Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 4:03 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 5:05 pm

Finché il coronavirus non verrà debellato e non si sarà trovato un vaccino, è più che naturale e giusto fermare un pò le cose, i mercati e le attività, isolare le persone e limitare li assembramenti, gli affollamenti, i viaggi, le occasioni di contagio e di diffusione dell'epidemia, anche le manifestazioni sportive e religiose.

Insomma mettersi in quarantena e farsi guardinghi cercando di stanare il virus e di elaborare un vaccino nei laboratori.
Ciò che si può fare e che si deve fare si faccia con le necessarie precauzione, cautele, prudenze e accorgimenti.
Io continerò a lavorare finché ci sarà lavoro anche perché non posso permettermi di stare fermo senza far niente e senza guadagnarmi il pane quotidiano con il sudore della fronte.
Lo stato italiano e tutti gli stati del Mondo avrebbero dovuto fin da subito mettere in quarantena obbligatoria tutti coloro che arrivavano direttamente e indirettamente dalla Cina, probabilmente avremmo avuto una situazione diversa con contagi molti più ridotti anche se pare che il virus abbia iniziato a diffondersi nel Mondo con lo spostamento dei cinesi dalla Cina fin dal mese di dicembre quando in Cina erano apparsi i primi casi e che la Cina ha irresponsabilmente e colpevolmente nascosto, taciuto.




Chiudono anche i santuari dei miracoli dove il miracolo della guarigione da coronavirus robabilmente non avviene ed è più facile che invece avvenga la diffusione del contagio.

Coronavirus, il santuario di Lourdes chiude tutte le piscine. Riprogrammati tutti i pellegrinaggi e non solo nel sito francese
1 marzo 2020

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/0 ... 1583062660

Il Santuario di Lourdes chiude al pubblico tutte le piscine fino a data da destinarsi a causa dell’emergenza Coronavirus. È quanto si legge sul sito del santuario francese che ha anche messo a disposizione una equipe di medici per sorvegliare i pellegrinaggi ed evitare nuovi contagi. “All’inizio della settimana, è stata istituita un’unità di vigilanza, che è in contatto quotidiano con le autorità sanitarie e la Prefettura degli Alti Pirenei per applicare le misure del Ministero della Salute. Di fronte alle numerose richieste che riceviamo, vogliamo ribadire che la nostra prima preoccupazione sarà sempre la sicurezza e la salute dei pellegrini e della comunità lavorativa del Santuario. Fino ad oggi, continuiamo ad accogliere pellegrinaggi, gruppi e individui. Per precauzione, le piscine sono state chiuse fino a nuovo avviso“, si legge.

Ma non è solo il terzo sito di pellegrinaggio più visitato al mondo ad aver preso precauzioni contro il Coronavirus. Il Consiglio Direttivo Nazionale dell’Unitalsi, (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali) ha deciso di rinviare le partenze di tutti i pellegrinaggi dell’associazione al 20 maggio. I pellegrinaggi in calendario prima di questa data verranno riprogrammati in modo da rimodulare la stagione. “Si è trattato di una decisione prudenziale e unanime – spiega Antonio Diella, Presidente Nazionale Unitalsi – che tiene conto del fatto che tutti noi abbiamo la grande e straordinaria responsabilità di accogliere nei nostri pellegrinaggi persone in condizioni di fragilità, bambini, ammalati e anziani, la cui salute deve essere tutelata con la massima attenzione”. La Presidenza Nazionale insieme ai Presidenti delle Sezioni regionali e quelli locali sta già lavorando per individuare le nuove date per pellegrinaggi a Lourdes la cui partenza era prevista fino al 18 maggio, per il pellegrinaggio dei bambini in Terra Santa e per prevedere nuovi pellegrinaggi in Polonia e in altri Santuari.




Coronavirus, a Parigi chiude il Louvre. Non apre San Luigi dei Francesi a Roma: contagiato un prete i marzo 2020

https://www.lastampa.it/esteri/2020/03/ ... 1.38536635

PARIGI. Il Louvre non ha aperto stamattina a causa del coronavirus. I dipendenti del museo parigino si sono riuniti in assemblea, preoccupati per il rischio di contagio, legato alla presenza di visitatori provenienti dai focolai della malattia. Ieri, nel Consiglio dei ministri straordinario, il governo francese ha deciso di vietare eventi pubblici con più di 5.000 persone. I musei non sono considerati luoghi a rischio, ma le numerose eccezioni previste dalle autorità, hanno alimentato i dubbi dei francesi.

Coronavirus, chiusura Louvre: la lunga fila dei turisti in attesa di informazioni

Se la mezza maratona di Parigi, prevista per oggi, è stata annullata, molte partite di campionato sono invece state confermate. La chiusura del Louvre ha colto di sorpresa i turisti che avevano previsto di visitarlo oggi. Per questo davanti all'entrata, posta sotto la piramide di vetro, si sono formate lunghe code.

La chiesa di San Luigi dei francesi a Roma è chiusa da oggi "per misure precauzionali" e "fino a nuovo ordine". E' quanto si legge sul sito di San Luigi che rinvia ad una decisione dell'ambasciata di Francia a Roma. A San Luigi dunque niente messe né visite. Questa sera non si celebrerà messa neanche a Sant'Ivo dei Bretoni, sempre a Roma. Si tratterebbe della prima disposizione del genere nella capitale dopo che un prete di 43 anni al suo ritorno dall'Italia è stato ricoverato in ospedale a Parigi perché è risultato positivo al contagio di Coronavirus Covid-19.

Lo sottolinea il Sir, l'agenzia dei vescovi, sottolineando che si tratta della "prima chiesa romana a chiudere per il coronavirus". Sul sito della Chiesa ''Saint-Louis-Des-Français'' si spiega che la chiusura è stata decisa dalla ''cellula di guardia'' dell'ambasciata di Roma. È poi, riferisce l'agenzia 'Sir', un comunicato diffuso dall'arcidiocesi di Parigi e dall'arcivescovo Michel Aupetit a spiegare esattamente cosa è successo: ''Un prete della diocesi di Parigi, tornato a metà febbraio dall'Italia dove precedentemente risiedeva, è risultato positivo al Coronavirus Covid-19 questo venerdì 28 febbraio. È stato ricoverato in ospedale dalla scorsa notte e il suo stato di salute è rassicurante''.

Il sacerdote era ritornato in Francia con la macchina, attraversando il Nord Italia. "Ha soggiornato in pensione per alcuni giorni e ha celebrato solo due messe nella sua parrocchia parigina. Tanto è bastato però per chiudere la Chiesa romana da dove proveniva il sacerdote e la parrocchia parigina, Notre-Dame de la Croix, dove è arrivato", sottolinea l'agenzia . Il sacerdote, secondo una comunicazione della chiesa parigina riportata dal Sir, "ha il coronavirus. Sta bene, ma è ricoverato in ospedale per precauzione e rimarrà in isolamento per 10 giorni. Gli altri sacerdoti della parrocchia non hanno sintomi ma rimarranno anche loro e, sempre per precauzione, in isolamento per alcuni giorni".

Nel comunicato dell'arcidiocesi di Parigi, l'arcivescovo mons. Michel Aupetit ha deciso di aggiornare le linee precauzionali per ''contribuire alla lotta contro questa epidemia e seguire le ultime raccomandazioni inviate ieri sera dal Ministro della solidarietà e della salute''. "Nel comunicato - ricorda il 'Sir' - si chiede a tutti i sacerdoti delle parrocchie di Parigi di osservare una serie di misure durante le messe e nella loro chiesa: offrire la comunione solo nelle mani e rifiutarsi di darla in bocca; non offrire il calice del vino consacrato ai fedeli; chiedere ai fedeli di non scambiarsi strette di mano in segno di pace durante le messe e svuotare le acquasantiere presenti nella chiesa".



Salone di Ginevra addio, il coronavirus costringe all’annullamento
La Svizzera mette la parola fine al Salone di Ginevra. Il Consiglio federale blocca tutte le grandi manifestazioni.
di Simonluca Pini
28 febbraio 2020

https://www.ilsole24ore.com/art/salone- ... o-ACDgYgMB

Il Salone di Ginevra verrà annullato causa Coronavirus. La notizia non è giunta subito dagli organizzatori della kermesse ginevrina ma direttamente da Berna dove il Consiglio federale ha vietato tutti i principali eventi pubblici con oltre un migliaio di partecipanti. Il divieto sarà valido fino al 15 marzo e quindi addio al Salone di Ginevra 2020. Ieri vi avevamo anticipato le assenze italiane e perché si sarebbe dovuto annullare . In tarda mattinata è arrivata la conferma dal GIMS, cioè gli organizzatori, che alla fine dopo un tentativo di resistenza hanno annullato l’evento con una nota stampa nella quale si legge una dichirazione degli organizzatori che accettano questa decisione.

«Ci dispiace per questa situazione, ma la salute di tutti i partecipanti è per noi e per gli espositori assolutamente prioritaria - ha affermato Maurice Turrettini, presidente del consiglio della fondazione Gims. Si tratta di un caso di forza maggiore. Agli spositori, che hanno investito in modo massiccio, per essere presenti a Ginevra, deriva una perdita molto amara. Noi siamo, però, convinti, che tutte le persone coinvolte avranno comprensione per questa decisione. Ringraziamo tutti coloro che si sono adoperati per la realizzazione di questa 90esima edizione. Il GIMS 2020 avrebbe potuto essere una manifestazione grandiosa».

Come dichiarato dagli organizzatori, i biglietti di ingresso giò venduti verrano rmborati.

Annullato Salone di Ginevra
La decisione è stata presa dal Consiglio federale perché la protezione della popolazione ha la priorità assoluta e secondo la legge sulle epidemie ha potuto prendere questa decisione. Nonostante i forti impatti sulla popolazione, è stata presa questa decisione per contenere la propagazione del Coronavirus in Svizzera. Ad oggi i casi confermati di Coronavirus sono 9. Ora si attende la comunicazione ufficiale degli organizzatori del Gims, per scoprire se verrà posticipato o definitivamente annullato con appuntamento al Salone di Ginevra 2021.


Le auto che non verranno presentate
Causa annullamento del Salone di Ginevra 2020 molti debutti dovranno essere posticipati o realizzati “virtualmente”. Tra i modelli più attesi spiccava la nuova Fiat 500 elettrica o la potente Alfa Romeo GTA . L'elenco continua con l'ammiraglia DS9 , la Renault Twingo elettrica , la concept elettrica realizzata da Dacia, la Hyundai i20 , la nuova Seat Leon , il restyling della Mercedes Classe E e il suv GLA . Tra i modelli più attesi la nuova Audi A3 Sportback o la Bmw Concept i4 , fino alla potente Porsche 911 Turbo. Toyota era pronta a presentare il nuovo B-Suv , mentre Volkswagen la Golf GTI. A questo elenco si sarebbero aggiunte altri modelli, pronti ad essere svelati il primo giorno di manifestazione dedicato alla stampa.



Coronavirus, eventi sportivi sospesi in Giappone. Tokyo 2020, Olimpiadi sempre più a rischio
26 Febbraio 2020

https://www.iltempo.it/sport/2020/02/26 ... 0-1286555/

Il primo ministro del Giappone, Shinzo Abe, ha chiesto la sospensione dei principali eventi sportivi in programma nel Paese nelle prossime due settimane a causa del coronavirus. E sulle Olimpiadi di Tokyo 2020 il governo si prepara "allo scenario peggiore", la cancellazione dei Giochi.

"Le prossime due settimane sono estremamente importanti per la prevenzione dell’escalation dell’infezione. Chiediamo agli organizzatori di annullare, posticipare o ridurre le dimensioni di tali eventi", ha affermato Abe, durante un meeting della task force governativa contro il virus.

Il premier non ha fatto riferimento ad eventi specifici. Il ministro delle Olimpiadi Seiko Hashimoto, parlando in Parlamento, ha aggiunto: "Crediamo sia necessario prepararsi allo scenario peggiore per migliorare le nostre operazioni per raggiungere il successo". Hashomimoto ha riferito che sono stati fatti piani "in modo da poter tenere in sicurezza le Olimpiadi di Tokyo". Il Giappone è stato fortemente colpito dall'epidemia di Covid-19. Le prossime settimane saranno decisive per capire il futuro delle Olimpiadi 2020.




Coronavirus, positivo a test viola quarantena e consegna cibo a domicilio
29/02/2020
di Antonietta Ferrante

https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca ... refresh_ce

È risultato positivo al test del coronavirus ma invece di stare in quarantena a casa, come previsto in questi casi - ossia quando non si hanno sintomi evidenti per cui è necessario il ricovero in ospedale -, è andato regolarmente a lavoro nel ristorante cinese di Pavia dove è dipendente e in cui consegna anche cibo a domicilio. A ‘fermare’ l’uomo di origine pachistana sono stati i carabinieri di Pavia.


Gino Quarelo
Mi pare giusto che sia stata disposta la chiusura di questa attività e che l'asiatico irresponsabile e demente sia stato arrestato.
Bisogna però che anche costoro siano aiutati e messi in condizione di poter sopravvivere e superare questo difficile momento per tutti.




Quei giochetti delle Ong con i migranti: stop agli sbarchi per evitare la quarantena
Porti italiani a rischio, si resta fermi per il virus. La Grecia congela gli asili
Antonella Aldrighetti
Mar, 03/03/2020

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... feLufSLrHI

Se fino a un mese fa l'Italia continuava a mantenere, su tutti gli Stati dell'Ue, il triste primato degli sbarchi di immigrati senza titolo, sbarcati dalle navi delle Ong di tutta Europa, è bastato diffondere l'allarme dell'epidemia da Coronavirus, farlo rimbalzare anche sui media al di là del Mediterraneo, per essere snobbati anche da tutti gli africani in procinto di salire sui barconi per approdare nel Belpaese.

Ed è stato sufficiente mettere in quarantena la nave della Ong francese Sos Mediterranée, la Ocean Viking e prima ancora quella della tedesca Sea Watch, per disincentivare le organizzazioni ad avvicinarsi alle nostre coste. Anzi è proprio l'esercito dei soccorritori che in questi giorni ha alzato gli scudi contro le misure a tutela della salute. Di immigrati, di cooperanti e così di cittadini italiani che verrebbero a contatto reciprocamente. Eppure queste misure agli equipaggi delle navi Ong non piacciono perché limitano la loro attività.

E invece nell'era del Coronavirus è proprio sulla tutela della salute che bisogna puntare i riflettori conoscendo bene i dati che da tempo sono diffusi fin dall'Oms per quanto e relativi alla presenza consistente di immigrati positivi alla tubercolosi: più del 3% come riporta l'ultimo rapporto dell'Ocse (l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Per un malato di Tbc essere contagiato anche dal Covid-19 non faciliterebbe la guarigione. E non bisogna essere immunologi per comprendere, in casi di questo genere, l'importanza della prevenzione e quindi della quarantena. Tuttavia per le Ong la questione rimane spinosa tant'è che abbandonata la rotta per l'Italia stanno cercando di aprire quella verso Spagna e Grecia.

Ma il successo al momento non è assicurato. Gli ellenici non hanno provveduto ad alcuna apertura dei porti nemmeno per i barconi alla deriva in prossimità della costa. Stando alle notizie divulgate da Alarm Phone uno di questi avrebbe a bordo una cinquantina di immigrati e una quindicina di minori. Ma il governo di Atene per tenere a bada gli arrivi ha emanato un decreto che sospende la presentazione delle domande di asilo almeno per tutto il mese in corso. Provvedimento che ha lasciato fuori dalla frontiera circa 10mila persone in procinto di attraversare la striscia di terra al confine con la Turchia. Quanto alla Spagna invece le frontiere della terraferma risultano strettamente controllate e gli immigrati continuano a sbarcare nelle isole Canarie. Ma è proprio da qui che parte l'offensiva del governo iberico che ha rimesso mano ai rimpatri cercando di velocizzarli il più possibile.

Insomma ogni Paese europeo mette in campo le armi che crede più adatte a limitare i contagi. La Germania ad esempio ha deciso di tutelare gli immigrati e i loro accompagnatori in Italia che secondo il trattato di Dublino sarebbero dovuti essere ridistribuiti nella nostra Penisola. A causa dell'emergenza sanitaria il governo di Angela Merkel ha deciso di sospendere il rientro. A tutt'oggi nessun immigrato approdato in Italia risulterebbe positivo al test, vero è che i test dovranno essere comunque ripetuti nelle due settimane di quarantena. Altrettanto vero che non si è assolutamente certi del numero di contagi effettivi in tutto il continente africano né delle eventuali misure di prevenzione adottate.



Luca Ricolfi: l’Italia deve fermarsi un paio di mesi
Alessandra Ricciardi
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https://www.italiaoggi.it/news/ricolfi- ... OuyNE8ZiMo

Se ci fermiamo per un paio di mesi e ci occupiamo solo di salvare la pelle, forse potremmo uscirne con una semplice recessione, più o meno come nel 2008. Se invece ci intestardiamo a far ripartire l'economia subito, e questo aiuterebbe la circolazione del virus, potrebbe essere la catastrofe». Luca Ricolfi, sociologo, ordinario di Analisi dei dati all'Università di Torino, ha letto le informazioni disponibili sul Coronavirus - contagio, ammalati, morti - utilizzando le sue competenze statistiche. I risultati delle simulazioni fatte per la Fondazione David Hume (www.fondazionehume.it ), di cui è presidente, sono choccanti: con gli attuali tassi di propagazione, se il virus non verrà rallentato drasticamente, potrebbero esserci centinaia di migliaia di decessi in pochi mesi. Decisiva una politica rigorosa di contenimento, in tal senso «le attività dovrebbero essere poste sistematicamente in folle, o meglio al regime di giri minimo necessario per la sopravvivenza fisica della popolazione». I 3,6 miliardi di sforamento del deficit che la Ue potrebbe autorizzarci? «Andrebbero utilizzati non per dare aiuti a pioggia alle imprese ma a rafforzare il Servizio sanitario nazionale con un'iniezione straordinaria di personale, attrezzature, posti letto. Altrimenti si rischia il collasso».

Domanda. Professore, lei stima che, con gli attuali trend di contagio e di morte, si possa arrivare anche ad avere 2-300 mila decessi. Una cifra terribile. Come arriva a questa conclusione? Qual è il metodo di calcolo?

Risposta. Il calcolo si basa su due parametri, uno (relativamente) noto e l'altro ipotetico. Il parametro noto è che, su 100 infetti, ne muoiono 2 o 3. Questo dato, da solo, ci dice che, ove avessimo 8 milioni di infetti (come in una comune influenza), il numero di morti sarebbe compreso fra 160 e 240 mila. Il parametro ipotetico è invece il tasso di propagazione del virus, che dipende da tanti fattori e al momento non è noto, ma a mio parere è nettamente superiore a 2 o a 2.5 contagiati per ogni infettato. È qui che subentrano i modelli matematici di simulazione, che partono da ipotesi sul tasso di propagazione e controllano se le traiettorie che ne risultano sono compatibili con i dati noti, ossia con le serie storiche dei contagi accertati e, soprattutto, delle morti connesse al coronavirus. Queste ultime sono le più affidabili, perché dipendono solo dalla diffusione effettiva del contagio, e non dalle politiche sanitarie e diagnostiche messe in atto, come accade invece con le statistiche sul numero di positivi al test.

D. E cosa dicono le sue simulazioni?

R. Ebbene, le simulazioni mostrano che, se si vogliono generare serie storiche compatibili con la dinamica di quelle osservate, si è costretti a ipotizzare un tasso di propagazione più alto di 2.5. Qualche esperto, come il prof. Andrea Crisanti, virologo dell'Università di Padova, è arrivato a ipotizzare un tasso di 4 o 5 contagiati per infettato, che nelle simulazioni risulta più compatibile con i dati storici di un tasso di 2 o di 2.5. Ma il dramma è che, se il tasso di propagazione è davvero 4 o 5, e non si interviene con politiche di contenimento drastiche, il numero degli infettati non ci metterà molto ad arrivare a qualche milione, come accade con l'influenza stagionale.

D. Il calcolo statistico non sconta variabili, nella fattispecie potrebbero essere il caldo della primavera, l'indebolimento del virus stesso o l'efficacia delle misure prese dal governo. Che margini di errore hanno di solito analisi di questo tipo?

