ospedaliero mi ha certificato la correlazione con il vaccino, ma altri medici mi dicono che non c’è legame. Già dopo la prima dose avevo avuto dolori dal gomito sinistro fino al torace ma pensavo fosse normale. Ora ho la vita rovinata”. Gli eventi avversi “gravi” segnalati in Europa dopo il vaccino Pfizer, spesso causa di ricovero con prognosi riservata, sono 219.960 secondo i dati Eudravigilance del 20 novembre scorso.

Spiega Angela Camuso: “Di questi, 12.218 al sistema linfatico e alla circolazione, 28.917 al cuore; 11.883 le persone danneggiate agli occhi, 10.942 quelle con problemi al sistema immunitario, 1.068 i tumori benigni e maligni, 1.748 gli effetti su donne in gravidanza e nascituri, 12.869 quelli per sistema riproduttivo e allattamento. Sempre secondo Ema, dopo il vaccino Moderna gli eventi gravi segnalati sono stati 69.024 di cui 10.262 al cuore; 2.388 a sistema riproduttivo e allattamento, 499 i quelli dermatologici e sottocutanei, 32.143 gli effetti gravi al sistema nervoso. Per AstraZeneca ne vengono segnalati 203.685, tra cui: 113.981 al sistema nervoso, 17920 a quello vascolare, 12.168 agli occhi, 19.470 le infezioni. Per Johnson & Johnson sono 13.164, dei quali 1219 al cuore, 5.543 al sistema nervoso, 2.271 alla respirazione e 2.517 al sistema vascolare”.

In totale per tutti e quattro i vaccini, gli effetti gravi (anche mortali) sono 505.833, quelli non gravi 675.288. “Riguardano soprattutto persone tra 18 e 64 anni, più le donne, e il trend è in crescita. Dal terzultimo aggiornamento, del 19 ottobre, all’ultimo, 20 novembre, sono stati segnalati 40.252 effetti gravi in più, 26.094 solo per Pfizer, e quelli cardiaci sono quasi il triplo di quelli non gravi: nelle schede di segnalazione, si legge che dopo Pfizer, l’ultimo adolescente è morto per arresto cardio-respiratorio il 17 novembre, un altro per miocardite il 3 novembre; il 2 novembre un altro minorenne ha avuto un arresto cardiaco e il 18 ottobre è morta una ragazzina”.

Alessandro Capucci, cardiologo e medico dello sport (vaccinato come tutti i medici, per i quali sussiste l’obbligo), rivela: “Su 40 pazienti che vedo a settimana, sette-otto hanno problemi, presumibilmente legati all’iniezione. Ci sono anche donne di 30 anni che non riescono più a camminare”. Stesso allarme da un altro cardiologo, Fabrizio Salvucci, fino a un anno fa nei reparti Covid: “Sto vedendo molte perimiocarditi da vaccino. Fino al 1° ottobre, in 30 anni non avevo mai fatto segnalazioni alla Farmacovigilanza, ora ne ho dovute fare nove in 21 giorni. Soprattutto per la terza dose”. Le pericarditi, se non curate, possono dare perimiocardite e dilatazione del cuore (sono la terza causa di morte negli sportivi). L’articolo completo con tutte le testimonianze è su Panorama.



Astrazeneca, scoperta la causa delle rare trombosi: “Colpa di una proteina del sangue e di un componente del vaccino”
2 dicembre 2021

http://www.tutto-italia.com/news-mondo- ... astra.html

Astrazeneca, scoperta la causa delle rare trombosi: “Colpa di una proteina del sangue e di un componente del vaccino”. Individuata la probabile causa scatenante dei coaguli di sangue come grave, seppur raro, effetto collaterale del vaccino AstraZeneca, oggi conosciuto anche come Vaxzevria. A sostenerlo è un team di scienziati gallesi e statunitensi, secondo quanto riportato dalla Bbc. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Science Advances e, sebbene non sia definitiva, “offre spunti interessanti e AstraZeneca sta esplorando modi per sfruttare questi risultati, nell’ambito dei nostri sforzi per rimuovere questo effetto collaterale estremamente raro“, ha spiegato una portavoce della casa farmaceutica anglo-svedese. Lo studio La ricerca, frutto del lavoro di un gruppo di ricercatori dell’Arizona State University e della Cardiff University, ha mostrato come una proteina del sangue sia attratta da un componente fondamentale del siero ideato a Oxford, dando così origine a una reazione a catena che coinvolge il sistema immunitario e può creare pericolosi coaguli. Nel dettaglio, gli scienziati hanno osservato che la parte esterna dell’adenovirus, ossia il vettore virale usato nel vaccino AstraZeneca, attrae la proteina del fattore quattro delle piastrine come un magnete. Per arrivare a questa scoperta hanno usato una tecnica chiamata ‘microscopia elettronica’, che permette di avere immagini dell’adenovirus a livello molecolare. Alan Parker, uno dei ricercatori dell’Università di Cardiff, ha chiarito alla Bbc: “Quello che abbiamo è la causa scatenante (‘the trigger’), ma ci sono molti passaggi che devono accadere dopo“. L’Università di Oxford, interpellata in merito alla ricerca, ha però rifiutato di commentarla. Le reazioni La trombocitopenia immunitaria indotta dal vaccino è stata la causa delle paure legate all’utilizzo di questa tipologia di siero che, stando a quanto riferito dalla stessa azienda, avrebbe salvato circa un milione di vite in tutto il mondo, prevenendo 50 milioni di infezioni da Covid. I casi di trombosi sono stati rarissimi: 73 accertati su 50 milioni di dosi nel Regno Unito. Ciò nonostante, proprio a causa di questi episodi, l’utilizzo di Vaxzevria è stato ridotto in tutto il mondo: anche l’Italia ha sospeso le consegne lo scorso luglio. Per i booster vengono usati i vaccini Pfizer e Moderna che utilizzano una tecnologia innovativa, ossia l’Mrna Messaggero. Intanto nel nostro Paese, secondo l’ultimo bollettino aggiornato alle 6:18 di oggi 2 dicembre, sono 96,9 milioni le dosi di vaccino contro il Covid-19 somministrate finora, 7 milioni le terze dosi.
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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » sab dic 11, 2021 8:59 am

Paradosso Africa: tutti vantano programmi di aiuti, ma intanto si buttano milioni di vaccini
Anna Bono
11 Dic 2021

https://www.atlanticoquotidiano.it/quot ... i-vaccini/

Dal 15 al 20 novembre il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha svolto il suo primo viaggio in Africa. Nel corso dei colloqui con le autorità dei Paesi visitati – Kenya, Nigeria e Senegal – Blinken ha illustrato le linee politiche per l’Africa della nuova amministrazione statunitense. “Troppe volte i Paesi africani sono trattati come partner minori o peggio – ha detto durante l’incontro con il presidente nigeriano Muhammadu Buhari – è ora di considerare l’Africa come un soggetto, non come un oggetto di scelte geopolitiche”. Senza citarla, ma chiaramente riferendosi alla Cina, “troppo spesso – ha aggiunto – gli accordi internazionali in materia di infrastrutture sono poco trasparenti, coercitivi. Caricano i paesi di debiti ingestibili. Sono deleteri per l’ambiente. Non sempre vanno a beneficio delle popolazioni. Noi ci comporteremo diversamente. Gli Stati Uniti saranno trasparenti e sostenibili”.

Partito Blinken il 20 dal Senegal, il 29 e 30 novembre la capitale senegalese Dakar ha ospitato il vertice di cooperazione Cina-Africa, un incontro che si svolge ogni tre anni a partire dal 2000. Alla vigilia del summit il Consiglio di Stato cinese aveva diffuso un documento programmatico intitolato: “Cina e Africa nella nuova era: una partnership tra pari”. “Nella lotta per la liberazione nazionale e l’indipendenza – si legge nell’introduzione – la Cina e i paesi africani si sono aiutati a vicenda (…) sostenendosi nel perseguimento dello sviluppo economico. Entrando nella nuova era, il presidente Xi Jinping afferma i principi della politica cinese per l’Africa: sincerità, risultati concreti, amicizia e fiducia”.

Al di là delle dichiarazioni di intenti, sembra tuttavia che l’immagine dell’Africa continui a essere quella di un continente in costante bisogno di assistenza, di doni, aiuti, incentivi, prestiti che i donatori decidono come, quando e in che misura concedere. La Cina, nel corso del vertice, ha assicurato che donerà all’Africa, come già annunciato nei giorni precedenti, un miliardo di dosi di vaccini contro il Covid-19: 600 milioni arriveranno direttamente e il rimanente verrà fornito sotto altre forme, ad esempio investendo in centri di produzione di vaccini in Africa. Inoltre ha confermato che nei prossimi anni sarà aperta una linea di credito pari a 10 miliardi di dollari.

Blinken da parte sua ha garantito il proseguimento della Prosper Africa Initiative, creata per incrementare commercio e investimenti, la Growth and Opportunity Act, meglio nota come AGOA, voluta dal presidente Clinton per consentire accesso preferenziale al mercato Usa da parte di Paesi in via di sviluppo, e il Build Back World, una iniziativa avviata nel giugno del 2021 dai Paesi del G7 che fa concorrenza alla Cina nel campo dello sviluppo di infrastrutture. Inoltre ha promesso che il suo Paese donerà oltre 1,1 miliardi di dosi di vaccini anti Covid-19, in gran parte a Paesi africani, e contribuirà a far sì che gli africani siano presto in grado di fabbricare i vaccini di cui hanno bisogno.

