Cina e virus

Re: Cina e virus

Messaggioda Berto » mar apr 28, 2020 10:26 pm

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Dopo questa vicenda pancemica di cui la Cina deve rispondere politicamente, economicamente, penalmente,
bisognerà cambiare l'assetto mondiale dell'economia globalizzata:
si dovrà far rientrare da noi in Occidente le produzioni più vitali e necessarie, anche per far lavorare la nostra gente.

Poi di ciò che si potrà ancora delocalizzare e che oggi è delocalizzato in Cina bisognerà trasferirlo in parte all'India per far crescere e rafforzare economicamente e militarmente questo paese poverissimo ma densamente popolato, come concorrente della Cina e come argine sia del cinesismo totalitario capital comunista che del nazismo maomettano del Pakistan nucleare e dell'Indonesia;
e altre parti si potranno portare in Vietnam e in aree non islamiche dell'Asia, nell'Africa cristiana e nell'America centro sud.
Bisognerà limitare grandemente la immigrazione dalla Cina e azzerrare quella dai paesi nazi maomettani asiatici e africani.




La fuga dalla Cina è iniziata! Nuovi dati mostrano che le aziende statunitensi stanno lasciando il Paese del Dragone
13 aprile 2020

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... l-dragone/

Molte imprese stanno lasciando la Cina, un trend che era iniziato con la guerra commerciale e che aumenterà fortemente con questa pandemia.

È stato recentemente pubblicato il Reshoring Index dalla società di consulenza per il manifatturiero Kearney che ha evidenziato un 2019 in netta controtendenza con gli ultimi cinque anni per il manifatturiero americano, che ha guadagnato una percentuale di share molto più alta rispetto ai 14 paesi asiatici presenti nell’indice: il paese maggiormente colpito è la Cina.

Molte aziende stanno infatti spostando la loro filiera produttiva lontano dalla Cina per evitare di essere colpite dai dazi, oppure stanno cercando una soluzione alternativa con i propri fornitori.

Tre decenni fa iniziò il processo di ricollocamento del manifatturiero statunitense, la destinazione preferita fu Pechino per una sola ragione: il basso costo del lavoro. La guerra commerciale scatenata da Trump, la conseguente minaccia della riduzione degli importi dalla Cina e il COVID-19 hanno spinto molte società ad abbandonare Pechino. Questa pandemia mette in risalto inoltre la mancanza di resilienza della filiera produttiva globale, troppo dipendente da un’unica nazione.

ha dichiarato Patrick Van Den Bossche, co-autore del Report di Kearny
https://www.kearney.com/operations-perf ... e-policies

I due paesi che hanno maggiormente beneficiato di questo spostamento sono stati: il Vietnam per quanto riguarda l’area dell’Asia-Pacifico, mentre per l’area americana il Messico, grazie anche al passaggio dell’USMCA.
Dove vanno le imprese quando lasciano la Cina? Mappa con i dati del 2019.
Per approfondire il perché le aziende stanno abbandonando la Cina… (Guarda questo Video)
https://www.youtube.com/watch?v=UHkWeju6bd4

In cosa consiste il Reshoring Index?
https://www.kearney.com/operations-perf ... ring-index

The Reshoring Index paragona la produzione totale del manifatturiero americano con le importazioni da 14 paesi dell’area asiatica (tra cui Cina, Taiwan, Malesia, Cambogia, Thailandia e Filippine). Di conseguenza l’indice è dato dal valore totale delle importazioni dall’area asiatica diviso per il valore totale della produzione del settore manifatturiero statunitense.

Il totale delle importazioni dall’area asiatica di questa formula aveva un valore totale di 816 miliardi di dollari nel 2018 e di 757 miliardi di dollari nel 2019: una contrazione del 7% guidata principalmente dalla Cina, che ha subito una contrazione del 17% rispetto all’anno precedente.

Gli Stati Uniti – grazie a questa contrazione – hanno visto il più grande miglioramento di questo indice negli ultimi cinque anni.

Ovviamente, Washington non può sperare di competere con nessuno di questi paesi sui costi; può però farlo puntando su un regime di bassa tassazione per le sue imprese, investendo in ricerca e sviluppo ed incentivando l’utilizzo di sistemi di produzione di ultima generazione come, ad esempio, la realtà aumentata e nuovi sistemi di programmazione e di automazione. La tecnologia e le tasse basse sono l’unico mezzo con cui – non solo gli Stati Uniti ma tutto l’Occidente – si può mettere la parola “fine” alla minaccia cinese, rimpatriare le aziende dei settori strategici (come quello farmaceutico) e per stringere alleanze geopolitiche con gli altri partner dell’area asiatica per assicurarsi che la competizione commerciale rispetti le regole previste dall’Organizzazione Mondiale del Commercio.

Ci dispiace, Davosiani. La vostra globalizzazione guidata dalla Cina sta andando fuori moda come i pantaloni a zampa di elefante.
https://www.forbes.com/sites/kenrapoza/ ... 2c497a40fe



Trump scatenato contro il globalismo: "Ha fallito, meglio produrre in patria"
20 aprile 2020

https://oltrelalinea.news/2020/04/20/tr ... a-fallito/

Trump scatenato contro i globalisti. Il presidente Donald Trump ha affermato sabato che la più grande che il coronavirus lascerà agli Stati Uniti è che questi ultimi non avrebbero dovuto fare affidamento sulla Cina per le loro catene di approvvigionamento. “Abbiamo imparato molto sulle catene di approvvigionamento”, ha affermato Trump. “Abbiamo imparato che è bello fare cose negli Stati Uniti, lo dico da molto tempo”. Il presidente ha discusso la questione durante il briefing stampa della Casa Bianca, ricordando come la dipendenza americana sia nata dai pessimi accordi commerciali siglati nell’era Obama.

“Se c’è una lezione utile che viene dal Coronavirus” è che “dovremmo produrre di più negli Stati Uniti”, ha detto. Trump ha promesso che come candidato sarà duro con la Cina e ha ricordato l’accordo commerciale siglato con Pechino. “Cosa succede quando sei in guerra e hai una catena di approvvigionamento in cui la metà delle tue forniture viene prodotta in altri paesi?”. Questo, ha sottolineato, “lo hanno pensato i globalisti e non funziona”.

Trump contro l’Oms: dipende troppo da Pechino

Si può discutere a lungo di come il presidente degli Stati Uniti Donald Trump abbia gestito l’emergenza Covid-19. Probabilmente male, come peraltro molti altri leader (compreso il nostro Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, con buona pace del “Modello Italia”). Ma su una cosa non ha del tutto torto: criticare l’Oms. Nei giorni scorsi, infatti, il presidente Trump ha rilanciato, come riporta l’agenzia Agi, il suo attacco contro l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dopo aver sospeso ii finanziamenti Usa in attesa dall’esito dell’inchiesta di Washington sulla risposta al coronavirus. Il presidente ha accusato l’Oms di essere “uno strumento cinese”, così come l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). “Hanno trattato gli Usa molto male a favore della Cina”, ha rimarcato Trump, e sui finanziamenti all’Oms “decideremo presto”.

Trump ha accusato inoltre l’Oms di aver ignorato Taiwan. “Perché l’Oms ha ignorato un’e-mail di funzionari sanitari di Taiwan alla fine di dicembre che li avvisava della possibilità che il Covid-19 potesse essere trasmesso tra esseri umani?”, ha scritto Trump su Twitter. “Perché l’Oms ha fatto diverse affermazioni sul Covid-19 che erano inesatte o fuorvianti a gennaio e febbraio, mentre il virus si diffondeva a livello globale? Perché l’Oms ha aspettato il tempo necessario per intraprendere azioni decisive?”, ha aggiunto il tycoon.

I leader mondiali – tra cui Angela Merkel – hanno preso le distanze da Trump e dalle sue critiche all’Oms. Altri, come il premier giapponese Shinzo Abe, non hanno risparmiato critiche all’organizzazione. “In questo momento – ha detto Abe – dobbiamo sostenere pienamente l’Organizzazione mondiale della sanità. Tuttavia, è vero che ci sono problemi e questioni. Penso sia necessario valutarli una volta finita l’epidemia di coronavirus”.



Hotel a Cortina chiede i danni alla Cina
Per le ritardate comunicazioni all’Oms circa l’effettiva gravità della pandemia e il suo grado di diffusione
di Enrico Netti
20 aprile 2020

https://www.ilsole24ore.com/art/hotel-c ... 1587414333

Una citazione che parte dalle Dolomiti e raggiunge Pechino. L’Hotel De La Poste di Cortina d’Ampezzo con una mossa a sorpresa ha citato per danni il ministero della Sanità della Repubblica popolare per «non aver tempestivamente segnalato all’Oms lo stato del diffondersi del virus e dei suoi gravi effetti letali a cavallo fra novembre e dicembre 2019 e non aver assunto i necessari provvedimenti di controllo sui passeggeri in partenza dalla Cina».

Da una parte la società che gestisce lo storico hotel che si affaccia su Corso Italia rappresentata dall’avvocato Marco Vignola di Bari, dall’altra la superpotenza economica in un contenzioso che potrebbe piacere anche al presidente Usa. Trump accusa la Cina di avere diffuso il Covid-19 e fornito false informazioni sulla pandemia. Nell’atto si chiedono inoltre i danni patiti dal turismo della cittadina perché l’Hotel De La Poste registrava il tutto esaurito anche in vista delle finali di Coppa del Mondo di sci alpino che si sarebbero dovute svolgere tra il 18 e il 22 marzo. Gare poi annullate proprio a causa della pandemia scatenata dal virus cinese.

«La considero una iniziativa individuale che non raccoglie l’appoggio dell’Associazione Albergatori di Cortina » è il commento di Roberta Alverà, presidente dell’associazione. Il 12 marzo l’hotel è stato costretto a chiudere anticipatamente «nel pieno della stazione sciistica, con conseguenze disastrose tra cui il licenziamento di tutto il personale e la disdetta dei contratti di fornitura, così come è avvenuto per tutte le altre strutture ricettive ampezzane» si legge nella citazione. La stagione invernale 2019/2020 è considerata la migliore del decennio, caratterizzata da un perfetto innevamente e condizioni meteo ottimali per gli appassionati. «Le gravi omissioni del ministero della Salute cinese hanno impedito allo Stato italiano una tempestiva assunzione di provvedimenti da adottare in ordine sanitario e pubblico che sicuramente avrebbero ridotto al minimo il disagio e le conseguenze negative derivanti dal Covid-19».



Verso la revisione dei rapporti Londra-Pechino: nasce il Research Group dei Tories sulla Cina
Daniele Meloni
28 aprile 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... ulla-cina/

La crisi del Covid-19, il virus cinese, ha fatto esplodere la questione delicata dei rapporti tra Cina e Regno Unito anche a Londra nel partito di governo. Il 25 aprile infatti è nato il China Research Group (CRG) all’interno del Partito Conservatore, con lo scopo di “valutare le ambizioni del Dragone in Inghilterra” in ambito di investimenti finanziari, 5G, cyber-security e infrastrutture. A presiederlo è il deputato Tory più critico nei confronti delle relazioni tra Londra e Pechino: l’ex veterano di guerra e attualmente presidente della Commissione affari esteri, Tom Tugendhat, il quale ha affermato che il CRG “non è anti-cinese ma vuole promuovere un dibattito e un pensiero più aggiornato sulla Cina”.