R. Le analisi basate su modelli matematici possono solo formulare ipotesi su eventuali meccanismi di attenuazione (o di amplificazione), perché la capacità di propagazione del virus non è un dato assoluto, o intrinseco, ma dipende da numerose condizioni al contorno, perlopiù sconosciute nelle loro dimensioni e nel loro impatto. Cionondimeno, la mera osservazione della dinamica attuale basta a suggerire che, per frenare il virus, occorrerebbero fattori di grandissimo impatto, come una elevata sensibilità al caldo, o una tendenza all'indebolimento nel ciclo delle mutazioni. Fra i fattori potenzialmente frenanti, però, ve n'è uno fondamentale, che nei miei modelli ho chiamato qt.

D. Cosa indica qt?

R. È la quota di malati «ritirati» dalla scena pubblica al tempo t e collocati in quarantena, in quanto precocemente diagnosticati come positivi al coronavirus. Ebbene, poiché (assieme alle norme comportamentali) l'incremento di q mediante una campagna massiccia di tamponi è l'unica arma che abbiamo, considero irresponsabile (per non dire altro) il comportamento del premier Giuseppe Conte, che qualche giorno fa ha esortato a fare meno tamponi.

Se anziché straparlare di numero eccessivo di tamponi il governo avesse seguito il saggio consiglio del virologo Roberto Burioni di moltiplicarli, prevedendoli per chiunque abbia anche solo 37 gradi e mezzo di febbre, oggi la progressione del contagio sarebbe sensibilmente più lenta, e avremmo qualche speranza di fermarlo.

D. Tra Nord e Sud c'è qualche differenza? Ad oggi ci sono meno contagi.

R. Penso che l'esplosione dei contagi al Nord sia dovuta a due fattori distinti. Il primo è il caso, ossia che il Nord abbia avuto un paziente super-spreader (ultra-capace di infettare), che da solo ha dato luogo a una catena di contagi molto vasta, favorita dai protocolli seguiti nell'ospedale di Codogno, che per quel che ne so erano quelli vigenti, anche se inadeguati.

Il secondo, decisivo, fattore è che sono tutte del Nord le regioni più produttive e internazionalizzate del Paese, ossia Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Io ho fatto calcoli separati per la propagazione al Nord e al Sud e, allo stato attuale dell'informazione disponibile mi risulta che la velocità di propagazione sia analoga.

D. L'Italia da zona franca è diventato focolaio europeo. Ma c'è chi sostiene che la differenza sia proprio nel numero (in eccesso) di tamponi fatti in Italia.

R. La considero una sciocchezza. In Italia il processo è partito un po' prima, per ragioni casuali, ma temo che gli altri paesi vedranno il medesimo film, a meno che qualche paese si decida a percorrere la strada-Burioni anziché il precipizio-Conte. Lì si vedrà quali paesi hanno una classe dirigente all'altezza.

D. A fronte di questa situazione, le autorità stanno via via riavviando le attività. Che segnali arrivano alla popolazione?

R. Errati. Le attività dovrebbero essere poste sistematicamente in folle, o meglio al regime di giri minimo necessario per la sopravvivenza fisica della popolazione.

Io però distinguo nettamente fra l'intervento assistenziale e riparativo dello Stato (che è opportuno) e il tentativo di riaprire le attività, tornando alla vita normale (che produrrebbe effetti catastrofici). Quest'ultima cosa, il ritorno alla normalità, non possiamo ancora assolutamente permettercela.

D. Senza risorse massicce, il Servizio sanitario nazionale rischia di non farcela.

R. Rischia il collasso. A mio parere è praticamente certo che, nel giro di poche settimane, si comincerà a morire perché non ci sono abbastanza posti nei reparti di terapia intensiva. È il guaio delle democrazie, che non possono costruire un ospedale in dieci giorni, né rinchiudere qualche milione di abitanti in una zona rossa, né proclamare il coprifuoco.

D. Lei sta seguendo il flusso di informazioni dei media? Come lo giudica?

R. Ne sono disgustato. Tutto continua con i consueti teatrini, in cui i soliti personaggi si scambiano opinioni (e qualche volta insulti) su cose più grandi di loro. È come la scena finale del Titanic, con la gente che balla mentre la nave affonda.

D. Che stima è possibile fare per quanto riguarda gli effetti sul pil?

R. Stime vere e proprie sono impossibili. Se proprio devo azzardare, però, di stime ne farei non una ma due. Se ci fermiamo per un paio di mesi e ci occupiamo solo di salvare la pelle, forse potremmo uscirne con una semplice recessione, più o meno come nel 2008. Se invece ci intestardiamo a far ripartire l'economia subito, e questo – come è elementare prevedere – anziché frenare il virus aiuta la sua circolazione, potrebbe essere la catastrofe. Che a quel punto non si misura sui punti di pil perduti ma, come in guerra, sul numero di morti.

D. Il governo italiano si accinge a incassare uno sforamento dei vincoli Ue pari a 3,6 miliardi di euro di maggiori risorse. Che effetto avrà?

R. Sono sempre stato ostile agli sforamenti del deficit, ma questo è uno dei pochi casi in cui lo troverei sacrosanto. Il problema, però, è come usarli i 3.6 milioni di euro. Io prevedo che il grosso sarà usato per soddisfare le innumerevoli richieste di risarcimento danni che pioveranno sul tavolo del governo, e ben poco resterà per l'unica vera emergenza: rafforzare il servizio sanitario nazionale con un'iniezione straordinaria di personale, attrezzature, posti letto.



Coronavirus, Vittorio Feltri: "Meglio le tasche vuote che le bare piene"
Marzia Coppola
4 marzo 2020

https://www.liberoquotidiano.it/news/co ... _8nz0RRCQM

Un salto di qualità. Tra martedì 3 marzo e mercoledì 4, l'emergenza-coronavirus pare essere definitivamente deflagrata. Non solo il numero di contagi, ma il sistema sanitario vicino al collasso. Ci si mettono poi le misure, drastiche, di cui si parla: chiusura delle scuole per un'altra settimana, stop al pubblico agli eventi sportivi, istituzione di nuove zone rosse. Insomma, i timori sono concreti, palpabili, diffusi. E condivisi anche da Vittorio Feltri, il quale cinguetta su Twitter: "Giusto preoccuparsi della crisi economica dovuta al virus, ma a me preme di più la pelle dei cittadini. Meglio le tasche vuote che le bare piene", conclude il direttore di Libero.
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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 5:05 pm

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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 6:22 pm

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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » dom mar 01, 2020 6:25 pm

La crisi politica ed economica italiana, la crisi economia mondiale e la crisi della globalizazzione economico-finanziaria, ideologico-politica innescata dal coronavirus.
Questa epidemia e pandemia globale mette in crisi gli stati con più contraddizioni, incoerenze e conflitti interni culturali e politici ed economicamente più deboli e indebitati.
Poi mette in crisi anche la globalizzazione dei mercati, delle produzioni, dei consumi e delle culture ideologiche ad essa connesse.



Coronavirus, Oms: 'Livello minaccia mondiale virus ora molto alta'
Salute & Benessere
Redazione ANSA
27 febbraio 2020

http://www.ansa.it/canale_saluteebeness ... a141e.html

Il Consiglio dei ministri ha approvato in serata il decreto con gli aiuti all'economia nelle zone colpite dal coronavirus. 'I territori interessati ora possono ripartire e anche l'Italia', dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Fraccaro. Nel testo anche la norma del ministero dell'Istruzione che deroga al limite di 200 giorni minimi per considerare valido l'anno scolastico. In un decreto del presidente del Consiglio anche la divisione in tre colori delle zone del contagio, graduando così le misure da attuare nei diversi casi.

La minaccia per l'epidemia di coronavirus al livello mondiale è stata elevata a livello "molto alto". Lo ha detto il direttore generale dell'Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus nel briefing a Ginevra sull'epidemia. "Il continuo aumento nel numero dei casi di Covid19 e del numero dei paesi affetti negli ultimi giorni sono motivi di preoccupazione. I nostri epidemiologi stanno monitorando questi sviluppi di continuo e noi ora abbiamo elevato il livello di rischio di diffusione globale a livello molto alto", ha spiegato il capo dell'Oms.

"Questo è il momento di chiedere ai governi di fare tutto il possibile per fermare la trasmissione, e di farlo ora. Non siamo ancora in una pandemia, ma la finestra di opportunità per evitarlo si sta restringendo", ha detto il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, sul coronavirus. "La mia preoccupazione riguarda soprattutto i Paesi in via di sviluppo, in particolare in Africa", ha aggiunto.

Sono 822 i contagiati in Italia per il Coronavirus. Il numero tiene conto anche delle 21 vittime - 4 in più di giovedì - e dei pazienti guariti. "I deceduti di sono ultraottantenni e un ultrasettantenne - ha spiegato Borrelli -. Vorrei precisare che non sono decedute per il coronavirus o in conseguenza. Questo è un lavoro che farà l'Istituto Superiore di Sanità. Quando avrà i dati ce lo comunicherà", ha detto Borrelli, durante il punto stampa nella sede della Protezione Civile. "Il dato importante - ha aggiunto - è che la metà dei contagiati (412) sono persone che sono asintomatiche, o con sintomi lievissimi e che quindi non hanno bisogno di ospedalizzazione. Sono in isolamento domiciliare fiduciario. Altre 345 persone sono ricoverate in ospedali con sintomi e 64 sono ricoverati in terapia intensiva". "L'assistenza alla popolazione prosegue, lunedì riapriranno le poste in alcuni Comuni per pagare le pensioni. Nelle zone rosse la vita proseguirà regolarmente".

"I guariti da coronavirus ad oggi sono 46", ha detto il commissario per l'emergenza, Angelo Borrelli, durante il punto stampa nella sede della Protezione Civile.

A PICCO LE BORSE

Gli Stati Uniti hanno elevato l'allerta nei confronti dell'Italia al livello 3, con la quale si raccomanda ai cittadini americani di riconsiderare tutti i viaggi verso il nostro Paese a causa dell'emergenza coronavirus, evitando quelli che non sono necessari. Al livello 3 ci sono già la Cina e la Corea del Sud.

Il discorso di Mattarella. "La conoscenza aiuta la responsabilità e costituisce un forte antidoto a paure irrazionali e immotivate che inducono a comportamenti senza ragione e senza beneficio, come avviene talvolta anche in questi giorni". Lo afferma il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

LA VOCE DEGLI ESPERTI

Si registra un primo caso di Coronavirus nel Lazio, si apprende dalla direzione dell'Istituto Nazionale Malattie Infettive L. Spallanzani di Roma. "L'esito dei test effettuati in data odierna dall'Istituto Spallanzani conferma un caso di positività al COVID-19. I test sono stati inviati all'Istituto Superiore di Sanità (ISS) per la convalida", informa l'Istituto. La paziente risultata positiva è una donna, residente a Fiumicino, rientrata da un viaggio a Bergamo dove era stata qualche giorno. Finora nel Lazio sono stati tre i casi positivi, tutti provenienti da fuori la Regione e tutti pazienti guariti: si tratta della coppia di cinesi originari di Wuhan e del ricercatore rientrato sempre da Wuhan.

"Abbiamo attivato tutte le procedure previste dai protocolli scientifici - ha detto il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti -. Il paziente è ora ricoverato presso lo Spallanzani, un'eccellenza della nostra Regione, che ha già ottenuto risultati importanti. Siamo in continuo contatto con il Sindaco Montino".

Primi due casi in Umbria - secondo quanto comunicato dalla direzione regionale alla Sanità - sono stati riscontrati due casi d'importazione di infezione da coronavirus, non riconducibili dunque a focolai locali. Nei giorni scorsi, uno dei due pazienti si era recato in Emilia Romagna mentre l'altro era venuto in contatto a Roma con un residente del comune di Castiglione D'Adda.

Le dimissioni di Niccolò. "I miei genitori stanno arrivando a Roma. Sono felice. Non vedo l'ora di riabbracciarli", avrebbe detto Niccolò, il 17enne di Grado bloccato per due volte in Cina ma negativo ai test e poi in isolamento allo Spallanzani, ai medici che lo hanno seguito in queste settimane. Domani sono previste le dimissioni.

L'appello dei medici. "Non si può accettare che i nostri medici si trovino a fronteggiare l'emergenza Covid-19 senza le dotazioni per la protezione personale dal virus". Lo scrive in una lettera al governatore della Lombardia Attilio Fontana il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli. "Un medico che si ammala - aggiunge - è un medico sottratto al servizio sanitario nazionale e alla tutela del diritto alla salute".

Gli ospedali della Lombardia alle prese con l'emergenza coronavirus sono "ai limiti della tenuta", afferma intanto il professor Massimo Galli, infettivologo dell'ospedale Sacco di Milano, nel corso di una conferenza stampa nella sede della Regione Lombardia. "Gran parte dei letti, nei reparti di Rianimazione, sono occupati da questa patologia - aggiunge - Alcuni ospedali sono in grave crisi, come Lodi e Cremona, dove registriamo un sovraccarico di pazienti".

Poste riapre nelle zone rosse. "A partire da lunedì 2 le pensioni del mese di marzo saranno messe in pagamento anche nei 5 Uffici Postali a Codogno, Casalpusterlengo, Castiglione D'Adda, San Fiorano in provincia di Lodi e Vo' Euganeo in provincia di Padova", comunica Poste Italiane indicando che così i 5 uffici "riaprono al pubblico".

TUTTE LE MISURE E I DOCUMENTI UFFICIALI

Il coronavirus non ha perà bloccato il crossover dei trapianti dalle varie zone d'Italia. La catena di solidarietà ha permesso di intervenire su una paziente di 33 anni che, dializzata a Torino, ha ricevuto un rene da una donatrice vivente di Bari. L'intervento è stato eseguito all'ospedale Molinette, nel capoluogo piemontese.

Il Salone dell'auto di Ginevra, in programma dal 5 al 15 marzo, è stato annullato dalla Svizzera, nell'ambito delle misure prese dal Paese contro l'epidemia di coronavirus.

La situazione all'estero. È un italiano rientrato da Milano il primo contagiato dal coronavirus in Nigeria. Salgono a 17 i contagi nel Regno Unito: in Irlanda del Nord e in Galles, entrambi su persone provenienti dall'Italia settentrionale. L'Olanda ha annunciato il primo caso: una persona che era rientrata dal nord Italia. E viene segnalato un caso anche in Messico e due in Romania, entrambi hanno contratto il virus in Italia. C'è il primo caso anche a Cannes: una studentessa di 23 anni, tornata dopo un soggiorno nel Milanese. Diverse compagnie aeree riducono ancora i voli da e per il nord Italia. Il Parlamento iraniano resterà chiuso fino a data da destinarsi come misura di prevenzione per l'epidemia di coronavirus (Covid-19), che ha già colpito diversi deputati e alti funzionari di Teheran. Lo riferiscono media locali.


I regimi e la menzogna: Coronavirus come Chernobyl
Lorenza Formicola
26 febbraio 2020

https://www.nicolaporro.it/i-regimi-e-l ... ekSgII80eI

Correva l’anno 1986 e l’URSS, la potenza invincibile sfidava ancora le leggi del mondo a Chernobyl. È là che andò in scena il prequel – mistificato a modo nel mentre e dopo – del destino di un popolo che incontra il comunismo. D’altronde cosa poteva capitare con un paio di esplosioni in una centrale nucleare capaci di scoperchiare il tetto e avvelenare l’aria con una radioattività 200 volte superiore alle bombe di Hiroshima e Nagasaki? Il regime comunista ha sempre ragione, non sbaglia, e se sbaglia sotterra.

Così, in Ucraina il regime comunista dimostrò come non si può sbagliare o avere torto sotto la falce e il martello. Alla centrale Lenin i reattori erano gli RBMK-1000, tendenzialmente instabili erano pericolosi perché privi di edifici di contenimento. Strutture obbligatorie in Occidente che sono una barriera fra il reattore e il mondo circostante. A Chernobyl il reattore era completamente “esposto”. E come se non bastasse, allo scopo di produrre anche plutonio ad uso militare – che con l’uranio arricchito serve a produrre testate nucleari -, era stato abbassato il livello della sicurezza.
L’URSS, che aveva costruito la più potente e perfetta pentola a pressione pronta all’omicidio colposo, la affidò a ingegneri meccanici e non a fisici nucleari.

Per un ordine politico preciso coperto da segreto di Stato anche dopo il crollo dell’Unione Sovietica – e che in linea di massima altro non era se non l’ennesimo tentativo di dimostrazione di potenza – venne avviato l’esperimento. Ma fallì. Subito. Le autorità non diedero alcun allarme per “evitare il panico”. Il vento soffiava verso Ovest e verso Nord, così la Bielorussia subì i danni più gravi per prima. Il giorno dopo, il 27 aprile, una centrale nucleare in Svezia costatò un’impennata di radiazioni e diffuse l’allarme al resto d’Europa. Le autorità sovietiche, invece, ancora tacevano con ostentazione. Il 27 aprile stava per finire quando la città di Pryp’jat venne fatta evacuare, ma solo con la scusa di una misura temporanea.

Chi c’è stato racconta che da oltre trent’anni, Pryp’jat, in Ucraina occidentale, a solit tre chilometri dalla centrale nucleare di Chernobyl, è ancora una città fantasma. Tutto è rimasto come allora, nel momento esatto in cui è scattato il piano di evacuazione generale: piatti a tavola e panni stesi, sedie vuote e libri rimasti a quella pagina da leggere.

Il primo passo fu minimizzare, poi teorizzare. Come non potevano esistere, infatti, in una nazione perfetta i ladri o i serial killer – sintomi del degenerato sistema capitalistico – in Unione Sovietica un disastro del genere non poteva succedere. Fu trovato un colpevole e la bugia si fece verità. Perché il problema con le bugie comuniste è che ne furono raccontate così tante, che la verità, allora come oggi, è diventata difficile da riconoscere. È certo, però, che gli strascichi di quella radioattività sono durati oltre vent’anni. “Il disastro di Chernobyl non derivò da un attacco militare, né da un atto terroristico. Fu un errore della dirigenza sovietica, peggiorato dalle bugie che il Partito comunista raccontò alla popolazione sulla gravità dell’accaduto”, racconta oggi Yuriy Scherbak, ex ministro dell’ambiente in Ucraina.

Trent’anni dopo arriva il Coronavirus. Il misterioso virus cinese che si sta diffondendo così velocemente su scala planetaria, da diventare un’epidemia grave. Non c’interessa decretare da queste pagine se ha lo stesso tasso di mortalità o superiore a quello di una semplice influenza stagionale, se è come la Spagnola o peggio o decisamente lontano da una febbre che provocò circa 40 milioni di morti. Non ne abbiamo le competenze. D’altronde non sappiamo come si svilupperà e in cosa muterà – gli esperti litigano nel caos dell’ideologia perenne. Non sappiamo come sia nato il virus, non sappiamo il numero reale dei malati e dei morti in Cina. Perché la verità è che come a Chernobyl, il Partito Comunista cinese ha giocato a sotterrare tutto da quasi tre mesi a questa parte. Per settimane, dopo i primi casi di coronavirus segnalati, hanno preteso ostentatamente che non esistesse. Poi hanno raccontato che si era originato in un mercato all’aperto, successivamente altre fonti hanno ipotizzato che il virus fosse fuggito dal laboratorio di armi batteriologiche dell’Esercito di Liberazione Popolare – a pochi chilometri dall’epicentro dell’epidemia.

In ogni caso, la prima ondata di casi, in dicembre, non è stata riportata. E anche quando il numero di contagiati è diventato troppo grande per mentire ancora, all’inizio di gennaio, i funzionari del regime hanno continuato a minimizzare sia con la loro gente che con la comunità internazionale.
Dal momento che la gente di Wuhan non aveva ricevuto alcuna informazione o ordinanza meramente a scopo precauzionale, ha continuato a contrarre e spargere il virus per settimane. Quando è diventata un’epidemia a Wuhan, è iniziato il Capodanno cinese. Ogni anno, inizia in Cina la più grande migrazione del pianeta. Ecco, quindi l’incubo epidemiologico. Ma quando i funzionari cinesi davano inizio alla più grande quarantena della storia umana, era già troppo tardi, come scrive Steven Mosher – antropologo statunitense, presidente del Population Research Institute (il primo che poté condurre ricerche sul campo in Cina dal 1979).

I video delle cosiddette talpe che continuano ad arrivare dalla Cina non raccontano di una situazione sotto controllo dalle strade deserte alla gente accasciata sui marciapiedi fino alla disinfestazione di massa. Anche se, persino per questi filmati, non si sa né a quando risalgono, né in quale città sono stati girati. Resta il fatto che con l’epidemia diffusa a livello planetario le autorità di Pechino continuano a mentire. E nonostante la censura poliziesca che al 28 gennaio, come riporta ancora Mosher, secondo le direttive emesse dal Ministero della Sicurezza Pubblica che imponevano la quarantena e per mantenere l’ordine sociale promettevano di punire “duramente” chiunque diffondesse notizie dal vivo o online sull’epidemia, le brutte notizie sono venute fuori lo stesso.