Se saranno diversi d’ora in poi i rapporti di Stati Uniti e Cina con l’Africa resta da vedere. Quanto all’Italia, anche il nostro Paese sostiene di voler fondare su una partnership paritaria le relazioni con il continente. “Il rapporto con i Paesi del Continente e le sue organizzazioni – si legge nell’introduzione a “Il partenariato con l’Africa”, testo programmatico del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – è oggi basato su una partnership paritaria, orientata ad uno sviluppo condiviso e ad affrontare insieme le molteplici sfide globali, superando così la tradizionale visione donatore/beneficiario”. L’Italia, ricorda inoltre il Ministero degli affari esteri, “ha da sempre svolto un ruolo apprezzato e riconosciuto a favore del Continente africano, contribuendo in maniera determinante a far mobilitare risorse maggiori verso l’Africa, con una serie di iniziative e proposte”. Deve continuare a farlo “nei diversi fora internazionali, in primis le Nazioni Unite e l’Unione Africana, al fianco dell’UE e dei suoi singoli Stati membri”.

Proprio per questo ruolo che l’Italia vanta di svolgere è importante porre finalmente alcuni interrogativi fondamentali a proposito dei progetti di aiuto e sviluppo per l’Africa, siano essi ideati e realizzati da stati, agenzie Onu, organizzazioni non governative, fondazioni private, nell’ambito della cooperazione bilaterale o multilaterale.

La prima domanda riguarda la effettiva realizzabilità dei progetti internazionali di cooperazione. Blinken, Xi Jinping hanno parlato di iniziative per miliardi di dollari come se non sapessero o ritenessero irrilevante il fatto che i 54 stati del continente, quasi senza eccezioni, sono alle prese con serie crisi sociali e politiche, oltre tutto in molti casi persistenti; 12 stati africani sono sotto la minaccia jihadista. Gruppi armati affiliati ad al Qaeda o allo Stato Islamico infestano e controllano vaste estensioni dei loro territori nazionali. Sei altri Paesi hanno subìto in passato attacchi islamisti e potrebbero essere colpiti di nuovo. Lo scontro politico e sociale, già di per sé violento in Africa, è degenerato in conflitto armato, oltre che in Libia, in sei Paesi, in tre dei quali negli ultimi 12 mesi il governo è stato deposto con un colpo di stato militare (per due volte in Mali).

La crisi del Covid-19 ha dimostrato, e non per la prima volta, quanto sia difficile realizzare un programma di aiuti in tali contesti. L’Africa ha il tasso di vaccinazioni più basso del mondo. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità a fine ottobre solo il 6 per cento degli africani erano stati vaccinati. Ma questo non dipende soltanto dal fatto che i governi africani non ricevono dosi di vaccino sufficienti, come sostiene l’Oms. Nel continente, che ha poco più di 1,3 miliardi di abitanti, sono già arrivati 384 milioni di dosi. Il Botswana, che ha 2,3 milioni di abitanti, ha ricevuto circa 2,4 milioni di dosi; il Sudafrica ne ha ricevuti 32,5 milioni su una popolazione di circa 40 milioni di adulti. La lentezza delle campagne di vaccinazione dipende dall’estrema carenza di personale sanitario e dalla mancanza di infrastrutture.

Ma un ostacolo ulteriore sono i territori fuori controllo, resi insicuri e impraticabili dalla guerra, dalla presenza di jihadisti, trafficanti, contrabbandieri, gruppi armati antigovernativi. Il risultato è che diversi stati lasciano scadere i vaccini e li devono distruggere (insieme a quelli inutilizzabili perché conservati male). Il Sudan del sud ad aprile ha distrutto 59 mila dosi scadute e ne ha restituite 72 mila. Il Malawi ne ha lasciate scadere e gettate via quasi 20 mila. La Repubblica democratica del Congo aveva ricevuto 1,7 milioni di vaccini all’inizio di marzo 2021. Due mesi dopo aveva vaccinato solo mille persone e ha restituito 1,3 milioni di dosi. La Nigeria nei prossimi giorni dovrà distruggere addirittura un milione di dosi scadute.

I risultati conseguiti da programmi di aiuti umanitari e di cooperazione allo sviluppo costati mesi e anni di lavoro e milioni di dollari possono, ed è successo spesso, essere annullati o resi inservibili in poche settimane da una crisi politica, una guerra, una rivolta armata, l’avanzata del jihad, e anche da disastri naturali che nessuno si è preoccupato di prevenire. La seconda domanda dunque è se sia prudente e giusto continuare a investire così tante risorse umane, finanziarie e tecnologiche quando in un Paese mancano fondate garanzie di stabilità politica e sociale.

Una terza domanda è come mai l’Africa, 60 anni dopo che, terminata la breve epoca coloniale europea, i suoi Paesi sono diventati indipendenti, continui a essere talmente povera da aver bisogno di aiuti e prestiti agevolati per realizzare i suoi progetti umanitari e di sviluppo. Il prodotto interno lordo del continente cresce costantemente da 25 anni. Dal 2010 al 2019 la crescita media annua del Pil della Repubblica democratica del Congo, ad esempio, è stata del 6,1 per cento, quella del Rwanda del 7,6 per cento, del Niger del 5,9 per cento, del Tanzania del 6,7 per cento.

Soltanto il Pil di cinque stati africani è diminuito, quattro dei quali produttori di petrolio. Il caso della Guinea Equatoriale dà la risposta alla terza domanda. Il Paese è spesso citato quando si parla di “paradosso” o “maledizione” della ricchezza. È uno dei dieci maggiori produttori africani di petrolio e, da quando negli anni ’90 del secolo scorso sono stati scoperti grandi giacimenti di petrolio e di gas naturali, ha il Pil pro capite più alto del continente: 7.143 dollari annui nel 2020 (un massimo di 22.942 dollari nel 2008). Tuttavia è 146° nell’Indice di sviluppo umano dell’Undp e ha una speranza di vita alla nascita di 58,7 anni (oltre 20 anni meno di quella dei Paesi ad alto reddito). La spiegazione di questo paradosso è che il presidente della Guinea Equatoriale Teodoro Obiang Nguema e i suoi famigliari si considerano i padroni del Paese e delle sue ricchezze e vi attingono senza ritegno, scrupoli e limiti, lasciando gran parte degli 1,4 milioni di abitanti in povertà. Nguema è il capo di stato africano da più tempo in carica (ha preso il potere con un colpo di stato nel 1979) e uno dei più spregiudicati e brutali. Suo figlio Teodolin, che detiene la carica di vicepresidente, sciala milioni di dollari concedendosi lussi sfrenati e stravaganti.

La Guinea Equatoriale è un caso esemplare. Tuttavia tanti altri africani che occupano cariche governative e amministrative si comportano come gli Nguema. La corruzione è diffusa ovunque nel continente. Come dicono in Nigeria, è diventata uno “stile di vita” che la maggior parte dei governi non desiderano, né possono, contrastare. Il più recente scandalo di grandi proporzioni risale al 19 novembre. Una fuga di dati da una banca ha rivelato che le imprese possedute da famigliari e amici dell’ex presidente della Repubblica democratica del Congo, Joseph Kabila, in carica dal 2001 al 2019, hanno dirottato milioni di dollari di fondi pubblici nei loro conti bancari. Peraltro già nel 2012 si diceva che Kabila avesse stornato dalle casse pubbliche 5,5 miliardi di dollari. Nel 2002 una commissione dell’Onu aveva denunciato lo sfruttamento, il saccheggio delle immense risorse minerarie del Congo da parte delle leadership al potere. “Noi siamo congolesi – era stata la risposta ufficiale dei politici accusati – e quindi possiamo fare quel che vogliamo del nostro Paese, le sue risorse ci appartengono, non si può dire che le stiamo saccheggiando”.

Sarebbe bastato prestar fede ad autori come Axelle Kabou, “E se l’Africa rifiutasse lo sviluppo?”, 1991, Dambisa Moyo, “La carità che uccide”, 2009, Michela Wrong, “It’s our turn to eat”, 2010; e, risalendo nel tempo, Jacques Giri, “L’Africa in crisi”, 1986, Jacques Dumont, “L’Afrique noire est mal partie”, 1961. Sembra che nessuno, tra le persone che contano, lo abbia fatto.
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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » mer dic 22, 2021 7:46 am

Il Consiglio Superiore di Sanità dà ragione al prof. Mazzone dell'ospedale di Legnano
22 novembre 2021

https://www.legnanonews.com/salute/2021 ... o/1004685/

Chi è guarito dal COVID-19 deve vaccinarsi? La domanda ricorre da oltre un anno ed ancora oggi è di estrema attualità. In questi giorni, una risposta di spessore nazionale arriva dal prof. Paolo Gasparini, membro esperto del Consiglio Superiore di Sanità, direttore di Genetica Medica dell’università di Trieste. Così, in una intervista rilasciata al giornale Il Tempo alla domanda se la protezione immunitaria acquisita dai guariti è superiore a quella acquisita con i vaccini, il medico risponde: «I guariti sono immuni contro tutte le porzioni del virus a differenza dei vaccinati che sono stati immunizzati solamente contro la proteina Spike, vale a dire una parte del virus. Diverse pubblicazione scientifiche inoltre dimostrano chiaramente che l’immunità naturale è maggiore e di più lunga durata di quella determinata dai vaccini».

«Penso che dovremmo agire come abbiamo sempre fatto sinora per altre malattie virali: in presenza di anticorpi circolanti non si vaccina ma al massimo, trattandosi di una forma nuova di virosi, si monitora nel tempo la quantità di anticorpi per valutarne l’andamento», prosegue il prof. Gasparini che poi conclude «Normalmente nei soggetti guariti da un’infezione virale e con anticorpi circolanti non si procede ad una vaccinazione. Non si capisce qual è il razionale per fare un’eccezione a quanto praticato nella medicina sinora e cambiare strategia nel caso del Covid19».

