Contro gli apocalittismi, i catastrofismi, le iettature, le psicosi, numeri dati a caso dai virologi di Facebook, una categoria che si è moltiplicata esponenzialmente negli ultimi giorni, un articolo sobrio e chiaro che fornisce i dati più aggiornati. La situazione è sicuramente seria, ma non è drammatica.Niram Ferretti
20 febbraio 2020
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063 "La diffusione globale di infezione da coronavirus ha raggiunto una fase critica questa settimana con il numero di nuovi casi segnalati nel resto del mondo che hanno superato il numero di nuovi casi in Cina, dove è iniziata l'emergenza.
Con il mondo a un punto di non ritorno, ci sono nuove speranze dalla Cina che dimostrano che il contenimento è possibile. E poiché vengono conteggiati casi più lievi, gli esperti hanno affermato che il tasso di mortalità potrebbe essere più simile all'influenza stagionale che non ai precedenti nuovi focolai di coronavirus.
Il tasso di mortalità per COVID-19 era dell'1,4% nell'ultimo rapporto di funzionari sanitari cinesi su 1.099 pazienti con malattia confermata in oltre 500 ospedali in Cina.
Il rapporto, pubblicato venerdì dal New England Journal of Medicine, offre una visione molto più ampia dell'epidemia oltre Wuhan, dove è iniziata ed è stata la più grave.
Supponendo che ci siano molti più casi con sintomi assenti o molto lievi, "il tasso di mortalità può essere notevolmente inferiore all'1%", hanno scritto funzionari della sanità statunitensi in un editoriale apparso sulla rivista.
Ciò renderebbe il nuovo virus più simile a una grave influenza stagionale che a una malattia simile ai suoi cugini genetici SARS o MERS.
Data la facilità di diffusione, tuttavia, il virus potrebbe guadagnare punti d'appoggio in tutto il mondo e molti potrebbero morire.
E il rapporto degli scienziati della National Health Commission of China mostra quanto sia facile non rendersi conto di molti casi all'inizio: il 44% di questi pazienti aveva la febbre quando furono ricoverati in ospedale, ma l'89% alla fine la sviluppò. La malattia grave si è sviluppata nel 16% dopo il ricovero in ospedale.
Circa il 5% è stato trattato in un'unità di terapia intensiva e il 2,3% ha avuto bisogno di macchinari per aiutarli a respirare.
Il capo dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, suggerisce che i paesi con pochi casi possono agire in modo risoluto per prevenirne la diffusione.
Nella provincia cinese del Guangdong, dove gli scienziati hanno testato più di 320.000 persone e solo lo 0,14% era positivo per COVID-19.
...
Lo studio cinese pubblicato venerdì ha mostrato che meno dell'1% dei pazienti ricoverati aveva meno di 15 anni, mentre il 42% aveva 65 anni e più.
Le morti sono anche più rare tra i giovani. Ma alcune giovani morti hanno fatto notizia, come quella del imedico 34enne in Cina che è stato rimproverato dalle autorità comuniste per aver lanciato un allarme precoce sul virus solo per poi soccombe ad esso.
In Cina, l'80% dei pazienti è lievemente ammalato quando viene rilevato il virus, rispetto al 13% che è già gravemente ammalato. Mentre i più malati sono i più esposti al rischio di morte, una parte dei malati lievi continua a morire - per ragioni sconosciute.
In media, tuttavia, l'OMS afferma che le persone con casi lievi guariscono in circa due settimane, mentre quelle che hanno una condizione più accentuata possono richiedere da tre a sei settimane".
The Times of Israel, "What is COVID-19 and what should a person with symptoms do?"
Alberto PentoSanitariamente seria (ma non sappiamo ancora quanto anche perché non sono state chiuse le frontiere ai clandestini) ma anche sicuramente drammatica per le implicazioni sociali, economiche e politiche che vi sono e che vi saranno.
Anche i vecchi e gli ammalati hanno il diritto di guarire e di vivere e non di morire per le complicazioni di un virus; in ogni caso anche lo 0,9% dei casi di morte dei contagiati da coronavirus riguarda persone non vecchie e non ammalate e in perfette condizioni di salute e 0,9% dei casi non è un valore da poco, il valore dell'influenza stagionale nelle statistiche più basse e favorevoli è dato intorno allo 0,2% compreso gli ammalati e i vecchi, e per le persone sane e giovani si abbassa allo 0,01.
Propaganda di stato e manipolazione dell'informazioneAgli italiani gliela si può raccontare manipolata ma al Mondo non gliela si può dar da bere e il Mondo ha già giudicato, isolato e messo in quarantena l'Italia, come paese non affidabile al pari della Cina, entrambi paesi che hanno dimostrato irresponsabilità, inaffidabilità, mancanza di rispetto per i propri cittadini e per gli altri, da perdere ogni possibile credibilità.
Non serve a nulla che si vada in giro per il Mondo a raccontare che in Italia non c'è l'epidemia da coronavirus ma una semplice influenza stagionale, perché nessuno ci crederà poiché tanti paesi europei e non stanno sperimentando l'epidemia in parte anche a causa del contagio proveniente dall'Italia e finché non sara passata l'epidemia nei loro paesi non potranno mai essere convinti dalla propaganda dello Stato italiano che in Italia non vi sia alcun pericolo e che il peggio sia passato.
Bisognava pensarci prima, mettere in quarantena chi arrivava direttamente o indirettamente dalla Cina, chiudere le frontiere e impedire gli sbarchi dei clandestini raccolti dai scafisti delle ONG.
Questa mostruosità cresciuta come un tumore con la globalizzazione economico-finanziaria che ora minaccia economicamente con i suoi prodotti copiati, di bassa qualità e in taluni casi anche tossici, con la concorrenza sleale di maestranze prive dei minimi diritti sindacali, e militarmente con le sue armi acquistate grazie all'enorme sviluppo economico che ha impoverito l'Europa e gl USA con le sue produzioni a basso costo e inquinanti e che a intervalli infetta il Mondo intero.
Questo paese mostruoso che sostiene tutte le dittature della terra dalla Corea del Nord all'Iran, dal Venezuela all'Afganistan.
Coronavirus, stop agli italiani nel mondo.Misure e restrizioni paese per paeseLorenzo Lamperti e Gabriele Penna
venerdì 28 febbraio 2020
https://www.affaritaliani.it/esteri/cor ... 55356.htmlL'Italia, o parte di essa, voleva chiudere le sue porte da chi arrivava dall'esterno. E ora invece sono gli altri a chiudere le porte all'Italia e agli italiani. Il presidente del Consiglio Conte nei giorni scorsi ha dichiarato che "l'Italia è un paese sicuro, in cui si può viaggiare e fare turismo, ci sono solo aree limitatissime con restrizioni. forse è un Paese più sicuro di tanti altri". E ha spiegato di non accogliere con favore misure restrittive in arrivo dall'estero: "Sarebbe ingiusto che arrivassero limitazioni da parte di stati esteri. Non lo possiamo accettare. I nostri concittadini possono partire sicuri, per loro e per gli altri".