Coronavirus, Pietro Senaldi: "Porti aperti e infetti, l'Italia stende il tappeto rosso ai clandestini"
29 Febbraio 2020
di Pietro Senaldi

https://www.liberoquotidiano.it/news/op ... df4nQYY-f4

Nulla può frenare il governo giallorosso dal proposito di far entrare illegalmente immigrati nel nostro Paese. Grazie al coronavirus si è registrato l'ennesimo paradosso della accoglienza. Per ragioni precauzionali, l'Italia ha razionalmente chiuso il corridoio umanitario con il Niger, Stato tormentato dal quale da mesi via aerea giungono alcune decine di profughi. Sono persone identificate, sane e delle quali conosciamo storia e dolori. Siamo diventati una terra infetta e non intendiamo affliggere con i nostri virus chi ha già sofferto, pertanto abbiamo sospeso gli arrivi, avendo ben altre emergenze di cui occuparci. Risultato, l'unico modo per arrivare oggi come immigrati in Italia e vedersi steso il tappeto rosso è da clandestini.

Quel che risulta meno comprensibile infatti è come mai continuiamo a tenere aperti i porti alle navi delle ong, che pure ieri hanno scaricato a Messina quasi duecento clandestini con la sollecita collaborazione del nostro esecutivo, sordo alle lamentele del governatore siciliano Musumeci, che aveva chiesto la quarantena per le persone a bordo. La giustificazione di maniera con la quale le organizzazioni umanitarie ignorano sistematicamente Tunisia, Grecia, Albania, Malta e tutti gli altri Stati per puntare direttamente alle nostre coste è la ricerca del porto sicuro. Insomma, a detta di chi subentra agli scafisti e si occupa del secondo tratto della traversata della speranza, noi saremmo l'unico approdo civile possibile. Trattasi di balla, una tra le tante che il virus cinese ha contribuito a svelare.

Grazie alle scarse abilità comunicative del premier Conte e del suo staff, il mondo intero ci ritiene un lazzaretto a cielo aperto. La Fao, organizzazione umanitaria dell'Onu, disdice i convegni in Italia, la Cina mette in quarantena i nostri connazionali, gli Stati Uniti valutano di sospendere i voli con il nostro Paese, l'Austria ferma i lombardo-veneti sui treni, la Francia ci costruisce intorno un cordone sanitario, Israele, il Bahrein e altri ci chiudono le frontiere in faccia. Da porto sicuro siamo diventati porto infetto, però le ong implacabili continuano a sbarcare migranti e nessuno a sinistra batte ciglio.

Lo scenario è sconfortante. Il virus ha bloccato Lombardia e Veneto, le regioni che sono il polmone economico del Paese, ma per il governo giallorosso i conti sono poco più che un dettaglio. M5S e Pd vanno avanti per la loro strada. In attesa di misure di sostegno che impediscano a chi rischia di fallire a causa della sospensione della propria attività, le forze sinistre dell'esecutivo sono andate avanti a tutta birra su quello che davvero sta loro a cuore: porte aperte agli immigrati illegali e mani libere ai pm per fare tutto ciò che vogliono. La norma che legittima le intercettazioni selvagge è stata uno dei pochi provvedimenti che il Parlamento ha varato dall'inizio dell'anno.


Coronavirus e recessione: metà dell’economia nazionale è prodotta al Nord
1 mrazo 2020

https://quifinanza.it/soldi/coronavirus ... Qmb8Xr0lDo

Se l’emergenza Coronavirus dovesse diffondersi a dismisura in tutte le regioni del Nord e durasse qualche mese il rischio è che una buona parte dell’economia nazionale si fermi. A sostenerlo è l’ultimo Rapporto dell’Ufficio studi della Cgia Mestre. In Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Liguria viene, infatti, generata la metà del Pil nazionale e del gettito fiscale che finisce nelle casse dell’erario.

Dai dati contenuti nello Studio emerge che in queste Regioni lavorano oltre 9 milioni di addetti occupati nelle imprese private (pari al 53% del totale nazionale). Da questi territori, inoltre, partono per l’estero i due terzi delle esportazioni italiane e si concentra il 53% degli investimenti fissi lordi.

“Il danno di immagine provocato al nostro Paese dal Coronavirus è alquanto pesante. Molti settori produttivi – sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – sono già allo stremo, per questo chiediamo al governo di approvare subito un intervento di medio-lungo termine che preveda il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e l’estensione degli stessi ai settori che oggi ne sono sprovvisti, si rafforzino le misure di accesso al credito delle Pmi e la Pubblica Amministrazione paghi tutti i debiti che ha contratto con i propri fornitori”.

Oltre alle misure urgenti che interessano le attività e i contribuenti che rientrano nei Comuni ubicati nella cosiddetta zona rossa, per l’organizzazione sindacale, è necessario che l’Esecutivo metta a punto una misura strutturale che interessi tutta l’economia. Tra le misure richieste dall’Associazione degli artigiani e delle piccole imprese vi è il rilancio degli investimenti pubblici.

“Nei giorni scorsi – ha affermato il segretario della Cgia, Renato Mason – il Commissario Europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, ha annunciato che Bruxelles, così come ha già fatto in passato quando abbiamo affrontato altre importanti emergenze come il terremoto nel centro Italia e l’arrivo in massa dei migranti nei porti del Sud, ci riconoscerà una dose di flessibilità che ci consentirà di non rispettare gli impegni assunti in merito al rapporto deficit/Pil. Risorse che, a nostro avviso, devono essere spese per la rilanciare gli investimenti pubblici, per ammodernare questo Paese, in altre parole per ridare fiato ad una economia che, altrimenti, rischia di entrare in recessione”.

QUANTO POTREBBE COSTARE LA CRISI ALL’ITALIA – Secondo l’Ufficio studi della Cgia è molto difficile quantificare economicamente l’impatto del Coronavirus sulla nostra economia e molto dipenderà dalla durata temporale di questa fase emergenziale.

Nelle settimane scorse il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha ipotizzato una perdita di qualche decimale di Pil. Se la ricchezza prodotta dovesse scendere di 0,4 punti percentuali, così come prevedono alcuni istituti di ricerca, il danno economico – secondo i calcoli della Cgia – ammonterebbe a circa 7 miliardi di euro. In un contesto in cui nell’ultimo anno le banche hanno tagliato i prestiti di 33 miliardi e la PA deve 53 miliardi ai fornitori, tra i settori più colpiti – si legge nel Rapporto – vi sono il settore del turismo e tutto il comparto delle microimprese. I dipendenti e i titolari di queste ultime non beneficiano, infatti, – denuncia la Cgia – di alcuna misura di sostegno al reddito in caso di crisi aziendale.

Inoltre, tra il dicembre del 2019 e lo stesso mese del 2018 (ultimi dati disponibili), gli impieghi vivi alle imprese (prestiti bancari al netto delle sofferenze, ovvero prestiti in bonis) sono diminuiti di ben 33 miliardi di euro (-4,9 per cento). Questa contrazione che dura ininterrottamente dal 2011 – sottolinea l’Associazione – sta mettendo a dura prova la tenuta finanziaria di moltissime piccole e piccolissime attività che da sempre sono a corto di liquidità e sottocapitalizzate.


Coronavirus. Il virus dell'epidemia cinese infetta anche la globalizzazione
Pietro Saccò
sabato 8 febbraio 2020


https://www.avvenire.it/mondo/pagine/il ... lizzazione

Mancano i pezzi per le fabbriche. Slittano i dati sul commercio, mentre Trump rassicura Xi: «Vincerete» L’economia mondiale si è troppo sbilanciata sul Dragone.

L’Agenzia delle Dogane che ogni mese comunica i dati sul commercio della Cina con il resto del mondo ieri avrebbe dovuto pubblicare l’aggiornamento di gennaio. Invece ha pubblicato una nota in cui spiega che i numeri sul primo mese dell’anno saranno resi noti a marzo, insieme a quelli di febbraio, perché tra feste per il Capodanno cinese ed effetti del coronavirus i numeri delle importazioni e delle esportazioni del mese scorso sono troppo «distorti» per essere considerati affidabili. Il rinvio di quelli che sarebbero stati i primi dati economici ufficiali dall’inizio di questa crisi non aiuta a capire quanto davvero l’epidemia stia danneggiando l’economia cinese. In questa situazione di incertezza i pochi elementi sicuri sono le chiusure delle fabbriche e dei negozi e i timori che le aziende sono disposti ad ammettere pubblicamente.

Fca è stato il primo costruttore di auto europeo a dire, senza molti altri dettagli, che il blocco della produzione di un fornitore cinese può interrompere l’attività di una sua fabbrica europea nel giro di due o quattro settimane. Lo studio di S&P sull’impatto del coronavirus sul settore dell’auto pubblicato giovedì mostra però che ci sono aziende che sembrano molto più a rischio del gruppo italo-americano. A partire da Volkswagen, gruppo tedesco i cui affari dipendono ormai più da ciò che succede in estremo oriente che dagli eventi europei: arriva dalla Cina il 40% della produzione e va in Cina il 40% delle auto vendute.

Quello della casa tedesca è un caso limite, ma è tutta l’economia mondiale che nell’ultimo decennio ha spostato il suo baricentro sulla Cina e ora si trova pericolosamente sbilanciata. Secondo i calcoli della società di analisi economica Ihs Markit, la quota cinese nella produzione manifatturiera mondiale è salita dal 6,7 al 30,5% tra il 2002 e il 2019.

La Cina è anche il primo soggetto del commercio internazionale, rappresentando da sola l’11,4% degli scambi. Nessun Paese nella storia ha avuto tanto peso sull’economia del resto del mondo, questo anche perché la fase di globalizzazione intensa che stiamo vivendo è un fenomeno relativamente recente, iniziato attorno al 1990. Per i risk manager che si occupano di proteggere aziende dagli imprevisti sono settimane durissime.

«Ci si affida al Geoaudit, una procedura che identifica i potenziali rischi legati all’esposizione internazionale: in primo luogo, si studiano le dinamiche dei rapporti con l’estero, e la maniera in cui queste possono impattare, sulla catena di fornitura – spiega Mark William Lowe di Anra, l’associazione nazionale dei gestori del rischio –. Il compito del risk manager, a questo punto, è quello di monitorare il rischio di cambiamento, per cercare di anticipare il momento in cui può comparire un problema, ed elaborare non solo un piano B in caso di blocco, ma anche un piano C che garantisca il regolare transito delle merci». Gli Stati non hanno veri e propri risk manager. Sta ai governi fare in modo che l’economia nazionale sia equilibrata, cioè che la crescita del Pil, l’attività delle aziende e i posti di lavoro non dipendano eccessivamente da un singolo fattore, come può essere l’export di automobili (tipo rischio tedesco) oppure la voglia di shopping dei cittadini (rischio americano).

La crisi del coronavirus sta riportando in primo piano lo “sbilanciamento cinese” di molti Paesi. Come l’Australia, che da un decennio è il grande fornitore di materie prime per la Cina: se a causa di uno choc il Pil cinese dovesse crescere di 5 punti in meno del previsto, calcolava l’estate la Reserve Bank of Australia, il Pil australiano potrebbe ridursi di 2,5 punti (mandando il Paese in recessione). In questo senso, il coronavirus può funzionare da sveglia per i governi, chiamati a ragionare su un “riequilibrio” delle proprie economie per costruire una crescita più solida, meno dipendente da fattori esterni. Non nella forma disordinata e aggressiva dell’America First di Donald Trump – che ha avuto una lunga telefonata con Xi Jinping e ha assicurato che il presidente cinese «avrà successo» – ma attraverso una regolazione più intelligente e meno mercatista dei rapporti commerciali con il resto del mondo.



Donald Trump spinge verso la "deglobalizzazione": ecco cosa cambia
Roberto Vivaldelli
15 febbraio 2020

https://it.insideover.com/politica/trum ... bEnLdDon1U


Con il crollo dell’Unione sovietica e la fine della Guerra fredda, a partire dal novembre 1989, le istituzioni economiche, le regole e i principi dell’ordine liberale occidentale vennero di fatto estesi all’interno sistema internazionale, costituendo quel mercato globale che prese il nome di globalizzazione. Dal punto di vista politico, in quel periodo gli Stati Uniti si affacciarono sul mondo con la possibilità di esercitare un potere e un’influenza senza precedenti. Con la sconfitta dell’Unione sovietica e la fine dell’era bipolare, infatti, i politici americani hanno cominciato a sognare di modellare il globo a immagine e somiglianza dell’unica superpotenza rimasta: si trattava della globalizzazione, espressione dell’ordine liberale internazionale. Una visione ottimista del futuro ben espressa da Francis Fukuyama nella riflessione formulata nel saggio The End of History?, pubblicato su The National Interest nell’estate 1989, nel quale il liberalismo, agli occhi dell’illustre politologo, appariva come l’unico possibile vincitore e meta finale dell’evoluzione storica dell’uomo e della società.

L’opinione diffusa era che gli Stati nazionali, a causa di questa interdipendenza economica e del nuovo mercato globale, erano “superati”. Dopotutto, la presenza di un’unica grande superpotenza (gli Stati Uniti) faceva pensare che l’epoca del realismo politico e dei conflitti era destinata al dimenticatoio. Tuttavia, questa concezione del mondo ben presto entrò in crisi. Prima con gli attentati alle Torri gemelle del 2001; poi con la grande crisi economica del 2007-2008. La vittoria di Donald Trump e il referendum sulla Brexit del 2016, fecero crescere la convinzione che si stava delineando una nuova era di “deglobalizzazione”.


Verso la deglobalizzazione

Come riporta Il Foglio, secondo un rapporto della Bank of America, che contiene anche un sondaggio che ha rilevato le decisioni di investimento di 3mila aziende nel mondo, per la prima volta viene ipotizzata la nuova traiettoria della “supply chain” che si sta gradualmente spostando dalla Cina verso il sud est asiatico e l’India e talvolta prende la via del “ritorno” verso il nord America. L’attuale assetto geografico delle catene produttive, che si è formato negli ultimi trent’anni con lo spostamento di impianti e posti di lavoro dai paesi occidentali ai paesi emergenti, si sta, dunque, modificando e questo è anche un effetto della politica estera del presidente americano Donald Trump.

Sarebbe in atto, una netta inversione di rotta, dopo oltre trent’anni. Tant’è che gli economisti americani prevedono “una lunga pausa nella globalizzazione” e, in rottura con il passato, sostengono che il mondo “è entrato in una fase senza precedenti durante la quale le catene di approvvigionamento vengono portate a casa, avvicinate ai consumatori o reindirizzate ad alleati strategici”. Questo potrebbe creare “una miriade di opportunità per le aree geografiche verso le quali viene reindirizzata la produzione”. Secondo il rapporto, “Gli Stati Uniti potrebbero essere un beneficiario significativo di questo processo, mentre le imprese cinesi sono forse maggiormente a rischio”.


Il coronavirus e la deglobalizzazione

Come ha spiegato l’ex ministro delle finanze Giulio Tremonti, il nuovo coronavirus, più che un impatto economico, che sarà più o meno intenso e lungo, avrà un forte “impatto psicologico”. “Per un glorioso trentennio – spiega in un’intervista rilasciata a Italia Oggi – con la globalizzazione, un mondo artificiale, fantasmagorico e felice si è sovrapposto a quello reale. Si è pensato che fosse la fine della storia, il principio di una nuova geografia”. E ora, il nuovo virus, che si sta diffondendo in tutto il mondo, ma che ha il suo epicentro in Cina “segna il ritorno della natura, il passaggio dall’artificiale al reale, come reale è appunto un virus”. Così, la globalizzazione è messa in crisi.

Secondo il Financial Times, la diffusione dell’epidemia equivale a un esperimento di deglobalizzazione. “Si stanno ponendo barriere non per arrestare i flussi commerciali e migratori ma per ostacolare la diffusione dell’infezione” scrive il Ft. Gli effetti economici, tuttavia, sono simili: catene di approvvigionamento in difficoltà, minore fiducia delle imprese e meno commercio internazionale”.




La globalizzazione è morta a Wuhan? Il pensiero di Ocone
Corrado Ocone

https://www.startmag.it/mondo/globalizz ... SMp5YdBJeQ

“Ocone’s corner”, la rubrica settimanale di Corrado Ocone, filosofo e saggista, su Wuhan, Coronavirus e dintorni

E se la globalizzazione fosse morta a Wuhan? Se fosse il Coronavirus il fatto tragico che, più della Grande Recessione del 2007-2008, ha messo al tappeto l’ordine globale che era stato pensato, disegnato e in parte attuato dopo il crollo dell’ultima grande teologia politica novecentesca, cioè il comunismo, a partire degli anni Ottanta del secolo scorso?

È una tesi suggestiva, che ha una sua plausibilità, ma che va argomentata, precisata, corretta. Intanto, distinguerei la globalizzazione dal globalismo, cioè il factum dall’ideologia che l’ha promosso e accompagnato.

Il fatto non può essere emendato, né giudicato da un punto di vista storico: c’è stato, e tanto basta. I mercati si sono interconnessi sempre più e quanto mai prima, sia quelli delle merci e della finanza sia quelli delle persone e della comunicazione, e il mondo è diventato sempre più uno, o meglio composto da elementi interdipendenti e non isolabili.

Poi c’è stato qualcuno, anzi in molti, che su questo fatto hanno pensato che si potesse o si stesse costruendo un mondo non dico perfetto ma certo, leibniziamente, il migliore dei mondi possibili. Anche, il migliore di quelli storicamente mai realizzati, giusta l’indicazione di un’ideologia residuale delle vecchie sebbene non esplicitata dalla nuova: quella del Progresso.

Un mondo, sicuramente, a bassa intensità conflittuale, tendenzialmente rappacificato. Un mondo senza storia perché la storia è vita, conflitto, politica. Un mondo di estrema apertura, ove nessuno sarebbe stato discriminato ma anzi le identità (cioè ancora la storia) sarebbero state cancellate e superate in un meticciato fluido che di volta in volta avrebbe preso il buono da ogni parte e avrebbe rigorosamente escluso dalla conversazione civile o dal discorso pubblico coloro i quali avrebbero voluto tornare indietro a qualche vecchia pratica.

Un mondo siffatto non può non vivere di apertura, contatti, abbattimenti di barriere e confini, fisici e mentali. Io sono l’altro e l’altro è me. Non posso isolarmi, separarmi, dialogare a partire da un me stesso tutto sommato con una certa continuità e stabilità (ma può d’altronde esserci vero dialogo senza questa precondizione?).

Ora, il Coronavirus, che è un virus globale, ove gli umani si sono contagiati, e ahimé continuano a contagiarsi, a vicenda, ci impone proprio questo: isolarci per continuare a vivere. Gli esperti concordi ci hanno detto che a Milano, anche nella prossima settimana, è meglio restare a casa. Niente vita sociale e niente commerci, cioè la forza e la vita di una metropoli odierna. Cosa se non il globalismo fa in questo modo tilt? E dice: avrai una possibilità di continuare ad aprirti, se ti chiudi; continuerai ad avere una socialità, se ti isoli; continuerai ad avere una economia florida, se intanto la fermi rischiando la recessione.

Il massimo dei contatti ti porta al nulla di contatti, così come il massimo della ragione (che è per sua natura corrosiva come ci ha ricordato Giovanni Orsina in una bella lectio magistralis tenuta qualche giorno fa alla Fondazione Magna Carta), ci avvicina spaventosamente al nulla, al nulla di senso. La vita vive nella tensione fra i poli estremi che la costituiscono: né il sovranismo né il globalismo possano spiegarla per intero, nessuna teologia.

A chi ha creduto che le teologie del Mercato, del Diritto globale, dell’Etica assoluta, in una parole dell’Apertura totale, fossero la soluzione a tutto, il Coronavirus sta dando in questi giorni il ben servito.



Il coronavirus e la globalizzazione “È colpa della globalizzazione” è una tesi sensata?
Alberto Mingardi e Carlo Stagnaro

25 febbraio 2020

http://www.brunoleoni.it/il-coronavirus ... lizzazione

L’epidemia di coronavirus è colpa della globalizzazione? Nei giorni scorsi alcuni “opinion maker” in rete hanno cominciato ad accusare la circolazione internazionale di merci e persone per la diffusione del corona virus. È proprio così? Quali sono le domande cruciali per capire se si tratta di una tesi sensata?