Una tesi che, a dir il vero, a Legnano, già un anno fa era stata manifestata con fermezza dal prof. Antonino Mazzone, direttore del Dipartimento Area medica dell’Asst Ovest Milanese. Infatti, in un intervento diffuso il 3 dicembre 2020 dalla agenzia di stampa Adnkonos, il medico legnanese si era battuto per evitare la vaccinazione ai guariti dal virus, in presenza di anticorpi.

«Nelle persone che si sono ammalate possiamo dosare gli anticorpi anti-Covid e quantificarli – affermava un anno fa il dott. Maazzone – . Pertanto è come se si fossero immunizzati o avessero fatto il vaccino. Con le conoscenze attuali il vaccino non va fatto a chi ha avuto la malattia. Sono necessari anni di osservazione per verificare se una persona perde l’immunità umorale e/o cellulare».

Argomento questo di particolare rilievo anche in prospettiva del green pass, sulla cui necessità per combattere la diffusione del virus l’ambiente sanitario continua a battersi.



Covid-19 ed immunità: quanto a lungo può durare la protezione?
Mario Negri

https://www.marionegri.it/magazine/covi ... a-immunita

Il tema della durata dell’immunità nelle persone risultate positive al Covid-19 è uno dei più discussi a livello scientifico e, ad oggi, non si ha ancora una risposta definitiva ed univoca a riguardo.

Quello che sappiamo è che, a seguito dell’infezione primaria, oltre il 90% dei pazienti sviluppa una positività per gli anticorpi contro SARS-CoV-2, anche quelli così detti neutralizzanti che hanno, cioè, la capacità di bloccare il virus ancor prima che questo infetti le nostre cellule. Ciò nonostante, diversi studi hanno rilevato, in modo abbastanza consistente, che gli anticorpi neutralizzanti tendono a diminuire nei primi mesi dopo l'infezione. Il tasso di diminuzione degli anticorpi risulta molto variabile tra i 6 e i 10 mesi e questo sembrerebbe dipendere da due fattori:

gravità della malattia, più la malattia è grave e più i livelli di anticorpi sono alti e duraturi;
fattori individuali a livello del singolo paziente.

Nonostante la durata dell'immunità rimanga per lo più sconosciuta, sappiamo che le persone che si sono ammalate di Covid-19 presentano un minor rischio di reinfezione rispetto a chi non è mai venuto a contatto con il SARS-CoV-2. Addirittura, diversi studi hanno stimato che le persone precedentemente positive hanno un rischio di poco inferiore all'1% di contrarre nuovamente la malattia.

È possibile quindi che ci siano altri fattori oltre agli anticorpi che ci permettono di non ammalarci più di Covid-19 qualora incontrassimo nuovamente il SARS-CoV-2?

Per rispondere a questa domanda approfondiamo ancora come funziona il sistema immunitario, uno strumento di difesa potentissimo e molto efficace.


Il sistema immunitario: risposta innata e risposta adattiva

Durante l’infezione causata da un nuovo virus, il nostro organismo è in grado di riconoscere l’agente "estraneo" ed eliminarlo attraverso due compartimenti diversi del sistema immune: la risposta immunitaria definita ‘innata’ e una definita ‘adattativa’.

Il sistema innato rappresenta la prima linea di difesa, quella più antica e primitiva, che permette all’organismo di rispondere in modo generalizzato e aspecifico ad un nuovo patogeno. Fanno parte del sistema immunitario innato diversi tipi di cellule (mastociti, eosinofili, basofili, macrofagi, neutrofili e cellule dendritiche) che hanno meccanismi di funzionamento molto diversi tra di loro, ma che sono tutti in grado di identificare e/o di eliminare gli agenti patogeni.

In seguito alla risposta innata, entra in gioco la risposta adattativa, un sistema relativamente più lento nella risposta ma in grado di specializzarsi in maggior misura ed attaccare in modo altamente specifico il nuovo patogeno. Questo secondo sistema si basa sull’attivazione dei linfociti B e T, capaci di riconoscere in modo molto mirato alcune parti della struttura del nuovo patogeno.

Nel caso di SARS-CoV-2, i linfociti B e T sono in grado di riconoscere diverse proteine del virus, in particolare la proteina Spike presente sulla sua superficie. Quando i linfociti B e T incontrano il coronavirus, si specializzano rispondendo solo a questo determinato virus.

Le cellule B produrranno anticorpi contro SARS-CoV-2, che saranno rilasciati nel sangue, tra cui i famosi anticorpi neutralizzanti contro la proteina Spike, mentre le cellule T specifiche contro il SARS-CoV-2 saranno in grado di perlustrare tutto il nostro corpo alla ricerca di cellule infettate dal virus, che dovranno essere quindi eliminate.

La particolarità del sistema immunitario adattativo è che presenta una memoria immunologica ovvero esistono particolari tipi di cellule B e T, dette appunto cellule della memoria, che sono in grado di annidarsi all’interno del nostro midollo osseo e restare in una sorta di letargo (definito stato di quiescenza). In realtà queste sono sempre pronte a risvegliarsi e a compiere le loro funzioni qualora lo stesso patogeno, verso cui sono programmate, dovesse reinfettare il nostro organismo.


Buone notizie sulla durata dell’immunità da Covid-19
Lo studio su Nature

La domanda che in tanti si fanno oggi è: il nostro organismo è in grado di rispondere a successivi attacchi da parte del SARS-CoV-2 anche in assenza di misurabili livelli di anticorpi, sviluppati in seguito al Covid-19?

In un recente lavoro Jackson Turner, insieme ai suoi colleghi, ha provato a rispondere a questa domanda, caratterizzando a fondo le risposte immunitarie innescate nell’uomo in seguito all’infezione virale.

Lo studio, pubblicato su Nature, dimostra che l'infezione da SARS-CoV-2 induce una robusta risposta immunitaria di lunga durata. Gli autori hanno infatti confermato che i pazienti che si sono ammalati di Covid-19, possiedono anticorpi anti-SARS-CoV-2 rilevabili fino a 11 mesi dopo l'infezione. Il monitoraggio delle concentrazioni di anticorpi nel sangue degli individui effettuato in un anno intero, ha mostrato che durante la risposta immunitaria acuta, cioè al momento dell'infezione iniziale, le concentrazioni di anticorpi erano elevate. Successivamente, come previsto, questi hanno iniziato a diminuire ma dopo alcuni mesi le loro concentrazioni si sono stabilizzate rimanendo più o meno costanti.

Gli autori poi hanno voluto identificare nel midollo osseo anche la presenza di cellule B della memoria contro la proteina virale Spike, ritrovate in ben 15 individui convalescenti su 19 pure a infezione superata. La cosa positiva, affermata da Turner e colleghi, è che questa risposta immunitaria di lunga durata viene sviluppata anche in seguito ad un’infezione da SARS-CoV-2 lieve.

Mediante un'analisi più approfondita delle cellule B della memoria, i ricercatori hanno dimostrato che queste erano effettivamente “quiescenti”: non si moltiplicavano più e non producevano molti anticorpi, ma erano pronte a svegliarsi nel momento del bisogno. Infine, calcolando il loro numero hanno identificato che circa il 10-20% delle cellule B che si generano in una reazione immunitaria acuta contro un particolare patogeno, si trasforma in cellule B della memoria. Questo è coerente con quanto ci si aspettava e, a conferma di questa evidenza, gli autori hanno quantificato che il numero di cellule B della memoria contro SARS-CoV-2 era uguale a quello delle cellule B della memoria trovate negli individui dopo la vaccinazione contro il tetano o la difterite. La speranza è che, come avviene per la memoria immunitaria per questi vaccini, anche la durata delle cellule B contro il SARS-CoV-2 possa essere stabile per decenni o addirittura per tutta la vita.

La conferma di un gruppo australiano su Science Immunology

Al lavoro di Turner si aggiunge la conferma di uno studio di un gruppo australiano. Anche loro hanno riportato che un calo degli anticorpi sierici durante la convalescenza potrebbe non riflettere il declino dell'immunità, ma piuttosto una contrazione della risposta immunitaria, con lo sviluppo e la persistenza di cellule B della memoria di lunga durata nel midollo osseo. In questo studio eseguito su 25 persone positive al SARS-CoV-2, gli autori hanno dimostrato che in tutti gli anticorpi sierici raggiungono il picco 20 giorni dopo l'infezione per poi iniziare una fase declino. Le cellule B della memoria specifiche del virus sono state identificate già dalle prime fasi della convalescenza e persistevano per oltre 242 giorni dopo l'insorgenza dei sintomi.

La risposta delle cellule B generata dal SARS-CoV-2: doppia difesa

Quello che appare evidente da questi due importanti lavori è che il meccanismo alla base della risposta immunitaria prevede una prima risposta canonica condotta dalle cellule B con produzione transitoria di anticorpi nelle fasi iniziali della malattia, che diminuiscono poi abbastanza rapidamente. A questa fase seguono livelli più stabili di anticorpi, supportati da cellule B della memoria di lunga durata che si rifugiano nel midollo osseo molto tempo dopo l’infezione primaria. Queste ultime offrono una fonte durevole di anticorpi protettivi, necessari per mantenere nel tempo una protezione immunitaria.

La risposta delle cellule T generata dal SARS-CoV-2: ulteriore fonte di difesa?

Ma non è finita qui. Gli incoraggianti dati sulle cellule B possono portare a pensare che la stessa cosa valga per le cellule T, l’altro sistema di difesa dell’immunità adattativa. Anche questo particolare tipo di linfociti, come le cellule B, si attiva durante la fase acuta della malattia e può svolgere due diverse funzioni: da una parte ci sono le cellule T ‘aiutanti’ (T helper), chiamate così perché aiutano le cellule B a produrre anticorpi altamente mirati contro il nuovo patogeno, e poi ci sono le cosiddette cellule T ‘citotossiche’, che pattugliano in continuazione tutto il nostro corpo alla ricerca di cellule infettate dal virus verso le quali sono addestrate al fine di eliminarle.