Ma lo stesso governo Conte è il primo in Europa a chiudere i collegamenti aerei diretti con la Cina. Una misura la cui utilità è oggetto di dibattito tra gli esperti e che ha creato qualche dubbio, anche per l'impossibilità di tracciare gli arrivi indiretti (cioè tramite scalo in un aeroporto terzo).
Coronavirus, tutte le misure sullo spostamento degli italiani all’estero
Di fronte alle dimensioni dell'epidemia di coronavirus in Italia, diversi paesi stanno adottando misure per contenere la diffusione del Covid-19. Gran parte delle misure sono elencate sul sito Viaggiare Sicuri, in continuo aggiornamento. Oltre alle misure dei singoli paesi, vanno considerate anche quelle delle compagnie aeree. Da British Airways a Bulgaria Air fino ai vettori di Israele e Giordania, ma anche alla low cost Easy Jet, sono tantissime le limitazioni, comprese le riduzioni di voli dovute al calo della domanda.
TAIWAN: "QUARANTENA? LA NOSTRA È UNA MISURA SCIENTIFICA. MA L'ITALIA CON NOI CONTINUA A SBAGLIARE. E CI RIMETTE"
AMB LEEAndrea S.Y. Lee
"Al momento a Taiwan abbiamo 33 casi accertati, più di 20 volte in meno che in Italia, eppure si continuano a prendere misure restrittive nei nostri confronti". Andrea S.Y. Lee, rappresentante di Taipei in Italia, racconta la particolare situazione venutasi a creare con il governo Conte. "A inizio febbraio sono stati bloccati i collegamenti aerei diretti, con il decreto di qualche giorno fa viene imposta la quarantena a chi arriva in Italia da Taiwan. In entrambi i casi, la stessa misura presa per la Cina. Il ministero della Salute sostiene che la decisione poggi su basi scientifiche e derivi dal rapporto dell'Oms sul coronavirus. Ma il problema è che l'Oms, così come le altre agenzie specializzate delle Nazioni Unite, segue un principio politico, che è quello dell'unica Cina. La politica dice che la Cina rappresenta anche Taiwan ma la realtà dice che Taiwan non è rappresentata dalla Cina".
"Seguendo le statistiche Oms l'Italia ritiene Taiwan parte della Cina ma dovrebbe riconoscere che Taipei e Pechino hanno due giurisdizioni diverse", prosegue Lee. "Quando l'Italia vuole esportare carne di maiale a Taiwan parla col nostro governo, non a quello cinese. E ricordo che l'Italia ha con Taiwan un avanzo commerciale, sia dal punto di vista degli investimenti diretti che da quello del turismo. L'Italia, dunque, ci perde a seguire un principio politico e non uno scientifico".
Anche Taiwan ha però imposto, a partire da oggi, 14 giorni di quarantena per chi arriva dall'Italia. "Sì, ma la decisione del nostro governo si basa su motivazioni scientifiche e tecniche, visto l'alto numero di contagi che ci sono in Italia. Al nostro governo è dispiaciuto dover prendere questa decisione, non si tratta di una contromisura basata sulle scelte del governo italiano. Nel nostro caso è una decisione, ripeto, basata su principi scientifici".
"Taiwan ha una vasta esperienza nella lotta alle malattie epidemiche", dice ancora Lee. "Negli ultimi 60 anni Taiwan ha superato focolai di colera, malaria, vaiolo, tubercolosi e altre malattie trasmissibili. Fino all'epidemia di SARS nel 2003. Forse per questo i taiwanesi sono psicologicamente preparati a fare fronte alla situazione. Il governo ha attivato 69 linee di montaggio che ci stanno permettendo di produrre 10 milioni di mascherine in un giorno. E il nostro sistema sanitario è tra i migliori al mondo. Siamo pronti a far fronte alla COVID-19", conclude Lee.
EUROPA:
COMMISSIONE UE: i dipendenti che sono stati nella zona rossa (gli 11 comuni piu' colpiti dall'epidemia di coronavirus) negli ultimi 15 giorni dovranno lavorare da casa fino a nuove disposizioni. Il Parlamento europeo richiede l'auto quarantena per gli eurodeputati italiani (e i membri del loro staff) che sono stati in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto.
SPAGNA: un migliaio di turisti che soggiornano in un hotel ad Adeje, dove alloggiava l'italiano contagiato a Tenerife, sono in quarantena. La compagnia di navi da crociera spagnola Pullmantur Cruises vietera' l'imbarco a chiunque abbia viaggiato "da, per o attraverso" Lombardia e Veneto negli ultimi 15 giorni.
REPUBBLICA CECA: all'aeroporto di Praga gate per i viaggiatori provenienti dall'Italia, controlli sui passeggeri in ambiente igienizzato.
CROAZIA: controlli per chi proviene da Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto.
SLOVACCHIA: presso l'aeroporto di Bratislava un controllo rafforzato su tutti i passeggeri in arrivo dall'Italia.
LITUANIA: Tutte le persone provenienti da Veneto, Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna controllate a bordo dell'aereo; verranno raccolti i loro recapiti affinche' gli operatori del Centro nazionale della salute possano contattarli per le due settimane successive e monitorare il loro stato di salute.
GRAN BRETAGNA: chiesto ai cittadini di ritorno dal Nord Italia di rimanere isolati nelle loro case. Sei scuole sono state chiuse dopo che alcuni alunni sono rientrati dalla settimana bianca in Italia.
ROMANIA: tutti i viaggiatori asintomatici delle località italiane oggetto di specifica ordinanza della Lombardia e del Veneto direttamente in quarantena, per 14 giorni. Ai viaggiatori provenienti da altre localita' delle regioni Lombardia e Veneto sarà richiesto un isolamento volontario domiciliare per 14 giorni dall'arrivo.
MALTA, ESTONIA E BULGARIA: auto isolamento domiciliare per chi arriva dal Nord Italia.
BIELORUSSIA, CIPRO, GERMANIA, GRECIA, REPUBBLICA CECA, SLOVACCHIA: screening a bordo per i passeggeri in arrivo dall'Italia
LITUANIA: screening a bordo per i passeggeri provenienti dal Nord Italia.
MONTENEGRO: controllo all'ingresso per i passeggeri di voli provenienti dall'Italia e compilazione di un questionario.
UCRAINA: screening per chi proviene dall'Italia dai confini terrestri, in particolare quello con l'Ungheria, e negli aeroporti internazionali.
MOLDAVIA: termoscanner all'aeroporto di Chisinau per esaminare i passeggeri provenienti dall'Italia.
RUSSIA: i tour operator stanno ricevendo numerose richieste di cancellazione dei viaggi in Italia, ma poche sono state eseguite finora.
ASIA:
CINA: auto quarantena per chi arriva dall'Italia. Misura disposta dalle singole amministrazioni locali, a partire da Pechino
TAIWAN: i viaggiatori che arrivano dall'Italia dovranno osservare 14 giorni di quarantena. Il Centro per il controllo delle epidemie (Cecc) ha anche sconsigliato i viaggi in Italia se non in caso di assoluta necessità.
MAURITIUS: bloccati i voli dall'Italia
TURKMENISTAN: bloccati i voli dall'Italia
INDIA: quarantena per chi arriva dall'Italia
TAGIKISTAN, KAZAKHISTAN E KIRGHIZISTAN: quarantena per chi arriva dall'Italia
MEDIO ORIENTE:
BAHREIN, KUWAIT, GIORDANIA, LIBANO E IRAQ: vietato l'ingresso a chi proviene dall'Italia.