1. La diffusione dell’epidemia è colpa della globalizzazione?
Il nuovo coronavirus (Sars-Cov-2, che scatena la malattia nota come Covid-19) ha fatto la sua comparsa nel dicembre 2019 nella città cinese di Wuhan. Al momento in cui scriviamo (25 febbraio 2020), la presenza del Covid-19 è documentata in 37 paesi, per un totale di oltre 80 mila casi (di cui quasi 78 mila in Cina), con 2.707 vittime (di cui 2.664 in Cina) e circa 28 mila guarigioni documentate. Al momento (primo pomeriggio del 25 febbraio), con 287 casi documentati, l’Italia è il terzo paese al mondo per la presenza del virus, dopo Cina e Corea del Sud. Da sempre, quando le persone si muovono portano con sé non solo le proprie idee, le proprie competenze, i propri affetti e la propria voglia di lavorare: ma anche eventuali malattie.

Ci sono almeno due aspetti che meritano di essere precisati. In primo luogo, se il coronavirus svilupperà una epidemia, questa non sarò né la prima né l’ultima che il mondo si trova ad affrontare. Rispetto al passato, il virus viaggia più rapidamente. Ciò non significa che sia più letale. Per esempio, l’influenza spagnola impiegò circa due anni (dal 1918 al 1920) a raggiungere la massima estensione e poi sparire, facendo nel frattempo circa 100 milioni di vittime. La cosiddetta peste nera fece la sua comparsa in Cina nel 1346 e colpì il mondo conosciuto nel quinquennio successivo, causando la morte di circa 20 milioni di persone nella sola Europa (pari a circa un terzo della popolazione dell’epoca). Altre ondate di peste si ripresentarono nel corso del secolo, falcidiando ulteriormente la popolazione. Insomma: purtroppo, le malattie con un alto grado di trasmissibilità esistono da sempre.

Oggi però la società è molto più pronta ad affrontare il virus, e lo è tanto di più in quei Paesi “ricchi” e industrializzati dei quali l’Italia tutt’ora fa parte. Abbiamo strumenti diagnostici, terapeutici e piani di intervento che in passato erano semplicemente impensabili, e che consentono di adottare le necessarie misure di prevenzione e mitigazione del rischio. Così come totalmente impensata era la possibilità di condividere pressoché in tempo reale i dati emersi in diversi Paesi e i risultati delle ricerche effettuati in ciascuno di esso. La maggior parte di questi progressi sono riconducibili proprio alla globalizzazione. Sono il libero mercato, l’innovazione tecnologia e la cooperazione economica globale che ci danno gli strumenti per prevenire dove possibile, contrastare dove necessario la diffusione del morbo.

2. La società aperta favorisce la diffusione dell’epidemia?
Nella versione più “estrema” della società chiusa (una versione che nessuno dei suoi sostenitori si azzarda a prendere seriamente), non ci sarebbe contagio possibile: semplicemente perché gli individui vivrebbero in società piccole, dove le interazioni sono limitate ai contatti faccia-a-faccia e le relazioni con altre comunità sono impossibili. Se il lodigiano esistesse senza avere cognizione dell’esistenza di Milano, il contagio sarebbe più limitato: ma è evidente che si tratterebbe di una società ancora molto primitiva, dal momento che non potrebbe ricorrere alla divisione del lavoro “al di fuori dei propri confini”, inclusa la città di Milano.

Il contagio esiste perché esiste la vita associata, perché ci sono grandi conglomerati di esseri umani.

La società aperta garantisce che tutti gli strumenti a disposizione – a partire dalla diffusione di informazione corretta e tempestiva – potranno essere sfruttati per combattere il coronavirus. La conferma dell’efficacia di questi mezzi viene dal numero relativamente basso di casi nei paesi Ocse (e dal numero ancor più basso di vittime, che nella maggior parte dei casi erano peraltro soggetti che già si trovavano in condizioni debilitanti). Al contrario, come dimostra la progressione del contagio, è stata proprio la gestione dirigista cinese a impedire di contenere l’epidemia: prima ignorando gli allarmi e addirittura punendo chi segnalava l’emergere del problema, poi negandone la gravità, il Governo cinese non solo si è reso protagonista di un intervento tardivo, ma ha anche distrutto la fiducia nella sua capacità di affrontare il problema e nell’affidabilità dei dati forniti. Non è un caso se, probabilmente, la figura simbolo di questa vicenda sarà l’oculista Li Wenliang, tra i primi a comprendere cosa stava accadendo e per questo messo a tacere dal regime (e oggi ucciso proprio dal coronavirus).

3. Quanto costerà l’epidemia di coronavirus all’economia mondiale?
Non c’è dubbio che il coronavirus avrà un impatto economico molto significativo. Per il momento è impossibile quantificarlo con precisione, a dispetto di numerosi tentativi. Tutto dipenderà dalla durata del contagio e dal tempo che ci vorrà per rilassare le misure emergenziali che hanno determinato un significativo rallentamento dell’attività economica in Cina e altrove. Al momento, il Fondo monetario internazionale ha rivisto le sue stime di crescita al ribasso dello 0,1 per cento per il mondo intero, e dello 0,4 per cento per quanto riguarda la Cina. Molto probabilmente, si tratta di una stima ottimistica. Altri centri di ricerca privati hanno un atteggiamento più pessimistico: per esempio, Oxford Economics stima un rallentamento dell’economia globale compreso tra lo 0,5 e l’1,3 per cento. È importante considerare che l’effetto sul prodotto sarà tanto più rilevante quanto più debole (quanto meno è cresciuta negli ultimi anni) una economia, il che mette l’Italia in una posizione particolarmente difficile. Una prima stima condotta da Nicola Nobile sempre per Oxford Economics prevede una riduzione del Pil nel primo trimestre 2020 attorno allo 0,1 per cento, se le misure precauzionali adottate nel Nord del paese non si protrarranno oltre la settimana.

Tuttavia, nel riflettere su questo dato, occorre tenere presente che – senza la globalizzazione e l’integrazione delle economie mondiali, inclusa la Cina – il mondo sarebbe immensamente più povero: dal 1989 a oggi, il Pil pro capite globale (misurato a parità di potere d’acquisto) è aumentato di oltre il 77 per cento mentre la quota delle persone in condizioni di povertà è scesa da più di un terzo a meno di un decimo, nonostante nel frattempo la popolazione sia cresciuta da poco più di 5 miliardi a circa 7,7. La globalizzazione è stata un fattore determinante di questo progresso.

4. L’impatto economico del coronavirus sarebbe stato inferiore in un mondo meno globalizzato?
Il costo economico del coronavirus dipende da due ordini di ragioni. In primo luogo, c’è un costo diretto legato alle misure di contenimento adottate nei paesi toccati dal virus: come per quanto riguarda la sospensione delle attività economiche nelle regioni italiane colpite, che determina direttamente una riduzione degli scambi.

Nel lungo termine, ancora più rilevante è il fatto che molte filiere produttive, pienamente internazionalizzate, dipendono per alcuni input o prodotti intermedi da imprese cinesi ovvero di altri Paesi interessati dal virus, le quali hanno dovuto sospendere o rallentare le loro produzioni a causa dell’emergenza.

Inoltre, il rallentamento dei consumi cinesi avrà un impatto negativo su tutte quelle imprese che negli ultimi anni hanno esportato i loro prodotti in Cina: è il caso, per esempio, del settore del lusso. Tuttavia, è probabile che – nel medio termine – le imprese riescano ad adeguare i loro processi produttivi, grazie al trasferimento dei loro fornitori tradizionali (o all’apertura di nuovi fornitori) in altri paesi ritenuti meno a rischio. Sarà in ogni modo un processo complesso e costoso.

5. Di fronte ai repentini aumenti dei prezzi di molti beni, lo Stato dovrebbe intervenire per imporre dei prezzi giusti?
Nei giorni scorsi, visto l’improvviso (e non del tutto anticipato) aumento della domanda di beni quali mascherine e disinfettanti, diversi rivenditori hanno aumentato i prezzi di vendita. Questo ha scatenato proteste e accuse di sciacallaggio. In realtà, si tratta di una normale reazione del mercato a uno shock dal lato della domanda: a fronte di un’offerta limitata nel breve termine, e di una domanda che cresce all’improvviso, i prezzi non posso che aumentare. Questo è un fenomeno positivo, per tre ragioni: i) l’aumento dei prezzi indurrà persone che non hanno un’effettiva urgenza di questi prodotti a rinunciare all’acquisto, lasciando così alcune disponibilità per chi veramente ne ha bisogno; ii) la domanda di alcuni prodotti (come le mascherine) non deriva da una vera necessità di misure igieniche, ma riflette in realtà il panico che si sta diffondendo (le massime istituzioni sanitarie, cioè l’Oms e il Ministero della salute, non raccomandano l’uso della mascherina se non si è infetti o a contatto diretto con persone infette), quindi l’aumento dei prezzi fa sì che quelle risorse non vengano “sprecate” finendo in mano a persone che non ne hanno bisogno; iii) i maggiori prezzi sono un segnale importante attraverso cui il mercato “chiede” maggiori quantitativi di quei prodotti. È ragionevole quindi aspettarsi che, attratti dai maggiori margini, i produttori di disinfettanti, mascherine, ecc. aumenteranno la produzione, soddisfacendo la domanda e riportando i prezzi a un livello “normale”. È importante che la politica non interferisca con questo meccanismo: politiche come il controllo dei prezzi generano infatti scarsità, come aveva capito benissimo Alessandro Manzoni, nel XII capitolo dei Promessi Sposi.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » lun mar 02, 2020 3:34 pm

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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » lun mar 02, 2020 3:34 pm

Le responsabilità giuridiche, politiche, economico/finanziarie e culturali della Cina in questa crisi pandemica planetaria o globale del coronavirus sono tremende, colpose e dolose e sarà chiamata a risponderne dalla comunità internazionale.

No, non è esatto, in occidente vi sono dei controlli e obblighi sanitari nei riguardi dell'alimentazione umana e animale, di provenienza animale sia essa di allevamento che selvatica.
In Cina non vi sono perché la Cina preferisce spendere e spandere in arsenali militari a sostegno del suo imperialismo mai sopito e millenario.



Pompeo, Cina la più grande minaccia
Segretario di Stato ribadisce l'ostilità Usa al 'simbolo' Huawei
30 gennaio 2020

http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews ... 60a6b.html
"Il Partito comunista cinese è la minaccia centrale della nostra epoca": lo ha detto il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, incontrando a Londra il collega britannico Dominic Raab e ribadendo l'ostilità di Washington al via libera, pur limitato, concesso dal governo di Boris Johnson alla partecipazione del colosso cinese Huawei alle reti di telecomunicazione 5G. Un'azienda che secondo Pompeo è una longa manus del regime di Pechino e incarna l'immagine di "un'economia enorme" in grado di impattare sugli interessi americani.




I regimi e la menzogna: Coronavirus come Chernobyl
Lorenza Formicola
26 febbraio 2020

https://www.nicolaporro.it/i-regimi-e-l ... ekSgII80eI

Correva l’anno 1986 e l’URSS, la potenza invincibile sfidava ancora le leggi del mondo a Chernobyl. È là che andò in scena il prequel – mistificato a modo nel mentre e dopo – del destino di un popolo che incontra il comunismo. D’altronde cosa poteva capitare con un paio di esplosioni in una centrale nucleare capaci di scoperchiare il tetto e avvelenare l’aria con una radioattività 200 volte superiore alle bombe di Hiroshima e Nagasaki? Il regime comunista ha sempre ragione, non sbaglia, e se sbaglia sotterra.

Così, in Ucraina il regime comunista dimostrò come non si può sbagliare o avere torto sotto la falce e il martello. Alla centrale Lenin i reattori erano gli RBMK-1000, tendenzialmente instabili erano pericolosi perché privi di edifici di contenimento. Strutture obbligatorie in Occidente che sono una barriera fra il reattore e il mondo circostante. A Chernobyl il reattore era completamente “esposto”. E come se non bastasse, allo scopo di produrre anche plutonio ad uso militare – che con l’uranio arricchito serve a produrre testate nucleari -, era stato abbassato il livello della sicurezza.
L’URSS, che aveva costruito la più potente e perfetta pentola a pressione pronta all’omicidio colposo, la affidò a ingegneri meccanici e non a fisici nucleari.

Per un ordine politico preciso coperto da segreto di Stato anche dopo il crollo dell’Unione Sovietica – e che in linea di massima altro non era se non l’ennesimo tentativo di dimostrazione di potenza – venne avviato l’esperimento. Ma fallì. Subito. Le autorità non diedero alcun allarme per “evitare il panico”. Il vento soffiava verso Ovest e verso Nord, così la Bielorussia subì i danni più gravi per prima. Il giorno dopo, il 27 aprile, una centrale nucleare in Svezia costatò un’impennata di radiazioni e diffuse l’allarme al resto d’Europa. Le autorità sovietiche, invece, ancora tacevano con ostentazione. Il 27 aprile stava per finire quando la città di Pryp’jat venne fatta evacuare, ma solo con la scusa di una misura temporanea.

Chi c’è stato racconta che da oltre trent’anni, Pryp’jat, in Ucraina occidentale, a solit tre chilometri dalla centrale nucleare di Chernobyl, è ancora una città fantasma. Tutto è rimasto come allora, nel momento esatto in cui è scattato il piano di evacuazione generale: piatti a tavola e panni stesi, sedie vuote e libri rimasti a quella pagina da leggere.

Il primo passo fu minimizzare, poi teorizzare. Come non potevano esistere, infatti, in una nazione perfetta i ladri o i serial killer – sintomi del degenerato sistema capitalistico – in Unione Sovietica un disastro del genere non poteva succedere. Fu trovato un colpevole e la bugia si fece verità. Perché il problema con le bugie comuniste è che ne furono raccontate così tante, che la verità, allora come oggi, è diventata difficile da riconoscere. È certo, però, che gli strascichi di quella radioattività sono durati oltre vent’anni. “Il disastro di Chernobyl non derivò da un attacco militare, né da un atto terroristico. Fu un errore della dirigenza sovietica, peggiorato dalle bugie che il Partito comunista raccontò alla popolazione sulla gravità dell’accaduto”, racconta oggi Yuriy Scherbak, ex ministro dell’ambiente in Ucraina.

Trent’anni dopo arriva il Coronavirus. Il misterioso virus cinese che si sta diffondendo così velocemente su scala planetaria, da diventare un’epidemia grave. Non c’interessa decretare da queste pagine se ha lo stesso tasso di mortalità o superiore a quello di una semplice influenza stagionale, se è come la Spagnola o peggio o decisamente lontano da una febbre che provocò circa 40 milioni di morti. Non ne abbiamo le competenze. D’altronde non sappiamo come si svilupperà e in cosa muterà – gli esperti litigano nel caos dell’ideologia perenne. Non sappiamo come sia nato il virus, non sappiamo il numero reale dei malati e dei morti in Cina. Perché la verità è che come a Chernobyl, il Partito Comunista cinese ha giocato a sotterrare tutto da quasi tre mesi a questa parte. Per settimane, dopo i primi casi di coronavirus segnalati, hanno preteso ostentatamente che non esistesse. Poi hanno raccontato che si era originato in un mercato all’aperto, successivamente altre fonti hanno ipotizzato che il virus fosse fuggito dal laboratorio di armi batteriologiche dell’Esercito di Liberazione Popolare – a pochi chilometri dall’epicentro dell’epidemia.

In ogni caso, la prima ondata di casi, in dicembre, non è stata riportata. E anche quando il numero di contagiati è diventato troppo grande per mentire ancora, all’inizio di gennaio, i funzionari del regime hanno continuato a minimizzare sia con la loro gente che con la comunità internazionale.
Dal momento che la gente di Wuhan non aveva ricevuto alcuna informazione o ordinanza meramente a scopo precauzionale, ha continuato a contrarre e spargere il virus per settimane. Quando è diventata un’epidemia a Wuhan, è iniziato il Capodanno cinese. Ogni anno, inizia in Cina la più grande migrazione del pianeta. Ecco, quindi l’incubo epidemiologico. Ma quando i funzionari cinesi davano inizio alla più grande quarantena della storia umana, era già troppo tardi, come scrive Steven Mosher – antropologo statunitense, presidente del Population Research Institute (il primo che poté condurre ricerche sul campo in Cina dal 1979).

I video delle cosiddette talpe che continuano ad arrivare dalla Cina non raccontano di una situazione sotto controllo dalle strade deserte alla gente accasciata sui marciapiedi fino alla disinfestazione di massa. Anche se, persino per questi filmati, non si sa né a quando risalgono, né in quale città sono stati girati. Resta il fatto che con l’epidemia diffusa a livello planetario le autorità di Pechino continuano a mentire. E nonostante la censura poliziesca che al 28 gennaio, come riporta ancora Mosher, secondo le direttive emesse dal Ministero della Sicurezza Pubblica che imponevano la quarantena e per mantenere l’ordine sociale promettevano di punire “duramente” chiunque diffondesse notizie dal vivo o online sull’epidemia, le brutte notizie sono venute fuori lo stesso.



Coronavirus, Tajani: “Grave responsabilità del regime cinese nel diffondersi del contagio”
1 febbraio 2020

https://www.lastampa.it/esteri/2020/02/ ... 1.38410963

«C'è una grave responsabilità del regime cinese per i ritardi nella denuncia dell'epidemia. Medici minacciati, ritardi e verità nascoste hanno provocato morti e diffusione della malattia nel mondo». Lo scrive su Twitter Antonio Tajani vicepresidente di Forza Italia e presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo, dopo aver fatto formale appello a Josep Borrell, Alto Rappresentante per la Politica Estera e Sicurezza europea. Come Pechino minacciò i propri medici con un comportamento irresponsabile e illegale («Tacete sul virus, è a rischio l’ordine sociale») è raccontato proprio oggi sulle colonne e sul sito de La Stampa.

«Negli ultimi giorni – scrive Tajani in un’interrogazione – la diffusione del Coronavirus ha raggiunto l'Unione europea, con casi registrati in Italia, Francia, Germania, Finlandia e Svezia. In tutta l'Ue, l'allarme sanitario è ai massimi livelli. Emergono gravissime responsabilità del Governo cinese nella gestione del caso. Già a fine dicembre, infatti, medici dell'università di Wuhan avevano riscontrato casi di Coronavirus. Ma le autorità cinesi hanno proibito ai medici di rendere pubblica l'emergenza, con minacce di sanzioni legali».

Il che «ha causato un grave ritardo nell’attuazione di terapie mediche, nell’informazione e nella prevenzione, alimentando la diffusione del virus». Tajani domanda «quali iniziative intende adottare l’Alto rappresentante presso il governo cinese per avere libero accesso ai documenti e agli atti relativi ai casi di Coronavirus» e «quali misure intende attuare l’Alto rappresentante per evitare che la mancanza di informazioni e di trasparenza in Cina possa compromettere ulteriormente la salute dei cittadini europei».

Un contagio anche in Spagna
Intanto il ministero della Sanità di Madrid ha confermato il primo caso di coronavirus in Spagna, a La Gomera, nelle isole Canarie. E' quanto emerge dalle analisi condotte dal Centro nazionale di microbiologia dell'Istituto di Sanità Carlo III di Madrid. Il paziente, un turista di nazionalità tedesca, si trova attualmente in isolamento in un ospedale dell'isola, come si legge nel nota del ministero della Sanità.

Il timore del Coronavirus ferma lo sport: a rischio anche la Formula 1

Rinviate alcune gare per le qualificazioni di Tokyo 2020

È di questa mattina anche la notizia che la Federazione mondiale di badminton e quella cinese hanno deciso di rinviare alcune gare per le qualificazioni alle Olimpiadi di Tokyo 2020 previste dal 25 febbraio al 1 marzo prossimo in Cina. Lo ha confermato la Badminton World Federation in una nota pubblicata sul proprio sito web, ipotizzando per il torneo Lingshui China Masters 2020 un rinvio al mese di maggio prossimo o più avanti. Le due federazioni «hanno preso in considerazione tutti i rischi alla sicurezza e logistici ed entrambe ritengono sensato rinviare il campionato in questo momento», si legge nella nota. La Bwf ha poi confermato che è in fase di revisione anche il suo torneo più importante di quest'anno, il 2020 Badminton Asia Championship, attualmente previsto tra il 21 e il 26 aprile prossimo a Wuhan, la città della Cina interna da cui si è diffusa l'epidemia di coronavirus.

