CINA-VATICANO Sacerdote cinese: Da cristiani nel dramma del virus di Wuhan
AsiaNews.it
Shan Ren Shen Fu (山人神父)
01/02/2020
http://www.asianews.it/notizie-it/Sacer ... PsWn33PJBQPreghiera, compassione, solidarietà, mentre gli abitanti di Wuhan giunti nelle altre città sono trattai “come ratti”. Il racconto della prima settimana di emergenza. La preghiera del papa. Intanto, il numero dei morti a causa dell’infezione è salito a 259; gli infetti sono 11.823 in Cina e 129 all’estero.
Pechino (AsiaNews) – “I cristiani devono pregare sinceramente, e il nostro Paese ha bisogno davvero dell’aiuto del Signore”. È l’invito di p. Shanren (il “prete della montagna”), un famoso blogger, a tutti i suoi fedeli e amici, nel suo racconto sulla prima settimana di emergenza virus. Il blocco delle città, la difesa anche armata contro gli infetti, la disperazione dei malati, ma anche i molti gesti di solidarietà verso le persone di Wuhan, ora trattate “come un ratto”. C’è il rischio di forti tensioni sociali, che solo la preghiera e l’amore possono vincere.
Intanto, il numero dei morti a causa dell’infezione è salito a 259; gli infetti sono 11.823 in Cina e 129 all’estero. I casi sospetti in Cina sono saliti a 18mila; almeno 243 pazienti sono guariti dal virus.
Nel pomeriggio della vigilia di Capodanno [il 24 gennaio] ho ricevuto la comunicazione sull’annullamento della messa. Solo due giorni prima avevo inviato una comunicazione scritti ai fedeli circa gli orari delle messe che si sarebbero svolte per la Festa del Capodanno il 24 gennaio, il 25 e la domenica. Avevo programmato di rientrare nel mio paese d’origine dopo la messa domenicale. “Ritornare a casa dopo il Capodanno” è divenuta ormai una consuetudine. Ed ora che persino la messa è stata annullata, ho deciso di ritornare a casa il 25 gennaio, dopo aver finito di cenare con i fedeli la sera del capodanno.
Quest’anno il “ritornare a casa” è divenuto una decisione difficile da prendere. Prima del capodanno avevo più volte parlato coi miei genitori al telefono e mi chiedevano sempre quando sarei rientrato. Ma non eravamo ancora a conoscenza del coronavirus di Wuhan. Quando l’ho saputo, l’epidemia si era ormai diffusa in tutta la Cina. Avevo assicurato ai miei che sarei tornato il 26 gennaio e non avevo mai pensato che avrei anticipato il rientro di un giorno. I miei genitori erano del tutto all’oscuro del mio rientro anticipato. La maggior parte dei fratelli sacerdoti non possono passare il Capodanno nel proprio paese natale; anche loro vi ritornano dopo il giorno della festa. Ci siamo spesso sentiti per consultarci se fosse ancora opportuno rientrare. Tutti pensavano fosse un atto irresponsabile. Ma ho deciso di tornare un po’ prima, e che Dio mi benedica e benedica anche il viaggio. Sono giunto a casa la sera stessa della partenza.
Siamo arrivati al villaggio sotto la pioggia. Erano stati già installati i blocchi stradali, ma per fortuna il nostro villaggio non ha utilizzato la ruspa per scavare trincee, né montagne di terriccio per bloccare le strade. La civiltà non è cosa che si costruisce da un giorno all’altro, ma grazie alla fede le persone hanno fatto qualche progresso, non hanno adottato le “semplici ma violente” maniere che circolano su internet. I festeggiamenti che il villaggio aveva organizzato sono stati annullati. Non ci sono persone che visitano i parenti, né i bambini che giocano di nascosto coi fuochi d’artificio: l’intero villaggio è miracolosamente avvolto nel silenzio. Ognuno a casa sua mangia, guarda la TV, gioca col cellulare, dorme. Ci sono indubbiamente tanti anziani che pregano e recitano silenziosamente il rosario.
La situazione epidemica è sempre più critica e stringe il cuore di tutti. Su internet non solo guardo gli ultimi aggiornamenti circa l’epidemia e le nuove aree epidemiche, ma scopro un po’ di affetto umano che emerge nella società. Il sindaco di Wuhan ha affermato che 5 milioni di persone hanno lasciato la città di Wuhan, ci sono alcuni che rientrano nella propria città d’origine, altri che hanno già da tempo programmato il viaggio e alloggiano negli hotel. Come è ovvio, per il terrore verso la trasmissibilità del virus, le persone hanno espresso paura verso i cittadini provenienti da Wuhan. Questa povera gente è ormai inseguita da tutti come un ratto che corre attraversando la strada! Eppure proprio in questo momento ci sono tante persone che, mediante internet, hanno invitato tutti gli amici provenienti da Wuhan, esclusi e rimasti intrappolati nelle altre città, affermando che i cittadini di Wuhan possono mettersi in contatto con loro e che essi sono disposti ad accoglierli, offrendo loro un alloggio e affrontando insieme questo momento difficile.
