Le leggi internazionali che violano i nostri diritti umani

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Messaggioda Berto » mer nov 16, 2022 7:57 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Le leggi internazionali che violano i nostri diritti umani

Messaggioda Berto » mer nov 16, 2022 7:57 pm

5)
Analogie con la nullità dei contratti in materia civile



Art. 1418 codice civile - Cause di nullità del contratto
https://www.brocardi.it/codice-civile/l ... t1418.html

Cause di nullità del contratto
Dispositivo dell'art. 1418 Codice Civile
Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente(1).
Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'articolo 1325, l'illiceità della causa [1343], l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'articolo 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'articolo 1346(2).
Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge [458, 778, 785, 788, 794, 1350, 1354, 1355, 1472, 1895, 1904, 1963, 1972, 2103, 2115, 2265, 2744](3).
Note

(1) Si tratta delle c.d. nullità virtuali, così definite in quanto la legge non individua un tipo ma rimanda alle norme imperative violate.

(2) Il comma si riferisce alle c.d. nullità strutturali, qualificate come tali perché incidono sugli elementi costitutivi del negozio. Ne sono esempi: la pattuizione orale se il contratto è volto a trasferire la proprietà di un immobile (1350, 1325 c.c.); il contratto in cui il prezzo è versato per corrompere un pubblico ufficiale (1343 c.c.; 318 c.p.); il contratto di locazione (1571 c.c.) se entrambe le parti si dispongono a stipulare solo per consentire al locatario di realizzarvi una casa per appuntamenti; il negozio tra due privati che ha per oggetto la compravendita (1470 c.c.) del Colosseo.

(3) Si tratta delle c.d. nullità testuali, contenute in singole norme di legge.
Ratio Legis

Il primo comma si giustifica considerando il carattere imperativo delle norme violate che, come tale, non può che condurre alla nullità del negozio; inoltre, la previsione consente di sanzionare anche ipotesi che, pur illecite, non dovessero rientrare nella previsione di causa illecita.
Nel secondo comma il legislatore contempla altri casi di nullità dovuti alla mancanza di elementi essenziali o alla illiceità che affligge il contratto e che, come tale, è sempre sanzionata nel modo più severo.
Infine, poiché la nullità è un rimedio di carattere eccezionale che, quindi, necessita di una previsione espressa, il legislatore si preoccupa di richiamare anche le altre ipotesi di legge che la prevedono.

Brocardi
Spiegazione dell'art. 1418 Codice Civile

La nullità del contratto per contrarietà a norme imperative

Tralasciando, sull'esempio degli altri codici, di dare una definizione del fenomeno della nullità, la quale sarebbe inutile ed inopportuna in un testo di legge, il legislatore italiano inizia il capo della nullità con l'elencazione delle cause di nullità del contratto.

Il modo con cui questa norma è formulata dà luogo a taluni dubbi e perplessità.

Il primo comma considera la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative. Nel progetto ministeriale (art. 294, 1° comma) si parla invece di norme imperative o proibitive; quest'aggiunta fu soppressa in base all'osservazione, in seno alla C.A.L. (Atti verb., n. 12, pag. 158) che la norma o è imperativa, nel senso di cogente, o è dispositiva; la norma proibitiva è sempre cogente e quindi è inutile tale specificazione. Se questa è la ragione per cui fu abbandonata la dizione originaria, non si comprende perché non si sia parlato senza altro di norme cogenti anziché di norme imperative, espressione ambigua, dato il significato tradizionale in cui essa viene usata in antitesi alle norme proibitive. Nella R. R. (n. 116) la configurazione delle norme imperative come ragione autonoma di nullità del contratto e giustificata in base alla osservazione che in tal modo si vengono a comprendere nella nullità del contratto anche le ipotesi che potrebbero non rientrare nel concetto di causa illecita.

Nonostante tale ausilio dei lavori preparatori, resta dubbio in che senso debba intendersi l'espressione di «norme imperative» del testo definitivo. Che ad essa si debba attribuire, in conformità a quanto risulta dalla discussione in seno alla C.A.L., il significato di norma cogente è un'opinione difficilmente sostenibile, non solo perché tutti i casi di nullità elencati nel comma successivo sono casi di nullità per contrarietà a norme cogenti, ma anche e soprattutto perché con questa interpretazione il disposto del 1° comma dell'art. 1418 viene a trovarsi in stridente contrasto con il disposto dell'art. 1325, il quale per la nul­lità di un contratto concluso senza l'osservanza di una prescrizione di forma richiede che la sanzione della nullità risulti dalla norma violata. Più attendibile è l'opinione che l’espressione in esame debba intendersi nel senso più ristretto di norme proibitive, come risulta implicitamente dalla R. R. e come è stabilito nel codice civile germanico; il primo comma sarebbe pertanto diretto a ricondurre sotto la sanzione della nullità, quelle ipotesi di illiceità del negozio che non rientrano a rigore nel concetto di illiceità per contrarietà del contenuto, in sé e per sé considerato, del negozio a una proibizione di legge. Queste ipotesi si riducono essenzialmente, a mio avviso, alla illiceità del contenuto del negozio in relazione al soggetto o ai soggetti del negozio (es.: articolo 1471, nn. 1 e 2 cod. civ.).

Interpretando in tal modo il primo comma dell'art. 141 8, si deve osservare che la configurazione in un comma a sé stante dell'ipotesi di violazione di una norma proibitiva, per quanto non erronea, dato che nel testo definitivo, a differenza del testo non coordinato del Libro IV, tale causa di nullità non è contrapposta alle cause elencate nel secondo comma, è tuttavia inopportuna; in una formulazione più precisa e più stringata il primo comma doveva essere abolito e sostituito da un'aggiunta, in quella parte del 2° comma dove si menziona l’illiceità del negozio.

L'inciso finale del 1° comma, aggiunto solo nel testo coordinato, risolve la questione circa gli effetti della violazione di un divieto di legge che non stabilisca espressamente la sanzione della nullità: la regola è la nullità del negozio contra legem, salvo una esplicita diversa disposizione. Con una, formulazione diversa e preferibile, il codice civile germanico non richiede che la sanzione diversa dalla nullità sia espressamente comminata, limitandosi a stabilire che detta diversa sanzione non deve risultare dalla legge. Si ammette così, in conformità del resto con l’insegnamento della migliore dottrina italiana sotto l'impero del codice abrogato, che la sanzione diversa dalla nullità possa anche essere desunta, nel silenzio della lettera della legge, dalla ratio legis. E’ da avvertire però che l'adozione di questo sistema nel nostro ordinamento presenterebbe l'inconveniente di non offrire un criterio sicuro e certo per l'individuazione dei casi di nullità e di annullabilità, dato che il nostro legislatore ricollega talora alla violazione di norme proibitive aventi la medesima ratio in taluni casi la nullità ed in altri la semplice annullabilità (es. art. 1471, nn. 1 e 2, e nn. 3 e 4 cod. civ.).