Apple chiude tutti i negozi in Cina
La Apple ha annunciato la chiusura di tutti i suoi negozi in Cina «a causa dei recenti problemi di salute pubblica e per prevenzione». «Siamo vicini alle persone al momento più colpite dal coronavirus e siamo con le persone che lavorano 24 ore su 24 per studiare il virus e i modi per contenerlo», si legge nella nota diffusa dalla Apple.

Coronavirus, in Cina mancano le mascherine: i dottori se le fabbricano da soli

«Per un eccesso di cautela e sulla base degli ultimi consigli dei principali esperti della sanità, stiamo chiudendo tutti i nostri uffici, negozi e centri di contatto con il pubblico nella Cina continentale fino al 9 febbraio». Resterà in funzione un negozio online. L'azienda «continuerà a monitorare la situazione», con l'intenzione «di riaprire i negozi il prima possibile».

Coronavirus, il ministro della Salute: "Attivo il numero 1500 per fornire informazioni 24 su 24"

La Gran Bretagna riduce il personale diplomatico in Cina

La Gran Bretagna ha deciso di richiamare parte del personale in forza alla sua ambasciata e ai suoi consolati in Cina. Lunedì, in una riunione informale tra i Paesi Ue presso la rappresentanza dell'Unione europea di Pechino, era stato confermata la linea della libera scelta sulle linee da adottare in capo ai singoli Stati, a cominciare dalla partenza dei familiari del personale delle ambasciate.



Coronavirus: la Cina ne uscirà più forte | Il Blog di Beppe Grillo
di Fabio Massimo Parenti
Febbraio 12, 2020

https://www.beppegrillo.it/coronavirus- ... piu-forte/

Col crescere dei populismi qualcuno ha ironizzato dicendo che il nuovo coronavirus (2019-CoV) sia un virus sovranista, perché metterà a dura prova la tenuta della struttura economica mondiale, quella delle reti, delle catene del valore globale (GVC), ancorate ad hub e cluster in diversi paesi con diversi sistemi politici. Innegabilmente ci saranno ripercussioni economiche, dato che l’epidemia è esplosa nel paese che rappresenta il 16% del PIL globale, il 30% della sua crescita annuale, la quota di consumi più grande al mondo (oltre 6 trilioni), la classe media più numerosa, ecc. Tutti i settori saranno colpiti. Si parla di una caduta consistente del PIL, con stime che vanno da 1 a 6 punti percentuali.

Benché sia troppo presto probabilmente per avere calcoli attendibili, c’è chi vede in questo evento inaspettato il “cigno nero” dell’economia mondiale (come Moody’s). Diversamente, senza evento inaspettato, una nuova crisi globale per il 2020 era stata prevista, tra gli altri, da JPMorgan nel 2018. Forse non è un caso che banche di investimento e agenzie di rating abbiano previsto l’esplosione di un’altra crisi, essendo state tra le maggiori protagoniste responsabili del panico finanziario detonato nel 2007. E’ noto infatti che gli eccessi finanziari all’origine della crisi del 2007 non sono mai rientrati e che le misure post-crisi non li hanno contenuti. Con questa epidemia, e il blocco temporaneo della maggior parte delle attività in Cina, ci si renderà conto, ancor di più, di quanto sia importante la stabilità e l’unità della Cina: principio cardine e stella polare del sistema cinese.

Contesto e genesi dell’epidemia

Wuhan, capoluogo della provincia centro-meridionale dell’Hubei, è uno dei cuori economici della Cina in cui si intersecano un grandissimo numero di linee ferroviarie, stradali ed aeree che collegano il paese al suo interno e col resto del mondo. Wuhan è dunque un hub economico, industriale, finanziario e logistico, ma anche mèta turistica e importante città universitaria.

La genesi dell’epidemia viene fatta risalire a inizio dicembre. Secondo i dati provenienti dalle istituzioni locali, l’8 dicembre 2019 si è registrato il primo caso di polmonite sconosciuta, quando si era ancora nel pieno delle attività lavorative, a circa due mesi dall’inizio delle festività per il capodanno lunare. In seguito, col passare dei giorni, il numero dei casi ha cominciato ad aumentare e si sono rilevate corrispondenze tra i contagiati e la frequentazione del mercato del pesce di Huanan. A fine dicembre i numeri si attestavano solo su alcune decine di casi di influenze “inspiegabili”, che, tuttavia, per tale motivo, hanno destato da parte di alcuni una certa preoccupazione, aumentando la necessità di reperire dati a scopi conoscitivi. Studi e approfondimenti sono stati avviati verso il 27 dicembre. Nei giorni seguenti, i vari comitati per il controllo delle malattie hanno ricevuto nuovi dati ed avviato la creazione dei primi gruppi di esperti. A inizio gennaio non vi erano ancora evidenze di contagio uomo-uomo. Il primo gennaio alcuni cittadini di Wuhan, tra cui il medico Li Wenliang, vengono indagati dalla polizia locale e ricevono avvertimenti di non provocare disordine pubblico con informazioni allarmanti.

Se la macchina burocratica locale sottostimava proprio in quei giorni il pericolo epidemia (saranno sanzionati il 25 gennaio dalle autorità centrali), il mondo medico-scientifico andava avanti nel tentativo di guadagnare maggiore conoscenza.

I primi risultati, le prime misure di contenimento

Dopo il primo mese di casi “inspiegabili” di polmonite, a Wuhan sono aumentati gli approfondimenti medico-scientifici che hanno portato al risultato di sequenziare (2 gennaio) e isolare (5 gennaio) il virus, consentendo di sviluppare la diagnosi per il 2019-nCoV. La condivisione dei dati e la collaborazione con le istituzioni internazionali ha aiutato ad accelerare, dopo i ritardi iniziali, la messa in opera delle prime importanti misure di contenimento dell’epidemia. Così, il 23 gennaio 2020 si dà l’avvio alla quarantena di Wuhan ed altre città dell’Hubei, proprio nel bel mezzo del grande esodo per le festività nazionali più importanti del paese, che vedono centinaia di milioni di persone, per un totale di miliardi di viaggi, spostarsi all’estero e soprattutto all’interno del paese per ricongiungimenti familiari e per attività turistiche. Un sacrificio non da poco per la società e l’economia del paese, ma allo stesso tempo un grande atto, dovuto, di responsabilità politica verso la popolazione e il resto del mondo. Contestualmente, si organizzano procedure di screening territoriale in tutta la Cina e si progetta la costruzione di tre nuovi ospedali, realizzati in pochi giorni attraverso la mobilitazione di imponenti risorse finanziarie, tecnologiche e umane (gli operai saranno pagati il triplo rispetto a condizioni normali, circa 200 dollari al giorno). Un “miracolo cinese” lo definirà l’architetto Boeri

Una valutazione ed un consiglio

Possiamo asserire che la Repubblica popolare abbia dato prova di grande capacità di mobilitazione di massa a beneficio del benessere e della salute delle persone. Ma anche una grande responsabilità verso la comunità internazionale. Questa valutazione deriva dall’analisi dei dati sull’epidemia, che ha portato l’OMS a congratularsi con il governo cinese. Sin dalla sua insorgenza, l’epidemia è stata contenuta all’interno del paese (99% dei casi di contagio) e all’interno della provincia dell’Hubei (il 75% del totale dei contagi e il 95% del totale dei morti), proprio grazie alle misure drastiche con le quali il paese è intervenuto celermente e a quanto pare efficacemente. Dalle testimonianze sul terreno e dai resoconti ufficiali, le comunità locali hanno collaborato fin da subito con le autorità nell’applicare, anche lì dove non è stata prevista una quarantena di intere città, le nuove misure di prevenzione e controllo, che sono state implementate anche grazie all’uso delle varie piattaforme informatiche esistenti (micro blogging e social) e dei nuovi servizi creati ad hoc dalle compagnie informatiche cinesi. Tencent ad esempio ha fornito nuove piattaforme per la condivisione delle informazioni (vedi ad esempio App contagi per quartiere) e per il debunking. Didi ha offerto un servizio di assistenza per la mobilità degli operatori sanitari. Ciascun ministero sta inoltre coordinando il dispiegamento di risorse a sostegno delle attività più colpite e per riprendere quanto prima i servizi fondamentali, come l’istruzione. Insomma, una comunità di 1,4 miliardi di persone che, come da innumerevoli testimonianze dirette di cinesi e stranieri in Cina, sta vivendo una sfida comune, percepita e vissuta come una vera e propria guerra contro il 2019-nCoV.

Alla luce di ciò, estrapolare i problemi riscontrati a livello locale nelle prime settimane, al fine di speculare sulla fragilità del sistema politico cinese tout court, è quanto meno irresponsabile, proprio in un momento in cui la cooperazione e la solidarietà internazionale dovrebbero essere un obbligo per il resto del mondo. Non solo le disquisizioni su un possibile collasso del sistema di potere cinese confermano, ancora una volta, una totale assenza di conoscenza del suo sistema politico e di governance, che è molto più dinamico, flessibile e decentrato di quanto si pensi; ma soprattutto denotano l’esistenza di un cinismo disumano che affligge alcuni comparti non irrilevanti delle società “liberali”. Per fronteggiare un problema comune a tutta l’umanità, cooperazione e solidarietà dovrebbero rappresentare le priorità di tutti i governi e i media stranieri. Purtroppo, così non è. Almeno non per tutti. Al di là delle discriminazioni subite dai cinesi all’estero in varie regioni del mondo, sia sufficiente richiamare le affermazioni del segretario di stato statunitense Mike Pompeo. Quest’ultimo, il 30 gennaio scorso ha affermato pubblicamente che “il partito comunista cinese è la minaccia più grande dei nostri tempi”, proprio nel giorno in cui l’OMS dichiarava il 2019-nCoV “emergenza internazionale”. Una simile esternazione, in un simile momento, da parte di una autorità così rilevante di un paese che è in competizione economico-strategica a tutto campo con la Cina, non può che essere stigmatizzata come abominevole, per la sua disumanità verso un intero popolo, unito e stretto a combattere un’emergenza epidemica. Un dramma comune, insomma, non solo della Cina, ma dell’intero mondo, che non dovrebbe in alcun modo essere strumentalizzato a fini politici. Rispetto e umiltà.

In fin dei conti, siamo in molti a pensare che la Cina ne uscirà più forte di prima.




Le responsabilità del sistema cinese nell'epidemia di coronavirus
Sicurezza internazionale | LUISS
3 febbraio 2020
Maria Grazia Rutigliano


https://sicurezzainternazionale.luiss.i ... ronavirus/

Dal primo contagio ad oltre 10 mila infetti, tra insabbiamento delle notizie e medici arrestati: quali sono le responsabilità della governance cinese nell’epidemia del coronavirus.

Un’analisi delle prime settimane in cui si è diffuso il virus può rivelare le difficoltà e i passi falsi della sanità pubblica cinese nel gestire la crisi e mette in luce alcune delle responsabilità di Pechino nel diffondersi dell’epidemia. Il Washington Post ricostruisce il percorso del coronavirus dal “paziente zero” agli oltre 10 mila contagi, tramite uno studio delle dichiarazioni ufficiali, dei rapporti dei medici cinesi, dei dati scientifici rilasciati solo successivamente e delle interviste con i funzionari della sanità pubblica e gli esperti del campo. Secondo il quotidiano statunitense, la cultura burocratica cinese ha portato gli individui a privilegiare la stabilità politica rispetto alla gestione del rischio e questo può aver permesso al virus di diffondersi più lontano e più velocemente.

Secondo il Post, i primi medici che hanno cercato di dare l’allarme per il coronavirus sono stati posti sotto sequestro dalla polizia. Allo stesso modo, i media hanno evitato di menzionare l’epidemia per settimane e la politica, nel frattempo, si è concentrata sul mantenimento della stabilità e sull’elogio del Partito e del suo leader, Xi Jinping. “Il sistema sanitario pubblico cinese si è modernizzato, ma il sistema politico cinese non ha fatto lo stesso”, ha dichiarato Jude Blanchette, responsabile degli studi sulla Cina presso il Center for Strategic and International Studies di Washington. “Semmai, c’è stata una regressione”, ha aggiunto l’esperto.

A metà dicembre 2019, alcuni pazienti nella città di Wuhan hanno cominciato a presentare quello che sembrava un mix di sintomi influenzali: febbre, difficoltà respiratorie, tosse. I primi indizi indicavano che si poteva trattare di una polmonite virale. Tuttavia, i medici di Wuhan, una città di 11 milioni di persone della Cina centrale, non sono stati inizialmente in grado di individuare la causa di tale malattia. Voci di un misterioso virus hanno iniziato a turbinare sui social media cinesi, in particolare tra i medici. Un resoconto pubblicato sui media cinesi solo il 30 gennaio 2020, da un tecnico di laboratorio anonimo che afferma di lavorare in una struttura convenzionata con gli ospedali, riporta che la sua azienda aveva ricevuto i campioni da Wuhan e aveva individuato un coronavirus che somigliava per l’87% alla SARS, la sindrome respiratoria acuta grave, già il 26 dicembre 2019.

Il 27 dicembre, i dirigenti del laboratorio hanno tenuto una serie riunioni urgenti per informare i funzionari sanitari di Wuhan e l’ospedale, ha scritto il tecnico. Tuttavia, il Washington Post aggiunge di non essere riuscito a verificare autonomamente le notizie riferite da tale fonte, che includono le immagini dei risultati dei primi test. Entro la sera del 30 dicembre 2019, le prime informazioni stavano iniziando a trapelare. Alle 17:43, Li Wenliang, un oculista del Wuhan Central Hospital, riferì in una conversazione privata ai suoi ex alunni della facoltà di medicina che 7 persone avevano contratto quella che credeva essere la SARS e un paziente era stato messo in quarantena nell’ospedale. La notizia è poi cominciata a circolare sui social network.

La sera stessa del 30 dicembre, le autorità di Wuhan hanno cominciato a prendere provvedimenti. La commissione sanitaria ha inviato un “avviso urgente” a tutti gli ospedali sull’esistenza di una “polmonite proveniente da causa poco chiara”, omettendo qualsiasi menzione di SARS o di coronavirus, e ha ordinato a tutti i dipartimenti di riferire immediatamente informazioni su casi noti e riportarli alla loro catena di comando. Le prime notizie ufficiali confermarono che esistevano 27 casi di polmonite virale sconosciuta. I funzionari sanitari di Wuhan hanno collegato l’epidemia al mercato all’ingrosso di frutti di mare di Huanan, un luogo dove è possibile acquistare tutti i tipi di animali vivi e hanno rapidamente chiuso la struttura.

I funzionari cinesi hanno poi iniziato a cercare altri possibili infetti, ma si sono concentrati sulle persone che presentavano i sintomi della polmonite o che avevano collegamenti con il mercato ittico e degli animali. Secondo i resoconti, non sono state allertate tutti gli individui affetti da sindromi respiratorie. Solo più tardi gli scienziati e i funzionari hanno cominciato a sospettare che il numero degli infetti potesse essere molto più alto. Il 31 dicembre, l’ufficio nazionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è stato messo a conoscenza dei misteriosi casi di polmonite a Wuhan. I funzionari dell’OMS hanno inviato a Pechino un elenco di domande sull’epidemia e hanno offerto assistenza.

Mentre scienziati ed esperti della sanità pubblica si davano da fare per raccogliere maggiori informazioni, i servizi di sicurezza cinesi hanno cercato di soffocare le notizie. L’1 gennaio, l’Ufficio di Pubblica Sicurezza di Wuhan ha convocato 8 persone per aver pubblicato e diffuso “voci” sugli ospedali di Wuhan e su pazienti con casi simili alla SARS. La polizia ha fatto circolare, tramite l’agenzia di stampa statale Xinhua, un avvertimento: “Invitiamo tutti a non fabbricare voci, a non diffonderle, a non crederci”. Tutte e 8 le persone detenute quel giorno erano medici, tra cui Li, l’oftalmologo di Wuhan. Wang Guangbao, chirurgo e scrittore della Cina orientale, ha in seguito affermato che le speculazioni su un virus simile alla SARS dilagavano all’interno degli ambienti medici a gennaio, ma le detenzioni dissuasero molti, incluso lui stesso, dal parlarne apertamente.

Il 9 gennaio, con 59 casi, la Cina ha annunciato di aver isolato e ottenuto la sequenza genomica della nuova forma di coronavirus, confermando le voci secondo cui il disturbo misterioso era legato alla SARS e alla sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS). Gli epidemiologi avevano però bisogno di conoscere i dettagli su quando le persone si erano ammalate, sui loro sintomi e altre caratteristiche, come l’età, il sesso e le condizioni mediche di base. Tali informazioni sui malati non sono state rese disponibili se non dopo settimane. A questo punto, la diffusione da persona a persona era già constatata e i casi raddoppiavano ogni 7 giorni.

A Wuhan, intanto, i quadri locali erano concentrati su un incontro del Partito Comunista, che era stato programmato dall’11 al 17 gennaio. Durante quel periodo, la Commissione per la Salute di Wuhan ogni giorno affermava che non c’erano nuovi casi o morti. Circa 10 minuti dopo la mezzanotte del 18 gennaio, la Commissione ha annunciato l’esistenza di 4 nuove infezioni. Tuttavia, i funzionari hanno minimizzato il rischio di trasmissione da uomo a uomo. Anche dopo che erano stati segnalati casi in Thailandia e Corea del Sud, i funzionari di Wuhan hanno organizzato fiere dello shopping natalizio e altri eventi pubblici.

Senza chiari avvertimenti da parte del governo, i cittadini cinesi e quelli di Wuhan, continuavano a viaggiare, sia all’interno che all’esterno della Cina. Yang Jun, dirigente di un’azienda di apparecchiature fotovoltaiche, si era recato a Wuhan il 6 gennaio per un incontro di lavoro. Una settimana dopo è tornato a casa in treno per Pechino, passando per Shanghai. Il giorno prima di essere ricoverato in ospedale, ha partecipato a un evento scolastico di sua figlia e si è seduto in un’aula con centinaia di altri genitori, secondo una dichiarazione rilasciata in seguito dalla scuola di Pechino, che ha chiesto a tutti i genitori di mettersi in quarantena. Yang è morto questa settimana.

Il 20 gennaio, mentre oltre 400 milioni di cinesi si preparavano a tornare a casa per festeggiare il capodanno lunare, la posizione delle autorità cinesi è cambiata. Per la prima, volta quella mattina, i funzionari della sanità pubblica di Wuhan hanno smesso di parlare di “trasmissione da uomo a uomo limitata”. Più tardi quel giorno, il famoso pneumologo Zhong Nanshan, 83 anni e veterano della crisi della SARS, considerato un eroe nazionale, è apparso sui media statali per annunciare che il virus era in realtà trasmissibile tra le persone. Pechino alla fine cominciò a reagire.

I funzionari hanno organizzato almeno 3 ospedali di emergenza intorno a Wuhan. Gli autobus interurbani a livello nazionale sono stati fermati. Molte città hanno prolungato le vacanze del Capodanno, ritardato il semestre scolastico di primavera e incoraggiato i residenti a non tornare a lavoro. Gli ospedali di tutto il paese hanno inviato squadre di medici volontari nella zona di quarantena per rafforzare il supporto. La città di Wuhan è stata blindata e le forze armate sono state allarmate dallo stesso presidente cinese. Quando il numero di casi segnalati hanno raggiunto le 4.500 persone, i funzionari di Wuhan hanno iniziato ad accettare pubblicamente le proprie colpe e a puntare il dito.

In un’intervista del 27 gennaio, il sindaco di Wuhan, Zhou Xianwang, ha affermato di non essere stato autorizzato dai suoi superiori a rivelare notizie sull’epidemia in precedenza. Il 31 gennaio, il capo del Partito Comunista di Wuhan, che rappresenta un’autorità più alta rispetto al sindaco, ha riconosciuto la propria responsabilità per non aver adottato “misure preventive rigorose in precedenza”. “Sono in uno stato di colpa, vergogna e auto-rimprovero”, ha affermato Ma Guoqiang al Paese in un’intervista diffusa in tutta la Cina. La Corte Suprema del Popolo ha anche rilasciato una dichiarazione insolita che ammonisce la polizia di Wuhan per aver arrestato gli 8 scienziati.

“Se la società in quel momento avesse creduto a quelle ‘voci’ e avesse indossato le maschere, usato il disinfettante ed evitato di andare al mercato della fauna selvatica, come se ci fosse stato un focolaio di SARS, forse questo avrebbe significato poter controllare meglio il coronavirus oggi”, ha riferito l’Alta Corte. Li, l’oftalmologo posto sotto sequestro, è stato rilasciato dalla polizia di Wuhan il 3 gennaio dopo aver firmato un documento in cui riconosceva di aver commesso “atti illegali”. L’uomo è tornato immediatamente a lavorare ed è stato infettato lui stesso dal coronavirus. Oggi rimane in terapia intensiva nel proprio posto di lavoro, il Wuhan Central Hospital.