Nella vita ci sono sempre due differenti tipi di persone e cosicché emergono spesso due opinioni divergenti: coloro che appartengono all’amore, che abbracciano la vita con cuore aperto e affetto; coloro che appartengono all’odio, che rifiutano il mondo circostante con un cuore freddo. L’auto-protezione e l’auto-isolamento sono indubbiamente un nostro dovere, ma se tutti ignoriamo l’umanità, la morale e persino la legge per prevenire il “virus”, anche le persone sane che vivono in sicurezza diventano pari alle bestie.
L’amore e l’odio verso gli infetti
Attualmente, gli infetti devono auto-isolarsi senza contagiare gli altri. Purtroppo su internet vediamo tante azioni aggressive: vi sono pazienti terrorizzati che strappano le tute protettive e le mascherine degli infermieri, spuntando in faccia ai medici e infermieri dicendo: Perché soltanto voi avete la protezione? Se ci tocca morire, moriamo insieme… Poi, vediamo anche i blocchi stradali: c’è chi che mette le spille rosse; altri che vanno in giro con le spade in mano; c’è chi mette gli striscioni davanti alla casa degli altri; quello che usa addirittura pezzi di legno per bloccare l’ingresso dei vicini. Per tante persone, i pazienti di Wuhan non sono più persone, ma sinonimo di virus. Questa è veramente una notizia sconsolante, perché anche il Signore dice che odia il peccato, ama le persone. Mi piacerebbe sempre abbracciare il peccatore con tanta misericordia, aspettando che egli chieda perdono.
Ma la situazione di oggi è: tutti coloro che sono fuori della città di Wuhan gridano: Forza Wuhan! Ma se hanno qualche amico ritornato da Wuhan, gli dicono: Non solo contagiate gli altri, ma fate male anche a voi stessi! Se a causa dell’epidemia, le relazioni fra persone continuano in questo modo, ci saranno inevitabilmente divergenze sociali sempre maggiori.
Per fortuna dopo la chiusura del villaggio, nessuno può muoversi dalla propria casa, e con le mascherine non si può più cantare né parlare. Nel silenzio, le persone possono almeno meditare. I credenti cominciano a pregare per l’epidemia, i fedeli del villaggio si organizzano per digiunare. Anche mia cognata si è unita a loro, e non fa più la colazione!
Quello che davvero manca a noi cinesi è l’autocritica: tutti piangono e si disperano quando si verifica un disastro, ma appena la catastrofe finisce tutto torna come prima. Nel 2002-2003, 17 anni fa, c’era la Sars, oggi il coronavirus. Tutti e due gli eventi sono in relazione con gli animali selvatici. Il pipistrello fa parte degli animali selvatici, il suo aspetto assomiglia a quello del cavaliere della notte (qualche fedele dice che il pipistrello ha l’aspetto di Satana). Ora, è impensabile che si possa mangiare una cosa del genere! Un mio amico ha visto un video in cui si consuma un pipistrello durante il pasto, e ha subito gettato via la sua ciotola dicendo: che schifo!
Prima dell’epidemia il mio maestro mi ha mandato una sua riflessione. Francamente non voglio pensare che la malattia di oggi sia in relazione con la persecuzione della fede, però pensandoci bene, le parole del mio maestro non sono così fuori posto.
“Pensa soltanto al giorno 24 dicembre, ovvero un mese fa: noi cinesi affermavamo con fermezza che dovevamo boicottare le feste straniere, bisognava vietare il Natale, amare il Paese e sostenere le feste nazionali. Abbiamo dato uno schiaffo pesante sui nostri stessi volti, perché solo un mese dopo, il giorno 24 gennaio è successo un disastro. Vedendo la difficile situazione di oggi, ho veramente mille pensieri: abbiamo rifiutato la pace che Dio ci ha donato gratuitamente, ed ora tutti vogliamo la pace, ma il costo è veramente caro. Dobbiamo avere timore in Dio, preghiamo per i cinesi! Chiediamo l’immensa misericordia di Dio che tutto si risolva presto!”.