Quello che sappiamo ad oggi è che quasi tutti i pazienti convalescenti Covid-19 sviluppano cellule T attivate in risposta all'infezione SARS-CoV-2. Un gruppo di ricercatori svedesi del Karolinska University Hospital ha eseguito analisi immunologiche su oltre 200 persone con Covid-19, molte delle quali con sintomi lievi o asintomatici. L’aspetto più interessante emerso è che i pazienti con Covid-19 grave sviluppavano sia una forte risposta anticorpale che una risposta orchestrata dai linfociti T; mentre quelli con sintomi più lievi non sempre avevano sviluppato una risposta anticorpale. Nonostante ciò, la maggior parte di queste persone asintomatiche mostrava una marcata risposta dei linfociti T. Inoltre, non erano solo gli individui con Covid-19 confermato a mostrare l'immunità dei linfociti T, ma anche molti dei loro familiari esposti e rimasti sempre asintomatici, suggerendo che la risposta delle cellule T da sola possa conferire protezione anche senza sviluppare anticorpi. A conferma di ciò, la cosa più sorprendente identificata è che circa il 30% delle persone che avevano donato il sangue a maggio 2020, aveva cellule T specifiche per il coronavirus, un numero molto più alto di quanto hanno dimostrato i precedenti test anticorpali.

Queste differenze potrebbero spiegare il motivo per cui alcune persone, pur essendo infettate dal virus, non sviluppano cellule B e quindi anticorpi misurabili nel sangue, ma combattono rapidamente l’infezione mediante una risposta guidata dalle cellule T.

Per capire la potenziale immunità a lungo termine garantita delle cellule T, un gruppo di ricercatori della Duke-NUS Medical School ha dimostrato nel 2020 che alcune persone che avevano contratto la SARS causata dal SARS-CoV nel 2003 presentavano a 17 anni di distanza una risposta immunitaria al virus basata sulle cellule T, facendo ben sperare in una simile risposta anche per il SARS-CoV-2. Sebbene questi dati siano molto incoraggianti, quello che si è osservato è esattamente ciò che ci si aspetta dal nostro sistema immunitario, ovvero che risponda in modo molto specifico e duraturo ad una nuova infezione generando cellule B e T specifiche.

La scoperta più significativa è però emersa da tre lavori indipendenti che sono giunti alla stessa conclusione: anche in circa il 30-40% di persone mai entrate in contatto con SARS-CoV-2 erano presenti delle cellule T in grado di riconoscere ed eliminare il virus. Come è possibile che soggetti mai esposti al virus abbiano nel loro corpo cellule T specifiche in grado di rispondergli?

Gli studiosi hanno scoperto che esistono delle cellule T che sono in grado di riconoscere diversi virus che presentano delle caratteristiche strutturali comuni (in termine tecnico ‘cross-reattive’) e che sono in grado di reagire a più virus contemporaneamente. Nello specifico, in questi studi hanno dimostrato che i soggetti che avevano incontrato i più comuni coronavirus stagionali del raffreddore (HCoV-OC43, HcoV-229E, HCoV-NL63 e HcoV-HKU1) presentavano delle cellule T in grado di riconoscere ed eliminare anche SARS-CoV-2.

Sulla base dei loro risultati, quindi, i ricercatori ipotizzano che un'esposizione preesistente ai virus del raffreddore possa contribuire alle variazioni della gravità della malattia nei pazienti che contraggono Covid-19.

Cellule T e immunità a lungo termine contro le varianti del SARS-CoV-2
covid-19 e immunità

Come ormai abbiamo imparato, i virus una volta entrati nel nostro corpo si adattano e mutano per sopravvivere il più a lungo possibile.

Il SARS-CoV-2 non è da meno: ogni volta che infetta una persona diversa, può sviluppare delle piccole mutazioni nel suo RNA capaci di renderlo maggiormente ‘adatto alla sopravvivenza’ nell’ospite.

Da qui il termine “varianti del virus” che stanno destando tanta preoccupazione in tutto il mondo. Le mutazioni studiate sono per la maggior parte quelle che riguardano la proteina Spike in quanto potrebbero modificare la capacità del SARS-CoV-2 di entrare nelle nostre cellule, diffondendosi più rapidamente.

Con l’obiettivo di identificare la capacità delle cellule T di neutralizzare tutte le varianti del SARS-CoV-2, il gruppo di ricerca guidato da Andrew Redd della Johns Hopkins University School of Medicine ha analizzato il sangue di 30 persone, che avevano contratto Covid-19 ad inizio pandemia, quando ancora nessuna delle varianti si era generata. Con grosso stupore e un pizzico di ottimismo, i ricercatori sono stati in grado di dimostrare che la risposta delle cellule T era rimasta praticamente intatta contro le diverse varianti. Questo ci permetterebbe di mantenere un’efficiente immunità a lungo termine anche nello sfortunato caso in cui alcune varianti, come sembrerebbe essere per le varianti Beta e Gamma, acquisissero una parziale resistenza agli anticorpi generati durante l’infezione con il SARS-CoV-2 originario non mutato.
Immunità preesistente: cosa significa?

Può succedere che molti individui siano in grado di difendersi da alcune malattie anche grazie all’immunità preesistente. Cosa significa? L’aver incontrato un agente infettivo in passato, fa sì che il sistema immunitario lo riesca a riconoscere anche a distanza di tempo. Sonia Gandhi, ricercatrice statunitense, ha dimostrato che una certa risposta immunitaria a SARS-Cov-2 può essere indotta qualche volta dal comune Coronavirus del raffreddore.

In Olanda hanno rilevato che nel sangue di alcuni donatori, prelevato dieci anni fa, erano presenti anticorpi contro il SARS-CoV-2. Potrebbe essere accaduto, quindi, che questi donatori abbiano incontrato in passato qualcosa che assomigliasse all'attuale coronavirus sviluppando una protezione verso lìagente patogeno.

L’immunità a lungo termine nei soggetti vaccinati contro il Covid-19

Come ormai sappiamo tutti, i vaccini attualmente disponibili si sono dimostrati un’arma molto valida nel combattere la pandemia, con un’efficacia che varia dal 70-80% nei vaccini a vettore virale, e una ancora maggiore, tra il 90-95%, nei più innovativi vaccini a mRNA.

Indipendentemente dall’efficacia, tutti i vaccini disponibili sono in grado di proteggere al 100% dalle forme severe di Covid-19 e questo è uno degli aspetti più importanti per ridurre notevolmente l’ospedalizzazione e la mortalità nelle persone positive al SARS-CoV-2.

Nella maggior parte degli studi condotti su persone vaccinate, l’attenzione è sempre stata posta sulla produzione di specifici anticorpi neutralizzanti contro il virus, valutata come il surrogato più immediato per valutare la capacità dei vaccini di proteggerci dall’infezione.

Alla luce di tutte le considerazioni fatte finora, possiamo aspettarci che anche nei vaccinati la protezione a lungo termine contro il SARS-CoV-2 e le sue varianti possa andare ben oltre la produzione di anticorpi nel sangue?
Per rispondere a questo quesito ci ha aiutato un gruppo dell’Harvard Medical School di Boston, che ha dimostrato come le risposte delle cellule T indotte da vaccinazione sono state ampiamente preservate contro tutte le varianti di SARS-CoV-2, anche nel caso in cui gli anticorpi neutralizzanti non si dimostravano così efficaci nel bloccare il virus. Questi dati sono stati confermati ulteriormente da un lavoro indipendente fatto da Tarke e colleghi all’Università della California. Resta ora da capire se anche nei vaccinati, oltre agli anticorpi che si sviluppano nel breve periodo che segue la vaccinazione, si generino anche cellule B della memoria, che ci garantirebbero una protezione a lungo termine per diversi anni come succede per molti vaccini. Alcuni dati sembrerebbero però suggerire che, con altra probabilità, sia possibile sviluppare cellule B della memoria anche con i vaccini ad mRNA, aumentando di conseguenza la potenziale immunità a lungo termine.

L’importanza della vaccinazione contro il Covid-19 in una migliore immunità a lungo termine

Sia l’infezione naturale che la vaccinazione offrono protezione contro la trasmissione di SARS-CoV-2 e contro la malattia Covid-19, attivando risposte immunitarie antivirali. In particolare, la vaccinazione consente di attivare la risposta immunitaria contro SARS-CoV-2 permettendo di creare anticorpi neutralizzanti e cellule T specifiche anche in assenza di patogeno, senza quindi sviluppare la malattia che si potrebbe avere dopo infezione naturale.

Ma ci sono dei reali benefici nell’immunità indotta dalla vaccinazione rispetto o quella generata dall’infezione naturale? Da quanto recentemente riportato dalla Swiss National Covid-19 Science Task Force, un gruppo di esperti/e che operano, su base volontaria, per garantire una consulenza scientifica e indipendente, sembrerebbe che l’immunità indotta da vaccinazioni sia più potente di quella indotta dall’infezione naturale. La task force ha infatti stimato che, a seconda dell’età, una pregressa infezione da SARS-CoV-2 fornisce un livello di protezione pari ad almeno l’80% contro le forme gravi della malattia per 12-16 mesi. La somministrazione di due dosi di vaccino a mRNA induce risposte anticorpali dalle 2 alle 4 volte maggiori rispetto all’infezione naturale. Ne consegue che la copertura sarà quindi più duratura: si avrà una protezione dell’80% contro forme gravi della malattia che, a seconda dell’età, può durare dai 2 ai 3 anni successivi alla vaccinazione. Queste però sono al momento solo stime e sarà il tempo a fornirci i dati sperimentali necessari per valutare l’attendibilità di questi calcoli.

