Bolsonaro, il Brasile e il coronavirus

Bolsonaro, il Brasile e il coronavirus

Messaggioda Berto » mer apr 29, 2020 1:10 pm

Bolsonaro, il Brasile e il coronavirus
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Brasile
https://it.wikipedia.org/wiki/Brasile

superficie 8 514 877 km²
abitanti 213.724.704
Pil 1 868 184 di $ reddito medio procapite circa il 30%di quello italiano


In questo paese ci vivono 200 milioni di persone grazie anche all'apporto del lavoro dei veneti migrati in questa terra a partire dall'ottocento che l'hanno resa più vivibile, civile, moderna e ricca.
Solo con la foresta e di foresta potrebbero a malapena sopravvivere meno di 2 milioni di persone.




Santa Catarina è uno dei 27 stati federati del Brasile, localizzato al centro della Regione Sud. La sua capitale, nonché sede del governo è la città di Florianópolis, il cui 97% del territorio si trova sull'isola di Santa Catarina. Lo stato ha il 3,4% della popolazione brasiliana e produce il 3,8% del PIL brasiliano.
https://it.wikipedia.org/wiki/Santa_Catarina


Il Rio Grande do Sul è uno Stato federato del Brasile, la cui capitale è Porto Alegre. Confina a nord con lo Stato brasiliano di Santa Catarina, a est con l'Oceano Atlantico, a sud con l'Uruguay e a ovest con l'Argentina. Lo Stato, che ha il 5,4% della popolazione brasiliana, genera il 6,6% del PIL brasiliano.
La popolazione è composta prevalentemente da etnie europee (discendenti di immigrati italiani e tedeschi soprattutto.
https://it.wikipedia.org/wiki/Rio_Grande_do_Sul

San Paolo (São Paulo) è uno stato del Brasile (capitale San Paolo) situato nella parte sud-occidentale del paese tra l'oceano Atlantico e il fiume Paraná. È lo stato federato più grande del Brasile per popolazione. Lo stato, che ha il 21,9% della popolazione brasiliana, genera il 33,9% del PIL brasiliano.
https://it.wikipedia.org/wiki/San_Paolo_(stato)
La popolazione di San Paolo è composta in gran parte da persone con origini italiane: 13 milioni di oriundi italiani; 32,5% della popolazione locale. San Paolo ha più italiani rispetto a qualsiasi regione d'Italia. Sono anche molto presenti i discendenti di portoghesi, spagnoli, tedeschi, libanesi e giapponesi; infatti, la comunità giapponese di San Paolo è la più significativa al mondo fuori della madrepatria.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Bolsonaro, il Brasile e il coronavirus

Messaggioda Berto » mer apr 29, 2020 1:11 pm

In Veneto il paese del probabile presidente brasiliano Bolsonaro
Il Sole 24 ORE
26 ottobre 2018

https://www.google.com/search?client=fi ... +bolsonaro

Roma, (askanews) - È stata una sorpresa per i Bolzonaro di Anguillara veneta, in provincia di Padova, scoprire di essere imparentati con quello che presto potrebbe diventare il presidente del Brasile. Jair Bolsonaro è di origini venete.

La famiglia si spaccò in due tra quelli che restarono al paese e quelli che emigrarono per cercare la fortuna nel XIX secolo. Nella parrocchia del paese, le registrazioni dei battesimi, che risalgono al 1630, mostrano con cura la sequenza dei Bolzonaro.

C'è anche il battesimo di Vittorio Bolzonaro, nato il 12 aprile 1878, bisnonno del candidato di estrema destra che secondo i sondaggi dovrebbe uscire vincente dal ballottaggio presidenziale brasiliano. Arrivò in Brasile a 10 anni, assieme alla sorella più piccola Giovanna e al piccolo Tranquillo, al seguito dei genitori.

"Ci sono molti Bolzonaro che hanno lasciato il paese per il Brasile" racconta il sindaco Luigi Polo, "in particolare dal 1886 in poi, per lavorare nelle piantagioni di caffè al posto degli schiavi".

"Tra i tanti che sono partiti ci sono anche diverse famiglie Bolzonaro, compreso un Angelo Bolzonaro, coniugato con Remo Francesca, partito il 22 aprile 1888".

Il ramo brasiliano della famiglia ha perso col tempo la "z", spiega Emilio Bolzonaro, residente di Anguillara veneta. "E' scritto con la Z, ma la pronuncia è con la S, Bolsonaro nel nostro dialetto".

E Anna Bolzonaro, 26enne laureata in biologia, dice divertita di essere stata contattata da Bolsonaro al telefono ma di aver ignorato il suo messaggio. "Mi è arrivato un messaggio che io ho completamente ignorato, ho letto Jair Bolsonaro e mi diceva che poteva essere un mio parente alla lontana, ma io non gli ho dato peso per il discorso della Z".



Nel paese brasiliano a maggioranza veneta Bolsonaro è al 90% nei sondaggi
26 0ttobre 2020

https://www.globalist.it/world/2018/10/ ... 32798.html

Sono i discendenti dei nostri emigranti, proprio come lo è l’ex capitano, i brasiliani che più lo stanno ricoprendo di consensi. Il legame comune è remoto nel tempo ma la compattezza è da caserma, qui nel sud bianco del Brasile, Stato di Santa Catarina, in un triangolo agricolo dove le città si chiamano Nova Veneza, Caravaggio e Treviso e nove abitanti su dieci sono discendenti di veneti. A Treze de Maio, 7.000 abitanti, la guida ricorda la delusione di chi «dovette aprirsi spazio nella foresta a colpi di ascia e costruire le prime baracche di legno». Altro che l’America opulenta sognata sulla nave. Quattro generazioni dopo e seduti su un relativo benessere, i Bortolotto e i Piovesan hanno regalato a Bolsonaro l’83,9 per cento dei voti al primo turno. Record assoluto tra i 5.570 municipi del continente brasiliano. A Nova Veneza il Capitano si è fermato al 77 per cento, ma «arriveremo facilmente al 90 domenica», promette la convinta Susan Bortoluzzi, assessore al Turismo e anima del rilancio della sua cittadina, come «capitale della gastronomia italiana in Brasile», con tanto di gondola e gondoliere in una vasca della piazza centrale.

È stata una sorpresa per i Bolzonaro di Anguillara veneta scoprire di essere imparentati con quello che domenica potrebbe diventare il presidente del più grande paese del Sudamerica, il Brasile. Jair Bolsonaro è infatti di origini venete.

“Non sapevamo nulla di questo, è stata una sorpresa quando il sindaco ce l’ha detto giorni fa”, dice Emilio Bolzonaro, che vive vicino ai campi dove gli antenati erano mezzadri. I Bolzonaro “servivano i nobiliveneziani”, dice un altro della famiglia, il 65enne Franco.

La famiglia si spaccò in due tra quelli che restarono al paese e quelli che emigrarono per cercare una migliore vita nel XIX secolo.

Nella parrocchia le registrazioni dei battesimi, che risalgono al 1630 mostrano con cura la sequenza dei Bolzonaro. “Qui c’è il battesimo di Vittorio Bolzonaro, nato il 12 aprile 1878”, dice il parroco Claudio Minchellotto. Si tratta del bisnonno di Jair Bolsonaro, il candidato di estrema destra che secondo i sondaggi dovrebbe uscire vincente dal ballottaggio presidenziale brasiliano di domenica. Arrivò in Brasile a 10 anni, assieme alla sorella più piccola Giovanna e al piccolo Tranquillo, al seguito dei genitori.

“Ci sono molti Bolzonaro che hanno lasciato il paese per il Brasile, in particolare dal 1886 in poi, per lavorare nelle piantagioni di caffè al posto degli schiavi”, racconta il sindaco Luigi Polo. Il ramo brasiliano della famiglia ha perso col tempo la “z”, anche perché nei dialetti veneti la “z” è pronunciata “s”.

“Questa storia mi fa ridere”, dice Anna Bolzonaro, una 26enne laureata in biologia. Pochi mesi fa Jair Bolsonaro la contattò su Facebook. “Ma io non risposi: non sapevo chi fosse”, ammette la ragazza.