All’Angelus del 26 gennaio, papa Francesco ha menzionato l’epidemia cinese, invitando i fedeli di tutto il mondo a pregare per i pazienti della Cina. Gli uomini possono sbagliare e commettere qualche errore, ma il Signore è grande ed è misericordioso. Dio non ignora mai il pentimento e un cuore umile. Oggi, i cristiani devono pregare sinceramente, e il nostro Paese ha bisogno davvero dell’aiuto del Signore.
La guerra della Cina contro il virus e la verità
Laboratori chiusi, medici silenziati, professori arrestati, social network censurati e attacchi ai “nemici del popolo”. Così il Partito comunista ha messo in pericolo la salute internazionale e ora usa l’epidemia per fare propaganda
Giulio Meotti
9 Marzo 2020
https://www.ilfoglio.it/esteri/2020/03/ ... ywall=true Duemilaventi. La Cina combatte il Coronavirus”. È il titolo del libro appena pubblicato dal Partito comunista cinese per celebrare la vittoria sull’epidemia e su come “il compagno Xi Jinping si è preso cura del popolo”. Fa parte della sua impressionante macchina della propaganda. Il ministero degli Affari esteri cinese in conferenza stampa intanto dichiarava che è una diffamazione parlare di “virus cinese” e che la sua origine è “ignota”. Origine ignota… Il regime ha arruolato anche il dottor Zhong Nanshan,...
In piena pandemia Pechino lancia la sua controffensiva revisionista: il partito ha sconfitto il virus - Atlantico Quotidiano
Enzo Reale Da Barcellona
11 marzo 2020
http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... 4I_Pwj3AOQAttenzione: a Pechino stanno già riscrivendo la storia e sono gli stessi responsabili del dramma collettivo che ci è toccato in sorte, con la compiaciuta partecipazione di un esercito di volenterosi apologeti sparsi un po’ ovunque
Il partito cinese vanta molti adepti in Italia: in fondo basta sfoggiare i simboli e i colori giusti perché il popolo del “bella ciao” si converta all’epica dell’uomo forte
“La guerra è pace”, “La libertà è schiavitù”, “L’ignoranza è forza“, recitano gli slogan del Socing incisi sulla facciata del Ministero della Verità, nell’Oceania descritta da Orwell in “1984”. Eterna profezia, incubo ricorrente, romanzo che incarna lo spirito di ogni tempo, perché il doublethink non muore mai e si fa forza trainante nelle società confuse. Come la nostra. Nella capitale del Regno di mezzo il Ministero della Verità lavora giorno e notte. E dalla notte al giorno sui suoi muri compare uno slogan di nuovo conio, scolpito a caratteri cubitali, in modo che tutti possano scorgerli e interpretarli anche a distanza: “Il Partito ha sconfitto la malattia“. Il resto del mondo, sempre più malato, dopo un primo momento di sconcerto e di dubbio, sgrana gli occhi per leggere meglio il messaggio. Poi, in men che non si dica, annuisce convinto e, quasi sollevato nonostante le piaghe ancora infette, comincia ad applaudire il nuovo comandamento e a ossequiare i padroni del pensiero che lo hanno concepito.
La capitale in questione è Pechino, il Partito è il regime comunista cinese, la malattia è il coronavirus (o Covid-19, nome da neolingua anch’esso) che la dittatura di Xi Jinping ha regalato al mondo, in un collage letale da superpotenza sottosviluppata, fatto di ritardi, censure, insabbiamenti e troppe morti evitabili. L’allegoria finisce qui e comincia la cronaca. La storia, invece, la stanno già riscrivendo a piacimento gli stessi responsabili del dramma collettivo che ci è toccato in sorte, con la compiaciuta partecipazione di un esercito di volenterosi apologeti sparsi un po’ ovunque. Proprio come il Covid-19.
Prima di continuare, una premessa necessaria: l’esperienza cinese dimostra che, in certa misura, il contenimento del virus è possibile e funziona. Pur con tutte le cautele del caso sulle cifre ufficiali, i provvedimenti di natura totalitaria messi in atto nel Paese una volta esplosa l’emergenza (isolamento di intere province unito a un sistema di sorveglianza sociale senza precedenti) sembrano aver prodotto finora risultati positivi. Le prossime settimane diranno se si tratta di una tendenza consolidata. Ma l’onda lunga della propaganda e dell’ideologia è già all’opera da tempo per trasformare una crisi sanitaria di dimensioni planetarie originatasi a Wuhan (Hubei, Cina) in una storia di successo, in cui le gravi responsabilità del governo cinese sono destinate ad essere dimenticate per far spazio a una narrativa alternativa, finalizzata a promuovere su scala globale il presunto modello di sviluppo che la Cina pretende di incarnare. Un tentativo che, se scontato dal punto di vista del Partito Comunista, per avere successo ha bisogno della complicità implicita o esplicita proprio di quelle società democratiche che, dopo i cittadini cinesi, sono le vittime principali del suo operato. Il paradosso epocale che stiamo vivendo, non da oggi, si fonda su un meccanismo perverso di inversione dei ruoli e delle responsabilità, una curiosa sindrome cinese per cui non tarderemo molto a identificare la dittatura rossa di Xi Jinping non come la causa del problema ma come la sua soluzione. La Cina, segnatevelo, uscirà dall’epidemia di coronavirus come vincitrice morale, mentre il resto del mondo continuerà a snocciolare le cifre di nuovi contagi.