La nullità del contratto per le altre cause di cui al secondo e terzo comma dell’articolo in esame

L'elencazione delle cause di nullità contenuta nel secondo comma presenta, di riflesso, gli stessi difetti dell’elencazione degli elementi essenziali del contratto contenuta nell'art. 1325 cod. civ.

Non è esatto considerare in linea generale la mancanza dell'accordo come causa di nullità del contratto, giacché, nel sistema accolto dal nuovo legislatore in ordine al problema del valore dell'elemento volitivo nella fattispecie negoziale, solo la divergenza bilaterale (simulazione) tra volontà e dichiarazione è causa di nullità del negozio; la divergenza unilaterale, come è stabilito testualmente negli articoli 428 e 1433 cod. civ. per l'errore ostativo e l’incapacità naturale
è causa di semplice annullabilità. Superflua è inoltre la menzione della illiceità della causa, giacché la causa non costituisce un elemento del
negozio distinto dall'elemento oggettivo e l’illiceità causale altro non è che l'illiceità dell'oggetto del negozio, ricordata più avanti nello stesso comma. È da osservare infine che l'elencazione considera sullo stesso piano delle cause generali di nullità del contratto una causa — il difetto di forma — propria solo di singoli tipi di contratto.

Il terzo comma dell'art. 1418 stabilisce, con una disposizione che poteva essere omessa, che la nullità del contratto può anche derivare da cause particolari stabilite volta per volta dalla legge. Ciò avviene, per non citare che le ipotesi principali, nel caso di contratto sottoposto a condizione illecita od impossibile (art. 1354 cod. civ.), di contratto di alienazione di un diritto o di assunzione di un obbligo sottoposto a condizione sospensiva puramente potestativa (art. 1455 cod. civ.) e di contratto in cui la determinazione della prestazione sia rimessa al mero arbitrio di un terzo, il quale non vuole o non può operare la determinazione e le parti non si accordano per la nomina di un nuovo arbitratore (art. 1349 cod. civ.).


Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

278 Data l'elencazione fatta dall'art. 182, nell'iniziare la esposizione dei principi concernenti la nullità del contratto mi sono limitato a dire genericamente che tale nullità opera quando il contratto manchi degli elementi essenziali per la sua esistenza, aggiungendo l'ulteriore ipotesi di contrarietà alle norme imperative o proibitive della legge.
Mancava, però, nel progetto del 1936 la disciplina delle nullità parziali. Vi ho provveduto nei due ultimi comma dell'art. 296, applicando il principio utile per inutile non vitiatur.
Là dove risulta che i contraenti non avrebbero voluto il contratto senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità, la nullità parziale trascina nei suoi effetti tutto il contratto, diversamente il contratto resta valido. Si contempla, però, un'eccezione; quella in cui è previsto che norme imperative sostituiscono di diritto singole clausole contrattuali. Tale ipotesi si ha in modo particolare nei contratti individuali di lavoro, e nei casi in cui si è trascurato di determinare per iscritto la misura ultralegale dell'interesse civile: allora la volontà stessa della norma esclude che si possa considerare essenziale la clausola nulla, tenuto conto che le parti non potevano ignorare la norma proibitiva e che, se si proclamasse in tali casi la nullità del contratto nel suo complesso, si renderebbe impossibile la stessa inserzione automatica nel rapporto delle disposizioni imperative.

Massime relative all'art. 1418 Codice Civile

Cass. civ. n. 525/2020

In tema di cd. nullità virtuale, la violazione di disposizioni inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità unicamente ove non sia altrimenti stabilito dalla legge. Pertanto, questo esito va escluso sia quando risulti indicata una differente forma di invalidità (ad esempio, l'annullabilità) sia ove la legge assicuri l'effettività della norma imperativa con la previsione di rimedi diversi. (Nella specie, era stata chiesta la dichiarazione di nullità del contratto di vendita di un immobile per violazione della l. n. 231 del 2007 sull'antiriciclaggio, stante il dedotto pattuito pagamento del prezzo in contanti; la S.C., nel confermare la sentenza impugnata, ha ritenuto non applicabile l'art. 1418 c.c. poiché l'infrazione contestata era sanzionata in via amministrativa). (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 03/05/2018).

Cass. civ. n. 8230/2019

La nullità comminata dall'art. 46 del d.P.R. n. 380 del 2001 e dagli artt. 17 e 40 della l. n. 47 del 1985 va ricondotta nell'ambito del comma 3 dell'art 1418 c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità "testuale", con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile. Pertanto, in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 17/09/2013).

Cass. civ. n. 8499/2018

La violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto, giacché l'art. 1418, comma 1, c.c., con l'inciso «salvo che la legge disponga diversamente», impone all'interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia consentito la validità del negozio predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti della norma, sicché, in assenza di un divieto generale di porre in essere attività negoziali, la stipulazione di un contratto di affitto di azienda da parte del beneficiario di un finanziamento pubblico in violazione della normativa di settore - nella specie del DM n. 527 del 1995 di agevolazione delle attività produttive nelle aree depresse - non dà luogo a nullità per illiceità di causa. (Rigetta, CORTE D'APPELLO L'AQUILA, 04/05/2012).

Cass. civ. n. 19196/2016

La violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto, giacché l'art. 1418, comma 1, c.c., con l'inciso «salvo che la legge disponga diversamente», impone all'interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia consentito la validità del negozio predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti della norma, sicché, in assenza di un divieto generale di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, la stipulazione di un contratto di mutuo ipotecario in violazione dell'art. 216, comma 3, l.fall., che punisce la condotta di bancarotta preferenziale, non dà luogo a nullità per illiceità di causa, ai sensi del citato art. 1418, ma costituisce il presupposto per la revocazione degli atti lesivi della "par condicio creditorum".

Cass. civ. n. 8066/2016

In tema di nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, l'area delle norme inderogabili di cui all'art. 1418, comma 1, c.c., ricomprende, oltre le norme relative al contenuto dell'atto, anche quelle che, in assoluto, oppure in presenza o in difetto di determinate condizioni oggettive e soggettive, direttamente o indirettamente, vietano la stipula stessa del contratto ponendo la sua esistenza in contrasto con la norma imperativa. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto la nullità di un accordo transattivo relativo al conferimento dell'incarico di direttore generale della RAI, illecito perché stipulato in violazione dell'incompatibilità di cui all'art. 2, comma 9, della l. n. 481 del 1995).