EGITTO: controlli medici per tutti i passeggeri provenienti dall'Italia.
ARABIA SAUDITA: le autorità di Riad hanno disposto il divieto di entrata in Arabia Saudita per i cittadini provenienti da una serie di Paesi, tra cui anche l'Italia. Sospesa, quindi, l'emissione dei visti turistici nei loro confronti e l'ingresso nel Paese ai membri degli equipaggi delle compagnie aeree. E' quanto si legge nel provvedimento diffuso dalle autorità saudite. Nell'elenco sono compresi Afghanistan, Azerbaijan, Cina, Hong Kong, Indonesia, Iran, Italia, Giappone, Kazakhstan, Macao, Malaysia, Pakistan, Filippine, Singapore, Somalia, Corea del Sud, Siria, Taiwan, Tailandia, Uzbekistan, Vietnam e Yemen.
AFRICA:
SEYCHELLES e CAPO VERDE: vietato alle compagnie aeree con voli diretti di imbarcare passeggeri che siano stati in Italia negli ultimi 14 giorni. I passeggeri che arrivano via mare non potranno sbarcare se sono stati in Italia. Tutti i residenti di ritorno che sono stati in Italia in quarantena per 14 giorni all'arrivo.
ERITREA: quarantena di 14 giorni per chi arriva dall'Italia
AMERICHE:
STATI UNITI: Il presidente Donald Trump sta valutando nuove restrizioni sui viaggi in Usa per il coronavirus a seconda del rischio dei Paesi di provenienza. "Al momento giusto potremmo farlo. Per ora non è il momento giusto. Stiamo controllando le persone agli arrivi", ha dichiarato Trump, rispondendo sulla possibile estensione ad altri Paesi, come l'Italia o la Corea del Sud, del bando sugli arrivi negli Stati Uniti che ora riguarda solo la Cina,
ARGENTINA: Per i passeggeri in arrivo dall'Italia firma di un'apposita autodichiarazione e controlli a campione della temperatura corporea.
BRASILE: Controlli sui voli diretti in arrivo dall'Italia a San Paolo.
EL SALVADOR: bloccati i voli dall'Italia
Coronavirus, Oms: 'Livello minaccia mondiale virus ora molto alta'Salute & Benessere
Redazione ANSA
27 febbraio 2020
http://www.ansa.it/canale_saluteebeness ... a141e.htmlIl Consiglio dei ministri ha approvato in serata il decreto con gli aiuti all'economia nelle zone colpite dal coronavirus. 'I territori interessati ora possono ripartire e anche l'Italia', dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Fraccaro. Nel testo anche la norma del ministero dell'Istruzione che deroga al limite di 200 giorni minimi per considerare valido l'anno scolastico. In un decreto del presidente del Consiglio anche la divisione in tre colori delle zone del contagio, graduando così le misure da attuare nei diversi casi.
La minaccia per l'epidemia di coronavirus al livello mondiale è stata elevata a livello "molto alto". Lo ha detto il direttore generale dell'Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus nel briefing a Ginevra sull'epidemia. "Il continuo aumento nel numero dei casi di Covid19 e del numero dei paesi affetti negli ultimi giorni sono motivi di preoccupazione. I nostri epidemiologi stanno monitorando questi sviluppi di continuo e noi ora abbiamo elevato il livello di rischio di diffusione globale a livello molto alto", ha spiegato il capo dell'Oms.
"Questo è il momento di chiedere ai governi di fare tutto il possibile per fermare la trasmissione, e di farlo ora. Non siamo ancora in una pandemia, ma la finestra di opportunità per evitarlo si sta restringendo", ha detto il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, sul coronavirus. "La mia preoccupazione riguarda soprattutto i Paesi in via di sviluppo, in particolare in Africa", ha aggiunto.
Sono 822 i contagiati in Italia per il Coronavirus. Il numero tiene conto anche delle 21 vittime - 4 in più di giovedì - e dei pazienti guariti. "I deceduti di sono ultraottantenni e un ultrasettantenne - ha spiegato Borrelli -. Vorrei precisare che non sono decedute per il coronavirus o in conseguenza. Questo è un lavoro che farà l'Istituto Superiore di Sanità. Quando avrà i dati ce lo comunicherà", ha detto Borrelli, durante il punto stampa nella sede della Protezione Civile. "Il dato importante - ha aggiunto - è che la metà dei contagiati (412) sono persone che sono asintomatiche, o con sintomi lievissimi e che quindi non hanno bisogno di ospedalizzazione. Sono in isolamento domiciliare fiduciario. Altre 345 persone sono ricoverate in ospedali con sintomi e 64 sono ricoverati in terapia intensiva". "L'assistenza alla popolazione prosegue, lunedì riapriranno le poste in alcuni Comuni per pagare le pensioni. Nelle zone rosse la vita proseguirà regolarmente".
"I guariti da coronavirus ad oggi sono 46", ha detto il commissario per l'emergenza, Angelo Borrelli, durante il punto stampa nella sede della Protezione Civile.
A PICCO LE BORSE
Gli Stati Uniti hanno elevato l'allerta nei confronti dell'Italia al livello 3, con la quale si raccomanda ai cittadini americani di riconsiderare tutti i viaggi verso il nostro Paese a causa dell'emergenza coronavirus, evitando quelli che non sono necessari. Al livello 3 ci sono già la Cina e la Corea del Sud.
Il discorso di Mattarella. "La conoscenza aiuta la responsabilità e costituisce un forte antidoto a paure irrazionali e immotivate che inducono a comportamenti senza ragione e senza beneficio, come avviene talvolta anche in questi giorni". Lo afferma il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
LA VOCE DEGLI ESPERTI
Si registra un primo caso di Coronavirus nel Lazio, si apprende dalla direzione dell'Istituto Nazionale Malattie Infettive L. Spallanzani di Roma. "L'esito dei test effettuati in data odierna dall'Istituto Spallanzani conferma un caso di positività al COVID-19. I test sono stati inviati all'Istituto Superiore di Sanità (ISS) per la convalida", informa l'Istituto. La paziente risultata positiva è una donna, residente a Fiumicino, rientrata da un viaggio a Bergamo dove era stata qualche giorno. Finora nel Lazio sono stati tre i casi positivi, tutti provenienti da fuori la Regione e tutti pazienti guariti: si tratta della coppia di cinesi originari di Wuhan e del ricercatore rientrato sempre da Wuhan.
"Abbiamo attivato tutte le procedure previste dai protocolli scientifici - ha detto il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti -. Il paziente è ora ricoverato presso lo Spallanzani, un'eccellenza della nostra Regione, che ha già ottenuto risultati importanti. Siamo in continuo contatto con il Sindaco Montino".
Primi due casi in Umbria - secondo quanto comunicato dalla direzione regionale alla Sanità - sono stati riscontrati due casi d'importazione di infezione da coronavirus, non riconducibili dunque a focolai locali. Nei giorni scorsi, uno dei due pazienti si era recato in Emilia Romagna mentre l'altro era venuto in contatto a Roma con un residente del comune di Castiglione D'Adda.