L’offensiva propagandistica è cominciata con un dispaccio dell’agenzia statale di notizie Xinhua che annunciava la pubblicazione di “A Battle Against Epidemic: China Combatting Covid-19 in 2020″, un libro in cui si esaltano i meriti del presidente Xi Jinping e dei vertici del regime nell’affrontare l’emergenza. Grazie alla guida del suo leader, il Partito avrebbe dato prova di grande lungimiranza ed efficienza, tanto da poter dichiarare la battaglia già vinta. Sono due i principali problemi di immagine che il governo cinese prova in questo modo a ribaltare: da una parte il colpo inferto alla propria reputazione internazionale dalla propagazione dell’epidemia e dai ritardi decisivi delle prime settimane; dall’altra l’ondata di critiche e di insoddisfazione interna che per giorni, prima che la censura mettesse tutto a tacere, era esplosa in rete. La strategia di Pechino ruota attorno ai seguenti punti: enfatizzare la risposta all’emergenza mettendo in luce l’efficacia delle misure adottate: “Il mondo dovrebbe ringraziarci – fa sapere ancora Xinhua in un editoriale – per il nostro grande sacrificio nella lotta contro il virus“; insinuare che la provenienza della malattia potrebbe non essere cinese, contro ogni evidenza scientifica; attribuire a focolai esterni gran parte dei contagi che si stanno ancora producendo sul suo territorio.
In quest’opera di marketing politico bisogna dire che il regime non ha camminato solo. Bruce Aylward, direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità, in missione nel Paese alla guida di un gruppo di esperti, ha elogiato senza mezzi termini nella conferenza stampa finale gli sforzi di Pechino nel contenimento dell’infezione, sottolineandone l’approccio aggressivo adottato anche grazie a “metodi di vecchio stampo“, invitando gli altri stati a prendere esempio e rammaricandosi che non tutti fossero pronti a intraprendere gli stessi passi. La rivista scientifica The Lancet, riprendendone le dichiarazioni, ha così definito la natura del regime cinese:
“Il successo della Cina si basa in gran parte su un forte sistema amministrativo che può mobilitare in tempi di minaccia, combinato con la volontà del popolo di obbedire a rigorose procedure di sanità pubblica. Sebbene ad altre nazioni manchi la politica di comando e controllo della Cina, ci sono importanti lezioni che i presidenti e i primi ministri possono imparare dall’esperienza cinese. I segni sono che quelle lezioni non sono state apprese”.
Le parole sono importanti: in entrambi i casi, la constatazione dei risultati sul campo è direttamente associata alla struttura politica del Paese, ovvero, senza mai nominarla apertamente, alla dittatura. Il pensiero sotteso ad ogni ragionamento sulla risposta cinese al coronavirus è che l’illiberalità del suo sistema politico rappresenti un vantaggio pratico nei confronti delle democrazie, incapaci di reagire con la stessa prontezza di fronte alle emergenze. Per giungere a questa conclusione, largamente diffusa ormai anche tra l’opinione pubblica occidentale, basta rimuovere dalla fotografia ogni responsabilità del regime nell’origine e nella propagazione del virus. Che si tratti di febbre suina, che nel semi-segreto ufficiale ha ucciso nell’ultimo anno e mezzo milioni di maiali, o di coronavirus, la nuova narrativa è già pronta, secondo le regole immutabili del doublespeak.
Anche in Italia, in pieno contagio, c’è chi sembra più preoccupato di vendere la versione cinese che di denunciarne le manipolazioni. In un articolo che ricalca nei toni e nei contenuti l’ufficialità del Quotidiano del Popolo, Simone Pieranni sul Manifesto verga un’apologia del Partito Comunista Cinese degna di altri tempi:
“Un allenatore italiano, tra i tanti al di là della muraglia, ha spiegato che il governo cinese pensa davvero alla sua popolazione. La Cina ammalia e incanta, si sa. (…) Il PCC ha gestito al meglio la crisi del coronavirus perché uno Stato paternalista è in grado di fare breccia su una popolazione pronta a mobilitarsi in massa, a eseguire gli ordini se li ritiene giusti, corretti, volti a un’armonia, a una forma di stabilità economica e sociale. (…) Il PCC è l’ago della bilancia sociale in Cina, unica istituzione ad ora in grado di mantenere la stabilità”.