Cass. civ. n. 11933/2013

La prescrizione del diritto al risarcimento del danno causato da nullità del contratto inizia a decorrere dalla data del contratto, se a domandarlo è la stessa parte che ha invocato la nullità; decorre, invece, dalla data di accertamento giudiziale della nullità, se è preteso da una parte negoziale diversa da quella che ha fatto valere quest'ultima.

Cass. civ. n. 26724/2007

In relazione alla nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, in difetto di espressa previsione in tal senso (c.d. «nullità virtuale»), deve trovare conferma la tradizionale impostazione secondo la quale, ove non altrimenti stabilito dalla legge, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch'esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti la quale può essere fonte di responsabilità. Ne consegue che, in tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario (nella specie, in base all'art. 6 della legge n. 1 del 1991) può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (c.d. «contratto quadro», il quale, per taluni aspetti, può essere accostato alla figura del mandato); può dar luogo, invece, a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del contratto suddetto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del «contratto quadro»; in ogni caso, deve escludersi che, mancando una esplicita previsione normativa, la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a norma dell'art. 1418, primo comma, c.c., la nullità del cosiddetto «contratto quadro» o dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso.

Cass. civ. n. 19024/2005

In materia di contratti di compravendita di valori mobiliari, la violazione da parte della società di intermediazione mobiliare del divieto di effettuare operazioni con o per conto del cliente nel caso in cui abbia, direttamente o indirettamente, un interesse conflittuale nell'operazione, a meno che non abbia comunicato per iscritto la natura e l'estensione del suo interesse nell'operazione ed il cliente abbia preventivamente ed espressamente acconsentito per iscritto all'operazione (art. 6, comma 1, lett. g), applicabile nella specie ratione temporis), non determina la nullità del contratto di compravendita successivamente stipulato, ma può dare luogo al suo annullamento ai sensi degli artt. 1394 o 1395 c.c.

La violazione dell'obbligo di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, stabilito dall'art. 1337 c.c., assume rilievo non soltanto nel caso di rottura ingiustificata delle trattative, ovvero qualora sia stipulato un contratto invalido o inefficace, ma anche, quale dolo incidente (art. 1440 c.c.), se il contratto concluso sia valido e tuttavia risulti pregiudizievole per la parte rimasta vittima del comportamento scorretto; in siffatta ipotesi, il risarcimento del danno deve essere commisurato al "minor svantaggio", ovvero al "maggior aggravio economico" prodotto dal comportamento tenuto in violazione dell'obbligo di buona fede, salvo che sia dimostrata l'esistenza di ulteriori danni che risultino collegati a detto comportamento da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto.

Cass. civ. n. 14234/2003

In tema di cause di nullità del negozio giuridico, per aversi contrarietà a norme penali ai sensi dell'art. 1418 c.c., occorre che il contratto sia vietato direttamente dalla norma penale, nel senso che la sua stipulazione integri reato, mentre non rileva il divieto che colpisca soltanto un comportamento materiale delle parti e, meno che mai, di una sola di esse. (Fattispecie in tema di fideiussione, di cui il fideiussore ricorrente assumeva la nullità per avere la banca garantita erogato il credito al debitore principale nonostante la richiesta di finanziamento da parte di quest'ultimo asseritamente integrasse gli estremi del reato di ricorso abusivo al credito).

Cass. civ. n. 11256/2003

In tema di nullità del contratto prevista dall'art. 1418 c.c. la natura imperativa della norma violata deve essere individuata in base all'interesse pubblico tutelato. (La Corte, nel formulare il principio sopra richiamato, ha confermato la decisione di giudici di appello che avevano rilevato la nullità del contratto avente ad oggetto una fornitura di caffè, atteso che le relative confezioni non recavano la data di scadenza del prodotto, contrariamente alle prescrizioni dettate dagli artt. 3 e 12 del D.P.R. 322/1982 a tutela della salute del consumatore).

Cass. civ. n. 8236/2003

La violazione di una norma imperativa non dà luogo necessariamente alla nullità del contratto giacché l'art. 1418, primo comma, c.c., con l'inciso «salvo che la legge disponga diversamente», esclude tale sanzione ove sia predisposto un meccanismo idoneo a realizzare ugualmente gli effetti voluti della norma, indipendentemente dalla sua concreta esperibilità e dal conseguimento reale degli effetti voluti. Pertanto la vendita di un fondo compiuta senza il rispetto delle norme sul diritto di prelazione di cui agli artt. 8 della legge n. 590 del 1965 e 7 della legge n. 817 del 1971, non è viziata da nullità ai sensi del citato art. 1418 (né ai sensi dell'art. 1344 c.c.) sussistendo il rimedio dell'esercizio del riscatto (da parte degli aventi diritto alla prelazione) idoneo a conseguire l'obiettivo normativo dello sviluppo della proprietà contadina, a nulla rilevando l'accidentale decadenza della possibilità di esperirlo.

Cass. civ. n. 5372/2003

Nel sancire la nullità del contratto per contrasto con norme imperative, l'art. 1418 c.c. fa salvo il caso in cui «la legge disponga diversamente». Ne consegue che tale nullità va esclusa sia quando risulta espressamente prevista una diversa forma di invalidità (es., annullabilità) sia quando la legge assicura l'effettività della norma imperativa con la previsione di rimedi diversi, quali la decadenza da benefici fiscali e creditizi (es., art. 28 legge n. 590 del 1965).

Cass. civ. n. 10119/1996

La nullità di una clausola di un contratto collettivo per contrasto con norma imperativa (art. 1418, primo comma, c.c.) sussiste anche nell'ipotesi in cui la suddetta clausola preveda, come presupposto per la propria operatività, l'abrogazione della norma imperativa suddetta, atteso che non è possibile sottoporre a condizione sospensiva un negozio nullo in radice. Deve pertanto ritenersi nulla, per contrasto con la norma imperativa di cui all'art. 2, terzo comma, della legge 1 febbraio 1978, n. 30 (sull'approvazione delle tabelle nazionali delle qualifiche del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto), la norma collettiva che definisce le nuove qualifiche per gli autoferrotranvieri ancorché tale norma colleghi la «eseguibilità» dei nuovi inquadramenti all'evento, ancora incerto, dell'approvazione di un disegno di legge comportante l'abrogazione della norma imperativa suddetta.