La diffusione del coronavirus, i dubbi sull’ingresso dei cinesi di Huawei nello sviluppo della rete 5G britannica, e le mire della China Railway Construction Corporation (CRCC) sull’alta velocità britannica (HS2) hanno portato alcuni deputati, guidati dal parlamentare dell’Isola di Wight, Tom Seely, a scrivere una lettera al premier Johnson la scorsa settimana. Tra i backbenchers che hanno partecipato all’iniziativa di Seely anche gli ex ministri Iain Duncan Smith e David Davis. Il Guardian ha riportato che anche all’interno del Cabinet di Johnson ci sono tre ministri sino-scettici: la titolare dell’Home Office, Priti Patel, il Defence Secretary, Ben Wallace, il Leader della Camera dei Comuni, Jacob Rees-Mogg. Nomi tutt’altro che di secondo piano negli equilibri interni ai Tories.

Lo stesso Tugendhat tempo fa aveva criticato il via libera del governo all’ingresso di Huawei nella parte “edge” della rete 5G affermando che “il Regno Unito non aveva abbandonato Bruxelles per vedere la sua sovranità limitata da Pechino”. Parole forti che hanno fatto seguito anche alla lettera di intenti della CRCC in cui i cinesi si proponevano al governo UK per portare a termine l’High Speed 2 – la rete dell’Alta Velocità che porterà i passeggeri da Londra Euston a Birmingham Curzon e Manchester Piccadilly – più in fretta e con costi minori.

Anche all’interno dei Servizi Segreti e nel mondo fuori dalla luce dei riflettori di Whitehall si parla di Cina. Il nuovo direttore generale dell’MI5, Ken McCallum, ha parlato di un “maggior focus sul rapporto Londra-Pechino da parte dei servizi”. Nel Civil Service, invece, Sir John Manzoni, nominato ceo della PA britannica nel 2014 da David Cameron, ha lasciato il posto a Alex Chisholm.

Proprio David Cameron nel suo periodo di leader del Partito Conservatore si fece portatore di una politica di corteggiamento nei confronti degli investitori cinesi nella City e nelle infrastrutture. Volle che il Regno Unito fosse il primo Paese occidentale ad aderire al Fondo Infrastrutturale creato dalla Cina, di cui dal 2017 ha assunto la guida. Eppure, nel CRG c’è anche una sua ex collaboratrice, Laura Trott, e il segretario del gruppo è Neil O’Brien, ex consigliere del Cancelliere dello Scacchiere, George Osborne. Il Notting Hill Set ha cambiato valutazioni sulla politica filo-cinese di Londra? Difficile sostenere una cosa simile. Certo è che già ai tempi di Theresa May nei Tories si sono confrontate due visioni dei rapporti tra UK e Cina e che la stessa ex premier ordinò una review dell’investimento della China General Nuclear Power Group (CGNPG) nello stabilimento nucleare di Hinckley, senza tuttavia fermare il progetto.
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Re: Cina e virus

Messaggioda Berto » mar apr 28, 2020 10:27 pm

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Re: Cina e virus

Messaggioda Berto » mar apr 28, 2020 10:27 pm

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Re: Cina e virus

Messaggioda Berto » mar apr 28, 2020 10:27 pm

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Le responsabilità dell'OMS e la sua complicità con la Cina



I farmaci "voodoo" (per i media anti-Trump) che funzionano e le linee guida sbagliate dell'Oms
Federico Punzi
14 Apr 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... e-delloms/

Domenica il Washington Post, ripreso nella consueta modalità copia-incolla dai nostri media anti-trumpiani – da Rainews24 sempre più filo-cinese a La Stampa, Repubblica e Fatto – ha definito cure “voodoo” i farmaci anti-malaria (l’idrossiclorochina, per intenderci) citati più volte dal presidente Trump come terapia promettente contro il coronavirus.

Difficile credere che questo termine, riportato nel retroscena del quotidiano Usa su una riunione della task force anti-Covid della Casa Bianca, sia stato pronunciato da scienziati, perché questi farmaci anti-malaria vengono utilizzati anche in Italia, anche dalle nostre “eccellenze” in materia di malattie infettive, con risultati più che incoraggianti. Pare infatti che l’uso di questi farmaci stia contribuendo a ridurre il ricorso al ricovero per Covid-19, riducendo così la pressione sui nostri ospedali in una fase più che critica, disperata in alcune regioni. Per esempio, dichiara a Il Messaggero Pierluigi Bartoletti, vicepresidente dell’Ordine dei medici di Roma e leader della Federazione dei medici di medicina generale:

“A Roma e nel Lazio ci sono almeno mille pazienti di Covid-19 curati a casa, molti di questi con l’idrossiclorochina, il farmaco normalmente usato per la malaria. I risultati sono buoni. (…) Ora che abbiamo capito più cose di una malattia nuova, interveniamo prima. I dati dicono: più malati, più guariti, meno ospedalizzati in terapia intensiva, più isolamenti domiciliari”.

Sia chiaro, non esiste ancora la terapia, un farmaco “proiettile d’argento” contro il Covid-19: “Non ci sono ricette miracolistiche, bisogna sempre valutare caso per caso”, avverte Bartoletti, è “necessaria l’assistenza continua del medico”.

Ma certo siamo lontani dal poter definire questi farmaci cure “voodoo”, come per faziosità politica, per denigrare Trump, ha fatto il Washington Post, con il codazzo dei suoi follower italiani.

Tra l’altro, ricordate cosa si diceva di cortisone e antinfiammatori? Assolutamente sconsigliati dall’Oms. Ebbene, anche su questo stanno emergendo indicazioni di segno clamorosamente contrario.

Come ha spiegato all’AdnKronos Alberto Zangrillo, direttore delle Unità di anestesia e rianimazione generale e cardio-toraco-vascolare dell’ospedale San Raffaele di Milano, “la polmonite è solo l’aspetto più evidente dei casi gravi che giungono in terapia intensiva, una costante”, ma “quello che stiamo vedendo è una tempesta infiammatoria, che ha come target non solo il polmone ma anche tutta un’altra serie di organi e apparati. Soprattutto l’endotelio, la parte interna dei vasi”.

“Vediamo in una percentuale significativa di casi – continua Zangrillo – che esiste evidenza di manifestazioni tromboemboliche che peggiorano il quadro. Non è infatti da oggi che diciamo che non ci troviamo di fronte alla classica polmonite, ma a qualcosa di più complesso e differente, molto più sistemico”. Dello stesso avviso anche Luciano Gattinoni, decano dei rianimatori italiani, secondo cui il Covid-19 è “una malattia sistemica che ha la massima espressione nel polmone. E colpisce prima di tutto i vasi e poi – e meno – la parte alveolare”.

Ciò che bisogna combattere, insomma, è una “microembolia polmonare nell’ambito di un processo infiammatorio-degenerativo”. Già ai primi sintomi occorre essere pronti a somministrare un’adeguata profilassi. Oltre agli anti-virali, degli anti-aggreganti, come l’enoxaparina. Ma si fa strada anche l’uso, al momento giusto, di anti-infiammatori e cortisone, per evitare che l’infiammazione degeneri.

Il problema è che a ormai due mesi dall’inizio della fase più acuta dell’emergenza, in Italia non siamo ancora in grado di intervenire e seguire i casi al manifestarsi dei primi sintomi. A giudicare dal numero delle testimonianze in questo senso, persino all’aggravamento (tosse e febbre alta) resta ancora difficile essere sottoposti al tampone.

No, non sta andando tutto bene. È ormai il tempo di abbandonare teorie auto-assolutorie per spiegare l’elevato numero di morti nel nostro Paese. Nonostante la preparazione dei nostri medici che per intuito ed esperienza sembrano vicini a scoprire i segreti di questa nuova malattia, il Covid-19 ci ha colti impreparati dal punto di vista organizzativo. Test e tracciamenti erano e sono fondamentali, non solo per individuare e isolare precocemente i focolai, ma anche per iniziare una terapia prima che i pazienti si aggravino al punto da non essere più recuperabili. E purtroppo, la strategia dei test a tappeto e di tracciamenti immediati, che richiede l’impiego di molte squadre, è stata scartata quasi subito dopo Codogno dai nostri “esperti”, più o meno da quando Walter Ricciardi, membro italiano del board esecutivo dell’Oms, è stato nominato consulente dal Ministero della salute. E così l’unica strategia è diventata quella di restare chiusi in casa aspettando che passi…

Dal bollare, il 27 febbraio, come un “errore” i test agli asintomatici, Ricciardi ha cambiato idea a metà marzo, al mutare delle linee guida dell’Oms, che dal testare soggetti solo sintomatici, e che fossero stati a contatto con positivi o provenienti da focolai, passava con nonchalance alla linea “test, test, test”, invitando tutti i Paesi a moltiplicare i test.

Ovviamente, questa confusione e incertezza è in gran parte dovuta ad un virus nuovo, che non si sa bene come si comporti (e le variabili sono innumerevoli), ma anche dalla mancanza di informazioni e trasparenza della Cina, in primis con l’Oms, in una misura che sarà bene accertare.

E proprio a Washington, alla Casa Bianca, il presidente Trump sembra intenzionato a muoversi in questa direzione: la scorsa settimana ha minacciato di tagliare i fondi Usa all’Oms, annunciando una indagine per capire cosa sia andato storto nel comportamento dell’organizzazione, che ha commesso “troppi errori”, e se le sue decisioni siano state condizionate dall’influenza politica di Pechino.


Coronavirus, Trump taglia i fondi all'Oms
15/04/2020

https://www.adnkronos.com/fatti/esteri/ ... c87sK.html

Donald Trump ha annunciato che sospenderà i fondi all'Organizzazione mondiale della Sanità accusandola di aver "portato avanti la disinformazione della Cina riguardo al coronavirus". La mossa del presidente americano era attesa e la sospensione sarà valida per un periodo tra i 60 ed i 90 giorni ma non è ancora chiaro se gli Stati Uniti fisseranno condizioni per la ripresa dei versamenti all'organizzazione internazionale concentrata nella lotta alla pandemia.

"Non siamo stati trattati in modo giusto", ha detto ancora, nella conferenza stampa alla Casa Bianca la notte scorsa, Trump che addossa all'Oms la responsabilità di aver sottostimato la portata dell'epidemia all'inizio inducendo quindi la sua iniziale sottovalutazione del pericolo per gli Stati Uniti che è diventato il Paese con il maggior numero di contagi e vittime, oltre 20mila, del virus.


Trump ha spiegato che lo stop dei fondi continuerà "mentre verrà condotta una revisione per valutare il ruolo dell'Oms e la grave cattiva gestione ed insabbiamento della diffusione del coronavirus". "Si sarebbe potuto contenere l'epidemia all'origine - ha detto ancora Trump puntando il dito contro l'Oms - questo avrebbe salvato migliaia di vite ed evitato danni economici in tutto il mondo".