Esiste poi una terza possibilità: le persone che si vaccinano avendo già fatto in precedenza il Covid-19. I dati ufficiali riportano che circa il 10% della popolazione italiana ha avuto una diagnosi di laboratorio di positività al SARS-CoV-2. Questa percentuale, in realtà, potrebbe essere molto più alta dato che la maggior parte delle infezioni (si stima tra l’80 e il 90%) rimane asintomatica e non viene quindi diagnosticata. In questo numero piuttosto elevato di persone si genera una particolare forma di immunità, detta “ibrida”, in cui l'immunità naturale si combina a quella generata dal vaccino inducendo una risposta anticorpale da 25 a 100 volte maggiore, guidata da cellule B di memoria e cellule T, con più alta protezione dalle varianti del virus. Questa possibilità indicherebbe che un buon numero di persone potrebbe avere un’immunità molto forte e duratura.

Immunità dal Covid-19 e terza dose/richiamo: in quali casi è consigliata

In Italia il Ministero della Salute raccomanda:

l'effettuazione di una dose aggiuntiva o terza dose, a completamento del ciclo vaccinale, ai pazienti immunodepressi o in terapia con farmaci immunosoppressori;
la somministrazione di un richiamo ("booster"), almeno 6 mesi dopo la seconda dose, agli anziani a partire dagli 80 anni di età e agli ospiti delle RSA, .

Successivamente, sarà offerta la possibilità del richiamo anche agli operatori sanitari. Inoltre, dati recenti supportano l'efficacia del "mix and match" in occasione della terza dose: a chi è stato somministrato il vaccino monodose di J&J o le due dosi di AstraZeneca viene consigliato un "booster" con un vaccino diverso, in particolare a mRNA.

L'efficacia della dose di richiamo è supportata da un recente studio del New England Journal of Medicine, che ha coinvolto 1,1 milioni di over 60 in Israele: in queste persone nei 20 giorni successivi alla somministrazione della "terza dose" (effettuata a più di 5 mesi dalla seconda dose) il rischio di forme gravi di malattia si è ridotto di 19 volte rispetto alle due dosi. Si tratta di un dato incoraggiante anche se un periodo di osservazione più lungo sarà utile per confermare ulteriormente che la maggiore efficacia del richiamo si manterrà nel tempo.

Infine, una buona notizia, che giunge da un recente lavoro inglese, è che ci sarà la possibilità di fare la terza dose insieme all’antinfluenzale: lo studio condotto su 679 persone dimostra che gli effetti collaterali (dolori muscolari, febbre, stanchezza e dolori articolari) non aumentano quando i due vaccini vengono somministrati insieme.

L’immunità dal Covid-19 a lungo termine per guardare al futuro con ottimismo

Al momento non conosciamo la quantità esatta di anticorpi neutralizzanti e cellule T necessari per stabilire una protezione dall’infezione. Nel complesso però, tutti gli studi riportati rappresentano una prova robusta che l'infezione da SARS-CoV-2 o la vaccinazione provocano l'avvio di una risposta immunitaria che si sviluppa su più fronti. Dunque, se questi dati saranno ulteriormente confermati, i timori di una pandemia destinata a durare anni, con ricadute stagionali, e della necessità di richiami annuali del vaccino, sarebbero cancellati grazie ad un’immunità duratura contro il virus.


Bibliografia:

Spiking Pandemic Potential: Structural and Immunological aspects of SARS-CoV-2. Trends Microbiol. 28, 605-618 (2020).
A highly conserved cryptic epitope in the receptor binding domains of SARS-CoV-2 and SARS-CoV. Science 368, 630–633 (2020).
Identification of Human Single-Domain Antibodies against SARS-CoV-2. Cell Host Microbe 27, 891-898.e5 (2020).
Clinical and immunological assessment of asymptomatic SARS-CoV-2 infections. Nat. Med. 26, 1200-1204 (2020).
Rapid Decay of Anti–SARS-CoV-2 Antibodies in Persons with Mild Covid-19. N. Engl. J. Med. 383, 1085–1087 (2020).
Longitudinal observation and decline of neutralizing antibody responses in the three months following SARS-CoV-2 infection in humans. Nat. Microbiol. 5, 1598–1607 (2020).
Humoral Immune Response to SARS-CoV-2 in Iceland. N. Engl. J. Med. 383, 1724-1734 (2020).
What we know about covid-19 reinfection so far. BMJ 372, n99 (2021).
Assessment of SARS-CoV-2 Reinfection 1 Year After Primary Infection in a Population in Lombardy, Italy. JAMA Intern. Med. e212959 (2021).
SARS-CoV-2-specific T cell immunity in cases of COVID-19 and SARS, and uninfected controls. Nature 584, 457–462 (2020).
Immunodominant T-cell epitopes from the SARS-CoV-2 spike antigen reveal robust pre-existing T-cell immunity in unexposed individuals. Sci. Rep. 11, 13164 (2021).
Selective and cross-reactive SARS-CoV-2 T cell epitopes in unexposed humans. Science 370, 89-94 (2020).
Hybrid immunity, Shane Crotty Science 25 Jun 2021: 1392-1393.



Guariti dal Covid, basta una dose entro 12 mesi. Così si avrà pure il Green Pass
Viola Giannoli
22 luglio 2021

https://www.repubblica.it/cronaca/2021/ ... 311237620/

Un'unica dose di vaccino anti-Covid per i guariti dall'infezione. Purché venga somministrata entro un massimo di 12 mesi dalla malattia, sia per i sintomatici che per gli asintomatici. Anche se l'intervallo di tempo preferibile tra il Covid e la puntura è di 6 mesi.

La nuova tempistica per il vaccino ai guariti è contenuto in una circolare firmata la sera del 21 luglio dal direttore generale della Prevenzione Gianni Rezza. Prima il ministero indicava un intervallo tra 3 e 6 mesi per la somministrazione: ora si passa a 6-12 mesi.

Il testo del provvedimento recita: "È possibile considerare la somministrazione di un'unica dose di vaccino anti-SarsCoV-2/Covid-19 nei soggetti con pregressa infezione da SARS-CoV-2 (decorsa in maniera sintomatica o asintomatica), purché la vaccinazione venga eseguita preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa e comunque non oltre 12 mesi dalla guarigione".

Due dosi dopo 12 mesi

Trascorsi i 12 mesi dall'infezione da Covid, la possibilità di una vaccinazione a metà non vale più. E dunque se è già passato un anno dalla malattia, come per tutti coloro che hanno contratto il Covid nella prima ondata dell'epidemia risalente alla primavera dello scorso anno, l'indicazione del ministero è di sottoporsi a un intero ciclo vaccinale, con due dosi di Pfizer, Moderna e AstraZeneca o il monodose Johnson&Johnson.

Due dosi anche per gli immunodepressi

Due dosi spettano anche agli immunodepressi. Nella circolare si raccomanda alle persone guarite dal Covid ma "con condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici" di proseguire "con la schedula vaccinale completa prevista". Ovvero entrambe le dosi di vaccino.

Niente sierologico pre-vaccino (e niente Green Pass col sierologico)

Infine, il documento inviato a enti e Regioni, evidenzia che "come da indicazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, l'esecuzione di test sierologici, volti a individuare la risposta anticorpale nei confronti del virus, non è raccomandata ai fini del processo decisionale vaccinale". In sostanza, la singola dose entro 12 mesi o le due dosi se è passato più tempo dall'infezione valgono per tutti, anche per chi ha ancora un alto livello di anticorpi. Per questo il test preventivo è inutile ai fine della decisione sulla vaccinazione. Lo stesso vale per l'ottenimento del Green Pass: il test sierologico che dimostra un alto numero di anticorpi non è una condizione sufficiente a ottenere il Certificato Verde.

Il Green Pass per i guariti

L'aggiornamento delle tempistiche (che prima prevedevano una sola dose tra 3 e 6 mesi per i guariti dal Covid) cambia anche i criteri per l'ottenimento del Green Pass. Per chi è guarito e non si è ancora vaccinato, il Certificato verde resta valido per 6 mesi. Mentre tutti coloro che dopo l'infezione da coronavirus hanno fatto una dose di vaccino entro 12 mesi dall'esordio della malattia, ovvero dalla data del tampone molecolare positivo che ha accertato il contagio, riceveranno (nelle modalità descritte più in alto) un nuovo Green Pass valido per 9 mesi dalla data di somministrazione della prima dose di vaccino. La nuova Certificazione verde è in sostituzione della precedente, eventualmente già ricevuta con l'indicazione a completare il ciclo vaccinale con una seconda dose.


"Non ci sono casi di ex infettati che tornano in terapia intensiva o in ospedale"
Covid, Giorlandino: "Guariti non si riammalano, vaccino inutile"
moretti
23 novembre 2021

https://www.adnkronos.com/covid-giorlan ... nRApfBtUCy

"I guariti non si riammalano mai" in modo grave di Covid. Così all'Adnkronos Salute Claudio Giorlandino, direttore scientifico di Altamedica. "La dose di vaccino ai guariti non serve a niente. Pare che adesso lo abbiano capito, ma io lo dico da sempre".

"Il guarito - spiega il medico - ha anticorpi contro la proteina Spike, contro la E, contro la M, contro l'He. Ce l'ha contro il virus nel suo complesso e non ci sono casi di guariti che tornano in terapia intensiva o in ospedale. Noi abbiamo fatto una bellissima metanalisi sui guariti anche per analogia con altre infezioni come la Mers, la Sars 1, e i casi di guariti che sono tornati a star male sono aneddotici. Non succede praticamente mai".

"Del resto - aggiunge - l'esempio che io faccio sempre è quello della peste manzoniana. Chi c'era che portava via i morti? I monatti ovvero i guariti. Quando uno è guarito basta, non bisogna fare vaccini".