Le dimissioni di Niccolò. "I miei genitori stanno arrivando a Roma. Sono felice. Non vedo l'ora di riabbracciarli", avrebbe detto Niccolò, il 17enne di Grado bloccato per due volte in Cina ma negativo ai test e poi in isolamento allo Spallanzani, ai medici che lo hanno seguito in queste settimane. Domani sono previste le dimissioni.
L'appello dei medici. "Non si può accettare che i nostri medici si trovino a fronteggiare l'emergenza Covid-19 senza le dotazioni per la protezione personale dal virus". Lo scrive in una lettera al governatore della Lombardia Attilio Fontana il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli. "Un medico che si ammala - aggiunge - è un medico sottratto al servizio sanitario nazionale e alla tutela del diritto alla salute".
Gli ospedali della Lombardia alle prese con l'emergenza coronavirus sono "ai limiti della tenuta", afferma intanto il professor Massimo Galli, infettivologo dell'ospedale Sacco di Milano, nel corso di una conferenza stampa nella sede della Regione Lombardia. "Gran parte dei letti, nei reparti di Rianimazione, sono occupati da questa patologia - aggiunge - Alcuni ospedali sono in grave crisi, come Lodi e Cremona, dove registriamo un sovraccarico di pazienti".
Poste riapre nelle zone rosse. "A partire da lunedì 2 le pensioni del mese di marzo saranno messe in pagamento anche nei 5 Uffici Postali a Codogno, Casalpusterlengo, Castiglione D'Adda, San Fiorano in provincia di Lodi e Vo' Euganeo in provincia di Padova", comunica Poste Italiane indicando che così i 5 uffici "riaprono al pubblico".
TUTTE LE MISURE E I DOCUMENTI UFFICIALI
Il coronavirus non ha perà bloccato il crossover dei trapianti dalle varie zone d'Italia. La catena di solidarietà ha permesso di intervenire su una paziente di 33 anni che, dializzata a Torino, ha ricevuto un rene da una donatrice vivente di Bari. L'intervento è stato eseguito all'ospedale Molinette, nel capoluogo piemontese.
Il Salone dell'auto di Ginevra, in programma dal 5 al 15 marzo, è stato annullato dalla Svizzera, nell'ambito delle misure prese dal Paese contro l'epidemia di coronavirus.
La situazione all'estero. È un italiano rientrato da Milano il primo contagiato dal coronavirus in Nigeria. Salgono a 17 i contagi nel Regno Unito: in Irlanda del Nord e in Galles, entrambi su persone provenienti dall'Italia settentrionale. L'Olanda ha annunciato il primo caso: una persona che era rientrata dal nord Italia. E viene segnalato un caso anche in Messico e due in Romania, entrambi hanno contratto il virus in Italia. C'è il primo caso anche a Cannes: una studentessa di 23 anni, tornata dopo un soggiorno nel Milanese. Diverse compagnie aeree riducono ancora i voli da e per il nord Italia. Il Parlamento iraniano resterà chiuso fino a data da destinarsi come misura di prevenzione per l'epidemia di coronavirus (Covid-19), che ha già colpito diversi deputati e alti funzionari di Teheran. Lo riferiscono media locali.
I regimi e la menzogna: Coronavirus come Chernobyl Lorenza Formicola
26 febbraio 2020
https://www.nicolaporro.it/i-regimi-e-l ... ekSgII80eICorreva l’anno 1986 e l’URSS, la potenza invincibile sfidava ancora le leggi del mondo a Chernobyl. È là che andò in scena il prequel – mistificato a modo nel mentre e dopo – del destino di un popolo che incontra il comunismo. D’altronde cosa poteva capitare con un paio di esplosioni in una centrale nucleare capaci di scoperchiare il tetto e avvelenare l’aria con una radioattività 200 volte superiore alle bombe di Hiroshima e Nagasaki? Il regime comunista ha sempre ragione, non sbaglia, e se sbaglia sotterra.
Così, in Ucraina il regime comunista dimostrò come non si può sbagliare o avere torto sotto la falce e il martello. Alla centrale Lenin i reattori erano gli RBMK-1000, tendenzialmente instabili erano pericolosi perché privi di edifici di contenimento. Strutture obbligatorie in Occidente che sono una barriera fra il reattore e il mondo circostante. A Chernobyl il reattore era completamente “esposto”. E come se non bastasse, allo scopo di produrre anche plutonio ad uso militare – che con l’uranio arricchito serve a produrre testate nucleari -, era stato abbassato il livello della sicurezza.
L’URSS, che aveva costruito la più potente e perfetta pentola a pressione pronta all’omicidio colposo, la affidò a ingegneri meccanici e non a fisici nucleari.
Per un ordine politico preciso coperto da segreto di Stato anche dopo il crollo dell’Unione Sovietica – e che in linea di massima altro non era se non l’ennesimo tentativo di dimostrazione di potenza – venne avviato l’esperimento. Ma fallì. Subito. Le autorità non diedero alcun allarme per “evitare il panico”. Il vento soffiava verso Ovest e verso Nord, così la Bielorussia subì i danni più gravi per prima. Il giorno dopo, il 27 aprile, una centrale nucleare in Svezia costatò un’impennata di radiazioni e diffuse l’allarme al resto d’Europa. Le autorità sovietiche, invece, ancora tacevano con ostentazione. Il 27 aprile stava per finire quando la città di Pryp’jat venne fatta evacuare, ma solo con la scusa di una misura temporanea.
Chi c’è stato racconta che da oltre trent’anni, Pryp’jat, in Ucraina occidentale, a solit tre chilometri dalla centrale nucleare di Chernobyl, è ancora una città fantasma. Tutto è rimasto come allora, nel momento esatto in cui è scattato il piano di evacuazione generale: piatti a tavola e panni stesi, sedie vuote e libri rimasti a quella pagina da leggere.
Il primo passo fu minimizzare, poi teorizzare. Come non potevano esistere, infatti, in una nazione perfetta i ladri o i serial killer – sintomi del degenerato sistema capitalistico – in Unione Sovietica un disastro del genere non poteva succedere. Fu trovato un colpevole e la bugia si fece verità. Perché il problema con le bugie comuniste è che ne furono raccontate così tante, che la verità, allora come oggi, è diventata difficile da riconoscere. È certo, però, che gli strascichi di quella radioattività sono durati oltre vent’anni. “Il disastro di Chernobyl non derivò da un attacco militare, né da un atto terroristico. Fu un errore della dirigenza sovietica, peggiorato dalle bugie che il Partito comunista raccontò alla popolazione sulla gravità dell’accaduto”, racconta oggi Yuriy Scherbak, ex ministro dell’ambiente in Ucraina.