"Il mondo ha scelto di affidarsi all'Oms per informazioni accurate, tempestive ed indipendenti per fare importanti raccomandazioni e prendere decisioni sulla salute pubblica - ha detto ancora il presidente Usa - se non ci possiamo fidare del fatto che questo è quello che otteniamo dall'Oms, il nostra Paese sarà costretto a trovare altri modi di lavorare con le altre nazioni per questi obiettivi".

Lancet vs Trump: "E' crimine contro umanità"

I repubblicani al Congresso ora chiederanno all'Oms i documenti delle sue relazioni con Pechino per avviare una inchiesta. L'obiettivo principale è l'attuale leadership dell'organizzazione internazionale e ieri Trump si è fermato un attimo prima di chiedere le dimissioni del direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus, che sono state chieste da molti esponenti repubblicani suoi alleati.

Gli Stati Uniti sono il principale finanziatore dell'organismo dell'Onu che ha sede a Ginevra, sia attraverso i versamenti obbligatori che con più consistenti contribuiti volontari per finanziare progetti specifici o risposte a crisi sanitarie. Dal dipartimento di Stato fanno sapere che gli Usa attualmente sono impegnati a versare 893 milioni di dollari in un periodo di due anni.

Bill Gates: "Decisione pericolosa"

In realtà, anche prima della polemica per il coronavirus, l'amministrazione Trump aveva in passato tentato di tagliare i fondi all'Oms, ma il Congresso ha sempre ignorato la richiesta mantenendo da anni sui 400 milioni di dollari, o di più, i fondi stanziati per l'organismo sanitario.




I sinistri contro Trump
Trump taglia i fondi all'Oms, il mondo contro il tycoon - Mondo
Agenzia ANSA
15 aprile 2020

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... 6fa36.html

Il mondo nuovamente contro Donald Trump, dagli alleati europei a Russia e Cina, dall'Onu a Bill Gates.

Questa volta il tycoon è stato sommerso dalle critiche per aver bloccato i fondi all'Organizzazione Mondiale della Sanità, di cui gli Usa sono il primo contributore con 400-500 milioni l'anno (un decimo del bilancio), accusandola di aver insabbiato insieme alla Cina l'emergenza coronavirus causando molte più vittime, nonché di aver criticato la sua decisione di sospendere tutti i voli provenienti da quel Paese.

Una mossa temporanea, finché gli Stati Uniti avranno completato la loro indagine sulle responsabilità dell'Oms e sulla sua volontà di autoriformarsi, ma che colpisce nel pieno della pandemia una delle principali organizzazioni di quel sistema multilaterale tanto avversato dal presidente americano, con ripercussioni prima di tutto sui Paesi più poveri.

Il primo a reagire è stato Antonio Guterres, segretario generale dell'Onu, da cui dipende l'agenzia speciale per la salute: "Non è il momento di ridurre le risorse per le operazioni dell'Oms o di qualsiasi altra organizzazione umanitaria nella lotta contro il coronavirus. Ora è il momento dell'unità perché la comunità internazionale lavori insieme in solidarietà per fermare questo virus e le sue conseguenze dirompenti". Poi è toccato a Russia e Cina. "Segno di un approccio egoista", ha osservato Mosca. Mentre Pechino si è detta "seriamente preoccupata" e ha invitato gli Usa "ad adempiere ai loro doveri". Si è fatta sentire anche l'Ue con l'Alto rappresentante Josep Borrell: "Non c'è ragione che giustifichi questa mossa, in un momento in cui gli sforzi" dell'organizzazione "sono necessari più di sempre per contribuire a contenere e mitigare la pandemia". Posizione ribadita da varie capitali europee, tra cui Parigi, Berlino e Londra, mentre l'Unione Africana ha definito "deplorevole" la decisione Usa.

L'Organizzazione mondiale della Sanità ha cercato di smorzare le polemiche tendendo la mano a Washington: "Gli Usa sono stati a lungo generosi amici dell'Oms e speriamo che continuino ad esserlo", ha commentato il direttore generale dell'Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, dicendosi dispiaciuto e rilanciando l'unità nella lotta al virus. "Non c'è tempo da perdere, l'unica preoccupazione dell'Oms è salvare vite" e fermare la pandemia, ha aggiunto. Ma Trump è stato attaccato anche in patria. E non solo dai democratici, che gli rimproverano di provare "a scaricare la colpa dei suoi fallimenti", ma anche dal filantropo Bill Gates: "Arrestare finanziamenti per l'Organizzazione mondiale della sanità durante una crisi sanitaria mondiale è pericoloso come sembra. Il loro lavoro sta rallentando la diffusione del Covid-19 e se tale lavoro viene interrotto nessun'altra organizzazione può sostituirli. Il mondo ha bisogno dell'Oms adesso più che mai".



REPETITA IUVANT
Niram Ferretti
15 aprile 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

E arriva il colpo di maglio di Trump sull'OMS. Colpo di maglio annunciato ed eseguito. I fondi americani, i più cospicui erogati all'organizzazione, come sono i più cospicui quelli erogati all'ONU, i più cospicui quelli erogati alla NATO, erano i più cospicui quelli erogati al baraccone della moltiplicazione palestinese, UNRWA, sono finalmente stati sospesi. Si tratta di 400 milioni di dollari in meno.

Motivo? Very simple. L'ossequiosità filocinese dell'organizzazione la quale attaccò il presidente americano quando mise il veto sugli ingressi dei viaggiatori dalla Cina.

La stessa organizzazione che ha atteso un mese intero prima di dichiarare la pandemia e il cui segretario l'etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, ex militante dell'organizzazione marxista-leninista, "Fronte di Liberazione del Popolo delle Tigri", si recò a Pechino a baciare la pantofola di Xi Jinping tacendo su i silenzi e le censure del governo cinese che cercò di nascondere al mondo l'epidemia.

Se oggi ci troviamo in questa situazione disastrosa lo dobbiamo, non va mai dimenticato, in primis al governo cinese e al suo illuminato leader e subito di seguito all'OMS.

Al di là delle carenze organizzative, delle specifiche responsabilità di questo o quell'altro paese nell'avere gestito l'epidemia, a monte del disastro c'è la CIna, dove il virus è originato, e non sappiamo ancora come, e la colpevole carenza informativa dell'OMS.

Repetita iuvant. Non a stare meglio, ma a ribadire alcune verità fondamentali.


Ma Fra
Niram Ferretti ancora un passo: tramite la World Trade Organization obbligare la Cina a pagare indennizzi economici per i danni catastrofici che ha prodotto: tipo costringerla a togliere i dazi sulle importazioni dall'occidente, oppure confiscarle le quote che possiede di obbigazioni e azioni negli altri Paesi.

Nicolò Sgnaolin
Niram Ferretti comunque va ricordato che Tedros Adhanom ha anche nominato il dittatore Mugabe (Mugabe!) nel 2017 ambasciatore di buona volontà dell'OMS.
Vergogna totale


Chi è Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore dell'Oms nel mirino di Trump: dal governo violento dell'Etiopia agli intrecci di favori con la Cina - Il Fatto Quotidiano
di Giusy Baioni
11baprile 2020

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/0 ... a/5766179/

È finito al centro delle polemiche dopo le dichiarazioni di Donald Trump, che lo ha accusato di essere asservito alla Cina, e le accuse del Wall Street Journal per la mala gestione della pandemia di coronavirus. Ma chi è il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus? Etiope, 55 anni, a capo dell’Organizzazione mondiale della sanità dal maggio 2017. Ci è arrivato col voto favorevole di 133 paesi su 183 ed è il primo africano alla guida dell’agenzia Onu per la salute. Dietro, un fitto lavoro diplomatico dell’Unione Africana. Il voto è a scrutinio segreto, ma fra i suoi maggiori sostenitori c’è stata la Cina.

Nato ad Asmara, Eritrea, padre di 5 figli, Ghebreyesus ha un solido curriculum accademico alle spalle: una laurea in biologia, poi un master in Immunologia delle malattie infettive alla London School of Hygiene & Tropical Medicine, un dottorato in Community Health all’università di Nottingham; membro di diversi enti internazionali fra cui l’Aspen Institute e la Harvard School of Public Health. Ma la sua esperienza è stata anche politica: membro del Fronte Popolare di Liberazione del Tigray (TPLF), che confluì nel Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope (partito socialista di opposizione che nel 1991 ottenne la caduta del dittatore marxista Mengistu Haile Mariam), si ritrovò così nel governo di Meles Zenawi, che prese il potere e vi rimase fino al 2012. Fu in quegli anni che Ghebreyesus divenne dapprima consulente per la sanità pubblica, poi nel 2001 capo dell’ufficio sanitario regionale del Tigray, poi nel 2003 viceministro della salute e infine ministro della salute nel 2005. Sotto le sue direttive si registrarono notevoli riduzioni di aids e meningite e progressi nella pianificazione familiare. Promosse l’informatizzazione del sistema sanitario, la formazione di 30mila sanitari e la costruzione di 4mila centri di salute in tre anni.

Ma quel governo di cui faceva parte era violento e illiberale: vinse con brogli elettorali, incarcerò oppositori e giornalisti, represse le proteste nel sangue. Quando il premier Zenawi morì, nel 2012, il potere passò al suo vice, Haile Mariam Desalegn, che nominò Ghebreyesus ministro degli esteri. Tale rimase fino al 2016, proprio negli anni in cui l’Etiopia cresceva a livello internazionale, ma al suo interno soffocava con violenza le proteste delle componenti maggioritarie del paese, Oromo e Amara, contro la minoranza tigrina da sempre al potere e di cui lo stesso Ghebreyesus è parte.

Terminato il suo incarico di governo, Ghebreyesus si è poi candidato alla guida dell’Oms. Quando mancavano pochi giorni all’elezione, esplose il caso di tre presunte epidemie di colera che Tedros avrebbe insabbiato negli anni precedenti, facendole passare per “diarree acute”. Accuse volte a boicottare la sua elezione, secondo Ghebreyesus. Scriveva il Guardian nel 2007, in occasione di una delle tre infezioni, che “il governo etiope” aveva “compiuto seri sforzi” per affrontare la malattia, ma si era rifiutato di dichiarare ufficialmente l’epidemia per timore di ricadute su economia e turismo.

Pochi mesi dopo, il primo vero scandalo: Ghebreyesus nominò ambasciatore di buona volontà per l’OMS quel Robert Mugabe che tiranneggiava da decenni il suo paese, lo Zimbabwe. Dopo quattro giorni di feroci polemiche (Lancet lo definì “dittatore generale”), Ghebreyesus annullò la nomina. Un clamoroso passo falso: ma quando Tedros fu scelto come candidato, il presidente di turno dell’Unione Africana era proprio Mugabe. A posteriori, quest’episodio mostra un’idea di “lealtà”. “Principio” che potrebbe aver influito anche nelle scorse settimane, quando Tedros ha più volte elogiato la Cina per la sua “risposta decisa” al covid-19 o quando, la prima settimana di febbraio, si è espresso contro la chiusura dei confini e la sospensione dei voli. “Abile diplomazia”, secondo i suoi sostenitori, per non “rompere” con il soggetto chiave della pandemia. Ma in tanti leggono nelle sue dichiarazioni un asservimento alla Cina.