Cass. civ. n. 1877/1995

In base ai principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, l'illiceità (e la conseguente invalidità) del contratto deve essere riferita alle norme in vigore nel momento della sua conclusione e, pertanto, il negozio giuridico nullo all'epoca della sua perfezione, perché contrario a norme imperative, non può divenire valido e acquistare efficacia per effetto della semplice abrogazione di tali disposizioni, in quanto, perché questo effetto si determini, è necessario che la nuova legge operi retroattivamente, incidendo sulla qualificazione degli atti compiuti prima della sua entrata in vigore.

Cass. civ. n. 2057/1990

In caso di nullità di una clausola contrattuale per contrarietà a norme imperative, il riconoscimento della sua liceità ad opera della parte, espresso con la preventiva accettazione dell'intero contenuto negoziale, è giuridicamente irrilevante perché l'oggetto è indisponibile e non rimane influenzato dalle opinioni che i soggetti interessati possano aver avuto o manifestato in ordine ad esso.

Cass. civ. n. 1901/1977

L'ipotesi di nullità del contratto per contrarietà alle norme imperative si verifica, salvo che la legge disponga altrimenti, indipendentemente da una espressa comminatoria della sanzione di nullità nei singoli casi. Infatti, la norma dell'art. 1418 c.c. esprime un principio generale, rivolta a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione di precetti imperativi non si accompagna una specifica previsione di nullità. In tali casi, compito del giudice, ai fini della declaratoria di nullità, è solo quello di stabilire se la norma o le norme contraddette dall'autonomia privata abbiano carattere imperativo, siano, cioè, dettate a tutela dell'interesse pubblico.

Cass. civ. n. 2697/1972

Poiché a norma degli artt. 1418, 1419 e 1339 c.c. il contratto è nullo quando è contrario a norma imperativa, salva l'eccezione di una diversa disposizione di legge, allorquando si sia in presenza di una norma proibitiva non formalmente perfetta, cioè priva della sanzione dell'invalidità dell'atto proibito, occorre specificamente controllare la natura della disposizione violata per dedurre la invalidità o la semplice irregolarità dell'atto e tale controllo si risolve nella indagine sullo scopo della legge ed in particolare sulla natura della tutela apprestata, se cioè di interesse pubblico o privato, senza che soccorra il criterio estrinseco della forma.
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La recente evoluzione dell’istituto della nullità
di Margherini Alessandra, Dott.ssa - 20 maggio 2021
https://www.diritto.it/la-recente-evolu ... a-nullita/
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Messaggioda Berto » mer nov 16, 2022 7:58 pm

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Messaggioda Berto » mer nov 16, 2022 8:00 pm

6)
Dichiarazione Universale dei diritti dell’ uomo 1948
Convenzione Europea dei diritti dell’ uomo e delle libertà fondamentali del 1950

...
Dichiarazione Universale dei diritti dell’ uomo 1948
https://www.unhcr.org/it/wp-content/upl ... i-1948.pdf

Convenzione Europea dei diritti dell’ uomo e delle libertà fondamentali del 1950
https://www.unhcr.org/it/wp-content/upl ... l_1950.pdf



I diritti umani universali valgono per tutti gli uomini e per tutti i popoli e non solo per quelli che taluni ritengono essere gli ultimi, i poveri, i bisognosi di ogni paese e di tutta la terra.
Anche ai primi e ai ricchi, ai meno poveri e a coloro che precedono gli ultimi vanno riconosciuti i diritti umani universali (naturali, civili e politici) che non possono in alcun modo essere violati e negati per una utopica, demenziale e talvolta criminale presunzione di superiorità e priorità dei diritti dei poveri e degli ultimi.
I diritti umani universali hanno un loro ordine naturale universale che non può essere violato in alcun modo nel rispetto dei diritti di tutti.



Diritti e doveri umani universali e civili

http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2150


L'invasione clandestina è un crimine grave contro l'umanità, la nostra umanità e i nostri diritti umani, universali, naturali, civili e politici
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Messaggioda Berto » mer nov 16, 2022 8:02 pm

7)
Diritti che non esistono



Non esiste il diritto

- a mentire, diffamare e calunniare
- a minacciare, intimidire e demonizzare per sopraffare e depredare
- a depredare, derubare, rapinare, truffare, ricattare, estorcere il prossimo
- a ridurre gli altri in schiavitù con qualsiasi mezzo: minaccia, violenza, ricatto, obblighi falsamente legali
- a stuprare
- al matrimonio forzato dalla minaccia e dalla violenza fisica e sessuale
- a violare il domicilio e la proprietà altrui
- a violare la sovranità territoriale dei paesi altrui
- ad aggredire militarmente i paesi altrui
- a violare i diritti umani, universali, naturali, civili e politici del prossimo e dei cittadini degli altri paesi o nazioni o stati
- ad essere soccorsi, accolti, ospitati e mantenuti dagli altri a prescindere dalla loro volontà sovrana e dalla loro libera scelta e dalle loro possibilità e dalle compatibilità culturali, ideologiche, religiose, politiche
- ad abusare delle convenzioni e dei trattati internazionali sul succorso in mare e sull'asilo politico e la protezione umanitaria
- a costringere chichessia, qualcuno o un paese qualsiasi ad accogliere chichessia, in maniera forzata, scriteriata e indiscriminata, specialmente se sconosciuto, non gradito, civilmente incompatibile e potenzialmente pericoloso, nella sua casa o nel suo paese contro la sua volontà e la sua libertà in nome di queste convenzioni e di questi trattati internazionali
- a impedire la legittima difesa all'aggressione personale, alla violazione della proprietà e del domicilio e all'invasione del territorio nazionale; legittima difesa che si esplica attraverso la naturale e saggia diffidenza, il respingimento, l'internamento di sicurezza, il controllo preventivo, la verifica delle cose tra cui la natura, i documenti, le intenzioni, la pericolosità e le compatibilità, l'espulsione


Diritti Umani Universali che non esistono
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =25&t=2584

Diritti che esistono e che non esistono, veri e falsi
Taluni di questi presunti diritti o falsi diritti sono in realtà delitti e crimini.
https://www.facebook.com/Pilpotis/posts ... gEmTR3Tqvl


Rifugiati, asilanti, diritti umani, obblighi e realtà
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 194&t=1811

Rifugiati politici, richiedenti asilo, diritti umani, convenzioni internazionali, obblighi e non obblighi

https://www.facebook.com/groups/altridi ... 3106597034


Ospitalità, non sempre è sacra - accoglienza come crimine e tortura
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 141&t=1911


Accoglienza e ospitalità imposta o forzata è un crimine contro l'umanità
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 196&t=2420

La schiavitù è un crimine contro l'umanità, sempre.
La solidarietà e l'accoglienza imposta e obbligatoria è una delle peggiori e più odiose forme di schiavitù e di oppressione.
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 149&t=2599


Diritti Umani Universali dei Nativi o Indigeni Europei
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... =25&t=2186


La legge o convenzione internazionale del soccorso in mare

http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 194&t=2665
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 1291917795
Non soccorrere in mare e non accogliere chi ti può fare del male, chi abusa della legge del mare per invaderti clandestinamente, per depredarti, per ridurti in schiavitù e per ucciderti, lascialo al mare.
L'invasore clandetsino che non rispetta i tuoi diritti umani, naturali, civile e politici è un criminale che ti fa del male e quindi non merita alcun rispetto.