TEST RAPIDI - "Se avessero smesso di distribuire i tamponi antigenici immunocromatografici, l'Europa sarebbe fuori dalla pandemia" di Covid-19. E' nettissima la presa di posizione di Giorlandino, contro i test rapidi che "secondo delle metanalisi di Cochrane danno falsi negativi da 7 a 9 volte su 10" e fanno sì che "gli asintomatici contagiosi, che sono il 60% delle persone colpite dal virus, tranquillizzati dal tampone negativo vadano in giro a contagiare come dei superspreaders senza osservare più precauzioni e rassicurando tutti con il loro Green Pass".

"L'esempio che i tamponi rapidi siano la causa dell'aumento dei contagi - spiega Giorlandino all'Adnkronos Salute - è quanto accaduto in Israele, dove a marzo stava finendo tutto, ma a luglio il primo ministro Naftali Bennett ha dato la possibilità di vendere in farmacia i tamponi antigenici: 15 giorni dopo il numero dei contagiati, praticamente assenti in precedenza, è improvvisamente risalito in misura esponenziale". La stessa cosa che è successa in Europa. "A maggio - ricorda il direttore di Altamedica - tutta l'Europa era fuori" dall'emergenza. "Stava finendo tutto. Alcuni ipotizzavano una ripresa dei contagi non prima di ottobre-novembre. Invece a fine luglio, 10 giorni dopo l'introduzione del Green pass in Francia e del conseguente aumento del ricorso enorme ai tamponi rapidi antigenici, l'infezione è esplosa di nuovo in tutta Europa". Questo perché, "se entrano 10 persone infette in farmacia, si fanno il tampone, 9 di queste risultano negative, escono e si tolgono la mascherina perché è normale psicologicamente, almeno per uno o 2 giorni stanno tranquilli e infettano", avverte Giorlandino. Per questo "vanno fermati questi test - dice - vanno chiusi i gazebo delle farmacie e va assolutamente vietata la vendita degli autotest". Diversa la questione per il tampone molecolare "che individua subito il virus e - afferma il medico - potrebbe essere usato per il rilascio del Green pass anche di una settimana. Ma si potrebbe evitare anche qualsiasi tampone, se si mantengono la mascherina e il distanziamento insieme a severe misure di controllo".

COVID OGGI ITALIA
"Noi in Italia non abbiamo i contagi che hanno gli altri Stati perché siamo pieni di soggetti che sono guariti" dal Covid 19. "La Francia - spiega all'Adnkronos Salute - ha più o meno la nostra stessa popolazione, i vaccinati completi in Francia sono il 70% della popolazione, più o meno come da noi che ne abbiamo il 72%. Ma i contagi giornalieri in Francia sono intorno ai 93mila, mentre in Italia circa 6mila. È merito del vaccino? No. A fare la differenza - conclude il medico - è il fatto che noi siamo tutti guariti oramai. Nella mia stanza in questo momento siamo 6 persone e il Covid l'abbiamo avuto in 4, quasi tutti da asintomatici. E un'enorme quantità di italiani ha avuto il virus senza accorgersene".

Alberto Pento
Non è affatto dimostrato e dimostrabile che la maggioranza degli italiani abbia contratto il covi senza ammalarsi e che abbia sviluppato anticorpi che rendono inutile il vaccino. Per poter sapere con esattezza quanti italiani hanno contratto il covid senza saperlo e siano guariti bisognerebbe fare a tutti un'analisi del sangue per accertare gli anticorpi sviluppati naturalmente contro l'infezione; quella di Giorlandino è solo un'ipotesi non dimostrata e quindi non scientifica.



ESENZIONE DA VACCINO ANTI COVID-19
VADEMECUM OPERATIVO
agosto 2021
https://www.simg.it/wp-content/uploads/ ... SS_MdS.pdf


Il greenpass viene dato anche ai guariti non vaccinati
Come ottenere il Green Pass senza vaccino. Ecco quando è possibile e cosa fare
21 dicembre 2021

https://gazzettadelsud.it/articoli/cron ... 812aa1a81/

Si può ottenere il Green Pass senza vaccino? E come fare per averlo? La risposta è sì: infatti attualmente tra le opzioni per avere la Certificazione verde Covid-19 è compreso anche essere negativi al test molecolare o antigenico rapido nelle ultime 48 ore sono i seguenti:

I test validi per ottenere il Green Pass sono i seguenti:

* test molecolare: permette di rilevare la presenza di materiale genetico (RNA) del virus; questo tipo di test è effettuato su un campione di secrezioni respiratorie, generalmente un tampone naso-faringeo.
* test antigenico rapido inserito nell'elenco comune europeo: apre una nuova finestra dei test antigenici rapidi per COVID-19: questo test effettuato tramite tamponi nasali, orofaringei o nasofaringei permette di evidenziare rapidamente (30-60 min) la presenza di componenti (antigeni) del virus. Deve essere effettuato da operatori sanitari o da personale addestrato che ne certifica il tipo, la data in cui è stato effettuato e il risultato e trasmette i dati per il tramite del Sistema Tessera Sanitaria alla Piattaforma nazionale-DGC per l'emissione della Certificazione.

Sono al momento esclusi autotest rapidi; test salivari; test sierologici.

Nei casi di tampone negativo la Certificazione sarà generata in poche ore e avrà validità per 48 ore dall’ora del prelievo.

Nei casi di guarigione da Covid-19 la Certificazione sarà generata entro il giorno seguente e avrà validità per 180 giorni (6 mesi).
Super green pass, da quando scatta e come ottenere la Certificazione verde

A decorrere dal 6 dicembre 2021, inoltre, il Green Pass si sdoppia: viene introdotto il Green Pass rafforzato (super green pass), rilasciato solo alle persone vaccinate o guarite, e il Green Pass “base”, rilasciato a chi si sottopone a un tampone molecolare (valido per 72 ore) o antigenico (valido per 48 ore). Il Green Pass rafforzato, a partire dal 6 dicembre 2021 fino al 15 gennaio 2022, vale già in zona bianca ed è necessario per lo svolgimento delle attività che altrimenti sarebbero oggetto di restrizioni in zona gialla e arancione. Le attività sono le seguenti:

* Spettacoli
* Spettatori di eventi sportivi
* Ristorazione al chiuso
* Feste e discoteche
* Cerimonie pubbliche

In caso di passaggio in zona arancione, le restrizioni e le limitazioni non scattano, ma alle attività possono accedere i soli detentori del Green Pass rafforzato.
La Certificazione viene generata in automatico e messa a disposizione gratuitamente nei seguenti casi:

* aver effettuato la prima dose o il vaccino monodose da 15 giorni;
* aver completato il ciclo vaccinale;
* essere risultati negativi a un tampone molecolare o rapido nelle 48 ore precedenti;
* essere guariti da COVID-19 nei sei mesi precedenti.

Come si genera la Certificazione?

Regioni, Province autonome, medici di base, laboratori di analisi e farmacie trasmettono le informazioni relative a vaccinazioni, test e guarigioni al livello centrale. Una volta raccolte le informazioni, la Piattaforma nazionale del Ministero della Salute rilascia la Certificazione. Le tempistiche per la trasmissione dei dati, e la conseguente generazione della Certificazione, possono variare in base al tipo di prestazione sanitaria.

Vaccinazione: i dati delle somministrazioni vengono trasmessi quotidianamente, si stima quindi un’attesa massima di un paio di giorni per generare la Certificazione. Nei casi di prima o unica dose, secondo il tipo di vaccino, l’emissione avverrà dopo 15 giorni.
Test negativo: la trasmissione dei dati richiede poche ore, la generazione della Certificazione avverrà nella giornata.
Guarigione da Covid-19: la trasmissione dei dati richiede poche ore, la generazione della Certificazione avverrà massimo nella giornata successiva.

Come si acquisisce la Certificazione?

Per andare incontro alle esigenze di tutta la popolazione, a prescindere dal livello di digitalizzazione, è possibile acquisire la Certificazione in diversi modi.Si può infatti scegliere tra canali digitali e canali fisici. La disponibilità della Certificazione viene comunicata tramite email o SMS (ai contatti indicati in fase di prestazione sanitaria: vaccinazione, test o guarigione) con un codice per scaricarla.
Canali digitali

Via APP

Immuni: è dotata di una nuova funzione che consente di scaricare la Certificazione inserendo il numero e la data di scadenza della propria Tessera sanitaria e il codice (AUTHCODE) ricevuto via email o SMS ai contatti comunicati in fase di prestazione sanitaria.
App IO: attraverso una notifica sul proprio dispositivo mobile, gli utenti dell’app IO (che già la usano o intendono scaricarla) che abbiano effettuato l’accesso con la propria identità digitale (SPID/CIE), potranno visualizzare la propria Certificazione direttamente dal messaggio.

Siti web

Sito dedicato, è possibile utilizzare l’identità digitale (SPID/CIE) per acquisire la propria Certificazione. In alternativa è possibile inserire il numero e la data di scadenza della propria Tessera sanitaria (o in alternativa il documento d’identità per coloro che non sono iscritti al SSN) e il codice (AUTHCODE) ricevuto via email o SMS ai contatti comunicati in fase di prestazione sanitaria.
Fascicolo sanitario elettronico, accedendo al proprio Fascicolo sanitario regionale, è possibile acquisire la propria Certificazione.

Canali fisici

In caso di difficoltà ad accedere alla Certificazione con strumenti digitali, è possibile rivolgersi al proprio medico di medicina generale, al pediatra di libera scelta, o al farmacista, che potranno recuperare la Certificazione grazie al Sistema Tessera Sanitaria. Porta con te il codice fiscale e i dati della Tessera Sanitaria che dovrai mostrare loro. La Certificazione verde COVID-19 sarà consegnata in formato cartaceo o digitale.
Quali sono le attività e i servizi in Italia dove è possibile accedere con la Certificazione verde COVID-19?

