Quanti sono i contagiati reali dal Covid-19 in Italia?
Per contagiati reali si intende quelli accertati in un determinato momento e quelli non accertati ma che si ipotizza esistano nello stesso momento.
Alcune stime di varia fonte, nelle scorse settimane hanno ipotizzato che l'epidemia abbia contagiato almeno il 30/35% della popolazione italiana.
Questi articoli ne è un esempio:
Coronavirus, "i contagiati in Italia sono 5-6 milioni"
Tre studi, di cui due italiani, convergono su questa cifra per stimare i cosiddetti sommersi: "Numeri alti per la diffusione del virus, troppo bassi per creare l'immunità di gregge". Entro aprile un lavoro nazionale del Consiglio superiore di sanità. Il viceministro della Salute, Sileri: "Queste proiezioni valgono solo per la Lombardia e i territori più colpiti".
06 aprile 2020
https://www.repubblica.it/cronaca/2020/ ... 253286203/
ROMA - Il primo a far decollare il concetto di "contagiati sommersi", intervistato da Repubblica, fu il riservato capo della Protezione civile, Angelo Borrelli: "Il rapporto di un malato certificato ogni dieci non censiti è credibile", disse riferendosi alle stime di chi sa. Oggi, con la sua Protezione civile che individua i positivi totali in 128.948, significherebbe un milione e 300 mila contagiati reali in Italia. Ma lavori medico-statistici aggiornati spingono in avanti la cifra: al 6 aprile, secondo le ricerche più aggiornate, gli affetti da coronavirus sono stimati tra cinque e sei milioni.
Borrelli: "I numeri sono altri. L'epidemia va più veloce della nostra burocrazia"
di CORRADO ZUNINO
Le parole di Borrelli erano confermate da uno studio accademico cinese di inizio marzo che, spostando l'attenzione sulla regione di Hubei, individuava proprio in quel rapporto - uno a dieci - il moltiplicatore da applicare nella Cina più colpita. Altri studi delle università cinesi parlano di uno a quattro. Ma il numero dei contagiati non avvistati, così importante sia per approntare politiche di contenimento che per comprendere a quali tempi le politiche devono riferirsi -, trova riscontro nel nostro Paese tra due ricerche lontane tra loro e approntate con metodologie diverse.
Il professor Carlo La Vecchia, docente di Statistica epidemiologica dell'Università di Milano, ha coordinato un'indagine Doxa sul Covid-19 che ipotizza un 10 per cento di italiani contagiati: sono sei milioni, "di cui un milione nella sola Lombardia". Bene, a questo lavoro, reso pubblico da La Stampa, ora si affianca un paper di dodici studiosi italiani, sottoposto in questi giorni a revisione internazionale, chiamato "The Covid-19, infection in Italy: a statistical study of an abnormally severe disease". Una malattia grave in maniera anormala. Bene, al 25 marzo scorso, con 74.300 mila casi positivi, gli infettati reali erano in un range tra 600 mila e 3,3 milioni. Oggi, quindi, seguendo la curva della crescita, i positivi sarebbero 5,7 milioni. Lo studio "An abnormally severe disease", coordinato dal professor Giuseppe De Natale, ribadisce le cifre - 5-6 milioni - dell'indagine Doxa del professor La Vecchia. "Sono numeri sufficientemente alti per mettere a rischio i sani, troppo bassi per garantire l'immunità di gregge", ha spiegato lo statistico della Statale. L'immunità di gregge prevede il 60-70 per cento di colpiti e, quindi, immunizzati per consentire una tutela per tutti i residenti.
E' interessante addentrarsi nel lavoro dei dodici studiosi (Cnr, Ingv, Università Federico II e Università Vanvitelli di Napoli e Università di Zurigo). La tesi è che i casi italiani sono "fortemente sottostimati" e si mette in comparazione la letalità specifica del nostro Paese - 12 per cento nel rapporto contagiati-deceduti, con percentuali maggiori in Lombardia - con i dati intorno al 4 per mille di Germania, Austria, Norvegia, Irlanda e Australia e con una letalità media dell'1-2 per cento riscontrata negli Stati Uniti, in Danimarca, Belgio e Portogallo. Lo studio italiano prende in esame il fatto che il 23 per cento dei connazionali sia fumatore, ma la media europea sale al 29 per cento; che l'area al di sopra del Po sia tra le più inquinate d'Europa, ma ve ne sono di altrettanto compromesse in zone industriali del continente; che la popolazione italiana sia la seconda più anziana al mondo - ma il Giappone, la nazione più vecchia, ha un indice di letalità più basso del nostro-. E ancora che abbiamo meno posti letto e terapie intensive, per esempio, della Germania. La questione centrale, sostiene però "An abnormally severe disease", non sono le sigarette, né l'inquinamento, neppure la sanità tagliata. La questione è la forte sottostima del dato dei contagiati. E la controprova ci è data dall'unico caso in cui, ad oggi, un'intera comunità è stata sottoposta a tampone: è accaduto sulla nave da crociera "Diamond Princess", ormeggiata a fine febbraio nel porto di Yokohama, in Giappone.