Trent’anni dopo arriva il Coronavirus. Il misterioso virus cinese che si sta diffondendo così velocemente su scala planetaria, da diventare un’epidemia grave. Non c’interessa decretare da queste pagine se ha lo stesso tasso di mortalità o superiore a quello di una semplice influenza stagionale, se è come la Spagnola o peggio o decisamente lontano da una febbre che provocò circa 40 milioni di morti. Non ne abbiamo le competenze. D’altronde non sappiamo come si svilupperà e in cosa muterà – gli esperti litigano nel caos dell’ideologia perenne. Non sappiamo come sia nato il virus, non sappiamo il numero reale dei malati e dei morti in Cina. Perché la verità è che come a Chernobyl, il Partito Comunista cinese ha giocato a sotterrare tutto da quasi tre mesi a questa parte. Per settimane, dopo i primi casi di coronavirus segnalati, hanno preteso ostentatamente che non esistesse. Poi hanno raccontato che si era originato in un mercato all’aperto, successivamente altre fonti hanno ipotizzato che il virus fosse fuggito dal laboratorio di armi batteriologiche dell’Esercito di Liberazione Popolare – a pochi chilometri dall’epicentro dell’epidemia.
In ogni caso, la prima ondata di casi, in dicembre, non è stata riportata. E anche quando il numero di contagiati è diventato troppo grande per mentire ancora, all’inizio di gennaio, i funzionari del regime hanno continuato a minimizzare sia con la loro gente che con la comunità internazionale.
Dal momento che la gente di Wuhan non aveva ricevuto alcuna informazione o ordinanza meramente a scopo precauzionale, ha continuato a contrarre e spargere il virus per settimane. Quando è diventata un’epidemia a Wuhan, è iniziato il Capodanno cinese. Ogni anno, inizia in Cina la più grande migrazione del pianeta. Ecco, quindi l’incubo epidemiologico. Ma quando i funzionari cinesi davano inizio alla più grande quarantena della storia umana, era già troppo tardi, come scrive Steven Mosher – antropologo statunitense, presidente del Population Research Institute (il primo che poté condurre ricerche sul campo in Cina dal 1979).
I video delle cosiddette talpe che continuano ad arrivare dalla Cina non raccontano di una situazione sotto controllo dalle strade deserte alla gente accasciata sui marciapiedi fino alla disinfestazione di massa. Anche se, persino per questi filmati, non si sa né a quando risalgono, né in quale città sono stati girati. Resta il fatto che con l’epidemia diffusa a livello planetario le autorità di Pechino continuano a mentire. E nonostante la censura poliziesca che al 28 gennaio, come riporta ancora Mosher, secondo le direttive emesse dal Ministero della Sicurezza Pubblica che imponevano la quarantena e per mantenere l’ordine sociale promettevano di punire “duramente” chiunque diffondesse notizie dal vivo o online sull’epidemia, le brutte notizie sono venute fuori lo stesso.
Coronavirus, Pietro Senaldi: "Porti aperti e infetti, l'Italia stende il tappeto rosso ai clandestini"29 Febbraio 2020
di Pietro Senaldi
https://www.liberoquotidiano.it/news/op ... df4nQYY-f4Nulla può frenare il governo giallorosso dal proposito di far entrare illegalmente immigrati nel nostro Paese. Grazie al coronavirus si è registrato l'ennesimo paradosso della accoglienza. Per ragioni precauzionali, l'Italia ha razionalmente chiuso il corridoio umanitario con il Niger, Stato tormentato dal quale da mesi via aerea giungono alcune decine di profughi. Sono persone identificate, sane e delle quali conosciamo storia e dolori. Siamo diventati una terra infetta e non intendiamo affliggere con i nostri virus chi ha già sofferto, pertanto abbiamo sospeso gli arrivi, avendo ben altre emergenze di cui occuparci. Risultato, l'unico modo per arrivare oggi come immigrati in Italia e vedersi steso il tappeto rosso è da clandestini.
Quel che risulta meno comprensibile infatti è come mai continuiamo a tenere aperti i porti alle navi delle ong, che pure ieri hanno scaricato a Messina quasi duecento clandestini con la sollecita collaborazione del nostro esecutivo, sordo alle lamentele del governatore siciliano Musumeci, che aveva chiesto la quarantena per le persone a bordo. La giustificazione di maniera con la quale le organizzazioni umanitarie ignorano sistematicamente Tunisia, Grecia, Albania, Malta e tutti gli altri Stati per puntare direttamente alle nostre coste è la ricerca del porto sicuro. Insomma, a detta di chi subentra agli scafisti e si occupa del secondo tratto della traversata della speranza, noi saremmo l'unico approdo civile possibile. Trattasi di balla, una tra le tante che il virus cinese ha contribuito a svelare.
Grazie alle scarse abilità comunicative del premier Conte e del suo staff, il mondo intero ci ritiene un lazzaretto a cielo aperto. La Fao, organizzazione umanitaria dell'Onu, disdice i convegni in Italia, la Cina mette in quarantena i nostri connazionali, gli Stati Uniti valutano di sospendere i voli con il nostro Paese, l'Austria ferma i lombardo-veneti sui treni, la Francia ci costruisce intorno un cordone sanitario, Israele, il Bahrein e altri ci chiudono le frontiere in faccia. Da porto sicuro siamo diventati porto infetto, però le ong implacabili continuano a sbarcare migranti e nessuno a sinistra batte ciglio.
Lo scenario è sconfortante. Il virus ha bloccato Lombardia e Veneto, le regioni che sono il polmone economico del Paese, ma per il governo giallorosso i conti sono poco più che un dettaglio. M5S e Pd vanno avanti per la loro strada. In attesa di misure di sostegno che impediscano a chi rischia di fallire a causa della sospensione della propria attività, le forze sinistre dell'esecutivo sono andate avanti a tutta birra su quello che davvero sta loro a cuore: porte aperte agli immigrati illegali e mani libere ai pm per fare tutto ciò che vogliono. La norma che legittima le intercettazioni selvagge è stata uno dei pochi provvedimenti che il Parlamento ha varato dall'inizio dell'anno.
Alberto Mingardi e Carlo StagnaroIl coronavirus e la globalizzazione
“È colpa della globalizzazione” è una tesi sensata?
25 febbraio 2020
http://www.brunoleoni.it/il-coronavirus ... lizzazioneL’epidemia di coronavirus è colpa della globalizzazione? Nei giorni scorsi alcuni “opinion maker” in rete hanno cominciato ad accusare la circolazione internazionale di merci e persone per la diffusione del corona virus. È proprio così? Quali sono le domande cruciali per capire se si tratta di una tesi sensata?
1. La diffusione dell’epidemia è colpa della globalizzazione?
Il nuovo coronavirus (Sars-Cov-2, che scatena la malattia nota come Covid-19) ha fatto la sua comparsa nel dicembre 2019 nella città cinese di Wuhan. Al momento in cui scriviamo (25 febbraio 2020), la presenza del Covid-19 è documentata in 37 paesi, per un totale di oltre 80 mila casi (di cui quasi 78 mila in Cina), con 2.707 vittime (di cui 2.664 in Cina) e circa 28 mila guarigioni documentate. Al momento (primo pomeriggio del 25 febbraio), con 287 casi documentati, l’Italia è il terzo paese al mondo per la presenza del virus, dopo Cina e Corea del Sud. Da sempre, quando le persone si muovono portano con sé non solo le proprie idee, le proprie competenze, i propri affetti e la propria voglia di lavorare: ma anche eventuali malattie.