La Certificazione verde COVID-19 è richiesta in Italia per partecipare alle feste per cerimonie civili e religiose, accedere a residenze sanitarie assistenziali o altre strutture, spostarsi in entrata e in uscita da territori classificati in "zona rossa" o "zona arancione".

Dal 6 agosto servirà, inoltre, per accedere ai seguenti servizi e attività:

servizi di ristorazione svolti da qualsiasi esercizio per il consumo al tavolo, al chiuso;
spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi;
musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre;
piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche all’interno di strutture ricettive, limitatamente alle attività al chiuso;
sagre e fiere, convegni e congressi;
centri termali, parchi tematici e di divertimento;
centri culturali, centri sociali e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia, compresi i centri estivi, e le relative attività di ristorazione;
attività di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò;
concorsi pubblici.

La Certificazione dovrà attestare di aver fatto almeno una dose di vaccino oppure essere risultati negativi a un tampone molecolare o rapido nelle 48 ore precedenti oppure di essere guariti da COVID-19 nei sei mesi precedenti.

La Certificazione verde COVID-19 si applica a tutte le attività e i servizi autorizzati in base al livello di rischio della zona. E’ richiesta in “zona bianca” ma anche nelle zone “gialla”, “arancione” e “rossa”, dove i servizi e le attività siano consentiti. Regioni e Province autonome possono prevedere altri utilizzi della Certificazione verde COVID-19.

La Certificazione verde COVID-19 non è richiesta ai bambini esclusi per età dalla campagna vaccinale e ai soggetti esenti sulla base di idonea certificazione medica. Per queste persone verrà creata una Certificazione digitale dedicata. Finché questa non sarà disponibile, possono essere utilizzate quelle rilasciate in formato cartaceo.
I bambini sono esonerati dalla Certificazione verde COVID-19 per accedere per esempio a bar, ristoranti, musei, parchi di divertimento?

Sì, i bambini sotto i 12 anni sono esentati dalla certificazione verde Covid-19 per accedere alle attività e servizi per i quali nel nostro Paese è invece necessario il “green pass”, come appunto mangiare seduti al tavolo in una sala al chiuso di un ristorante, visitare un museo o un parco di divertimento.

La Certificazione non è richiesta, inoltre, per accedere da parte di bambini e ragazzi ai centri educativi per l'infanzia e ai centri estivi incluse le relative attività di ristorazione.

Tuttavia si ricorda che attualmente in caso di viaggio dall’estero in Italia, ai bambini con più di 6 anni è richiesto il tampone molecolare o antigenico rapido.

Per i viaggi fuori dall'Italia, i limiti sono decisi dai singoli Paesi e possono variare in base alla situazione epidemiologica.

Prima di metterti in viaggio, informati sui siti dei Paesi di destinazione.



Dinamica delle risposte anticorpali neutralizzanti SARS-CoV-2 e durata dell'immunità: lo studio longitudinale pubblicato su Lancet
barbara meoni
1/4/2021

https://www.ars.toscana.it/2-articoli/4 ... ncet.html#

Recentemente, numerosi gruppi di ricerca si stanno occupando del tema dell’immunità, studiando la diminuzione dei livelli degli anticorpi neutralizzanti contro SARS-CoV-2 nei pazienti che hanno superato la malattia o che sono stati sottoposti a vaccinazione.

A questo proposito la rivista The Lancet ha pubblicato l'interessante articolo Dynamics of SARS-CoV-2 neutralising antibody responses and duration of immunity: a longitudinal study, in cui i ricercatori hanno indagato i valori di picco, le dinamiche di riduzione degli anticorpi neutralizzanti e la maturazione delle IgG in correlazione con parametri clinici osservati in pazienti dopo il ricovero per Covid-19.

Si tratta di uno studio longitudinale, che ha coinvolto 517 pazienti dei quali 288 hanno acconsentito al follow-up ambulatoriale della durata di 180 giorni dall’inizio della sintomatologia. Dei pazienti che hanno dato il consenso, sono stati seguiti longitudinalmente 164 pazienti poiché presentavano adeguati campioni di sangue per l’effettuazione delle analisi di laboratorio con un totale di 546 campioni di siero raccolti sia durante il ricovero che alla dimissione, inclusi 128 campioni di sangue prelevati fino a 180 giorni dopo l'insorgenza dei sintomi. Il cambiamento temporale e i livelli di anticorpi neutralizzanti sono stati classificati in cinque gruppi e utilizzati per prevedere la longevità dell'immunità anticorpale neutralizzante.

La ripartizione del numero di campioni in ogni punto temporale era il seguente: 64 campioni a 14 giorni dall’insorgenza dei sintomi, 39 campioni a 21 giorni dall'insorgenza dei sintomi, 127 campioni a 28 giorni dall'insorgenza dei sintomi, 30 campioni a 60 giorni dall'insorgenza dei sintomi, 158 campioni a 90 giorni e 128 campioni a 180 giorni dall'insorgenza dei sintomi. Il 26% (n=42) dei pazienti erano donne, e l'età media era di 44 anni. Il 44% dei 164 pazienti aveva almeno una comorbidità (ipertensione, diabete). Nessun paziente aveva una storia documentata di pregressa infezione da SARS-CoV-2.

In base all’andamento della retta di regressione (pendenza) e al superamento della soglia di significatività di inibizione stabilita al 30%, sono stati identificati cinque modelli distintivi di dinamica degli anticorpi neutralizzanti:

negativo, individui che non hanno sviluppato, agli intervalli adottati nello studio, anticorpi neutralizzanti al livello di inibizione del 30%: 19 pazienti [12%] su 164
rapida diminuzione, individui che avevano livelli variabili di anticorpi neutralizzanti da circa 20 giorni dopo l'insorgenza dei sintomi, ma sono regrediti in meno di 180 giorni: 44 pazienti [27%] su 164
lenta diminuzione, individui che sono rimasti positivi agli anticorpi neutralizzanti 180 giorni dopo l'insorgenza dei sintomi: 52 pazienti [29%] su 164
persistenti, sebbene con livelli di picco variabili di anticorpi neutralizzanti, questi individui presentavano un decadimento anticorpale neutralizzante minimo: 52 pazienti [32%] su 164
risposta ritardata, un piccolo gruppo ha mostrato un aumento inaspettato di anticorpi neutralizzanti durante la convalescenza tardiva (a 90 o 180 giorni dall'esordio dei sintomi: 3 pazienti [2%] su 164.

Gli autori sottolineano che il meccanismo e il significato di questo risultato non è chiaro.

Per quanto riguarda le IgG, le analisi hanno mostrato tre importanti risultati: i livelli di avidità degli anticorpi IgG leganti il dominio di legame del recettore (RBD) erano correlati ai livelli e ai tassi di diminuzione dell'anticorpo neutralizzante in tutti i gruppi di pazienti; per i gruppi: negativo, a rapido e a lento declino, il cambiamento dell’avidità era dovuto ad una cinetica bifasica caratterizzata da un aumento più rapido nella prima fase (dai giorni 15–30 dopo l'insorgenza dei sintomi) rispetto alla seconda fase (dai giorni 31–180 dall’insorgenza dei sintomi); nel gruppo persistente, l'avidità ha raggiunto un livello elevato molto presto (15-30 giorni dopo l'insorgenza dei sintomi) e ha mostrato un cambiamento bifasico meno evidente.

Per indagare la possibile correlazione fra livelli di citochine e declino degli anticorpi, è stata effettuata una profilazione delle concentrazioni di citochine e chemochine e fattore della crescita nel plasma a 30 e 180 giorni dall'insorgenza dei sintomi in tutti i gruppi di pazienti. I livelli più alti sono stati osservati nel gruppo persistente rispetto a tutti gli altri gruppi.

Al contrario, le risposte delle cellule T erano simili tra i diversi gruppi.

Ulteriori differenze nella persistenza degli anticorpi neutralizzanti è stata associata a fattori quali l’età, la presenza di comorbidità e sintomatologia con una progressione graduale dal gruppo negativo al gruppo persistente, per cui i pazienti con una più elevata persistenza anticorpale erano più anziani e presentavano comorbidità quali ipertensione e diabete.

Sulla base delle diverse dinamiche di decadimento, i ricercatori hanno stabilito un algoritmo di predizione, che ha rivelato un'ampia gamma di longevità degli anticorpi neutralizzanti, che varia da circa 40 giorni a molti decenni.

Pertanto, nonostante le dinamiche di risposta anticorpale neutralizzante nei pazienti sopravvissuti a COVID-19 varino notevolmente, e la previsione della longevità immunitaria possa essere determinata con precisione solo a livello individuale, gli autori sottolineano l'importanza dell’associazione esistente fra gruppo con risposta immunitaria persistente, livelli più elevati di citochine e chemochine e gravità della malattia.

Sebbene siano necessari studi clinici ed epidemiologici per rispondere a importanti domande cliniche riguardanti l'immunità protettiva a lungo termine e il livello di anticorpi neutralizzanti, i risultati raggiunti potrebbero avere implicazioni sostanziali in termini d’immunità di popolazione.


A cura di:
Caterina Silvestri, Agenzia regionale di sanità della Toscana
Cristina Stasi, Centro Interdipartimentale di Epatologia CRIA-MASVE, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, AOU Careggi
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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » ven dic 24, 2021 6:34 am

I contagi sopra quota 36mila, altre regioni verso il giallo e 4 in arancione da gennaio
Raddoppiano i bambini ricoverati in ospedale. "Figli di genitori No Vax"
Patricia Tagliaferri
23 Dicembre 2021

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 1640244943

Con i casi in costante aumento, che ieri hanno superato quota 36mila, spinti dalla nuova variante, e i contagi che si moltiplicano tra i bambini come mai prima d'ora, l'Italia si prepara a vivere un Natale in allerta. Altre regioni sono destinate a passare in giallo, oltre al Veneto, il Friuli Venezia Giulia, le province di Bolzano e Trento, la Liguria, le Marche e la Calabria. E se non si arrestano i contagi Friuli, Veneto, Liguria e Calabria a gennaio potrebbe passare in arancione.