Crimini contro l'umanità ossia violazioni gravi dei diritti umani, civili e politici degli esseri umani cittadini dei vari paesi del mondo
viewtopic.php?f=205&t=2957
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 5524575934


Menzogne e calunnie demenziali per demonizzare, criminalizzare e disumanizzare, per istigare alla paura, al disprezzo e all'odio etnico-ideologico-politico-religioso, al fine di depredare, schiavizzare e impedire il libero esercizio dei diritti umani, civili, economici e politici del prossimo

viewtopic.php?f=196&t=2942
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 8357587395


Le demenziali menzogne sull'Africa del vittimismo africano
viewtopic.php?f=175&t=2953
https://www.facebook.com/Pilpotis/posts/877868459456592


La proprietà è ciò che distingue l'uomo libero e sovrano dallo schiavo
viewtopic.php?f=205&t=2936
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 2247064892


Diritti (quelli dell'asilo, della protezione e del soccorso) che nella maggior parte dei casi non sono diritti ma abusi, frutto di dichiarazioni false, di mancanza di verifiche e appofondimenti e di manipolazioni interpretative estensive, scriteriate e demenziali delle leggi (della Costituzione italiana, dei trattati, delle convenzioni, dei regolamenti internazionali ed europei) da parte dei sostenitori sinistrati e politicamente corretti dell'invasione clandestina e della magistratura rossa a gravissimo danno dei diritti umani, naturali, universali, civili, politici ed economici degli italiani e dell'Italia come stato nazionale degli italiani.

Ci vogliono modifiche alle leggi esistenti e/o nuove disposizioni legislative che impediscano tutti questi criminali abusi a danno dell'Italia e dei cittadini italiani.

Vedasi capitolo 14)


«Giungendo ad ipotizzare che coloro i quali giungeranno ad avere un titolo di soggiorno per protezione e dintorni, saranno il 59% (ovvero 6 su 10) anche all’esito delle relative impugnazioni giurisdizionali». Qualunque punto di vista si adotti dunque, anche il più restrittivo possibile, e persino volendo fingere che i ricorsi non esistano, l’affermazione che solo l’otto per cento di coloro che chiedono asilo in Italia ne hanno diritto non è una svista né una lettura riduttiva ma è solo una grossolana e volgare falsità. Perché Meloni lo ha fatto? La motivazione mi appare chiara: cercare, come fece il suo predecessore Salvini, di fingere che i ricorsi non esistano o ignorare i dati della protezione speciale sostenendo che si tratta di un “regalo”, non sarebbe servito a nulla perché se si accettano i dati di realtà ovvero che uno su tre o persino uno su due dei richiedenti asilo che giungono in Italia hanno diritto alla protezione sulla base del diritto internazionale ed europeo al quale l’Italia è vincolata, non si può poi più sostenere pubblicamente che gli stessi possono essere respinti alle frontiere e affondati in mare.
https://www.facebook.com/groups/3938910 ... ently_seen

Fdi diffonde falsità sull'immigrazione
— 24 Agosto 2022
Tutte le balle di Meloni sui migranti: ecco i veri dati sui profughi che inchiodano la propaganda della destra - Il Riformista
Gianfranco Schiavone

https://www.ilriformista.it/tutte-le-ba ... ra-315617/


Con la consueta aggressività che la contraddistingue, il 19 agosto, la signora Meloni si lasciava andare, in una intervista rilasciata a Fanpage, alle seguenti affermazioni: «Anche con una interpretazione molto generosa delle norme sui rifugiati che è stata applicata dall’Italia in questi anni solamente l’8% di chi è sbarcato illegalmente ha ottenuto il diritto ad asilo o protezione», aggiungendo subito dopo che «Gli altri, per la quasi totalità uomini soli adulti in età da lavoro, sono semplicemente immigrati illegali. Una situazione insostenibile, anche in termini di sicurezza, per l’Italia e per l’intera Europa».

Le opinioni in democrazia sono libere e ogni tesi può essere presentata al pubblico dibattito, ma il primo criterio per valutarla è capire su quali assunti essa poggi. Non c’è nulla di male nel sostenere, ad esempio, che la terra sia piatta; altro è però dimostrarlo. Secondo i dati ufficiali forniti dalla Commissione nazionale per il diritto d’asilo nel 2021 la protezione internazionale è stata riconosciuta, già in sede amministrativa, al 28% dei richiedenti (14% status di rifugiato e 14% status di protezione sussidiaria) al quale va aggiunto un ulteriore 14% di riconoscimenti di status di protezione speciale, la forma di asilo basata sul nostro diritto interno in attuazione dell’art.10 della Costituzione. Complessivamente dunque si arriva al 42%. Si tratta altresì di dati incompleti in quanto non comprendono gli esiti dei ricorsi giudiziari avverso i dinieghi; dati che la Commissione nazionale non rende pubblici, anche se pur dovrebbe.

Dunque per capire quale sia l’esito dei ricorsi è necessario ricorrere a degli studi scientifici; uno dei più accurati e recenti è senza dubbio uno studio di Monia Giovannetti pubblicato sulla rivista Questione Giustizia il 3.05.2021 con il titolo “La protezione internazionale nei procedimenti amministrativi e giudiziari”. Nel prendere in esame il decennio 2010-2020 l’autrice acutamente evidenzia come «anche l’analisi sugli esiti amministrativi positivi, evidenzia un andamento assai irregolare e significativamente condizionato dagli interventi normativi intercorsi negli ultimi anni» per successivamente esaminare gli esiti dei procedimenti conclusi presso i Tribunali ordinari dal 2016 fino al primo semestre 2020; manca dunque a questo studio un’analisi dell’ultimo anno, il 2021; tuttavia esso abbraccia un arco temporale molto ampio e dai dati consolidati emerge che sui 138mila procedimenti definiti il tasso di accoglimento è risultato del 37,5%. L’analisi prosegue poi sui procedimenti in appello (non più possibili dall’agosto 2017) e sul contenzioso in Cassazione che non esamino in questa sede perché esorbita dalle ristrette finalità di questo articolo.