Ci sono almeno due aspetti che meritano di essere precisati. In primo luogo, se il coronavirus svilupperà una epidemia, questa non sarò né la prima né l’ultima che il mondo si trova ad affrontare. Rispetto al passato, il virus viaggia più rapidamente. Ciò non significa che sia più letale. Per esempio, l’influenza spagnola impiegò circa due anni (dal 1918 al 1920) a raggiungere la massima estensione e poi sparire, facendo nel frattempo circa 100 milioni di vittime. La cosiddetta peste nera fece la sua comparsa in Cina nel 1346 e colpì il mondo conosciuto nel quinquennio successivo, causando la morte di circa 20 milioni di persone nella sola Europa (pari a circa un terzo della popolazione dell’epoca). Altre ondate di peste si ripresentarono nel corso del secolo, falcidiando ulteriormente la popolazione. Insomma: purtroppo, le malattie con un alto grado di trasmissibilità esistono da sempre.
Oggi però la società è molto più pronta ad affrontare il virus, e lo è tanto di più in quei Paesi “ricchi” e industrializzati dei quali l’Italia tutt’ora fa parte. Abbiamo strumenti diagnostici, terapeutici e piani di intervento che in passato erano semplicemente impensabili, e che consentono di adottare le necessarie misure di prevenzione e mitigazione del rischio. Così come totalmente impensata era la possibilità di condividere pressoché in tempo reale i dati emersi in diversi Paesi e i risultati delle ricerche effettuati in ciascuno di esso. La maggior parte di questi progressi sono riconducibili proprio alla globalizzazione. Sono il libero mercato, l’innovazione tecnologia e la cooperazione economica globale che ci danno gli strumenti per prevenire dove possibile, contrastare dove necessario la diffusione del morbo.
2. La società aperta favorisce la diffusione dell’epidemia?
Nella versione più “estrema” della società chiusa (una versione che nessuno dei suoi sostenitori si azzarda a prendere seriamente), non ci sarebbe contagio possibile: semplicemente perché gli individui vivrebbero in società piccole, dove le interazioni sono limitate ai contatti faccia-a-faccia e le relazioni con altre comunità sono impossibili. Se il lodigiano esistesse senza avere cognizione dell’esistenza di Milano, il contagio sarebbe più limitato: ma è evidente che si tratterebbe di una società ancora molto primitiva, dal momento che non potrebbe ricorrere alla divisione del lavoro “al di fuori dei propri confini”, inclusa la città di Milano.
Il contagio esiste perché esiste la vita associata, perché ci sono grandi conglomerati di esseri umani.
La società aperta garantisce che tutti gli strumenti a disposizione – a partire dalla diffusione di informazione corretta e tempestiva – potranno essere sfruttati per combattere il coronavirus. La conferma dell’efficacia di questi mezzi viene dal numero relativamente basso di casi nei paesi Ocse (e dal numero ancor più basso di vittime, che nella maggior parte dei casi erano peraltro soggetti che già si trovavano in condizioni debilitanti). Al contrario, come dimostra la progressione del contagio, è stata proprio la gestione dirigista cinese a impedire di contenere l’epidemia: prima ignorando gli allarmi e addirittura punendo chi segnalava l’emergere del problema, poi negandone la gravità, il Governo cinese non solo si è reso protagonista di un intervento tardivo, ma ha anche distrutto la fiducia nella sua capacità di affrontare il problema e nell’affidabilità dei dati forniti. Non è un caso se, probabilmente, la figura simbolo di questa vicenda sarà l’oculista Li Wenliang, tra i primi a comprendere cosa stava accadendo e per questo messo a tacere dal regime (e oggi ucciso proprio dal coronavirus).
3. Quanto costerà l’epidemia di coronavirus all’economia mondiale?
Non c’è dubbio che il coronavirus avrà un impatto economico molto significativo. Per il momento è impossibile quantificarlo con precisione, a dispetto di numerosi tentativi. Tutto dipenderà dalla durata del contagio e dal tempo che ci vorrà per rilassare le misure emergenziali che hanno determinato un significativo rallentamento dell’attività economica in Cina e altrove. Al momento, il Fondo monetario internazionale ha rivisto le sue stime di crescita al ribasso dello 0,1 per cento per il mondo intero, e dello 0,4 per cento per quanto riguarda la Cina. Molto probabilmente, si tratta di una stima ottimistica. Altri centri di ricerca privati hanno un atteggiamento più pessimistico: per esempio, Oxford Economics stima un rallentamento dell’economia globale compreso tra lo 0,5 e l’1,3 per cento. È importante considerare che l’effetto sul prodotto sarà tanto più rilevante quanto più debole (quanto meno è cresciuta negli ultimi anni) una economia, il che mette l’Italia in una posizione particolarmente difficile. Una prima stima condotta da Nicola Nobile sempre per Oxford Economics prevede una riduzione del Pil nel primo trimestre 2020 attorno allo 0,1 per cento, se le misure precauzionali adottate nel Nord del paese non si protrarranno oltre la settimana.
Tuttavia, nel riflettere su questo dato, occorre tenere presente che – senza la globalizzazione e l’integrazione delle economie mondiali, inclusa la Cina – il mondo sarebbe immensamente più povero: dal 1989 a oggi, il Pil pro capite globale (misurato a parità di potere d’acquisto) è aumentato di oltre il 77 per cento mentre la quota delle persone in condizioni di povertà è scesa da più di un terzo a meno di un decimo, nonostante nel frattempo la popolazione sia cresciuta da poco più di 5 miliardi a circa 7,7. La globalizzazione è stata un fattore determinante di questo progresso.
4. L’impatto economico del coronavirus sarebbe stato inferiore in un mondo meno globalizzato?
Il costo economico del coronavirus dipende da due ordini di ragioni. In primo luogo, c’è un costo diretto legato alle misure di contenimento adottate nei paesi toccati dal virus: come per quanto riguarda la sospensione delle attività economiche nelle regioni italiane colpite, che determina direttamente una riduzione degli scambi.
Nel lungo termine, ancora più rilevante è il fatto che molte filiere produttive, pienamente internazionalizzate, dipendono per alcuni input o prodotti intermedi da imprese cinesi ovvero di altri Paesi interessati dal virus, le quali hanno dovuto sospendere o rallentare le loro produzioni a causa dell’emergenza.
Inoltre, il rallentamento dei consumi cinesi avrà un impatto negativo su tutte quelle imprese che negli ultimi anni hanno esportato i loro prodotti in Cina: è il caso, per esempio, del settore del lusso. Tuttavia, è probabile che – nel medio termine – le imprese riescano ad adeguare i loro processi produttivi, grazie al trasferimento dei loro fornitori tradizionali (o all’apertura di nuovi fornitori) in altri paesi ritenuti meno a rischio. Sarà in ogni modo un processo complesso e costoso.