Tra il 1876 e il 1920 qualcosa come 365.710 emigranti veneti arrivarono in Brasile, secondo l’Istituto brasiliano di geografia e statistica IBGE. Ad Anguillara veneta praticamente chiunque ha un qualche parente lontano nel paese sudamericano. Ma, in un secolo, il Veneto si è trasformato in paese di miseria ed emigrazione in una delle più ricche e industrializzate regioni d’Europa. Ora il Veneto è regione d’immigrazione ed è una roccaforte storica della Lega.

Il governatore della regione, Luca Zaia, ha detto che festeggerà domenica, se Bolsonaro vincerà. E ha soprannominato il candidato presidenziale “Salvini carioca”. Ma Anguillara non aprirà le bottiglie di champagne, ha assicurato il sindaco Polo. Il probabile presidente brasiliano sarà ben accetto se visiterà il paese delle sue radici, ma molti dei Bolzonaro con la “z” non apprezzano granché la sua reputazione di misogino, razzista e omofobo.
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Re: Bolsonaro, il Brasile e il coronavirus

Messaggioda Berto » mer apr 29, 2020 1:11 pm

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Re: Bolsonaro, il Brasile e il coronavirus

Messaggioda Berto » mer apr 29, 2020 1:12 pm

???


Bolsonaro se ne infischia del Coronavirus: compra ciambelle e si fa selfie con i passanti a Brasilia
10 Aprile 2020

https://tv.iltempo.it/home-tv/2020/04/1 ... r-1312784/

Il presidente del Brasile Jair Bolsonaro è stato contestato ieri sera a Brasilia mentre acquistava una ciambella in una panetteria. "Vai a casa" e "Bolsonaro via" gli hanno urlato alcune persone dagli appartamenti vicini al locale dove si era recato, altre - come mostra il video diventato virale su Twitter dove è stato pubblicato dal figlio da Eduardo Bolsonaro, figlio del presidente - hanno suonato pentole e coperchi in segno di disapprovazione. I dipendenti della panetteria invece sono stati felici del fatto che Bolsonaro si sia recato nella loro attività. Anche altre persone fuori dal locale gli hanno chiesto di far qualche selfie assieme e il presidente è stato felice di prestarsi a qualche fotografia. Tutto ciò in barba alle misure di contenimento che sono in vigore anche in Brasile e che appunto vietano di avvicinarsi alle altre persone per non facilitare la trasmissione del coronavirus. Anche in Brasile molte attività sono chiuse, ma non le panetterie che rientrano in quel tipo di locali che possono restare aperti pur rispettando le misure di sicurezza.
Nelle scorse settimane Bolsonaro non ha nascosto le sue perplessità nei confronti delle misure di contenimento anti-coronavirus, sostenendo che rischiano di mettere in ginocchio il Brasile dal punto di vista economico. All’inizio dell’emergenza il presidente aveva definito il coronavirus una "leggera influenza" per poi rivedere le sue posizioni davanti alla crescita dei decessi per Covid19, arrivati quasi a mille, e degli oltre 17mila contagi.



???
I passi falsi di Bolsonaro che rischiano di dissolvere la sua presidenza
Antonello Marzano
28 aprile 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... residenza/

Sergio Moro, il giudice che condannò Lula e divenne l’icona della rivolta popolare contro i soprusi e il malgoverno della sinistra, si dimette da ministro della giustizia del governo Bolsonaro. Pochi giorni fa era stato licenziato, in piena crisi coronavirus, il ministro della sanità Mandetta, che stava dando buona prova di sé andando a sbattere però contro un’infantile esibizione di forza del presidente a favore di una sia pur giustificabile posizione per la ripresa immediata dell’economia.

L’immagine di Bolso, travolto dalla propria inadeguatezza, sembra ormai al tramonto e le voci sempre più insistenti di un possibie impeachent sono ormai all’ordine del giorno.

Un tramonto che sarebbe assai prematuro, ma giunto attraverso una incalzante serie di gaffe politiche mal gestite ed anzi alimentate dalla devastante arroganza del comportamento pubblico del presidente e soprattutto dei suoi figli. Nulla di più esplosivo e pericoloso di un cocktail “potere più ignoranza”: in Italia ne sappiamo qualcosa, ma i brasiliani lo hanno potuto verificare direttamente lungo i 15 anni delle presidenze targate Lula e PT, il Partido dos trabalhadores.

E quindi scenari a tinte fosche si addensano sul futuro del gigante di argilla. Si fanno strada sullo sfondo le figure dell’attivissimo governatore di Sao Paulo, Joao Doria, e dell’altrettanto pimpante presidente della Camera Rodrigo Maia. Ma nel caso di impeachment prenderebbe quota la figura del vice di Bolsonaro, il generale Mourao, un moderato con i piedi ben piantati per terra e dalla presenza sobria e discreta: tutto il contrario del presidente.

In una prospettiva più lunga lo stesso Moro potrebbe decidere di candidarsi per dar corso ad eventuali ambizioni politiche, mai apertamente manifestate, ma alimentate dalla immensa popolaritá che l’infelice vicenda nel governo Bolsonaro non dovrebbe aver intaccato più di tanto, anzi… E resta sempre in piedi – ricordiamoci che siamo ai tropici – la prospettiva di un ritorno in gioco della sinistra luliana, sempre presente nel Paese, sia pure minoritariamente, grazie alla grande forza di attrazione delle politiche clientelar-assistenziali.

Infine, un quesito inquietante: il miglior ministro del governo Bolsonaro, Paulo Guedes, ministro dell’economia, quanto tempo ancora durerà? Appare sempre più un corpo estraneo nella compagine ministeriale anche se il presidente ne ha sempre parlato con enorme stima palesando quasi nei suoi confronti una sorta di complesso d’inferiorità, al punto che qualcuno arrivava a definire il governo in carica “governo Bolsonaro/Guedes”.

Per ora la sua “estraneità” si manifesta semplicemente per il suo figurare nelle foto di gruppo come l’unico ministro con la mascherina. Ma in breve altre, più serie, forme di dissonanza se non di vero e proprio dissenso dai comportamenti del presidente potrebbero segnare i tempi di un suo abbandono. Ma forse oggi è troppo presto per parlarne.




???
Il Brasile devastato dal Coronavirus, padre Dario Bossi: «Anche la Chiesa contro Bolsonaro»
di Giulia Cerqueti
24/04/2020

https://m.famigliacristiana.it/articolo ... -bossi.htm

Parla il superiore provinciale dei missionari comboniani nel Paese latinoamericano: «Il presidente cerca di mantenere una situazione politico-istituzionale di caos per un calcolo, ovvero per mantenere il controllo del potere conservando una base di consenso». Ma la Conferenza episcopale ha fortemente criticato la sua sottovalutazione della pandemia e ha chiesto ai cittadini di restare a casa e seguire le raccomandazioni sanitarie.

In Brasile, il Paese latinomericano con il numero più elevato di casi di Covid-19, è ancora trambusto istituzionale: oggi il ministro della Giustizia, l'ex giudice Sergio Moro - simbolo dell'inchiesta "Lava jato" (la Mani pulite brasiliana) che aveva portato all'arresto dell'ex presidente Lula - ha rassegnato le sue dimissioni, in opposizione alla decisione del presidente Jair Bolsonaro di esonare il direttore generale della polizia federale Mauricio Leite Valeixo, che era stato scelto per quel ruolo da Moro. Mentre i contagi aumentano, nel Governo continua uno stato di caos, collegato in gran parte alla gestione della pandemia, che Bolsonaro ha sempre continuato a minimizzare, opponendosi irresponsabilmente alle raccomandazioni sanitarie e contestando con forza il lockdown.