Bene, delle 3.711 persone a bordo della "Diamond Pricess", 705 sono risultate positive al tampone e 7 sono decedute. Nel "caso perfetto", perfettamente isolato e quindi ideale per uno studio statistico, il Covid è stato fatale all'un per cento dei presenti. Quello è il riferimento: un morto ogni cento contagiati. Anche le statistiche italiane dovrebbero tendere a questa letalità. Un milione e mezzo di persone affette, almeno, per salire a sei milioni di fronte a percentuali di letalità che in Italia possono essere comunque più alte (mai al 12 per cento oggi certificato).
Questi due lavori sono in linea, tra l'altro, con lo studio europeo realizzato lo scorso 30 marzo dagli epidemiologi dell'Imperial College di Londra: l'università inglese attribuisce al nostro Paese un'infezione diffusa pari al 9,8 per cento medio (in una forchetta larga, compresa tra il 3,2 e il 26 per cento). Il dato medio corrisponde a poco più di sei milioni di italiani, ecco.
Vi sono, ancora, monitoraggi di società private che, con campioni ridotti, portano il livello del contagio al 38 per cento (la Meleam di Bitonto che ha cercato gli anticorpi Igm-Igg). Per fare statistica seria la base considerata è insufficiente. Si rende necessario, per approfondire questo passaggio fondamentale in vista della fase 2 della convivenza, uno studio del Consiglio superiore di Sanità, nazionale e su un campione rappresentativo. Lo assicurano pronto entro il mese di aprile.
Interviene il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, e dice: "Queste proiezioni, uno a dieci e oltre, valgono solo per la Lombardia e i territori più colpiti, il Sud ha contagi più bassi".
“Il virus in Italia da ottobre, ha infettato il 35% della popolazione. Ma qualcuno non vuole raccontare la verità”
di Valeria D'Autilia
19 aprile 2020
https://www.lastampa.it/topnews/primo-p ... 1.38736850
«Almeno un italiano su tre è già entrato in contatto con il virus. Anche al Sud registriamo percentuali molto alte. Abbinando test e tamponi, potremmo liberare il 25 per cento della popolazione, individuando i soggetti immunizzati naturalmente». Pasquale Mario Bacco è un medico, autore con altri colleghi di uno studio sulla diffusione del Covid19 «un po’ scomodo e accreditato soprattutto all’estero» e di un test sierologico già scelto da ospedali, enti, aziende e colossi come Amazon e ...
In realtà le cose pare che stiano assai diversamente:
Campionatura sierologica degli operatori sanitari dell'Emilia Romagna per cercare gli infettati asintomatici guariti che hanno sviluppato gli anticorpi
8 maggio 2020
Notizia ascoltata oggi 8 maggio 2020 su Radio24 nella trasmissione pomeridiana Effetto Giorno
Esiste una campionatura recentissima fatta su 54mila operatori sanitari sani della Regione Emilia Romagna in cui i sieropositivi sani ossia coloro che sono stati infettati ma asintomatici e che hanno sviluppato anticorpi tali da non ammalarsi e poi rilevati dal test di campionatura appena terminato, risultano inferiori al 5%.
Campionatura fatta sulla categoria più a rischio quella sanitaria a contatto con gli infetti e in luoghi altamente contagiosi come gli ospedali, è probabile quindi che la media statistica nazionale sia inferiore e intorno al 3% comprensiva degli infettati morti e di quelli sintomatici e ammalatisi ma poi guariti.
Coronavirus. Già 30mila test sierologici consegnati a tutte le aziende sanitarie, partito lo screening del personale sociosanitario da Piacenza a Rimini
Bologna, 3 aprile 2020
https://salute.regione.emilia-romagna.i ... a-a-rimini
Coronavirus, è partito lo screening di massa a tutto il personale sociosanitario dell’Emilia-Romagna, da Piacenza a Rimini.