Superati i 12 mila casi, all’interno della zona di quarantena, gli ospedali hanno apertamente lanciato appelli sui social network per chiedere donazioni di attrezzature di base come maschere e tute protettive. I residenti di Wuhan hanno segnalato una grave carenza di kit per testare la presenza del virus, il che aumenta la possibilità che il numero reale di casi sia molto più alto delle cifre confermate. Dopo che gli ospedali della città sono stati sopraffatti dai pazienti che volevano controllare se erano infetti o meno, le autorità locali hanno annunciato che gli ospedali forniranno test solo a coloro che mostrano sintomi gravi. I pazienti ricoverati vengono isolati nelle stanze degli ospedali. Alcuni pazienti sono morti nelle aree di attesa, secondo quanto ha affermato Chen Qiushi, un noto blogger cinese che è stato in diretta dagli ospedali di Wuhan.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » lun mar 02, 2020 3:35 pm

La Cina è la prima responsabile di questa epidemia globale da coronavirus, come lo è stata di molte altre nei secoli, tra cui quella della peste nera nel quattrocento che mietè milioni di morti.

Le misure igeniche e i controlli sanitari sugli animali da cibo di allevamento sono piuttosto deficitarie e quelle sugli animali servatici quasi nulle per cui è molto facile che insorgano epidemie in questo sterminato paese con ancora molte zone da terzo e quarto mondo.
Pare che adesso la Cina, dopo questa drammatica esperienza che la sta mettendo in ginocchio e che l'ha resa comprensibilmente invisa al resto del Mondo per aver causato questa pandemia globale (di cui dovrà certamente rendere conto alla comunità internazionale nelle sedi giuridiche/giudiziarie e politiche), sia corsa ai ripari con provvedimenti legislativi "adeguati" tra cui il divieto di commerciare carni selvatiche non controllate.

Zaia, il governatore del Veneto, nella sua intervista televisiva, ha detto bene in modo civile, pacato e fraterno, come in Cina le norme igenico sanitarie siano alquanto deficitarie e non deve scusarsi per nulla, oltretutto la Cina non ha alcun diritto di indignarsi per le parole di Zaia dato che è la responsabile di tutto, caso mai siamo noi che dobbiamo indignarci con la Cina.
Prima che la Cina prendesse visibili provvedimenti e avvertisse il Mondo dell'esistenza del virus, sono passati da uno a due mesi dalla sua prima apparizione, lunghissimo tempo in cui il virus ha potuto diffondersi nel Mondo attraverso i cinesi e i non cinesi che vanno e vengono dalla Cina.



I cinesi in Cina sono liberi di mangiare quello che vogliono, anche la merda, ma non sono liberi di infettare il mondo intero e di mettere in pericolo la vita di milioni di persone e di non cinesi. La Cina ha dimostrato una assoluta mancanza di rispetto in questa vicenda e ha poco da indignarsi per le parole di Zaia, è il mondo che ha il diritto di indignarsi con la Cina.
Visto che negli anni 2000 tutte le grandi epidemie sono giunte dalla Cina credo che il mondo debba prendere provvedimenti nei confronti di questo paese inaffidabile e irresponsabile e che tutti coloro che vanno e vengono dalla Cina, siano essi cinesi o non cinesi, debbano essere sottoposti ad una profilassi sanitaria di sicurezza che tuteli il mondo da altre possibili epidemie/pandemie.
E che l'OMS abbia la possibilita di controllare/ispezionare/verificare la situazione della salute e dell'gene sanitaria in Cina senza alcuna restrizione geografica, residenziale, ospedaliera.



Coronavirus, cronaca di un insabbiamento: un manipolo di giornalisti coraggiosi inchioda Pechino
Atlantico Quotidiano
Enzo Reale Da Barcellona
2 marzo 2020
I 15 giorni durante i quali un’epidemia locale si è trasformata in pandemia, per la manifesta volontà di insabbiamento e disinformazione del Partito Comunista Cinese

http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... tnO2SiqAfc

Chi un giorno racconterà la vera storia del coronavirus dovrà partire da due mattoncini di puro giornalismo che ci arrivano da terre cinesi. Quel che sappiamo sui primi passi dell’epidemia che sta sconvolgendo il pianeta lo dobbiamo finora soprattutto a un quotidiano di Hong Kong e a un sito di informazione di Pechino. Il primo è lo storico South China Morning Post (SCMP), che il 27 febbraio ha pubblicato un dettagliato resoconto della diffusione del Covid-19, frutto del lavoro di cinque reporters inviati a Wuhan dal 3 al 23 gennaio, quando la città venne isolata. Il secondo è una piattaforma digitale di carattere economico che si sta accreditando come la fonte più autorevole per conoscere dall’interno l’evoluzione della crisi sanitaria in corso, in un contesto proibitivo per la libera informazione come quello della Cina continentale: si chiama Caixin Global e i suoi aggiornamenti in tempo reale sono ormai diventati un riferimento a livello internazionale. Mentre a Hong Kong la stampa è ancora relativamente indipendente, Il Caixin Global sa di giocare con il fuoco: facendo un uso molto accorto dei dati in suo possesso, genera articoli difficilmente attaccabili dal punto di vista oggettivo, rinunciando alla critica diretta all’operato del regime. Allo stesso tempo, però, le sue informazioni permettono al lettore di leggere tra le righe di una realtà opaca, condizionata dalle logiche del potere autoritario. Un esempio concreto. Dalla pubblicazione degli aggiornamenti in tempo reale dei contagiati e dei deceduti provincia per provincia si deduce che, dove i funzionari hanno agito tempestivamente e in certi casi al margine delle direttive e delle tempistiche di Pechino, le conseguenze dell’epidemia sono state meno drammatiche. Il ragionamento sotteso conduce direttamente alle responsabilità dei vertici del Partito Comunista Cinese, Xi Jinping in testa, nella gestione delle prime fasi dell’emergenza, notoriamente decisive.

In un Paese dove il potere costituito non deve rendere conto a nessuno delle sue azioni e in cui lo scrutinio dell’opinione pubblica è praticamente inesistente, il lavoro di pochi giornalisti alieni alle logiche della propaganda rappresenta l’unica possibilità di rompere la barriera della censura.
La ricostruzione della catena di eventi, azioni ed omissioni che hanno determinato la propagazione del virus dalla Cina al resto del mondo è un fattore centrale non solo dal punto di vista sanitario ma anche da quello politico. Assume quindi una speciale rilevanza l’articolo che il Caixin ha pubblicato pochi giorni fa, il cui titolo recita: “Come sono stati individuati, trasmessi e occultati i primi indizi di un virus simile alla SARS“. In patria la versione online è durata poche ore, finché la polizia di Internet l’ha fatta rimuovere dal sito: ma alcuni utenti hanno avuto il tempo di salvarne una copia e di diffonderla in rete. Sulla pagina internazionale l’analisi è disponibile a pagamento. Perché è un documento importante? Perché mette insieme, grazie a un incredibile lavoro di indagine, i tasselli finora disponibili del mosaico coronavirus, dai primi casi manifestatisi a metà dicembre fino al coprifuoco sanitario di Wuhan. A differenza dei colleghi di Hong Kong, però, i giornalisti del Caixin non si limitano alla cronaca degli avvenimenti ma rivelano chiaramente la volontà di insabbiamento da parte delle autorità cinesi. Di seguito i passaggi fondamentali della vicenda, secondo la ricostruzione dell’articolo (occhio alle date).

– La prima notizia di un potenziale caso di polmonite atipica risale al 15 dicembre, quando un sessantacinquenne che lavora al mercato del pesce di Wuhan accusa sintomi di febbre alta e indisposizione. Tre giorni dopo entra in ospedale dove viene trattato con antibiotici ma senza esito. Il 24 dicembre (sono passati già nove giorni dai primi sintomi) un campione del suo fluido polmonare è inviato al Guangzhou Weiyuan Gene Technology Lab., che comincia a lavorare sulla sequenza genetica del virus. Il 27 dicembre il laboratorio contatta l’ospedale di Wuhan e comunica che si tratta di un nuovo coronavirus, di cui ricava un genoma quasi completo, senza peraltro rilasciare un report ufficiale.

– Prima della fine di dicembre l’ospedale di Wuhan raccoglie almeno nove campioni da altrettanti pazienti con polmonite e li manda a differenti laboratori. Il 30 dicembre il Beijing Boao Medical Laboratory informa che i test confermano che si tratta di un virus della famiglia della SARS. Tecnicamente è un errore, come si scoprirà più avanti, ma il richiamo alla nota malattia mette in allarme lo staff medico di Wuhan. È in base a questa informazione che Li Wenliang, un oftalmologo dello stesso ospedale, pubblica attraverso la piattaforma WeChat la notizia secondo cui “ci sono sette casi confermati di SARS provenienti dal mercato del pesce della città e attualmente in isolamento”. Nei giorni successivi Li Wenliang riceve la visita della polizia che lo costringe a firmare un documento in cui ritratta le sue dichiarazioni. Un mese dopo il medico muore in circostanze sospette, ufficialmente a causa dello stesso virus la cui esistenza aveva contribuito a rivelare.

– Tra l’1 e il 3 gennaio il Beijing Boao Medical Laboratory completa l’intera sequenza del virus. Ancora una volta la scoperta non viene annunciata pubblicamente. Sono giorni decisivi per la prevenzione del contagio ma ufficialmente non esistono ancora informazioni sulla malattia. Lo stesso giorno il professor Zhang Yongzhen del Shanghai Public Health Clinical Center riceve i campioni e il 5 gennaio conferma i risultati già ottenuti da altri laboratori, aggiungendo due elementi fondamentali: si tratta di un virus mai visto prima ed è trasmissibile attraverso le vie respiratorie. Zhang Yongzhen comunica i risultati alle autorità sanitarie competenti di Shanghai e raccomanda che vengano adottate misure di prevenzione pubbliche.

– Nel frattempo però succede qualcosa. Il primo giorno dell’anno, il responsabile di uno dei laboratori incaricati delle analisi riceve una telefonata da un ufficiale del Dipartimento di sanità della provincia dell’Hubei che gli ordina di distruggere i campioni in suo possesso e di interrompere la ricerca. Lo avverte che qualsiasi fuga di notizie dovrà essere riportata agli organi competenti. Il 3 gennaio, proprio mentre si isola la sequenza genetica completa, dagli uffici del Ministero della sanità (da Pechino, quindi) arrivano direttive vincolanti sull’utilizzo dei campioni: nessun invio ai laboratori senza autorizzazione degli organismi centrali, soppressione immediata di quelli esistenti, divieto di pubblicazione di qualsiasi informazione su test e attività sperimentali. Passano altri otto giorni – cruciali – senza che le autorità rendano pubblico quello che ormai in ambiente medico tutti conoscono come un nuovo e pericoloso coronavirus. Zhang Yongzhen, a quel punto, decide di pubblicare autonomamente il genoma del virus (è l’11 gennaio) nel database della GenBank e sul sito della GISAID Initiative. Per la prima volta l’informazione è condivisa a livello mondiale. La stessa sera Pechino annuncia finalmente che le informazioni sul coronavirus saranno inviate all’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ventiquattro ore dopo, il laboratorio del professor Zhang Yongzhen viene chiuso per “rettifiche” e, ad oggi, non è stato riaperto.

Conclusione. Dal 27 dicembre all’11 gennaio, sia la popolazione cinese che la comunità internazionale sono state tenute all’oscuro dal governo di Pechino dell’esistenza, delle caratteristiche e del pericolo di diffusione del nuovo coronavirus. Il Partito Comunista ha deliberatamente deciso di occultare gli avvertimenti degli specialisti e i risultati delle prove effettuate. Quindici giorni probabilmente decisivi per il contenimento dell’epidemia, durante i quali un problema locale si è trasformato in fenomeno globale, per la manifesta volontà di insabbiamento e disinformazione delle autorità.

Nel frattempo, secondo i dati ufficiali, più di tremila operatori sanitari hanno contratto il virus in Cina e una decina di medici sono morti. Chi ha provato a denunciare l’opera di manipolazione e propaganda del regime (avvocati, professori e attivisti per i diritti umani) è stato arrestato o ridotto al silenzio. Ma Jian, scrittore dissidente proibito in Cina, ha scritto sul Guardian:

“Negli ultimi 70 anni, il Partito Comunista Cinese ha condannato il suo Paese a una serie di catastrofi provocate dall’uomo, dalla Grande Carestia, alla Rivoluzione Culturale, al massacro di Piazza Tiananmen, alla forte repressione dei diritti a Hong Kong e in Tibet, all’internamento massivo di Uiguri nello Xinjiang. L’omertà e la corruzione ufficiali hanno moltiplicato il numero delle vittime di calamità naturali, dal virus Sars al terremoto del Sichuan”.

L’agenzia statale di notizie Xinhua invece celebra la pubblicazione di un libro in cui si sottolineano “la dedizione, la missione, la visione strategica e la leadership” di Xi Jinping nella “battaglia contro il Covid-19“, che si dà già per vincente.

Ma anche da noi c’è chi esalta l’esempio cinese come modello di gestione delle crisi e delle emergenze, ignorandone le responsabilità, le omissioni e le reiterate violazioni dei codici di condotta. “Qual è il costo della menzogna?”, si chiedeva l’ex membro dell’Accademia delle Scienze dell’Unione Sovietica Valery Legasov a proposito del disastro di Chernobyl? Aggiungerei altre domande: qual è il costo del relativismo morale, della connivenza ideale con le dittature, del masochismo intellettuale delle democrazie, dell’incultura delle nostre classi dirigenti e delle nostre opinioni pubbliche?



Peste nera
https://it.wikipedia.org/wiki/Peste_nera

Peste suina
https://it.wikipedia.org/wiki/Peste_suina


La Cina minacciata dal coronavirus: la causa è un mercato di animali selvatici
Da Nsikan Akpan
lunedì 27 gennaio 2020

https://www.nationalgeographic.it/scien ... -selvatici

La storia sembra ripetersi. Venti anni fa circa, un virus comparve nei mercati di fauna selvatica nel sud della Cina, ed era diverso da qualsiasi altro. Era l'inverno del 2003 e i malati lamentavano febbre, brividi, mal di testa e tosse secca, tutti sintomi che ci si aspetterebbe durante la stagione del raffreddore e dell'influenza.

Ma questa condizione progredì in una forma letale di polmonite, che lasciava buchi a forma di nido d'ape nei polmoni delle persone e generò gravi insufficienze respiratorie in un quarto dei pazienti. Mentre la maggior parte delle infezioni si diffusero ad altre tre persone, alcuni dei malati diventarono "super-trasmettitori", pazienti che involontariamente trasmisero la malattia a dozzine di individui. Quando l'epidemia di sindrome acuta respiratoria grave (SARS) si concluse sette mesi dopo, si registrarono oltre 8.000 casi e 800 decessi in 32 paesi.

Ecco perché i funzionari internazionali ora sono allarmati per un nuovo virus legato alla SARS che è emerso nella Cina centrale. La malattia si è diffusa in sole tre settimane nelle principali città di Pechino, Shanghai e Shenzhen, nonché nelle vicine nazioni di Taiwan, Tailandia, Giappone e Corea del Sud. Martedì, i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie statunitensi (CDC) hanno riportato il primo caso nello Stato di Washington.

“La diffusione da uomo a uomo è stata confermata, [ma] non si sa ancora quanto sia facile la diffusione di questo virus”, ha dichiarato Nancy Messonnier, direttore del Centro Nazionale per le Immunizzazioni e le Malattie Respiratorie presso il CDC, durante una conferenza stampa in cui ha annunciato lo sviluppo di un test genetico veloce per il virus Wuhan. “In questo momento stiamo testando questo virus al CDC, ma nelle prossime settimane condivideremo i risultati con partner nazionali e internazionali”.

A partire da mercoledì, quasi 450 casi sono stati segnalati a livello globale, compresi nove decessi, e l'Organizzazione Mondiale della Sanità sta organizzando una riunione di emergenza mercoledì prossimo per decidere se l'epidemia rappresenti un'emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale. Gli epidemiologi sospettano che esistano già migliaia di casi. Il CDC ha annunciato che il controllo per il nuovo virus sarebbe già partito nei tre principali aeroporti degli Stati Uniti, ma il primo paziente americano è arrivato ancor prima che questa sorveglianza fosse iniziata.

Come per la SARS, tutto questo clamore sembra essere emerso a causa del commercio di animali selvatici, ma i virologi non sono sorpresi.

Questo perché sia la SARS che il nuovo focolaio sono zoonotici, cioè malattie iniziate negli animali prima di diffondersi nell'uomo. Le malattie zoonotiche sono tra le più famigerate del mondo. L'HIV, l'Ebola e l'influenza H5N1 si sono tutte diffuse tra la fauna selvatica prima che strette interazioni con gli umani generassero focolai internazionali. Con la SARS, ad esempio, i produttori di alimenti e le persone che maneggiavano, uccidevano e vendevano animali selvatici sono state quasi il 40% dei primi casi. I primi episodi si sono registrati anche tra persone che vivevano a pochi passi dai mercati della fauna selvatica.


Pipistrelli

Le autorità sanitarie hanno segnalato per la prima volta il nuovo focolaio il 31 dicembre, parlando di un’ondata di casi simili alla polmonite collegati a un mercato del pesce nella città di Wuhan, una località nella Cina centrale con oltre 11 milioni di abitanti. Ma la CNN ha riferito che nel mercato della "Città del pesce della Cina meridionale" a Wuhan si vendeva più di frutti di mare, pubblicando un video che mostra presumibilmente procioni e cervi chiusi in piccole gabbie.

Ma perché tali condizioni potrebbero aver creato un terreno fertile per le malattie zoonotiche? “Quando ammassi animali in queste situazioni innaturali, rischi che emergano malattie umane”, afferma Kevin Olival, ecologo delle malattie e ambientalista presso EcoHealth Alliance. “Se gli animali sono tenuti in cattive condizioni sotto stress, si potrebbe creare per loro un'opportunità migliore per eliminare virus e ammalarsi”.

Questa interazione tra virus e animale può anche aiutare a rintracciare la fonte di un'epidemia. I virus mutano mentre si diffondono e si moltiplicano, caratteristica che virologi e biologi della fauna selvatica possono utilizzare per tracciare l'evoluzione di una malattia, anche se passa tra animali.

La SARS e il nuovo virus dietro l'epidemia di Wuhan sono altamente correlati perché entrambi appartengono ai coronavirus, grande famiglia di virus che colpiscono persone o animali, come cammelli, gatti e pipistrelli.

Quattro mesi dopo l'inizio dell'epidemia della SARS, i ricercatori di Hong Kong hanno studiato procioni, zibetti e tassi scoprendo parenti stretti di questo coronavirus e la prima prova che la malattia esisteva anche al di fuori degli esseri umani.

La scoperta ha dato il via a un'ondata di studi tra la fauna selvatica che ha indicato i pipistrelli ferri di cavallo della Cina come la probabile fonte della SARS. I controlli globali alla fine hanno rivelato che gli antenati e i parenti della SARS circolavano da anni nei pipistrelli in Asia, Africa ed Europa. I pipistrelli sono ora considerati la fonte originale di tutti i principali coronavirus.

“La sequenza genetica del virus stesso può ricondurre alla fonte”, afferma Olival. “Nel caso di Wuhan, la corrispondenza più vicina è in altri coronavirus correlati alla SARS che si trovano nei pipistrelli”. Le indagini sulla fauna selvatica condotte da EcoHealth Alliance in Cina e in altri luoghi in Asia mostrano che la più alta incidenza di coronavirus tende a derivare dalle feci degli animali o dal guano dei pipistrelli.

I coronavirus non si diffondono solo attraverso l'aria e il sistema respiratorio, ma anche se la materia fecale viene a contatto con la bocca di un'altra creatura. I pipistrelli non sono propriamente puliti, quindi quando si cibano di un frutto possono contaminarlo. Se poi il frutto cade a terra, può venire a contatto con animali da allevamento come zibetti.


Cammelli, mammiferi e vaccini

Finora, sembra che i coronavirus di origine animale si diffondano nell'uomo causando gravi malattie solo in rare occasioni. La SARS ha rappresentato il primo caso documentato di una propagazione di coronavirus, seguito poi dalla Sindrome Respiratoria del Medio Oriente, un virus simile ma distinto che è emerso in Arabia Saudita nel 2012 e si è diffuso anche a livello internazionale.