Il presidente della Conferenza eipiscopale brasiliana (Cnbb), l’ arcivescovo di Belo Horizonte dom Walmor Oliveira de Azevedo, ha commentato le dimissioni di Moro con una dichiarazione: «Il cambiamento nel ministero della Giustizia e della Sicurezza pubblica evidenzia l'intervento politico nel comando delle istituzioni che, nei parametri delle Costituzione federaòe, non possono smettere di avere autonomia e indipendenza. Si tratta di una cosa molto grave, che fa male ancora di più alla credibilità del Governo (...)».Ancora una volta la Chiesa cattolica torna ad espimersi ufficialmente e in modo chiaro contro la gestione politica di Bolsonaro. Un mese fa il presidente della Conferenza episcopale in un comunicato ha criticato con forza le esternazioni del presidente che ridicolizzava la paura per il virus definendolo una "influenzuccia". L'arcivescovo ha ribadito la necessità dell’ isolamento sociale: “Restate in casa (…). Speriamo che i poteri agiscano in modo tale da garantire un ordine sociale e politico adeguato”. «La Chiesa ha tenuto una posizione molto coerente, in linea con le raccomandazioni di prevenzione sanitaria contro il virus, lasciando la facoltà alle diocesi dei vari Stati di decidere se tenere aperte le chiese e celebrare le funzioni oppure no, in base alla situazione», osserva da San Paolo padre Dario Bossi, 48 anni, superiore provinciale dei missionari comboniani in Brasile, membro della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) e della Commissione delle Conferenza episcopale sull’ estrazione mineraria e l’ ecologia integrale.

Il presidente della Cnbb ha fatto di più: «Nella diocesi di Belo Horizonte ha dato la facoltà di tenere aperte le chiese come ospedali da campo per assistere i malati del Covid-19, se ne ce fosse stato bisogno, per diminuire la pressione sugli ospedali. Inoltre con la Caritas brasiliana nel periodo di Pasqua ha promosso una campagna capillare di distribuzione di alimenti e beni essenziali alle persone più in difficoltà».

Del resto, non è un caso se l'ex capitano dell'esercito diventato capo di Stato, che si dichiara formalmente cattolico, «si sia avvicinato molto al mondo delle chiese evangeliche, quelle che hanno largamente favorito la sua elezione e che appoggiano il suo estremismo. Bolsonaro è un opportunista religioso», chiarisce padre Bossi. «Usa molto la devozione e i simboli religiosi in chiave mediatica».

I comboniani in Brasile da alcuni anni sono presenti soprattutto nella regione amazzonica, negli Stati di Amazonas, Roraima, Rondonia e Maranhao, l’ area dove vive il 90% delle comunità indigene brasiliane. L'Amazzonia è la regione con i peggiori indicatori sociali del Brasile. Nello Stato di Amazonas il 48% della popolazione vive con la metà del salario minimo (90 dollari al mese), il 15% con due dollari al giorno. La preoccupazione di padre Dario per queste zone è molto forte. Le immagini degli scavi delle fosse comuni a Manaus, per seppellire i morti del Coronavirus, sono davanti agli occhi del mondo. Lo Stato di Amazonas è uno di quelli che sta soffrendo di più la pandemia.

Davanti a questa tragedia, dice padre Bossi, il presidente con le sue provocazioni ha oltrepassato il limite. «Il comportamento di Bolsonaro è intollerabile. In questo momento sul tema del Coronavirus siamo il Paese più ridicolizzato al mondo, a causa della sua incapacità politica di gestire in modo strutturato la pandemia». Bolsonaro vive una sorta di contraddizione: «Da un lato la disorganizzazione e il caos che non sono frutto di una ingenuità, ma viene mantenuto di proposito, in modo strategico, al fine del controllo del potere. C’ è anche l’ inefficienza politica, certo. Ma In pratica l’ operato di Bolsonaro risponde a un progetto di mantenimento del caos e del conseguente controllo come strumento per garantirsi il potere. In un momento di crisi di consensi, il presidente mira a mantenere l’ appoggio di un gruppo di fedeli, una fetta di popolazione non enorme ma sufficientemente ampia, coesa e arrabbiata, che si nutre del fanatismo, del populismo e di una avversione generica, di pancia, nei confronti della cosiddetta politica tradizionale. Molti analisti qui in Brasile - con i quali io sono d’ accordo - dicono che Bolsonaro non sta governando per il bene del Paese ma per la sua autodifesa».

Bolsonaro, dunque, è tutt’ altro che uno sprovveduto, le sue esternazioni, in netto contrasto con tutte le raccomandazione sanitarie, sono atti studiati. «Il presidente è molto abile: per giustificare la sua sottovalutazione della pandemia usa il pretesto dell’ economia che non deve fermarsi, fa leva su elementi semplificati per conquistare l’ appoggio di una parte della popolazione che lo ascolta. Lui che critica il populismo del Governo venezuelano, alla fine usa lo stesso, identico metodo populista. Le sue continue provocazioni alimentano la spaccatura sociale nel Paese».

E causano un continuo stato di confusione politico-istituzionale, con conseguenze gravi. Ad esempio, la recente revoca dell'incarico al ministro della Salute Luiz Enrique Mandetta, che è stato rimpiazzato da Nelson Teich, medico anche lui come il predecessore ma senza alcuna esperienza politica, scelto in quanto fedele all’ ideologia di Bolsonaro. «Ed è già chiaro che al nuovo ministro spetterà gestire la parte tecnica. Mentre tutta la gestione dell’ emergenza sarà affidata al nuovo numero due del ministero, l’ ennesimo ufficiale dell’ esercito, il generale Eduardo Pazuello. Stiamo assistendo a un processo di militarizzazione del Governo impressionante».

Domenica 19, il presidente ha preso parte a una manifestazione a Brasilia, davanti al quartier generale dell'esercito, nella quale i suoi sostenitori portestavano contro il lockdown e chiesto la sospensione del Parlamento e la concessione dei pieni poteri a Bolsonaro. «Ci sono state molte altre manifestazioni in tutto il Paese - non convocate direttamente dall presidente, ma caldeggiate e appoggiate dal suo entourage - che chiedevano la fine del blocco delle attività, associando questa richiesta a quella del rafforzamento dei poteri del presidente, contro i poteri legislativo e giudiziario. Proteste organizzate a bordo delle automobili: questo fa anche capire il profilo sociale dei manifestanti pro-Bolsonaro, non gente del popolo ma delle classi più abbienti, della borghesia medio-alta».

Per un certo periodo, osserva il provinciale dei comboniani, il problema dell’ emergenza pandemica quasi ha inibito e scoraggiato reazioni forti da parte dell’ opposizione, che si sentiva frenata dal criticare in modo netto le posizioni presidenziali per non compromettere ulteriormente la situazione di crisi a causa del virus. Ma ora qualcosa è cambiato. «Ad esempio domenica scorsa il presidente dell’ Ordine degli avvocati ha dichiarato su Bolsonaro: “Ha oltrepassato il Rubicone”, con una metafora riferita al mondo degli antichi romani». Di fatto, la grande maggioranza dei governatori degli Stati federati non ha seguito Bolsonaro, ha adottato misure di contenimento del contagio e imposto il lockdown. «Sempre domenica scorsa venti governatori hanno firmato una lettera in difesa della democrazia, opponendosi alla linea del presidente sulla pandemia e in generale sulla situazione politica. Mi sembra che nella coscienza sociale sia scattato qualcosa di nuovo: per vari ambienti e settori della società non è più possibile sopportare oltre. E' il momento di dire basta».
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Re: Bolsonaro, il Brasile e il coronavirus

Messaggioda Berto » mer apr 29, 2020 1:12 pm

Coronavirus - In Brasile Bolsonaro vince contro il lockdown. Ma il contagio è sottostimato e si scavano fosse comuni
Luigi Spera
24 aprile 2020

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/0 ... i/5780240/

Il forte contrasto tra le immagini di persone che, festeggiando la riapertura post-quarantena, si accalcano in un centro commerciale dello stato di Santa Catarina e quelle delle escavatrici che aprono fosse comuni nel cimitero di Manaus, in Amazzonia, per fare spazio ai morti per coronavirus, potrebbe essere quotidianità in Brasile per molti mesi. Un contrasto che rappresenta le contraddizioni politiche e sociali che attraversano il gigante sudamericano nel mezzo della maggiore crisi sanitaria della storia.