Intanto restano alcuni fatti inconfutabili: che prima di Ghebreyesus l’Oms sia stata guidata per un decennio dalla cinese Margaret Chan; che la Cina, fra i maggiori contributors dell’Oms, abbia promesso a Ghebreyesus appena eletto di raddoppiare i propri finanziamenti. Quello che è certo sono gli stretti, strettissimi rapporti che legano la Cina all’Etiopia, sede dell’Unione Africana e paese in cui Ghebreyesus ha per anni ricoperto ruoli politici di primo piano. Circa metà del debito estero etiope è nei confronti della Cina, che giusto un anno fa accettava di rinegoziarne i termini con il nuovo premier, il nobel per la pace Abiy Ahmed. Fra gli enormi investimenti cinesi in Etiopia, spiccano la costruzione della ferrovia Addis-Gibuti, un’opera da 4 miliardi di dollari con un enorme interesse strategico (a Gibuti si trova la prima base navale militare cinese in Africa) e la compartecipazione cinese nella tanto discussa maxi diga sul Nilo. Secondo l’agenzia Xinhua, sono 400 i progetti d’investimento cinesi già operativi nel paese, per oltre 4 miliardi di dollari. L’Etiopia è anche fra i partner chiave nella Belt and road Initiative.

Inoltre, Pechino vuole costruire in Etiopia un nuovo centro da 80 milioni di dollari per l’Africa Centers for Desease Control and Prevention: l’amministrazione Trump a febbraio ha dichiarato che, in tal caso, non finanzierà più il Centro, perché “i cinesi lo useranno per spiare gli africani”. Del resto, nel gennaio 2018 Le Monde denunciò che i sistemi informatici del nuovo palazzo dell’Unione Africana, dono della Cina, erano stati configurati con una backdoor che passava informazioni a server cinesi.

Lo scorso 15 gennaio, la compagnia aerea statale Ethiopian Airlines, fra le poche ad aver mantenuto voli con la Cina, ha annunciato la costruzione di un nuovo aeroporto della capacità di 100 milioni di passeggeri. Il progetto, nel cassetto da anni, prevede investimenti per 5 miliardi di dollari, che non si sa chi da chi verranno. Intanto il patron di Alibaba Jack Ma ha annunciato la donazione di dispositivi di protezione integrale a tutto il continente africano, proprio tramite Ethiopian. Il premier Ahmed provvederà alla distribuzione agli altri Paesi. Arrivato a fine marzo un primo lotto da 108 tonnellate di kit, mascherine e tute protettive.
Fatti che non dimostrano l’eventuale influenza della Cina sulle decisioni dell’etiope Ghebreyesus. Ma di certo sollevano domande.



Coronavirus, Trump rilancia le accuse all'Oms: "Hanno fatto un tragico errore o sapevano"
16 aprile 2020

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/c ... 002a.shtml

Secondo il presidente statunitense lʼorganizzazione avrebbe "trattato molto male gli Usa a favore della Cina"
Trump ha poi minacciato di usare la sua "autorità costituzionale" per sospendere formalmente le due camere del Congresso, attualmente in pausa sino a inizio maggio, in modo da poter procedere con le nomine della sua amministrazione, "alcune delle quali - ha sottolineato - sono legate all'emergenza coronavirus". Il tycoon si è lamentato che molte delle persone da lui nominate attendono troppo a lungo la conferma.
Ma intanto il presidente guarda al futuro per un ritorno alla normalità. Ha affermato che i dati suggeriscono che la nazione avrebbe superato il picco dei casi di coronavirus e che si può iniziare a pensare a una graduale riapertura delle attività. "Riapriremo alcuni Stati prima di altri e penso che alcuni Stati possano davvero riaprire prima del primo maggio", ha proseguito, riferendosi alla scadenza delle linee guida per il distanziamento sociale.
Inoltre Trump ha spiegato che la Food and drug administration (Fda) ha autorizzato 48 test per il coronavirus, compreso uno della Abbott sugli anticorpi che accerterà se una persona è stata contagiata in precedenza e ha sviluppato l'immunità.


Ghebreyesus, il direttore (per caso) dell'Oms sempre pronto a prendere ordini da Pechino
Gian Micalessin - Gio, 09/04/2020

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 51863.html

Trump vuole sospendere i fondi all'Organizzazione mondiale della sanità che ha insabbiato i disastri fatti dal governo di Xi nell'emergenza Covid-19

Prendere in giro Donald Trump, anche in Italia, rende molto e non costa nulla. Ma «ciuffo dorato» talvolta racconta quello che nessuno osa ammettere.

Come martedì quando uno dei suoi tweet al fulmicotone si è abbattuto sull'Oms (Organizzazione Mondiale della Sanita), l'agenzia dell'Onu finanziata in gran parte grazie ai fondi degli Stati Uniti, ma sempre pronta a prendere ordini dalla Cina. Ordini diventati veri diktat con lo scoppiare del coronavirus. Per capire cosa intendeva dire l'inquilino della Casa Bianca bisogna tornare al maggio 2017 quando al Palazzo di Vetro si sceglie il nuovo direttore generale dell'Oms. Su indicazione della Cina 50 paesi africani totalmente allineati a Pechino votano per Tedros Adhanom Ghebreyesus, un ex-ministro della sanità e degli esteri etiope. Oltre a esser un microbiologo anziché un medico come tutti i suoi predecessori, Tedros Adhanom è anche sospettato d'aver insabbiato tre epidemie di colera scoppiate durante il suo mandato.

Ma poco importa. A suo favore giocano il ruolo di politico di punta in un'Etiopia conosciuta ormai come la piccola Cina dell'Africa Orientale e la militanza quarantennale nel «Fronte di Liberazione del Popolo del Tigri», un'organizzazione marxista-leninista appoggiata da Pechino sin dagli anni Ottanta. Non a caso uno dei primi atti ufficiali di Tedros Adhanom è proporre come ambasciatore «di buona volontà» dell'Oms per l'Africa Robert Mugabe, il dittatore dello Zimbawe accusato di molteplici violazioni dei diritti umani.
Il peggio arriva con lo scoppio del coronavirus.
Il 14 gennaio, a epidemia ormai largamente conclamata, l'Oms non si fa scrupoli a diffondere un tweet in cui ricorda come le indagini preliminari condotte dai cinesi «non dimostrano la diffusione tra umani».
Come dire «non c'è contagio». Fedele alla linea l'Oms si guarda bene dallo spendere mezza parola in difesa del medico Li Wenliang messo alla berlina e praticamente condannato a morte - per aver denunciato l'epidemia.
Il totale allineamento diventa ancor più evidente il 30 gennaio quando dopo un incontro a Pechino con il presidente cinese Xi Jinping Tedros spiega che «la Cina sta effettivamente definendo nuovi standard per la lotta alle epidemie».
Nel frattempo i comunicati dell'Oms elogiano «la dedizione delle autorità e la trasparenza dimostrata».
Il giorno dopo in compenso parte la crociata dell'Oms contro gli Usa accusati di alimentare «paura e stigma» per aver bloccato l'arrivo dei voli dalla Cina. Ma è ancora nulla rispetto alla piaggeria del comunicato di metà febbraio con cui gli «esperti» dell'Oms , reduci da un farsesco sopralluogo in Cina, elogiano Pechino per aver «dispiegato il più ambizioso agile e aggressivo sforzo di contenimento della storia». E fedeli alla linea si guardano bene dal dichiarare la pandemia fino all'11 marzo quando il virus, tanto brillantemente contenuto, sta già facendo strage in Italia e si prepara ad aggredire il resto dell'Europa.


Il mercato di Wuhan da cui è partito il Coronavirus riapre come se nulla fosse successo. Ancora polemiche sull'Oms - Secolo Trentino
15 aprile 2020

https://secolo-trentino.com/2020/04/15/ ... e-sulloms/

WUHAN vende ancora una volta carne dai suoi controversi mercati umidi, mentre il resto del mondo si batte per contenere la micidiale pandemia di coronavirus.

Il primo ministro australiano Scott Morrison è rimasto scandalizzato a riguardo e ha ritenuto inacettabile da parte dell’OMS il riavvio del commercio presso l’epicentro del virus originale in Cina, quando il bilancio delle vittime in tutto il mondo ha superato i 120.000.

Wuhan, nella provincia di Hubei, la scorsa settimana ha celebrato la fine del suo blocco rigorosamente applicato, durato per mesi, con la TV di stato cinese che mostra i suoi controversi mercati alimentari che riaprono ai clienti. Il leader australiano ha dichiarato ieri a Channel 9 di essere “totalmente perplesso da questa decisione” di riprendere gli scambi sui mercati umidi .

Morrison ha aggiunto: “Dobbiamo proteggere il mondo da potenziali fonti di epidemie di questi tipi di virus. È successo troppe volte.”

Il ministro della sanità australiano Greg Hunt ha anche criticato i piani della Cina di riaprire i mercati e conseguentemente il silenzio dell’Oms su tale decisione.
“Informazioni false”

Ha detto alla ABC News: “È molto probabile che questa malattia sia nata da un mercato umido a Wuhan – è chiaro che si tratta di vettori pericolosi.

“Quindi potremmo non essere d’accordo su questo problema con alcune delle autorità internazionali, ma il nostro compito è proteggere gli australiani. E immaginerei che, in tutto il mondo, la stragrande maggioranza delle persone avrebbe una visione simile”.

Tuttavia, Pechino ha sempre respinto la diffusa valutazione secondo cui Wuhan è il luogo di nascita dell’epidemia globale. Baishazhou si trova a circa 15 chilometri a sud di Huanan e fornisce il 70% delle verdure e dei cibi surgelati della città.

Usa: indagini su nascita coronavirus 007, tra le possibilità' quella di un incidente
16 aprile 2020

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnew ... 8d27c.html

(ANSA) - WASHINGTON 16 APR - Dirigenti dell'intelligence Usa e della sicurezza nazionale americana stanno esaminando tra le possibilità quella che il nuovo coronavirus sia nato, più che in un mercato, in un laboratorio di Wuhan e che si sia diffuso a causa di un incidente. Lo riferisce la Cnn citando varie fonti a conoscenza del dossier, che ritengono però prematuro trarre qualsiasi conclusione. Ieri il Wp aveva riportato la notizia di due cable di diplomatici Usa a Pechino che nel 2018 ammonivano sulle carenze del laboratorio di virologia di Wuhan.