5. Di fronte ai repentini aumenti dei prezzi di molti beni, lo Stato dovrebbe intervenire per imporre dei prezzi giusti?
Nei giorni scorsi, visto l’improvviso (e non del tutto anticipato) aumento della domanda di beni quali mascherine e disinfettanti, diversi rivenditori hanno aumentato i prezzi di vendita. Questo ha scatenato proteste e accuse di sciacallaggio. In realtà, si tratta di una normale reazione del mercato a uno shock dal lato della domanda: a fronte di un’offerta limitata nel breve termine, e di una domanda che cresce all’improvviso, i prezzi non posso che aumentare. Questo è un fenomeno positivo, per tre ragioni: i) l’aumento dei prezzi indurrà persone che non hanno un’effettiva urgenza di questi prodotti a rinunciare all’acquisto, lasciando così alcune disponibilità per chi veramente ne ha bisogno; ii) la domanda di alcuni prodotti (come le mascherine) non deriva da una vera necessità di misure igieniche, ma riflette in realtà il panico che si sta diffondendo (le massime istituzioni sanitarie, cioè l’Oms e il Ministero della salute, non raccomandano l’uso della mascherina se non si è infetti o a contatto diretto con persone infette), quindi l’aumento dei prezzi fa sì che quelle risorse non vengano “sprecate” finendo in mano a persone che non ne hanno bisogno; iii) i maggiori prezzi sono un segnale importante attraverso cui il mercato “chiede” maggiori quantitativi di quei prodotti. È ragionevole quindi aspettarsi che, attratti dai maggiori margini, i produttori di disinfettanti, mascherine, ecc. aumenteranno la produzione, soddisfacendo la domanda e riportando i prezzi a un livello “normale”. È importante che la politica non interferisca con questo meccanismo: politiche come il controllo dei prezzi generano infatti scarsità, come aveva capito benissimo Alessandro Manzoni, nel XII capitolo dei Promessi Sposi.
Coronavirus. Il virus dell'epidemia cinese infetta anche la globalizzazionePietro Saccò
sabato 8 febbraio 2020
https://www.avvenire.it/mondo/pagine/il ... lizzazione Mancano i pezzi per le fabbriche. Slittano i dati sul commercio, mentre Trump rassicura Xi: «Vincerete» L’economia mondiale si è troppo sbilanciata sul Dragone.
L’Agenzia delle Dogane che ogni mese comunica i dati sul commercio della Cina con il resto del mondo ieri avrebbe dovuto pubblicare l’aggiornamento di gennaio. Invece ha pubblicato una nota in cui spiega che i numeri sul primo mese dell’anno saranno resi noti a marzo, insieme a quelli di febbraio, perché tra feste per il Capodanno cinese ed effetti del coronavirus i numeri delle importazioni e delle esportazioni del mese scorso sono troppo «distorti» per essere considerati affidabili. Il rinvio di quelli che sarebbero stati i primi dati economici ufficiali dall’inizio di questa crisi non aiuta a capire quanto davvero l’epidemia stia danneggiando l’economia cinese. In questa situazione di incertezza i pochi elementi sicuri sono le chiusure delle fabbriche e dei negozi e i timori che le aziende sono disposti ad ammettere pubblicamente.
Fca è stato il primo costruttore di auto europeo a dire, senza molti altri dettagli, che il blocco della produzione di un fornitore cinese può interrompere l’attività di una sua fabbrica europea nel giro di due o quattro settimane. Lo studio di S&P sull’impatto del coronavirus sul settore dell’auto pubblicato giovedì mostra però che ci sono aziende che sembrano molto più a rischio del gruppo italo-americano. A partire da Volkswagen, gruppo tedesco i cui affari dipendono ormai più da ciò che succede in estremo oriente che dagli eventi europei: arriva dalla Cina il 40% della produzione e va in Cina il 40% delle auto vendute.
Quello della casa tedesca è un caso limite, ma è tutta l’economia mondiale che nell’ultimo decennio ha spostato il suo baricentro sulla Cina e ora si trova pericolosamente sbilanciata. Secondo i calcoli della società di analisi economica Ihs Markit, la quota cinese nella produzione manifatturiera mondiale è salita dal 6,7 al 30,5% tra il 2002 e il 2019.
La Cina è anche il primo soggetto del commercio internazionale, rappresentando da sola l’11,4% degli scambi. Nessun Paese nella storia ha avuto tanto peso sull’economia del resto del mondo, questo anche perché la fase di globalizzazione intensa che stiamo vivendo è un fenomeno relativamente recente, iniziato attorno al 1990. Per i risk manager che si occupano di proteggere aziende dagli imprevisti sono settimane durissime.
«Ci si affida al Geoaudit, una procedura che identifica i potenziali rischi legati all’esposizione internazionale: in primo luogo, si studiano le dinamiche dei rapporti con l’estero, e la maniera in cui queste possono impattare, sulla catena di fornitura – spiega Mark William Lowe di Anra, l’associazione nazionale dei gestori del rischio –. Il compito del risk manager, a questo punto, è quello di monitorare il rischio di cambiamento, per cercare di anticipare il momento in cui può comparire un problema, ed elaborare non solo un piano B in caso di blocco, ma anche un piano C che garantisca il regolare transito delle merci». Gli Stati non hanno veri e propri risk manager. Sta ai governi fare in modo che l’economia nazionale sia equilibrata, cioè che la crescita del Pil, l’attività delle aziende e i posti di lavoro non dipendano eccessivamente da un singolo fattore, come può essere l’export di automobili (tipo rischio tedesco) oppure la voglia di shopping dei cittadini (rischio americano).
La crisi del coronavirus sta riportando in primo piano lo “sbilanciamento cinese” di molti Paesi. Come l’Australia, che da un decennio è il grande fornitore di materie prime per la Cina: se a causa di uno choc il Pil cinese dovesse crescere di 5 punti in meno del previsto, calcolava l’estate la Reserve Bank of Australia, il Pil australiano potrebbe ridursi di 2,5 punti (mandando il Paese in recessione). In questo senso, il coronavirus può funzionare da sveglia per i governi, chiamati a ragionare su un “riequilibrio” delle proprie economie per costruire una crescita più solida, meno dipendente da fattori esterni. Non nella forma disordinata e aggressiva dell’America First di Donald Trump – che ha avuto una lunga telefonata con Xi Jinping e ha assicurato che il presidente cinese «avrà successo» – ma attraverso una regolazione più intelligente e meno mercatista dei rapporti commerciali con il resto del mondo.
Donald Trump spinge verso la "deglobalizzazione": ecco cosa cambiaRoberto Vivaldelli
15 febbraio 2020
https://it.insideover.com/politica/trum ... bEnLdDon1U Con il crollo dell’Unione sovietica e la fine della Guerra fredda, a partire dal novembre 1989, le istituzioni economiche, le regole e i principi dell’ordine liberale occidentale vennero di fatto estesi all’interno sistema internazionale, costituendo quel mercato globale che prese il nome di globalizzazione. Dal punto di vista politico, in quel periodo gli Stati Uniti si affacciarono sul mondo con la possibilità di esercitare un potere e un’influenza senza precedenti. Con la sconfitta dell’Unione sovietica e la fine dell’era bipolare, infatti, i politici americani hanno cominciato a sognare di modellare il globo a immagine e somiglianza dell’unica superpotenza rimasta: si trattava della globalizzazione, espressione dell’ordine liberale internazionale. Una visione ottimista del futuro ben espressa da Francis Fukuyama nella riflessione formulata nel saggio The End of History?, pubblicato su The National Interest nell’estate 1989, nel quale il liberalismo, agli occhi dell’illustre politologo, appariva come l’unico possibile vincitore e meta finale dell’evoluzione storica dell’uomo e della società.