Dopo un lungo braccio di ferro, alla fine il presidente Jair Bolsonaro si avvia verso la sua vittoria contro le misure di contenimento della diffusione del Covid-19, grazie al supporto dell’apparato delle forze armate e attraverso l’azione dell’accondiscendente neo-ministro della sanità, Nelson Teich che, nella sua prima conferenza stampa, ha dichiarato che il governo federale sta lavorando alla definizione di nuove linea guida per orientare gli enti locali ad allentare le misure di distanziamento sociale adottate per contenere la pandemia. Nonostante il picco di contagi in Brasile sia ancora lontano e contro le indicazioni di esperti e dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

Il ministro non sarà solo. A lui è stata infatti affidata la tutela del generale Eduardo Pazuello nominato da Bolsonaro segretario esecutivo, come da lui stesso riferito “fino a quando tutto ciò non si risolverà”, riferendosi alla pandemia. “Il mio impegno con il presidente è di aiutare in tutto ciò che sarà necessario, forse quattro mesi. Non appena il Ministro Teich sarà in grado di selezionare le persone con cui lavorerà, li formeremo e organizzeremo il team di supporto”, ha riferito il generale.

Il ministro ha dichiarato che le nuove raccomandazioni, più blande, saranno distribuite entro una settimana. “Le misure di distanziamento, naturali e logiche, non possono non essere accompagnate anche da un programma di allentamento e uscita”, ha affermato Teich. Secondo la sua lettura “se è vero che bisogna che il 70 per cento della popolazione venga a contatto con la malattia perché ci sia immunità di gregge e se è vero che il vaccino impiegherà forse un anno o un anno e mezzo per essere pronto, e se come nel caso del Brasile non c’è una crescita esplosiva della malattia, non raggiungeremo mai questo numero prima del vaccino. Quindi cosa facciamo, fermiamo il paese per un anno e mezzo?”.

Per Teich, infatti, il numero complessivo di persone infettate dal Covid-19 è basso se comparato al numero della popolazione e con gli attuali tassi di contagio non sarà contagiato il 70 per cento della popolazione, come annunciato”, ha detto. “Ora abbiamo circa 45mila casi di coronavirus in Brasile. Se anche immaginassimo che ci fosse un grande margine di errore, diciamo di 100 volte inferiore, significherebbe che ci sono 4 milioni di contagiati su una popolazione di 212 milioni, quindi oltre a Covid ci sarebbero 208 milioni di persone sane”, ha sostenuto. Senza tuttavia considerare il numero di ricoveri, la necessità di cure in terapia intensiva e il fatto che gli ospedali in giro per il paese siano già ormai tutti saturi e spesso al collasso.

Il ministro può esprimersi così perché in Brasile la sottostima dei casi è palese. I numeri ufficiali del ministero parlano di 2.906 i morti per patologie riconducibili al contagio e almeno 45.757 malati. Tuttavia, mentre ad esempio, gli Stati Uniti hanno effettuato in media 8.866 test per milione di abitanti, il Brasile ne ha eseguiti 296. Secondo quanto rivela uno studio effettuato da un gruppo di scienziati e studenti di diverse università del paese, tra cui l’Università di San Paolo (Usp) e l’Università di Brasilia (UnB), il numero di casi sarebbe in virtù di ciò 15 volte superiore. Considerando il numero di 1.124 decessi ufficiali e il valore aggiustato stimato della popolazione infetta, alla data dell’11 aprile, secondo gli studiosi, il numero di contagiati era di 104.368 persone, con una sottostima pari al 93,4 per cento.

Un’analisi che trova fondamento nello studio presentato dalla Fondazione Oswaldo Cruz (Fiocruz) che mostra un aumento significativo dei ricoveri per la Sindrome respiratoria acuta grave (Srag) quest’anno. Alla data del 4 aprile di quest’anno, il Brasile ha avuto 33.500 ricoveri per Srag, ben al di sopra della media dal 2010, di 3.900 mila casi. Per infettivologi ed epidemiologi i dati indicano una sottostima di casi di Covid-19. La Srag può essere causata da altre patologie, ma in assenza di tampone, il Covid non può essere confermato. E così il numero di casi resta basso. E la retorica del governo può seguire il copione.
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Re: Bolsonaro, il Brasile e il coronavirus

Messaggioda Berto » mer apr 29, 2020 1:13 pm

«Vi spiego perché il Brasile ha fatto queste scelte sul coronavirus»
Helio Ramos, ambasciatore del Brasile in Italia
18 aprile 2020

https://www.corriere.it/esteri/20_april ... 80bf.shtml

Caro direttore,
In un paese con sfide socioeconomiche tanto complesse come il Brasile, la lotta contro una delle maggiori minacce mondiali degli ultimi tempi, il COVID-19, non può essere considerata in maniera semplicistica. Il Brasile ha compiuto sforzi per affrontare la pandemia sui tre fronti nei quali i suoi impatti si manifestano in maniera più chiara: nella salute, nella sfera sociale e nell’economia.

Il Governo brasiliano ritiene che l’equilibrio di tale triplice prospettiva contribuirà alla salute della popolazione, consentendo, nello stesso tempo, di garantirne il sostentamento in questo periodo di pandemia. All’inizio di febbraio, ancor prima che venisse rilevato il primo caso in Brasile e che l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarasse la pandemia, il Governo brasiliano si è anticipato e ha dichiarato lo stato di emergenza in modo da consentire la tempestiva preparazione del sistema sanitario e allertare la popolazione sulle precauzioni da prendere per affrontare il virus.

Il Governo, tramite misure provvisorie, leggi e decine di altri strumenti normativi, ha provveduto all’acquisto di attrezzature mediche e test, nonché all’assunzione di nuovi professionisti da inserire nel nostro Sistema Unico Sanitario, il SUS, riconosciuto come uno dei sistemi sanitari pubblici più inclusivi del mondo.

Nella sfera sociale, abbiamo approvato, già agli inizi dello scorso mese di febbraio, una legge che istituisce strumenti per affrontare l’emergenza, anche per quanto riguarda misure di isolamento, quarantena, effettuazione obbligatoria di esami, per citare alcuni esempi. Gli stati e i comuni brasiliani sono stati orientati a prendere in considerazione l’adozione di misure che evitino gli assembramenti di persone, riducano gli spostamenti per lavoro e il flusso urbano e promuovano il telelavoro e l’istruzione a distanza. Il Governo Federale ha raccomandato, inoltre, l’adozione di misure più drastiche, come l’istituzione della quarantena, a seconda del livello di occupazione delle unità di terapia intensiva.

Tali misure sono state applicate in momenti diversi e in forme diverse in ogni regione, a seconda del rischio di contaminazione che, in un paese di dimensioni continentali come il Brasile, deve essere valutato a livello locale. Non si deve dimenticare che il Brasile è più grande dell’Europa Occidentale e presenta realtà regionali molto diverse: determinare misure valide per tutto il territorio nazionale equivarrebbe a non considerare questa diversità, e ciò non avrebbe alcun senso.

Gli impatti delle misure di distanziamento sociale sull’economia non possono essere ignorati, dal momento che salute e mezzi di sussistenza sono direttamente correlati. Pertanto, tra le varie misure economiche adottate, il Governo Federale ha creato un contributo emergenziale di circa 110 euro al mese per assistenza ai lavoratori informali, ai singoli micro imprenditori e ai cittadini più vulnerabili per attenuare gli impatti della crisi economica derivanti dalla pandemia. Il cosiddetto «coronavoucher» dovrebbe beneficiare circa 50 milioni di persone in tutto il paese. Questa nuova modalità di assistenza sociale ha una durata prevista di tre mesi. Per effettuare il pagamento dell’aiuto finanziario, la «Caixa Econômica Federal», una delle principali banche pubbliche del paese, dovrà creare circa 30 milioni di nuovi conti per quelle persone che sono ancora fuori dal sistema bancario.