Giulio Meotti
16 aprile 2020

È da due mesi che lo dico praticamente da solo e ora ci sono arrivati tutti. Dalla CNN di oggi: “Gli Stati Uniti esplorano la possibilità che il coronavirus sia iniziato nel laboratorio cinese, non in un mercato”. Sono intervenuti anche Trump, il Pentagono e il Segretario di stato Mike Pompeo: “Quello che sappiamo è che questo virus ha avuto origine a Wuhan, che c'è il Wuhan Institute of Virology a poche miglia, c'è ancora molto da capire e il governo degli Stati Uniti ci sta lavorando“. Non sappiamo ancora cosa sia successo. Sappiamo da Nature che il virus è naturale, ovvero che non è geneticamente modificato. Sappiamo che quei laboratori di Wuhan erano a rischio sicurezza e che due anni fa gli americani avevano lanciato l’allarme. Sappiamo che la storia del mercato non è credibile (non si vendevano pipistrelli e il primo caso risale a prima del mercato). Sappiamo che scienziati cinesi avevano dei campioni del coronavirus. Sappiamo che in passato ci sono state fughe della Sars dai laboratori cinesi. Sappiamo che ricercatori si sono infettati lavorando ai virus trasmessi dai pipistrelli. Sappiamo che molti medici sono scomparsi dopo aver denunciato la censura di stato. Sappiamo che il regime cinese prima ha nascosto l’epidemia e che ora vieta ogni ricerca sull’origine. Sappiamo che l’Oms è in bancarotta morale filocinese. Sappiamo che a Wuhan stanno lavorando a un vaccino. Sappiamo che a causa della dittatura opaca cinese sarà difficilissimo arrivare alla verità. Sappiamo infine che voler proibire la ricerca e la discussione su come è nata questa tragedia è criminale, masochista e puzza viltà e corruzione.




Riparazioni cinesi da coronavirus? Oltre 3 trilioni di euro. Parla Henderson (Hjs)
16 aprile 2020

https://formiche.net/2020/04/cina-coron ... erson-hjs/

Oltre 3,5 trilioni di euro. È quanto potrebbero valere le cause in tutto il mondo contro la Cina per violazione del regolamento sanitario internazionale dell’Organizzazione mondiale della sanità, secondo un report della britannica Henry Jackson Society intitolato “Coronavirus compensation?”.

Nello specifico, l’accusa del think tank londinese al regime di Pechino è di avere violato gli articoli 6 e 7 di quel regolamento fornendo all’Organizzazione mondiale della sanità informazioni errate sul numero di contagi tra il 2 gennaio 2020 e l’11 gennaio 2020 e circa la trasmissione da uomo a uomo. In questo modo, ha lasciato che 5 milioni di persone lasciassero l’epicentro Wuhan prima di imporre il blocco il 23 gennaio 2020 nonostante fosse a conoscenza della trasmissione tra persone. Ecco le vie legali suggerite dalla Henry Jackson Society: Corte internazionale di giustizia, Corte permanente di arbitrato, tribunali di Hong Kong, meccanismi di risoluzione delle controversie attraverso i trattati bilaterali di investimento, azioni presso l’Organizzazione mondiale del commercio. E una class action contro il governo cinese è già stata lanciata in Florida.

Dopo Stati Uniti e Francia ora è il Regno Unito a chiedere chiarezza alla Cina sull’origine del virus. Formiche.net ha quindi intervistato uno degli autori del report, Matthew Henderson, ex diplomatico oggi direttore dell’Asia Studies Centre della Henry Jackson Society. “Nel nostro paper quantifichiamo i danni economici causati dalla pandemia”, sottolinea Henderson: “Mentendo alla sua popolazione e al mondo intero la Cina ha peggiorato l’emergenza. Ma i costi reali sono ben più alti e non potranno mai essere ripagati: vite umane, dolori e sofferenze, l’educazione dei nostri figli, carriere e affari andati in fumo. Il mondo non sarà più quello di prima e dobbiamo tenere conto del ruolo della Cina in tutto questo”.

Henderson è convinto, ancor di più dopo l’aggiornamento dei numeri delle vittime a Wuhan e i segnali che giungono da Washington, che la storia del virus nato da un pipistrello ed esploso nei wet market sia una copertura in un incidente di laboratorio. Basti pensare che, come ha spiegato Lancet, un terzo delle vittime “iniziali” non ha collegamenti con il mercato Huanan di Wuhan, sottolinea l’esperto. “L’unica preoccupazione” di Pechino nella prima fase è stata “chiudere i laboratori, non parlare dei risultati, limitare la ricerca scientifica, silenziare i whistleblower e l’informazione, distruggere alcuni materiali”, spiega Henderson.

Così facendo “la Cina ha distrutto ogni tipo di fiducia” a livello internazionale, continua. “Ma è importante sottolineare che le colpe del Partito comunista cinese non possono ricadere sulla popolazione, che è vittima del regime. Dobbiamo prendere seriamente i futuri rapporti con la Cina”, aggiunge Henderson. “Dobbiamo mostrare alla Cina che fa parte di un mondo più grande. E quando il commercio ripartirà dovrà farlo in maniera davvero libera: cioè senza minacce, per esempio, a chi passa dal Mar Meridionale Cinese e senza quella strana cosa che è la Via della seta fatta di intelligenza artificiale e smart cities nelle mani di compagnie nelle mani del regime di Pechino”. Per Henderson le Nazioni Unite devono ripartire da zero con la Cina, riconducendola a un sistema di cooperazione davvero trasparente. Ma non può accadere senza l’impegno di Pechino che “non ha fatto abbastanza dopo la Sars”.

Che cosa cambierà a Pechino, quindi? Henderson non sembra credere alla possibilità di un regime change, piuttosto a una sostituzione alla guida del Paese. “È importante sottolineare che Xi Jinping è un leader molto autoritario perfino per un regime autoritario come quello cinese”, commenta. “E il Partito comunista cinese opera meglio quando lo fa in maniera collegiale, non è pensato per un uomo solo al comando che rischia di causare inefficienza e paura nella popolazione. Penso che una delle lezioni che possiamo trarre da questa pandemia”, continua, “è che il Partito comunista cinese è disfunzionale”. A partire dalla sua leadership così autoritaria.

Henderson elenca una serie di errori di Xi Jinping: da Hong Kong alle repressioni nello Xinjiang, dalla “stupida” guerra commerciale con gli Stati Uniti che ha indebolito l’economia cinese fino alla “disastrosa” Via della Seta che definisce uno “spreco di soldi” che ha “esportato morte, creato corruzione e messo in ginocchio le economie più fragili”. Contro la Via della Seta della salute (un progetto alternativo all’Organizzazione mondiale della sanità di cui Xi Jinping ha parlato anche con il premier italiano Giuseppe Conte), alla luce delle evidenze sulle responsabilità di Pechino e dopo le polemiche sugli aiuti e la loro qualità, Henderson tuona: “È la Via della Seta della morte”. Anche per questo, “è nell’interesse del popolo ma anche del Partito non continuare con un leader del genere”, conclude l’esperto.







Il caso Ricciardi imbarazza il governo: le cantonate, i tweet anti-Trump e l'Oms che alla fine lo sconfessa
Atlantico Quotidiano
Federico Punzi
20 Apr 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... -sconfessa

L’ultima cosa che serve in questo momento al presidente del Consiglio Conte, già costretto a difendere sui giornali la sua poltrona insidiata dalle ombre di Colao e Draghi, è un incidente con la Casa Bianca, che tra l’altro proprio nei giorni scorsi ha assicurato massicci aiuti sia sanitari che economici all’Italia per far fronte alla crisi da Covid-19. Ci ha pensato domenica mattina il professore, e consulente del governo, Walter Ricciardi, con un suo tweet velenoso (non è il primo) contro il presidente Trump. E da Washington, passando per Via Veneto, il malumore è giunto fino a Roma, perché nel primo pomeriggio, al risveglio americano, alcuni media Usa – come Gateway Pundit – quel tweet l’hanno riportato.

Ricciardi ha rilanciato, commentando con un laconico “beloved”, un tweet del regista di estrema sinistra Michael Moore a cui è allegato un video che riprende diverse persone mentre tirano pugni e calci ad un pupazzo con la maschera di Trump. Insomma, roba che ti aspetteresti twittata da un tredicenne. Dopo qualche ora, quando il caso era ormai esploso, tweet rimosso e sostituito con una toppa peggiore del buco (ritwittava ancora quel video), poco dopo rimossa pure quella.

Ma purtroppo il consulente del governo italiano non è nuovo a questi tweet che, diciamo, esulano dalle sue competenze.

Solo pochi giorni fa, giovedì scorso, un altro attacco infantile via Twitter al presidente Trump: stavolta il video ritwittato è preso dal social cinese Tik Tok, e mette a confronto una breve frase dell’attuale presidente con un discorso più compiuto dell’ex presidente Obama, in pratica per incolpare il primo dell’attuale diffusione del contagio negli Stati Uniti e celebrare, invece, la lungimiranza del secondo (ma lo screenshot parla da solo). Più “articolato” stavolta il commento del professore:

“Le elezioni hanno conseguenze, quando il popolo vota avventurieri, populisti e sovranisti questi poi prendono decisioni che hanno conseguenze, in questo caso tagli su ricerca, sanità, innovazione”.

Il problema è che Ricciardi non è un medico o un attivista qualunque. Rappresenta infatti il governo italiano presso il comitato esecutivo dell’Oms ed è dal 23 febbraio, dall’inizio della fase più acuta dell’emergenza Covid-19 nel nostro Paese, consulente del Ministero della salute del Governo Conte, con i risultati che vedremo tra poco. Nel suo curriculum politico figurano anche la presidenza dell’ISS nel 2015 (governo Renzi) e una candidatura nelle liste di Scelta Cinica, del professor Mario Monti, nel 2013.

Non una giornata facile quella di ieri per Ricciardi. Finora abbiamo sempre pensato che fosse un membro dell’Organizzazione mondiale della sanità, e a chi lo presentava così lui non ha mai precisato, ma ieri a Rainews24 è arrivata una prima smentita da Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Oms: “Il mio collega Walter Ricciardi non è dell’Oms, è il rappresentante italiano presso il board dell’Oms. Non ha niente a che fare con l’organizzazione. È un supercampione della sanità pubblica nazionale, ma non parla a nome dell’Agenzia”. “Sono il rappresentante italiano nel comitato esecutivo dell’Oms, designato dal governo (Gentiloni, ndr) per il periodo 2017-2020. Non sono cioè un dipendente dell’Oms”, è costretto a chiarire subito Ricciardi.

In serata, una doccia ancora più fredda: l’Oms diffonde una nota in cui prende nettamente e gelidamente le distanze dal professor Ricciardi, tanto da chiedere ai media di “evitare espressioni che potrebbero suggerire che il professor Ricciardi lavori e/o rappresenti l’Oms”. Il comitato esecutivo dell’Oms, spiega la nota, “è in realtà composto dai rappresentanti dei governi, e non da staff dell’Oms”. Le sue opinioni, comprese quelle riguardanti il Covid-19, “non necessariamente rappresentano le opinioni o le politiche dell’Oms e quindi non devono essere attribuite all’Oms né ai suoi organi”.