L’opinione diffusa era che gli Stati nazionali, a causa di questa interdipendenza economica e del nuovo mercato globale, erano “superati”. Dopotutto, la presenza di un’unica grande superpotenza (gli Stati Uniti) faceva pensare che l’epoca del realismo politico e dei conflitti era destinata al dimenticatoio. Tuttavia, questa concezione del mondo ben presto entrò in crisi. Prima con gli attentati alle Torri gemelle del 2001; poi con la grande crisi economica del 2007-2008. La vittoria di Donald Trump e il referendum sulla Brexit del 2016, fecero crescere la convinzione che si stava delineando una nuova era di “deglobalizzazione”.
Verso la deglobalizzazione
Come riporta Il Foglio, secondo un rapporto della Bank of America, che contiene anche un sondaggio che ha rilevato le decisioni di investimento di 3mila aziende nel mondo, per la prima volta viene ipotizzata la nuova traiettoria della “supply chain” che si sta gradualmente spostando dalla Cina verso il sud est asiatico e l’India e talvolta prende la via del “ritorno” verso il nord America. L’attuale assetto geografico delle catene produttive, che si è formato negli ultimi trent’anni con lo spostamento di impianti e posti di lavoro dai paesi occidentali ai paesi emergenti, si sta, dunque, modificando e questo è anche un effetto della politica estera del presidente americano Donald Trump.
Sarebbe in atto, una netta inversione di rotta, dopo oltre trent’anni. Tant’è che gli economisti americani prevedono “una lunga pausa nella globalizzazione” e, in rottura con il passato, sostengono che il mondo “è entrato in una fase senza precedenti durante la quale le catene di approvvigionamento vengono portate a casa, avvicinate ai consumatori o reindirizzate ad alleati strategici”. Questo potrebbe creare “una miriade di opportunità per le aree geografiche verso le quali viene reindirizzata la produzione”. Secondo il rapporto, “Gli Stati Uniti potrebbero essere un beneficiario significativo di questo processo, mentre le imprese cinesi sono forse maggiormente a rischio”.
Il coronavirus e la deglobalizzazione
Come ha spiegato l’ex ministro delle finanze Giulio Tremonti, il nuovo coronavirus, più che un impatto economico, che sarà più o meno intenso e lungo, avrà un forte “impatto psicologico”. “Per un glorioso trentennio – spiega in un’intervista rilasciata a Italia Oggi – con la globalizzazione, un mondo artificiale, fantasmagorico e felice si è sovrapposto a quello reale. Si è pensato che fosse la fine della storia, il principio di una nuova geografia”. E ora, il nuovo virus, che si sta diffondendo in tutto il mondo, ma che ha il suo epicentro in Cina “segna il ritorno della natura, il passaggio dall’artificiale al reale, come reale è appunto un virus”. Così, la globalizzazione è messa in crisi.
Secondo il Financial Times, la diffusione dell’epidemia equivale a un esperimento di deglobalizzazione. “Si stanno ponendo barriere non per arrestare i flussi commerciali e migratori ma per ostacolare la diffusione dell’infezione” scrive il Ft. Gli effetti economici, tuttavia, sono simili: catene di approvvigionamento in difficoltà, minore fiducia delle imprese e meno commercio internazionale”.
La globalizzazione è morta a Wuhan? Il pensiero di Ocone Corrado Ocone
https://www.startmag.it/mondo/globalizz ... SMp5YdBJeQ “Ocone’s corner”, la rubrica settimanale di Corrado Ocone, filosofo e saggista, su Wuhan, Coronavirus e dintorni
E se la globalizzazione fosse morta a Wuhan? Se fosse il Coronavirus il fatto tragico che, più della Grande Recessione del 2007-2008, ha messo al tappeto l’ordine globale che era stato pensato, disegnato e in parte attuato dopo il crollo dell’ultima grande teologia politica novecentesca, cioè il comunismo, a partire degli anni Ottanta del secolo scorso?
È una tesi suggestiva, che ha una sua plausibilità, ma che va argomentata, precisata, corretta. Intanto, distinguerei la globalizzazione dal globalismo, cioè il factum dall’ideologia che l’ha promosso e accompagnato.
Il fatto non può essere emendato, né giudicato da un punto di vista storico: c’è stato, e tanto basta. I mercati si sono interconnessi sempre più e quanto mai prima, sia quelli delle merci e della finanza sia quelli delle persone e della comunicazione, e il mondo è diventato sempre più uno, o meglio composto da elementi interdipendenti e non isolabili.
Poi c’è stato qualcuno, anzi in molti, che su questo fatto hanno pensato che si potesse o si stesse costruendo un mondo non dico perfetto ma certo, leibniziamente, il migliore dei mondi possibili. Anche, il migliore di quelli storicamente mai realizzati, giusta l’indicazione di un’ideologia residuale delle vecchie sebbene non esplicitata dalla nuova: quella del Progresso.
Un mondo, sicuramente, a bassa intensità conflittuale, tendenzialmente rappacificato. Un mondo senza storia perché la storia è vita, conflitto, politica. Un mondo di estrema apertura, ove nessuno sarebbe stato discriminato ma anzi le identità (cioè ancora la storia) sarebbero state cancellate e superate in un meticciato fluido che di volta in volta avrebbe preso il buono da ogni parte e avrebbe rigorosamente escluso dalla conversazione civile o dal discorso pubblico coloro i quali avrebbero voluto tornare indietro a qualche vecchia pratica.
Un mondo siffatto non può non vivere di apertura, contatti, abbattimenti di barriere e confini, fisici e mentali. Io sono l’altro e l’altro è me. Non posso isolarmi, separarmi, dialogare a partire da un me stesso tutto sommato con una certa continuità e stabilità (ma può d’altronde esserci vero dialogo senza questa precondizione?).
Ora, il Coronavirus, che è un virus globale, ove gli umani si sono contagiati, e ahimé continuano a contagiarsi, a vicenda, ci impone proprio questo: isolarci per continuare a vivere. Gli esperti concordi ci hanno detto che a Milano, anche nella prossima settimana, è meglio restare a casa. Niente vita sociale e niente commerci, cioè la forza e la vita di una metropoli odierna. Cosa se non il globalismo fa in questo modo tilt? E dice: avrai una possibilità di continuare ad aprirti, se ti chiudi; continuerai ad avere una socialità, se ti isoli; continuerai ad avere una economia florida, se intanto la fermi rischiando la recessione.
Il massimo dei contatti ti porta al nulla di contatti, così come il massimo della ragione (che è per sua natura corrosiva come ci ha ricordato Giovanni Orsina in una bella lectio magistralis tenuta qualche giorno fa alla Fondazione Magna Carta), ci avvicina spaventosamente al nulla, al nulla di senso. La vita vive nella tensione fra i poli estremi che la costituiscono: né il sovranismo né il globalismo possano spiegarla per intero, nessuna teologia.
A chi ha creduto che le teologie del Mercato, del Diritto globale, dell’Etica assoluta, in una parole dell’Apertura totale, fossero la soluzione a tutto, il Coronavirus sta dando in questi giorni il ben servito.