La vicenda della MERS ha rafforzato la storia degli animali raccontata già per la SARS. Il coronavirus MERS proveniva da pipistrelli, ma ha utilizzato mammiferi domestici, in questo caso i cammelli, come un ponte per raggiungere gli umani. Il primo caso di MERS ha riguardato un uomo di 60 anni che possedeva quattro cammelli che dormivano in un recinto adiacente alla sua casa.
“Ridurre il commercio di specie selvatiche ha effetti vantaggiosi sia per la protezione delle specie che vengono catturate in natura, sia per la riduzione della diffusione di nuovi virus”

da KEVIN OLIVAL, ECOHEALTH ALLIANCE

Uno studio del 2014 condotto dal laboratorio di Lipkin e dallo zoologo Abdulaziz Alagaili presso la King Saud University ha trovato anticorpi contro la MERS - un segno rivelatore d’infezione - in campioni di sangue di cammello risalenti al 1993. Il virus MERS circolava quindi da più di 20 anni senza che nessuno se ne fosse accorto.

“Abbiamo fatto studi in due macelli in Arabia Saudita, dove la gente abbatteva i cammelli”, afferma Lipkin. “In alcuni casi, la carne era lavata con tubi ad alta pressione prima di essere confezionata in una pellicola termoretraibile. Per questo si potrebbe trovare il coronavirus MERS sulla carne destinata ai supermercati”.

L'Arabia Saudita importa ogni anno migliaia di cammelli dalle nazioni africane, molti dei quali servono come fonte di cibo, specialmente durante il pellegrinaggio islamico. I biologi hanno trovato segni di infezione da MERS nei cammelli provenienti da paesi africani come Etiopia, Kenya, Tunisia, Egitto e Nigeria.

A differenza della SARS, che è emersa e affievolita nel giro di un anno, la MERS si è in qualche modo radicata nelle comunità umane, con casi segnalati in Arabia Saudita fino al 2017. Ma questa persistenza ha aumentato la possibilità di sviluppare un vaccino, dato che c'era una popolazione numerosa in cui testare l'efficacia di tale trattamento.

“Si possono vaccinare le persone che sono comunemente a contatto con i cammelli, come i beduini e le persone che lavorano nei macelli”, afferma Lipkin. Tuttavia, un vaccino per la MERS non si è mai concretizzato nonostante gli sforzi diffusi e, ad oggi, non esiste alcun trattamento specifico nemmeno per la SARS.

In assenza di un rimedio medico, le strategie di controllo delle infezioni - come lavarsi le mani, le quarantene e l'igiene - diventano gli unici strumenti per tenere sotto controllo la SARS, la MERS e ora il coronavirus di Wuhan.


Le prospettive di Wuhan

È difficile dire cosa ci si dovrebbe aspettare dal coronavirus di Wuhan. Nello spettro delle epidemie, la SARS ha portato agli scenari peggiori, mentre la MERS era letale ma di portata molto più limitata.

La maggior parte delle condizioni simili alla polmonite riservano il peggio dei loro danni per le popolazioni più anziane, ma la SARS aveva la stessa probabilità di praticare un buco nei polmoni di un giovane adulto rispetto a una persona anziana: l'età media delle vittime della SARS si aggirava intorno ai 40 anni. La MERS, al contrario, era pericolosa soprattutto nei pazienti di età superiore ai 50 anni e, in genere, nelle persone con condizioni immunodepresse.

“Non è chiaro se questo virus [Wuhan] stia semplicemente scomparendo o se evolverà in qualcosa di più patogeno”, afferma Lipkin. “Non abbiamo ancora alcuna prova di super-trasmettitori e, speriamo, non le avremo mai. Ma non sappiamo neanche per quanto tempo durerà questo nuovo coronavirus o per quanto tempo le persone continueranno a rilasciare virus dopo essere state infettate”.

Inizialmente, i funzionari avevano affermato che il coronavirus di Wuhan riguardasse solo trasmissioni da animali, ma ora la malattia sembra diffondersi da uomo a uomo. Lunedì, i funzionari cinesi hanno confermato che 14 operatori sanitari hanno contratto il virus e il paziente di Washington ha riferito di aver viaggiato attraverso Wuhan.

Anche il modo in cui il coronavirus di Wuhan ha compiuto il salto finale negli umani rimarrà un mistero fino a quando la Cina non fornirà maggiori dettagli su ciò che era ospitato nel famigerato mercato del pesce, il cui accesso è stato impedito dal Capodanno. Ma questi indizi potrebbero aiutare gli investigatori a identificare quali animali potrebbero essere in grado di trasportare e diffondere il virus sia in Cina che all'estero.

L'epidemia di Wuhan solleva anche la questione del commercio di specie selvatiche, che debba essere controllato maggiormente o impedito del tutto. “Un intervento, che è abbastanza semplice, è ridurre il commercio di specie selvatiche e ripulire i mercati relativi”, afferma Olival. “Ridurre il commercio di specie selvatiche ha effetti vantaggiosi sia per la protezione delle specie che vengono catturate in natura, sia per la riduzione della diffusione di nuovi virus”.

Il 24 Gennaio la Cina ha confermato 26 morti e 830 casi di contagio, mentre in Italia il caso sospetto a Bari è risultato solo un falso allarme. La donna rientrata dalla Cina con tosse e febbre è stata visitata, ma non si trattava del coronavirus.

Il 23 Gennaio Wuhan è stata mesa in quarantena e misure di sicurezza sono state adottate nelle vicine città di Huanggang ed Ezhou. Il 25 Gennaio si festeggia il Capodanno cinese, pertanto si prevedono grandi quantità di persone in movimento, pertanto la paura per la diffusione del virus cresce.

Al momento sono dieci in tutto le città cinese bloccate, con tutti i luoghi pubblici chiusi tranne gli ospedali, le stazioni di servizio e i supermercati.



Epidemie e virus: perché originano spesso dalla Cina?
Università di Padova
17 febbraio 2020

https://ilbolive.unipd.it/it/news/cina- ... e-epidemia

A gennaio 2020 su Netflix è uscito, con incredibile tempismo, il documentario Pandemia globale, che racconta di come gli esperti si stiano preparando a un evento che prima o poi accadrà. Sembra sterile allarmismo, ma in realtà chi lo guarda può rendersi conto che ci si sta attrezzando per combattere una battaglia tutt'altro che persa in partenza.

Non sappiamo quando questa pandemia si svilupperà, ma la storia ci dice che accadrà: nel 1918 c'era stata la Spagnola, l'influenza che ha ucciso tra i 50 e i 100 milioni di persone. Sembra già un numero drammaticamente alto, ma in un secolo la popolazione mondiale è notevolmente aumentata e ora tocca quasi quota otto miliardi.

Se è vero che non possiamo immaginare quando quest'evento potenzialmente distruttivo avrà inizio, è statisticamente più facile indovinare dove succederà, perché la maggior parte delle epidemie degli ultimi anni si è sviluppata in Cina: dall'asiatica del 1957 all'influenza di Hong Kong del 1968, passando per la Sars e per il nuovo Coronavirus Covid-19, sembra che questo paese sia particolarmente preso di mira dai virus. Per comprendere l'eziologia di questo fenomeno, abbiamo intervistato il virologo Giorgio Palù.

Intervista al virologo Giorgio Palù. Montaggio di Elisa Speronello

"Se parliamo di pandemie, l'ultima di H1N1 si è sviluppata tra Messico e California nel 2009, mentre in Cina ricordiamo quella del '57 e quella del '68. Il nuovo coronavirus, il Covid-19 o Sars2, non ha ancora dato origine a una pandemia, che richiede una manifestazione su più larga scala" spiega il professore. "Se consideriamo invece le epidemie, molte si sono effettivamente originate in Cina: avrebbero potuto dare inizio a pandemie, ma non lo hanno fatto".

Il motivo principale per cui la Cina, con tutto il Sud-est asiatico, è un luogo particolarmente favorevole ai virus, è lo stretto contatto tra uomini e animali, che vengono tenuti in casa e nelle fattorie per essere allevati o mangiati, per non parlare di tutti quei mercati in cui vengono venduti animali vivi. "Con l'H5N1, aviaria, la Cina ha preso provvedimenti molto draconiani – commenta Palù – e ha fatto ammazzare tutti i polli che c'erano nelle case dei cinesi per diminuire il contagio".

Come se non bastasse, la Cina è sulla rotta migratoria di vari uccelli selvatici come le anatre. "Ci sono poi molte risaie, e gli uccelli che planano in queste zone possono essere portatori sani dell'influenza aviaria che viene trasmessa anche tramite le feci: in quegli stagni ci sono miliardi di virus, e lì vicino vengono allevati maiali e altri animali domestici, anche uccelli. Così i virus si propagano: c'è una commistione tra animali domestici e selvatici e tra loro e l'uomo" dichiara Palù.

E poi ci sono tutti i problemi denunciati dagli ambientalisti: altri fattori che aumentano il rischio di epidemie sono il disboscamento e l'inurbamento ma anche i cambiamenti climatici: se un ambiente in cui vivono gli animali viene occupato anche dall'uomo, possono diffondersi malattie anche molto gravi: è il caso dell'ebola del 2014, epidemia tutt'ora in corso, quando il virus è arrivato anche nelle metropoli.

"Ci sono poi i cambiamenti climatici" spiega Palù. "Il 20% dei virus è trasmesso da vettori come zanzare, zecche e flebotomi che stanno migrando a causa dei cambiamenti di temperatura, si pensi a West Nile".

Ci sono naturalmente delle misure di sicurezza che vediamo messe in atto anche ora con il coronavirus: "Il primo è la diagnosi, che è fondamentale per comprendere le modalità di diffusione del virus, in particolare servono test affidabili per vedere quanto si diffonde tra la popolazione che non manifesta sintomi. Gli altri mezzi sono quelli di protezione individuali: mascherine, guanti, occhiali che proteggano la mucosa congiuntiva, l'attenzione all'igiene, fino ad arrivare all'isolamento e alla quarantena. Un'altra cosa che si può fare è eliminare gli animali che ospitano il virus, anche se non sempre si riesce a individuarli per tempo, e poi c'è il monitoraggio sindromico: bisogna individuare quelli che possono essere i primi sintomi come la febbre: è quello che si sta facendo ora negli aeroporti con i termo rivelatori".

I virologi si stanno impegnando per studiare il viroma degli animali, soprattutto i mammiferi. I pipistrelli sono stati ospiti di molti di questi virus, Nipah, Hendra, Sars, Mers, il nuovo coronavirus ma anche Ebola. Ma non bisogna pensare solo ai virus che fanno notizia: anche una "banale" influenza può diventare molto pericolosa.

"L'influenza è importante, – conferma Palù – fa centinaia di milioni di infetti e decine di migliaia di vittime. Si è cercato di lavorare a un vaccino universale, anche perché quello dell'influenza è un virus che muta molto facilmente, e un vaccino all'anno può non bastare. Per questo si sta studiando un vaccino universale contro i virus A e i virus B e tutti i sottotipi, in particolare dei virus A. L'approccio è genomico, si utilizzano gli anticorpi di pazienti che sono risultati immuni ad alcuni virus influenzali. Si potrebbe tentare lo stesso approccio anche con i coronavirs, ma i tempi non saranno brevi".

Quello che possiamo fare, per ora, è vaccinarci contro l'influenza stagionale e lasciare lavorare i ricercatori.



Coronavirus: la Cina vieta il consumo e il commercio degli animali selvatici
Dominella Trunfio
24 febbraio 2020

https://www.greenme.it/informarsi/anima ... selvatici/

Pechino ha approvato una proposta per vietare il commercio e il consumo di tutti gli animali selvatici a seguito dell’emergenza Coronavirus. Già nei giorni scorsi, alcune municipalità avevano posto dei divieti, adesso arriva una vera e propria legge.

Il comitato legislativo cinese ha preso la sua decisione: divieto assoluto di commercio e consumo di animali selvatici, una pratica ritenuta in parte responsabile dello scoppio del coronavirus nel paese. Ne avevamo già parlato, i cinesi mangiano pangolini, pipistrelli e serpenti. Proprio i pipistrelli sarebbero portatori del virus, che al momento ha infettato più di 80mila persone. I ricercatori hanno infatti scoperto che il 2019-nCov riscontrato nei pipistrelli ha in comune il 96% del codice genetico del virus che infetta l’uomo. Per questo è scattato il divieto ‘urgente’ e da subito applicabile.

Come dicevamo già a Tianjin, nella Cina settentrionale, era stato introdotto il divieto di mangiare animali selvatici che spesso vengono proprio dal mercato illegale, un giro d’affari molto fiorente. Durante il Congresso del Popolo di Tianjin, i membri hanno preso la loro decisione: stop al commercio e consumo di animali selvatici e loro derivati: ciò significa stop alla caccia, vendita, acquisto, trasporto e spedizione.

Pangolini, serpenti, pipistrelli e tutti gli altri devono sparire dai ristoranti e dallo street food. Chi trasgredirà riceverò importanti sanzioni, multe e la revoca della licenza commerciale. Secondo la decisione, il divieto favorirebbe anche il blocco di una possibile fonte di infezione epidemica. Identificare l’animale vettore non servirà probabilmente a contenere questo focolaio, ma potrebbe rivelarsi vitale per prevenire future riacutizzazioni.



Zaia ha fatto benissimo a dire quello che ha detto perché è la semplice verità dei fatti e poteva evitare di scusarsi e chiamare in causa le responsabilità cinesi in questa vicenda, di cui la Cina dovrà rendere conto al Mondo intero, assumendosene la piena responsabilità e adeguati risarcimenti.
Tutta la legislazione sugli spostamenti delle persone, delle merci e dei cibi dovranno cambiare a tutela del Mondo, dovranno essere tutti accompagnati dalla certificazione internazionale sulla qualità e sulla conformità e sicurezza igenico sanitaria.


Coronavirus, frasi choc di Zaia sui cinesi: «Li abbiamo visti tutti mangiare i topi vivi»
Il Governatore del Veneto è finito nella bufera per le affermazioni rilasciate in diretta all'emittente locale Antenna Tre nei confronti della Cina e dell’igiene dei suoi abitanti, accusati di lavarsi poco
https://www.trevisotoday.it/video/zaia- ... -2020.html




Non è la Cina che si può indignare e chiedre le scuse a Zaia, ma è il Mondo che ha tutto il diritto di indignarsi e di pretendere le scuse dalla Cina.

La frase di Zaia che ha fatto infuriare i cinesi
"Sono stato massacrato per una battuta uscita male. Se crolla il nostro Pil torniamo al Medioevo" dice il governatore del Veneto dopo aver parlato di certe prelibatezze della cucina cinese
https://www.agi.it/politica/news/2020-0 ... i-7268803/

Zaia corregge il tiro: "La frase sui cinesi mi è uscita male"
Luca Sablone - Sab, 29/02/2020

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 33573.html

Il governatore del Veneto precisa: "Chiedo scusa se qualcuno si è sentito offeso, ma intendevo fare una riflessione più compiuta"

"La Cina ha pagato un grande conto di questa epidemia che ha avuto perché li abbiamo visti tutti mangiare i topi vivi".

Le parole di Luca Zaia hanno scatenato l'ira da parte degli avversari politici. Nel corso dell'intervista rilasciata alla televisione Antenna Tre-Nord Est, il governatore del Veneto ha parlato degli alti standard di igiene e delle regole alimentari che gli italiani rispettano che hanno permesso di contenere l'epidemia di Coronavirus: "La mentalità che ha il nostro popolo a livello di igiene è quella di farsi la doccia, di lavarsi spesso le mani. L’alimentazione, il frigorifero, le scadenze degli alimenti sono un fatto culturale".

Ora però il leghista, dopo essere finito nel mirino degli oppositori, ha provato a giustificarsi: "È tutto il giorno che vengo massacrato per quel video. Nella migliore delle ipotesi sono stato frainteso, nella peggiore strumentalizzato". Perciò ha ammesso: "Quella frase mi è uscita male, d’accordo. Se qualcuno si sente offeso, mi scuso". Non era sua intenzione "fare il qualunquista e tanto meno generalizzare", ma il suo intento era quello di "fare una riflessione più compiuta". In realtà voleva fare luce sulle "fake news e dei video che hanno girato prima che l’epidemia arrivasse da noi". Il video è diventato subito virale, ed è un fattore molto triste: "L’informazione in tempo reale, vera o falsa che sia, coinvolge tutti noi, condiziona le nostre scelte e i nostri comportamenti. Dobbiamo abituarci a creare modelli diversi di approccio, anche comunicativo".
"Chiedo scusa"

Nell'intervista rilasciata al Corriere della Sera, Zaia ha colto l'occasione per chiede scusa "se qualcuno si sente offeso". Due mesi fa aveva parlato di isolamento fiduciario non dalla Cina, ma dalle zone infette, ricevendo diverse critiche e dure accuse di discriminazione: "In questo Paese sembra che ogni limitazione della libertà personale sia un atto di razzismo". Ora lui deve guardare la strada e preoccuparsi di tutto, senza sottovalutare alcun particolare: anche per questo ha ribadito la necessità di chiarire "ogni aspetto con i tecnici del governo", in quanto non si può "andare avanti in ordine sparso".

In tutto ciò l'economia piange, con le imprese travolte dall'emergenza sanitaria e mediatica: l'esecutivo deve perciò "intervenire mettendo in campo un budget da centinaia di milioni per una campagna di riposizionamento della reputazione del nostro Paese". Considerando soprattutto il "danno di immagine mostruoso" e la "concorrenza mondiale che è pronta a mangiarci".


https://www.dagospia.com/rubrica-29/cro ... 228363.htm


Coronavirus, in Cina una nuova legge sulle abitudini alimentari: Luca Zaia non aveva tutti i torti?
1 Marzo 2020
di Azzurra Barbuto

https://www.liberoquotidiano.it/news/es ... s.facebook

Viviamo in un mondo folle in cui i cinesi mangiano per tradizione animali che noi consideriamo da compagnia, come il cane o il gatto, e pure bestie selvatiche, persino vive, eppure quando glielo fai notare essi si offendono dichiarandosi pubblicamente oltraggiati. Affermare la verità è diventato un crimine: si finisce direttamente alla gogna. È accaduto nelle ultime ore al governatore del Veneto Luca Zaia, il quale venerdì sera, ospite in una trasmissione televisiva di Antenna 3, ha sottolineato che i cinesi hanno abitudini alimentari ed igieniche molto diverse dalle nostre e che sono avvezzi altresì a cibarsi di topi, persino vivi e vegeti. Nulla di falso, tanto è vero che sul web pullulano filmati in cui gente con gli occhi a mandorla ingurgita pipistrelli e roditori che vengono macellati direttamente nelle fauci di chi li addenta come fossero eccellenti prelibatezze.

Tuttavia, l'ambasciata di Pechino è insorta contro il presidente della Regione Veneto: «Un politico italiano non ha risparmiato calunnie sul popolo cinese. Si tratta di offese gratuite che ci lasciano basiti». Strano che il corpo diplomatico cinese disconosca i comuni usi culinari del proprio Paese, prendendone addirittura le distanze, e ci voglia fare credere magari che da quelle parti vada per la maggiore la cucina mediterranea. Ma non soltanto i cinesi se la sono presa con Zaia, pure i grillini si sono scatenati contro il leghista. Danilo Toninelli, il collezionatore di esilaranti gaffe, ha definito la frase incriminata di Zaia «uno stupido autogol», il leaderino del M5S, Vito Crimi, invece ha tacciato il governatore di «razzismo ripugnante».

L'UNICO ERRORE
L'unico errore compiuto da Zaia è stato quello di scusarsi. Poiché non si può, o non si dovrebbe, chiedere venia per avere detto nient' altro che il vero. «Quella frase mi è uscita male e se qualcuno si sente offeso, mi scuso. Non era mia intenzione fare il qualunquista e tantomeno generalizzare. Intendevo fare una riflessione più compiuta con l' intenzione di parlare delle fake news e dei video che hanno girato prima che l' epidemia arrivasse da noi».