Il punto sui test sierologici - Effetto giorno | Radio 24
20 aprile 2020
Quanti italiani hanno fatto il Coronavirus? Al via il campionamento statistico su scala nazionale dei test sierologici. Ma già diverse regioni li stanno utilizzando da un mese. A Effetto Giorno facciamo il punto con il Presidente dell'Associazione Microbiologi Italiani, Pierangelo Clerici.
https://www.radio24.ilsole24ore.com/pro ... 27-AD4OHVO
https://podcast-radio24.ilsole24ore.com ... giorno.mp3
A partire dal minuto 34
"Danni cronici dopo il Covid". Cosa accade al nostro corpo
Alessandro Ferro - Gio, 14/05/2020
https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 62856.html
Quasi un guarito su tre andrà incontro a problemi cronici: polmoni, reni e fegato gli organi più a rischio. Ecco perché
Purtroppo, Covid-19 ce lo porteremo dietro a lungo, e non soltanto perché al momento non c'è ancora un vaccino. Adesso che i medici ne cominciano a sapere sempre di più, è emerso un dato allarmante: in un caso su tre, il virus lascia in eredità patologie croniche.
"Il 30% avrà problemi respiratori"
Sono soprattutto i polmoni, gli organi preferiti dal Coronavirus, ad andare incontro a complicazioni ma non gli unici. Si stanno valutando anche altre organi che possono essere colpiti in maniera diretta dal virus come nel caso di reni e fegato, anch'essi indiziati speciali per problematiche a lungo termine. "Ci ritroveremo con circa il 30% di guariti da Covid trasformati in malati cronici e colpiti soprattutto da difficoltà respiratorie", afferma al Fattoquotidiano il Prof. Maurizio Viecca, primario di Cardiologia all'ospedale Sacco di Milano, che mette già in allerta le strutture sanitarie che dovranno vedersela con i nuovi malati, i quali andranno monitorati con attenzione per capire quanti, effettivamente, rischiano danni permanenti.
"Tante trombosi nel sangue"
"Qui da noi abbiamo avuto persone dimesse e poi rientrate in ospedale dopo un mese con embolie, flebiti e vasculiti", sottolinea Viecca, il quale ha messo a punto un nuovo protocollo terapeutico (adottato anche negli Stati Uniti) nei pazienti più gravi con l'infusione di almeno cinque medicinali che ha mostrato ottimi risultati. La scoperta è stata possibile grazie all'autopsia su 38 pazienti deceduti per il Covid. "In tutti è stato riscontrato un parametro del sangue, detto D-dimero, molto alto ed espressione di trombosi", spiega il Prof. "Sono stati osservati trombi di fibrina di piccoli vasi arteriosi in 33 pazienti, metà dei quali con coinvolgimento dei tessuti e associati ad alti livelli di D-dimero nel sangue", riporta il report ancora in fase di pre-stampa, che sottolinea come il risultato più rilevante sia dovuto alla "presenza di trombi piastrinici-fibrinici in piccoli vasi arteriosi".
Scenari post Covid
Anche se non è ancora iniziato, per il dopo Covid sarà necessario "implementare la medicina territoriale per poter seguire i malati cronici al loro domicilio", suggerisce Viecca. All'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, uno degli epicentri "tsunami" della malattia, si è già pensato di istituire un ambulatorio apposito dove richiamare le migliaia di pazienti guariti. "In questi mesi abbiamo scoperto che Covid è una malattia che lascia segni importanti", spiega il dottor Luca Lorini, direttore delle terapie intensive a Bergamo, motivo per il quale si vogliono analizzare tre livelli di pazienti, "dai meno gravi a quelli finiti nelle terapie intensive e poi usciti". L'obiettivo del nuovo studio è capire quali sono e quanto sono grandi i danni che il virus lascia in eredità sulla singola persona.
"Avremo una nuova categoria di malati"
In Cina, dove tutto è iniziato, si sono accorti di come un paziente su tre dopo le dimissioni abbia mostrato una capacità respiratoria ridotta del 30%. In pratica, possono insorgere problemi anche dopo una semplice passeggiata. "Reliquati polmonari ci sono, per questo avremo una coorte di pazienti che avrà dei residuati fibrotici a livello polmonare e diventerà una nuova categoria di pazienti con malattie polmonari e insufficienza respiratoria, che rappresenterà certamente un nuovo problema sanitario", fa sapere Luca Richeldi, pneumologo al Policlinico Gemelli di Roma, membro del Comitato tecnico scientifico e presidente della Società italiana di pneumologia, che conferma il quadro del dottor Viecca. Il triste scenario è confermato anche dal professor Massimo Galli del Sacco di Milano, per il quale, in molti casi, le compromissioni polmonari saranno irreversibili.