Nell'ultimo bollettino si registra un nuovo balzo delle infezioni (36.293) e la crescita dei ricoveri ordinari, 163 in più per un totale di 8.544. I morti sono stati 146, mentre sono in lieve calo (-2) le terapie intensive, dove i letti occupati sono 1.010, con una crescita del 5% nell'ultima settimana e una netta prevalenza dei no vax, che sono il 70% dei ricoverati e per lo più giovani. Anche nei reparti ordinari, secondo l'ultimo report degli ospedali sentinella di Fiaso (che si riferisce alla rilevazione effettuata il 21 dicembre in 21 strutture sanitarie e 4 ospedali pediatrici) si è registrato un incremento del 16,7% dei non vaccinati, mentre gli immunizzati sono diminuiti del 2%, a conferma che è un'epidemia a due velocità. Tra i non vaccinati è da registrare il raddoppio della percentuale dei ricoveri pediatrici, salita al 96%. Il 49% dei piccoli pazienti ha un genitore non vaccinato e ben il 38% sia il papà che la mamma. Si tratta di bambini molto piccoli: il 69% non ha più di 4 anni. «Il report degli ospedali sentinella - commenta il presidente Fiaso, Giovanni Migliore - evidenzia come anche i minori possano essere colpiti dal virus e finire in ospedale: per chi ha più di 5 anni è necessario vaccinarsi, per i bambini fino a 4 anni, invece, l'unica protezione che possiamo offrire è quella di chi li circonda e in particolare dei genitori. Vaccinarsi significa proteggere se stessi e gli altri».

In molte regioni si sono registrati picchi di contagio e quelle che hanno i reparti ospedalieri vicino alla soglia critica si preparano al passaggio di fascia, non appena sarà pubblicato il monitoraggio dell'Iss. Il Piemonte, con i 3.290 casi di ieri e l'occupazione dei posti letto e delle terapie intensive al limite, dovrebbe passare in giallo da lunedì. Intanto il presidente della Regione, Alberto Cirio, è pronto a firmare un'ordinanza che anticipa a domani l'obbligo di mascherina all'aperto per cercare di mettere in sicurezza le festività. Le altre disposizioni previste dalla zona gialla, comprese quelle relative ai ristoranti e agli impianti di sci, entreranno in vigore soltanto con l'ingresso del Piemonte nella nuova fascia. Il presidente del Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, prevede invece che la sua regione al momento non cambierà colore. «Ma visto che questo virus riserva spesso sorprese negative è bene usare la massima cautela», dice. In bilico anche l'Emilia Romagna. «Finora siamo ancora sotto la soglia per la zona gialla, che dipenderà dalla quantità di contagi che ci sarà con la nuova variante ma anche dalla velocità con cui vaccineremo», spiega l'assessore alla Salute, Raffaele Donini. Nella regione la saturazione dei reparti di terapia intensiva e di quelli ordinari è al 12%, dunque sopra il livello di guardia nel primo e sotto nel secondo.

Con i dati di oggi si saprà se anche la Lombardia, che ha superato la soglia del 10% nelle intensive ed è quasi al limite di quella dei ricoveri ordinari, è destinata a passare in giallo. Intanto ieri si sono registrati 10.569 positivi. Un numero record per la regione: solo nel novembre dello scorso anno si erano registrati numeri più alti. In giallo, verso fino anno, anche Lazio e Sicilia.


Non esiste il demenziale diritto a infettare il prossimo in nome della libertà, se sei infetto te ne stai a casa in quarantena o all'ospedale in cura o se non sei infetto e puoi vaccinarti ti vaccini o te ne stai a casa e non vai in giro ad infettarti e ad infettare il prossimo.

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Re: Benedetto vaccino, finalmente sei arrivato!

Messaggioda Berto » mar gen 04, 2022 8:51 pm

Lettera aperta a chi è contrario al vaccino
Carlo Pento
Vicenza, 03 gennaio 2022

Caro NO VAX, hai assolutamente il diritto di essere contrario al vaccino, per motivi etici o per paura di reazioni avverse o di fantascientifiche inoculazioni manipolatorie (controllo della persona, sterilità, riduzione della speranza di vita, …). Hai il diritto di non fidarti della comunità scientifica, puoi anche sospettare dei numeri ufficiali. Ma non puoi chiudere gli occhi! Ti prego di osservare attentamente il tuo intorno di vita, magari un po’ più allargato rispetto alla prima cerchia.
Il principio di prudenza che invochi per i vaccini, applicalo anche per le conseguenze del virus e rispetta idee, paure e ansie degli altri. Non puoi credere di essere solo tu a conoscere la verità e che gli altri siano solo una massa di pecoroni. Personalmente faccio molta fatica ad immaginare complotti cosmici, protratti nel tempo e che coinvolgono milioni di persone; è impensabile che governanti e operatori sanitari di tutto il mondo siano loschi speculatori criminali.
Dici che paghi le tasse e perciò pretendi che il Sistema Sanitario ti curi! Hai mai provato a metterti nei panni di chi, maggioranza assoluta, ha corso quei rischi ‐ che tu non vuoi correre ‐ e si è vaccinato? I malati di tumore,
cardiopatie, diabete e altre patologie per le quali non esistono vaccini, sono forse figli di un Dio minore? Pagano anche loro le tasse e si vedono rinviare esami diagnostici e interventi chirurgici non urgenti, con danni immediati e nel tempo. Chi misurerà questi danni? Qualcuno si rivolge alla sanità privata, e chi non può permetterselo?
Non pensi di rubare pezzi di vita ad altri malati (extra COVID 19) visto il cambio di priorità sanitaria messo in atto per fronteggiare le ospedalizzazioni da COVID principalmente dei non vaccinati? Allora urli che la sanità pubblica è stata rovinata, ma dov’eri tu in quei momenti? Proclami che dovrebbe essere potenziata. Io credo che tanto sia stato fatto in questo senso, sicuramente c’è margine di miglioramento. Ma non è certo pensabile che tutte le risorse della comunità vadano ancora dirottate nella lotta al virus, come iustamente fatto nei primi mesi della pandemia, quando del virus si conosceva poco o nulla. La scienza ha trovato alcune soluzioni, tra cui i vaccini, che nella primavera 2020 sarebbero state accettate senza riserve;
anzi, qualche vergognoso, per paura della morte, ha fatto carte false per saltare la fila. Ti ricordo poi che, in nome del contenimento del virus, abbiamo sopportato a denti stretti: obbligo di mascherine, distanziamenti, sanificazioni, drammatiche chiusure di attività, … , mesi di pesante confinamento e un fastidioso coprifuoco inimmaginabili a 75 anni dall’ultima guerra sul nostro territorio.
Non chiederti solo cosa deve fare lo Stato per te, ma anche cosa puoi fare tu per lo Stato, cosa puoi fare tu per la Comunità? Non dimenticarti mai che lo Stato siamo tutti noi, e se non sempre è così è perché siamo distratti,
indifferenti e forse anche un po’ egoisti.
Siamo sulla stessa barca, ma tu piagnucoli e batti i piedi per terra come un bambino capriccioso, esigi le cure anche se non ti vaccini o un rimborso nel caso di danni da vaccino. Praticamente non vuoi assumerti nessun rischio e pretendi l’impossibile dallo Stato genitore. Però un Genitore non fa preferenze tra i suoi figli; spiega con chiarezza, consiglia, esorta, insiste, ma alla fine può imporre determinati comportamenti; e se non ti garba, “quella è la porta!”. Così funzionano le comunità. In emergenza si possono, si devono sacrificare pochi per il bene di tanti, non certo il contrario!
Il non vaccinarsi è una scelta volontaria! Se vogliamo tenere insieme questa libertà e rispettare chi invece vaccinandosi contribuisce alla prevenzione del contagio e alla riduzione degli effetti gravi della malattia, oltre agli attuali (rafforzabili) vincoli diversificati (distanze, mascherine, trasporti), si potrebbe istituire per i contrari al vaccino, l’obbligo di dotarsi di un’apposita assicurazione, come previsto per gli sport estremi, nella circolazione stradale, sulle piste da sci. In caso di positività al COVID del soggetto contrario al vaccino, la sua assicurazione versa al Servizio Sanitario Nazionale una determinata cifra per far fronte ai potenziali danni a terzi e copre parte dei costi dell’eventuale ospedalizzazione. Un’alternativa dura, ma equa, potrebbe essere un accesso diversificato ai servizi sanitari (in particolare l’ospedalizzazione ordinaria e intensiva) in base a precisi rapporti tra numero di vaccinati e contrari al vaccino, per esempio 80% posti/risorse riservati ai vaccinati e 20% posti/risorse per i contrari al vaccino; una volta raggiunta la quota ai servizi stabiliti per ciascuna categoria (vaccinati e contrari), bisognerà decidere con appositi protocolli chi lasciare a terra. Caro indeciso, perché aspetti di ammalarti, con conseguenze imprevedibili per te e il tuo intorno di vita? Caro NO VAX, perchè aspetti l’obbligo che ti vedrà vaccinato facendo la parte del martire? Ti sei messo con le spalle al muro, magari vorresti vaccinarti, ma hai paura di fare brutta figura; si dice che solo i morti e gli stupidi non cambiano mai idea. Forse, qualche sciocco ingeneroso infierirà sul tuo cambio di atteggiamento, ma tu fregatene e vaccinati!
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