Per Il Manifesto non è Pechino ad aver nascosto la verità ma gli Stati Uniti:
“Il fallimento dei test messi a disposizione dalle autorità sanitarie americane, insieme al sospetto che il governo stia nascondendo i reali numeri del contagio di coronavirus negli Usa, ha portato a una rivalutazione di quanto fatto, invece, dal governo cinese”.
Ma non c’è bisogno di aggirarsi tra le pagine del quotidiano comunista per rendersi conto dei consensi che il modello politico cinese riscuote dalle nostre parti. Per restare al mondo dell’informazione, Corrado Formigli, conduttore di Piazza Pulita, osservava nel corso della sua trasmissione che “in Cina hanno il vantaggio della dittatura, che non è un vantaggio da poco“. Sarebbe difficile ascoltare un’affermazione simile riferita a un regime di segno ideologico opposto. E ancora, Otto e mezzo, Alessandro de Angelis dell’Huffington Post: “La Cina non è una dittatura, è una tecnocrazia illuminata, c’è bisogno di competenze“. Il partito cinese, a quanto pare, vanta molti adepti nel nostro Paese e in fondo basta sfoggiare i simboli e i colori giusti perché il popolo del bella ciao si converta all’epica dell’uomo forte.
Al di là del folklore nazionale c’è un problema di fondo piuttosto serio in tutto questo: sia l’Oms che gran parte dei governi e della stampa internazionale si fanno messaggeri della narrativa cinese senza metterla in discussione, come se provenisse da un governo trasparente e rispettoso della libertà di informazione. L’Australia è stata l’unica a sottolineare “le intense pressioni” esercitate dalla Cina sull’Organizzazione mentre gli Stati Uniti, per bocca di Mike Pompeo, hanno messo in discussione l’operato e le cifre di Pechino. Già a fine gennaio due articoli di altrettante pubblicazioni scientifiche americane segnalavano come nella sola Wuhan il numero reale di contagiati fosse fino a 11 volte superiore a quella dichiarata. Inoltre, è stato denunciato da diversi attivisti all’interno del Paese che non tutte le vittime mortali del virus vengono conteggiate nelle liste ufficiali e il Caixin Global, in un articolo poi eliminato dal suo sito web, ha parlato senza mezzi termini dell’esistenza di “cifre reali al di fuori dalle statistiche”.
Intanto, mentre il coronavirus si diffonde esponenzialmente in un centinaio di Paesi e obbliga l’Italia a chiudere per malattia, la Cina utilizza la crisi sanitaria per accreditare la propria leadership globale a livello di istituzioni. Un think tank governativo sta tastando il polso della comunità internazionale su un’eventuale alternativa cinese alla stessa Oms, evidentemente considerata ancora non sufficientemente malleabile. Vedremo che successo avrà l’iniziativa ma è la dimostrazione di una strategia di lungo termine che, paradossalmente, ha ricevuto dalla vicenda coronavirus un impulso espansivo. Riuscirà il Partito Comunista Cinese a trasformare una tragedia di dimensioni planetarie in un’arma propagandistica per accreditarsi come vincitore morale e punto di riferimento a livello globale? Vista l’inazione di chi dovrebbe opporvisi e la complicità delle sue quinte colonne in seno alle democrazie occidentali, corriamo il rischio che il virus totalitario si espanda come quello sanitario.
Nelle parole di Yan Lianke, scrittore cinese censurato in patria, un auspicio destinato a rimanere inascoltato:
“Tra non molto tempo, com’è facilmente immaginabile, il Paese canterà vittoria con sonori squilli di trombe e roboanti rulli di tamburi. Spero che noi non contribuiremo a comporre futili melodie altisonanti. Limitiamoci a essere persone autentiche dotate di memoria individuale”.
Nuove accuse puntuali contro la Cina: il 95% dei casi del Coronavirus poteva essere evitato.
13 marzo 2020
https://www.globes.co.il/news/article.a ... n=facebook Un gruppo di ricercatori ha scoperto che se la Cina avesse lavorato per sradicare il virus Corona 3 settimane prima e avesse applicato le sue severe misure in materia di isolamento e divieti di viaggio, il numero di casi sarebbe stato ridotto del 95%.
La diffusione del virus Corona avrebbe potuto essere molto più moderata se la Cina avesse affrontato il problema in precedenza, secondo uno studio pubblicato sui media. In uno studio che non è stato ancora sottoposto a peer review, hanno preso parte ricercatori di alcune università in Inghilterra, Stati Uniti e Cina: Southampton, John Hopkins e della Harvard University Sun Yat-San University di Shenzhen.