Cosa ci dicono dunque i dati sull’esito del contenzioso? Adottando un atteggiamento il più prudente possibile è difficile non convenire con le valutazioni dell’autrice del saggio laddove, nelle conclusioni, analizzando la traiettoria dei contenziosi ancora pendenti, evidenzia come si possa «giungere a ipotizzare che coloro i quali giungeranno ad avere un titolo di soggiorno per protezione e dintorni, saranno il 59% (ovvero 6 su 10) anche all’esito delle relative impugnazioni giurisdizionali». Qualunque punto di vista si adotti dunque, anche il più restrittivo possibile, e persino volendo fingere che i ricorsi non esistano, l’affermazione che solo l’otto per cento di coloro che chiedono asilo in Italia ne hanno diritto non è una svista né una lettura riduttiva ma è solo una grossolana e volgare falsità. Perché Meloni lo ha fatto? La motivazione mi appare chiara: cercare, come fece il suo predecessore Salvini, di fingere che i ricorsi non esistano o ignorare i dati della protezione speciale sostenendo che si tratta di un “regalo”, non sarebbe servito a nulla perché se si accettano i dati di realtà ovvero che uno su tre o persino uno su due dei richiedenti asilo che giungono in Italia hanno diritto alla protezione sulla base del diritto internazionale ed europeo al quale l’Italia è vincolata, non si può poi più sostenere pubblicamente che gli stessi possono essere respinti alle frontiere e affondati in mare.

Ne deriverebbe la fine della proposta del blocco navale e di tante altre sciocchezze ad essa in qualche modo collegate, compresa quella degli hotspot in Africa, o quella della legittimità dei respingimenti e delle riammissioni e così avanti. Se la realtà si scontra con il proprio percorso di conquista di potere, dunque semplicemente va negata. La terra è rotonda, anche la Meloni lo sa; ma che diventi piatta se serve!
Potremmo chiudere qui l’analisi su questa pagina di consueta volgarità politica ma chiedo invece al lettore un ulteriore sforzo per riflettere sulla questione di coloro, che sono comunque molti, che, pur chiedendolo, non ottengono alcun diritto alla protezione. Essi vengono inquadrati dalla Meloni – ma anche da una lunga fila di altri politici e di variegati opinionisti – solo come falsi avventurieri, invasori e nemici. Facciamoci però la semplice domanda: chi sono queste persone e perché esse arrivano affrontando ogni sorta di rischio, attraversando i deserti e morendo in mare e nelle rotte via terra in numero così elevato come se fossero in guerra? Perché non sono venuti in modo legale, nello stesso tempo rispettando le regole e mettendo al riparo le loro vite? Sono dunque orde di pazzi criminali?

Le risposte ci sono anche se non le vogliamo vedere perché ci pongono di fronte a una realtà sgradevole: sono persone che vengono per cambiare la loro vita (come hanno fatto milioni di emigranti italiani) e lo fanno ricorrendo a vie estreme e pericolose non per loro folle scelta ma perché quei canali di ingresso regolare che tutti invocano di volere, persino a destra, semplicemente non esistono; non è infatti quasi possibile entrare regolarmente in Italia inseguendo l’obiettivo di quasi tutti i progetti migratori: il lavoro. Non esiste nel nostro ordinamento la possibilità per un cittadino straniero di fare ingresso regolare in Italia per ricerca di lavoro in presenza di precisi requisiti verificabili riferiti alle sue risorse economiche o a sponsorizzazioni di terzi e al possesso di documenti validi. Eppure la migrazione per ricerca lavoro legata all’esistenza di una catena di contatti è il modo consueto in cui avvengono, ovunque, le migrazioni, e spetta al legislatore non certo ignorare od ostacolare questa realtà ma solo regolarla in modo rigoroso per evitare distorsioni e soprattutto per far sì che le migrazioni non siano più organizzate e guidate dalle organizzazioni criminali, oggi veri padroni incontrastati della scena, ma da meccanismi trasparenti e da procedure legali.

Ovviamente tale approccio ha un senso se politicamente si accetta che le migrazioni sono una dimensione ineludibile che caratterizza la fase storica che viviamo e non qualcosa che si può rimuovere, negare o da cui si può fuggire. Improntata da sempre su un approccio iniquo e irrazionale, la normativa italiana ha invece previsto che il (quasi) unico canale di ingresso regolare in Italia per lavoro sia quello costituito da un incontro a distanza tra domanda e offerta di lavoro che dovrebbe avvenire prima dell’ingresso in Italia dello straniero nell’ambito di quote predeterminate attraverso i cosiddetti decreti flussi il cui numero è quasi sempre sottostimato e soggetto a procedure burocratiche estenuanti. Prevedere che il datore di lavoro assuma a distanza e con tempi indefiniti una persona che non ha mai incontrato rappresenta un approccio irrazionale che ha prodotto distorsioni profonde poiché la gran parte degli stranieri da più di vent’anni a questa parte sono stati e sono tuttora costretti a entrare in Italia in modo irregolare, o regolare per i fortunati che non hanno bisogno di visto, ma poi, entrambe le categorie, sono dovuti rimanere a soggiornare illegalmente e lavorare in nero quasi sempre in condizioni di grave sfruttamento.

Ciò perché, oltre a irrazionalmente non prevedere l’ingresso regolare per ricerca lavoro, la normativa vigente (mai modificata dalla sinistra quando pur avrebbe potuto) non prevede la possibilità di regolarizzare ex post la propria condizione di soggiorno in caso di una prospettiva concreta di inserimento sociale e lavorativo. Unica possibile finestra sono state le periodiche regolarizzazioni, o sanatorie che dir si voglia, attraverso le quali sono passate milioni di persone oggetto di altrui giochi: la sanatoria è infatti decisione arbitraria della congiuntura politica di un dato momento mentre la scelta se usarla o ignorarla non è dello straniero che vuole così emergere, bensì è appannaggio del datore di lavoro/padrone che tutto decide e dispone.