Un comunicato giunto dopo la precisazione di Guerra a Rainews, ma soprattutto dopo il tweet anti-Trump di ieri mattina e il polverone che ha sollevato. L’Oms ha già troppi guai con Trump…

E forse una sconfessione tardiva e un po’ ipocrita, perché è vero che è una sorta di nostro “ambasciatore” all’Oms, e non un rappresentante dell’organizzazione, ma è anche vero che in questi mesi Ricciardi ha fedelmente riportato e incarnato in Italia, davanti all’opinione pubblica e al governo, le linee guida dell’Oms, a cui guarda caso il nostro Paese si è sempre più uniformato dopo la sua nomina a consulente del Ministero della sanità. E non si contano, ovviamente, i suoi “grazie Cina” per gli aiuti e le sue lodi al modello Cina di risposta all’epidemia, anche su questo allineato all’Oms. Non ci stupiremmo se lo vedessimo presto comparire nel cda o come advisor di qualche compagnia cinese o in qualche fondazione filo-cinese…

Nonostante la giornata complicata, Ricciardi non ha rinunciato ai suoi interventi televisivi. Prima a SkyTg24, poi da Fazio: “È assolutamente troppo presto per iniziare la fase due… potrà partire, soprattutto in alcune Regioni, quando conteremo i nuovi casi sulle dita di una mano e non certamente con numeri a quattro cifre”. Ma siamo realistici: a meno di non imbrogliare sui numeri come ha fatto e sta probabilmente facendo il regime di Pechino, il cui “modello” è stato lodato dall’Oms e importato in Italia, su consiglio, tra gli altri, proprio di Ricciardi, conteremo i nuovi casi sulle dita di una mano tra mesi (“in certi casi nei prossimi mesi”, ammette lui stesso), o forse mai. Nel frattempo, cominceremmo a contare i morti da catastrofe economica.


Tra l’altro, sarebbe sufficiente solo un po’ di logica, ma ora anche uno studio scientifico di un team internazionale di medici e ricercatori, costituito dall’italiano Stefano Centanni (direttore dei reparti di pneumologia degli Ospedali San Paolo e San Carlo di Milano), arriva alla conclusione che “sono solo i primi 17 giorni successivi all’applicazione delle misure di contenimento a determinare l’entità della diffusione del contagio nella pandemia di Covid-19, che sembra dipendere esclusivamente dai focolai divampati per caso nei primi giorni e non dalle differenze nel rigore del lockdown“, come dimostra l’osservazione comparativa dello sviluppo dell’epidemia in Paesi che hanno adottato approcci anche molto diversi. Qualsiasi misura restrittiva (come la chiusura delle industrie o i divieti alla libertà di movimento dei cittadini) applicata dopo i primi 17 giorni, ma mettiamo pure 3-4 settimane, “incide poco o nulla sull’andamento dei contagi e sul numero finale delle vittime”. Insomma, quel che è fatto è fatto.

C’è da augurarsi quindi che il super-consulente Ricciardi sia molto meno ascoltato oggi dal governo Conte di quanto lo era quando suggeriva che alle persone sane le mascherine non servissero a niente, quando metteva in dubbio l’affidabilità dei test delle Regioni perché a suo dire i positivi erano “sovrastimati”, o ancora quando bollava come un “errore”, contrario all’evidenza scientifica e alle linee guida dell’Oms, testare gli asintomatici come stava facendo la Regione Veneto – salvo poi cambiare idea a metà marzo, al mutare delle indicazioni dell’Oms, che dal testare soggetti solo sintomatici, che fossero stati a contatto con positivi o provenienti da focolai, passava con nonchalance alla linea “test, test, test”, invitando tutti i Paesi a moltiplicare i tamponi.

Un mutamento di linea più che sospetto, tra l’altro, quello dell’Oms, che sconsigliava di testare e quindi di cercare gli asintomatici quando l’epidemia era ancora circoscritta, e all’apice, in Cina, e dopo che Pechino aveva già deciso di testare solo i casi più gravi. Un approccio che di certo, in quel momento, aiutava la curva dei casi positivi in Cina ad abbassarsi più rapidamente.

E meno male che Ricciardi non era ancora consulente del governo quando si pronunciava contro la chiusura dei voli diretti dalla Cina, mentre Xi Jinping sigillava Wuhan ma guarda caso non fermava i voli internazionali.

Sempre nell’intervista di ieri a SkyTg24 c’è tra le righe una importante e definitiva ammissione di responsabilità:

“Nella seconda fase proponiamo di estendere la tamponatura ai sintomatici molto lievi, quelli che hanno un solo sintomo e che esordiscono con un colpo di tosse e soprattutto con la febbre, e isolarli immediatamente nel caso risultino positivi e poi tracciarli tecnologicamente in modo tale da risalire ai contatti in modo rapido”.

Se tutto questo si farà “nella seconda fase”, vuol dire che non si è fatto nella prima, e a questa strategia sbagliata si deve molto probabilmente, come sostengono ormai molti medici e scienziati, la totale perdita di controllo della diffusione del virus in Lombardia nei cruciali 7-10 giorni dopo l’esplosione del focolaio di Codogno.






Trump, il coronavirus e la deformazione dei fatti - Caratteri Liberi
di David Elber
20 aprile 2020

http://caratteriliberi.eu/2020/04/20/cu ... dei-fatti/

Domenica scorsa come ogni domenica mattina, è andata in onda su Radio Rai 1 la trasmissione radiofonica “Voci dal mondo”. Si tratta di un programma di informazione sui temi di attualità internazionale, ed è una trasmissione che ben rappresenta il sistema di informazione in Italia e il modo in cui esso è veicolato. Tema del programma è stato il riemergere della guerra fredda alla luce del Coronavirus e di come Putin e Trump stiano affrontando le sfide poste da questo pericoloso virus.

Assai istruttivo è come è stato presentato il presidente americano Donald Trump e le sue scelte nell’affrontare l’emergenza pandemia che ha investito anche gli Stati Uniti. L’ospite che ha descritto “l’inefficienza”, “l’incapacità” e il “pressapochismo” di Trump è stato il prof. Mario Del Pero, professore di Storia all’Istituto Sciences Po. A un certo punto il professore ha affermato che il presidente americano per coprire le proprie incapacità nel gestire la situazione ha avuto bisogno non di un capro espiatorio ma bensì di tre capri espiatori: la Cina, l’OMS e il partito Democratico soprattutto tramite i suoi governatori. Prima di entrare in merito alle accuse rivolte a Trump, vediamo di capire esattamente cosa significhi capro espiatorio:

Per il dizionario italiano, il suo significato in senso figurato, è “Chi viene sacrificato per una colpa altrui”.

Nel ragionamento del prof. Mario Del Pero, Trump usando la Cina, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e il partito Democratico come capri espiatori, vuole addossare a loro delle colpe non loro ma che sono il risultato dell’incapacità di Trump nel gestire la situazione di pandemia.

Proviamo a ripercorrere le singole accuse e vediamo alcuni fatti per comprendere meglio gli avvenimenti.

Primo, ’affermazione di Trump sul “virus cinese” viene utilizzata dal professor Del Pero per stigmatizzare Trump nel volere addossare le responsabilità alla Cina per la pandemia, che sta’ dilagando negli USA, la quale sarebbe da attribuire all’incapacità del presidente.

Questa affermazione, di per sé, è molto indicativa su come vengono presentate le cose nei media italiani. La prima riflessione che si può fare è che il virus si sia diffuso in tutto il mondo partendo dalla città cinese di Wuhan, su questo punto tutti gli scienziati sono concordi. La quasi totalità degli scienziati è convinta che il coronavirus sia stato trasmesso all’uomo dai pipistrelli catturati e venduti nei mercati di animali vivi che abbondano ancora nella città di Wuhan. Poi il contagio umano sarebbe avvenuto tramite un altro animale – il Pangolino – anch’esso venduto vivo per essere mangiato. E’ da porre in luce, inoltre, che ultimamente sta’ prendendo corpo la notizia (ancora in fase embrionale) che indicherebbe l’origine del virus in un esperimento “scappato di mano” da un laboratorio di Wuhan. Questa teoria, emersa dalle parole di Mike Pompeo, non è stata esclusa neanche da Macron in una sua recente dichiarazione. In Italia ne ha parlato diffusamente Guido Olimpio sul Corriere Della Sera. Quindi perché scandalizzarsi se Trump utilizza l’espressione “virus cinese” se questo virus proviene dalla Cina?

Inoltre, e cosa più importante, è che questa espressione, è stata utilizzata da Trump dopo che funzionari cinesi, in febbraio, avevano iniziato a far circolare la notizia che il Coronavirus fosse stato prodotto in laboratori americani e diffuso volontariamente nella città di Wuhan per causare un danno economico e d’immagine alla Cina. Solo da questo momento Trump ha utilizzato il termine “virus cinese”. Forse per coprire la propria incapacità? O per ribadire da dove proviene il virus a proposito del quale le autorità cinesi negano ogni addebito addossandole invece ad altri?

Secondo, l’affermazione di Trump “La colpa è anche dell’OMS”. E’ così scandalosa? È certo che l’OMS abbia agito nel migliore dei modi? Così non sembra.

Alla fine di dicembre 2019 da Taiwan (Taiwan è uno dei paesi meno colpiti in assoluto avendo compreso velocemente il pericolo) parte l’allarme su una potenziale pandemia di uno sconosciuto virus molto aggressivo e letale.

Alcuni taiwanesi di rientro da Wuhan ne erano infetti. Sì tratta di quello che verrà poi chiamato Covid-19. Taiwan informa l’OMS del pericolo. Su pressioni del governo cinese l’OMS non prende per seria la notizia e non mette in allarme nessuno. Taiwan non fa parte dell’OMS per volere di Pechino. Anzi, il 14 gennaio con un Tweet l’OMS dichiara: “le indagini preliminari di Pechino non dimostrano la diffusione tra umani”. Quindi non bisogna allarmarsi.

Nel frattempo emerge, dalle poche notizie che filtrano dalla Cina, che il dottor Li Wenliang (poi morto di Covid-19) di Wuhan mise in allarme le autorità cinesi già nel dicembre 2019, e per questo fu minacciato e costretto a dichiararsi pentito.

Poco dopo, la dottoressa cinese Ai Fen, che in un’intervista accusò la censura di regime di avere ritardato le misure contro l’epidemia, sparisce dalla circolazione e la famiglia e i colleghi vengono arrestati. Di seguito arriviamo a fine gennaio e l’epidemia è già molto diffusa. Trump decide di interrompere tutti i voli da e per la Cina. Viene subito accusato di razzismo (da esponenti del partito Democratico ma su questo punto torneremo più avanti) e di misure eccessive e dannose secondo molto “esperti” ad iniziare dal direttore dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, che il 28 gennaio dopo un incontro con Xi Jinpin, elogia le misure adottate dalla Cina e critica il presidente USA per allarmismo.

Ma chi è Tedros Adhanom Ghebreyesus? Il direttore dell’OMS (che non è neanche medico) è un etiope che è stato eletto a capo dell’OMS per esplicita volontà di Pechino: la nomina avvenne tramite la compravendita di oltre 40 voti di paesi africani visti gli strettissimi legami economici tra il paese africano e la Cina. Sistema questo in auge in molti organismi ONU.