Inoltre, il Governo Federale del Brasile ha esentato i consumatori a basso reddito dal pagamento delle bollette di energia elettrica. A tale iniziativa il Governo brasiliano ha destinato 160 milioni di euro. L’esenzione dal pagamento sarà in vigore dal 1° aprile al 30 giugno.
Nel descrivere in termini generali la lotta del Brasile contro la pandemia di COVID-19, ritengo importante evidenziare, infine, le specificità inerenti a ciascun paese, condizioni che dovrebbero essere tenute in considerazione dai leader nazionali nella scelta degli strumenti di contenimento di qualsiasi crisi e che, frequentemente, sono state trascurate in analisi giornalistiche prevenute sulla lotta contro il COVID-19 in altre nazioni.
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Re: Bolsonaro, il Brasile e il coronavirus

Messaggioda Berto » mer apr 29, 2020 1:13 pm

Coronavirus, Svezia, Inghilterra e Brasile: i cattivi esempi da evitare
Francesco Malfetano
Martedì 21 Aprile 2020

https://www.ilmattino.it/primopiano/est ... 83477.html

Svezia e Regno Unito. Ma anche Stati Uniti, Cina, Giappone e Brasile. Da alcune settimane c'è un tragico filo rosso che lega un capo all'altro del globo. Sono i cattivi esempi, quei Paesi che hanno scelto di ritardare le chiusure per contrastare la diffusione del coronavirus e ne hanno subito le conseguenze. Strategie opposte al lockdown totale all'italiana che, iniziato il 9 marzo scorso, si sta dimostrando vincente nonostante le criticità (come i pochi tamponi effettuati e lo scarso controllo). Difatti, se ora la crescita dei contagi è in frenata e iniziano a liberarsi posti letto nelle terapie intensive permettendoci di pensare alla fase 2, lo si deve proprio alla serrata totale.

Coronavirus, Conte: «Si riparte dal 4 maggio, il piano questa settimana. Riaprire ora sarebbe irresponsabile»

Coronavirus negli Usa, Trump pronto a sospendere immigrazione

LE POLEMICHE
In Svezia invece ora è il tempo delle polemiche per il premier socialdemocratico Stefan Lofven. La scelta del suo governo di non istituire alcun tipo di lockdown e combattere la pandemia affidandosi a semplici raccomandazioni ai cittadini, avrebbe condannato centinaia di loro. Il numero di vittime più alto si conta tra gli anziani residenti nelle case di riposo che, a causa dell'approccio morbido, non sono stati tutelati. Secondo le direttive governative il personale non ha l'obbligo di indossare materiale protettivo come mascherine e guanti a meno che non sospetti di avere a che fare con un ospite contagiato. Un approccio che, per ammissione dello stesso premier, ha creato una «situazione molto seria». A certificarlo sono i numeri: circa un terzo delle 1.580 vittime svedesi vivevano in case di riposo.

Coronavirus, i dietrofront dei leader che negavano l'emergenza

Il Paese scandinavo però non è stato il solo a reputare poco funzionale il lockdown. Resterà famoso il discorso di Boris Johnson ai cittadini inglesi del 12 marzo scorso. «È la più grave crisi sanitaria in una generazione, moriranno molti nostri cari», disse in diretta nazionale, presentando l'immunità di gregge come soluzione per combattere la Covid-19. Una scelta colpevole che il premier inglese sarà costretto a rivedere dieci giorni dopo (il 23 marzo) e che costerà a lui il ricovero in terapia intensiva all'inizio di aprile e al Paese migliaia di vittime (a oggi sono circa 16mila i decessi totali). A non ravvedersi ancora è invece Donald Trump. L'inquilino della Casa Bianca ha attaccato le misure restrittive imposte da alcuni governatori federali, sollecitando la «liberazione» dei cittadini soprattutto negli stati dem come Minnesota, Michigan e Virginia. Poco importa se gli Usa ad oggi sono il Paese con il più alto numero di casi al mondo (circa 770mila) e il maggior numero di decessi (41.114) ma non quello con più guariti: appena 70mila contro gli 80mila della Spagna che ha contato 200mila casi.

LE MISURE
Nel gruppo dei cattivi esempi però, nonostante la serrata totale e gli aiuti distribuiti nel mondo, c'è anche la Cina. È noto infatti come il governo abbia tentato di insabbiare ogni cosa minacciando e screditando Li Wenliang, l'oculista morto di coronavirus che per primo diede l'allarme. Il vicino Giappone invece ha deciso di dichiarare lo stato di emergenza solo all'inizio di aprile, quando i casi di contagio erano già 4mila. Niente immunità di gregge né i tanto chiacchierati farmaci miracolosi quindi, alla fine anche Shinzo Abe ha dovuto cedere al lockdown per far fronte alla «più grave crisi sin dalla Seconda Guerra Mondiale».

La situazione più estrema però resta quella del Brasile di Jair Bolsonaro. Nelle scorse settimane il presidente ha messo in piedi una campagna per sminuire i pericoli del virus arrivando a licenziare lo stimato ministro della Salute Luiz Mandetta e ad impedire la raccolta di dati sulla diffusione del contagio. Il suo negazionismo lo ha però isolato e quasi tutti i governatori degli Stati brasiliani hanno firmato una lettera di ripudio alle sue posizioni. In risposta Bolsonaro è sceso in piazza e ha preso parte ad una manifestazione di estremisti di destra che chiedevano un golpe con l'obiettivo di ritornare alla normalità da subito. Per quella però, in Brasile come nel resto del mondo, bisognerà aspettare.
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Re: Bolsonaro, il Brasile e il coronavirus

Messaggioda Berto » gio lug 09, 2020 2:37 pm

Le demenzialità contro il Brasile di Bolsonaro

Brasile, il presidente Bolsonaro è positivo al coronavirus
Sono arrivati i risultati per il leader brasiliano che, annuncia lui stesso, "sono positivi al Covid-19"
di DANIELE MASTROGIACOMO
07 luglio 2020

https://www.repubblica.it/esteri/2020/0 ... 261232273/

Jair Messias Bolsonaro si è preso il Covid 19. Lo ha confermato lo stesso presidente brasiliano nel corso di un incontro con i giornalisti nel Palazzo dell'Alvorada. "Sì, sono risultato positivo al test", ha aggiunto con aria mesta e un po' preoccupata. I risultati del tampone sono stati realizzati nell'ospedale militare di Brasilia dove il presidente era stato ricoverato dopo essersi sentito male domenica pomeriggio. Aveva febbre alta, oltre 38, e si sentiva a pezzi, con dolori alle ossa e ai muscoli. Classici sintomi del Covid 19. I suoi medici gli hanno consigliato il ricovero e la prova del tampone.

Tutti gli appuntamenti in agenda sono stati sospesi e rinviati. Altri due ministri si sono fatti il test, così come l'ambasciatore Usa in Brasile Todd Chapman. Il 4 luglio scorso, in occasione della festa dell'Indipendenza, Chapman aveva invitato Bolsonaro e altri tre ministri a una grigliata nella residenza. Una foto li aveva immortalati sereni e sorridenti, senza mascherina, che posano per l'obiettivo. Non si sa se in quella occasione il presidente abbia contratto il Covid 19. Nei giorni precedenti e in quelli successivi ha incontrato un sacco di gente. Per impegni istituzionali, di governo, amici e parenti o semplici fan. Il problema adesso è risalire indietro nel tempo, di almeno due settimane, il periodo di incubazione del virus, e contattare tutte le persone che sono state in contatto con lui.

Bolsonaro è apparso all'uscita dell'ospedale militare, le mani in tasca, la mascherina finalmente a coprirgli naso e bocca e ha confermato la notizia ai giornalisti che lo attendevano all'esterno. L'esponente della destra estrema prende già da due giorni dosi di idrossiclorochina e di azitromicina, due farmaci antivirali che l'Oms considera inefficaci contro il Covid 19; anzi, con forti controndicazioni. Ma Bolsonaro è ostinato e così come ha sempre negato la presenza del Covid 19, ha sostenuto che per affrontare la pandemia bastava prendere appunto qualche pasticca di farmaci usati di solito per la malaria. Non è bastato. Sebbene le lastre al polmone che aveva effettuato lunedì sera non hanno rilevato particolari infezioni, così come lui stesso afferma, il coronavirus lo ha contagiato e si è infilato nel suo fisico. Adesso dovrà sottoporsi a un secondo tampone di conferma. Ma l'intero Brasile è scioccato.