Emerge quindi una storia di lungo corso del sistema italiano di gestione delle migrazioni ben diversa e orrenda rispetto alla facile immagine dell’orda degli stranieri pazzi, avventurieri e criminali che invadono l’italico suolo e attentano alla nostra sicurezza, ovvero quella di milioni di persone costrette a scelte drammatiche per arrivare da noi salvo poi vivere qui con diritti dimezzati come lavoratori sfruttati stretti nella morsa della mancanza di permesso di soggiorno e del ricatto del lavoro nero. Dopo tanti anni dall’inizio della storia dell’Italia come paese non più solo di emigrazione ma anche di immigrazione, per gran parte della società italiana – non solo quella che vota a destra – lo straniero è purtroppo ancora una sorta di “non-persona”, utile per tutto, anche per la scalata al potere dei soggetti più spregiudicati, ma che non conta nulla, per riprendere una ancor valida nozione proposta più di vent’anni fa dal grande sociologo Alessandro Dal Lago recentemente scomparso.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Le leggi internazionali che violano i nostri diritti umani

Messaggioda Berto » mer nov 16, 2022 8:03 pm

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Le leggi internazionali che violano i nostri diritti umani

Messaggioda Berto » mer nov 16, 2022 8:03 pm

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Le leggi internazionali che violano i nostri diritti umani

Messaggioda Berto » mer nov 16, 2022 8:04 pm

8)
Le menzogne e le demenzialità per spiegare, giustificare, sostenere e promuovere l'invasione dei clandestini, trasformandola in un diritto e il soccorso e l'accoglienza in un obbligo e un dovere, un debito da pagare e un risarcimento da riconoscere


a) Le leggi, le convenzioni e i trattati internazionali lo impongono
b) La Costituzione italiana e le Leggi europee lo prescrivono tassativamente
c) La legge cristiana ci obbliga col suo imperativo morale
d) La nostra responsabilità per il colonialismo degli imperi europei e per il loro schiavismo che avrebbe depredato l'Africa e gli africani
e) La nostra responsabilità per l'odierno colonialismo economico delle multinazionali occidentali che continua a depreda l'Africa e a impoverire gli africani
f) La nostra responsabilità per il cambiamento climatico che provoca siccità e carestie in Africa costringendo gli africani a migrare
g) ...
h) La necessità di avere lavoratori che svolgano lavori che gli italiani non vogliono più fare



Le demenziali menzogne sull'Africa del vittimismo africano

viewtopic.php?f=175&t=2953
https://www.facebook.com/Pilpotis/posts/877868459456592



Colonizzazione e decolonizzazione dell'Africa
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 194&t=1822

Gli europei o i bianchi europei che nei secoli passati hanno colonizzato l'Asia e l'Africa o che le hanno invase con il loro imperialismo politico militare sono stati quasi tutti cacciati, espropriati e sterminati, Il Sudafrica è uno degli ultimi esempi, nonostante i bianchi europei colonizzatori del paese abbiano rinunciato al loro dominio politico consentendo ai neri africani di partecipare e concorrere alla sovranità politica nella gestione del paese e dello stato; gli africani del Sudafrica come in quasi tutti gli altri paesi del continente nero, maltrattano i bianchi e molti di loro hanno ritenuto e ritengono che i bianchi debbano essere tutti espropriati, cacciati o sterminati.
Per il principio di reciprocità gli africani non possono che aspettarsi lo stesso trattamento e nessunissimo riguardo.
L'imperialismo coloniale così terminato non può quindi essere assunto come scusa, giustificazione e pretesto per l'invasione degli africani in Europa.
I bianchi europei, i cristiani europei, gli stati europei odierni non hanno più alcuna responsabilità e non vi è ragione che debbano sentirsi in colpa verso l'Africa e gli africani; non ne hanno per l'instabilità e i regimi politici indigeni disumani dell'Africa, per le carestie e le epidemie che falciano le sue popolazioni, per i problemi causati dalla sovrapopolazione in molti paesi del continente.
Nemmeno le multinazionali europee del petrolio, minerarie, del legno e agricole sono responsabili dei regimi politici autoritari, dei conflitti etnici, delle crisi sociali, delle carestie, delle problematiche derivanti dalla sovrapopolazione, del sottosviluppo economico endemico e di tutti i mali che affliggono l'Africa. Possono avere qualche responsabilità indiretta locale tipo l'inquinamento o la disoccupazione allo stesso modo che ce l'hanno ovunque nel mondo e nella stessa Europa, tutte questioni che vanno risolte localmente in Africa nei paesi africani, con i loro stati e con le loro popolazioni.
Le problematiche africane dovute alle carestie naturali, ai regimi politici, al tribalismo, ai conflitti etnici e religiosi, alla sovrapopolazione, alle difficoltà e alle crisi economiche non sono responsabilità e non riguardano direttamente l'Europa e pertanto il peso non va scaricato assolutamente sugli europei.
La solidarietà umana dell'Europa e dei suoi paesi, caso mai può esserci solo se volontaria e se non crea problemi ai cittadini europei.
Quindi anche la migrazione socio-economica e l'asilo politico e umanitario vanno trattati alla luce di queste ed altre considerazioni tra cui la sicurezza socio politica, la compatibilità culturale e religiosa, le possibilità economiche e finanziarie.
Non ha alcun senso universale deprivare il propri cittadini, i propri famigliari, la propria gente per aiutare altri che magari sono solo profittatori, parassiti e criminali travestiti da bisognosi.

Il colonialismo europeo è finito da tempo in tutta l'Africa e le ex colonie francesi sono libere nei confronti della Francia e se tengono particolari rapporti lo fanno esclusivamente per loro interesse e non perché costrette e ricattate dalla Francia.

I problemi dell'Africa dipendono principalmente da:

1) tribalismo e inciviltà politica, predazione sociale
2) arretratezza economica, sottosviluppo tecnologico e inadeguatezza culturale (tra cui le superstizioni religiose, vedasi infibulazione)
3) mancanza di controllo demografico e irresponsabile aumento della popolazione
4) conflittualità civile e politica dovuta al nazismo maomettano che ovunque porta morte, guerra e distruzione; e persecuzione dei cristiani
5) persistenza della schiavitù anche ad opera dai nazi maomettani

In Africa il clima facilita la vita con più raccolti all'anno, minor consumo di energia per il riscaldamento e l'adattamento dell'ambiente alla vita umana.
Le politiche delle multinazionali di tutto il Mondo incidono molto meno quantunque taluni attribuiscano loro un ruolo maggiore, spesso per pregiudizio ideologico antieuropeo, antioccidentale, anticapitalista, antindustriale;
anzi le ricchezze minerarie dell'Africa danno un ritorno rilevantissimo agli africani che permette lo sviluppo dell'Africa, si pensi per esempio alla rendita da idrocarburi della Libia che consentiva al regime dittatoriale di Gheddafi di assicurare una rendita di stato a tutti i cittadini libici.