Chiariamo subito un concetto: i video in cui si vedono cittadini cinesi intenti a ingozzarsi di topi e roba simile non sono finti. Insomma, non si tratta di sorci di zucchero o di marzapane. Inoltre, è reale, provato e conclamato che in certi mercati di quel Paese, così come in altre zone dell' Asia, è facile comprare serpenti, meduse, stelle marine, roditori, pipistrelli e altri animali cotti e crudi, pronti per essere gustati. Ed è assolutamente normale che questo ci ripugni, dal momento che i nostri piatti tipici sono la carbonara e la pizza margherita e non il cervello di scimmia (oggi vietato eppure servito tuttora in alcuni ristoranti della Cina meridionale), l' uovo centenario (uovo di anatra conservato per alcuni mesi a marcire prima di essere consumato) e gli spiedini di topolini appena nati o di larve.

Se ciò che ha dichiarato Zaia venerdì sera non è che una gigantesca balla, un misero pregiudizio, allora perché mai la scorsa settimana i vertici dell' Assemblea nazionale cinese, che corrisponde al nostro Parlamento, hanno annunciato di volere emanare una legge che bandisca immediatamente, a tutela della vita e della salute delle persone, il commercio di animali selvatici ed esotici a fini alimentari? E perché mai soltanto negli ultimi giorni è stato vietato il consumo di cani (ogni anno laggiù ne vengono macellati 30 milioni) e gatti nonché di serpenti, tartarughe, topi, rane ed insetti, inseriti tutti in una lista nera? Insomma, ci spieghino i cinesi (prima di sentirsi calunniati) per quale motivo, se davvero queste specie non giungono sulle loro tavole, le autorità ne hanno appena proscritto l' utilizzo. Ecco cosa si legge sul nuovo regolamento: «Mettere al bando il consumo di animali selvatici è una pratica comune dei Paesi sviluppati e una necessità universale della civiltà moderna». Basta tutto questo per provare il fatto incontrovertibile che in Cina i sorci vengono ingeriti. Eccome.

IL VIRUS STRISCIA
Il coronavirus ha prodotto immensi danni ma pure qualcosa di buono: finalmente i cinesi si sono resi conto che il Festival della carne di cane, che si svolge ogni anno nel mese di giugno per dieci giorni, è una mattanza disgustosa. Indegna di un Paese civile.

Che l'epicentro della malattia con la quale pure noi ora ci troviamo, nostro malgrado, a fare i conti sia il mercato del pesce di Huanan, a Wuhan, non è un mistero. Secondo uno studio pubblicato su Journal of Medical Virology, un ruolo importante nella diffusione del coronavirus è stato giocato dai serpenti, «i più probabili serbatoi del virus 2019nCoV» i quali vengono abitualmente mangiati da milioni di cinesi. Molti individui contagiati si erano nutriti di bestie acquistate al mercato di Wuhan, poi chiuso, dove venivano vendute pietanze pronte al consumo a base di animali selvatici (cotti e crudi) accanto ai banchi di maiali, molluschi, coccodrilli, pipistrelli e simili. Senza alcun rispetto delle basilari norme igieniche. Non è escluso peraltro che il virus, prima di essere trasmesso all' uomo, sia passato proprio dai pipistrelli ai serpenti (ospiti secondari o intermediari). E ora qualcuno ha anche il barbaro coraggio di prendersela con Zaia, il quale deve fronteggiare un' emergenza sanitaria in Veneto poiché a Wuhan fino a ieri coloro che andavano ghiotti di queste schifezze potevano farne indigestione.



Coronavirus, lo studio italiano: "Epidemia iniziata tra ottobre e novembre. Poi ogni contagiato ha prodotto altri 2,6 casi"
Il Fatto Quotidiano
28 febbraio 2020

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/0 ... B6g0bGrvTk

La ricerca è stata appena accettata per la pubblicazione sul Journal of Medical Virology e i risultati sono già stati inviati dalla rivista all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)

L’ipotesi nei primi giorni dell’emergenza in Cina, con l’aumento esponenziale dei casi, era che l’epidemia di quello che era un nuovo coronavirus fosse iniziata a metà dicembre. Invece uno studio italiano, realizzato dai ricercatori ell’università Statale di Milano, dimostra che la circolazione di Sars CoV2 che provoca la malattia Covid 19 deve essere retrodata e “può essere collocata tra la seconda metà di ottobre e la prima metà di novembre 2019, quindi alcune settimane prima rispetto ai primi casi di polmonite identificati”. La diffusioni di quelle polmoniti anomale in Cina è iniziata molto prima di quanto prima si pensasse. La ricerca è stata appena accettata per la pubblicazione sul Journal of Medical Virology e i risultati sono già stati inviati dalla rivista all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

Analizzati 52 genomi virali completi – Il team è quello di Gianguglielmo Zehender, Alessia Lai e Massimo Galli del Dipartimento di Scienze biomediche e cliniche (Dibic) Luigi Sacco dell’università degli Studi di Milano e Crc Episomi (Epidemiologia e sorveglianza molecolare delle infezioni). La ricerca, condotta nel laboratorio della Clinica delle Malattie infettive del Dibic all’ospedale Sacco di Milano, è stata svolta “sulle variazioni del genoma virale e quindi sulla filogenesi del virus stesso – precisano gli autori – e non sul numero dei casi osservati”. Oggetto dell’indagine 52 genomi virali completi di Sars Cov2 depositati in banche dati al 30 gennaio 2020. “La ricerca ha consentito la datazione dell’origine e la ricostruzione della diffusione dell’infezione nei primi mesi dell’epidemia in Cina – evidenziano gli studiosi – attraverso la stima di parametri epidemiologici fondamentali come il numero riproduttivo di base (R0) e il tempo di raddoppiamento delle infezioni“.

Comparsa quindi “tra la seconda metà di ottobre e la prima metà di novembre 2019”, l’epidemia ha avuto a partire da dicembre una devastante accelerazione: da allora, ogni contagiato ha prodotto altri 2,6 casi e il tempo di raddoppio dell’epidemia è stato di 4 giorni. “È verosimile – commentano comunque gli autori – che tale rapidità di crescita dei casi si sia successivamente ridotta in seguito alle misure restrittive adottate in Cina. Ulteriori studi su genomi isolati in un periodo più recente potranno confermare l’utilità di queste tecniche anche nel valutare gli effetti delle misure di prevenzione adottate”. “L’epidemiologia molecolare e lo studio della filogenesi virale – concludono i ricercatori – non sono influenzati da possibili fonti di incertezza, come i ritardi di notifica o le sottonotifiche di nuovi casi e rappresentano quindi un importante strumento complementare all’epidemiologia classica“.

Il salto e la capacità del virus di trasmettersi da uomo a uomo – “La stima del numero riproduttivo (il numero di casi generati da ogni singolo caso), ovvero il parametro che misura la rapidità con cui il virus viene trasmesso, attuata utilizzando modelli matematici ed evolutivi – spiegano gli scienziati milanesi – ha consentito di evidenziare una vera accelerazione nella capacità di propagazione del virus, una spinta espansiva databile a dicembre 2019. Da un numero riproduttivo molto contenuto, inferiore a 1, a dicembre il virus è infatti passato a 2,6, osservazione che permette di ipotizzare la rapida acquisizione di una maggior efficienza di trasmissione del virus“. Questa trasformazione, ipotizzano gli studiosi, “potrebbe essere dovuta a variazioni o nelle capacità del virus di trasmettersi da uomo a uomo, o nelle caratteristiche della popolazione prevalentemente infettata”.

Un altro aspetto chiave rilevato dai ricercatori, “collegato al precedente, è il tempo di raddoppiamento dell’epidemia (il periodo nell’arco del quale si raddoppia il numero degli infetti, ndr), stimato a partire da dicembre in circa 4 giorni e quindi inferiore a quello calcolato sulla base del numero dei casi notificati nello stesso periodo, che risultava pari a circa una settimana”. La teoria degli scienziati è “che la trasmissione animale serbatoio-uomo e le prime trasmissioni interumane siano state limitatamente efficienti, per poi aumentare in rapidità ed efficienza durante il mese di dicembre”. Originariamente, sottolinea Zehender all’Adnkronos, “il virus si diffondeva meno efficacemente. A un certo punto le cose sono cambiate. Il nostro studio ci suggerisce un’ipotesi su come e perché la trasmissione sia diventata più efficiente: essendo un virus arrivato da un serbatoio animale, nei primi mesi prevaleva questa trasmissione animale-uomo, mentre a dicembre probabilmente si sono innescate modalità più efficaci come quella respiratoria e quindi uomo-uomo. Da qui la comparsa dei primi casi clinici più evidenti. Questa è un po’ la ricostruzione che abbiamo fatto”.

I ricercatori svizzeri: “Si diffonde più velocemente dell’influenza”- Anche i ricercatori svizzeri Politecnico di Zurigo (Eth) ipotizzano, sotto la guida della biologa computazionale Tanja Stadler, che l’epidemia sia cominciata nella prima metà di novembre. Il gruppo di Stadler ha analizzato pure le dinamiche dell’epidemia prima che la città di Wuhan fosse messa in quarantena il 23 gennaio 2020. In particolare è stato calcolato il numero medio di persone che un malato può contagiare (numero di riproduzione) e che è risultato compreso tra 2 e 3,5, confermando le stime precedenti, che ipotizzavano un numero compreso tra 2 e 4. Tutto questo significa che la diffusione è più veloce rispetto all’influenza stagionale (che ha un tasso di riproduzione in genere inferiore a 1,5). “Questo numero è uno dei parametri chiave di un’epidemia”, osserva Stadler. Perché, aggiunge, “fornisce informazioni importanti sull’efficacia di misure come la quarantena. Solo se le misure di controllo riescono a ridurre questo numero saranno efficaci”. Utilizzando metodi statistici, è stato inoltre stimato quante persone sono state infettate in Cina entro il 23 gennaio. L’analisi mostra che in quella data, probabilmente i casi erano compresi tra 4.000 e 19.000. Tuttavia in quel momento i casi confermati erano 581. Ciò significa: nel caso più estremo, solo 1 persona ammalata su 33 è apparsa nelle statistiche ufficiali, nel migliore dei casi 1 persona su 7. I ricercatori hanno reso disponibile l’analisi ad altri studiosi sul portale Virological, ma avvertono che il loro lavoro non è stato esaminato da altri esperti, come prevedono gli standard nella ricerca perché in una situazione come questa, ciò avrebbe richiesto troppo tempo.


Ecco alcuni filmati sull'alimentazione cinese:

Ragazzo cinese mangia topi
IL VIDEO È VIRALE
https://www.youtube.com/watch?v=WH1s8AD ... pp=desktop

Le Iene entrano nel mercato della carne di cane in Cina. ATTENZIONE: VERSIONE NON CENSURATA DELLA MACELLAZIONE DEI CANI
https://www.iene.mediaset.it/video/yuli ... 8751.shtml


In Cina al mercato dei polli vivi tra topi, serpenti e struzzi: “Questa carne è sicura”
Si vendono animali di ogni razza in precarie condizioni igieniche: “Il rischio contagio non ferma la nostra tradizione. Se chiudono uno spazio ne apre un altro”
https://www.lastampa.it/topnews/primo-p ... 1.38412727


Alcuni cinesi mangiano davvero ogni schifezza
Pubblicato di Redazione il 1 Marzo 2020
https://www.aciclico.com/2020/03/01/alc ... schifezza/


https://cinaoggi.it/2014/08/17/animali- ... sensibili/


https://www.youtube.com/watch?v=1u-HOROuLWE
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » lun mar 02, 2020 3:49 pm

Quando l'influenza 'Spaziale' uccise 20 mila persone in Italia
AGI - Agenzia Giornalistica Italia
3 marzo 2020

https://www.agi.it/salute/news/2020-03- ... _zPbVUk5P0

Il nome che le fu dato era davvero il segno dei temi: era il 1969 e la 'spaziale' si abbattè sull'Italia un anno e mezzo dopo essere partita da Hong Kong. Era il 1968 quando il Times di Londra diede per la prima volta l'allarme con la notizia di una grande epidemia nella colonia cinese. Da lì a breve - ma non troppo come invece è successo per il nuovo coronavirus - si diffuse prima in Asia, poi negli Stati Uniti e infine arrivò in Europa.

"È stata la terza pandemia del Ventesimo secolo, dopo l'influenza Spagnola del 1918 e l'influenza Asiatica degli anni '50", dice all'AGI Giovanni Maga, direttore dell'Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pavia. "La causa della pandemia del 1968 era il virus influenzale di tipo A-H3N2, lo stesso che da allora circola come virus stagionale e che quindi ci ritroviamo in tutte le stagioni influenzali", spiega Maga. "La letalità di questo virus era moderata anche se con delle differenze importanti: in Europa meno intensa che negli Stati Uniti. Si calcola che in Italia, nel 1968-1969 abbia causato circa 20 mila decessi e 1 milione in tutto il mondo", aggiunge.

Anche in questa occasione, furono principalmente le polmoniti virali a risultare fatali per chi rimase contagiato dal virus, i meno colpiti furono invece i soggetti sani. "Si pensa che il suo moderato impatto, in termini di letalità, fosse dovuto - continua Maga - al fatto che il virus precedente, che era un H2N2 conferisse una certa cross-protezione, soprattutto nelle persone più anziane e questo probabilmente spiega anche la differente mortalità che si è rilevata nei diversi Paesi".

Fu perciò la meno letale delle pandemie del XX secolo. Sebbene l'epidemia di Hong Kong fosse associata a relativamente pochi decessi in tutto il mondo, il virus era però altamente contagioso, un fattore che facilitò la sua rapida diffusione globale. Infatti, a due settimane dalla sua comparsa a luglio a Hong Kong, furono segnalati circa 500.000 casi di malattia e il virus ha continuato a diffondersi rapidamente nel Sud-Est Asiatico.

In pochi mesi raggiunse la zona del Canale di Panama e gli Stati Uniti, portata dai soldati rientrati in California dal Vietnam. Alla fine di dicembre il virus si diffuse in tutti gli Stati Uniti e raggiunse l'Italia e i paesi dell'Europa occidentale. Anche l'Australia, il Giappone e diversi paesi dell'Africa, dell'Europa orientale e dell'America Centrale e Meridionale furono colpiti. La pandemia si verificò in due ondate e nella maggior parte dei Paesi colpiti dalla seconda ondata causò un numero maggiore di morti rispetto alla prima.

I sintomi dell'infezione erano quelli respiratori superiori tipici dell'influenza, brividi, febbre, dolore muscolare e debolezza. Questi sintomi di solito persistevano da quattro a sei giorni. I livelli più alti di mortalità erano associati ai gruppi più sensibili, vale a dire neonati e anziani. Sebbene sia stato sviluppato un vaccino contro il virus, esso fu disponibile solo dopo che la pandemia aveva raggiunto il picco in molti Paesi.



Coronavirus, dal pipistrello all'uomo: Campus Bio - Medico svela mutazione chiave
04/03/2020
di Valerio Masia

https://www.adnkronos.com/salute/sanita ... tukT28pLSM

Tutto è nato nei 'wet market' cinesi: il virus sarebbe passato tramite il sangue e dopo la macellazione degli animali vivi sarebbe andato in circolo. La ricerca, messa a segno dal team dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, guidato dal professor Massimo Ciccozzi, ha ricostruito la mutazione genetica che ha permesso al nuovo coronavirus, che si è sviluppato in Cina, di infettare anche l’uomo. A trasmetterlo è stato il pipistrello, senza altri ospiti intermedi.

"L'ipotesi che facciamo noi - sottolinea Ciccozzi all'Adnkronos - è che sia accaduto tutto nei 'wet market' cinesi di Wuhan, i mercati umidi. Mercati dove si vendono animali vivi". "In certi luoghi - osserva - non c'è la corrente elettrica, non ci sono frigoriferi. Per questo gli animali devono essere venduti vivi. E poi vengono macellati".

"In questo modo le mani si imbrattano di sangue. Quindi, probabilmente questo virus - spiega - è passato all'uomo tramite il sangue e poi è andato in circolo. Ha riconosciuto le cellule con il recettore, come una serratura, è entrato e ha innescato l'epidemia: questa è l'ipotesi. Prima dall'animale all'uomo attraverso le mani e poi la trasmissione è avvenuta per via respiratoria, umana, tramite fluidi, colpi di tosse, starnuti. Come avviene per una normale influenza". La mutazione del "salto di specie" è avvenuta sulle cosiddette spike o spicole, strutture proteiche sulla superficie del patogeno che permettono la penetrazione nelle cellule, e si sarebbe verificata prima di Natale.

Una ricerca preziosa, fatta a tempo di record dalla squadra di Ciccozzi e in particolare dal più giovane dei suoi componenti, Domenico Benvenuto, studente del VI di Medicina e chirurgia e primo firmatario della ricerca che ha identificato la mutazione e contribuirà a comprendere in che modo si muove l’epidemia e a lavorare a un vaccino efficace.

"Il coronavirus - afferma Ciccozzi - è un virus animale, fa parte del pipistrello. Sta nel pipistrello e anche in tanti altri animali. Il virus - spiega - prova a fare delle mutazioni, poi per caso fa una mutazione che gli permette di fare il salto di specie. Una mutazione che va a riconoscere i recettori particolari sulla cellula respiratoria". Noi studiamo un tipo di epidemiologia che si chiama epidemiologia molecolare. Studiando il genoma virale - ribadisce Ciccozzi - abbiamo tantissime informazioni. Tra cui l'esatta data del passaggio di specie".

Sul Pangolino additato in precedenza come responsabile della trasmissione del virus all'uomo dal pipistrello, l'esperto chiarisce che "sì, in due lavori, li ho refertati io, si diceva che il virus sarebbe passato dal pipistrello al pangolino e da quest'ultimo all'uomo. Pubblicheremo a giorni uno studio che farà capire che invece il pangolino non c'entra niente. Come non c'entra niente il serpente".

E sulla mutazione del virus Ciccozzi avverte: "Questo virus muta in continuazione. Paragono il coronavirus alla Sars. Non possiamo paragonarlo a un virus influenzale. Il coronavirus fa una mutazione ogni mille basi nucleoditiche. Quello della Sars del 2002- 2003 ne faceva una ogni 10 mila. Quindi è molto veloce".

"Questo - chiarisce - ci ha portato a considerare perché ha questa velocità" di trasmissione. "Il coronavirus nell'80% dei casi nel suo genoma è più o meno uguale a quello della Sars del 2002 - 2003. Abbiamo però individuato altre due mutazioni interessanti: una stabilizza, l'altra destabilizza. Una fa capire a noi quanto il virus è estremamente più contagioso rispetto alla Sars. L'altra ci fa capire quanto sia meno letale. Quindi fa più casi. Ma è meno pericoloso - sottolinea - Almeno tre volte meno pericoloso della Sars".

Ma quando arriverà un vaccino? "Su questo - ricorda Ciccozzi all'Adnkronos - tutti rispondono in modo diverso. Anthony Fauci, che è un dei più grossi immunologi a livello mondiale, sta lavorando a un vaccino e ha detto che a fine aprile ci saranno i primi test sull'uomo. L'istituto di immunologia di Bethesda ha fatto un vaccino utilizzando informatica e biogenetica, non virus inattivati. Questa fase pre-clinica è stata molto veloce tanto che verso la fine di aprile inizieranno appunto le sperimentazioni sull'uomo, circa 20-25 volontari sani, per arrivare alla fase 4 che è la fase finale, quella della commercializzazione prevista per gennaio prossimo. In meno di un anno non si può fare un vaccino".

"La nostra preoccupazione - prosegue Ciccozzi - è quella di fermare il prima possibile questa epidemia perché continua a mutare. Ogni volta che il virus si trasmette da uomo a uomo fa delle mutazioni perché cambia l'ambiente immunologico e ognuno ha il suo ambiente immunologico personale. La prima mutazione gli ha fatto fare il salto di specie, altre due lo hanno reso molto contagioso ma meno deleterio della Sars, non so cosa altro può succedere se mutasse ancora, potrebbe anche non succedere nulla. Ma nel dubbio, l'epidemia va fermata in quanto la cosa fondamentale è evitare che le persone s'infettino. Evitiamo i casi di morte e quindi evitiamo che il virus faccia altre mutazioni".

Il nostro Paese è fra i primi per numero di contagi perché "noi abbiamo messo in piedi un sistema di sorveglianza per cercare i casi. E li abbiamo trovati. Siamo stati molto bravi. Li abbiamo trovati e abbiamo isolato i cluster epidemici", conclude.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il coronavirus non è una normale e semplice influenza

Messaggioda Berto » lun mar 02, 2020 3:50 pm

Cina e virus. Le responsabilità della Cina e della sua dittatura capital-comunista
viewtopic.php?f=162&t=2905

Cina, le responsabilità della Cina e della sua dittatura capital-comunista in questa pandemia mondiale che sta facendo morti e danni come una guerra mondiale.

https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... e=3&theate
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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