Fino ad oggi, Ghebreyesus era famoso non tanto per la sua preparazione scientifica ma per il tentativo, appena eletto, di nominare Robert Mugabe, il dittatore sanguinario dello Zimbabwe in orbita cinese, come ambasciatore onorario delle Nazioni Unite. Nomina fallita per l’opposizione di molti politici e intellettuali.

Dopo la decisione della Casa Bianca di interrompere i voli con la Cina, dall’OMS esce il seguente comunicato: “le misure adottate da Washington il 31 gennaio servono soltanto ad alimentare le paure e lo stigma”. A febbraio ormai il virus è diffuso in tutto il mondo, Italia compresa, ma l’OMS tace. Bisognerà aspettare l’11 marzo affinché l’OMS riconosca ufficialmente la pandemia globale. I morti si contano già a decine di migliaia. L’OMS è un capro espiatorio di Trump o parte del problema. L’affermazione di Trump che “il partito democratico e i suoi governatori sono corresponsabili della situazione” è così scandalosa? Sono un capro espiatorio?

Dopo che, il 29 gennaio, Trump prese la decisione di chiudere i voli per la Cina, Joe Biden (il candidato presidenziale del partito democratico), la speaker della Camera USA Nancy Pelosi e il Governatore dello Stato di New York Cuomo accusarono Trump immediatamente di razzismo per aver intrapreso un’azione del tutto esagerata rispetto ai pericoli reali posti da coronavirus.

Molti media americani iniziarono una campagna mediatica contro la sua decisione. In particolare Cuomo si scagliò contro Trump esigendo che “le porte dell’America rimanessero aperte per i viaggiatori cinesi”. Nancy Pelosi, da parte sua, fece una campagna mediatica in favore delle celebrazioni del Capodanno cinese a San Francisco, chiedendo la massima partecipazione possibile.

Sono le medesime persone che imputano a Trump di aver preso sotto gamba la minaccia e di aver ignorato il pericolo posto dal virus. In particolare Cuomo (Governatore dello Stato di New York dove si sono verificati circa il 50% dei morti americani), tramite la stampa liberal e i suoi quotidiani proclami via Twitter, vuole riscrivere la storia degli ultimi due mesi accusando Trump di avere completamente sottovalutato il pericolo. Nonostante ciò, per il prof. Mario Del Pero i democratici sono il capro espiatorio utilizzato da Trump per coprire le sue incapacità.

Si può fare un’ultima annotazione su quanto è emerso da una indagine condotta circa dieci giorni fa dal giornale americano New York Post. Come ha scritto in un suo articolo Caroline Glick “Il New York Post ha riferito che, da fine gennaio a fine febbraio, il regime cinese ha vietato alle società straniere di forniture mediche con impianti di produzione in Cina di esportare le loro attrezzature mediche.

Ad esempio, funzionari cinesi hanno vietato alla società americana 3M di spedire equipaggiamento protettivo negli Stati Uniti. La Cina ha sequestrato da sola tutte le apparecchiature pertinenti al coronavirus. Ancora peggio, secondo i funzionari dell’amministrazione che hanno parlato con il New York Post, da fine gennaio a fine febbraio, i cinesi hanno acquistato $ 1,2 miliardi di dispositivi di protezione medica. Ciò includeva due miliardi di maschere e oltre 25 milioni di tute protettive.

In altre parole, mentre la Cina nascondeva i pericoli del virus made in China dal mondo, stavano acquistando la fornitura mondiale di dispositivi di protezione e assicurando così che quando il virus ha iniziato a colpire il resto del mondo, il resto di il mondo non avrebbe avuto i mezzi per proteggersi”. Si può solo aggiungere che ancora oggi, a detta dei “Soloni” nostrani, gli Stati Uniti sono carenti di sistemi di protezione contro il virus, naturalmente per “l’inefficienza di Trump” non per il comportamento tenuto dalla Cina. Mala tempora currunt.





Sospetti sul laboratorio francese di Wuhan. Macron: «Accadute cose che non sappiamo»
Stefano Montefiori
21 aprile 2020

https://www.corriere.it/esteri/20_april ... resh_ce-cp

PARIGI «Sono felice di trovarmi a Wuhan, che alcuni chiamano ”la piccola Francia” di Cina, cuore della cooperazione franco-cinese», diceva il primo ministro Bernard Cazeneuve nel 2017, alla fine della presidenza Hollande. L’accordo celebrato in quell’occasione prevedeva l’arrivo a Wuhan di 50 scienziati francesi nell’arco di cinque anni, ma tre anni dopo nessuno è mai entrato nel laboratorio P4 - consegnato praticamente chiavi in mano dai francesi - nella ”piccola Francia” di Cina. Negli ultimi giorni l’attenzione è tornata a concentrarsi sul laboratorio di Wuhan dopo che il Washington Post ha ricordato come nel 2018 il personale dell’ambasciata americana in Cina allertò Washington sulle carenze di sicurezza nel laboratorio.

Il segretario di Stato americano Mike Pompeo invoca un’inchiesta, il presidente Emmanuel Macron dice che in Cina «sicuramente sono accadute cose che non sappiamo» e anche la cancelliera Merkel richiama la Cina a una maggiore trasparenza. Per adesso, molte teorie di complotto e nessuna prova sul fatto che il Covid-19 possa essere sfuggito al laboratorio di Wuhan.

Le preoccupazioni sulla sicurezza accompagnano il laboratorio di Wuhan dalla nascita, frutto della cooperazione tra Cina e Francia. Nel 2003 la Sars colpisce la Cina e le autorità di Pechino vogliono migliorare la loro capacità di contrasto delle epidemie. Nel 2004 il presidente Hu Jintao trova aiuto nel capo di Stato francese Jacques Chirac e nel suo premier Jean-Jacques Raffarin, grandi fautori di un’apertura europea verso la Cina. I due Paesi decidono di combattere insieme le malattie emergenti, per esempio l’influenza aviaria, e il perno di questa nuova collaborazione è la costruzione in Cina, con finanziamenti locali e tecnologia ed esperti francesi, di un laboratorio P4 per lo studio di virus altamente patogeni, di classe 4 (la più alta per grado di pericolosità).

La metropoli della provincia dell’Hubei appare la scelta naturale, perché sede nell’Ottocento della concessione francese e da allora cuore della collaborazione economica franco-cinese: a Wuhan ci sono filiali di marchi francesi come Peugeot, Renault, Eurocopter, L’Oréal, Pernod-Ricard e molti altri. L’idea di affidare alla Cina un laboratorio P4 desta però perplessità presso gli scienziati e gli specialisti al ministero degli Affari esteri. Per ragioni politiche, legate al trasferimento di tecnologie sensibili, e di sicurezza pubblica. «Un laboratorio P4 è come una bomba atomica batteriologica», ha detto una fonte al Figaro. Virus estremamente pericolosi come l’Ebola vengono manipolati e trattati e le misure di sicurezza devono essere seguite alla lettera, secondo procedure talvolta mutuate da quelli in uso nei sommergibili nucleari. Il timore è che, una volta entrato in funzione, il laboratorio di Wuhan possa funzionare al di là di qualsiasi controllo francese.

Il cantiere viene terminato nel 2015 e l’entrata in funzione risale al 2018, in occasione della prima visita in Cina del neo-presidente Emmanuel Macron. Ma, come previsto, la collaborazione franco-cinese è durata finché c’era da costruire il P4. Una volta realizzato, i francesi vengono di fatto estromessi dall’attività e dal controllo. I 50 ricercatori francesi previsti dall’accordo non sono mai partiti, e il laboratorio P4 di Wuhan lavora in totale autonomia, senza le verifiche e la tutela francese prevista inizialmente dall’intesa Chirac-Hu Jintao.
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Re: Cina e virus

Messaggioda Berto » mar apr 28, 2020 10:28 pm

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Re: Cina e virus

Messaggioda Berto » mar apr 28, 2020 10:28 pm

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Re: Cina e virus

Messaggioda Berto » mar apr 28, 2020 10:28 pm

13
Nuovi focolai in Cina


La Cina chiude Harbin: in lockdown la città di 10milioni di abitanti per arginare nuovo focolaio
Germana Carillo
24 Aprile 2020

https://www.greenme.it/vivere/salute-e- ... -lockdown/

Un nuovo pericoloso focolaio avrebbe preso piede in Cina: qui, la città di Harbin, la cui intera area metropolitana conta più di10 milioni di abitanti, è stata messa nuovamente in lockdown per prevenire la diffusione del coronavirus. Si tratterebbe di contagi “importati” e già si polemizza sul presunto nuovo “paziente 0”.

L’ “untore” sarebbe, secondo il Daily Mail e Global Times, una studentessa cinese rientrata da New York. Altre testate, invece, come UsNews o il Financial Times, incolpano pseudountori russi.

Fatto sta che, in questa immensa area metropolitana, capoluogo dell’Heilongjiang, la provincia più a nord del Paese, l’amministrazione ha imposto di nuovo il blocco totale a tutti i residenti, limitando anche gli ingressi e le uscite dal territorio.

I funzionari hanno inoltre vietato le riunioni e ordinato alle comunità di monitorare da vicino i visitatori e i veicoli non locali nella città e hanno installato checkpoint all’aeroporto e alle stazioni ferroviarie.

Le due piste

La studentessa, che i tabloid cinesi chiamano col nome di fantasia “Han”, sarebbe tornata da New York il 19 marzo scorso. La traccia dei suoi contatti avrebbe rivelato che almeno 50 casi di COVID-19 sono a lei correlati, direttamente o indirettamente, comprese le infezioni secondarie in due ospedali.

Altri, come dicevamo, parlano di infetti importati dalla Russia, dati i collegamenti aerei e i lungo confine territoriali: in molti conferiscono l’aumento dei casi di contagio a cittadini cinesi di rientro da viaggi in Russia.

Le misure ad Harbin

In ogni caso qui, è cominciata di nuovo la famigerata catena delle infezioni a grappolo e il numero dei contagi è aumentato in maniera esponenziale in pochi giorni. Dopo una prima fase di scetticismo, in tutta la regione sono stati dunque istituiti posti di blocco per evitare che i residenti lascino le proprie città. Sono stati vietati assembramenti ed eventi di ogni tipo, compresi matrimoni e funerali, e le poche persone autorizzate a spostarsi hanno l’obbligo di indossare mascherina e di farsi misurare la temperatura.

E non solo: i residenti di Harbin sono tenuti a denunciare coloro che, rientrati dall’estero o da altre parti della Cina colpite dall’epidemia, non abbiano rispettato la quarantena imposta dalle normative. E, udite udite, per le denunce che risulteranno fondate è prevista una ricompensa di 3.000 yuan.