BASTA ELOGIARE LA CINA. UN AEREO DI AIUTI ALL’ITALIA NON PUÒ CANCELLARE LE COLPE DEL GOVERNO COMUNISTA CINESE NELLA DIFFUSIONE DEL CORONAVIRUS
Francesco Giubilei
L’Italia rischia di finire di male in peggio, di fronte a un’Unione europea incapace di aiutare il nostro paese in un momento di estrema difficoltà, nell’isteria collettiva che è purtroppo una delle conseguenze di questa emergenza, assistiamo a un elogio generalizzato verso la Cina per l’invio di un aereo con dotazioni sanitarie e nove medici. Ma cerchiamo di essere razionali e vedere come stanno davvero le cose. Anzitutto la Cina non ha donato mille ventilatori polmonari all’Italia ma sono stati acquistati dal governo italiano con un regolare contratto. Bisognerebbe poi smettere di elogiare una dittatura che ha gravi colpe nella diffusione del virus, che ha silenziato e arrestato i medici di Wuhan che per primi hanno denunciato il pericolo del Coronavirus e non rispetta i diritti umani. È di oggi la notizia diffusa
dal South China Morning Post, in base a documenti governativi consultati, che il primo caso di coronavirus in Cina risalirebbe addirittura al 17 novembre. Il Partito comunista per quasi due mesi ha nascosto la verità riconoscendo solo il 12 gennaio pubblicamente l'epidemia, nonostante da novembre ogni giorno venissero rilevati da 1 a 5 nuovi casi: “Il 27 dicembre, Zhang Jixian, un dottore dell'Hubei Provincial Hospital of Integrated Chinese and Western Medicine, comunicò alle autorità che la malattia era causata da un nuovo coronavirus. A quella data, più di 180 persone erano contagiate e alla fine del 2019 i casi erano 266, saliti a 381 al primo giorno del 2020”.
Incredibile poi l’accusa lanciata dal presidente Xi Jinping che, senza nessuna prova, sostiene il virus sia stato portato dagli americani nel mondo. Un attacco che guarda caso arriva dopo il discorso di Trump e dopo le parole del Consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Robert O’Brien, secondo cui la Cina avrebbe agito con lentezza nell’affrontare l’epidemia e, se avesse “seguito i protocolli”, il mondo avrebbe avuto due mesi di tempo in più per organizzarsi.
Il gesto di solidarietà della Cina con l’invio di medici e materiale sanitario all’Italia, non può però cancellare queste evidenze e un elogio del modello cinese è oggi quanto meno fuori luogo.
???
Il mistero del virus
Marcello Veneziani
18 marzo 2020
http://www.marcelloveneziani.com/artico ... del-virus/ Ma poi si è capito come è nato e chi lo ha propagato il coronavirus? Fatalità, errore, incoscienza, bestialità? Io non l’ho ancora capito, ho una serie di informazioni, anche troppe, ho un mucchio di sensazionali rivelazioni e una valanga di interpretazioni contrastanti ma alla fine non so niente di preciso. Nulla più di quanto sapessimo all’inizio. E non per curiosità, sete di conoscenza, per farne storia o solo per risalire a eventuali colpe di singoli o di gruppi, di istituzioni o di stati. Ma perché il miglior modo per evitare che si ripeta, è capire come nasce, da dove nasce e come si riproduce. E chi, cosa dobbiamo temere, oltre i contagi animali.
Non abbiamo ancora capito se i cinesi sono stati solo vittime o responsabili, se è un incidente in laboratorio o nella vita corrente, se è stato tardivo o tempestivo il loro reagire, fino a che punto risale il loro eventuale grado di colposità. E non si comprende se tutto è coperto da segreto militare, se ci sono cose che non si possono divulgare, guerre fredde sommerse. Non ci è ancora chiaro perché in Italia è esploso prima e più di ogni altro luogo d’Occidente con una mortalità che in percentuale ci rende tristemente primi al mondo. Perché abbiamo questo primato: sfiga, scarsità di strutture, colpe politiche, leggerezza, o che? Perché un morbo cinese attacca proprio l’Italia, c’è una spiegazione più razionale del fatto che Marco Polo fu il primo ad arrivare in Cina sette secoli fa? Né abbiamo capito come è meglio affrontarlo, se con metodo british-brexit, o con metodo latino-mediterraneo, barricandoci tra le calde pareti materne della casa. Non è possibile fare previsioni di durata e di estensione, c’è chi parla di giorni e chi di mesi per il coprifuoco, c’è chi dice che sarà infettata più della metà della popolazione e chi dà numeri ristretti ad alcune decine di migliaia.