Ecco perché il Brasile è il nuovo epicentro mondiale del coronavirus

22 maggio 2020

https://formiche.net/2020/05/brasile-ep ... ronavirus/

Gli occhi del mondo sono sul Brasile. Nelle ultime 24 ore, il Paese sudamericano ha battuto il record di decessi per coronavirus: 1188 morti, per un totale di 20.000 decessi. I contagiati sono 310.087, per cui in questo momento il Brasile è il terzo Paese al mondo con più casi, dopo gli Stati Uniti (1,5 milioni circa) e Russia (317.000 circa).

Il primo caso di Covid-19 si è registrato a febbraio. In 53 giorni c’erano 10.000 morti, ma la cifra si è duplicata nei 12 giorni successivi. Secondo il quotidiano brasiliano Folha, gli esperti prevedono un bilancio finale di 100.000 morti in Brasile per il coronavirus. Ma la cifra potrebbe essere ancora più alta, secondo i certificati di morte del Fiocruz, un istituto che analizza lo stato del sistema sanitario. Tuttavia, la crisi sanitaria non preoccupa al presidente Jair Bolsonaro. Ieri ha criticato il progetto di legge approvato dalla Camera dei deputati in cui si autorizzano le multe a chi non indossa la mascherina, mettendo a rischio contagio la comunità. “Piangiamo i morti – ha dichiarato Bolsonaro -, ma dobbiamo avere il coraggio di affrontare la situazione. Nessuno discute che circa il 70% della popolazione avrà il virus”.

La pandemia sarebbe un duro colpo per il Brasile perché la povertà e la disuguaglianza sociale aumentano i fattori di rischio. Alexandre Kalache, ex membro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha spiegato al Financial Times che non ci sono dubbi sullo spostamento dell’epicentro della pandemia in Brasile: “Ma qui il virus troverà una popolazione che è in condizioni molto ma molto precarie”. Il generale Eduardo Pazuello, ministro ad interim per la Sanità – dopo le dimissioni e il licenziamento dei due ministri precedenti – ha ammesso che è inevitabile l’aumento di casi all’interno del Brasile. La zona più colpita è la città di San Paulo. Il sindaco Bruno Covas ha dichiarato che, se non si rallenterà l’andamento del contagio, il sistema sanitario collasserà in meno di due settimane. Ed è per questo che Covas vuole aumentare le misure preventive, ma si scontra con la linea del presidente Bolsonaro, che vuole evitare un rallentamento economico. Il New York Times ha ricordato come il Brasile è riuscito a gestire altre crisi sanitarie, provocate per esempio dall’aids e il zika, ma “la caotica risposta del governo al Covid-19 ha colpito la capacità di risposta del Paese. […] La confusione nazionale ha aiutato a spingere la diffusione della malattia e ha contribuito a trasformare il Brasile in un epicentro emergente della pandemia, con un indice di mortalità quotidiana superata solo dagli Stati Uniti”.

Marcia Castro, professoressa dell’Università di Harvard, specializzata in sanità globale, ha dichiarato al Nyt che “il Brasile avrebbe potuto dare una delle migliori risposte a questa pandemia. […] Nonostante questo, è completamente disorganizzato e nessuno sta lavorando per raggiungere soluzioni congiunte. Questo ha un prezzo e sono le vite umane”.






Bolsonaro sotto assedio: ma i dati smentiscono le accuse
Giuseppe De Lorenzo
10 giugno 2020

https://it.insideover.com/politica/bols ... ccuse.html

Metti insieme le pere con le mele, usa il tasso di letalità la cui attendibilità è prossima allo zero, lascia da parte il fatto che ogni Paese conta i morti in modo diverso ed avrai un bellissimo grafico con cui titolare sul Brasile brutto e cattivo nella gestione della pandemia. Abbiamo semplificato (nemmeno troppo), ma l’articolo pubblicato ieri dal Corriere era più o meno questa macedonia impazzita. Uno “studio” sul presunto rapporto tra autoritarismo e bugie sul Covid-19 dalla dubbia credibilità, schiaffato in prima pagina per attaccare maldestramente Jair Bolsonaro.

Prima di tutto i fatti. Sul quotidiano di via Solferino è apparso un pezzo a firma di Federico Fubini sulle differenze tra le democrazie e i Paesi autoritari nella comunicazione dei decessi provocati da Sars-Cov-2. Titolo: “I trucchi dei regimi che nascondono i veri dati sul Covid”. Nel mirino ci sono la Turchia, la Russia, l’Iran e – chissà perché – il Brasile di Bolsonaro. Tutti colpevoli di sotterrare defunti senza comunicarlo al mondo così da preservare il potere assoluto. Il giornalista ha preso il tasso di letalità in alcuni Stati nel mondo e l’ha messo in relazione con il “Punteggio globale di libertà politica e civile” realizzato da Freedom House, un think tank basato a Washington. Ciò che emerge è che i Paesi “poco democratici” sarebbero pure quelli che comunicano una letalità causa virus inferiore alla media mondiale (5,7%). Hanno una sanità migliore? Hanno subito un contagio inferiore? No. Tesi conclusiva: dicono bugie e “tendono a presentare un quadro sostanzialmente falso degli effetti dell’epidemia”. Viceversa, “tutti i Paesi nei quali la letalità ufficiale è più alta (Belgio, Gran Bretagna, Svezia, oltre all’Italia) hanno punteggi elevati anche per il grado di libertà”.

Il fatto è che, stando ai numeri, la demarcazione dipinta dal Corriere non è così netta. Anzi. E la lettura dei dati appare più che discutibile. Per carità: ubi maior minor cessat. Ma Fubini ci permetta alcune brevi considerazioni. Stando al grafico, infatti, ci sono decine di Paesi con un tasso di letalità pari o inferiore alla media mondiale anche se sono democrazie sviluppate: Germania (4,7%), Usa (5,8%), Israele (1,7%), Giappone (5,3%), Australia (1,4%), Lussemburgo (2,7%) e Austria (4%), solo per fare qualche esempio. La domanda sorge spontanea: se sono democrazie e non nascondono la verità, allora perché il dato è così basso? “È presto per capire perché i morti in Italia, Francia o Belgio siano il triplo di quelli stimati in Germania, a parità di contagi – scrive il Corsera – Possibile però che i primi tre Paesi uniscano due fattori determinanti: sono democrazie, dove si è permesso al virus di entrare nelle case di riposo per anziani”. In sostanza, se sei un “Paese autoritario” e hai pochi morti, allora dici bugie sulla letalità. Se invece brilli per libertà civili ma hai comunque pochi decessi, allora sei stato bravo perché non hai aperto le porte delle Rsa al virus. La logica è quantomeno claudicante.

Il più marchiano degli “errori” riguarda però il Brasile. Il Paese di Neymar ha una letalità più alta di quella della Germania e un punteggio sulla libertà politica e civile tutto sommato elevato (75, poco sotto Israele). La sua posizione nel grafico è in alto a sinistra, ben lontano da Arabia Saudita, Venezuela, Emirati Arabi Uniti e Turchia. Eppure, non si sa per quale motivo, il Corriere in prima pagina scrive: “I casi sono due: o durante una pandemia la libertà fa male alla salute; oppure il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, nel cercare di nascondere la realtà dei morti da Covid, non fa che accodarsi a un trend diffuso fra decine di governi autoritari, dittatoriali, populisti e illiberali nel mondo”. Perché infilarlo nel calderone dei bugiardi, se i dati non supportano affatto questa tesi?