In Libia lo sfruttamento degli idrocarburi estratti dalle multinazionali occidentali e consumati dall'Occidente garantivano al tempo di Gheddafi una vita più che dignitosa a tutti





Senza gli africani nessun “piano” per l’Africa è efficace
Anna Bono
11-11-2022

https://lanuovabq.it/it/senza-gli-afric ... s.facebook

Il Papa e Meloni rilanciano una cooperazione con Europa e Italia per risolvere i problemi del continente nero. Proposta non nuova ma inadeguata finché si dimentica che terrorismo e migranti vengono anche dall'Asia e si dà per scontata l’incapacità degli africani, a fronte di un’Europa che non fatica aiutare neanche sé stessa.

«L’Europa deve varare un piano di sviluppo dell’Africa dove alcuni Paesi non sono padroni del proprio sottosuolo e la gente viene sfruttata in maniera terribile. Se vogliamo risolvere il problema dei migranti, risolviamo i problemi dell’Africa». «L’Italia deve farsi promotrice di un “piano Mattei” per l’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista». A parte l’espressione “piano Mattei”, al posto del solito “piano Marshall” per l’Africa, più volte proposto nel corso degli anni, di per sé le dichiarazioni riportate non esprimono concetti e intenti sostanzialmente nuovi. Tuttavia, meritano attenzione perché sono state fatte la prima dal Papa, che è la nostra massima autorità morale, e la seconda dal nostro Presidente del Consiglio.

La prima riflessione che le due dichiarazioni suggeriscono deriva dal loro concentrarsi sull’Africa parlando di due fenomeni mondiali. Sia l’emigrazione illegale verso l’Europa sia il radicalismo islamista sono fenomeni presenti ovunque. Quest’anno un terzo degli emigranti finora sbarcati in Italia, 30mila persone, proviene da cinque Paesi asiatici soltanto, in testa il Bangladesh con quasi 13mila arrivi. Al Qaeda è stata fondata da Osama Bin Laden, l’Isis da Abu Musab al-Zarqawi. Entrambe le organizzazioni si sono insediate e consolidate in Paesi asiatici prima di diffondersi in Africa. Stranamente, però, l’Asia non viene mai tirata in ballo. Nessuno dice che per fermare immigrati e jihadisti bisogna risolvere i problemi dell’Asia, che l’Europa deve creare piani di sviluppo per l’Asia e per i suoi Paesi.

È come se invece quelli africani non fossero Stati sovrani come quelli asiatici e tutti gli altri, ma fossero ancora colonie europee; non ci fossero l’Unione Africana, le comunità economiche regionali, la Banca africana di sviluppo; gli africani non disponessero di eserciti nazionali e regionali: e fosse quindi compito, responsabilità e diritto europeo risolverne i problemi economici, sociali e di sicurezza. Oppure è come se gli africani non fossero ancora in grado di decidere da sé e di se stessi benché lo abbiano fatto per millenni e solo per pochi decenni siano stati sottomessi e dipendenti da governi stranieri: e anche allora, sotto dominio coloniale, sono stati capaci di scegliere il loro futuro, prova ne sia che sono insorti, hanno rivendicato il diritto all’autodeterminazione e hanno lottato per diventare indipendenti.

La seconda, alquanto amara riflessione riguarda l’effettivo ruolo che l’Europa può svolgere, posto che sia suo dovere e diritto assumerlo. È indubbio che gli emigranti diretti in Europa, quelli illegali beninteso, e i jihadisti affiliati ad al Qaeda e all’Isis pongano problemi che ormai riguardano l’umanità intera e che richiedono provvedimenti urgenti per essere risolti. Ma l’Europa attualmente non sembra in grado di programmare neanche il proprio sviluppo, figurarsi quello di altri continenti. L’Italia in particolare presenta tassi di povertà, di disoccupazione e di emigrazione per motivi economici (specie nella fascia di età giovanile) troppo elevati per pensare che possa e debba farsi carico di piani globali di sviluppo in Africa o altrove.

Un’ultima riflessione. La scelta delle parole è importante. «Un modello virtuoso di collaborazione tra Unione Europea e nazioni africane» suona meglio che «risolviamo i problemi dell’Africa». Ma, allora, con chi collaborare, esattamente? Da mesi, l’unica buona notizia dall’Africa è la sospensione dei combattimenti in Etiopia dopo due anni di guerra, posto che duri. Pessime notizie invece continuano ad arrivare dalla maggior parte dei paesi: in particolare, da Mali e Burkina Faso, sempre più devastati dal jihad che i governi non combattono e anzi alimentano, Sudan, dove a uccidere sono i conflitti tribali e i militari autori di due colpi di stato in tre anni, Sudan del Sud, che ha conosciuto finora solo due anni di pace (nel 2013 le due etnie dominanti, 25 mesi dopo l’indipendenza dal Sudan, hanno scatenato una guerra per il potere), Repubblica Centrafricana, senza pace nonostante i tavoli di trattative e le tregue promesse dal 2013, Nigeria, alla prese con una violenza ormai fuori controllo, che non risparmia nessuno, Ghana, colpito da una inspiegabile, gravissima crisi economica (dalla quale il presidente Nana Akufo-Addo cerca di distogliere l’attenzione reclamando risarcimenti per gli Africani vittime della tratta atlantica degli schiavi), Repubblica democratica del Congo, Rwanda e Uganda, a un passo dal dichiararsi guerra, Camerun, dove la minoranza di lingua inglese è in rivolta e tuttavia stanno per iniziare grandi festeggiamenti per celebrare i 40 anni di presidenza di Paul Biya, in carica dal 1982. Più longevo ancora di Biya è Teodoro Nguema, presidente della Guinea Equatoriale da 43 anni, al potere dal 1979 con un colpo di Stato. Il Paese andrà al voto il 20 novembre e Nguema si è candidato per un sesto mandato: dice di aver garantito ai guineani decenni di pace, ma, come Biya in Camerun, governa con pugno di ferro e la sua famiglia considera proprio patrimonio personale il petrolio i cui proventi se ben amministrati renderebbero i circa 1,4 milioni di abitanti del paese i più ricchi del continente.



Diritti (quelli dell'asilo, della protezione e del soccorso) che nella maggior parte dei casi non sono diritti ma abusi, frutto di dichiarazioni false, di mancanza di verifiche e appofondimenti e di manipolazioni interpretative estensive, scriteriate e demenziali delle leggi (della Costituzione italiana, dei trattati, delle convenzioni, dei regolamenti internazionali ed europei) da parte dei sostenitori sinistrati e politicamente corretti dell'invasione clandestina e della magistratura rossa a gravissimo danno dei diritti umani, naturali, universali, civili, politici ed economici degli italiani e dell'Italia come stato nazionale degli italia
ni.

Ci vogliono modifiche alle leggi esistenti e/o nuove disposizioni legislative che impediscano tutti questi criminali abusi a danno dell'Italia e dei cittadini italiani.

Vedasi capitolo 14)
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