Infine, le farmacie locali devono registrare le informazioni personali dei clienti che acquistano medicinali per la febbre, sollievo dalla tosse o farmaci antivirali, inclusi carta d’identità, numeri di telefono e indirizzo, per poi riferire tutto alle autorità.
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Re: Cina e virus

Messaggioda Berto » mar apr 28, 2020 10:28 pm

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Re: Cina e virus

Messaggioda Berto » mar apr 28, 2020 10:28 pm

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Re: Cina e virus

Messaggioda Berto » mer set 23, 2020 6:35 am

14

Il demenziale sinistrismo occidentale filocinese



Minima Politica - La servitù volontaria dei piccoli influencer di Pechino nostrani
Dino Cofrancesco
4 Lug 2020

http://www.atlanticoquotidiano.it/rubri ... -nostrani/

C’è da rimanere sconcertati! In un lungo articolo, pubblicato su Il Dubbio il 3 luglio u.s., “La pandemia ha ucciso le frontiere, ora serve una politica mondiale”, traboccante di retorica fogliante (quand’è che Claudio Cerasa gli spalancherà le porte del suo quotidiano?), Ugo Intini, dopo aver descritto l’America di Trump come l’inferno sulla terra (“Le morti soprattutto di poveri e di neri; l’eccesso di differenze sociali e razziali, il degrado dei servizi sociali e soprattutto della sanità pubblica; l’iper liberismo; un sistema istituzionale dove il mancato coordinamento tra i singoli Stati federali ha aggravato la pandemia”), scioglie alla Cina “un cantico che forse non morrà”, considerando il fertile terreno dell’antiamericanismo su cui hanno arato abbondantemente il fascismo, le sinistre marxiste, il Sessantotto.

“Mentre Washington declina, Pechino sale. Da tempo si contano gli anni (sempre meno) che ci separano dal momento in cui il Pil cinese supererà quello americano. Da tempo (e il caso Huawei è la punta dell’iceberg) la tecnologia cinese riduce le distanze con noi. Alibaba raggiunge Amazon, Tik-Tok insegue Whatsapp e Twitter. Adesso il “king flu”, come dice Trump, è nato sì a Wuhan, ma è stato contenuto più rapidamente e meglio. Soprattutto, la Cina si avvia a essere l’unico grande Paese dove nel 2020 il Pil avrà un segno non negativo ma (sia pure disastrosamente meno del previsto) positivo. Se, come spera, il vaccino cinese arriverà presto, già Pechino annuncia che lo metterà a disposizione di tutti (e il Terzo mondo certo se lo prenderà), realizzando così uno straordinario successo propagandistico. La stretta stessa su Hong Kong è un passo che prima del virus forse i leader cinesi non avrebbero osato”.

Che ci si trovi dinanzi alla più grande potenza totalitaria dei nostri giorni; che le riforme volute da Xi Jinping – vedi gli articoli scritti da Michele Marsonet su Atlantico – comportino il superamento di quel pragmatismo che i suoi predecessori avevano adottato, con qualche sollievo dell’Occidente; che grazie alla Cina – alle sue carenze sanitarie, alla sua cultura gastronomica, che vede delle ghiottonerie in pipistrelli e pangolini, alla sua consegna del silenzio costata forse la vita al medico che per primo diede l’allarme del coronavirus – si sia propagato il virus; di tutto questo nemmeno una parola nell’inno mondialista di Ugo Intini. Se a Wuhan il “kung flu” “è stato contenuto più rapidamente e meglio”, perché non pensare a un Nobel sanitario per le nazioni virtuose, gestito dall’OMS e dal Dr. Tedros Adhanom Ghebreyesu, al quale il tracotante Trump non vuol dare neppure un centesimo?

Nel suo delirio cortigiano (peraltro gratuito e tanto più incomprensibile), non esclude affatto che la Cina troverà il vaccino antivirus e lo metterà a disposizione di tutti. A quel punto dovremo prostrarci tutti davanti all’Impero maoista e dimenticare l’ecatombe di vite umane, lo sconquasso delle economie, il lockdown, la chiusura a centinaia di migliaia di aziende e di attività commerciali etc… E Hong Kong? “È un passo che prima del virus forse i leader cinesi non avrebbero osato”, un errore, quindi, ma dettato dal successo, la hybris del vincitore che non sempre riesce a contenersi e che, comunque, non può lamentarsi se Intini deve dargli un buffetto sulla guancia. D’altra parte, i dissidenti dell’ex colonia britannica possono sempre contare sull’accoglienza (fino a tre milioni!) assicurata dal perfido Boris Johnson, rappresentante di una potenza in declino, e degno compare dei peggiori populisti in circolazione, da Orban a Bolsonaro.

Il caso Intini fa davvero riflettere: non solo sulla “servitù volontaria” innata nella political culture nostrana (Franza o Spagna purché se magna, usciti di scena gli Stati Uniti affidiamoci alla Cina) ma, altresì, sulla sua immarcescibile attitudine retorica. Nessuna voglia di conoscere il mondo, nessun tentativo di fare i conti con la realtà. La risposta ai nostri tanti problemi è una sola: “Una globalizzazione più umana, meno dominata dal privato e dal profitto individuale immediato”. Come arrivarci? Non è facile, risponde il buon retore non dimentico della sua “acculturazione socialriformista”: le nostre società sono complesse e occorre, quindi, pensare a soluzioni ardite che nessuno finora ha saputo proporre. Già, sono complesse, troppo complesse, e in questa complessità s’annega il pensier nostro e il “naufragar [ci] è dolce in questo mare“.



HISTORIA MAGISTRA VITAE
Niram Ferretti
24 luglio 2020

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Le dichiarazioni di Mike Pompeo sulla Cina, una chiamata all'unione del mondo libero contro la muova tirannia, ci riporta con nettezza alla contrapposizione "amico"/"nemico" che, per Carl Schmitt, innerva la sostanza del politico e definisce una dicotomia insuperabile.

Così è stato, nell'epoca della Guerra Fredda, tra Stati Uniti e Unione Sovietica.

"Se il mondo libero non cambierà il Partito Comunista Cinese, la Cina comunista cambierà noi", ma Mike Pompeo sa bene che una parte del cosiddetto "mondo libero" flirta con la Cina e sa altrettanto bene che l'unico paese liberale in grado di contrapporsi realmente con il proprio peso all'espansionisno del Dragone, a quello che Stephen Bannon, da anni chiama il suo "imperialismo mercantilista", sono gli USA.

Nel suo discorso, il Segretario di Stato americano ha ricordato come Richard Nixon, ammise di avere creato una sorta di Frankenstein attraverso la sua politica di distensione con la Cina.

La chiusura del Consolato cinese a Houston e l'arresto di tre ricercatori cinesi accusati dal Dipartimento di Stato di essere degli infiltrati all'interno delle istituzioni americane allo scopo di carpire conoscenza scientifica e tecnologica, riporta l'orologio indietro di molti anni, quando erano i russi quelli da tenere d'occhio e ci mostra come i nemici della democrazia si approfitteranno sempre del suo ventre molle.

Ai primi di maggio, Nikki Haley, ex ambasciatore USA all'ONU, durante un intervento in tv dichiarava:

“Mentre l'Unione Sovietica stava diffondendo il suo controllo sull'Europa orientale dopo la Seconda guerra mondiale, l'allora ex primo ministro britannico Winston Churchill fu profetico nella sua descrizione di ciò che sarebbe bastato per sopravvivere all'impero comunista senza ricorrere alla guerra. ‘L'unica cosa da fare’, disse Churchill, ‘è convincerli che hai una forza superiore. . . è la strada più sicura per la pace’. All'epoca, la profezia di Churchill non era gradita nell'Ovest stanco della guerra. Tuttavia, i successivi presidenti degli Stati Uniti hanno ampiamente aderito al suo consiglio. I comunisti sovietici non furono mai convertiti o persuasi. Furono sconfitti, soprattutto senza guerra, da una potenza economica, diplomatica e militare occidentale superiore e da una visione più determinata e stimolante dell'umanità.

La sfida odierna dei comunisti cinesi deve essere vista allo stesso modo. Come ai tempi di Churchill, la maggior parte degli americani non vuole saperne delle minacce epiche. Siamo stanchi delle continue battaglie con i terroristi e dei grandi pericoli e delle perturbazioni associate alla pandemia. Con bugie e insabbiamenti, la Cina continuerà a cercare di nascondere la propria responsabilità su un virus iniziato a Wuhan, che sta uccidendo centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo e sta compiendo una distruzione economica indicibile. Ma l'inganno riguardo al virus non è il peggior pericolo per il comunismo cinese. È solo il suo sintomo più evidente. A Hong Kong, ha arrestato importanti attivisti per la democrazia e sta tentando di criminalizzare le critiche al governo cinese.

Sta aumentando le sue azioni ostili nel Mar Cinese Meridionale, che attraversa un terzo delle spedizioni mondiali. A livello nazionale, ha notevolmente ampliato le sue capacità militari, creato uno stato di sorveglianza orwelliano e costretto oltre 1 milione di cittadini di minoranza nei campi di ‘rieducazione’. A livello internazionale, ha assunto il controllo di agenzie delle Nazioni Unite come l'Organizzazione mondiale della sanità, ha esercitato la sua influenza sui paesi poveri con terribili contratti di debito e ha molestato i suoi vicini asiatici, nessuno più delle persone libere di Taiwan. Dagli anni '70 fino all'amministrazione Obama, i leader americani di entrambe le parti hanno operato secondo la teoria per cui più la Cina sarebbe diventata forte economicamente più libera e meno aggressiva sarebbe diventata. Nel caso della Cina, questa teoria è disastrosamente sbagliata.

Perché la Cina è diversa? Si torna alla spiegazione di Churchill. Il Partito Comunista controlla le forze armate, il commercio, la tecnologia e l'istruzione della Cina. Tutto ciò che i suoi leader fanno è finalizzato ad espandere il potere del partito. È per questo che purificano etnicamente le minoranze, che impongono uno stato di sorveglianza, che non possono tollerare la libertà a Hong Kong, che insistono che subentreranno a Taiwan, che cercano di dominare i paesi poveri e le organizzazioni internazionali, che espandono il loro arsenale nucleare.

La Cina è una potenza pericolosamente diversa perché è fermamente impegnata in un'ideologia comunista che vede il suo sistema come superiore. Negli ultimi cento anni, abbiamo fermato la Germania due volte e l'Unione Sovietica per questo motivo. Ora affrontiamo una Cina comunista espansionista il cui potere economico supera di gran lunga qualsiasi cosa avessero i sovietici durante la Guerra fredda. Questa non è la sola sfida americana; i paesi liberi devono unirsi per affrontarla. Come notò Churchill, la preparazione è la strada più sicura per la pace”.

È qui riassunto con chiarezza estrema quale sia l'approccio da adottare. Se la storia, magistra vitae, ci insegna qualcosa, è che, come in natura il predatore più forte ha la meglio sul più debole, chi detiene la forza maggiore, militare, economica, tecnologica, deve esercitarla al massimo, contro chi si vuole imporre usando questi stessi mezzi.

Le nazioni e gli imperi durano fino a quando hanno un forte senso di se stessi, le risorse necessarie al loro sostentamento e la determinazione di mettersi in gioco con risolutezza. È ancora la storia che ce lo insegna.
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