Il vero problema è che mescolare libertà e letalità ha poco senso statistico. Il tasso di decessi rispetto ai contagi, infatti, è influenzato da troppi fattori che lo rendono un dato instabile: ogni Paese calcola i morti in modo differente (“con” o “per” coronavirus), dunque compararli è impossibile. Oppure volutamente strumentale. Ne è la prova il fatto che l’Ungheria di quel buzzurro di Orban, quello dei “pieni poteri” che – Corriere dixit – “mette in quarantena la democrazia”, ha un tasso di letalità del 13,6%. Quasi lo stesso dell’Italia (14,4%). Stando al ragionamento di Fubini, entrerebbe di diritto nel club delle “democrazie liberali del pianeta” che comunicano i dati correttamente. Ma ovviamente non è stato citato.



La realtà dei fatti e dei numeri della pandemia del coronavirus:

Mondo
Confermati 11,6 Mln., guarigioni 6,27 Mln., decessi 537.000, mortalità il 4,6% circa sul numero dei contagiati accertati

USA
Confermati 2,99 Mln., guarigioni 901.000, decessi 132.000, mortalità il 4,41% circa

Italia
Confermati 242.000, guarigioni 192.000, decessi 34.869, mortalità il 14,4% circa

Brasile
Confermati 1,63 Mln., guarigioni 979.000, decessi 65.556, mortalità il 4,0% circa

Gran Bretagna
Confermati 286.000, guarigioni ?, decessi 44.236, mortalità il 15,46% circa

India (non sappiamo se i dati siano corretti/veritieri)
Confermati 720.000, guarigioni 440.000, decessi 20.160, mortalità il 2,8% circa




Quello che gli USA hanno di più alto è il numero dei contagiati accertati, dovuto al fatto che negli USA non sono state intraprese tutte le misure di restrizione delle persone per il contenimento della diffusione del contagio rispetto all'Italia, all'Europa e a taluni paesi dell'Asia come il Giappone e la Corea del Sud.

Anche il Brasile ha un alto numero di contagiati ed è una democrazia federale con un alto numero di abitanti, un basso PIL e molte aree di miseria economica, dove è difficile imporre restrizioni per il contenimento dei contagi, però in compenso ha una bassa mortalità.

Potremmo chiederci se in Italia non fossero state prese tutte queste misure restrittive per il contenimento dei contagi, quanti sarebbero gli infetti e i morti?



Brasile 210 milioni di abitanti, PIL 1.868 miliardi, superficie kmq 8,5 milioni.
Ha gli stessi abitanti del Pakistan, ma un PIL quasi doppio e un territorio che è 10 volte il Pakistan.
Non è una realtà facile da gestire e nessuno ha la bacchetta magica tanto meno Bolsonaro.
Certo che se Bolsonaro da veneto brasiliano la gestisce come ha fatto Zaia in Veneto non sarebbe poi male.


???
Bolsonaro, Putin e Trump: il coronavirus e il fallimento della retorica machista
Dalla «gripezinha» del presidente del Brasile al «col caldo se ne andrà» del capo della Casa Bianca, così l’atteggiamento spavaldo dei 3 presidenti è stato messo in ginocchio dal contagio
Emanuele Capone
10 Maggio 2020

https://www.ilsecoloxix.it/mondo/2020/0 ... 1.38827721

Genova - Hanno incominciato più o meno tutti e tre allo stesso modo: pollice su, atteggiamento baldanzoso perché «è soltanto un’influenzetta» (una «gripezinha», in portoghese), promesse sul fatto che «in due settimane ce ne liberiamo e riapriamo» e le immancabili accuse ai «giornalisti che remano contro». Purtroppo per i loro cittadini, allo stesso modo stanno anche finendo più o meno tutti e tre: centinaia di migliaia di casi di coronavirus e la curva dei contagi che cresce anche al ritmo di 2-3mila nuovi malati al giorno. Se non di 5-10mila.

Jair Bolsonaro, Vladimir Putin e Donald Trump, presidenti di Brasile, Russia e Stati Uniti, hanno affrontato la pandemia con il piglio macho, grintoso, anche un po’ spocchioso e da “uomo del fare” che li contraddistingue da sempre. L’appartenenza politica c’entra sino a un certo punto: se il primo è decisamente di destra, Putin è un ex ufficiale del vecchio Kgb sovietico (e in Russia è onestamente difficile parlare di destra al governo) e Trump... è americano, che è uno dei pochi Paesi al mondo dove la distinzione destra/sinistra davvero ha poco significato. Insomma, è probabilmente una questione del loro carattere. È il loro “personaggio”.

Bolsonaro

Il dramma del Brasile: 150mila casi o 2 milioni di casi?
Il Brasile di Bolsonaro è quello che ha meno contagi di tutti e tre, ma in realtà è quello che sta peggio di tutti e tre: è quello economicamente più debole, sta andando verso l’inverno (una stagione che renderebbe il virus più aggressivo e pure meno identificabile) e soprattutto i casi censiti e dichiarati dal governo sono meno di quelli reali. Dieci o dodici volte meno.

Fra metà aprile e inizio maggio ne hanno scritto in tantissimi, da un lato e dall’altro dell’Atlantico: secondo l’agenzia di stampa Reuters, quelli veri sarebbero circa 12 volte quelli dichiarati; secondo la Folha de Sao Paulo, in alcune zone del Paese la stima sarebbe addirittura di 1 caso identificato ogni 30. Facendo un calcolo conservativo, i contagiati da coronavirus in Brasile non sarebbero dunque circa 150mila, ma circa 2 milioni.

our world in data: i contagi da coronavirus in Brasile (dati ufficiali)

No, non sono voci messe in giro dai «soliti giornalisti che remano contro» o «attaccano il presidente»: che queste cifre siano realistiche lo si capisce anche dal fatto che la stessa Organizzazione mondiale della Sanità ha ribadito più volte che il Brasile, come alcuni Stati dell’Africa, ha una cronica mancanza di strutture e materiali per effettuare i test. E pure da altre cifre, come quelle sulla mortalità da “grave sindrome respiratoria” (in inglese si dice Sars, che poi è quello che è la Covid-19): nei primi 4 mesi del 2020, per questa patologia sono state ricoverate 72mila persone, contro le 13.500 dello stesso periodo del 2019. È un incremento del 430%: «Se riuscissimo a testarle tutte, è probabile che troveremmo che la maggior parte di loro ha il coronavirus», ha detto la pneumologa Patricia Canto alla Folha.

Un esempio concreto: nella zona di Manaus, nel cuore dell’Amazzonia, una delle regioni più colpite, nell’ultima settimana di aprile oltre 260 persone sono morte “per cause indeterminate”, poco meno di 80 per Covid-19 (7 per “sospetta Covid”) e quasi 400 per la già citata “grave sindrome respiratoria”; l’anno scorso, nella stessa regione, i morti per questa patologia erano stati 89. In tutto l’anno scorso.

our world in data: i morti di coronavirus in Brasile (dati ufficiali)

E Bolsonaro? Oltre alla storia della «gripezinha», si è detto pronto a invitare a casa sua 1300 persone per una gigantesca grigliata, non indossa la mascherina, stringe mani, bacia e abbraccia i bambini, litiga con i suoi consulenti in materia sanitaria e con i governatori locali (esattamente come Trump negli Stati Uniti), risponde in modo sprezzante ai giornalisti che gli chiedono conto della situazione («che cosa volete che faccia?», ha domandato provocatoriamente ai cronisti il 20 aprile scorso), raccomanda di «affrontare il virus come veri uomini, non come mocciosi». E si rifiuta di rivelare l’esito del tampone cui un tribunale gli ha imposto di sottoporsi. Tiene fede al suo personaggio, insomma.

Putin

La Russia, Putin e la strategia dell’assenza
Dall’altra parte del mondo, in Russia, le cose non vanno molto meglio: ufficialmente, i casi di contagio da coronavirus sono poco più di 200mila e le vittime poco meno di 2mila, però i malati crescono vertiginosamente, anche di 10-12mila ogni giorno. Di nuovo: le cifre ufficiali nasconderebbero la verità. Di nuovo: non sono solo i giornalisti “rompiscatole” a raccontarlo, ma pure Sergei Sobyanin, sindaco di Mosca (dove si trova più della metà dei contagiati), secondo cui i casi in tutto il Paese sarebbero «più del triplo».