Il picco, anche agli occhi di scienziati e virologi si sposta come un cursore impazzito, ogni giorno e a ogni notizia, e così le aspettative di contagio, il boom annunciato al sud e a Roma oppure no, resta inarrivabile il primato tragico della Lombardia. Il bla-bla intorno al covid-19 non dà più informazione, semmai più confusione e apprensione, i pareri degli esperti oscillano tra le ovvie ripetizioni dei mantra igienici di massa a previsioni diametralmente opposte; certo, tiene alto il livello d’allarme e sollecita comportamenti prudenti, un tempo si sarebbe detto “da timorati di Dio”. Solo chi è in prima linea, negli ospedali più assaltati, per esempio tra Bergamo e Brescia, non fa previsioni, ci racconta solo l’inferno dal vivo e a volte dal morto. Senza dire del mistero su come lascerà stremati l’Italia, l’Europa e il mondo; ma questo rientra già nelle incognite di ogni futuro.
Insomma, è strano: viviamo nella società globale dominata dalla scienza, dalla programmazione tecnologica, dall’informazione e dai social, dai business plane e dalla democrazia elettronica eppure navighiamo a fari spenti nella notte, è incomprensibile quel che è accaduto, perché è accaduto, che trafila segue il contagio, se non i misteriosi capricci del caso. Ed è incomprensibile e incontrollabile quel che accade e come rimediare, oltre la profilassi certa, antica e puerile, come lavarsi le mani o isolarsi tutti da tutti, in casa o nei confini.
Tutto è avvolto nel Mistero. Esattamente come davanti alla peste e al colera dei secoli scorsi, esattamente come i terrori dell’Anno Mille, e di qualche altra annunciata fine del mondo. Di fronte al Mistero, alla Paura e alla Restrizione, pur vivendo in una società sofisticata reagiamo come bambini, anzi veniamo incoraggiati a comportarci come bambini: cantiamo la canzone dal balcone, sventoliamo la bandiera, facciamo il meritato applauso al personale sanitario. Battiam battiam le mani evviva il Direttor. O ci mandiamo video, vignette e battute per giocare col Mostro, per esorcizzare il Mammone.
Certo ogni tanto ti arriva il video di Quello-che-ha-Capito-Tutto, quello che sa ciò che tutti gli altri ignorano, o che dice la Verità perché lui è libero, non è pagato da nessuno, non dipende da una struttura sanitaria, da un potere, dalla stampa. Quindi può sparare profezie (o chiamatele in altro modo) all’impazzata. Lui sa, lui ha intuìto, e te lo spiega. E di solito niente è come appare. In tanti abbiamo fame di ascoltare favole, qualcuno anche di narrarle.
La realtà è che brancoliamo nel Mistero né più né meno che nell’antichità. Non sappiamo nulla più di quanto sapessero i nostri antenati, quelli che si rivolgevano ai santi e alle madonne, o peggio agli stregoni e alle megere, per proteggersi dal male. A quelli che compivano riti per scacciare il male. Lo facciamo anche noi, per esempio, col rito scaramantico Tutto andrà bene. Ma sì, facciamo tutto quel che serve a farci stare meglio, anche il corno e il ferro di cavallo.
Ma non eravamo una società ad alta tecnologia che derideva il ricorso alla religione e al fato, che programmava tutto e si affidava solo alla scienza e al calcolo? Stiamo da un mese a litigare sulle mascherine, il tampone e l’amuchina; ammazza l’industrializzazione, la velocizzazione, la stampante 3d, il mercato… Di fronte al pericolo torniamo nelle caverne. Siamo primitivi in case accessoriate, aborigeni con lo smartphone. Siamo iper-dotati sul piano sanitario e iper-cablati ma disarmati quando passiamo a chiederci perché accade, come rispondere, in che modo evitare, arginare. Vince il caso, più la strana sensazione di vivere nella trama di un fanta-romanzo. Vediamo tutto quel che succede nel mondo in diretta a casa nostra, ma non abbiamo il senso degli avvenimenti esattamente come cento, mille, diecimila anni fa. Mistero batte Progresso e noi dentro un film da incubo.
Cronologia di una pandemia criminale. Le responsabilità del regime cinese
Franco Londei
13 aprile 2020
https://www.rightsreporter.org/cronolog ... me-cinese/ Quali responsabilità ha il regime cinese sulla pandemia del Coronavirus? Ne abbiamo già parlato diverse volte, ma due esperti canadesi di Diritti Umani, Irwin Cotler e Judit Abitan, hanno ricostruito con dovizia di particolari l’intera cronologia delle malefatte del regime di Xi Jinping partendo da uno studio della University of Southampton che certifica come se il regime cinese fosse intervenuto prima si sarebbe potuto ridurre l’epidemia fino al 95%.