Piero Chiambretti: “Mi hanno salvato solo le carezze degli angeli in corsia”
Il ricovero d'urgenza e la morte della madre contagiata insieme a lui. Nella lettera a Repubblica il racconto del dramma e del ritorno alla vita
di PIERO CHIAMBRETTI
15 maggio 2020
https://www.repubblica.it/cronaca/2020/ ... 256646383/
CARO direttore, il 16 marzo sono stato ricoverato d'urgenza all'Ospedale Mauriziano di Torino per tre focolai di polmonite a causa del Covid-19. Un giorno che non potrò mai dimenticare. Il pronto soccorso, i suoi rumori, la confusione di medici e malati, le barelle, le mascherine, sensazioni di qualcosa che avevo visto alla televisione, ma che dal vivo erano un'altra cosa: più definite, più realistiche e tangibili, che allontanavano il rumore fastidioso delle parole della tv, così vuote e lontane. Passare dall'interessarsi degli sviluppi del virus, ad esserne colpito, cambia la prospettiva in modo netto.
Il reparto 'Covid' era allestito nello stesso pronto soccorso del quale ben presto avrei conosciuto tutto o quasi. Lo smarrimento iniziale di tutti era l'incertezza. Gli occhi di quelli che arrivavano ad ogni ora, come in un ospedale militare da campo, erano spalancati, terrorizzati, in cerca di qualche segnale di conforto. E da subito quel segnale arrivò da un gruppo di infermieri e medici che, bardati al punto di non riconoscerli e scambiarli, si fecero partecipi del nostro dramma. La cosa che subito mi colpì di questi angeli fu l'età: tutti giovanissimi con una energia che trasmettevano ogni volta che li chiamavi, sempre sorridenti e rassicuranti, anche laddove le condizioni di salute non erano buone. Non avevano ricette per una pronta guarigione, non avevano la pillola magica che fa tornare tutti a casa, ma la loro efficienza mischiata alla grande umanità erano una medicina molto più forte delle medicine sperimentali che somministravano. Sempre presenti, il giorno come la notte, sempre vestiti dalla testa ai piedi con le maschere protettive che lasciavano evidenti segni in faccia.
Il personale medico aveva una caratteristica condivisa: la passione per il proprio lavoro. Si percepiva dai dettagli. Uno sguardo, una carezza, una stretta alla mano quando il morale scendeva come i valori sul monitor. Col passare dei giorni questi esempi di una Italia meravigliosa sono diventati familiari: ci chiamavamo per nome e la sensazione che ho avvertito nitidamente è che spesso si sostituissero ai famigliari che molti non avrebbero visto mai più. Io li ricordo tutti con affetto per come ci hanno seguito, tanto che molti di loro li abbiamo sentiti ancora dopo essere stati dimessi.
La mia storia è tristemente nota. In pochi giorni nello stesso reparto ho perso mia mamma, ma anche con lei il personale medico è stato perfetto, hanno tentato di tutto per salvarla, dandomi un sostegno psicologico nelle ore più difficili. Qualcuno, non so dove, ha scritto che ho avuto un trattamento di favore. Nulla di più falso. Dentro quelle stanze eravamo tutti uguali con un obiettivo comune: salvare la pelle. Pensare che ci fossero dei favoritismi è un torto che si fa a persone che oltre a lavorare in condizioni difficili hanno perso la vita per tanti di noi.
La mattina successiva la morte di mia mamma, io miracolosamente ho cominciato a stare bene (grazie Felicita), tanto da essere dimesso dopo una settimana e due tamponi negativi. Era un lunedì pomeriggio, quando impreparato a lasciare l'ospedale sono tornato a casa in taxi in pigiama, considerato che portato via d'urgenza quindici giorni prima a sirene spiegate, non avevo neppure una borsa.
Chiambretti, dopo il dramma del coronavirus la mascherina della curva Maratona
Ricordo la soddisfazione negli occhi degli infermieri e dei medici nel consegnarmi una cartella clinica dall'happy end quasi come fosse guarito uno di loro. Oggi che sono a casa e leggo che 160 tra medici, infermieri e personale sanitario, hanno perso la vita per salvare quelle altrui che in molti casi neanche conoscevano, mi si stringe il cuore e penso come il nostro Paese ha in queste persone degli esempi da cui imparare tanto.