Nella prima settimana di maggio, insomma, la Russia è diventata il nuovo, enorme focolaio della malattia nel Vecchio Continente e anche se il governo (come altri governi in altre parti del mondo) si è difeso dicendo che «abbiamo tanti casi perché facciamo tanti tamponi», la situazione pare tutt’altro che rosea.

our world in data: i contagi da coronavirus in Russia (dati ufficiali)

In tutto questo, il presidente Putin, che come i colleghi Bolsonaro e Trump era apparso inizialmente spavaldo, ha alla fine scelto di sparire, di non parlare o parlare pochissimo, di delegare il più possibile ai suoi sottoposti. Una decisione curiosa, per un politico che ha fatto del culto della personalità uno dei suoi tratti distintivi, per uno cui piace farsi fotografare a torso nudo e con i muscoli in mostra o mentre va a caccia di tigri. Ma una decisione presa non a caso: Putin sa che affrontare l’emergenza coronavirus, e farlo per bene, è probabilmente al di là delle sue forze. Al di là delle forze di chiunque, in un Paese come la Russia, che è il più vasto al mondo e si estende per oltre 17 milioni di chilometri quadrati e dove l’accesso alle cure, già difficile nelle zone più densamente popolate, è pressoché un miraggio in quelle rurali e più lontane dalle grandi città.

our world in data: i morti di coronavirus in Russia (dati ufficiali)

Putin ha anche un altro problema: prima che la pandemia colpisse, era pronto a chiamare i russi al voto per un’ampia riforma costituzionale che gli permettesse di restare al potere per altri 10-15 anni, più o meno sino al 2036 (è presidente dal 2012, dopo essere stato due volte primo ministro); con la sua popolarità che sta comprensibilmente andando a picco, vuole evitare il più possibile che il suo nome venga associato al coronavirus, alla Covid-19, ai morti, ai contagi. Che siano 200mila o 600mila.

Trump

L’America, il primo Paese con 1 milione di casi
Stando ai dati ufficiali, gli Stati Uniti sono di gran lunga il Paese più colpito dal coronavirus: oltre 1,3 milioni di casi (su 4 milioni nel mondo) e quasi 80mila vittime (su un totale di 280mila) alla fine della prima settimana di maggio, circa 2 mesi dopo la scoperta dei primi focolai nella zona di Seattle.

Non era difficile immaginare che sarebbe successo: sul sito del Secolo XIX lo scrivemmo il 29 febbraio, ricordando che negli Usa ci sono oltre 27 milioni di persone praticamente senza accesso (se non pagando) alle cure mediche, immaginando che molta parte di loro, se colpiti dalla Covid-19, non si sarebbe fatta visitare e non avrebbe dato l’allarme, facendo crescere esponenzialmente il contagio. Cosa che alla fine è effettivamente accaduta.

our world in data: i contagi da coronavirus negli Usa

A questa situazione già di per sé esplosiva si è aggiunto l’atteggiamento del presidente Trump, con dichiarazioni rassicuranti e baldanzose come «è tutto sotto controllo, andrà benissimo» (era il 22 gennaio), o anche «vedremo come andrà ad aprile, con l’arrivo del caldo» (19 febbraio), «stiamo facendo un gran bel lavoro, i casi scenderanno a zero» (26 febbraio) e «stiamo tutti calmi, questa cosa se ne andrà» (10 marzo), sino alle più recenti sull’uso dei disinfettanti e sui benefici della luce solare (video) e sul fatto che «il virus andrà via anche senza vaccino».

In mezzo a tutto questo, le accuse alla Cina (quasi sempre con successiva marcia indietro, video), le uscite senza mascherina, lo scontro con i governatori Democratici e il sostegno a quelli Repubblicani sulla fine di quarantena e lockdown, le liti continue con gli esperti da lui stesso nominati nella taskforce anti-coronavirus della Casa Bianca, a incominciare dal virologo Anthony Fauci. E ovviamente con i giornali che lo accusano.

our world in data: i morti di coronavirus negli Usa

Il problema è che Trump ha un problema simile a quello di Putin: fra poco lo aspettano le urne, perché a novembre gli americani andranno a votare per le elezioni presidenziali, ed è ovviamente preoccupato che fra qualche mese la gestione dell’emergenza posso essere usata contro di lui. A meno che quella che prima era «solo un’influenza» non lo convinca a rimandare questo appuntamento a momenti migliori. Per l’America, ma soprattutto per lui…



Jair Messias Bolsonaro sta bene : Ho preso l'idrossiclorochina e mi sento benissimo
Buon pomeriggio a tutti
7 luglio 2020
https://www.facebook.com/jairmessias.bo ... 191608243/

Jair Messias Bolsonaro

- Tutte le misure di isolamento adottate da governatori e sindaci sono sempre state volte a rallentare il contagio mentre gli ospedali si preparavano a ricevere respiratori e letti UTIS.

- Il nostro governo ha risposto a tutti con risorse e mezzi necessari. Inoltre creiamo i mezzi per preservare posti di lavoro e aiutiamo con 5 rate di 600,00 R$ un universo di 60 milioni di informali /" invisibili."

Nessun paese al mondo ha fatto come il Brasile. Conserviamo vite e posti di lavoro senza diffondere il panico, che porta anche depressione e morti. Ho sempre detto che la lotta contro il virus non può avere effetti collaterali peggio del virus stesso.

- A coloro che tifano contro l'idrossiclorochina, ma non presentano alternative, mi dispiace informarvi che sto bene con il suo uso e, con la grazia di Dio, vivrò ancora a lungo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Bolsonaro, il Brasile e il coronavirus

Messaggioda Berto » mer gen 06, 2021 11:04 pm

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Re: Bolsonaro, il Brasile e il coronavirus

Messaggioda Berto » mer gen 06, 2021 11:04 pm

Brasile, l'annuncio di Bolsonaro: "Il Paese è in bancarotta"
Brian Green
06/01/2021

https://italia-informa.com/brasile-bols ... rotta.aspx

"Il Brasile è in bancarotta. Non posso fare niente": sono gravissime le affermazioni di oggi del presidente Jair Bolsonaro, che ha attribuito quanto sta accadendo alla crisi determinata da "questo virus alimentato dalla stampa" in un momento in cui sono terminati gli aiuti che hanno salvato milioni di persone dalla povertà .
"Volevo cambiare la griglia degli sgravi fiscali" - ha detto il presidente brasiliano, parlando ad un gruppo di sostenitori che lo attendeva davanti alla sua residenza ufficiale, a Brasilia - "ma c'era questo virus alimentato dalla stampa che abbiamo qui, questa stampa senza interessi".

Bolsonaro (esponente dell'estrema destra brasiliana, eletto grazie ad un programma economico di chiaro stampo liberale) si riferiva in particolare alla riforma per aumentare il livello delle entrate esentasse, una delle più importanti promesse fatte in campagna elettorale. Per Bolsonaro il collasso economico del Paese è legato alle restrizioni raccomandate dai governatori dei singoli Stati per combattere la pandemia dovuta al coronavirus, che ha già ucciso quasi 198 mila persone in Brasile.

Una crisi che - guadagnando in popolarità - il presidente ha cercato di contrastare grazie agli aiuti d'urgenza dati in nove mesi a 68 milioni di brasiliani, ma ora questi aiuti sono cessati, sotto la pressione dei mercati, preoccupati per l'alto livello di debito del Paese.
Una situazione talmente grave che potrebbe portare il Paese, secondo alcuni analisti, "sull'orlo di un baratro sociale". La pandemia intanto progredisce senza mostrare segni di un imminente cambio di tendenza, infatti il numero di contagi e di morti collegati al Covid-19 continua a crescere.

Nelle ultime ventiquattr'ore, il Brasile ha registrato (anche se le cifre ufficiali e quelle raccolte da organizzazioni ed ong divergono, anche se di poco) 1.171 morti e quasi 60.000 nuove contaminazioni. Ma il timore degli specialisti è che questi numeri possano aumentare sensibilmente nelle prossime settimane a causa dei massicci raduni avvenuti durante le vacanze di Natale e Capodanno, non osteggiati dalla autorità.
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