Scrive l’università di Southampton: «se in Cina si fossero condotti gli INP (interventi non farmaceutici basati sul tempestivo isolamento degli infetti e delle aree infette) una settimana, due settimane o tre settimane prima, i casi avrebbero potuto essere ridotti rispettivamente del 66%, 86% e 95%, insieme a una riduzione significativa del numero di aree colpite».
Bastava quindi che Pechino intervenisse con l’isolamento delle aree infette solo tre settimane prima per ridurre la pandemia del 95%.
Invece per oltre 40 giorni (ma sicuramente di più) non solo il regime cinese ha nascosto l’epidemia al mondo, ma ha addirittura represso i medici che per primi avevano trovato e denunciato il virus COVID-19.
La prima a scoprire il COVID-19 fu la dottoressa Ai Fen, direttrice del dipartimento di emergenza presso l’Ospedale Centrale di Wuhan, la quale ne denunciò la scoperta e la diffusione da uomo a uomo verso la fine di dicembre 2019. Ai Fen è scomparsa nel nulla, probabilmente incarcerata o fatta fuori dal criminale regime cinese. Subito dopo la sua scomparsa anche otto medici del suo staff vennero arrestati per impedire che diffondessero quanto scoperto dalla dottoressa Ai Fen.
Il 1° gennaio del 2020 è la volta del dott. Li Wenliang (che morirà di Coronavirus nel febbraio 2020) il quale denuncia che diversi uomini sono stati contagiati dal COVID-19 ma viene subito “convocato” dalle autorità cinesi e accusato di diffondere notizie false e di generare allarme.
Il 4 gennaio 2020, il Dr. Ho Pak Leung, presidente del Centro per le infezioni dell’Università di Hong Kong, ha indicato che era altamente probabile che il COVID-19 si diffondesse da uomo a uomo e ha sollecitato l’implementazione di un rigoroso sistema di monitoraggio. Anche lui completamente ignorato dal regime cinese, più interessato a nascondere le informazione che a diffonderle.
Nel frattempo la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan continua ad affermare che non c’era nessuna prova che il COVID-19 si potesse trasmettere da uomo a uomo.
Il 14 gennaio 2020, l’OMS ha confermato e quindi rafforzato la posizione della Cina e il 22 gennaio 2020 il direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha addiritura elogiato la gestione dell’epidemia da parte del CPC, elogiando il ministro cinese della Salute per la sua collaborazione e il presidente Xi e il premier Li per la loro leadership e per il loro «inestimabile intervento».
Il 23 gennaio 2020 le autorità cinesi annunciano i loro primi passi per mettere in quarantena Wuhan. A quel punto era troppo tardi. Milioni di persone avevano già visitato Wuhan e se ne erano andati durante il capodanno cinese e un numero significativo di cittadini cinesi aveva viaggiato all’estero come vettori asintomatici del COVID-19.
Quaranta giorni di silenzio e repressione delle informazioni sul COVID-19 da parte del criminale regime cinese sono costati all’Italia, epicentro della pandemia europea, un bilancio delle vittime del 12%, più del doppio di quello cinese, seguito dalla Spagna con un tasso di mortalità del 9% (in forte aumento in queste ore). E adesso tocca a New York e all’intera America.
Scrivono Irwin Cotler e Judit Abitan: «mentre le infezioni globali continuano a salire senza sosta verso l’alto, la Cina – ironicamente – è ora considerata più sicura della maggior parte dei paesi colpiti dalla pandemia».
I due esperti di Diritti Umani canadesi pongono l’accento sulle responsabilità riconducibili al regime cinese in merito alla pandemia di Coronavirus, soprattutto per aver nascosto per un lungo periodo informazioni che avrebbero potuto evitarla o ridurla fino al 95%.
Dimenticano però le responsabilità dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Il sottoscritto non è notoriamente un estimatore del Presidente Trump, ma quando attacca l’OMS ha ragioni da vendere. E ci si meraviglia che il direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus, non abbia almeno la decenza di dimettersi dal suo ruolo dopo essere stato complice dei crimini contro l’umanità commessi dal regime cinese.
Perché, parliamoci chiaro, il voluto occultamento delle informazioni sul Coronavirus, addirittura la repressione di chi voleva denunciare l’epidemia, hanno contribuito in maniera schiacciante alla diffusione della pandemia globale. È come se il regime cinese avesse voluto che l’epidemia si diffondesse fino a diventare una pandemia. E questi sono crimini contro l’umanità.